Cassazione Civile, sez. I, 24-07-1999, n. 8027 - Pres. Sgroi R - Rel. Forte F - P.M. Golia A (conf.) - Azienda Torinese Mobilità c. Spina RV528924 CIRCOLAZIONE STRADALE - CONDOTTA DEI VEICOLI - TRANSITO - FERMATA, SOSTA E PARCHEGGIO - Parcheggio non custodito - Contratto di diritto privato Configurabilità. In relazione ad un'area destinata, ex art. 7 del decreto legislativo n. 285 del 1992, a parcheggio non custodito, non è inconcepibile, di per sé, l'instaurarsi di un contratto di parcheggio privato (perfezionabile perciò anche ai sensi dell'art. 1327 cod. civ.) con il soggetto cui sia stata affidata dal Comune le gestione del parcheggio medesimo ai sensi dell'art. 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498. Riferimenti normativi Legge 23-12-1992, n. 498, art. 12 D.Lgs. 30-04-1992, n. 285, art. 7 Codice civile art. 1327 IPSOA Editore REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano La Corte Suprema di Cassazione 1 Sezione civile composta dagli Ill.mi Signori Magistrati: dr. Renato Sgroi Presidente dr. Giammarco Cappuccio Consigliere dr. Ugo Vitrone Consigliere dr. Mario Cicala Consigliere dr. Fabrizio Forte Consigliere rel. ha pronunciato la seguente: SENTENZA su ricorso iscritto al n. 9041 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 1997, proposto: DA AZIENDA TORINESE MOBILITA', quale successore dell'Azienda Tranvie Municipali di Torino, con sede in questa citta' al Corso Turati n. 19-6, in persona del Direttore legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma alla Piazza dei Caprettari n. 70 presso l'avv. Vittorio Ripa di Meana, che con l'avv. Domenico Piacenza, la rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso. RICORRENTE CONTRO Avv. MASSIMO SPINA, residente in Torino alla Via Rubino n. 77-B, difensore di se stesso e congiuntamente e disgiuntamente rappresentato e difeso anche dall'avv. Luigi Onesti, presso il cui studio in Roma, al Corso Trieste n. 155, e' elettivamente domiciliato. CONTRORICORRENTE avverso la sentenza del Giudice di pace di Torino sez. 6 n. 1018-96 del 17-20 maggio 1996. Udita, nella pubblica udienza del 10 febbraio 1999, la relazione del Consigliere dottor Fabrizio Forte. Udito l'avv. Carlo Molaioli per delega dei difensori della ricorrente. Udito il P.M., in persona del dr. Aurelio Golia, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso e l'assorbimento degli altri motivi. Fatto Con atto del 23 gennaio 1996, Massimo Spina proponeva opposizione avverso decreto ingiuntivo del Giudice di Pace di Torino notificato il 15 dicembre 1995, che gli intimava di pagare L.. 1.296.070, con interessi e spese all'Azienda Tranvie Municipali di Torino delegata alla gestione dei parcheggi nel centro abitato, quale penale ex art. 1382 c.c., per non avere lo Spina adempiuto l'obbligo assunto con la sosta di pagare il corrispettivo. Con l'opposizione si eccepiva inesistenza di prova scritta del credito, per l'inidoneita' dell'attestazione del segretario generale dell'Azienda opposta ai fini probatori per gli artt. 634 e 635 c.p.c. e dei verbali degli agenti accertatori dell'Azienda opposta, in quanto nei tagliandi di costoro era sancito che si pagasse la somma di "L.. 18.000, comprensiva della tariffa di sosta", non collegata comunque alla durata di questa e all'inadempimento dell'utente e quindi da essi non poteva derivare una clausola penale, in quanto il contratto era concluso direttamente con l'esecuzione, cioe' la sosta, per l'art. 1327 c.c.; chi sostava nell'area di parcheggio, per l'opponente aveva obbligo di pagare il servizio con le tariffe prefissate in listini in proporzione alla durata della sosta, con le quali non era in alcun modo collegata la c.d. penale, predisposta da una parte senza trattativa con l'altra necessaria a stipulare la clausola, tenuto conto che poteva aversi la richiesta di pagamento di un prezzo solo per il parcheggio con custodia. L'Azienda deduceva in risposta d'essere delegata a gestire l'area oggetto di parcheggio e d'aver chiesto l'ingiunzione con attestazioni fidefacienti del segretario generale, funzionario idoneo per essere l'A.T.M. soggetta al controllo della Corte dei conti, articolando peraltro prova per testi e interrogatorio sui fatti a base del debito di cui sopra. Affermava che, con l'art. 7 del D.Lgs. n. 285 del 1992 (Codice della strada), pure il parcheggio incustodito poteva essere oneroso e che