LA SANITA’ ELETTRONICA Sicurezza, privacy e gestione dei dati Roma – 5 dicembre 2005 Relazione di apertura FRANCO PIZZETTI Presidente Autorità garante per la protezione dei dati personali Innanzitutto ringrazio per l’invito; Mochi Sismondi mi ha invitato spesso anche per quelle altre attività da me svolte che egli gentilmente ricordava prima ed è sempre un piacere intervenire in queste forme di collaborazione, anche perché grazie alla sua attività la Pubblica Amministrazione ha avuto, ha e avrà grandi occasioni di dialogo. La possibilità di discussione tra parti della Pubblica Amministrazione che hanno missioni diverse è una cosa molto importante. Proprio in virtù dell’atteggiamento del tutto legittimo di ogni apparato dell’Amministrazione per rendere massima la propria missione vedendo essenzialmente il mondo dal punto di vista della propria specifica competenza essi molte volte rischiano infatti di fare una grossa fatica a dialogare insieme. Uno degli aspetti fondamentali della legenda sulla chiusura delle burocrazie deriva infatti dal fatto istituzionale che ciascun apparato ha una sua missione specifica (che, se volessimo usare i paroloni anglosassoni, potremmo chiamare il suo core business) e che ognuno cerca legittimamente di massimizzare questa missione. Il problema di una società moderna ed efficiente è però che la propria Amministrazione operi come sistema, non solo come sistema giuridico che ha in comune il fatto di esercitare il potere ma come sistema di servizi che deve avere in comune l’obbiettivo di massimizzare i vantaggi e le opportunità che i cittadini possono ricavare dalla sua attività. L’altra cosa importante che attraverso le sue iniziative Mochi Sismondi ci consente è un dialogo sempre più significativo con la società, con il mondo delle imprese, con il mondo dei consumatori e degli utenti variamente organizzati. Questa è un’altra cosa assolutamente essenziale nelle società contemporanee, a mio giudizio lo è sempre stata in qualunque tipo di società ma in quelle contemporanee, dove le Amministrazioni in ogni caso sono cresciute a dismisura e dalle loro attività dipendono sempre di più aspetti essenziali del nostro modo di vivere, il dialogo con la società è evidentemente fondamentale. Fermo rimanendo che la democrazia rappresentativa rapporta Amministrazioni e cittadini elettori attraverso il Parlamento e il Legislatore è chiaro che quando l’Amministrazione non è solo esercizio di potere ma organizzazione di servizi non basta più questa costruzione costituzionale e il dialogo con gli utenti e con la società diventa essenziale. Questa non è stata solo una premessa di ringraziamento e di riconoscimento a Mochi Sismondi per l’attività che svolge, anche se – come avrete capito – essa è assolutamente adatta alle esperienze che lui ha fatto e ci consente di fare ma è anche una premessa al lavoro di oggi. Io in questo momento ovviamente rappresento qui l’Autorità garante per la protezione dei dati personali del cittadino e voi sapete che si tratta di un organo collegiale e che quindi il Presidente ha una responsabilità specifica che condivide però con gli altri membri del collegio. Quindi è chiaro che io oggi parlo con tutta la responsabilità personale che deriva dall’attività che svolgo ma l’Autorità garante è poi un collegio, un apparato, una struttura. Io credo che noi rappresentiamo una parte importante nella discussione sui temi che oggi affrontate, siamo un Autorità garante indipendente, con specifici compiti istituzionali ma siamo soprattutto una parte del Sistema Paese, una parte della Pubblica Amministrazione ampissimamente intesa. Cosa siano le Autorità garanti non è un tema che è il caso di affrontare adesso ma noi siamo – come diceva Mochi Sismondi prima – in frontiera per quanto riguarda un diritto fondamentale dei cittadini. Diritto fondamentale che ormai è riconosciuto come tale anche dalla Carta dei Diritti dell’Unione Europea e dal Trattato per l’istitutivo di una Costituzione per l’Europa che – anche se ha avuto una battuta di arresto con l’esito dei referendum francese e olandese – il nostro Parlamento ha ratificato. Quindi è chiaro che anche se