Il prospetto informativo e la responsabilità per informazioni inesatte

Il prospetto informativo e la responsabilità per informazioni inesatte, di Alessandro Paralupi
1. Introduzione - 2. La giurisprudenza.- 3. La diffidenza della dottrina verso il fatto illecito. 4. La nuova
responsabilità civile.- 5. Il prospetto e la nuova responsabilità civile.-- 6..Nesso causale e danno risarcibile.7. L'emittente. 8. Il collocatore.- 9. Gli amministratori. - 10. Il revisore. - 11 La Consob. - 12.Conclusioni.
1. Il recente riconoscimento della Cassazione della la responsabilità della CONSOB a seguito di mancato
controllo sui prospetti informativi, ha confermato la possibilità di proporre domande risarcitorie per
addebito del danno patrimoniale nei confronti di organismi di controllo. Del resto, come evidenziato dalla
Suprema Corte una diversa e difforme soluzione avrebbe avuto l'effetto di sminuire l'autorità attribuita alla
CONSOB, equiparandola ad un semplice "ufficio di deposito atti". Non è inoltre possibile ritenere che le
informazioni diffuse dai mass media relative ai probabili rischi nei settori oggetto di controllo degli organi di
vigilanza siano sufficienti a tutelare gli investitori e soprattutto possano sostituire gli obblighi della
Authority di controllo. A maggior ragione queste ultime dovrebbero essere indotte ad operare accurati
controlli proprio a seguito delle notizie diffuse dalla stampa.
Non c'è dubbio che la pronuncia della Corte di Cassazione sarà di notevole impatto sia sul piano economico
sia sul piano del diritto sostanziale. Il diritto riconosciuto ai risparmiatori di agire in via extracontrattuale
per i danni subiti a seguito della mancata vigilanza da parte delle autorità a ciò preposte, porterebbe di
certo ad un aumento delle azioni giudiziarie a tal fine. Le autorità di controllo in considerazione della loro
generale solvibilità, costituirebbero infatti il bersaglio preferito delle domande risarcitorie.
La Corte accogliendo la tesi da tempo prospettata in letteratura e anche in giurisprudenza che il danno
ingiusto non è solo quello che si produce per violazione del diritto soggettivo; ha, in altre parole, ammesso
la riconducibilità nella fattispecie della responsabilità aquilana di qualsiasi lesione della sfera attributiva
dell'individuo. Ciò implica la proponibilità della domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. qualora sia imputabile
a qualsiasi soggetto una condotta positiva od omissiva che abbia causato un sacrificio dell'interesse alla
conservazione o all'acquisizione di una situazione di vantaggio.
Un ruolo centrale in questo senso va riservato all'ingiustizia del danno percepita come problema della
determinazione dell'ambito dei beni ed interessi protetti dalla tutela aquilana. La disciplina della
responsabilità per informazioni inesatte contenute nel prospetto informativo rappresenta una preziosa
occasione per ripensare e verificare il nostro sistema di responsabilità civile nel suo complesso e nello
stesso tempo per testare la tenuta del sistema rispetto a fenomeni normativi nuovi .
Le pronunce giurisprudenziali di questi ultimi anni comportano, per la loro portata ideologica, un
ripensamento del sistema della responsabilità civile in conformità a spunti ormai omogenei in
giurisprudenza e dottrina. Illeicità e secondarietà della responsabilità aquiliana costituiscono il frutto di un
pregiudizio che lega il danno allo schema egemonico e paradigmatico della proprietà. L'evoluzione
economica, di questi ultimi anni ha tuttavia determinato l'evoluzione e l'espansione di nuove forme di
ricchezza irriducibili allo schema proprietario ma comunque suscettibili di tutela. In questo contesto si
collocano le spinte verso il superamento della secondarietà e quindi della complementarità della tutela
aquilana: la più recente dottrina si è fatta promotrice di un nuovo ruolo della responsabilità aquiliana
primario e costitutivo nella determinazione dell'estensione delle sfere individuali giuridicamente protette.
La responsabilità civile da prospetto costituisce un ottimo banco di prova in per questa nuova concezione
dell'illecito civile e consente di fare il punto sull'attuale rivisitazione sistematica dell'ingiustizia del danno e
delle propagazioni della responsabilità .
2. Il dibattito sulla responsabilità da prospetto ha origini piuttosto risalenti la dottrina tedesca se ne occupò
addirittura nel 1853 nel caso conosciuto come Lucca- Pistoia-Actienstreit dal quale originarono una serie di
sentenze commentate dai più autorevoli giuristi dell'epoca
Anche in Inghilterra le prime esperienze di prospectus liability risalgono a un famoso caso della seconda
metà dell'800, Derry v. Peek deciso dalla House of Lords nel 1889.
In entrambi i casi il dibattito sulla natura della responsabilità fu di notevole portata, ma, mentre nei paesi di
common law non si è mai dubitato che la responsabilità in esame dovesse essere ricondotta all'area dei
torts, nel diritto tedesco, particolarmente legato alle finzioni contrattuali, si è privilegiata la prospettiva
della culpa in contraendo pacificamente ricondotta alla responsabilità contrattuale .
Bisogna comunque notare che anche in seno alla stessa dottrina tedesca si è ultimamente assistito a una
riscoperta della perdurante validità del principio aquiliano del neminem laedere ricostruendo i rapporti tra
responsabilità contrattuale e extracontrattuale in termini non più antagonistici .
Nel nostro sistema la riflessione giuridica sulla responsabilità da prospetto si è manifestata in dottrina in
epoca piuttosto recente dando luogo a due diverse correnti di pensiero: da un lato, vi sono coloro che
preferiscono ricondurre tale responsabilità alla culpa in contraendo, qualificando la stessa come
responsabilità contrattuale ; dall'altro vi sono coloro che invece riconducono la responsabilità sul piano
dell'illecito aquiliano assegnando, di conseguenza un più ridotto spazio alla responsabilità prenegoziale .
Le due diverse correnti di pensiero trovano radice in divergenze dogmatiche di fondo più generali sui profili
sistematici dell'illecito civile.