il contratto era concluso, ex artt. 1326 e 1327 c.c., con l'utilizzazione dello spazio, sulla base delle modalita' dell'offerta, con la penale civilistica in aggiunta alle sanzioni amministrative dello stesso Codice della Strada per cui l'opposizione era infondata. La sentenza di cui in epigrafe affermava che il parcheggio non custodito subordinato al pagamento di una somma e soggetto al Nuovo codice della strada e al relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 16 dicembre 1992) non era rapporto privatistico, anche in base alla legge delega del 13 giugno 1991 n. 190 (art. 2 lett. d e w), la quale consente agli enti proprietari delle strade di subordinare il parcheggio stesso al pagamento di una somma, ma prevede limiti di durata dell'illecito consistente nella sosta vietata e quindi l'opposizione era da accogliersi. Il nuovo codice aveva escluso l'esigenza della custodia, per la quale solo era ammissibile un corrispettivo di natura privata, e non consentiva al comune di chiedere una tassa per la concessione di suolo pubblico, nel caso insussistente, prevedendo solo sanzioni amministrative per l'utente inadempiente. Nei parcheggi incustoditi, oggetto solo di rapporti pubblicistici, il comune poteva esigere quindi sanzioni per le infrazioni dell'utente, ma non somme come quelle richieste, per una clausola penale inesistente cosi' come il preteso contratto in cui era inserita. La concessione era prevista nell'art. 7 solo per parcheggi custoditi e, in mancanza di atto concessorio inesistente nel caso per essere l'Azienda ente strumentale del comune, non potevano esservi rapporti privati; pur se lo Spina non aveva pagato le tariffe per 70 soste, il giudice rigettava la richiesta di pagamento del richiesto, per non essere provata la sottrazione alla circolazione delle aree destinate a posteggio e in difetto d'esibizione dell'ordinanza del sindaco, contenente le tariffe ritualmente pubblicata, condannando l'opposta alle spese di causa. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'Azienda Torinese Mobilita', quale avente causa a titolo universale dell'Azienda Tranvie Municipali di Torino, per cinque motivi esplicati anche con memoria ex art. 384 c.p.c.; lo Spina si difende con controricorso. Diritto 1. Il ricorso lamenta sia violazioni di norme cogenti, processuali, d'ordine pubblico e costituzionali (motivi n.ri 1 e 3), da applicarsi pure nella sentenza d'equita' (Cass. 4 novembre 1998 n. 11049 e Cass. 17 marzo 1998 n. 2864) sia la contraddittorieta' della motivazione solo apparente e in realta' inesistente (motivi 2, 4 e 5; per tale profilo di ricorso contro sentenze del giudice di pace, Cass. 16 dicembre 1998 n. 12611), e quindi il contrasto della sentenza impugnata con l'art. 111 Cost. e con i principi fondamentali nella materia (su tali censure delle sentenze d'equita', Cass. S. U. 30 ottobre 1998 n. 10904): il ricorso avverso sentenza emessa secondo equita', come e' quella impugnata di giudice di pace in causa di valore inferiore a L.. 2.000.000 (Cass. S.U. 23 settembre 1998 n. 9493 e 14 dicembre 1998 n. 12542), e' quindi nel caso ammissibile, riferendosi a vizi incompatibili anche con il carattere eq uitativo della decisione. E' opportuno esaminare le dedotte violazioni di norme inderogabili unitariamente (motivi 1 e 3 del ricorso) e distintamente dalle altre censure di omessa motivazione (n.ri 2, 4 e 5). 2. La ricorrente, con il primo denuncia violazione degli artt. 112 e 113 c.p., cioe' errores in procedendo e carenza di motivazione, di cui all'art. 360 n.ri 4 e 5 c.p.c., essendovi ultrapetizione della sentenza impugnata e contrasto con gli stessi limiti del giudizio di equita', per avere il giudice escluso, oltre ogni richiesta delle parti e in particolare della parte interessata, l'esistenza del rapporto e del contratto di parcheggio a pagamento non custodito e aver ipotizzato erroneamente l'esistenza di una normativa nel Nuovo Codice della Strada ostativa a posteggio privo di custodia a titolo oneroso privato. La decisione non puo' qualificarsi sentenza d'equita', perche' il riferimento errato del giudice alle leggi o in quanto presuntivamente conformi a equita' o per applicarle, essendo disapplicativo della disciplina di cui alle norme, viola il limite del giudizio di equita' in cui si puo' derogare alla legge, indicandosi la ragione della deroga, per cui la decisione non si