L`idolo della sinistra è una sciagura internazionale Zapatero affonda

L’idolo della sinistra è una sciagura internazionale
Zapatero affonda Spagna e Borse
di CARLO NICOLATO
Il governo di Madrid annuncia la
riforma delle pensioni, poi di fronte
alle proteste dei sindacati ne
cancella la parte più importante.
Due economisti del livello mondiale
come Nouriel Rubini e il Nobel
Paul Krugman avvertono che
la crisi spagnola
potrebbe avere per l’Europa e l’euro
effetti ancora più disastrosi di quella greca.
A loro si unisce Bruxelles che suggerisce
al governo di Madrid riforme e rigore.
Qualcuno all’interno del partito socialista
comincia a mettere in dubbio la leadership
di José Luis Zapatero. I Popolari attaccano
da destra e chiedono elezioni.
L’Ibex, l’indice dei titoli quotati alla borsa
di Madrid, perde in un solo giorno il 5,9%
(peggior calo in 14 mesi), trascinando nel
panico le altre borse mondiali (Milano 3,45%), compresa quella di New York. Il
tutto mentre il capo del governo, pur di incontrare
Obama, si trovava in America al
National Prayer Breakfast (evento patrocinato
dall’organizzazione cattolica conservatrice
“The Family”), tradendo di fatto
tutte le battaglie laiciste, atee, anticlericali
e antifamiglia fatte finora in Patria.
SI SALVI CHI PUÒ
In questa atmosfera da “si salvi chi
può” perfino El Pais, il quotidiano spagnolo
socialista per eccellenza, si è dissociato
dal premier e ha lanciato l’allarme.
In un editoriale titolato “Manca rigore politico”
il giornale si chiede se il Programma
di stabilità presentato dal governo
all’Unione Europea riuscirà davvero a ridurre
il deficit. Ma soprattutto accusa il
governo di mancanza di rigore: «La politica
economica - scrive El Pais - chiede
qualcosa di più che semplici dichiarazioni;
esige rigore politico, spiegazioni dettagliate
su dove, come e in che quantità si ridurranno
le spese». Il governo manca di
tatto politico, prosegue El Pais, ma abbonda
invece della presunzione che gli
annunci generici bastino per combattere
la recessione e ristrutturare la finanza
pubblica. Zapatero non viene mai nominato,
ma è logico che la responsabilità
delle incertezze del governo ricada sulle
sue spalle. Perfino El Periodico, altro quotidiano
molto vicino alla sinista, afferma
che ormai la politica di Zapatero è diventata
«sconcertante».
Finalmente anche i socialisti hanno
tolto i paraocchi e si sono accorti che il “re
è nudo”. Decisive sono state le parole del
commissario europeo per gli Affari economici
e monetari, Joaquin Almunia, che
ha messo in un solo calderone le economie
di Spagna, Grecia e Portogallo. Parole
che il vicepremier e ministro dell'Economia,
Elena Salgado, ha definito poco prudenti
ed eccessivamente esemplificatrici.
Secondo la titolare dell'economia, la situazione
della Spagna non ha nulla a che
vedere con quella della Grecia «nè in termini
di debito nè di solidità economica,
dal momento che il governo iberico si sta
impegnando per uscire dalla crisi». Decisivo
è stato poi il dietrofront sulle pensioni,
la cui riforma della minima (che porta
gliannicontributivida15 a 25)èstata prima
presentata alla Commissione europea
nel Programma di stabilità e poi ritirata.
Ma decisive sono state soprattutto le
stime economiche negative sottoscritte
dall’esecutivo nello stesso Programma di
stabilità. Nel documento, il ministero dell'Economia
conferma la stima del deficit
all'11,4% del Pil del 2009, la previsione di
crescita globale del debito pubblico dal
55,2% al 74,1% nel 2012 e un tasso di disoccupazione
che ha superato la barriera
dei 4 milioni dipersone eche raggiungerà
il 19% nel 2010. A questo si aggiunga lo
studio della Caritas, reso pubblico proprio
ieri, secondo cui in Spagna vi sarebbero
8 milioni di persone al di sotto della
soglia di povertà, e un milione e mezzo di
persone in condizioni di povertà profonda
ad alta esclusione sociale. Il tonfo
dell’Ibex era dunque dietro l’angolo, ed è
diventato realtà dopo che ieri si è sparsa la
voce relativa a un possibile abbassamento
dell'outlook sull'economia spagnola
da parte delle agenzie di rating. L’effetto
domino ha poi trainato al ribasso gli altri
listini e non si è fermato neanche con la
decisione della Bce di confermare all'1% il
tasso di riferimento dell'Eurozona.
La Spagna e l’Europa aspettano ora le
decisioni di Zapatero. Ieri, dopo aver disquisito
di democrazia, comunità multietniche
e citando la Bibbia al National
Prayer Breakfast di Washington, ha rassicurato
i mercati sulla solidità del sistema
finanziario spagnolo e ha ricordato che la
crisi è stata affrontata da Madrid senza
che, a differenza di altri Paesi, vi fossero
conseguenze devastanti per le banche
nazionali. Ha parlato anche il portavoce
del Psoe assicurando che il premier non
ha nessuna voglia di lasciare. Ma la Spagnanon
puòpermettersi di aspettare fino
al 2012, e lo sanno pure i socialisti.Secondo
José Maria Barreda, presidente della
regione Castilla-La Mancha in quota al
Psoe, basterebbe un rimpasto. Mentre
per Josè Felix Tezanos, dirigente dello
stesso partito e direttore della rivista Temas,
il problema sta proprio nel premier.
Tezanos, uomo di Alfonso Guerra, socialista
storico ed ex vicepresidente del governo
Gonzalez, chiede dunque le dimissioni
di Zapatero e la costituzione di un
governo di coalizione con i Popolari.
DESTRA ALL’ATTACCO
Difficile però convincere il leader del
Pp Mariano Rajoy, forte dell’ultimo sondaggio
del Centro di Ricerche Sociologiche
(Cis) che lo dà in vantaggio di 4 punti
percentuali sui socialisti. Il Pp sta piuttosto
pensando di presentare una mozione
di censura contro Zapatero per arrivare il
più in fretta possibile ad elezioni anticipate.
Il segretario generale del partito Maria
Dolores de Cospedal ha annunciato l'avvio
di consultazioni con i piccoli partiti
dell'opposizione in vista della presentazione
della mozione. Per raggiungere la
maggioranza assoluta dei deputati, il Pp
(153 seggi) dovrebbe ottenere l'appoggio
di 23 deputati di altri partiti, cosa nonimpossibile
a questo punto. Di sicuro, se si
andasse ad elezioni, il Psoe non ripresenterà
più Zapatero. Il 71% degli intervistati
nell’indagine Cis afferma di avere «poca»
o «nessuna» fiducia nel premier in carica,
contro il 26,3% che dice di averne «molta»
o «abbastanza». In crescita rispetto ai socialisti
perfino la coalizione di sinistra Izquierda
Unida, terza con il 6,1%, davanti
al partito centrista Upyd di Rosa Diez con
il 4,4%. La rilevazione conferma che la disoccupazione
è il problema numero uno
del paese per l'82,7% degli spagnoli.