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MERCATO VOLONTARIO DEI CREDITI DI CARBONIO DELLA TOSCANA
Revisione del 24/02/2011 a cura di Marina Lauri, Alfredo Esposito e Toni Ventre
Scopo progetto: Creare un sistema di gestione specifico del mercato volontario dei crediti di
carbonio da attuare su diversa scala partendo dalla Toscana per arrivare ad una dimensione
“mediterranea”.
Risultati attesi:
1. Istituzione di un Registro dei Crediti di Carbonio della Regione Toscana
2. Attivare un mercato dei crediti di carbonio (CC) realizzati a livello regionale e a livello di
Rete Mediterranea delle Foreste Modello (RMFM) che possa soddisfare le esigenze di
compensazione delle emissioni di CO2 per soggetti locali così come per altri soggetti a
livello nazionale e internazionale
3. Individuazione di una struttura dedicata per l’attuazione del processo di compensazione e
gestione del mercato volontario dei crediti.
Quadro normativo di riferimento: La Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni
Unite (UNFCC) tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 ed il Protocollo di Kyoto del 1997 rappresentano
il punto di riferimento per gli stati che hanno assunto l’obbligo di contenere o ridurre le proprie
emissioni nonché, per tutti i soggetti che vogliono intraprendere questo percorso, anche
volontariamente. Con la ratifica del protocollo e l’approvazione del Consiglio Europeo, nel 2002,
degli impegni contenuti in detti atti, si è intrapreso il primo tentativo a livello globale, nei confronti
dei governi e dell’opinione pubblica di sensibilizzazione verso le politiche ambientali. Tutto ciò ha
avuto la funzione di stimolare le politiche nazionali verso la riduzione delle emissioni inquinanti
mediante il miglioramento dell’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. A livello
europeo la prima tappa verso l’elaborazione di una strategia in materia di energie rinnovabili è
stata compiuta nel 1996 con il Libro Verde a cui è seguito il Libro Bianco del 1997 con cui l’Unione
Europea fissa l’obiettivo di produrre il 12% dell’energia primaria da fonti rinnovabili entro il 20102012. Si sono, poi, susseguite una serie di disposizioni che hanno contribuito a modificare ed
implementare le politiche nazionali energetiche degli stati membri. Tra le varie direttive che hanno
promosso i vari settori delle rinnovabili hanno assunto rilevanza la Direttiva 2001/77/CE sulla
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la Direttiva 2002/91/CE sul rendimento
energetico nell’edilizia, la Direttiva 2003/87/CE sullo scambio delle emissioni climalteranti a livello
europeo, la Direttiva 2006/32/CE sull’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici,
fino ad arrivare alla famosa e meglio conosciuta direttiva del 20-20-20 che ha introdotto il Piano
d’Azione per l’efficienza energetica ed il Pacchetto Clima che ha previsto, tra gli altri impegni, delle
percentuali di risultato ben definite di utilizzo dei biocarburanti, di produzione di energia da fonti
rinnovabili nonché di riduzione delle emissioni di gas serra. A seguito della direttiva in materia di
scambio di emissioni del 2003 numerose sono state le disposizioni che si sono succedute in questi
anni per perfezionare, aggiornare ed estendere questo sistema a livello europeo fino ad arrivare ai
nostri giorni con la pubblicazione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente Agenzia Europea
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Ambiente (30/11/10) e l’ultima Comunicazione della Commissione Europea del 3 Marzo 2010
Europa 2020, che definisce una strategia per una crescita intelligente sostenibile e inclusiva.
Per quanto concerne la normativa nazionale, la Delibera Cipe n. 123 del 2002 ha approvato il
piano nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra e costituisce il documento di riferimento
per l’attuazione del protocollo di Kyoto nel nostro paese. All’interno di tale piano, particolare
attenzione è rivolta al settore agro forestale e al suo potenziale contributo per il raggiungimento
dell’obiettivo nazionale di riduzione di gas serra. A ciò è seguito un Decreto del Ministero
dell’Ambiente del 2008 che ha istituito il registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali.
Recentemente l’Italia ha recepito i contenuti della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso
delle fonti rinnovabili con l’adozione del Piano d’Azione Nazionale (2010) ed il 30 novembre 2010 è
stato promulgato un decreto legislativo per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza
energetica, traducendo in misure concrete le strategie contenute nel PAN.