configura come sentenza emessa ex art. 113 c.p.c. Con il terzo motivo di ricorso, l'A.T.M. censura la decisione per il contrasto con gli artt. 3, 5, 118 e 128 Cost. perche' la lettura delle norme del giudice di pace, per il quale solo nel parcheggio custodito, secondo il codice della strada, puo' domandarsi il prezzo in un rapporto di diritto privato e in quello senza custodia, invece l'unico rapporto e' di natura pubblica, viola le citate norme costituzionali, consentendo al giudice ordinario di incidere su scelte tecnico amministrative dell'ente locale, espressione dell'autonomia dello stesso in violazione del principio di uguaglianza e con disparita' di trattamento tra l'inadempimento nella sosta custodita, da cui deriva, con la reintegrazione per equivalente, la sanzione amministrativa e quello in sede di parcheggio incustodito, che da' luogo solo a sanzione. Nel controricorso si afferma che il giudice di pace ha solo rilevato la mancanza di una condizione dell'azione, cioe' del diritto a ricevere il pagamento del corrispettivo, interpretando le norme di cui sopra come conformi ad equita', contestandosi la fondatezza degli altri profili d'impugnazione. 3. L'Azienda domanda una somma a titolo di penale, che controparte afferma non dovuta, sia per non essere la somma richiesta collegata all'inadempimento (cioe' alla durata della sosta non pagata), sia perche' il contratto costitutivo del rapporto di parcheggio, era nel ...Continua... caso concluso con l'esecuzione stessa (artt. 1326 e 1327 c.c.) ed era quindi incompatibile con una clausola penale mai concordata; il rapporto oggetto di causa e' il credito da penale conseguente a inadempimento del contratto di parcheggio in cui la clausola e' inserita. Il giudice puo' sempre rilevare d'ufficio l'inesistenza di un titolo a base della richiesta di pagamento (Cass. 2 aprile 1997 n. 2858, Cass. 29 novembre 1996 n. 10681 e Cass. 9 febbraio 1995 n. 1453), ma incorre nel vizio di extrapetizione, quando - come nel caso affermi la nullita' di contratto non oggetto della causa (in ordine alla causa petendi) ovvero se la stessa inesistenza non solo non e' dedotta nei petita delle parti, ma e' esclusa dalla difesa di colui nel cui interesse avviene la declaratoria. Nel caso, da un lato l'opposto pone a base della ingiunzione la clausola penale e non il rapporto di parcheggio sul quale il giudice adito si e' pronunciato, e dall'altro l'opponente contrasta il credito di controparte per una illegittimita' di detta clausola penale, derivata dalla mancanza di collegamento alla misura dell'inadempimento del contratto dichiarato inesistente e la cui efficacia e validita' e' invece alla base dell'eccezione d'invalidita' del rapporto proposta dal debitore nel cui interesse e' emessa la pronuncia (sull'ultrapetizione per diverso petitum, per l'ipotesi di nullita' da rilevare d'ufficio, Cass. 9 gennaio 1999 n. 117 e Cass. 8 maggio 1996 n. 4269). La sentenza supera le domande e eccezioni delle parti, dato che non e' oggetto del giudizio l'intero rapporto contrattuale ma la clausola penale, per cui palese e la dedotta ultapetizione (*) (con la citata Cass. n. 2858-97, cfr. anche Cass. 16 luglio 1996 n. 6434 in ordine all'opposizione a ordinanza ingiunzione di cui all'art. 18 della L. 24 novembre 1989 (NDR: cosi' nel testo) n. 689). Il giudice di pace accoglie l'opposizione, ma eccede i limiti del dedotto di entrambe le parti e in particolare dall'opponente, che impugna il credito azionato a titolo di penale, denegando la validita' di questa proprio per l'esistenza del rapporto di parcheggio. La clausola penale, titolo dell'ingiunzione e' prevista nel tagliando di contestazione dell'infrazione inadempimento con questa frase: "In applicazione delle condiioni (*) contrattuali ed ai sensi dell'art. 1382 c.c., la invitiamo al pagamento della penale di L..18.000, comprensiva della tariffa di so-sta" (*). Nel c.d. contratto di parcheggio, concluso con l'offerta delle aree da usare accettata con la sosta, questa e' subordinata "al pagamento di una somma, da riscuotere mediante dispositivi di controllo della durata...anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe" (art. 7 lett. f D.Lgs. n. 285-92); tra dette condizioni puo' individuarsi la "penale", che, per il controricorrente e' incompatibile con il meccanismo di perfezionamento del contratto di cui all'art. 1327 c.c. Le affermazioni