LO STRESS DI UN MATERIALE LA TENSIONE Un corpo vincolato non soggetto a forze esterne, non presenta tensione, in inglese, stress. Non appena una forza esterna sollecita il corpo, immaginato vincolato, inizieranno a reagire le forze interne al corpo (legami molecolari costituenti del materiale, dimensioni e geometria), il quale, allora, si dice sia soggetto ad uno stress. Questo procurerà dapprima una deformazione ε di allungamento, in inglese strain, ed aumentando deformerà irreversibilmente il provino (yield, in inglese fase di snervamento) sino a giungere alla sua rottura. Lo stress, o tensione, ha una duplice veste: - prodotta (nel corpo) dalle forze esterne, dati ad esempio da sforzi normale, di taglio o flessionali da momento. Esistono vari modi di calcolo tra cui il primo è Navier. - ammissibile (dal corpo) da prove condotte in laboratorio su campioni di materiale. In generale, quando progettiamo gli elementi strutturali di un’architettura si deve fare in modo che lo stress prodotto dal peso dei materiali deve essere inferiore allo stress che i materiali ammettono: stress prodotto < stress ammissibile Per quanto banale come postulato, esso costituisce il cardine unico della scienza delle costruzioni. Dimostreremo che la difficoltà vera e propria è imposta dall’esigenza di condurre i lavori in economia: senza assolutamente avere “avarizia nell’uso del materiale” ma evitando grandi sprechi dovuti a banali errori di calcolo o peggio ancora per pigre approssimazioni, in definitiva dotando questa semplice disequazione di coefficienti in grado di perfezionarne la precisione, di rendere questo principio performante sotto un profilo progettuale. In tal senso, il primo metodo convenzionale utilizzato per calcolare un progetto furono le cosiddette tensioni ammissibili, oggi valide solo per strutture di scarsissima importanza, soppiantate in edilizia dagli stati limite: in entrambi i casi si svolge il calcolo della struttura, si identificavano le forze in ogni elemento (travi, pilastri, sbalzi.. ) e si determina la tensione σ prodotta. Come detto prima e come meglio si evincerà tra molto poco, da prove condotte sui materiali sono noti i valori, per ogni prodotto, di stress ammissibile, fino al valore di rottura. Bene, le tensioni ammissibili fissavano un criterio per cui si sottovaluta l’amico, la resistenza del materiale di una quantità cautelativa maggiore di 1, che varia a seconda del materiale: stress prodotto < stress ammissibile coefficiente Negli stati limite, oltre a sottovalutare l’amico minorando l’affidabilità del materiale con un coefficiente stavolta sensibilmente più piccolo, vengono aumentati in definitiva gli stress prodotti sopravvalutando il nemico, le azioni, ognuna con un suo coefficiente specifico. In generale: stress prodotto ( aumentato ) < stress ammissibile coefficiente Questo impone unicamente una diversa impostazione dell’analisi dei carichi, con l’unica grande difficoltà di rendere la progettazione prescrittiva tramite coefficienti da normativa che variano a seconda dell’importanza dell’edificio fino alla sua ubicazione geografica e topografica. Unità di misura: Nel sistema internazionale esiste una misura per la pressione, che combacia con il dato che cerchiamo sulla tensione: il pascal. È usato molto nella meccanica dei fluidi, solo recentemente ha preso piede anche nelle normative per le costruzioni edili. Comunque, si dice che la pressione è di 1 pascal quando una forza da 1 newton agisce su una superficie di 1 metro quadrato. Ricordando che un newton equivale circa ad un etto, si vede subito che il pascal è un’unità di misura piccola. Si userà più il mega-pascal, ovvero 