A RCIDIOCESI DI F ERRARA - C OMACCHIO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- IV DOMENICA DI PASQUA (A) S. Messa alla presenza dei “Genitori in cammino” Omelia di S . E . M ons. P AOLO R ABITTI Basilica Cattedrale, 15 Maggio 2011 A commento di: Atti 2,14.36-41; 1Pt 2, 20-25;Gv 10,1-10 Nelle domeniche immediatamente successive alla solennità di Pasqua, la Chiesa cerca di approfondire qualche tratto del volto del Signore Gesù, perché Gesù è colui in cui è racchiusa ogni pienezza divina. Tentativo arduo che conduce tuttavia alla consapevolezza che quel volto è contemporaneamente lontano e ciononostante vicino. In questa 4ta Domenica di Pasqua, pertanto, la Chiesa mette a fuoco un riflesso di quel volto, attraverso il rimando ad alcune immagini sulle quali Gesù stesso si è tanto soffermato. Non poche volte Gesù si è sentito interrogare con una precisa domanda di sapore messianico: “Chi sei tu?” A tale domanda Gesù ha fornito molteplici risposte: - “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6); - “Io sono il figlio prediletto del Padre” (Cfr. Gv 1,18); - “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 5,15); - “io sono la luce del mondo” (Gv 9,5); una serie di affermazioni, è facile notarlo, tutte introdotte da un autoritativo “IO SONO”. «L'espressione ‘Io sono’ aveva un’eco particolare per gli ebrei. Essa infatti evocava quelle celebri parole indirizzate da Dio a Mosè, dal roveto ardente: ‘Io sono colui che sono’» (Ravasi). Oggi Gesù ha dato di sé due definizioni: “Io sono il pastore, quello bello” (così come afferma l’originale greco [Gv 10,11]), a completamento ed esplicitazione di un’altra immagine – più faticosa alle orecchie dei suoi ascoltatori (stando a quanto afferma l’Evangelista Giovanni [Cfr. Gv 10,6]) – “Io sono la Porta delle pecore” (Gv 10,7). A queste due definizioni autorivelative, il Signore aggiunge anche una grande promessa-certezza: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). “Chi mangia di me vivrà per me” aveva inoltre dichiarato Gesù in un altro passo (Gv 6,57). Questo grande messaggio di vita, ha suggerito alla Chiesa – ormai da 48 anni a questa parte – di abbinare questa 4ta domenica di Quaresima (caratterizzata dalla contemplazione del Cristo Buon Pastore) alla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni al Sacerdozio. Se c’è una figura al mondo che mutua, ripete, dilata e proietta 1 l’immagine di Cristo Buon Pastore, quella è tendenzialmente la missione e la vocazione del Sacerdote. Nella nostra Città inoltre, quest’oggi, per una felice e provvidenziale coincidenza, si sono dati appuntamento in questa Cattedrale, con alcuni Sacerdoti che li seguono, col Seminario al gran completo, i “Genitori in cammino”: una benemerita Associazione di coppie le quali, nonostante il cuore gonfio di dolore, per la perdita di un proprio caro congiunto, con l’aiuto dei predetti Sacerdoti, ha intrapreso un edificante cammino di trasfigurazione del proprio dolore in speranza e in amore, riversando tale speranza e tale amore sui futuri pastori di questa Chiesa Diocesana: i Seminaristi! Ma il Signore ci fa dono di un’altra felice coincidenza, quest’oggi: siamo nell’ottava della Beatificazione del Santo Padre, l’amatissimo Papa Giovanni Paolo II. E mi piace che davanti ai nostri occhi troneggi una sua splendida gigantografia ornata di fiori e illuminata dalle fiammelle della tante candele accese da tanti di noi. Vorrei sottolineare come il beato Karol Wojtyla abbia incarnato in modo sublime, anzi “gigantesco” (Cfr. Benedetto XVI, Omelia della Beatificazione, 01.05.2011) – così come giustamente è stato rimarcato domenica scorsa – il ritratto del Buon Pastore. Un Pastore capace di entrare in contatto e di raggiungere con la sua parola e il suo zelo apostolico quasi tre miliardi di persone (in base ad alcune stime e statistiche effettuate). E le folle hanno reagito al suo sguardo e al suo zelo con l’entusiasmo e la fiducia che si devono ad un buon Pastore. Il suo volto – è stato notato e scritto – era radioso; la sua parola era gioiosa; così penetrante il suo sguardo tanto da suscitare in chi lo avvicinava un interrogativo: “da dove gli proviene tutto questo amore?”