da un punto di vista giuridico esso non è in vigore, perché può entrare in vigore solo dopo la ratifica di tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, noi non possiamo considerarlo solo come uno schema di trattato. Infatti noi per quanto riguarda l’Italia con il nostro Parlamento abbiamo autorizzato il Presidente della Repubblica alla ratifica del Trattato internazionale quindi per quanto ci riguarda c’è un impegno ulteriore. La protezione dei dati personali è dunque un vero e proprio diritto dei cittadini italiani e ciò rappresenta tutta un’altra cosa rispetto alla terribile frase“Metta qui una firmetta per la privacy...”, come se si trattasse solo dell’adempimento di un fatto burocratico. Questo aspetto, che io cercherò poi di declinare in termini meno aulici, è molto importante perché se non entrerà nella nostra coscienza collettiva che la protezione dei dati personali significa il rispetto di un diritto fondamentale di ciascuno di noi e di tutta la comunità nazionale collettivamente considerata non riusciremo mai a capirci e a mettere in comune le questioni alle quali dobbiamo invece dedicarci. È evidente che la protezione dei dati personali ha rispetto alle attività sanitarie una particolare delicatezza. Come capiamo tutti benissimo i dati sanitari non sono gli unici sensibili ma sono certamente fra i dati che riportati alla sfera personale di ciascuno di noi più ci toccano da vicino. Rendere noto a tutti o ad una gran parte di consociati quali sono le nostre malattie, le nostre debolezze fisiche o i nostri bisogni di cura significa mettersi in piazza e in qualche modo spogliarsi nudi agli occhi degli altri. Significa consentire di far conoscere aspetti fortemente intimi e strettamente legati alla nostra personalità. D’altra parte noi qui siamo a ragionare della sanità elettronica e non possiamo non essere consapevoli che il tema riguarda le grandi opportunità che le nuove tecnologie della comunicazione elettronica offriranno ai cittadini e alla società nel suo complesso nel settore sanitario. Ma proprio per lo stesso motivo per cui i dati sanitari appartengono alla sfera dei dati per noi più preziosi anche la sanità appartiene alla sfera delle attività di servizio più preziose. Tanto che in particolare nei Paesi europei continentali e comunque nel nostro essa è considerata un servizio universale. Garantire a tutti il diritto alla salute è certamente avvertito come il diritto primo e fondamentale da tutti i nostri concittadini, anche quelli che non sanno – ahimè! – né leggere né scrivere. Certamente se andassimo a interrogare i cittadini uno per uno emergerebbe il diritto alla salute come quello più prezioso. Quindi siamo davvero all’interno di una questione particolarmente rilevante e la sanità elettronica offre delle grandi opportunità nel miglioramento di questo servizio. La sanità elettronica si radica inoltre in un rapporto stretto con le politiche dell’Unione Europea. Essa fa infatti parte delle sfide che l’Unione Europea ha rivolto a sé stessa, sfide che hanno poi trovato il massimo della sistematizzazione nel Consiglio dei Capi di Stato europei di Lisbona per la modernizzazione dell’Europa. L’obbiettivo è quello di far fare all’Europa un salto di qualità nella sua civiltà che sia corrispondente alle sue ambizioni. Naturalmente questo salto di qualità riguarda tanti aspetti, riguarda sotto un certo profilo la competitività economica ma poiché gli aspetti che noi mettiamo più in risalto della civiltà europea sono strettamente legati alla qualità della vita sociale, al riconoscimento dei diritti fondamentali e alla solidarietà – elementi che obbiettivamente caratterizzano almeno gli Stai europei continentali di maggiore tradizione - la sanità entra a pieno titolo nel sistema di valori comuni che l’Europa molte volte indica come sfida ai grandi protagonisti della scena mondiale. Dunque noi oggi non parliamo soltanto di un indirizzo politico italiano ma se dovessimo essere precisi dovremmo parlare di un’attività del Governo italiano di attuazione di un indirizzo politico europeo. La stessa tessera sanitaria di cui oggi si discute molto, anche perché sta arrivando