Intervento

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Attività del Ministero della Sanità
nella lotta al tabagismo
Dott.ssa Daniela Galeone
Ministero della sanità - Dipartimento della prevenzione
Ufficio VI - Dipendenze da farmaci sostanze d’abuso e alcool
XVI CONGRESSO NAZIONALE SIMG
Firenze, 2-4 dicembre 1999
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Il fumo di tabacco, definito dall' Organizzazione Mondiale della Sanità "la prima causa di morte
facilmente evitabile", rappresenta ancora, nel nostro Paese, un serio problema di sanità pubblica.
Ogni anno il tabacco è responsabile della morte di circa 3,5 milioni di persone nel mondo e questo
numero è destinato ad aumentare nei prossimi anni. In Italia il consumo di prodotti del tabacco sarebbe
responsabile di oltre 90.000 morti all’anno. I più recenti dati statistici (ISTAT - Rapporto annuale 1998)
riferiscono, nel nostro paese, una prevalenza di fumatori del 24,9% della popolazione ultraquattordicenne
(33,1% maschi e 17,3% femmine) ed un aumento dei fumatori tra i giovani in età dai 15 ai 24 anni (dal
17,4 del 1993 al 20,5 del 1997). Il mantenimento del tabagismo è, spesso, favorito da un atteggiamento
culturale di apprezzamento sociale dell’ uso del tabacco, legato anche, soprattutto fra i giovani, al
connubio pubblicitario “prodotti del tabacco-manifestazioni sportive”. Numerose ricerche hanno
dimostrato, inoltre, che la nicotina provoca dipendenza fisica e psichica sebbene l’intensità e la qualità
della perturbazione psichica e l’alterazione dei rapporti sociali conseguenti agli effetti farmacologici della
sostanza non siano paragonabili a quelli delle classiche “droghe”.
Gli interventi finalizzati alla riduzione dell’uso di prodotti del tabacco rappresentano, pertanto, uno
degli impegni maggiori da parte del Ministero della sanità. In linea con gli intenti di organismi sanitari
internazionali, come l’O.M.S., il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 ha introdotto, tra gli obiettivi
diretti a “Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute”, la lotta al tabagismo e quindi la
prevenzione dei problemi sanitari connessi all’esposizione al fumo attivo e passivo, definendo obiettivi
generali e specifici da perseguire ed indicando le azioni da realizzare attraverso provvedimenti nazionali e
interventi regionali e locali. Tra le azioni individuate è indicato il sostegno alle iniziative di
disassuefazione dal fumo, impegnando in particolare i medici di medicina generale.
Presso il Dipartimento della Prevenzione del Ministero della sanità, inoltre, è attiva una
Commissione avente il compito di fornire indicazioni tecnico- scientifiche per la elaborazione di proposte
di intervento legislativo nonché per la definizione di programmi di prevenzione primaria e secondaria del
danno fisico alla salute derivante dall’uso di prodotti di tabacco.
La Commissione, partendo dal principio che sia un diritto del cittadino il non essere costretto a
inalare il fumo altrui ha individuato una serie di azioni per la tutela della salute pubblica sia dai danni del
fumo attivo che di quello passivo: promuovere un maggiore rispetto dei divieti esistenti, proporre una
nuova regolamentazione degli ambienti in cui è vietato fumare, predisporre un programma di interventi diretti in particolare alla popolazione giovanile - al fine di ottenere la diminuzione del consumo dei
prodotti del tabacco.
Uno degli impegni che la Commissione ha assolto è stato quello di elaborare delle “Linee guida per
una corretta interpretazione ed applicazione delle leggi vigenti in materia di fumo” allo scopo di
offrire un panorama completo della specifica normativa sul divieto di fumare, fornendo chiarimenti sugli
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aspetti che più frequentemente hanno determinato difficoltà applicative (responsabili dei controlli,
sanzioni, modalità di pagamento, etc.).