La giurisprudenza italiana in precedenza si era pronunciata solo in un'occasione sulla responsabilità da
prospetto ; questo caso, bisogna premettere, si riferisce a fatti avvenuti nel 1978 (anno di collocamento dei
titoli e di pubblicazione del prospetto) e quindi si riferisce più che a un prospetto in senso tecnico a un
documento informativo volontariamente predisposto dall'emittente (forse con l'ausilio della banca). In
questo i giudici qualificarono la responsabilità da prospetto come in contrahendo e quest'ultima come
responsabilità contrattuale .
La prima giurisprudenza italiana in tema di responsabilità da prospetto si pone pertanto in contrasto con
l'orientamento prevalente, che considera la culpa in contrahendo come una fattispecie di responsabilità
extracontrattuale.
Tuttavia la Suprema Corte si è pronunciata in questo senso solo nei casi nei quali il contratto non si era
perfezionato rivelando così un orientamento solo apparentemente consolidato perché applicabile
prevalentemente solo laddove non sia avvenuta la stipula di un contratto valido e ci sia stato recesso
ingiustificato dalle trattative, del resto in assenza di un contratto era sembrato naturale attribuire natura
extracontrattuale alla responsabilità ex art. 1337 c.c..
Per contro è stato osservato, in dottrina, che l'art.1337 costituisce un'espansione dei profili della
responsabilità del contratto alla fase delle trattative sia che la responsabilità si ricolleghi a un rapporto
negoziale sia che si ricolleghi a una fase prenegoziale, assoggettando entrambi i casi al principio di cui
all'art.1218 c.c.
Il prospetto infatti solo nella fase che precede la stipulazione del contratto svolge una propria funzione
autonoma e determinata dalla norme sulla sollecitazione all'investimento; nel momento in cui interviene
l'accordo tra le parti in relazione all'investimento descritto nel prospetto il ruolo del documento cambia e
anche il regime responsabilistico muta alcune sue caratteristiche: da documento informativo diventa
regolamento contrattuale a cui le parti devono fare riferimento nell'adempimento delle relative
obbligazioni; in altre parole il prospetto innestandosi in un regolamento contrattuale da mero documento
informativo, quale è la sua precipua natura, diventa documento normativo in cui rileva oltre
all'informazione statica relativa alla situazione patrimoniale dell'emittente soprattutto l'informazione
dinamica volta a definire le prestazioni delle parti in relazione al prodotto finanziario.
In altri termini il rapporto obbligatorio dedotto nel prospetto sarà un rapporto di prestazione in senso
tecnico dove oltre a rilevare il danno ingiusto e il fatto illecito rileva anche come un inadempimento della
prestazione , nell'ambito di un rapporto che si può già definire contrattuale. Ciò nonostante non si potrà far
valer l'inadempimento come responsabilità contrattuale nei confronti di tutti i soggetti che hanno
interagito e collaborato nella formazione del documento: il fatto che sia intervenuto un accordo tra due o
più parti limita il mutamento del regime della responsabilità solo rispetto alle parti stesse e alla prestazione
che si può dedurre dal prospetto; questo diverso ruolo che svolge il prospetto in relazione alle fasi negoziali
e prenegoziali induce a credere, come si vedrà meglio in seguito, che la responsabilità da prospetto per così
dire normale e residuale sia quella extracontrattuale; solo in occasioni particolari e soprattutto eventuali il
rulo di questo documento può rilevare ai fini dell'individuazione della prestazione del debitore e quindi sul
piano contrattuale; ciò non vale comunque a modificare la responsabilità di fondo del documento che
rimane regolata secondo la lex aquilia.
In effetti la fase negoziale in esame è sicuramente precedente alla formazione del contratto ed
caratterizzata da una manifestazione di volontà delle parti tesa al raggiungimento di un dato assetto di
interessi ma non ancora materializzato in una proposta ed accettazione che integrerebbero gli estremi della
fattispecie contrattuale .
Finchè non è riscontrabile, nei termini di cui sopra, una proposta e la relativa accettazione l'accordo
contrattuale non è concluso, la fase negoziale sarà ancora quella delle trattative e la relativa responsabilità
sarà di tipo extracontrattuale; quando viceversa l'accordo si conclude in termini di proposta - accettazione,
la funzione del documento cambia e di conseguenza muta il regime della responsabilità che ne deriva. La
funzione del stesso prospetto questa fase sarà quindi di tipo contrattuale e il documento costituirà il
parametro di riferimento per la valutazione della prestazione relativamente alla quale troveranno
applicazione tutti i rimedi di tipo contrattuale (nullità, annullabilità, risoluzione, etc.) .
3. La dottrina più recente ha compiuto un'analisi approfondita delle problematiche legate al prospetto
"falso o infedele", in relazione agli interessi lesi ed ai soggetti che devono essere considerati responsabili
della lesione. In particolare la dottrina si è soffermata sulla natura della responsabilità per informazioni
inesatte enucleando la fattispecie autonoma della c.d. responsabilità da prospetto. L'inquadramento, in
questi termini, è avvenuto in prevalenza isolando la responsabilità per informazioni non corrette contenute
nel prospetto dalla responsabilità per informazioni non corrette contenute negli altri documenti sociali,
quasi che la natura della responsabilità differisse a seconda della fonte dell'informazione.
La responsabilità civile da prospetto è stata così ricondotta dalla dottrina tradizionale o nell'ambito della
responsabilità contrattuale o nell'ambito di un tertium genus di responsabilità che si colloca tra il contratto
e il fatto illecito . Del resto la crescita di interesse degli studiosi verso la fattispecie in esame trova la ragione
nella sua capacità di rappresentare attraverso la scomponibilità e l'interazione dei suoi elementi
caratteristici e la conseguente varietà delle visuali sistematiche proposte, quasi un simbolo del processo di
redifinizione delle regole generali di responsabilità.
Ci si riferisce in particolare alla complessa definizione dei confini con la responsabilità contrattuale, alle
rielaborazioni riguardanti la teoria della colpa e dell'ingiustizia del danno, all'interazione con i diversi
modelli di responsabilità civile circolanti nel processo europeo di armonizzazione: problematiche sulle quali
si confrontano oggi i giuristi da diversi punti prospettici.
