La relatività generale nasce da un concetto apparentemente innocuo che oggi gli studenti imparano già nel corso terzo anno del liceo scientifico! Dopo aver introdotto la legge fondamentale della dinamica F = ma si osserva come essa non sia valida in presenza di un sistema di riferimento in accelerazione e, in particolare, in un riferimento rotante: si osservano delle accelerazioni senza che esistano oggetti fisici come “masse” , “cariche” o magneti a determinarle. Si introducono dunque le cosiddette “forze fittizie”, ecc. ecc. Allora io non ho nessuna possibilità di distinguere se mi trovo in una astronave ferma su di un pianeta la cui accelerazione di gravità vale g oppure su di una astronave che, lontanissima di ogni pianeta, accende i razzi ed inizia ad accelerare con accelerazione ancora pari a g! gli effetti sono gli stessi: su di essa io avverto la forza di gravità! Oppure potrei pensare ad una stazione spaziale rotante come quella del film “2001: Odissea nello spazio”: l’accelerazione radiale mi darebbe la gravità per i suoi abitanti! Allo stesso modo potrei essere in un ascensore in caduta libera sulla terra: non riuscirei a camminare e mi sentirei “senza peso”: è la sensazione che abbiamo provato tutti quando un ascensore parte dal 10° piano per tornare al pian terreno! Ora se qualche alieno mi catturasse addormentandomi e mi imprigionasse in un contenitore chiuso io non saprei rispondere a questa domanda: sono su una capsula che sta cadendo in caduta libera su un pianeta oppure mi trovo lontano da ogni pianeta, in assenza di forze di gravità? La mia condizione sarebbe esattamente la stessa: starei annaspando nel vuoto, pardon nell’aria della capsula e mi sarebbe molto difficile bere, ed anche molto pericoloso far… pipì! Einstein afferma quindi questa cosa che sembra, ripeto, innocua: il Principio di Equivalenza tra un campo di gravità ed un campo di accelerazioni. C’è però un problema: In fisica classica c’è un esperimento in grado di distinguere tra le due situazioni: nell’ascensore che cade sulla terra dovrei vedere la luce di una lampadina L che si avvicina al soffitto, mentre questo non capiterebbe sull’astronave lontana da una qualunque massa L’ascensore cade e… L - la pallina sul pavimento si solleva; - anche la luce dovrebbe muoversi verso l’alto! Accettando dunque la validità generale, ossia per tutti i fenomeni, del principio di equivalenza gravità-accelerazione devo ammettere che la massa del pianeta mi vada a deviare la traiettoria della luce incurvandola! Solo così potrei continuare ad osservarla propagarsi in linea retta! E le conseguenze saranno, come già per la relatività ristretta… saranno devastanti! Dunque la relatività generale, formulata come principio di equivalenza massa-accelerazioni, la conoscevamo già tutti!!! Unitamente con il II postulato della relatività ristretta, ossia quello della non esistenza di un riferimento privilegiato, queste due affermazioni erano già presenti nella meccanica classica ed anzi nella percezione comune di ogni persona che, da Galileo in poi, si sia messo a riflettere seriamente su questi temi! La rivoluzione attuata da Einstein consiste nell’applicarli ai fenomeni elettromagnetici e nel dedurne tutte le conseguenze matematicamente possibili. La prima conferma sperimentale della relatività generale si ebbe nel 1919 quando l’astronomo neozelandese Arthur Eddington riuscì ad osservare il fenomeno che è conseguenza più immediata del postulato di equivalenza massa-accelerazione e cioè la deviazione di un raggio luminoso dovuta alla presenza di una massa. In occasione di una eclisse di Sole avvenuta nell’emisfero australe, Eddington misurò, con precisione mai ottenuta fino ad allora1, la posizione di una stella, la cui luce non avrebbe potuto raggiungere la terra se si fosse propagata in linea retta: Posizione stella:……………………reale……apparente Sole ? Osservatore : Se la stella o altro oggetto si trova proprio dietro ad una grande massa, sia essa una galassia o una nube di materia interstellare oscura (fredda) allora si verifica l’effetto “LENTE GRAVITAZIONALE” con due o più immagini virtuali (apparenti) dell’oggetto, come nel caso della “Croce di Einstein” (grandioso: ci sono ben quattro immagini virtuali! cercare la foto su internet, please…) due? Ma allora, come mi disse uno studente abbonato al 4 in matematica, ma dotato di mentalità scientifica, ossia di quella sana abitudine a “inventarsi” possibili spiegazioni e dedurre conseguenze possibili, perché non pensare alla possibilità che si venga a formare un intero anello virtuale? Aveva perfettamente ragione! Esistono addirittura degli interi anelli virtuali, chiamati “anelli di Einstein” o “anelli gravitazionali” molto simili alle nebulose planetarie ma causate dall’effetto lente gravitazionale di una massa che piega i raggi divergenti di una unica sorgente indirizzandoli verso il nostro romantico terrazzo con vista sull’universo, la Terra! Essi si possono distinguere dalle nebulose planetarie come quella della foto a destra