1 PROFILI SOSTANZIALI E PROCESSUALI RELATIVI ALL’ADOZIONE AFFIDAMENTO E ADOTTABILITA’ Premessa. La necessità di un ambiente familiare per crescere. Il soggetto in età evolutiva ha assoluto bisogno, per un corretto sviluppo della sua personalità individuale e sociale, di un ambiente e di una situazione familiare idonei, come dimostrano i numerosi globale studi della sugli effetti personalità. dell’isolamento Sulla base di nello tali sviluppo ricerche, si è giunti alla conclusione che i grandi istituti assistenziali – pur se privi materiali di o connotazioni episodi di negative gravi, maltrattamento – non legate a carenze consentivano uno sviluppo armonico della personalità, che necessita di relazioni affettive e punti di riferimento stabili1. Pur sancendo a chiare lettere la centralità dell’istituto familiare nel panorama sociale del nostro Paese, è la stessa Carta Costituzionale a prevedere la necessità di predisporre strumenti adeguati, nell’ipotesi in cui sia constatata l’incapacità dei genitori a svolgere adeguatamente i loro compiti (art. 30 Cost.). Il minore ha diritto a crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia (art. 1 comma 1 l. adoz.), ma quando essa non è in grado di provvedervi, soccorrono vari istituti giuridici (comma 4°). Di essi si darà contezza nelle pagine che seguono. 1 – L’affidamento familiare. L’istituto dell’affidamento familiare, come alternativa rispetto al ricovero in un istituto di assistenza, soddisfa l’esigenza di allontanare un minore dall’ambiente di origine, quando questo non sia idoneo alla sua educazione (art. 2 legge 184/1983, come modificata dalla legge n. 149/2001). Esso può soddisfare ovviare sia a momentanee difficoltà del nucleo familiare, sia a carenze più profonde e durature, che potrebbero condurre ad un sostanziale abbandono del minore. A seconda della natura di tali difficoltà, si configurano diversi tipi di affidamento. 1 Cfr. AC MORO, Manuale di diritto minorile, Bologna, 2002. 2 Nella logica dell’affidamento istituto, il bambino si trova perciò ad avere due famiglie o comunque due nuclei affettivi di riferimento: quello in cui è nato e quello in cui è cresciuto per un certo periodo della sua vita. L’affido raggiunge il suo scopo quando gli affidatari consentano al minore di avere rapporti con la sua famiglia di origine, in funzione di supporto rispetto alla stessa, essendo essi destinatari dei doveri, ma non già dei poteri del genitore. E’ peraltro previsto in capo all’affidatario l’obbligo di agevolare i rapporti tra i genitori ed il minore e di favorire il reinserimento di quest’ultimo nella famiglia di origine. Presupposto necessario per l’istituto dell’affido è che la difficoltà in cui viene a trovarsi la famiglia di origine, seppure non sia a carattere momentaneo, non debba comunque sconfinare nello stato di abbandono materiale e morale, che potrà dar vita alla procedura di adottabilità (art. 8). La situazione che giustifica l'affidamento etero-familiare, a norma degli art. 2 ss. l. 4 maggio 1983 n. 184, come sostituiti dai corrispondenti articoli della quella che conduce differenziano, familiare alla dunque, idoneo" è in l. 28 marzo 2001 n. 149, pronuncia quanto la considerata di adottabilità mancanza nel primo di caso "un e si ambiente temporanea e superabile con il detto affidamento, mentre nel secondo caso si ritiene che essa sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se non per il tramite della dichiarazione di adottabilità, attraverso la definitiva rescissione del legame con il nucleo familiare originario, che si realizza con la dichiarazione dello stato di adottabilità. La determinazione situazioni potrà della linea diventare di assai demarcazione problematica tra nei le due casi di affidamento giudiziale, di competenza del TM, laddove la durata dell’affido può anche protrarsi per anni. La condizione del minore che si trovi in una situazione di affidamento sine die, che non sfoci in un’adozione e neppure in un rientro in famiglia, crea una situazione di incertezza nella definizione della sua identità personale, sicché questa tipologia di minore viene definita come “bambino nel limbo”, sospeso tra instabili appartenenze, lasciate nella confusione e ambiguità. 