Non c'è dubbio, infatti, che la difficoltà di stabilire dei convincenti criteri di ripartizione tra gli illeciti si lega
fortemente anche all'emersione di nuove ipotesi di responsabilità come quella per false o inesatte
informazioni; il problema dei criteri distintivi è fortemente condizionato dall'evoluzione che ha
condizionato il modo di intendere le diverse forme di responsabilità .
L'inquadramento della responsabilità da prospetto nell'alveo della responsabilità contrattuale o
extracontrattuale si basa su due distinte concezioni sistematiche della responsabilità civile: chi pretende di
contrattualizzare la responsabilità da prospetto prende sostanzialmente le mosse dalla pretesa
impossibilità della tutela aquiliana di far fronte ai così detti "danni meramente patrimoniali" ; questo tipo di
impostazione deriva da una concezione "tipizzante" dell'ingiustizia del danno e nella propensione a
immaginare la responsabilità aquiliana come "la responsabilità del passante" , cioè la responsabilità del
soggetto che solo accidentalmente arrechi danno ad altri.
La dottrina che propende per l'ipotesi contrattuale argomenta la propria tesi ipotizzando nel caso in esame
una sorta di rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione che si basa sul semplice "contatto
sociale"; in altre parole, le trattative precontrattuali danno vita a un obbligo di buona fede che nonostante
la mancanza di inadempimento comincia a veicolare il comportamento delle parti secondo definiti
parametri ed è, perciò, da ricondurre alla responsabilità da contratto . Sarebbe decisivo in questo senso il
fatto che qualora mancasse la disposizione specifica sulla responsabilità precontrattuale di cui all'art.
1337c.c., la slealtà nella fase precontrattuale verrebbe certamente repressa ex art. 2043 c.c..
Sempre a favore della responsabilità precontrattuale come forma di responsabilità contrattuale si afferma
che tramite l'inserimento dell'art. 1337 del Codice Civile (nel codice del 1865 mancava una norma diretta a
disciplinare il comportamento delle "parti nella fase delle trattative), il legislatore non solo ha voluto
disciplinare il comportamento delle "parti" nelle trattative che precedono la formazione del contratto,
eliminando le residue incertezze che ancora esistevano al riguardo sotto il codice abrogato, "ma ha anche
preso posizione sul problema della natura della culpa in contrahendo, quando ha assoggettato alla
medesima regola di buona fede la condotta del contraente sia antecedente sia susseguente alla
stipulazione del contratto (…) l'art. 1337 c.c. costituisce un'estensione della buona fede contrattuale nella
fase delle trattative (…) e pertanto appare coerente ad una corretta ricostruzione del nostro sistema
attribuire identica natura alla responsabilità per violazione del dovere di buona fede sia che esso si
ricolleghi al rapporto contrattuale sia che si fondi sul rapporto prenegoziale"
Altra parte della dottrina con specifico riferimento alla responsabilità precontrattuale da prospetto ha
argomentato l'ipotesi di responsabilità contrattuale evidenziando che "la scelta legislativa di un ben
individuato e definito dovere di informazione in capo all'intermediario colloca saldamente la soluzione del
problema risarcitorio sul piano della responsabilità contrattuale (…), anche la responsabilità da prospetto
quindi è ormai sicuramente da qualificare come contrattuale" .
In posizione intermedia si colloca chi sostiene che il rapporto precontratuale meriti comunque di essere
autonomamente considerato.
La nozione di buona fede contrattuale in questi termini acquisterebbe una propria autonoma rilevanza per
cui sarebbe difficile sul piano sistematico ricondurre coerentemente la fattispecie nell'alveo del contratto o
del fatto illecito soprattutto in considerazione del fatto che le regole di comportamento esprimono "una
potenzialità precettiva che non si esaurisce nel solo aspetto risarcitorio"
Tuttavia l'orientamento che sta prendendo piede in giurisprudenza ma condiviso anche da parte della
dottrina è quello di individuare nella responsabilità precontrattuale un'ipotesi di responsabilità
extracontrattuale . Il primo elemento addotto a fondamento di tale tesi è che prima della formazione del
contratto non può sorgere tra coloro che trattano altro obbligo che comportarsi lealmente che altro non è
che una specificazione dell'obbligo del naeminem laedere .
Sempre secondo i sostenitori della teoria della responsabilità extracontrattuale l'interesse che rileva nella
responsabilità precontrattuale è un interesse alla vita di relazione e precisamente alla libertà negoziale
come bene attribuito al singolo dall'ordinamento; la lesione dell'altrui libertà negoziale s'inquadra pertanto
nell'ambito della responsabilità extracontrattuale.
La dottrina più recente basandosi sulle suesposte considerazioni ritiene che la responsabilità da prospetto
sia da qualificare come extracontrattuale alla luce di una rivisitazione del sistema responsabilistico dell'art.
2043 c.c; in effetti, le parti, nella fattispecie di sollecitazione all'investimento, non intendono in alcun modo
contrarre vincoli o impegnarsi al raggiungimento di un certo obbiettivo ma vogliono soltanto tutelato il
diritto alla lealtà reciproca e al rispetto delle regole di comportamento. Risulta, peraltro, difficile da
individuare "un rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione" e neanche l'individuazione di
un preciso obbligo di condotta in capo a soggetti determinati vale a contrattualizzare la relativa
obbligazione. Del resto la differenza sostanziale tra responsabilità e responsabilità contrattuale è la
sussistenza o meno di un rapporto giuridico costituito al momento del compimento dell'atto costitutivo del
danno
Il contratto nella fase di sollecitazione è non solo futuro ma eventuale e ipotetico; se si possono, anche in
questa fase, individuare dei soggetti che interagiscono al fine di giungere a un accordo, ciò significa soltanto
che manifestano la loro disponibilità a trattare, cioè la predisposizione a progettare i possibili termini di un
accordo, tentando di appianare i conflitti tra le rispettive sfere giuridiche.
Non si può quindi pensare a rapporti di prestazione in questi casi ma solo ad una necessità sentita
dall'ordinamento che la condotta delle parti sia conformata a determinati parametri di condotta.
