Ematopoiesi L’ematopoiesi e la vasculo-angiogenesi [la vasculogenesi è il processo con il quale i precursori della cellula endoteliale vascolare (angioblasti) proliferano e differenziano per formare vasi ematici primitivi; la angiogenesi è la formazione del network vascolare risultante dalla crescita o dalla ramificazione dei vasi pre-esistenti] iniziano nella vita embrionale da comuni cellule progenitrici, gli EMANGIOBLASTI, dotati di capacità proliferativa e differenziativa bilineare. Lo sviluppo ontogenetico delle linee ematopoietica ed endoteliale origina nello strato germinale mesodermico da un comune precursore denominato EMANGIOBLASTO, esprimente il CD41 (GpIIb) che marca l’emangioblasto emogenico e l’endotelio emogenico. Fattori di crescita vasculo-endoteliali (VEGFs) e loro specifici recettori tirosin-kinasici (VEGFR) regolano la differenziazione dell’emangioblasto. La famiglia VEGF consiste di 6 differenti proteine (VEGF-A, VEGF-B, VEGF-C, VEGF-D, VEGF-E, PIGF- placental growth factor) e di 3 membri recettoriali (VEGFR-1 o Flt1, VEGFR-2 o KDR/FLK-1, VEGFR-3 o Flt4). Il VEGF-A si lega ai recettori VEGFR-1 e VEGFR-2, mentre il VEGF-B si lega al recettore VEGFR-3. Il VEGF-C ed il VEGFD si legano al VEGFR-2 e -3. In aggiunta alla famiglia VEGF, la famiglia angiopoietina contiene importanti fattori di crescita denominati angiopoietine (Ang-1 a Ang-4) e specifici recettori (Tie-1 e Tie-2). L’EMANGIOBLASTO comprende una sottopopolazione di cellule staminali ematopoietiche CD34+ ed una sottopopolazione di cellule staminali CD34+ e VEGFR2+, e costituisce, pertanto, sorgente e riserva di precursori emopoietici ed endoteliali. Gli angioblasti esprimono, in aggiunta al VEGFR-2 anche il VEGFR-1 ed il VEGFR-3, quest’ultimo è strettamente correlato all’endotelio linfatico ed alla linfangiogenesi. Il subset CD34+ prolifera e differenzia in cellule emopoietiche (unilineare), il subset CD34+ e VEGFR-2 prolifera e differenzia in cellule emopoietiche ed endoteliali (bilineare). Pertanto il progenitore endoteliale ha un potenziale emogenico che è inversamente proporzionale alla espressività del recettore VEGFR2 o Flk-1 (fetal liver kinase-1), marker di maturità endoteliale, e direttamente proporzionale alla contemporanea espressività della vascular endothelial(VE)- cadherin. Alcune cellule staminali emopoietiche esprimono, in aggiunta al VEGFR2, i recettori Tie-1 e Tie-2, mentre la Ang-1 e la Ang-2 sono espresse sulle cellule stromali (macrofagi e fibroblasti). Questo suggerisce che le angiopoietine possono essere importanti nel mantenimento del microambiente ematopoietico. Questo rapporto gerarchico persiste nella vita post-natale. Il modello gerarchico della ematopoiesi riconosce l’esistenza di una cellula staminale pluripotente quiescente e con capacità di autorinnovamento (self-renewal) che genera un pool di progenitori proliferanti che, a loro volta, generano precursori differenziati. Durante questo processo, il potenziale di autorinnovamento e proliferativo è perduto, mentre sono acquisite le capacità differenziative. Il modello flessibile riconosce l’esistenza di una cellula staminale fluttuante. Infatti, durante il transito nel ciclo cellulare citochina-indotto (IL-1, IL-3, IL-6, IL-7, IL-11), la cellula staminale subisce modificazioni della cromatina nucleare modificando genotipo e fenotipo, da qui il concetto del “chiaroscuro della cellula staminale”. Durante il ciclo cellulare varia la espressività genica sulla cellula staminale spostando il fenotipo da quello prevalentemente primitivo/impiantabile a quello prevalentemente differenziativo e commissionato. La modulazione della espressione dei geni induce la trascrizione di una varietà di fattori di crescita stimolanti (EPO, GM-CSF, G-CSF, M-CSF, TGF-β SCF, bFGF, TPO) ed inibenti (TGF-α, TNF-α, INFs-α,β,γ, βTG, PF4) che regolano la ematopoiesi. In questo sistema la cellula staminale genera due cellule differenziate (progenitore 1 e progenitore 2, o cellule figlie). Una delle due cellule figlie può tornare al fenotipo di cellula staminale, mentre l’altra è commissionata alla differenziazione o alla morte apoptotica. Piuttosto che una transizione gerarchica dalla cellula staminale al progenitore, sembra che esiste un “continuum” fluttuante nel quale il fenotipo delle cellule staminali primitive si sposta da uno stato ad un altro e torna indietro. In questo sistema c’è una inversa correlazione fra cellule staminali e progenitori. Quando i progenitori aumentano, le cellule staminali/impiantabili diminuiscono, e questo fenomeno è reversibile. Il concetto di flessibilità della cellula staminale si associa al concetto di plasticità, in termini di differenziamento e commissionamento verso altre linee, cutanea, epatica, renale, polmonare, muscolo-scheletrica, tratto gastrointestinale, miociti cardiaci, neuroni, cellule pancreatiche e tessuti mesenchimali (adipe, osso e cartilagine). In definitiva, plasticità significa che la cellula staminale midollare pluripotente esprime geni ematopoietici e geni non-ematopoietici determinando un “priming” differenziativo ematopoietico e nonematopoietico. La plasticità della cellula staminale midollare pluripotente possiede un fervente potenziale clinico per svariate malattie o danni d’organo (ischemia renale, ischemia miocardia, danno epatico). Le