In materia regionale, la Regione Toscana si è proposta di promuovere l’efficienza negli usi
energetici con l’implementazione delle fonti rinnovabili, nonché la riduzione delle emissioni di
CO2 con l’adozione di uno specifico piano di programmazione energetico. Nel 2008 ha, quindi,
adottato il piano energetico regionale PIER con scadenza 2010, in cui vengono definite le scelte
fondamentali della programmazione energetica. Questo documento, costituisce, ad oggi, il punto
di riferimento nelle scelte di sviluppo locale energetico-ambientale.
La Regione ha inoltre, dato attuazione agli impegni sanciti nel Protocollo di Kyoto con l’istituzione,
nel 2004, insieme all’Istituto di Biometeorologia del CNR, dell’Osservatorio di Kyoto: un progetto
integrato per il monitoraggio del bilancio dell’anidride carbonica, in particolare delle emissioni, e
l’attivazione di strumenti di informazione e supporto al decision making.
L’Osservatorio Kyoto nasce dall’esigenza di valorizzare le acquisizioni nel campo della ricerca
scientifica per sviluppare servizi tecnici e consulenze a supporto della pianificazione regionale sulle
tematiche del Protocollo in modo da rispettarne i vincoli e sfruttarne le opportunità.
Per quanto concerne la normativa di settore forestale il riferimento è costituito dalla L.R.T.39/00 e
s.m.i. con relativo regolamento di attuazione n°48/r del 2004 (RF) e dal Programma Forestale
Regionale 2007-2011.
Premessa: Il contrasto ai cambiamenti climatici è l’obiettivo fondamentale del Protocollo di Kyoto
(PK); la ratifica da parte della Comunità Europea e, quindi, dell’Italia ha portato, “a cascata”, una
serie di vincoli ed obiettivi anche per la Regione Toscana (RT). Naturalmente la Toscana, regione
storicamente e culturalmente sensibile alle tematiche della sostenibilità, ha risposto sia in termini
pianificatori che legislativi al richiamo di “serrare le fila” per il raggiungimento degli obiettivi del
PK. Molteplici devono essere gli ambiti dove attivare le azioni per ottenere risultati concreti e
duraturi, ma di certo, per la Regione che vanta la maggiore superficie forestale nel Paese, la
valorizzazione della funzione degli ecosistemi forestali quali serbatoi di CO2 equivalente risulta un
percorso “naturale” e doveroso. Di fatto il Programma Forestale Regionale 2007-2011, in corso di
validità, prevede che “per la promozione dell’attività selvicolturale….si pone i seguenti obiettivi
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specifici:…2.la mitigazione e il contrasto ai cambiamenti climatici..”; la stessa Legge Forestale della
Toscana n°39/2000 e s.m.i. si basa sul concetto di selvicoltura sostenibile, nella sua accezione più
ampia, come approccio di riferimento alla gestione della risorsa forestale. Sicuramente, in
quest’ottica sarebbero auspicabili modifiche, agli strumenti legislativi (LF e RF) e programmatori
(PFR e PIER) che esplicitino e articolino maggiormente le modalità di gestione sostenibile in
funzione dell’ecocertificazione e delle opportunità date dal mercato volontario dei CC.
Tale progetto si inserisce, inoltre, nell’ambito delle diverse attività che saranno organizzate per
l’Anno Internazionale delle Foreste 2011, così come dichiarato dall’ONU, al fine di favorire lo
scambio di conoscenze sulle possibili strategie per favorire una gestione sostenibile delle foreste e
stimolare sempre più le coscienze dei cittadini e dei governi sull’importanza della salvaguardia
dell’ambiente a livello planetario nonchè per promuovere un’azione globale per la gestione,
conservazione e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste.
Sintesi del progetto: Implementare per fasi le procedure necessarie al fine di ottenere un mercato
credibile e affidabile che permetta, da un lato, di remunerare i proprietari forestali (pubblici e
privati) attraverso la vendita dei crediti generati dalla gestione forestale sostenibile dei boschi e
ricevere dunque un pagamento per la funzione climatica realizzata dai boschi alla collettività e,
dall’altro, garantire tutti i soggetti (pubblici e privati) che volontariamente intendono annullare le
proprie emissioni di promuovere la propria immagine con l’acquisizione di CC credibili, trasparenti
e verificabili.