In effetti in questa fase pur non sorgendo obblighi di prestazione in senso tecnico è incontestabile il fatto
che il raggiungimento di un accordo su un numero crescente di elementi del contratto determina quel
passaggio dalla mera possibilità alla forte probabilità che direttamente rileva sull'affidamento reciproco dei
soggetti, l'avvicinarsi del consenso fa infatti aumentare e non diminuire il rischio a cui le parti si
sottopongono .
4. La ragione per cui la dottrina tradizionale è stata essenzialmente restia a immaginare la responsabilità da
prospetto come extracontrattuale dipende dalla risalente convinzione che l'art. 2043 c.c. indichi una forma
di responsabilità tipica e di natura secondaria, volta cioè a tutelare le sole lesioni dei diritti soggettivi; una
tutela quindi intesa a dare esclusiva rilevanza a situazioni di per se già tutelate da altre norme con struttura
chiusa, dove l'ingiustizia del danno riveste un ruolo piuttosto limitato .
Il punto è di fondamentale importanza in quanto riconoscere o negare al rimedio di cui all'art.2043 c.c. il
carattere della tipicità non significa altro che discutere dell'alternativa tra complementarità (e perciò
secondarità) e autonomia (e perciò primarietà, costituitvità) della tutela aquiliana.
Nel paradigma tipico della fattispecie aquiliana danneggiato e danneggiante si presentano generalmente
indeterminabili ex ante. Sulla base di tale presupposto il "contatto sociale" tra soggetti determinati, che si
verifica nella sollecitazione all'investimento, è stato qualificato dalla dottrina come un'"obbligazione senza
prestazione" che si contrappone alla categoria dell'obbligo tipico della responsabilità aquiliana in quanto
comincia a veicolare il comportamento di parti già determinate. Secondo tale impostazione, già in questa
fase comportamenti delle parti sarebbero regolati parametri tipici della responsabilità da contratto; si
tratterebbe quindi di una forma di responsabilità intermedia, "paracontrattuale" , che vista l'assenza di un
obbligazione in senso tecnico vincola il comportamento delle parti alla reciproca protezione delle proprie
sfere giuridiche .
Questo tipo di approccio s individua zone grigie tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale
proponendo un tertium genus di responsabilità. Tuttavia tale interpretazione appare i in contrasto con lo
stesso art. 1173 c.c. che sembra abbia voluto escludere a priori forme atipiche di responsabilità; del resto,
come cercherò di dimostrare, lo stesso codice civile ci fornisce l'attrezzatura per l'inquadramento
sistematico della responsabilità da informazioni inesatte senza la necessità, ma neanche la possibilità, di
cercare forme di responsabilità civile che non si riferiscano al contratto o al danno ingiusto.
La dottrina più moderna parte dal rovesciamento della logica tradizionale del fatto illecito e assegna
priorità al danno e al danneggiato rispetto all'illeicità della condotta e alle ragioni del danneggiante: il
rimedio aquiliano diventa così primario e atipico in quanto fattispecie a struttura aperta. E' il criterio
dell'ingiustizia a dare rilevanza agli interessi lesi .
L'illecito aquiliano, inteso in termini atipici , si presenta come fattispecie non più limitata a sanzionare le
violazioni di diritti soggettivi, ma al contrario tendenzialmente aperta, e i cui parametri definitori si basano
sull'ingiustizia del danno .
L'ingiustizia del danno riveste così un ruolo centrale nella struttura dell'illecito aquiliano perché dal danno
ingiusto dipende la struttura interna del giudizio di responsabilità e quindi il fondamento normativo
dell'evoluzione interpretativa dell'intero istituto .
Il discrimen delle due specie di responsabilità non va quindi ricercato in base alla determinabilità a priori e
sulla base del danno da lesione di diritti soggettivi; al contrario la distinzione va individuata analizzando
l'ambito operativo delle stesse norme e la funzione delle "predicazioni deontiche che l'ordinamento
connette ai rispettivi comportamenti (…)" .
La responsabilità contrattuale nell'ambito della circolazione della ricchezza si situa pertanto in un contesto
modificativo-acquisitivo: è chiamata a realizzare il programma contrattuale che l'inadempimento avrebbe
fatto mancare; la responsabilità extracontrattuale, per contro, tutela situazioni conservative (e non è perciò
limitata alla tutela dei diritti soggettivi): fa sì che la ricchezza rimanga laddove si trovi o sia stata collocata
con i meccanismi previsti dall'ordinamento, evitando in questo modo una circolazione non legittima della
stessa .
L'individuabilità dei soggetti attivi e passivi del comportamento assume quindi un ruolo secondario nella
qualificazione della responsabilità; ciò che rileva, invece, è la funzione che la stessa è chiamata ad assolvere
e in particolare il suo ruolo rispetto alla circolazione e alla conservazione della ricchezza.
La previsione normativa di veridicità delle informazioni contenute nel prospetto ha una funzione
"attributiva di ricchezza" in capo al risparmiatore nel senso che la norma garantisce che non vengano
fornite informazioni false e ingannevoli adempiendo così a una funzione attributiva di ricchezza di
informazione nei confronti del soggetto protetto dalla norma.
La sfera giuridica preesistente, alla quale è preposta la tutela conservativa, è in grado di comprendere
anche questo tipo di interessi informativi e appare molto più ampia e articolata di quanto non emerge
pensandola nei termini tradizionali: oltre ai valori d'uso e di scambio suscettibili di appropriazione e quindi
di tutela vi sono altri criteri di allocazione della ricchezza derivanti da permessi (intesi come libertà) e
obblighi che ricadono su altri soggetti per la protezione della propria sfera giuridica.
Nel momento in cui le norme che regolano l'istituto del prospetto vengono violate si dà luogo a una
interferenza nella sfera giuridica del risparmiatore il quale per tutelare i propri diritti porta avanti una
istanza conservativa della propria ricchezza, attribuita dalla norma stessa; questa istanza rivolta dal
risparmiatore all'ordinamento è di tipo squisitamente extracontrattuale perché non si colloca in un
contesto acquisitivo-modificativo ma conservativo della "ricchezza" attribuita dalla norma di protezione .