perché non presentano lo sdoppiamento doppler sulle righe spettrali dovuto all’espansione Terra Il movimento delle masse ed anche della luce si può quindi spiegare pensando che queste entità si muovano sopra telo che viene deformato ed “infossato” dalla presenza di una grande massa. Le accelerazioni ed in particolare le deviazioni dalle traiettorie rettilinee vengono spiegate in termini di “curvatura” del telo che in questa analogia a due dimensioni rappresenta lo spazio! Analogia del telo a parte, accettando la deviazione della luce dovuta ai campi gravitazionali, ci si accorge subito che allora verrebbe violato un altro pilastro della fisica che va sotto il nome di “principio di Fermat: un qualsiasi oggetto nel muoversi da un punto ad un altro deve e può farlo naturalmente solo percorrendo la traiettoria di lunghezza minima! Per “ripristinare” Fermat, si deve ammettere che lo spazio stesso sia una entità fisica (indipendentemente dagli oggetti che contiene) che però viene “incurvato” dalla presenza delle masse: cambiando dunque la geometria le linee geodetiche non saranno più rette ma curve e la luce dunque continua a spostarsi lungo la linea di lunghezza (non euclidea) minima, in omaggio a Fermat! Dunque non vale più la distanza euclidea, calcolata come s2 = xyz ma una nuova distanza: s2 = a11xay a33zaxy ayzaxz dove i coefficienti aik dipendono dalla presenza delle masse nello spazio. Per poter misurare correttamente le distanze e prevedere le traiettorie della luce, sarebbe necessario conoscere l’esatta distribuzione di tutte le masse dell’Universo!! Vediamo ora come combinando la relatività generale con relatività ristretta si ottenga un’altra fondamentale conseguenza: la differente misura del tempo in presenza o meno di una massa! Riprendiamo in considerazione la stazione spaziale rotante sulla quale un osservatore legge un orologio A mentre fisso nello spazio al di fuori dell’anello troviamo un osservatore con un orologio B! A B A vedrà ‘tolemaicamente’ B sfrecciargli davanti e dunque, per la relatività ristretta, misurerà intervalli di tempo più lunghi rispetto all’orologio B; questo ritardo dell’orologio A sarà tanto maggioro quanto più veloce la velocità di B osservata da A e quindi tanto più B sarà vicino alla stazione rotante: è l’esperienza per cui una pianta lontana si muove meno rapidamente dei paracarri che scorrono veloci! Conseguenza: per il principio di equivalenza tra gravità e accelerazioni, la stazione rotante o un pianeta di massa m, anche non in rotazione, sono lo stessa cosa; quindi tanto più un orologio è vicino ad una massa, tanto più rallenta! E’ dunque necessario, quando si spediscono in orbita satelliti con orologi, come quelli del GPS o sistemi analoghi, “rallentarli” perché allontanandosi dalla terra essi prenderanno a “ticchettare” più rapidamente! Il sistema prevede che l’orologio in orbita mandi un segnale, ossia un onda em, al ricevitore a terra che lo deve ricevere ad una frequenza di 10,23MHz: se vi mettete sul satellite e misurate la frequenza, troverete un valore un po’ minore: 10,22999999545MHz perché l’orologio misura un tempo (proprio) minore! Come potete ben vedere la variazione relativa di frequenza è 5*10-10: un valore estremamente piccolo; però se non ne teniamo conto abbiamo un errore relativo nelle misure di tempo di 5*10-10 che in un’ora comporta un ritardo di 1,8μs. Dal momento che il segnale viaggia alla velocità della luce c detto ritardo comporta un errore nella valutazione della distanza di circa 500m dopo un’ora, di 1000m dopo due ore e così via: dunque lo strumento sarebbe inutilizzabile!!! Ma non è finita qui… il satellite in orbita, mica sta fermo come nel caso dell’orologio visto dalla stazione rotante. Essendo in moto rispetto al ricevitore entra in gioco la dilatazione dei tempi dovuti alla “banale” relatività ristretta(!). La storia delle correzioni relativistiche del GPS è curiosa ed emblematica di quanto sia difficile accettare un nuovo paradigma anche al personale specializzato di una comunità scientifica. Quando fu messo in orbita nel 1977 il primo satellite con a bordo un orologio atomico, c’era dissenso tra gli ingegneri progettisti sul fatto che l’effetto relativistico fosse reale (sic!) e se ne dovesse davvero tener conto… Si raggiunse una soluzione di compromesso: si utilizzò un orologio regolabile a distanza: se davvero ci fosse stato l’effetto previsto si sarebbe proceduto a posteriori a correggere la marcia dell’orologio. Potete immaginare come andò a finire… E per la serie errare è umano ma perseverare è diabolico, quando fu progettato il GPS la correzione relativistica era ormai accettata, ma in un primo tempo fu calcolata in misura leggermente errata. L’errore fu corretto solo dopo… otto anni!!! Il fenomeno sopra descritto in relazione al funzionamento del GPS prende nome di “shift gravitazionale” e consiste nello spostamento delle frequenze di un’onda elettromagnetica rispettivamente verso valore più bassi (aumenta il periodo) se l’onda di allontana da una