Si possono prevedere i seguenti passaggi da attuare in due fasi successive:
I^ FASE
1. Studio della compatibilità normativa nel contesto progettuale e analisi del contesto
forestale toscano in funzione degli obiettivi del progetto
Tali studi preliminari risultano propedeutici in relazione ad una corretta analisi del punto
successivo, soprattutto in funzione di una attenta valutazione all’equilibrio da mantenere
tra funzioni “classiche” assolte dai sistemi forestali (produzione, protezione, paesaggistica e
di fruizione) e massimizzazione delle potenzialità di produzione di CC al fine di una effettiva
remuneratività dell’ operazione addizionale di gestione sostenibile.
2. Analisi dei metodi per il calcolo dell’assorbimento della CO2 nella gestione forestale,
individuazione ed implementazione del metodo più adeguato al sistema foresta toscano
per la certificazione dei CC da immettere sul mercato volontario;
L’individuazione del metodo più adeguato tra quelli esistenti o la realizzazione di un
metodo ex-novo specifico per il sistema toscano/mediterraneo è senza dubbio uno dei
passaggi chiave in quanto rappresenta allo stato attuale uno dei punti critici del mercato
volontario dei CC. E’ ipotizzabile che il sistema forestale toscano per le proprie
caratteristiche strutturali (soprattutto tipologia di governo, specie ed età dei soprassuoli)
abbia l’esigenza di un proprio metodo che sia più articolato rispetto ad ambiti territoriali
più omogenei. Inoltre in questa fase sarebbe necessaria la verifica della possibilità di
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redigere un “Codice di buona condotta” dei progetti forestali volontari sempre nell’ottica
della maggiore codificazione possibile corrispondente, in termini di mercato ad una
maggiore credibilità e quindi appetibilità possibile da parte dei soggetti acquirenti;
3. Analisi dei metodi per il calcolo delle emissioni della CO2 da parte dei soggetti interessati a
compensare attraverso l’acquisizione dei CC
Altro passaggio critico che in diverse situazioni, italiane e non, viene affrontato con non
sufficiente approfondimento; di fatto sappiamo che l’acquisizione di CC non deve
rappresentare un’operazione di “sola facciata” da parte del soggetto/impresa acquirente
pertanto la “compensazione” deve essere accompagnata dalla massima riduzione possibile
delle emissioni. Risulta chiaro che per una corretta valutazione della quantità di CO2
equivalente da compensare che, della riduzione delle emissioni, in un determinato arco di
nel tempo, abbiamo bisogno di un strumento metodologico efficace e, ancora una volta,
credibile.
4. Attivazione di un processo per la certificazione dei CC a livello regionale partendo dal
progetto di certificazione forestale di una parte del PAFR, che arrivi in fasi successive
all’estensione a tutto il PAFR e ai proprietari forestali privati.
L’attivazione del processo partendo dal PAFR appare un’opportunità irrinunciabile, ciò
appare ancor più evidente per il progetto di certificazione forestale attualmente in corso
che vede l’adesione di otto Enti (6 Comunità Montane e 2 Comuni) per 9 complessi
forestali per un totale di 24.430 ha di PAFR e che permetterebbe di avere il grande
vantaggio (economico e non solo) di partire da requisiti di livello “avanzato” già richiesti
dall’organismo certificatore FSC o PEFC e, presumibilmente, di ottimizzare i costi di
certificazione. L’individuazione dei metodi di cui ai punti 2 e 3 dovrà essere poi funzionale
anche all’individuazione del/i organismo/i deputati alla certificazione dei CC e,
eventualmente, al calcolo delle emissioni.
Appare utile ricordare, a solo titolo indicativo, in una ipotesi prudenziale e sulla base degli
attuali prezzi del mercato volontario, che la sola certificazione dei CC prodotti dalla
gestione (addizionale) sostenibile di questa parte di PAFR (poco più del 20% del totale)
porterebbe a un valore di mercato intorno a 1.000.000 di €/anno (!).
II^ FASE
5. Verifica dell’applicazione metodologica attuata in funzione di realizzare un sistema di rete
da applicare anche in ambito internazionale/mediterraneo sulla struttura della Rete
Mediterranea della Foresta Modello.