5. La disciplina della trasparenza nel mercato finanziario si basa su una serie di previsioni normative
finalizzate alla realizzazione di un corretto e completo flusso informativo dagli emittenti al mercato affinché
gli investitori possano operare consapevoli scelte di investimento. La violazione di questi obblighi da luogo
a responsabilità civile.
Le informazioni obbligatorie destinate al mercato sono accomunate dal legislatore che ne richiede la
diffusione attraverso documenti sociali tipizzati a larga circolazione quali, oltre al prospetto informativo di
sollecitazione, il bilancio, la relazione trimestrale e semestrale, i comunicati price - sensitive e il prospetto di
quotazione.
L'ordinamento in altre parole ha imposto agli emittenti un comportamento consistente nella diffusione di
notizie veritiere chiare e complete attraverso schemi tipizzati per tutelare coloro i quali devono compiere
scelte sul mercato. La legislazione sulla trasparenza costituisce nel suo complesso un insieme unitario di
norme attributive consistente nella garanzia di condizioni che consentano decisioni consapevoli e ragionate
di investimento e disinvestimento; in quest'ottica unitaria della legislazione sulla trasparenza
complessivamente finalizzata allo sviluppo dei mercati finanziari e alla tutela del risparmiatore, non si può
pertanto distinguere la natura della responsabilità a seconda della fonte documentale dell'informazione.
Del resto la forzatura appare più che evidente laddove si tenti di ricondurre alla fattispecie aquiliana la
responsabilità per i danni cagionati a terzi da false informazioni contenute nel bilancio o nella relazione
semestrale.
Il comportamento dell'operatore (sia esso intermediario, collocatore o emittente) che abbia fornito false
informazioni, inidonei consigli, cattive previsioni dei rischi e delle incertezze degli investimenti prospettati è
quindi, a prescindere dalla fonte documentale, suscettibile di generare responsabilità aquiliana sia che si
arrivi sia che non si arrivi alla conclusione di un contratto valido; una responsabilità ampia e atipica, sia per
informazioni inesatte sia per ogni responsabilità di affidamento legata all'attività esercitata.
La responsabilità aquiliana in quest'ottica non necessita più di essere contrapposta in termini antagonistici
e di competizione rispetto alla responsabilità contrattuale; si deve comprendere la responsabilità in
un'ottica unitaria rovesciando la logica tradizionale e attribuendo alla tutela aquiliana primarietà atipicità e
struttura aperta.
La responsabilità extracontrattuale, in questo modo, costituisce il genus della responsabilità civile : che non
si limita a proteggere le aggressioni dannose della sfera individuale ma conferisce rilevanza giuridica a beni
e interessi altrimenti non protetti selezionati attraverso il criterio dell'ingiustizia del danno .
La responsabilità contrattuale si colloca nell'ampio genus della responsabilità civile in termini di species che
si configurerebbe solo in situazioni particolari, quando cioè si instaura una relazione negoziale tra soggetti
determinati che va oltre il mero "contatto sociale" attraverso l'assunzione di reciprochi impegni.
Lo svolgimento dei servizi di investimento e in particolare la sollecitazione al risparmio, sono pertanto
caratterizzati da un estesa responsabilità aquiliana di fondo idonea a proteggere fattispecie di
comportamento non tipizzabili in quanto legate allo svolgimento di un'attività suscettibile di assumere
forme e caratteri non definibili a priori .
Normalmente nella fattispecie di sollecitazione all'investimento l'accordo contrattuale risulta lontano o
addirittura eventuale: la forma di tutela andrà pertanto primariamente ricercata nel genus della
responsabilità aquiliana e solo eventualmente e successivamente nella species contrattuale.
La responsabilità contrattuale interviene quindi sempre nell'ambito dell'illecito aquiliano quando per il
mutamento delle caratteristiche del rapporto si possa qualificare l'obbligazione in esame come contrattuale
con le note conseguenze in merito alla prescrizione e all'onere della prova .
6. La prova che l'inesatta informazione contenuta nel prospetto abbia cagionato un danno può risultare
piuttosto difficoltosa: si tratta di stabilire se l'investitore sarebbe stato ugualmente indotto all'acquisto dei
valori mobiliari se avesse realmente conosciuto le circostanze che gli sono state prospettate in maniera
ingannevole.
La prova del nesso causale in questo senso dovrebbe essere articolata in due distinte verifiche: a) una
valutazione di rilevanza dell'informazione rispetto all'investimento offerto; b) se l'investitore abbia
realmente esaminato il contenuto del prospetto.
Riguardo a quest'ultimo punto, la disposizione del regolamento Consob che obbliga a consegnare
all'investitore il prospetto consente di presumere con sufficiente ragionevolezza che l'investitore lo abbia
esaminato e abbia fatto affidamento sulle notizie contenute nel documento. Coerentemente si può
affermare che l'attore non dovrà provare di aver prestato affidamento su una particolare informazione
falsa o ingannevole contenuta nel prospetto, non dovrà cioè dimostrare la rilevanza del dato informativo
rispetto alle proprie scelte di investimento.
La prova relativa la primo punto invece presenta caratteristiche un po' più complesse: la prova della
rilevanza dell'informazione rispetto all'investimento offerto potrebbe presentare delle difficoltà a causa
delle stesse caratteristiche dei valori mobiliari; tuttavia senza la necessità di contrattualizzare la
responsabilità da prospetto si potrebbe profilare un'attenuazione degli oneri probatori attraverso una
collaudata tecnica giurisprudenziale sintetizzabile nel brocardo res ipsa loquitur: sarebbe sufficiente la
prova dell'inesatta informazione per ritenere provato in base a un ragionamento logico-presuntivo il nesso
di causalità rispetto al danno .
La tecnica giurisprudenziale appena ricordata, introdotta dalla giurisprudenza per la responsabilità
professionale, è in grado di offrire soluzioni adeguate in presenza di tutte le ipotesi di responsabilità che
vedono per così dire una situazione "privilegiata" dell'operatore-danneggiante. In casi di questo tipo è
raccomandabile una valutazione più severa della responsabilità per colpa di coloro che hanno contribuito
alla realizzazione del prospetto e , in caso di provata falsità delle notizie, si potrà anche ipotizzare " una
presunzione semplice di colpa che ribalta su di essi l'onere della prova" ; del resto risulterebbero
inutilmente complicate oltre che fuorvianti quelle tendenze dottrinali che tendono a contrattualizzare la
responsabilità da prospetto al velato scopo di avvalersi della tecnica di valutazione dell'inadempimento
delle cosiddette obbligazioni di risultato .