della sentenza escludenti il rapporto privato nel caso e che affermano l'inesistenza del contratto di parcheggio a pagamento senza custodia, vanno oltre il titolo a base della domanda, e superano le richieste dello Spina, che eccepiva solo l'illegittimita' della penale. Per la sentenza impugnata il citato art. 7 D.Lgs. 285-92, letto con la legge delega 13 giugno 1991 n. 190, escluderebbe, nel parcheggio non custodito, la stessa ipotizzabilita' di un contratto e di un rapporto privato, determinando l'inesistenza di essi rilevabile d'ufficio, per mancanza di previsione di detto rapporto nel Codice della strada e non per il vizio, denunciato dall'opponente, del mancato collegamento del risarcimento di cui alla penale alla durata del parcheggio inadempiuto. Rilevare d'ufficio l'inesistenza del rapporto contrattuale che non e' oggetto del giudizio, ma e' solo presupposto del credito da penale, titolo per l'ingiunzione e la domanda, di cui anzi si era eccepita l'illegittimita' in relazione alla validita' del contratto concluso con il comune, comporta una pronuncia eccedente il rapporto oggetto di causa come prospettato dalle parti, con un dispositivo che la stessa parte interessata a far valere la nullita', ex art. 1421 c.c., mai ha richiesto, per cui per tale profilo il ricorso deve accogliersi. 3.1 Anche l'altro profilo del primo motivo del ricorso appare fondato, in quanto la sentenza impugnata deriva da erronea lettura di norme legislative, che il giudice di pace si presume ritenga conformi ad equita' e cio' comporta impossibilita' d'identificare la ratio della stessa decisione equitativa, dato che la deroga apportata alla normativa, se correttamente letta, nel caso non appare motivata da principi d'equita' che consentono nel caso concreto la richiamata deroga alla legge, non potendosi fondare sulla motivazione, la cui ratio decidendi e' intrinsecamente contraddittoria, per fondarsi sulla pretesa conformita' all'equita' del dato normativo erroneamente letto e in effetti disapplicato senza motivazione (per i rapporti tra diritto ed equita', Cass. 16 dicembre 1998 n. 12612 e Cass. 19 novembre 1996 n. 10122). In sostanza ove si riconosca sussistere l'errore di interpretazione del diritto positivo nella sentenza del giudice di pace, che ad avviso di questa Corte vi e' stato, avendo la decisione ritenuto che alla legge siano conformi i principi equitativi cui si e' ispirato il giudice, il provvedimento impugnato e' in effetti immotivato proprio relativamente all'equita' perche' la giustizia del caso singolo che il giudice esprime con la sentenza che presuntivamente corrisponde alla giustizia di stretto diritto, e' stata attuata in base a falsa applicazione di quest'ultimo e quindi in deroga ad esso, senza che alcun motivo di equita' renda plausibile l'eccezione alla regola generale in concreto praticata nel caso di specie. 3.2. Per la decisione impugnata, i parcheggi a pagamento soggetti a regime privatistico sarebbero solo quelli con custodia, mentre quelli incustoditi comportano la irrogazione di sanzioni in regime pubblicistico. L'assunto del giudice di pace che, per la ricorrente e' del tutto infondato, secondo il controricorrente si fonda sul fatto che la somma da pagare costituisce nel caso una tassa inammissibile, per cui la decisione aveva correttamente ritenuto fosse sanzionato solo in chiave pubblicistica, in difetto di custodia. Questa, per la sentenza impugnata, sarebbe compatibile solo con una concessione, che sola poteva. sentire all'Azienda ricorrente la richiesta di corrispettivi e che peraltro non e' dimostrata. L'Azienda e' ente strumentale del comune e il rapporto tra questo e lei e' interorganico e non intersoggettivo, incompatibile quindi con ogni concessione. L'art. 2 della legge 13 giugno 1991 n. 190, di delega al Governo per il futuro codice della strada alla lettera d, prevede che in questo si sancisca "la facolta' dell'ente proprietario della strada di subordinare il parcheggio e la sosta dei veicoli al pagamento di una somma", stabilendo poi alla lettera w, con evidente riferimento all'infrazione del divieto di sosta e all'inadempimento di un parcheggio consentito che si fissino "limiti di durata dell'illecito consistente nella sosta vietata". L'art. 3 del D.Lgs. 285-92 al n. 34 definisce il PARCHEGGIO "area o infrastruttura posta fuori dalla carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli"; l'art. 