3 Invece, nei casi di competenza del giudice tutelare, presupposto fondamentale ed imprescindibile è costituito dalla provvisorietà dell’affido. Nel provvedimento va indicato il tempo dell’affido che non può superare i 24 mesi, prorogabili dal TM. Non è determinato il tempo massimo. Tuttavia prevalsa un’interpretazione giurisprudenziale per cui esso può al massimo durare per tre anni, sulla base del vecchio istituto dell’affiliazione (abrogato dall’art. 77 della legge dell’84), che serviva a stabilizzare gli affidi di oltre 3 anni (art. 404 c.c.) e che deduceva dall’abrogazione dell’istituto dell’affiliazione lo sfavore del legislatore per gli affidi ultratriennali2. - 2 – La disciplina dell’affidamento del minore. La disciplina dell’affidamento del minore è posta in apertura della legge n. 184, con la quale il legislatore ha armonizzato una regolamentazione dispersa tra leggi speciali. L’affidamento, inteso come temporaneo inserimento del minore in una famiglia diversa da quella di origine, rientra dunque nel complesso di azioni di sostegno alla stessa. Si distingue tra affidamenti privati, giurisdizionali ed amministrativi. - Quanto ai primi, essi venivano ipotizzati sulla base dell’art. 318 c.c., come esistenza di un potere del genitore di affidare il figlio a terzi, pur se la legge n. 184 prevede che non possa configurarsi per più di sei mesi, termine oltre il quale il genitore è tenuto a dare notizia all’autorità giudiziaria; - Quanto agli affidamenti amministrativi, l’abrogato art. 404 c.c. attribuiva all’istituto di pubblica assistenza affidare il minore ad una persona di fiducia. il potere di E’ sopravvissuto l’art. 403 c.c., che prevede il collocamento di urgenza del minore materialmente o moralmente abbandonato, allevato in locali insalubri o pericolosi, o da persone incapaci di provvedere alla sua cura, da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, in un Cfr. RUGGIANO, L’affidamento consensuale e l’inserimento del minore negli istituti, in Il processo civile minorile, Quaderni del CSM, 611 ss. 2 4 luogo sicuro. dovrà essere Dopo il collocamento provvisorio in luogo sicuro, dato tempestivo avviso al TM, che deve disporre l’affidamento ex legge n. 184 L’art. 2 l. n. 184/83 prevede che l’affidamento del minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo ad un’altra famiglia possa essere disposto dal servizio sociale, previo consenso dei genitori o del tutore, e in tal caso il provvedimento è reso esecutivo dal giudice tutelare; ove manchi l’assenso di tali soggetti, provvede il tribunale per i minorenni. L’affidamento amministrativo può dunque essere disposto dal solo servizio sociale, e non più dagli istituti. - Quanto all’affidamento giurisdizionale, ai sensi dell’art. 330 c.c. il tribunale per i minorenni, dichiarando la decadenza dalla potestà, ovvero provvedimenti ai sensi più dell’art. opportuni 333 in c.c. caso adottando di i comportamenti pregiudizievoli dei genitori, può prescrivere l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare e disporre l’affidamento del minore a terzi, e può in casi di urgenza anche provvedere in via provvisoria, prima della conclusione del procedimento. Peraltro, nel corso abbandono, degli il accertamenti tribunale disposti per i nel minori procedimento può emettere di ogni provvedimento nei confronti del minore, compresa la sospensione dalla potestà e la nomina di un tutore (art. 10 l. 184). E’ prassi frequente del Tm disporre l’affidamento provvisorio del minore ad una coppia idonea per l’adozione, sì che l’affidamento possa trasformarsi in affidamento preadottivo. Altre tipologie di affidamento giudiziario attengono a quello disposto dal giudice tutelare, quando delibera sul luogo dove il minore debba essere allevato