La gatta sul tetto che scotta

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CeDAC
Circuito Multidisciplinare della Sardegna
La Grande Prosa
stagione 2015-16
Gli Ipocriti
La gatta sul tetto che scotta
di Tennessee Williams
con Vittoria Puccini - Vinicio Marchioni
regia Arturo Cirillo
CAGLIARI – Teatro Massimo
dal 16 al 20 dicembre 2015
mercoledì 16 dicembre – ore 20.30: turno A
giovedì 17 dicembre – ore 20.30: turno B
venerdì 18 dicembre – ore 20.30: turno C
sabato 19 dicembre – ore 20.30: turno D
domenica 20 dicembre – ore 19.00: turno E
Ritratto di famiglia in un interno, tra segreti e inganni, avidità e disincanto per un classico del
Novecento: in cartellone da mercoledì 16 dicembre alle 20.30 fino a domenica 20 dicembre al
Teatro Massimo di Cagliari “La gatta sul tetto che scotta” di Tennessee Williams nell'interessante
mise en scène de Gli Ipocriti firmata da uno dei registi di punta del teatro italiano contemporaneo, il
partenopeo Arturo Cirillo.
Cast stellare per un intenso dramma americano (Premio Pulitzer nel 1955): nei ruoli dei due giovani
protagonisti, Maggie “la gatta” e Brick, un ex giocatore di football, Vittoria Puccini (attrice
conosciuta del grande e del piccolo schermo al suo debutto sulla scena) e Vinicio Marchioni (attore
di teatro e cinema, diretto da artisti come Luca Ronconi e Antonio Latella – nonché interprete de Il
Freddo in “Romanzo Criminale”), accanto a Paolo Musio (Papà), Franca Penone (Mamma),
Salvatore Caruso (reverendo Tooker e dottor Baugh), Francesco Petruzzelli (Gooper, il fratello di
Brick) e Carlotta Mangione (la cognata Mae).
La pièce, che descrive magistralmente la complessità dei rapporti tra genitori e figli, l'intricata
trama degli affetti e delle gelosie, e i fragili equilibri di una coppia fondata su un'illusione d'amore,
sarà in scena per il secondo appuntamento con la stagione de La Grande Prosa al Teatro Massimo
organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare della Sardegna.
Per OLTRE LA SCENA/ gli artisti (si) raccontano... venerdì 18 dicembre alle 17.30 tutta la
compagnia (Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni, Paolo Musio, Franca Penone, Salvatore Caruso,
Francesco Petruzzelli e Carlotta Mangione) incontrerà il pubblico al Cinema Odissea in viale
Trieste 84 a Cagliari per raccontare la trama, i temi e i personaggi de “La gatta sul tetto che
scotta” e svelare aneddoti e segreti del mestiere dell'attore. Condurrà la giornalista Francesca Figus
(L'Unione Sarda) – INGRESSO LIBERO
Per Schermi & Sipari, la rassegna promossa da CeDAC e Spazio 2001 che mette a confronto i
linguaggi della scena e la decima musa: domenica 20 dicembre alle 11 – in matinée - al Cinema
Odissea di Cagliari si proietterà il film “La gatta sul tetto che scotta” (Cat on a Hot Tin Roof) di
Richard Brooks con Elizabeth Taylor e Paul Newman, Jack Carson e Burl Ives (durata 94 minuti USA 1958) per ritrovare le atmosfere dell'epoca e perfino una certa pruderie, un riserbo
nell'affrontare un tema per quei tempi scandaloso, e proibito, come l’omosessualità.
***
“La gatta sul tetto che scotta” racconta le ansie, il difficile presente e l'incertezza del futuro di
Maggie, una giovane donna, ferita dalla freddezza del marito – e dalla finzione di un matrimonio di
facciata – e il dolore nascosto di Brick, ex campione di football, cupo e introverso, che maschera
dietro i silenzi, l'insofferenza verso le avances della moglie e le risposte rudi, le proprie ferite
sull'anima, e in particolare la tragedia della perdita di un amico, un ex compagno di squadra, che si
è tolto la vita.
Un groviglio di passioni – e contraddizioni – racchiuse tra le mura domestiche: dal complicato
rapporto di Brick con il padre, fatto di reciproco rispetto, ma anche di rabbia da parte del figlio, di
sottintesi, con una profonda incomunicabilità ben oltre i limiti di un conflitto generazionale,
all'affetto silenzioso della madre, che ha cresciuto i figli e curato il marito, dispensando
comprensione, e cercando di rimettere pace, facendosi carico di malumori e disagi.