La Commissione ha effettuato, inoltre, uno studio sulla applicabilità del divieto di fumare in tutti i
luoghi di lavoro, anche non aperti al pubblico, esaminando, in particolare, il D.L.vo 626/94 e successive
modificazioni e la sentenza della Corte Costituzionale n. 399 del dicembre 1996. La sentenza della Corte
afferma che “se pur non è ravvisabile nel nostro diritto positivo un divieto assoluto e generalizzato di
fumare in ogni luogo di lavoro chiuso, non si può disconoscere che nell’ordinamento già esistono
disposizioni intese a proteggere la salute dei lavoratori da tutto ciò che è atto a danneggiarla, ivi compreso
il fumo passivo”. La sentenza recita, inoltre, che “se alcune norme prescrivono legislativamente il divieto
assoluto di fumare in speciali ipotesi (e chiaramente si riferisce alla L. n. 584/75 ed alla Direttiva del
14/12/95) ciò non esclude che da altre disposizioni discenda la legittimità di analogo divieto con riguardo
a diversi luoghi e secondo particolari circostanze concrete......” “...è inesatto ritenere, comunque, che altri
rimedi voluti dal vigente sistema normativo siano inidonei alla tutela della salute dei lavoratori anche
rispetto ai rischi del fumo passivo”. La Corte Costituzionale individua, tra gli altri, nell’art. 32 della
Costituzione, nonché nell’art. 9 del D.P.R. n. 303/56, come modificato dall’art. 16 del D.L.vo n. 242/96 le
norme che apprestano una tutela per la salute dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, anche dai
rischi che possono derivare loro dal fumo passivo.
L’art. 32 della Costituzione recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività ...”
L’art. 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, come
sostituito dall’art. 33, comma 6, del decreto legislativo 626/94 e modificato dall’art. 16 del D.P.R. 242/96
stabilisce la necessità che i lavoratori dispongano di aria salubre in quantità sufficiente, “anche
ottenuta con impianti di aerazione”; tali impianti devono essere sempre mantenuti in efficienza e devono
funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d’aria fastidiose.
Alla luce delle norme citate la Commissione è giunta alle seguenti conclusioni:
1. non può considerarsi salubre un’aria inquinata da fumo di tabacco; il diritto all’ambiente salubre deve
essere garantito, pertanto, in tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati;
2. qualsiasi pericolo per la salute del lavoratore derivante dall’inquinamento dell’aria - ivi compreso
quello causato dal fumo - deve essere eliminato;
3. il diritto alla tutela della salute, costituzionalmente protetto, deve prevalere sui liberi comportamenti
che non hanno una diretta copertura costituzionale (es. il comportamento del fumare);
4. i datori di lavoro devono attivarsi per verificare se in concreto la salute dei lavoratori sia adeguatamente
tutelata ed attuare le varie misure possibili a tutela della salute (creazione di ambienti riservati ai fumatori,
orari in cui i fumatori possano recarsi in appositi luoghi in cui è consentito fumare, creare adeguati
impianti di aerazione, predisporre dei divieti).
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Questo studio è stato preliminare all’elaborazione da parte della Commissione di una bozza di
disegno di legge. L’esigenza di un disegno di legge sul divieto di fumare è nata dalla constatazione della
esistenza di una serie di normative in materia che si sono stratificate nel tempo senza un adeguato
coordinamento, portando spesso ad una difficoltà applicativa che vanifica lo sforzo dispiegato in questo
settore. Nella bozza proposta si è ritenuto opportuno, per motivi connessi con la finalità stessa della legge
che è quella di tutelare i cittadini anche dall’esposizione al fumo passivo, esordire direttamente con il
principio della proibizione del fumo. In linea generale, infatti, dovrebbe valere il concetto che non fumare
è la regola e fumare è l’eccezione, segnalata da apposite indicazioni. L’esplicita previsione del testo
predisposto dovrebbe consentire finalmente di evitare il ricorso alla sola interpretazione giurisprudenziale
del D.lg. 626/94, definendo una volta per tutte la questione dei luoghi di lavoro. La bozza disciplina,
inoltre, le aree riservate ai soggetti fumatori, per consentire l’esercizio della loro scelta in modo
compatibile con la tutela dei non fumatori. Sono, quindi, definiti i requisiti che le aree in parola devono
soddisfare, ponendo precisi limiti e vincoli a tutela dello stesso fumatore. Si rileva che nella formulazione
si è ritenuto di indicare la possibilità di istituire tali aree, in quanto la istituzione di un obbligo vero e
proprio è parsa eccessivamente pesante, soprattutto per esercizi di piccole dimensioni, come i bar, o per
quelle situazioni in cui comunque l’onere economico per gli impianti può risultare insostenibile.
