I delegati diocesani raccontano sollecitazioni e spunti emersi dal IV

I delegati diocesani raccontano sollecitazioni e spunti emersi dal IV Convegno ecclesiale
“Verona” visto dai piacentini
“È stata una intensa esperienza di Chiesa”. “Ma la presenza giovanile è ancora scarsa”
(bs) La “Verona” dei delegati diocesani: sollecitazioni ed esperienze dal Convegno ecclesiale.
Massimo Magnaschi (Caritas)
essere uniti
sui valori-chiave
Massimo Magnaschi si occupa in Caritas di carcere ed immigrazione. Gli ambiti di riflessione che
più lo hanno interrogato sono dunque quello della fragilità e della cittadinanza. Anzitutto per il
richiamo all’attenzione agli ultimi “come risposta concreta ai bisogni di chi vive situazioni di
difficoltà non solo materiali, ma anche morali, come ha ricordato il Papa”. Ma pure sul versante
del riconoscimento dei diritti. “Mi è tornata spesso in mente una frase di Paolo VI: Non si dia per
carità ciò che è dovuto per giustizia. La tutela dei diritti in Italia ancora non è realizzata: si pensi a
certe aree del Sud o ad alcune categorie, come gli immigrati o i senza fissa dimora”.
Nel lavoro di gruppo si è sottolineato il bisogno di un’educazione alla cittadinanza, specie per i
giovani. ”È una grande sfida. Nelle ricerche sul mondo giovanile emerge la tendenza a rinchiudersi
nel proprio gruppo. Occorre riprendere lo slancio per l’impegno nel mondo: penso all’educazione
alla solidarietà, alla partecipazione alla città”.
Altro spunto è venuto dall’ex segretario Cisl Pezzotta: i valori indisponibili, quelli legati alla radice
della persona umana. “Bisogna ritornare, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, a quei valori
non negoziabili attorno ai quali processare le vicende socio-politiche che accadono nella vita
quotidiana del cristiano - commenta Magnaschi -. Ci può anche essere divisione tra schieramenti,
ma all’interno di una scelta fondamentale che è condivisa. Oggi invece i valori diventano
disponibili o indisponibili a seconda delle esigenze della politica”.
Suor Angiolina Rossini (Usmi)
una chiesa che
si “PRENDE CURA”
Per suor Angiolina Rossini, della comunità delle Pastorelle di Fiorenzuola, Verona è “un’esperienza
intensa di ecclesialità. Il primo seme di speranza - riflette - è quello interrato nel campo della Chiesa
dal convenire di tante persone così diverse per esperienza personale ed ecclesiale, mosse dallo
Spirito, animate dal desiderio di corresponsabilità, dal bisogno di crescere nella comunione e nella
testimonianza del Vangelo”.
A fare da “filo rosso” al Convegno suor Angiolina intravede “una categoria biblica, applicabile alla
pastorale e capace di percorrere i diversi ambiti: è quella del ‘prendersi cura’ alla maniera del DioPastore. La Chiesa, nelle sue membra, è chiamata oggi a testimoniare la ‘compassione’ di Cristo,
l’amore manifestato come ‘cura’ dell’umanità: una Chiesa che si fa madre, maestra, sorella,
compagna sui sentieri quotidiani della vita, nella comune fatica del cammino, indicando però
l’orizzonte, il fine ultimo che dà senso all’esistenza. L’esperienza da custodire, narrare e trasmettere
di generazione in generazione è quella della salvezza. Occorre riuscire a testimoniare che siamo dei
‘salvati’ per grazia e solo questo ci tira fuori dalla paura della morte, in tutte le sue manifestazioni”.
La vita consacrata come è stata presente a Verona? “Lo è stata alla maniera del segno che rimanda
oltre. La vita consacrata è narrazione costante della speranza. Mi spiego. La persona consacrata
consegna tutta se stessa a Dio: affettività, intelligenza, forze fisiche insieme a limiti, peccati e paure,
affinché il Signore ne faccia ciò che vuole a beneficio della Chiesa e dell’umanità. Per questa
radicale fiducia nel Signore, la persona consacrata diviene memoria per la Chiesa che solo il
Crocifisso Risorto è la nostra speranza”.