Bisogna comunque considerare che la presunzione non può avere efficacia temporale indeterminata.
Decorso un certo periodo di tempo dalla diffusione delle informazioni la sussistenza del nesso di causalità
non potrà più essere presunta e dovrà invece essere di volta in volta dimostrata dall'attore. Il prezzo di
mercato degli strumenti finanziari offerti tramite sollecitazione incorpora il contenuto delle informazioni
solo per un certo periodo di tempo, oltre il quale è verosimile che intervengano anche altri fattori ad
influenzare il prezzo di mercato, interrompendo quel nesso di causalità tra pregiudizio economico e
diffusione di notizie false o ingannevoli .
Per quanto riguarda la misura del danno risarcibile si dovranno fare alcune considerazioni sul concetto di
danno per informazioni inesatte e in particolare sul natura del danno che emerge nella fase
precontrattuale. Da un punto di vista prettamente tecnico la misura del quantum può desumersi
agevolmente dall'andamento dei prezzi di mercato: è il mercato che dimostra se la diffusione
dell'informazione falsa contenuta nel prospetto ha avuto un riflesso sui prezzi . Da un punto di vista formale
tuttavia il danno,come fatto giuridico unico, si differenzia sotto il profilo della risarcibilità a seconda che il
fatto sia avvenuto all'interno di un rapporto obbligatorio o meno; il discrimen tra la fonte di obbligazione
contrattuale e quella extracontrattuale andrà quindi ricercato nell'area di risarcibilità . Trattandosi di
responsabilità extracontrattuale l'oggetto del risarcimento del danno non è costituito solo dalle perdite che
potevano essere ragionevolmente previste dalle parti ma comprende anche tutte le perdite subite dalla
vittima del danno che siano conseguenza diretta dell'illecito. La quantificazione dei danni subiti deve quindi
innanzitutto fare riferimento al prezzo pagato come corrispettivo degli strumenti finanziari acquistati. A
questo potranno essere aggiunti su prova del danneggiato ulteriori costi quali spese aggiuntive,
commissioni, costi di trasporto etc.
La pretesa risarcitoria, per violazione degli obblighi di informazione nel suddetto è fatta valere in ragione
del fatto che se l'investitore fosse stato adeguatamente informato non avrebbe acquistato i valori mobiliari
in questione o li avrebbe acquistati a condizioni diverse. Il danno precontrattuale secondo la dottrina più
recente non comprende solo una diminuzione di un interesse patrimoniale e un pregiudizio o una semplice
alterazione di un interesse ma può comprendere anche un bene, un'utilità o una chance che spetta al
soggetto danneggiato .
Il risarcimento può quindi essere anche fatto valere anche in ragione del c.d. lucro cessante: l'utilità che
l'investitore avrebbe tratto dalla stipula di affari alternativi rispetto a quello che invece ha concluso .
La valutazione dell'utilità degli affari alternativi che l'investitore avrebbe potuto compiere presenta tuttavia
aspetti molto complessi: i possibili affari alternativi nel mercato finanziario sono un numero spropositato e
scegliendo come parametro l'uno o l'altro la misura del danno risarcibile può subire variazioni molto
rilevanti; considerata quindi la componente aleatoria di tutti gli investimenti la soluzione più adeguata per
evitare soluzioni sperequate è quella di calcolare la variazione del prezzo medio dei titoli del mercato a cui
si riferisce il prospetto viziato; in questo modo si avrà a disposizione un parametro di misura del danno
risarcibile sceverato dalla componente aleatoria che caratterizza tutti gli investimenti azionari.
I danni intesi in questa accezione andranno tuttavia graduati con il parametro della colpa a nei confronti dei
soggetti che interagiscono rispetto al documento informativo, sarà quindi opportuno analizzare i rispettivi
ruoli per delineare le direzioni delle possibili istanze risarcitorie.
Il prezzo degli strumenti finanziari, le spese ed il lucro cessante rappresentano il limite massimo del danno
risarcibile agli investitori: in applicazione del limite massimo del danno effettivo , devono essere detratti:
eventuali utili percepiti nel periodo di titolarità ed il valore degli strumenti finanziari che l'investitore ha
ricevuto in cambio del prezzo pagato.
La spesa in questi termini è concepita come una diminuzione patrimoniale che si concretizza in un
disvalore, ossia un pregiudizio per il soggetto in termini di impoverimento. Tale impoverimento in tanto in
quanto sia qualificabile come ingiusto costituisce un danno ed risarcibile .
7. Una dettagliata costruzione dell'illecito derivante dai doveri di informazione, che gravano su chi faccia
appello al pubblico risparmio, implica una riconsiderazione del ruolo di tutti i soggetti che interagiscono
nell'operazione di sollecitazione, quali l'emittente, il collocatore, gli amministratori, il revisore e la stessa
Consob.
L'emittente, oltre ad essere il destinatario dei capitali raccolti e quindi il maggior interessato all'intera
operazione, è il soggetto che ricorre al mercato finanziario per ottenere finanziamenti strumentali alla
propria attività di impresa: è chiaro quindi che sia interessato alla più proficua collocazione dei propri titoli.
Il valore delle azioni (o degli altri strumenti finanziari emessi) è strettamente correlato alla situazione
economica dell'emittente: le informazioni sulla situazione attuale o sulle prospettive future dell'impresa
rivestono quindi un rilevante impatto sulla determinazione del prezzo degli strumenti e sulla propensione
all'investimento.
Eventuali vizi informativi del prospetto di sollecitazione potrebbero infatti indurre il risparmiatore ad
acquistare prodotti che non avrebbe acquistato o ad acquistarli a condizioni diverse se fosse stato a
conoscenza della reale situazione economica dell'emittente.
Tali vizi si possono verificare o a causa di errori nella redazione del prospetto da parte dell'emittente o a
causa di un deliberato comportamento dell'emittente al fine di trarne vantaggio.