Il testo
individua con precisione gli obblighi dei responsabili delle strutture.
Le attività della Commissione proseguiranno con la predisposizione di un documento “quadro” entro
cui collocare le iniziative di prevenzione, educazione alla salute, ma anche di disassuefazione dal
tabagismo, in ottemperanza a quanto previsto dal nuovo Piano Sanitario Nazionale. Tale documento
dovrebbe fornire i parametri irrinunciabili per lo svolgimento di attività nel settore, nonché indicazioni
concrete sulle modalità di realizzazione dei diversi interventi.
L’attività di prevenzione dei danni alla salute provocati dal fumo di tabacco, costantemente promossa
dal Ministero della sanità, si è svolta, nel nostro Paese, soprattutto attraverso interventi di carattere
legislativo che hanno riguardato la regolamentazione del fumo negli ambienti pubblici, la pubblicità dei
prodotti di tabacco, le avvertenze sulle confezioni dei prodotti di tabacco, il controllo del tenore di
catrame nelle sigarette, la riduzione delle disponibilità di prodotti del tabacco a basso costo, l'educazione
ed informazione sui danni prodotti dal fumo.
Regolamentazione del fumo negli ambienti pubblici
Il divieto di fumare è attualmente regolato dalla Legge 11 novembre 1975 n. 584 "Divieto di fumare
in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico". La Direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri "Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi
pubblici" del 14 dicembre 1995 (G.U. n.11 del 15-1-1996) ha esteso il divieto di fumo nei locali chiusi,
destinati al ricevimento del pubblico, presso i quali si erogano servizi pubblici.
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Divieto di vendita e somministrazione ai minori di 16 anni
Il Regio Decreto del 24.12.19934, n. 2316 (Testo unico delle leggi sulla protezione e l’assistenza
della maternità e dell’infanzia) stabilisce tale divieto all’art. 25. Lo stesso articolo vieta ai minori di 16
anni di fumare in luogo pubblico.
Pubblicità dei prodotti di tabacco
La normativa vigente in materia è costituita dalla Legge 22 febbraio 1983 n. 52, la quale stabilisce
che "la propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo, nazionale od estero, è vietata" (senza fare
distinzioni tra pubblicità diretta ed indiretta) e che "i proventi delle sanzioni amministrative...", irrogate
per infrazione alla medesima, affluiscano "ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa
del Ministero della sanità, per essere destinati all'informazione ed all'educazione sanitaria, nonché a studi
e ricerche finalizzati alla prevenzione delle patologie da fumo". Le risorse affluite al suddetto capitolo,
tuttavia, sono state talmente esigue da non permettere, negli ultimi anni, la realizzazione di specifiche
attività di ricerca e prevenzione. Con il D.M. 30 novembre 1991 n. 425, in attuazione degli articoli 13,
15, e 16 della Direttiva CEE 89/522, è stata, inoltre, “vietata la pubblicità televisiva delle sigarette e di
ogni altro prodotto del tabacco, anche se effettuata in forma indiretta...”. Un ulteriore passo avanti per
quanto riguarda la regolamentazione della pubblicità ai prodotti del tabacco è stato fatto con
l’approvazione della Direttiva 98/43/CE del 6 luglio 1998, sul ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e sponsorizzazione
a favore dei prodotti del tabacco. Tale direttiva, discussa dal 1989 a causa dell’opposizione di alcuni
paesi membri della comunità, vieta “ogni forma di pubblicità o di sponsorizzazione” (art. 3). Gli stati