Don Gigi Bavagnoli (Seminario)
siamo minoranza, ma abbiamo voce
Don Gigi Bavagnoli, rettore del Seminario urbano, è al secondo Convegno ecclesiale. “Se a
Palermo ‘95 c’era una Chiesa che cominciava a prendere consapevolezza di essere minoranza osserva - ora questa consapevolezza mi sembra sia vissuta in positivo: in un mondo che non fa più
riferimento immediato alla fede, i cristiani hanno ancora molto da dire e da fare per la costruzione
della casa comune”.
“Da parte di tutti - continua don Gigi - è stato sottolineato che la Chiesa italiana, rispetto alle altre
d’Europa, può giocare il suo ruolo di realtà popolare”. L’aggettivo non va inteso come
banalizzazione dei contenuti della fede. “In Italia la Chiesa è popolare perchè si sente ancora
popolo; allora può anche proporre uno stile di vita, luoghi di condivisione. Superata la tentazione di
rinchiuderci in gruppi ristretti, o quella di riguadagnare tutti a tutti i costi, assistiamo alla riscoperta
di poter vivere in modo serio delle relazioni in una comunità larga e accogliente”.
La sollecitazione più forte riguarda il rapporto fede-vita. “C’è la tentazione di ridurre la fede a
spiritualismo e la Chiesa a luogo in cui ognuno coltiva la sua spiritualità e semmai se la gioca
nell’anonimato. All’opposto c’è la tentazione di ‘buttarla in politica’, di produrre percorsi che
intersechino direttamente la società. Il richiamo di Verona è di aiutare tutti a vivere una
testimonianza credibile. Questo necessita una fortissima spiritualità, ma anche la capacità di
muoversi nel mondo”.
Ettorina Zangrandi (medico)
fragilita’, speranza messa alla prova
Ettorina Zangrandi è medico all’ospedale di Castelsangiovanni e tra i fondatori dell’associazione
“Piccoli al Centro” di Ziano.
“La vicinanza con vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e con tanti laici provenienti da ogni
diocesi d’Italia mi ha fatto percepire il popolo di Dio in cammino e in ascolto della Parola sottolinea -. La presenza del Papa mi ha dato il senso della completa appartenenza alla Chiesa unita
al suo pastore. Ho provato grande affetto per Benedetto XVI; la sua mitezza, la sua serenità, le sue
parole mi hanno fatto sentire incoraggiata. Sicura che non saremo mai abbandonati da un Dio che si
è fatto dono per darci la vita, la libertà e la salvezza, e che lo Spirito Santo indirizzerà il nostro
agire”.
Prezioso il confronto nel gruppo sulla fragilità. “Ho portato la mia esperienza di medico che vive
quotidianamente accanto alla fragilità dell’uomo legata alla malattia, ma che è anche consapevole
della fragilità personale, alle prese con una società che ritiene la salute un diritto e non un bene, un
dono. Un dono da tutelare, ma inevitabilmente in rapporto con la malattia e la morte. Il riconoscere
la nostra fragilità - riflette - ci fa vivere la beatitudine del povero in spirito che si fida e si affida al
Padre. Con questa consapevolezza diventa necessaria, in un società opulenta, la scelta di uno stile
sobrio e l’uso corretto del denaro, che tenga conto di chi ha bisogno”.
“L’ultimo pensiero - conclude - va alla famiglia, primo luogo dove si può realizzare questo stile di
vita di servizio, di condivisione, di accoglienza verso chi ha bisogno d’amore, dal bambino al
vecchio, al malato”.