L'avidità e l'invidia – incarnate dal fratello di Brick, Gooper e Mae, sua moglie - avvelenano
ulteriormente l'atmosfera familiare, tra esagerate e interessate manifestazioni d'affetto, e la
malcelata aspirazione ad ereditare il patrimonio del vecchio, per cui non esitano ad approfittare
della situazione per mettere in cattiva luce i presunti “rivali” - Brick e consorte – e far valere meglio
i propri diritti.
Maggie dal canto suo – ragazza di umili origini cui il matrimonio ha comunque conferito uno status
superiore - è ben decisa a difendere la sua posizione e soprattutto a riconquistare l'affetto del marito,
ma non soltanto per squallide ragioni di carattere materiale o per soddisfare la propria ambizione,
ma perché sinceramente innamorata di Brick.
Il dramma tutto interiore di Brick, e le incertezze di Maggie - la “gatta” imprigionata sul un tetto
rovente, determinata però a non cadere – appaiono in tutt'altra luce quando si apprende la verità
sulle condizioni di salute del padre: la malattia e l'imminenza della fine, mutano la prospettiva, e
quasi impercettibilmente gli equilibri e gli atteggiamenti dei protagonisti. La consapevolezza di una
condanna irrevocabile fa sbiadire gli antichi rancori, non lascia spazio per fantasie malinconiche e
discorsi sospesi, costringe quasi i personaggi ad affrontare i nodi irrisolti, e cercare una forma di
riconciliazione e consolazione reciproca.
La vita – in tutta la sua crudeltà e durezza – mette in fuga le ombre, e concede generosamente alla
famiglia di ricomporsi e stringersi intorno al patriarca, senza lasciare troppo spazio alla voragine dei
rimorsi e dei rimpianti: forse è solo l'illusione di un istante, ma la tragedia annunciata ha comunque
il merito di mostrare la vera essenza di ciascuno, la tempra e gli ideali, smascherando ipocrisie e
ripristinando una scala dei valori.
L'arte di Tennessee Williams – al secolo Thomas Lanier Williams – tra i più brillanti e celebrati
drammaturghi americani – mette a nudo l'anima dei protagonisti, attraverso parole e gesti
apparentemente insignificanti, minimalisti e quotidiani, quasi casuali, ma significativi che
compongono come le tessere di un mosaico un ritratto efficace dei singoli personaggi e mostrano il
volto mutevole, sfaccettato e contraddittorio della verità. In questo vivido ed intrigante affresco di
varia umanità, con tutti i suoi vizi e le rare, e preziose, virtù, sul filo di una sottile tensione, una
suspense legata ai segreti inconfessabili (perfino a se stessi) e al presentimento di una catastrofe,
affiorano le ragioni diverse, perfino opposte, di ognuno, le percezioni e interpretazioni della realtà,
l'impossibilità di distinguere il confine tra vita e sogno, inconsapevole (auto)inganno e realtà.
Per un attimo – come in una fotografia – il mondo frantumato delle donne e degli uomini coinvolti
nella vicenda si ricompone secondo un ordine logico e condivisibile: il padre riprende il suo posto
di pilastro della famiglia, marito affettuoso e punto di riferimento per i figli, dispensatore di
consigli, in grado di intuire anche ciò che viene taciuto, e perdonare e Brick è di nuovo il bravo e
onesto ragazzo, un po' smarrito, disposto a lasciarsi amare e consolare da Maggie, mentre l'avidità
di fratello e cognata viene punita.
S'intuisce che la quiete dopo la tempesta, segnale di un nuovo inizio, potrebbe rivelarsi una calma
passeggera: ma è quella la visione che illumina la pièce, l'immagine della famiglia felice – non
perché non vi siano differenze di vedute o contrasti, ma perché in seno a quella cellula sociale
basilare è ancora possibile fondare i legami sull'amore invece che sull'odio, (ri)creare un'armonia.
Il segreto di Brick diventa fondamentale – al di là della sua stessa natura – per capire come siano
proprie quelle verità nascoste che pesano come macigni e gettano un'ombra sul presente: il tema
dell'omosessualità e dell'outing mancato sessant'anni dopo suonano stranamente – e perfino
dolorosamente - attuali in una società che dietro una dichiarata libertà individuale e un
cambiamento di costumi tende a reprimere, giudicare, emarginare e condannare ogni forma di
diversità. Se la morale corrente sembra essersi “adeguata” alla realtà, episodi di bullismo e violenza
dimostrano come in fondo, duemila e cinquecento anni di civiltà non impediscono il ritorno alla
barbarie e all'oscurantismo, nella ricerca di un “capro espiatorio” da offrire in sacrificio per le colpe,
le mancanze, e le omissioni della comunità.
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