membri sono tenuti a mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30
luglio 2001. E’ prevista, tuttavia, la possibilità di differire l’applicazione dell’articolo 3 in alcuni casi
particolari. Avvertenze sulle confezioni dei prodotti di tabacco
Le Direttive comunitarie 89/622 e 92/41, circa le “specifiche disposizioni tecniche per il
condizionamento e l'etichettatura dei prodotti di tabacco” sono state interamente recepite nel nostro Paese
con l'introduzione obbligatoria dell’avvertenza generale più due avvertenze specifiche, scelte a rotazione
tra quelle contenute nell'apposito elenco, il cui fine è quello di rendere consapevole il fumatore dei danni
che causa a se stesso ed a coloro che subiscono l'esposizione al fumo passivo. Tale
normativa
è
contenuta nella Legge 29 dicembre 1990, n. 428 (G.U. 12/1/91 n.10), in alcuni specifici Decreti del
Ministero delle Finanze e nella Legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 23.
Contenuto di catrame nel tabacco
Il condensato o catrame riveste un’estrema importanza in quanto alle sostanze chimiche che lo
compongono si imputano parte degli effetti cancerogeni del fumo di sigaretta. E' necessario, pertanto,
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poter controllare il contenuto di tale sostanza, la cui concentrazione varia secondo il tipo di tabacco
utilizzato. La Direttiva CEE 90/239, recepita con la Legge 19 febbraio 1992, n. 142, art. 37, stabilisce,
pertanto, i contenuti massimi di condensato per l'Italia e per gli altri Paesi. In Italia, dal 31 dicembre 1997,
non possono essere commercializzate sigarette con un contenuto di catrame superiore a 12 mg.
Disponibilità di prodotti di tabacco a buon mercato
L'imposizione della tassazione sul tabacco può essere considerata un mezzo per la riduzione del
consumo. Si è assistito, infatti, sia in Italia sia in altri paesi ad una transitoria riduzione della domanda
dopo l'aumento del prezzo delle sigarette; è opportuno, tuttavia, precisare che solo una piccola parte di exfumatori hanno dichiarato di aver smesso spinti dall'aumento del costo delle sigarette.
Nel nostro Paese (Legge 18 gennaio 1994, n. 50) al fine di contrastare la disponibilità di prodotti a
basso costo, è punita non solo la vendita, ma anche l'acquisto dei prodotti di contrabbando; le ditte
produttrici, inoltre, sono considerate responsabili della destinazione del prodotto, il quale deve essere
identificabile attraverso un sistema di riconoscimento. Ai soggetti sorpresi ad acquistare sigarette o altri
tabacchi lavorati esteri di contrabbando, infine, oltre alle sanzioni penali è irrogata anche una sanzione
amministrativa di lire centomila.
Educazione-informazione
Il DPR 309/90 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza) stabilisce (artt. 104,
105,106) che il Ministero della Pubblica Istruzione svolga attività di educazione alla salute e di
informazione sui danni derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso di sostanze stupefacenti o
psicotrope. I suddetti obiettivi sono perseguiti attraverso l'organizzazione di corsi di studio per gli
insegnanti e attraverso l'attività dei centri di informazione e consulenza (CIC), istituiti nelle scuole
secondarie superiori, in collaborazione con operatori delle unità sanitarie locali.
L'art. 107 stabilisce, inoltre, attività di formazione e informazione promosse dal Ministero della
Difesa. Attraverso tali strumenti i giovani dovrebbero essere informati anche sul problema “fumo” e sulle
sue implicazioni nei confronti della salute.
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