Mariachiara Bisotti (Giovani)
i giovani chiedono
di essere ascoltati
Per Mariachiara Bisotti, studentessa universitaria di filosofia, segretaria della Pastorale giovanile,
Verona è stata “un’opportunità” dalla quale si porta a casa molte sollecitazioni, dal richiamo alla
centralità della Parola all’invito a costruire relazioni significative nella Chiesa.
“Come giovane - spiega - ho colto il riferimento ad una ricerca forte di direzione spirituale: da
persone che lavorano con i giovani è emerso che c’è una richiesta di relazioni buone, di spazi di
ascolto, con un sacerdote o con un altro giovane più grande che possa essere un punto di
riferimento. Ma occorrono persone capaci di farlo, di qui la sottolineatura del bisogno parallelo di
formazione. Rilevando una fatica nelle relazioni, e non solo in senso amoroso, si è sottolineato che
può essere decisiva la possibilità di fare esperienze di vita comune”.
L’unico neo è la scarsa presenza del mondo giovanile. “Ho percepito che i giovani sono vissuti
come un problema o un’urgenza, però la loro presenza non è stata tale da essere incisiva. Nel mio
gruppo di lavoro su 70 persone eravamo in 3: come si fa ad essere voce che risalta anche nelle
sintesi finali?”. C’è da lavorare, anche se i segnali positivi non mancano: “I Vescovi italiani hanno
scelto di dedicare i prossimi tre anni alla pastorale giovanile”, ricorda Mariachiara. In chiusura del
Convegno il card. Ruini ha annunciato il primo appuntamento, a Loreto nel 2007.
Pierpaolo Triani (presidente Ac)
la lezione che viene dai lavori di gruppo
Pierpaolo Triani, docente alla “Cattolica”, presidente di Ac e segretario del Consiglio Pastorale
Diocesano, ha moderato uno dei 29 gruppi di lavoro del Convegno. “Come moderatori - ci spiega eravamo molto preoccupati, sia per il numero elevato di partecipanti, circa 70 per gruppo, sia per le
indicazioni ferree che prevedevano per ogni sessione interventi di tre minuti”. Invece, metodo,
preparazione e qualità della partecipazione hanno fatto la differenza. “Il lavoro è stato intenso,
caratterizzato da grande rispetto del metodo da parte di tutti. Non c’era possibilità di dibattere, ma
di confrontarsi sì. I moderatori degli ambiti alla fine di ogni sessione si incontravano per fare il
punto sul lavoro e rilanciare quanto emerso nella sessione seguente”.
Un dialogo “alla pari” tra laici, sacerdoti, religiosi e religiose, vescovi. “È stata un’esperienza
molto bella, senza la frenesia di dover arrivare a delle decisioni, ma nella libertà e col desiderio di
mettere sul tavolo le questioni. Questo stile di distinguere momenti dedicati alla decisione, col
rispetto del ruolo specifico dei pastori, e momenti di confronto e analisi è la lezione di Verona
anche per i nostri Consigli pastorali. La preparazione, il metodo e la condivisione liberano le
energie del gruppo e non lo lasciano in mano ai monologhi di pochi”.
Alle ore 21 al Corpus Domini con il Vescovo
Incontro il 17 novembre
Intervengono Paola Bignardi ed Ernesto Diaco
“Testimoni di speranza. Il cammino della nostra diocesi dopo il Convegno di Verona” è il tema
dell’incontro in programma venerdì 17 novembre, alle ore 21, nel salone del Corpus Domini a
Piacenza (via Farnesiana), per condividere l’esperienza del IV Convegno della Chiesa italiana.
Il vescovo mons. Luciano Monari tratterà della prospettiva teologico-pastorale. La prof.ssa Paola
Bignardi, già presidente di Azione Cattolica e tra le relatrici del Convegno, approfondirà il ruolo dei
laici nella Chiesa. Il dott. Ernesto Diaco, uno dei referenti dell’Emilia Romagna, parlerà del
percorso che le diocesi sono chiamate a intraprendere per recepire gli orientamenti del Convegno.