Umbria: carceri sono strapiene... sull’orlo di una crisi di nervi di Luca Benedetti Il Messaggero, 18 aprile 2009 Le carceri dell’Umbria sull’orlo di una crisi di nervi. Sono piene, potrebbero diventarlo ancor di più e il numero degli agenti di custodia che vigilano sui detenuti non bastano più. Il sotto organico è cronico e l’ipotesi di un arrivo di detenuti dai carceri napoletane di Secondigliano e Poggioreale che possano transitare tra Spoleto e Perugia, allarmano tutti. Anche perché si parla di qualche centinaio di detenuti comuni. Un’ipotesi che ha preso piede al ministero di Grazia e Giustizia prima che l’emergenza terremoto portasse a Spoleto settantasette detenuti in regime di 41 bis arrivati dal carcere de L’Aquila. Si mobilitano i sindacati, il deputato Gianpiero Bocci (Pd) annuncia un’interrogazione parlamentare al ministro Alfano. E si apre il caso degli psicologi precari e degli assistenti sociali dell’Ufficio del servizio sociale per i minori che non hanno più neanche le auto per le missioni e aspettano i rimborsi spese di un anno di lavoro. Intanto è stata fissata per il 27 maggio l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio per l’evasione dal carcere di Capanne di Ilir Paja. Gli imputati sono cinque. Contiamo. Duecentoquindici agenti a Perugia, ma ne servirebbero 339; centonovanta a Terni, ma il Ministero ne mette nero su bianco 218; 359 a Spoleto, ma tra celle e corridoi dovrebbero lavorare come minimo trenta in più. E poi ci sono i sessantotto di Orvieto che fanno un lavoro che i parametri danno a 75 persone. È questa la contabilità della sicurezza nei quattro carceri dell’Umbria. Contiamo e si scopre che le guardie carcerarie, i secondini insomma, sono sotto organico di duecento unità; mentre i carcerati crescono in maniera esponenziale. Oramai tra Terni, Perugia, Spoleto e Orvieto sono più di mille e non c’è un rapporto logico (di numeri) tra chi sconta la pena e chi controlla. Ancora più illogico se si pensa che Spoleto è pieno di detenuti in regime di 41 bis. Significa che c’è gente di mafia e di camorra, di ‘ndrangheta e sacra corona unita, dagli affiliati ai Madonia ai boss dei Piromalli. Celle con vista su Gomorra che devono essere controllate da un pugno di agenti della penitenziaria. Ma ormai il sistema scricchiola e l’allarme che a fine febbraio hanno lanciato tutte le sigle sindacali degli agenti della polizia penitenziaria, infila un altro giro di valzer. C’entra l’emergenza terremoto perché a Spoleto, da L’Aquila, sono arrivati settantasette detenuti (le tre donne trasferite, tra cui la brigatista Lioce, sono andate a Rebibbia) in regime di 41 bis. Praticamente in una notte è stato aperto un nuovo padiglione per ospitare i super detenuti per quello che, forse, è il più importante trasferimento di detenuti avvenuto in Italia nel carcere che ha un quarto dei 41 bis dello stivale: 150. E adesso Spoleto si deve attrezzare per ospitare anche gli agenti del Gom (gruppo operativo mobile) delle Fiamme Azzurre che controllano i detenuti più pericolosi. L’operazione L’Aquila apre uno squarcio sulla tutt’altro che tranquilla Umbria delle carceri. Dell’Umbria delle sicurezza che se c’è una retata che porta balordi a Capanne le brande finiscono per qualche notte nella sala giochi; nell’Umbria che, ormai, dicono i sindacati, ha celle con due persone sia a Terni che a Perugia. Gli esperti lo chiamano sovraffollamento. Che accoppiato alla carenza di organici della polizia penitenziaria, apre la porta al rischio caos. I numeri che non tornano li raccontano i sindacati. Spiega Fabio Donati, segretario regionale della Federazione nazionale della sicurezza della Cisl. "È da tre anni che il caso Umbria è sul tavolo del ministero. Allora, dopo l’evasione di Paja da Perugia, fu dimostrato all’allora ministro Clemente Mastella che, addirittura, in quelle condizioni, il carcere di Perugia non andava neanche aperto. Invece, adesso, ci ritroviamo con un fonogramma firmato dal ministro Angelino Alfano e dal capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, di raddoppiare la capacità di Spoleto e di aprire ad altri detenuti comuni anche Rieti e Perugia. Questo significherebbe 300 detenuti in più a Spoleto e almeno duecento a Perugia. A queste condizioni non ce lo possiamo mica permettere". E Donati fa un passo indietro, breve ma pesante. Torna a quella riunione del 29 febbraio in cui intorno a un tavolo del Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Umbria, si sono messi non solo la Cisl, ma anche il Sappe, l’Osapp, il Sinappe, l’Uil, la Cgil, il Fsa- Cnpp e l’Uspp. Otto sigle per dire che oramai, gli agenti delle penitenziaria, lavorano al limite della crisi di nervi. Spiega Donati: "Con questi numeri si rischia il collasso tra quattro anni. Tra Spoleto e Terni per i prossimi cinque anni vanno in pensione almeno ottanta colleghi. Ma non solo. Ad oggi a Terni c’è un sotto organico di ispettori e sovrintendenti; mentre per il rullo agenti la carenza è gravissima e non permette la garanzia dei livelli minima di sicurezza nel posto di lavoro. Ma neppure la possibilità di usufruire delle ferie. Abbiamo chiesto al Dap l’invio di nuovi agenti, soprattutto in previsione dell’apertura dei nuovi reparti di Perugia e Spoleto. Naturalmente è tutto peggiorato dal fatto che a Perugia e Terni, ormai, le celle sono sovraffollate". Una situazione pesante che, espressa in numeri, suona così: se in Italia il sotto organico è del dieci per cento, in Umbria raddoppia al venti. Il caso Umbria arriva sul tavolo del ministro Alfano non solo con i documenti unitari del sindacato. Ma anche con una interrogazione che sta preparando il deputato umbro, Gianpiero Bocci (Pd). "Alla vigilia di Pasqua ho visitato il carcere di Terni e ho incontrato una delegazione sindacale degli agenti che operano su Spoleto. La situazione è allarmante. In Umbria aumentano i detenuti e calano gli agenti di custodia, e oggettivamente è un assurdo. Oramai si opera in piena emergenza. E non basta più l’abnegazione di chi opera, ad ogni livello, nelle strutture. È personale di grande livello che va elogiato, ma anche aiutato a fare bene il proprio mestiere. Così c’è il rischio che le carceri umbre diventino una discarica sociale. Basti pensare al grande numero di tossicodipendenti che vi sono ospitati. E poi prendete il caso di Spoleto: paradossalmente i 41 bis arrivati da L’Aquila hanno ridotto il rischio di un maxi trasferimento dai carceri del Napoletano. Ma si aprono altri problemi: per esempio funzionano 6 su 11 delle aule per le videoconferenze nel processo in cui proprio chi è in regime di 41 bis è chiamato a testimoniare. È logico che il governo deve assumersi le sue responsabilità della situazione delle carceri umbre".