7 del medesimo D.Lgsl. in conformita' ai principi della legge delega, prevede al 1 comma che, con ordinanza sindacale, si individuino "aree nelle quali e' autorizzato il parcheggio dei veicoli" (lett. e) e "previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli e' subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo o della durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe", come gia' detto. Per l'art. 5 del D.Lgs. 10 settembre 1993 n. 360, che ha sostituito il 7 comma del citato art. 7 del Codice della strada i proventi di tali parcheggi a pagamento sono destinati all'installazione, costruzione e gestione di parcheggi in superfice (*), sopraelevati o sotterranei e al loro miglioramento o in subordine a interventi per migliorare la mobilita'. Al comma ottavo dell'art. 7 si prevede poi che in caso di esercizio del comune di parcheggi con custodia o (alternativamente) di installazione dei dispositivi di misura della durata della sosta di cui al comma 1 lett. f, dovra' riservarsi nelle vicinanze altra area senza custodia a parcheggio gratuito, salvo che per il centro storico a traffico limitato. Sia nella legge di delega che nel decreto legislativo, si prevedono aree di parcheggio a pagamento senza custodia e con installazione di parchimetri oltre che parcheggi custoditi e aree incustodite e gratuite per la sosta, con potere del comune, in alcune zone del centro storico (co. 11 dell'art. 7), d'individuare aree di sosta "per veicoli privati residenti nella zona, a titolo gratuito o oneroso". Che tali rapporti di parcheggio incustoditi possano essere gestiti privatisticamente non e' vietato in alcun modo dalle norme citate che, anzi, se per l'infrazione di sosta vietata collegano la sanzione "ai limiti di durata dell'illecito", utilizzano invece un linguaggio certamente privatistico e la terminologia del codice civile quando si riferiscono, nella lettera f dell'art. 7, alle "condizioni" del rapporto (cfr. art. 1341 c.c.) e a "tariffe" per la sosta ovvero nel comma 11 a parcheggi "a titolo gratuito o oneroso" (art. 1815 e 1816 c.c.) e del resto, come meglio sara' chiarito in seguito, le norme relative all'autonomia anche finanziaria degli enti locali, sempre piu' confermano il potere di questi di gestire in regime di diritto privato una serie di servizi con pagamento di un prezzo da parte dell'utente. In conclusione, non risulta evidenziato dal giudice di pace la ragione di equita' per cui, nonostante la lettera dell'art. 7 sopra richiamato, i parcheggi incustoditi dotati di parchimetro nei centri abitati con corrispettivo di chi sosta, siano da considerarsi disciplinati solo in chiave pubblicistica; l'art. 7 e' invece la matrice normativa del contratto di parcheggio incustodito, apparendo evidente il servizio offerto agli automobilisti, con la predisposizione di aree delimitate e di parchimetri, indispensabili per regolamentare la circolazione nei centri urbani e quindi, con una funzione legalmente e socialmente meritevole di tutela; il corrispettivo di tale servizio, necessario anche a limitarne l'uso, e' ovviamente soggetto ad IVA come in ogni altra ipotesi di rapporto privato. Le ragioni della sentenza impugnata si collegano alla giurisprudenza nel previgente codice della strada (Cass. 3 dicembre 1990 n. 11568 e 13 gennaio 1988 n. 179), sul punto totalmente innovato in ragione delle particolari esigenze della circolazione ...Segue... ...Continua... stradale nei centri abitati, da limitare al massimo, e non superano la lettera della norma che pretenderebbero d'applicare, vietando la pretesa di corrispettivi per il servizio fornito, previsti dalla legge in un contesto anche linguistico tipico dei rapporti privati e dei contratti. Per tale profilo, la sentenza che richiama norme legislative ritenute conformi ad equita' ma in effetti inesistenti e determina deroga al diritto positivo che il giudice deve giustificare, chiarendo le ragioni d'equita' per cui si supera il dato normativo, non e' qualificabile come equitativa, non emergendo la ratio che la ispira che non puo' essere la legge disapplicata. La stessa previsione di concessioni per i parcheggi custoditi e a pagamento, di cui all'art. 7, non comporta come conseguenza che solo i parcheggi custoditi possano essere a pagamento e oggetto di rapporti privati, tenuto conto della lettera della stessa norma alla lettera f. Anche per questo altro profilo, il primo motivo di ricorso e' fondato e da accogliere. 