La tecnicità e la particolare complessità delle informazioni che la Consob ha stabilito per redigere il
prospetto non rendono inoltre troppo remota l'ipotesi dell'errore da parte dell'emittente, nonostante lo
stesso emittente sia la fonte principale di informazioni; la responsabilità in questo senso andrà graduata
con il parametro della diligenza professionale e della complessità del dato riportato nel prospetto. Nel caso
delle informazioni relative alle prospettive dell'emittente per esempio si potrà parlare di vizio informativo e
di mancata diligenza nella redazione del prospetto solo quando queste si appalesino non fondate su
parametri oggettivi di riferimento al momento della redazione del prospetto: si deve ritenere comunque
che l'informazione abbia rispettato i criteri di veridicità anche quando le prospettive non si realizzino ma al
momento della redazione del prospetto era oggettivamente prevedibile che si realizzassero.
Viceversa, nel caso di un errore circa i dati di bilancio il parametro della diligenza andrà applicato con
maggiore rigidità considerata la generale verificabilità dei dati espressi e la professionalità dell'emittente
ma soprattutto per il fatto che i dati si riferiscono proprio alla situazione patrimoniale dell'emittente.
Bisogna poi considerare l'ipotesi in cui l'emittente fornisca dolosamente un'informazione non veritiera nel
prospetto al fine di ottenere una maggiore valorizzazione degli strumenti che intende collocare; potrebbe
quindi accadere che vengano falsate informazioni relative sia alla fase statica dell'impresa (informazioni di
bilancio) sia alla fase dinamica (prospettive emittente), sia le informazioni circa il rischio dell'investimento.
In questo modo si verificherebbe un surrettizio aumento di domanda (e di conseguenza di valore) degli
strumenti che si intendono collocare per una maggiore propensione all'acquisto derivante dalle false
informazioni .
La valutazione della responsabilità, in entrambi i casi andrà quindi valutata tenendo presente che
l'emittente è il soggetto che ha il accesso diretto e illimitato alle informazioni rilevanti per gli investitori e
comunque gode delle maggiori capacità di verifica delle informazioni contenute nel prospetto al costo più
basso; nello stesso tempo è il principale beneficiario, quindi il maggiore interessate al collocamento dei
titoli.
E' pertanto naturale e sostanzialmente pacifico in dottrina che su di lui gravi l'obbligo di rendere noti, con
un criterio di "partecipazione di scienza" , tutti gli elementi e le informazioni rilevanti per un giudizio
ponderato sull'investimento offerto e sui rischi del mercato in cui si andrà ad operare, nei modi stabiliti
dalla legge e dalle disposizioni regolamentari .
Il fatto che queste informazioni riguardino elementi interni all'impresa o circostanze esterne relative al
mercato in cui opera l'impresa permette di presumere in linea generale che le stesse siano in possesso
dell'emittente ; pertanto, una volta accertato che una determinata notizia doveva essere diffusa al pubblico
per la valutazione dell'investimento, difficilmente l'emittente potrà sostenere che fornire
quell'informazione era per lui impossibile .
La responsabilità dell'emittente, pur ammettendo teoricamente cause di esonero, si avvicina in pratica a
una forma di responsabilità assoluta per i danni cagionati agli investitori da informazioni non veritiere
8. Differenti e più approfondite considerazioni devono essere fatte per i collocatori per il diverso ruolo che
svolgono nella sollecitazione all'investimento.
Anche se nulla esclude l'ammissibilità di un'operazione di sollecitazione proposta dal solo emittente le
operazioni prive dell'intervento dell'intermediario collocatore si sono rilevate nella pratica residuali; sono
quindi pregnanti i profili comportamentali di tutela rispetto a questi soggetti.
Il compito dell'intermediario collocatore è di effettuare correttamente operazione di mercato proposta, per
quanto ovvio, preliminarmente spiegata e illustrata correttamente al cliente: lo statuto comportamentale
dell'intermediario risulta, infatti, tendenzialmente conformato a parametri di indipendenza per la tutela
esclusiva degli interessi degli investitori.
Tuttavia, in taluni casi, lo stesso legislatore ha riconosciuto che è tecnicamente irraggiungibile l'obbiettivo
di indipendenza completa; l'obbiettivo di tutela si è quindi spostato verso una regolamentazione dei
comportamenti per assicurare comunque agli investitori un comportamento equo . Questa tecnica
normativa è stato adottata in ordine al profilo commissionale di spettanza all'intemediario su cui risulta
necessaria un'adeguata, completa e corretta trasparenza, ed, in particolare in ordine a eventuali interessi
all'operazione: in questo caso si è rinunciato a debellare il conflitto di interessi e si è preferito porre delle
regole comportamentali che, almeno in linea teorica, dovrebbero impedire che il conflitto danneggi
l'investitore.
Nell'ambito dei prodotti che l'intermediario intende offrire emergono infatti differenze circa gli interessi
che l'intermediario può avere rispetto al collocamento e quindi sulla genuinità e oggettività delle
informazioni relative.
L'essenzialità dell'indifferenza dell'intermediario rispetto alla singola operazione sembra proporsi solo per
le attività di intermediazione riconducibili al tradizionale ambito di borsa: ci si riferisce alla negoziazione ed
alla ricezione e trasmissione di ordini (art.1 co. 5 lett. a), b), e) del D.Lgs 58/98) ma non ad altre operazioni
che potrebbero sottendere interessi dell'intermediario di diversa portata che vanno quindi ben oltre le
commissioni di spettanza.
Anche nell'ambito delle classiche operazioni di borsa tuttavia si possono ravvisare delle eccezioni. Ci si
riferisce al caso in cui l'operatore, che sempre più frequentemente riveste ruoli polifunzionali, abbia
interesse di gruppo o pacificamente autonomo rispetto al titolo da trattare ed al caso in cui la negoziazione
avvenga, non per conto di terzi, ma per conto proprio.
I casi di interesse in conflitto del resto sono endemici al mercato stesso e lo stesso legislatore del Testo
unico della Finanza, come già accennato, ha riconosciuto che qualsiasi tentativo di eliminazione alla radice
del conflitto si sarebbe rilevato fallace si è perciò preferito indirizzare la regolamentazione anche a livello
secondario verso una disciplina dei comportamenti tale da assicurare un condotta equa dell'operatore
anche in caso di conflitto (art. 21 D.lgs.58/98).