. Desidererei richiamare la vostra attenzione sul fatto che il Santo Padre Giovanni Paolo II, in pochi anni, ha visto sfiorire progressivamente tutta la sua famiglia, fino a ritrovarsi completamente solo in giovanissima età. Orfano di madre a nove anni dopo esser stato già privato di una sorella; ha perduto un fratello in età giovanile e, appena diciannovenne, Egli ha perduto anche il padre. Ma Karol Wojtyla non ha reagito a questa immane sua tragedia con l’atteggiamento sfiduciato di Giobbe, trasformando il dolore in rivendicazione o protesta, ma – aiutato dall’esempio dei suoi cari e dalla loro intercessione dall’alto – Giovanni Paolo II ha fatto del suo dolore un dono per l’umanità, tanto da trasformare il dolore in speranza e da sublimare il dolore in gioia. L’esempio di questo grande Pastore, oggi beato, ci aiuta a comprendere un passaggio assai suggestivo della seconda lettura odierna, tratta dalla prima lettera di S. Pietro: “Fratelli, se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poichè anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme … oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia” (1Pt 2,20-21.23) e – mi si permetta di aggiungere – salva! Credo che questo testo sia davvero straordinario e illuminante per la vostra esperienza, cari Genitori in cammino! Anche voi, grazie alla benemerita Associazione di cui fate parte, come Cristo, come Giovanni Paolo II, vi siete affidati e vi fidate di Dio. 2 Richiamo, a corredo dell’esperienza del Beato Giovanni Paolo II, alcune luminose parole della Sacra Scrittura capaci di diradare le nebbie dei nostri dubbi e delle nostre oscurità interiori: - Salmo 34: “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti”: lentamente, con tanta fiducia, anche il cuore ferito sperimenta il balsamo della vicinanza amorevole e confortatrice di Dio - Matteo 11,28: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e affranti ed io vi ristorerò”. - E Giobbe, spogliato di tutto – affetti, figli, amici, ricchezze e stima – aggiunge: “Talvolta Dio ci corregge con i dolori, ma poi viene la luce” (Cfr. Gb 33,19.28). - A conferma di quanto stiamo dicendo, cito le parole della lettera di S. Paolo ai Filippesi: “la nostra patria è nei cieli” (3,20) – da questo punto di vista siamo tutti paradossalmente immigrati al fine di emigrare verso la vera nostra Patria celeste. E prosegue l’Apostolo “di là aspettiamo il nostro Salvatore il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20): allora saremo nella Patria! Ecco perché Iddio, tramite il profeta Isaia, già al tempo dell’antica Alleanza preconizzava “trasformerò le tenebre in luce” (Is 42,16), e il profeta Amos gli faceva eco: “Dio cambia il buio in chiarore” (5,8). Carissimi Genitori in cammino! Aprite il vostro animo! Il vostro caro che vi ha lasciato, gode di quella Patria! Ha raggiunto quella Patria! La vostra preghiera risuoni come una supplica: “accogli o Dio, presso di te, il mio caro congiunto!”. I nostri cari ci attendono e, nel frattempo, intercedono per noi presso il trono di Dio, affinchè anche noi siamo in grado di trasformare il lutto in serenità o almeno in generosità e altruismo. La Chiesa avverte grandemente tale compito e cerca di espletarlo. In questo senso mi piace ringraziare, davanti a tutti voi, il Rettore del Seminario, Mons. Mario Dalla Costa e tutti i Seminaristi, unitamente ai vostri rispettivi Parroci e Sacerdoti, per la vicinanza e l’amorevolezza che vi offrono. Concludo facendo riferimento al pellegrinaggio a Roma che avete effettuato come Associazione, nello scorso mese di Maggio e all’udienza generale col Santo Padre alla quale avete preso parte. Avvicinando, a nome vostro, il Santo Padre Benedetto XVI e presentandogli l’Associazione, l’ho definita “una delle più belle e commoventi realtà dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e di altre Diocesi Italiane”. Ho visto vibrare di tenerezza il volto del S. Padre, che vi guardava mentre lo salutavate dalla Piazza, e si è commosso al racconto della repentina ordinazione e successivo decesso del nostro Seminarista Samuele Gardinale. Abbiate coraggio, Genitori in cammino! Non perdetevi d’animo! E tenete a mente una significativa frase di Papa Giovanni XXIII che ha affermato “Quando i nostri cari muoiono, noi siamo in una riva; loro vanno nell’altra e sembra incolmabile il distacco che ci divide. Quando però la nostra vita si avanza, noi stessi andiamo verso l’altra sponda ed essi sono là ad attenderci”. Sia questa la vostra speranza! 3