massa o verso valori più alti (diminuzione di periodo) in caso contrario. [rivedere ed aggiungere la frase gioiosa di E] Un ulteriore fenomeno dovuto alla curvatura dello spazio è il fatto che le orbite dei pianeti non siano chiuse e dunque perfettamente ellittiche: si tratta del problema che tanto aveva preoccupati gli astronomi di fine ottocento: l’osservato avanzamento del perielio del pianeta (guarda caso) più vicino al Sole: Mercurio. Si parla anche di avanzamento o precessione del perielio di Mercurio, differenti modi di dire per affermare un’unica cosa: i pianeti non descrivono un’orbita chiusa ellittica ma un movimento “a rosetta”. Quindi la teoria di Gravitazione universale di newton non può essere corretta!2 Per la Terra ad esempio la linea degli apsidi (linea che unisce afelio e perielio) compie un giro completo in circa 117.000 anni, con una velocità angolare media di 11 secondi d’arco all’anno: di questo movimento (al contrario della rotazione o della rivoluzione) non ne percepiamo direttamente gli effetti, ma insieme con altri cosiddetti moti millenari può essere rilevante su grandi scale di tempo. Se siete interessati leggete queste risposte (sul legame “spostamento linea degli apsidi-precessione degli equinozi” e sui loro possibili effetti sui cambiamenti climatici e sulle glaciazioni): http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=6383 http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=11873 Note: problema della precisione era fondamentale: Tenete conto innanzitutto che un secondo d’arco è l’angolo sotto il quale si vede il diametro di una moneta di due centimetri messa alla distanza di quattro chilometri!!! Ora, secondo la teoria corpuscolare di newton, i raggi di luce avrebbero dovuto subire una variazione di 0,9” passando rasenti il sole; secondo l’elettromagnetismo di Maxwell la deviazione prevista era 0” ed infine secondo la relatività generale la deviazione calcolata da Einstein avrebbe dovuto essere di 1,8” . Eddington ed i suoi collaboratori ottennero misurarono una deviazione compresa tra 1,7” e 2,3” con una probabilità del 95%; alcuni astronomi ritennero tale incertezza sottostimata pertanto il compito di Eddington fu quello di convincere i colleghi non tanto della bontà della misura quanto della validità dei criteri utilizzati per stimare l’incertezza! 1Il [da: ‘Insegnare relatività nel XXI secolo’ – Quaderno N de ‘La fisica nella scuola] Ahi ahi, mi sto…dilatando! Aggiungere: i due disegni (2+2) delle due 2Il problema è che la previsione newtoniana per Mercurio non coincide con il valore osservato di 574 secondi d’arco al secolo. Come calcolato da Le Verrier prima e da Newcomb poi (intorno alla metà dell’800) le perturbazioni newtoniane prevedono 43 secondi d’arco al secolo in meno. Per rendere conto di tutti i 574 secondi d’arco furono considerate varie ipotesi, tra cui quella della presenza di altri “pianeti” o corpi celesti tra Mercurio e il sole, ma nessuna di queste si rivelò valida e coerente con le osservazioni. Solo la teoria della relatività generale di Einstein riuscì a prevedere esattamente quell’eccesso di 43 secondi d’arco al secolo rispetto alla teoria newtoniana, tanto che questa previsione insieme con quella sulla deflessione dei raggi luminosi in prossimità del sole e con il red-shift, è considerata uno dei test classici della teoria. La relatività generale è una teoria in cui si scrivono le leggi che regolano i fenomeni fisici (fenomeni meccanici, elettromagnetici, onde, etc…) in modo tale che la forma di queste leggi o equazioni rimanga la stessa anche per un altro osservatore, che rispetto a quello di partenza, si muova ad esempio di moto uniforme, o accelerato, o rotatorio; in altre parole qualunque osservatore spiega i fenomeni fisici con le stesse leggi, da cui il termine relatività generale (in termini “tecnici” si dice che le leggi della fisica sono covarianti sotto una generica trasformazioni di coordinate). Questa richiesta di covarianza per le leggi della fisica “si paga” col fatto che osservatori diversi hanno metriche diverse, ovvero modi diversi di misurare le distanze. Qui entra in gioco la gravità: un osservatore che vede agire la forza di gravità, è in realtà un osservatore con una metrica curva, e la gravità è una conseguenza di questa curvatura della metrica e quindi dello spazio-tempo (i corpi sembrano attrarsi, ma in realtà sono indotti ad avvicinarsi dallo spazio-tempo curvato); ma esiste sempre (localmente) un altro osservatore con una metrica piatta, per il quale quindi non agisce nessuna forza di gravità; in questo senso nella relatività generale la gravità è una sorta di forza “apparente” cioè legata al particolare osservatore. Ciò che determina la metrica di un certo osservatore, e quindi la curvatura dello spazio-tempo grazie alla quale le masse sembrano attrarsi, sono le masse stesse. F sitazioni: a’ = 0 oppure a’=g Frase di gioia di Einstein per l’avanzamento del perielio Inizio libro Galison (dalla sintesi Copernico) are la ristretta!!!!