L'interesse dell'intermediario, che può essere concorrente o configgente rispetto a quello del risparmiatore
non deve quindi influire sull'esito dell'operazione che deve essere posta in essere nell'esclusivo interesse
del risparmiatore: la sua indifferenza rispetto all'operazione, inficiata sul piano del fatto, viene ad essere
rigorosamente recuperata sul piano deontologico.
I fattori evidenziati potrebbero comunque indurre il collocatore a comportamenti non corrispondenti
all'interesse del risparmiatore che aveva l'obbligo di perseguire; le modalità di questa forma di moral
hazard presentano caratteristiche pressoché identiche a quelli dell'emittente in quanto gli interessi al buon
esito dell'operazione potrebbero essere coincidenti in virtù dei legami che ci possono essere tra i due.
Potrebbe quindi accadere che l'intermediario alteri i dati contenuti nel prospetto con i medesimi fini
dell'emittente.
Su questo punto si intrecciano e si coordinano le norme sulla sollecitazione all'investimento che impongono
all'intermediario un comportamento corretto (vedi art.95 d.lgs.58/98) e le norme generale sulla
prestazione dei servizi che impongono all'intermediario di ridurre al minimo le ipotesi di conflitto di
interesse e comunque nel caso si verifichi di assicurare un comportamento equo all'investitore. Il
coordinamento di queste norme mira, infatti, a prevenire comportamenti dolosi dell'intermediario che
perseguendo un interesse proprio o del proprio gruppo ritocchi le informazioni contenute nel prospetto
cagionando danno agli investitori.
Si possono comunque verificare ipotesi in cui l'intermediario, pur non avendo interesse all'operazione
proposta, si faccia da tramite di informazioni false contenute nel prospetto per una scarsa diligenza nella
verifica delle stesse informazioni.
Può così accadere che il collocatore nell'esercizio delle sue funzioni fornisca all'investitore dati
dell'emittente senza verificarne l'esattezza e prendendoli acriticamente per veritieri: il comportamento
lesivo si può quindi verificare nella comunicazione di notizie incomplete, false o fuorvianti tramite i
prospetti affissi nei locali dell'istituto, o anche nella mancata comunicazione di notizie determinanti, che
creano nel cliente uno speciale affidamento circa la serietà o la convenienza del contratto da stipulare,
rafforzato anche dal fato che la proposta proviene da un soggetto (l'intermediario) degno di fiducia con
forte caratterizzazione professionale e soprattutto con comportamento rigidamente regolato.
In effetti l'intermediario, pur essendo un tramite di notizie che si riferiscono all'emittente, è considerato
dalla legge anche come responsabile dell'operazione di sollecitazione e il suo ruolo non può pertanto essere
relegato a quello di semplice "passa-carte" dell'emittente.
La posizione dell'intermediario collocatore è resa ancora più complicata dal fatto di svolgere non una
semplice un'attività di collocamento dei titoli , procurando l'incontro degli investitori con gli emittenti: i
collocatori spesso collaborano con lo stesso emittente prestando la propria consulenza e la propria
organizzazione per la progettazione in termini economici e giuridici dell'affare, nonché per la redazione
dello stesso prospetto informativo; tutto ciò contribuisce a ingenerare negli investitori il convincimento di
un qualche coinvolgimento dell'intermediario nell'operazione che andranno a porre in essere .
La funzione dell'intermediario può essere diversa anche in base al ruolo che svolge nell'ambito della
sollecitazione all'investimento: normalmente il collocamento avviene tramite l'istituzione di c.d. "consorzi
di collocamento" nell'ambito dei quali vanno distinti i rispettivi ruoli degli intermediari che vi partecipano al
fine di individuare le rispettive responsabilità.
Si pensi per esempio al "responsabile del collocamento"che è il soggetto che organizza e costituisce il
consorzio di collocamento o il coordinatore del collocamento, in altre parole il vero e proprio collocatore,
(vedi art. 3 Reg. Consob 11971/99): è chiaro che a questo soggetto in virtù del ruolo che esercita nell'intera
operazione andrà applicato un metro di responsabilità più severo rispetto agli altri che assumono spesso il
ruolo di meri "ricevitori di ordini". Quest'ultimi pur dovendo assicurare la consegna della documentazione
prescritta e quindi anche del prospetto informativo (vedi art. 33 Reg. Consob 11522/98 co. 4) non hanno
l'onere di effettuare una verifica approfondita delle informazioni contenute nel prospetto che invece è
richiesta al collocatore; ciò comunque non vuol dire che possano rendersi tramiti di informazioni
palesemente contraddittorie e deficitarie, rispetto alle quali saranno comunque responsabili. Si pensi anche
alla nuova figura dello "sponsor" recentemente introdotta dal regolamento della Borsa Italiana S.p.A. , cioè
colui che cura l'accesso agli emittenti alle negoziazioni rendendosi garante delle informazioni fornite dagli
emittenti in tale occasione ed, in taluni casi, successivamente alla stessa ammissione alle negoziazioni.
Lo sponsor, più degli altri intermediari può versare in situazioni di conflitto di interesse in quanto potenziale
socio e creditore della società quotanda e, talvolta socio della stessa società di gestione dei mercati; in
questo caso la posizione dell'intermediario andrà vista in modo più severo rispetto a quella del semplice
collocatore proprio per i maggiori interessi verso l'operazione di sollecitazione, la sua posizione in questo
caso sarà quindi vicina a quella dello stesso emittente.
La posizione dell'intermediario può anche essere rapportata, sotto certi aspetti, anche alla responsabilità
delle così dette lettres de patronage che costituirebbero "l'esempio sintomatico di un affidamento nella
fase precontrattuale indotto da un soggetto che non assume formalmente la veste di parte del contratto,
tuttavia svolge nelle trattative un ruolo spesso non insignificante ed al quale dunque deve richiedersi
ugualmente il rispetto della norma di condotta se non si vuole creare un'area di ingiustificato privilegio"