e scelga anche le persone dalle quali deve essere allevato; il giudice della separazione o del divorzio può altresì affidare la prole a terzi (art. 2 l. 184, analogicamente applicabile anche alla separazione). Nell’ambito della sua competenza amministrativa, l’art. 25 Rdl n. 1404/1934 modificato dalla l. 888/56 prevedeva che il TM affidasse il minore irregolare per condotta al preesistente servizio sociale minorile, disponendone l’allontanamento dalla casa familiare. In tal caso indicherà il luogo dove intende vivere e la persona o l’ente che si prenderà cura di lui. Ancor più pregnante, a 5 fondamento dell’affidamento del minore al Servizio sociale, è il disposto dell’art. 26 comma 3°, a norma del quale “la misura dell’art. 25 n. 1 può altresì essere disposta quando il minore si trovi nella condizione prevista dall’art. 333 c.c.”. - 3 – I soggetti ed il contenuto dell’affidamento. I poteri del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni. - L’affidamento persone singole familiare, o inteso comunità di come tipo affidamento familiare, è a famiglie, disposto dal servizio locale, dal genitore esercente la potestà o dal tutore. L’espressione ‘servizio locale’ è generica ed è per la prima volta contenuta stabilisce che in il un testo Comune è normativo. l’ente Il d.p.r. erogatore n. delle 616/1977 prestazioni assistenziali, pur se alcune funzioni sono state mantenute dalle province o delegate alle asl. Il provvedimento di affidamento deve promanare dall’organo che ha la rappresentanza esterna dell’ente. - Il soggetto affidatario può essere una famiglia (anche di fatto), una persona singola o una comunità di tipo familiare; perché il genitori servizio provveda (successivamente differenza appare la priva è necessario norma di il parla di “consenso” assenso, significato). Deve ma dei la essere obbligatoriamente sentito il minore che abbia compiuto gli anni 12, ma può essere sentito, ove sia opportuno, anche un minore di età inferiore. - Quanto al contenuto dell’affidamento, l’art. 5 co. 3 indicazioni rispetto a disposto dal servizio disposto dal TM, si quello consensuale sociale, perché, richiamano gli dell’affidamento quanto artt. fornisce all’affidamento 330 ss. C.c. Il provvedimento deve essere motivato ed è necessaria un’indicazione formale delle ragioni di inidoneità della famiglia. Devono essere indicati i tempi e le modalità dell’esercizio dei poteri attribuiti all’affidatario. - E’ previsto che il giudice tutelare renda esecutivo il provvedimento del servizio sociale. Ciò dovrebbe significare che il controllo del giudice tutelare sia condizione di efficacia del provvedimento, pur se nella prassi esso viene eseguito prima che intervenga tale provvedimento. Esso ha comunque una funzione di 6 controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge, oltre che di verifica che non sussista una situazione di abbandono ovvero una difficoltà non transitoria. - Ove non vi sia il consenso dei genitori all’affidamento, provvede il Trib. Min., essendo in tal caso indispensabile la garanzia di un provvedimento giudiziario, che tenga luogo del consenso mancante. La norma dice genericamente che il tribunale provvede ai sensi degli artt. 330 ss. C.c. Non si modificano comunque i presupposti dell’affidamento, che deve sopperire ad una temporanea privazione di un ambiente familiare idoneo. Qualora il tm si convinca temporanea, l’apertura adottare che che di i vi sia tuttavia non una procedura provvedimenti un’inidoneità sia di ancora dei tale abbandono, convenienti il ex genitori da non giustificare trib. art. Min. 333 può c.c. (allontanamento dalla casa familiare e affidamento a terzi). - 4 - Profili sostanziali - la nozione di abbandono a) ricostruzione storica dell’abbandono. Il concetto di abbandono del minore, presupposto della dichiarazione di adottabilità, è un’acquisizione tutt’altro che recente nell’elaborazione legislative del nostro giuridica paese; di e minori nelle formulazioni abbandonati, infatti, parla