1000000 Pa. Inoltre, talvolta, la tensione viene riportata in psi dove 1 psi = 145 Mpa. Ragioniamo sul provino ad esempio di cemento: la pressa applica una forza (newton) ad una superficie (metri quadri), e si osservano i vari cedimenti, monitorando i valori. L’area della sezione del campione è fissa, quindi si misura lo stress del materiale al variare della forza impressa. σ = N = 1 newton A 1 metro2 = 1 Pa (nota: σ è per compressione / trazione) Nella progettazione avremo la necessità inversa: saranno note le forze agenti e l’incognita di progetto sarà l’area A, o sezione del materiale (diametro del tondino dell’armatura, base e altezza della trave in legno, tipo di profilato HPE.. l’ordinativo è in base all’area. ); ebbene, invertendo la formula, e con opportune correzioni, se conosco la tensione ammissibile si determina l’area: A = N = newton = metri2 σamm pascal ( area del pilastro, del tondino..) Diamo un ordine di grandezza alle misure con cui lavoriamo: in metri al più si riporta la lunghezza; quando si parla di acciaio spesso si ragiona in millimetri, cemento e legno vanno bene i centimetri. I carichi rappresentano un gran problema, poiché da sempre si utilizzava il chilogrammo, in fisica utilizzato per esprimere la massa. La grande differenza tra il chilogrammo (M) ed il newton (F) è l’accelerazione ( F = M . ag ) dovuta alla gravità terrestre, un valore che oscilla tra i poli e l’equatore tra 9,81 e 9,82 m/s2 , quindi la misura della forza peso in newton, erroneamente si riporta in chili. Sulla bilancia dovrebbe esserci riportato il peso in newton. Un uomo che pesa 98 Kg sulla terra, ha una massa da 10 Kg, ed una forza peso di 98 newton, non chili: sulla luna, dove l’accelerazione è 1,6 m/s2, la bilancia terrestre segnerebbe 16 Kg, e sarebbero 16 newton. Dovendo noi costruire sulla terra, un newton equivale circa ad un etto; si preferisce il deca-newton, o talvolta il chilo-newton. 1T 1Q 1 Kg 1 Hg = = = = 10 100 10 100 Q Kg Hg g ≈ ≈ ≈ ≈ 10182 1018 10 1 N N N N = = = = 10 1 1 0,1 KN KN daN daN Ritornando alla tensione, il panorama di unità di misura può diventare sconfortante. Si userà per lo più il deca-newton, ed il centimetro2, per passare ai pascal si devono fare delle conversioni. Ad esempio, se la tensione di rottura di un acciaio è 4500 daN/cm2 che equivale ai vecchi Kg/cm2: 4500 daN = 4500 cm2 . 450 Mpa = 45 KN = cm2 10 N = 0,0001 m2 45 . 4500 . 100000 pa = 450000 Kpa = 450 Mpa 1000 N 100 mm2 = 450 N_ mm2 Quando un acciaio è marcato FE B 450 K, la cifra esprime in mega-pascal la tensione di rottura; tale valore corrisponde ai N/mm2. Per riportarla da MPa in daN/cm2 basta aggiungere uno zero. Materiali vediamo alcuni valori tipici dei materiali da costruzione. Valori in daN/cm2: Legno: Legno categoria I Legno categoria II Rottura Trazione Compressione 153 128 92 102 Cementi e mattoni Cemento C30 (RCK300) Cemento C40 Cemento C50 Mattone pieno Rottura Trazione 26 31 36 - Acciaio FE 380 FE 450 FE 520 Rottura 3600 4300 5100 Snervamento Y 2350 T = C 2750 T=C 3550 T=C Flessione 138 117 Compressione 300 400 500 30 Taglio 20 15 Taglio 15 - 2 Ammissibile 1600 T=C 1900 T=C 2400 T=C Taglio (Y) 2100 2500 3150 T = C : l’acciaio ha un grafico simmetrico, trazione = compressione Y : rispetto agli altri, il grafico è talmente duttile da ammettere una gran fase plastica prima dello snervamento, in inglese yield. In termini di tensione, tenendoci a metà strada rispetto allo snervamento e contemplando una pura compressione, vediamo una base o una zanca che deve sopportare una statua di 600 kg: Mattone: A = 600 = 600 = 40 cmq 30 /2 15 Legno: A= Cemento: A = 600 = 600 = 4 cmq 300/2 150 Acciaio: A = 600 = 600 = 0,3 cmq = 30 mmq 4000/2 2000 600 = 600 = 10 cmq 120 /2 60 sezione circa 6 x 6,5 cm sezione 3 x 3 cm sezione 2 x 2 cm tondino Φ 6,2 mm Il che significa avere un ordine di grandezza, relativamente all’esempio banale riportato, delle dimensioni minime richieste da ogni materiale per sopportare un peso dato in base alla tensione. Rispetto a tali risultati ci si può tener larghi, se le economie lo consentono oppure qualora sia richiesto un maggior sviluppo artistico, ma non è consigliabile assolutamente raggiungere né sicuramente andare al di sotto di tale limite. Si può osservare anche un interessante risvolto: in quanto avente un proprio determinato limite di stress e determinate dimensioni, un corpo ha una forza intrinseca perpendicolarmente alla sezione, ad esempio in una gamba di un tavolo di legno 5x5 cm, a compressione limite 100 daN/cm2, è pari a: N=σ.A = 100 . 25 = 2500 daN Ovvero cede sotto quel peso, ma offre forza fino a 2 tonnellate e mezzo. Nelle travi flesse in cemento armato, il contributo del cemento si valuta come una forza proprio in base all’area compressa per alla qualità (σ ammissibile ) del cemento. Tale rapporto vedremo sarà fondamentale. Grafici elastici dei materiali Dall’esperienza di Hooke condotta sull’allungamento di un corpo elastico (una molla) nasce la relazione fondamentale tra la tensione prodotta e le deformazioni percentuali ε : La molla ha, inizialmente lunghezza L. applicando una forza F in un estremo, la molla si troverà ad avere lunghezza L’. La differenza di lunghezza ΔL è pari ad L’ – L, e rappresenta la deformazione. Inoltre il corpo si è assottigliato lateralmente. Per avere il fenomeno espresso in deformazioni percentuali, si pone: ε = ΔL / L Ora ragioniamo sul modo di condurre prove in laboratorio: quando si osserva la deformazione ε di un provino, questo ha una certa area A sulla quale viene distribuita la forza F. Il nostro intento è sapere la deformazione in base alla forza in ogni molecola del provino, pertanto la forza va distribuita sull’area ( ecco che si parla di stress – tensione σ ) e di allungamento percentuale ε. Da tali studi emerge che per ogni materiale il rapporto σ/ε descrive una curva, una legge, che in un primo tratto è rettilinea di un certo coefficiente angolare E in base al materiale. L’elasticità o modulo di Young altro non è che tale rapporto: σ=Eε In tale grafico è possibile quindi descrivere il comportamento elastico di un materiale, inclusa l’energia dissipata, che è pari all’integrale della curva stessa. Quando carico o scarico la tensione, si segue sempre l’inclinazione del tratto elastico. Plasticizzazione, snervamento e rottura Partendo da questi presupposti, gli studi di alcuni materiali come l’acciaio, hanno dato modo di distinguere, all’aumentare della tensione, altri tre tratti del grafico che seguono alla fase elastica: 1) fase elastica: il materiale dissipa energia senza deformazioni residue permanenti. 2) fase plastica: il materiale perde una parte della resistenza meccanica, entrando in snervamento (yield) fino all’irrigidimento delle deformazioni, ed alla rottura. Se in un qualunque punto della parte plastica della curva scarichiamo le tensioni, si osserverà che il materiale presenta una deformazione residua permanente. Non si è rotto ma ha dissipato energia. La nuova normativa suggerisce di sfruttare il tratto plastico dei materiali proprio in virtù della capacità di dissipare meglio l’energia in duttilità ad esempio imposta da un sisma. Il che consiste essenzialmente nell’usare un po’ meno ferro nelle travi, per cercare un delicato equilibrio interno, oggetto di maggiori delucidazioni in altre trattazioni specifiche.