4. La Corte ritiene che la sentenza impugnata violi gli art. 5, 118 e 128 Cost. e comporti una ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni identiche per gli inadempimenti dei corrispettivi per le soste, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. In effetti il giudice di pace, con l'esclusione di un rapporto privato tra il comune e l'utente del parcheggio incustodito, non ha semplicemente disapplicato un atto amministrativo dell'ente locale, cioe' quello che fissa tariffe e condizioni del parcheggio incustodito ovvero che ha predisposto le aree destinate alla sosta, ma ha escluso in assoluto lo stesso potere di un ente locale di pretendere prezzi privatistici per parcheggi senza custodia. L'art. 5 della Costituzione riconosce le autonomie locali e il decentramento dei servizi; nelle materie di cui all'art. 117, il successivo art. 118 Cost. prevede che le funzioni amministrative spettino in genere alla Regione, che le esercita delegandole agli enti locali, salvo per i casi di interesse locale di competenza diretta di comune e provincie; tali enti, per l'art. 128 Cost., sono autonomi nell'ambito dei principi stabiliti da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni. Tra queste leggi, appaiono contrastanti con le limitazioni imposte al comune dalla sentenza di merito anzitutto l'art. 54 comma 8 della L. 8 giugno 1990 n. 142, per il quale "A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Lo Stato o le regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuita' dei servizi di competenza dei comuni e delle provincie ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative". L'affermazione del giudice di pace sull'obbligatoria gratuita' del servizio di parcheggio incustodito, salva la sanzione amministrativa per l'inadempimento del prezzo del parcheggio, comporta un intervento indebito in materia di riserva di legge e incide sull'autonomia patrimoniale del comune, non potendo egli sicuramente fornire finanziamenti compensativi per le spese dell'ente locale erogate per organizzare il servizio (parchimetri, strisce, segnaletica etc.). Con l'art. 12 della L. 23 dicembre 1992 n. 498, sempre piu' in attuazione delle norme costituzionali richiamate, dopo essersi prevista la costituzione di societa' per azioni su iniziativa degli enti locali per esercitare servizi pubblici e realizzare le opere necessarie alla loro gestione, al comma 4 si prevede: "Per gli interventi di cui al presente articolo gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi in misura tale da assicurare l'equilibrio economico finanziario dell'investimento e della connessa gestione" e al comma 5: "La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa e' determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata pluriennale..". E' quindi chiaro che anche le "tariffe" di cui al Nuovo Codice della Strada sono il prezzo del servizio dei parcheggi e affermare che lo stesso non puo' essere preteso dal comune che ne istituisca di incustoditi muniti di parchimetro, significa incidere sull'autonomia funzionale dell'ente locale in ordine alla circolazione stradale e all'offerta di servizi che la facilitano, in violazione delle norme costituzionali di cui sopra. Particolarmente esplicativo, infine, per chiarire che tra le condizioni da fissare con le tariffe per la gestione dei parcheggi anche incustoditi, nell'ambito dell'autonomia del comune, puo' esservi la clausola a base del credito di cui alla presente causa, e' infine il comma 132 dell'art. 17 della L. 15 maggio 1997 n. 127: "I comuni possono con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali o delle societa' di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione. La procedura sanzionatoria amministrativa e l'organizzazione del relativo servizio sono di competenza degli uffici o dei comandi a cio' preposti. I gestori possono comunque esercitare tutte le azioni necessarie al recupero dell'evasioni tariffarie e dei mancati pagamenti, ivi compresi il rimborso delle spese e delle PENALI". E' quindi palese l'Azienda ricorrente gestrice di un parcheggio incustodito a pagamento, puo' agire per ottenere l'adempimento delle penali e dei prezzi contro gli inadempimenti e una sentenza che fissi il principio che alcuna azione giudiziaria e' data nel caso per il recupero di detti crediti e' violativa dell'autonomia dell'ente locale nella materia e degli artt. 5, 118 e 128 Cost., oltre a dar luogo a ingiustificata disparita' di trattamento tra debitori che non pagano i parcheggi con custodia e quelli inadempienti nei parcheggi incustoditi, con azione per ottenere la reintegrazione per equivalente solo nel primo caso e non nel secondo assolutamente irrazionale per un inadempimento non diverso e in contrasto quindi anche con l'art. 3 Cost. Anche il terzo motivo di ricorso e' quindi fondato e deve accogliersi. 5. Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti dall'accoglimento dei motivi di cui sopra. Con il secondo motivo si deduce la mancanza di motivazione e l'error in procedendo sulle ragioni per cui la novella dell'art. 7 del Codice della strada priverebbe l'ente locale del potere di subordinare il pagamento del servizio in rapporto privato solo con la custodia; la questione e' superata dalla effettiva disciplina di legge come individuata nei punti che precedono. Altrettanto e' a dirsi in ordine alla contradditorieta' (*) denunziata nel quarto motivo tra l'affermazione della natura interorganica del rapporto tra comune e azienda ricorrente e la pretesa concessione della gestione del parcheggio, che in quanto in concessione, solo se custodito, darebbe luogo a pagamento in rapporto privatistico; la questione e' assorbita da quanto gia' detto in ordine all'inesistenza nel caso di alcuna concessione e comunque in rapporto all'evidenziata circostanza che la natura privata del contratto di sosta custodita non e' incompatibile con l'identica natura del parcheggio non custodito. Viene infine lamentato, con il quinto e ultimo motivo di ricorso, l'infondato rigetto della domanda di pagamento dei corrispettivi (non delle penali), per difetto di prova del credito, relativamente all'istituzione di un servizio di parcheggio al di fuori della carreggiata conforme alla fattispecie normativa gia' richiamata, e per la mancata esibizione dell'ordinanza che fissa le tariffe; tale assunto, peraltro contraddittorio con l'altro contenuto nella stessa sentenza per il quale l'inadempimento nel caso darebbe luogo sempre a sanzione amministrativa e quindi non ai crediti che si affermano non provati, e' superato dall'accoglimento dei primi due motivi di ricorso, anche a prescindere dalle prove orali richieste dalla ricorrente per provare il suo credito, le quali di certo non possono essere esaminate in sede di legittimita'. Il giudice di pace ha escluso che sia stata provata la natura di parcheggio delle aree per le quali era richiesto il pagamento in difetto di custodia, pur in presenza di atti che egli stesso ritiene fidefacienti che ne attestano l'esistenza; e' peraltro evidente che il titolo a base del credito esercitato e' quello indicato nell'accoglimento del primo motivo di ricorso, cioe' l'offerta all'utente accettata ex art. 1327 c.c., della clausola per cui in caso di mancato pagamento delle tariffe, chi pone in sosta l'auto, deve pagare L.. 18.000 comprensive di penale e di corrispettivo (sul carattere non vessatorio della clausola penale Cass. 9 giugno 1990 n. 5625). Pertanto, a prescindere dalla natura di parcheggio conforme a quanto previsto nell'art. 3 del Codice della strada e dall'ordinanza contenente le tariffe, il problema della prova del credito del ricorrente risulta in sostanza superato dall'affermata esistenza, in sede di accoglimento del primo motivo di ricorso, dell'accordo di diritto privato su una penale " comprensiva anche del prezzo". 6. Devono quindi accogliersi il primo e il terzo motivo di ricorso e dichiararsi assorbiti gli altri motivi, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice di pace di Torino, per un nuovo giudizio sull'opposizione, che si uniformi alle norme cogenti richiamate; il giudice del rinvio provvedera' anche per la disciplina delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M La Corte Suprema di Cassazione, 1 sezione civile, accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altro giudice di pace di Torino anche per le spese del presente giudizio di cassazione. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999. (*) ndr: cosi' nel testo. Depositata in cancelleria il 24 07 1999 _______________________________________________________ - La sentenza e' in corso di pubblicazione in extenso in Giust. civ..