già la legge 17 luglio 1890, n. 6972 sull'assistenza ai poveri, oltre all'assistenza che varie minorile3: altre ai leggi minori più particolarmente moralmente o volte materialmente abbandonati, inoltre, si richiama l'art. 403 c.c., prevedendo il loro collocamento in luogo sicuro, a cura della pubblica autorità. Tuttavia, l’interesse delle istituzioni ai minori in condizioni di abbandono non era – inizialmente – finalizzato alla Per un approfondimento storico, si vedano la legge 18 luglio 1904, n. 390 nella sua interezza, e gli artt. 55 e 56 r.d. 1 gennaio 1905, n. 12, che distinguono per la prima volta minori materialmente e moralmente abbandonati; l'espressione viene riportata nella legge 10 dicembre 1925, n. 2277 sulla protezione e assistenza della materialità e infanzia, nonché, nel testo unico in materia, r.d. 24 dicembre 1934, n. 2316; infine, r.d.l. 8 maggio 1927, n. 798, che disciplina le funzioni della provincia nell'assistenza ai minori, si riferisce ai «fanciulli illegittimi abbandonati o esposti all'abbandono». 3 7 (ri)costruzione di un valido legame familiare alternativo a quello, inesistente o gravemente carente, del nucleo di origine, ma all’attuazione di tutta una congerie di interventi, aventi natura esclusivamente o prevalentemente amministrativa. Si trattava, adozione, fornire dunque, essendo una di un concetto quest’ultima discendenza alle disgiunto da originariamente coppie (abbienti) quello di finalizzata che ne a fossero prive e non ad offrire una famiglia a bambini abbandonati. E’ stato affermato4 giustamente decennio fa allontanare un che non bambino più tardi equivaleva di a qualche disporne l’istituzionalizzazione, sicché la popolazione delle strutture di accoglienza era tanto numerosa quanto composita nella tipologia dei problemi presentati. Circa il merito delle ragioni che portavano alla scelta della soluzione istituzionale, va ricordato che esistevano fatti di costume che sembravano renderla obbligata e che, in quella fase storica, essa era avallata da convinzioni diffuse ed accreditate presso molta parte di operatori sociali e sanitari. Ad esempio, erano numerosi i figli di madri nubili, abbandonati od esposti, che (in alternativa al cosiddetto “baliatico”, che svolse una funzione socialmente preziosa) venivano accolti presso strutture in grado di ospitarli fino al sesto anno di età. Raggiunto tale limite, se non era ancora possibile che le madri se ne facessero carico, i minori, ormai portatori di sindromi carenziali di vario genere, venivano trasferiti negli istituti medico – psico – pedagogici (IMPP), la situazione interna dei quali non differiva sostanzialmente da quella delle “istituzioni totali per adulti”, delle quali rappresentava spesso l'anticamera: infatti, allo scadere del diciottesimo anno di età, per molti di questi ragazzi - per lo più psichicamente deteriorati e divenuti socialmente inabili anche a causa della vita da internati condotta negli anni cruciali del loro sviluppo - la “carriera” istituzionale doveva obbligatoriamente proseguire e concludersi all'interno dell'ospedale psichiatrico. E’ con la legge 5.6.1967 n. 431, istitutiva dell’adozione allora definita “speciale” – ma che ora a Cfr. S. CIRILLO e M.V. CIPOLLONI: bambini?" (1994). 4 tutti gli effetti è da “L'assistente sociale ruba i 8 considerarsi ordinaria – che lo stato di abbandono diventa il presupposto per un intervento che potremmo definire ricostruttivo del legame familiare, sulla base dell’affermazione, resa esplicita dalla legge n. 184/1983, del diritto del minore di vivere all’interno della famiglia, possibilmente la propria, ma – quale extrema ratio – anche in un’altra. Ecco, dunque, che la definizione sostanziale dell’abbandono assume un’importanza di primissimo piano nell’ambito dell’intera materia civilistica minorile, atteso che la rescissione del legame con la famiglia naturale d’origine, che ne costituisce la conseguenza, è il più drastico (e doloroso) degli interventi che il giudice