modalità per ottenere queste applicazioni cliniche sono: 1) trapianto autologo, 2) incremento o mobilizzazione endogena di cellule staminali midollari pluripotenti, 3) trapianto autologo di cellule staminali midollari pluripotenti geneticamente modificate (sickle cell disease, malattia da accumulo di glicogeno), 4) trapianto allogenico di cellule staminali midollari pluripotenti. Sorgente potenziale di cellule staminali è l’embrione umano da cui derivano gli embrioblasti dotati di autorinnovamento e capaci di curare malattie ematologiche e non (m. di Parkinson, diabete ecc.) ed il sangue periferico dopo mobilizzazione fattore di crescita indotta. Il microambiente controlla la ematopoiesi mediante vari meccanismi: a) produzione di fattori di crescita e di proteine di derivazione dalle cellule stromali (fibroblasti e macrofagi); b) presentazione dei fattori di crescita a corto raggio d’azione alla cellula staminale nel punto di contatto fra cellula e cellula in maniera che tali fattori possano agire direttamente anche in minime quantità; c) diretta comunicazione tra le cellule stromali e le staminali attraverso particolari molecole di adesione e proteine di matrice extracellulare. E’ oggi noto che le cellule che compongono il microambiente ematopoietico sono capaci di produrre fattori di crescita con funzione regolatoria positiva [(IL-1, IL-3, IL-6, IL-7, G-CSF, GM-CSF, M-CSF, stem celll factor (SCF), basic fibriblast growth factor (bFGF) ed il transforming growth factor-β (TGF-β)] e fattori ad attività regolatoria negativa (TNF-β, TGF-α, macrophage-inflammatory protein-1α (MIP1α)). Tali fattori hanno l’importante funzione di garantire la stabilità del numero di cellule staminali all’interno degli organi ematopoietici. La stretta unione che si stabilisce tra le cellule staminali e le cellule stromali avviene attraverso specifiche molecole di adesione (L-selectina, VLA-4, paltelet cell adhesion molecole-1 (PECAM-1)) e proteine adesive come la fibronectina (molecola di ancoraggio per i precursori eritroidi) e la emonectina (molecola di ancoraggio per i precursori granulopoietici) che orientano spazialmente i precursori esponendoli ai messaggi specifici che ne regolano proliferazione e differenziazione. Le cellule staminali ematopoietiche sono confinate all’interno delle nicchie midollari ad opera di molecole chemoattraenti (SDF-1, IL-8, MIP1lafa e beta) deputate all’homing fisilogico ematopoietico e dopo trapianto per emopatia e non [tessuti danneggiati (miocardio, rene, fegato) che rilasciano citochine chemoattratenti che richiamano le cellule staminali infuse nella zona danneggiata riparandola]. Solo le cellule mature (eritrociti, globuli bianchi, piastrine) lasciano la “location” midollare (mobilizzazione fisiologica) per entrare nel circolo ematico. Una piccola quota di cellule staminali sfugge nel sangue periferico. Una migrazione forzata di cellule staminali configura il processo della “mobilizzazione forzata” che trova applicazione clinica per il trapianto autologo o allogenico di cellule staminali periferiche. Durante la mobilizzazione il midollo diventa una piattaforma di intergioco tra citochine/chemochine, molecole di adesione e proteasi. La mobilizzazione granulocyte colony-stimulating factor (G-CSF)-indotta induce attivazione neutrofila con rilascio di proteasi (elastasi, catepsina G, lactoferrina. Metalloproteasi) che proteolizzano le molecole adesive (VCAM-1) e le chemochine stromal-derived factor 1 (SDF-1), IL-8, MIP1-alfa e –beta, disancorando le interazioni cellula-cellula e cellulamatrice del microambiente midollare. Organo emopoietico = Midollo Osseo Sede = Cavità Ossee (ossa piatte (bacino), ossa lunghe (omero e femore), ossa corte (vertebre e sterno) Conponenti = Stromale (connettivale-fibrillare) Microvascolare (arterie perforanti e sinusoidi) Parenchimale (tessuto emopoietico e tessuto adiposo) Le cellule dello stroma comprendono macrofagi e fibroblasti, questi ultimi sintetizzano il tessuto connettivale che forma le nicchie dove sono contenute le cellule parenchimali a funzione emopoietica. Le cellule stromali sintetizzano e rilasciano fattori di crescita emopoietici e pertanto non costituiscono solamente un tessuto di sostegno, ma partecipano attivamente alle capacità rigenerative e proliferative del tessuto emopoietico. Il parenchima cellulare comprende cellule staminali e precursori emopoietici. Il raggiungimento di un determinato grado di maturazione comporta i seguenti fenomeni: a) differenziazione (fenomeno che comporta la comparsa di caratteristiche specifiche); b) commissionamento (la cellula commissionata è una cellula immatura orientata verso una specifica linea ematopoietica, eritroide, granulocitica, o piastrinica); c) maturazione (fenomeno che consegue al commissionamento); d) amplificazione (divisione cellulare che si verifica contemporaneamente alla maturazione). Tecniche di prelievo del tessuto emopoietico Aspirato midollare (esame di tipo morfologico): aspirazione di sangue midollare, colorazione dei vetrini mediante tecnica di May GrunvaldGiemsa ed esame al microscopio ottico). Biopsia ostemidollare (esame di tipo quantitativo): prelievo di un frustolo di tessuto osseo, conservazione in liquido di Zencher ed esame istologico (per valutare la componente stromale e parenchimale).