Tale verifica permetterebbe di dare un respiro internazionale all’iniziativa pur mantenendo
una dimensione “regionale”; l’apparente paradosso di quanto appena affermato si spiega
con l’adesione della RT alla RMFM: quest’ultima mette in collegamento e in condivisione le
differenti esperienze di governo del territorio partecipato delle Regioni aderenti in ambito
mediterraneo per cui si soddisfano esigenze locali sulla base di esperienze internazionali; in
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questo modo si potrebbe andare a sviluppare un progetto che vede l’implementazione del
metodo individuato nelle fasi precedenti per l’ambito toscano in applicazione alle differenti
realtà della RMFM. In questo senso la possibile creazione di un processo di livello
internazionale, ma su base locale, può ulteriormente creare proficue sinergie nel mercato
anche sul livello delle imprese multinazionali.
Infine, occorre sottolineare come l’adesione della RT alla RMFM abbia visto la sua prima
applicazione in un territorio che comprende PAFR gestito da un’ ente territoriale (U.d.C.
Valdarno e Valdisieve), che successivamente un altro ente gestore di PAFR stia attivando
l’applicazione della FM; considerando che il PAFR degli enti sopra elencati rientrano nel
progetto di certificazione forestale della RT…il cerchio si chiude o meglio si allarga in modo
armonico nella duplice dimensione locale/internazionale.
6. Attivazione di azioni di sensibilizzazione al fine di diffondere la conoscenza dell’iniziativa e
soprattutto per diffondere la conoscenza del metodo applicato e creare
commercializzazione in un sistema “toscano” e mediterraneo.
L’ultimo passaggio è quello che di fatto procura il combustibile per tutto il processo, è ciò
che dà un senso a tutte le fasi precedenti e consente il raggiungimento dell’obiettivo
primario di contrasto dei cambiamenti climatici. Perché se è vero che è necessario creare i
presupposti per la produzione di CC è, altrettanto necessario, attivare tutti i meccanismi
per far sì che si possa avere una corrispondente richiesta di compensazione delle emissioni.
In un terreno fertile di sensibilità ambientale qual è la cultura della società toscana andrà
curata particolarmente la soddisfazione delle domande poste dalla capacità critica della
stessa società. Il collegamento territoriale locale del mercato dei CC (produttori e
acquirenti toscani) dovrebbe facilitare la sensibilizzazione di una realtà dove l’attenzione al
prodotto locale e alla “filiera corta” è andata recentemente ad intensificarsi. L’attivazione
dovrebbe indirizzarsi alle imprese (locali, evidenziando la produzione locale e
internazionali, evidenziando anche la valenza della RMFM), alla grande distribuzione, alle
P.A., agli eventi di spettacolo (stagioni teatrali, rassegne, concerti, festival) e a quelli
fieristici (Pitti e altri eventi toscani di rilevanza internazionale), fino alle singole famiglie in
specifiche campagne di sensibilizzazione (sul tipo di Toscana Ecoefficiente o “adotta
un’albero” una foresta o altro ancora).
Azioni continue:
 Concertazione con soggetti interessati (associazioni di categoria, enti locali, proprietari
forestali, CCIA, Confindustria, catene della grande distribuzione, ecc.)
 Reperimento di risorse finanziarie aggiuntive e complementari attraverso la partecipazione
a bandi europei e nazionali o mediante accordi di programma con altri soggetti pubblici o
privati (es. istituti bancari); in relazione ai bandi europei particolarmente interessante
risultano le opportunità che potranno realizzarsi attraverso il partenariato delle FM.
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Conclusioni : Le potenzialità offerte dal sistema del mercato volontario dei CC appaiono
estremamente ampie, ma proprio per questo motivo, in una situazione ancora non definita come
richiederebbe la rilevanza economica ed ambientale, risulta necessario attivarsi prontamente. Ciò
affinchè si possa creare, a livello regionale/internazionale, un sistema di gestione del mercato
volontario che si ponga, con l’applicazione di metodologie affidabili e credibili in una posizione di
forza tale da garantire a tutti i soggetti coinvolti (pubblici e privati, produttori e acquirenti) un
corretto scambio che porti i maggiori vantaggi ai protagonisti del mercato stesso con benefici
evidenti ai territori montani e rurali più deboli ma detentori di quel patrimonio di CO2 che sono le
foreste toscane.
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