ai cittadini, è stata presentata come uno strumento per facilitare il controllo della spesa sanitaria ma essa rappresenta prima di tutto l’adempimento di un’indicazione europea. La tessera sanitaria ha infatti il proprio motivo essenziale di essere nel fatto di consentire l’immediato accesso alle cure in tutti i Paesi dell’Unione e di garantire in tutti i Paesi il diritto all’assistenza sanitaria, naturalmente ciascuno secondo le regole del proprio Paese. Nel corso di tutto il convegno si parlerà delle opportunità offerte dalla sanità elettronica, da quelle più modeste - realizzate tra l’altro già in molte nostre strutture sanitarie e che ci auguriamo si possano moltiplicare - come la prenotazione di visite specialistiche e la possibilità di colloquiare con la parte amministrativa dell’organizzazione sanitaria a quelle più avveniristiche, che possono giungere fino allo scambio di dati sensibili attraverso la comunicazione dell’esito degli esami o addirittura al trasferimento dell’intera cartella clinica dell’ammalato da una struttura sanitaria ad un’altra o alla possibilità di assicurare (cosa in Italia relativamente meno importante che in altri Paesi data la sua alta densità di popolazione) un forte incremento della medicina a distanza dialogando attraverso internet e garantendo forme di assistenza nei limiti in cui questo è possibile anche a persone che si trovino in parti del Paese prive di strutture sanitarie adeguate. Dunque – ripeto – non stiamo parlando di un settore davanti al quale si possa chiudere una porta o innalzare una barriera, siamo in presenza di uno dei casi in cui le tecnologie offrono delle opportunità che non consentono il rifiuto. È anche vero però che siamo di fronte allo sviluppo di una tecnologia che accentua i pericoli collegati alla conoscenza di dati sanitari da parte di chi non ne abbia diritto e ciò rende più delicato e più necessario l’intervento della nostra Autorità. Se c’è un settore nel quale l’esistenza di un’Autorità garante della protezione dei dati del cittadino dimostra fino in fondo la propria necessità è questo. Non è solo questo ma questo è certamente uno fra i primi. Qual’è dunque la mia opinione? Noi dobbiamo reciprocamente riconoscerci come protagonisti di questa avventura. Le strutture sanitarie, quelle scientifiche innanzitutto ma anche gli apparati amministrativi che hanno il compito di tradurre queste potenzialità in realtà, non devono vedere la nostra Autorità come un nemico o come un ostacolo a prescindere, come un qualcosa da temere o come una realtà che se si riesce ad aggirare è meglio per la facilitazione del compito. E noi non dobbiamo dalla nostra parte vedere queste nuove tecnologie come un pericolo assoluto tale che più le si ritarda e le si ostacola più si proteggono i diritti dei cittadini. L’uno e l’altro atteggiamento indiscutibilmente sarebbero a danno dei cittadini italiani, gli uni e gli altri non farebbero bene il proprio mestiere: né noi difenderemmo bene i diritti fondamentali dei cittadini né le Amministrazioni farebbero bene il loro mestiere per dare ai cittadini nuove opportunità e nuove potenzialità. Dico di più: in quel modo noi Autorità garante e gli operatori del settore ingenereremmo un clima di allarme nella nostra società, un clima di sfiducia e di paura. Noi come Autorità rischieremmo di avvalorare il rigetto da parte dei cittadini delle nuove tecnologie, che rappresentano invece nuove opportunità e le Amministrazioni di settore rischierebbero di incontrare ostacoli e freni che non è ragionevole che incontrino. Dico questo perché in Italia è urgente riuscire a ragionare insieme in questa logica. Se pensate al fatto che l’attuazione della tessera sanitaria è avvenuta attraverso l’emanazione di una serie di Decreti previsti dalla legge Finanziaria la maggior parte dei quali è stata adottata senza chiedere il parere dell’Autorità garante, che peraltro era obbligatorio sulla base della legislazione vigente, vi potete spiegare facilmente perché l’Autorità garante ha assunto in questi anni un atteggiamento di forte attenzione e di continuo richiamo al rispetto delle regole in questo settore. Potete quindi capire che alla base dell’atteggiamento che l’Autorità ha avuto in questi anni ci stanno ottime ragioni. Era più che ragionevole che l’Autorità, consapevole dei rischi enormi che si corrono nel trattamento dei dati sanitari non regolato e non esaminato con la logica della protezione dei dati stessi ma esclusivamente attraverso la logica della massimizzazione dell’efficienza, protestasse e lanciasse un richiamo forte alla necessità del rispetto delle regole, che non significa solo rispettare procedure e ruoli ma anche rispettare i diritti fondamentali dei cittadini. Io considero un successo il fatto che la tessera sanitaria arrivi oggi nelle tasche dei cittadini italiani perché ciò è anche la conseguenza di un atteggiamento positivo che siamo riusciti ad instaurare con il Ministero dell’Economia quando di fronte alla pretesa – legittima – del Ministero di mettere sotto controllo la spesa sanitaria e la richiesta – non legittima e sostanzialmente inutile – che per far questo il Ministero dell’Economia potesse venire a conoscenza della spesa nominativa in materia sanitaria di ciascun cittadino italiano noi abbiamo spiegato che quest’ultima cosa non era possibile. Ciò che al Ministero in realtà serviva era infatti la conoscenza macroeconomica dei flussi di spesa e i dati relativi alla spesa sanitaria potevano utilissimamente essere trattati dal Ministero dell’Economia anche se anonimi. Abbiamo spiegato anche che la nomizzazione, ovvero l’identificazione del soggetto a cui fa capo la spesa nei casi di picchi anonimi, deve essere legittimamente rimessa alle ASL, le quali sono strutture che devono trattare i dati sanitari e che quindi devono dotarsi di misure di sicurezza adeguate alla delicatezza del compito che svolgono. Misure di sicurezza che non hanno ragione di essere al livello del Ministero dell’Economia e conoscibilità che al livello delle ASL ha invece senso perché i responsabili sono gli operatori sanitari del settore. Al livello del Ministero dell’Economia non ha invece senso alcuno che questi dati vengano a conoscenza del funzionario a cui è attribuito il compito del monitoraggio della spesa. È stato dunque facile trovare una soluzione che consentisse al Ministero dell’Economia di operare un efficace monitoraggio della spesa sanitaria e a noi di considerare tutelato il diritto fondamentale dei cittadini. Il Regolamento ha dunque avuto il nostro parere positivo e la tessera sanitaria ha superato l’ultimo ostacolo che restava sul suo cammino per poter essere realizzata. Ci saranno tanti altri casi di questo genere perché il processo di sviluppo della sanità elettronica toccherà settori sempre più delicati e non c’è bisogno che vi dica che la frontiera più delicata di tutti è il trattamento dei dati genetici. Anche qui vorrei che fosse chiaro quali sono i valori in gioco. Non si tratta solo – e sarebbe già tantissimo – della nostra dignità personale, cioè del fatto di non mettere in piazza le cose più intime della nostra realtà fisica. Già questo è però importantissimo perché nessuno credo che sarebbe contento di sapere che il suo vicino di casa, perché amico del funzionario che amministrativamente deve trattare la spesa sanitaria, possa conoscere se egli ha una protesi, se ha fatto una TAC, se la TAC è stata prescritta per un sospetto tumore e via discorrendo. È chiaro che è facile drammatizzare ma bisogna che ognuno di noi a questo pensi quando si parla di trattamento dei dati, non è un fatto burocratico ma è un fatto molto concreto. Quindi - come dicevo - non è solo questione di dignità, che evidentemente è però il massimo valore, ma è questione anche di libertà. La conoscenza dei miei dati sanitari può mettere a rischio infatti anche la mia stessa libertà perché la gente può cominciare a guardarmi con sospetto, a prendere le distanze da me, a isolarmi nella realtà sociale in cui vivo. È una questione di uguaglianza perché è chiaro che in tutti i luoghi di lavoro, nelle assicurazioni e nelle relazioni sociali in generale il malato sospetto di malattia grave, cronica e inguaribile viene isolato e penalizzato. Capite dunque che di fronte a tutto questo i valori in gioco riguardano la qualità della vita personale di ciascuno di noi. Dunque il lavoro da fare insieme sarà lungo e complesso e la frontiera ultima e più delicata è quella del trattamento dei dati genetici. I risultati degli esami genetici sono infatti una questione di una delicatezza immensa anche per un ulteriore motivo, perché quando si parla di dati genetici si parla di dati che non rappresentano solo il patrimonio individuale di una persona ma quello di un gruppo biologico. Allora se io devo trattare il dato genetico di un ammalato magari per garantirgli delle terapie più mirate e più efficaci devo sapere che quel dato genetico appartiene a lui, ai suoi figli, ai suoi genitori, ai suoi fratelli, ai suoi nipoti e a tutti quelli che hanno con lui una relazione di sangue. Attraverso le conoscenze sulla sua struttura genetica, che a me servono essenzialmente per garantirgli un servizio migliore che può anche (io non sono un tecnico e quindi dico forse delle sciocchezze ma se sono delle sciocchezze oggi saranno probabilmente realtà domani) garantirgli un’aspettativa di vita molto maggiore di quella che potrebbe avere, io metto però il naso nel suo gruppo biologico, vengo a conoscenza di dati che non riguardano solo lui ma anche gli altri appartenenti al suo gruppo biologico. Sono cose che sono a tutti chiare quando parliamo dei test di paternità ma esso è solo la punta di un iceberg molto più complesso. Dunque anche in questo caso è evidente come sia necessaria un’attenzione particolarissima alla protezione dei dati personali ed è evidente come sia necessario che sia consentito all’Autorità garante di fare fino in fondo il suo mestiere. Se noi facciamo fino in fondo il nostro mestiere in un atteggiamento di consapevolezza per cui non dobbiamo né bloccare né ostacolare né vietare ma dobbiamo invece controllare e rendere le tecnologie compatibili con i diritti noi aiutiamo la tecnologia stessa, evitiamo un senso di sfiducia e di paura e tutti insieme miglioriamo la nostra società. Io sono qui a titolo personale ma sono certo di interpretare anche l’opinione dei miei colleghi nel dirvi che quando vedete le Autorità garanti, non solo quella italiana ma anche quella europea, attente e coinvolte in questa problematica non dovete considerarle come un ostacolo burocratico. Non serve a nessuno trovare il modo di aggirare il nostro ruolo, non serve a nessuno continuare – come ahimè potrebbe succedere – a prorogare all’infinito i termini per le misure di sicurezza. Il danno sarebbe collettivo. Chiunque di noi vada da un ottico senza essere sicuro che egli protegga i dati della sua visita con un minimo di riservatezza, per cui se ha un difetto grave della vista non lo venga a sapere il portinaio di casa perché suo figlio è andato dallo stesso ottico e il commesso glielo ha raccontato, subisce un danno. Se uno di noi ha una protesi ortopedica e l’artigiano ortopedico non tiene i dati riservati subisce un danno. Se uno di noi si fa fare una protesi odontoiatrica e questo viene reso noto alla sua collega di ufficio che va poi a dire a tutti che il tale tizio c’ha la dentiera è un danno per tutti. Dunque quando noi - come troppe volte accade - immaginiamo che liberarsi della privacy rende tutto molto più facile facciamo un danno a noi stessi e a tutte le persone a cui vogliamo bene. Quindi io auspico che non ci siano ulteriori ritardi nell’attuazione delle misure di sicurezza che la nostra legge richiede per tutti coloro che trattino i dati e sono molto contento che le Pubbliche Amministrazioni stiano accogliendo e affrontando fino in fondo la sfida a darsi finalmente regolamenti per il trattamento dei dati sensibili. Sono poi particolarmente interessato a seguire il processo che inevitabilmente si svilupperà, e che io auspico che si sviluppi, della sanità elettronica come miglior servizio ai cittadini per portare avanti – finché svolgerò questo compito – la difesa dei diritti fondamentali dei nostri concittadini sperando che questo sia apprezzato da tutti e soprattutto sotto questo aspetto dalle Amministrazioni, che come compito istituzionale hanno quello di sviluppare queste nuove tecnologie. Grazie.