possa operare, unitamente al successivo atto di costruzione “artificiale” di un nuovo legame. Sebbene i lavori parlamentari della legge del 1967 avessero suggerito l’indicazione di un “catalogo” di fatti e circostanze costituenti abbandono, la scelta del legislatore fu di segno esattamente opposto, sostanziandosi nella “mera” enunciazione di un concetto – contenitore, da doversi “riempire” a cura dell’interprete di contenuti concreti. Lo stato di abbandono nella legislazione vigente. Non vi è dubbio che il problema non si pone solo in caso di totale mancanza della famiglia d’origine, come accade allorché il minore non sia stato riconosciuto da alcuno dei genitori, ovvero sia stato materialmente abbandonato, cioè privato dell’essenziale per vivere; ma anche quando egli sia stato fatto oggetto di condotte commissive dignità costituenti della persona reato (si contro pensi a la vita, minori la libertà oggetto di o abusi la o sfruttamento sessuali, sevizie, maltrattamenti reiterati, etc.). Peraltro, il concetto dall’art. 403 c.c., amministrativa) appartenenza, ad in di che abbandono faculta allontanare particolari materiale l’autorità il casi minore di può desumersi pubblica (autorità dal suo degrado, contesto che la di norma specificamente integra. Ove tali condizioni permangano inalterate nel tempo, abbandono. sarà evidente la sussistenza di una condizione di 9 In questi casi, la condizione di abbandono e – dunque – di adottabilità sarà riconoscibile in re ipsa. Si tratta, tuttavia, di situazioni – limite, numericamente piuttosto scarse, che – per usare un’espressione resa celebre da una nota quanto risalente sentenza – fanno dei figli veri e propri orfani di genitori viventi5. Oggi nessuno ritiene che i presupposti dell’abbandono siano legati in maniera rigida a così gravi circostanze, essendosi in via generale affermato un ampliamento del diritti del minore (si pensi al più volte indicato diritto all’affettività) dell’abbandono, omissive, che, di comprendendo direttamente conseguenza, in esso incidenti una dilata i confini serie di condotte sull’equilibrato e sereno sviluppo psico-fisico del fanciullo. Il bambino obiettiva è e materiali, dunque non un stato transitoria calore consentirgli in affettivo normale di abbandono carenza ed aiuto sviluppo di quando quel minimo psicologico psico – vi fisico. sia di una cure necessario a L’assistenza morale e materiale è infatti un insieme di prestazioni che siano dovute dai attenzioni genitori e affettive, che si sostanziano in quell’aiuto in allo quelle cure sviluppo ed della personalità ed al regolare processo di socializzazione, in quelle relazioni interpersonali profonde e ricche di spiritualità, di cui il minore ha bisogno per un’ottimale maturazione sul piano fisico e psichico. L’ordinamento l’abbandono esige, non sia perché sia dichiarata conseguenza di una l’adottabilità, situazione di che forza maggiore a carattere transitorio (art. 8 co. 3). Le difficoltà transitorie dei genitori devono infatti comportare, non già un intervento ablativo, ma piuttosto un’attività di sostegno del nucleo familiare, salvo che i soggetti tenuti all’educazione ed all’assistenza dei minori non rifiutino il sostegno. Il concetto di forza maggiore in materia di adozione non può essere assimilato a quello ipotizzato dall’art. 1218 c.c, ovvero alla situazione del creditore che ha diritto di ottenere l’adempimento dell’obbligazione, e neppure al concetto penalistico di evento derivante dalla natura e dal fatto dell’uomo che non possa essere preveduto, o che comunque non possa essere evitato. 5 Così Trib. Min. Venezia 5 luglio 1971. 10 Esso è piuttosto afferente a quelle situazioni temporanee ed inevitabili che impediscano alla volontà del genitore di adempiere al proprio compito di assistenza materiale e morale del minore. L’elaborazione dottrinale, giurisprudenza) concorde nell’affermare (come del l’irrilevanza resto di la qualsivoglia profilo di “colpevolezza” in capo ai genitori rispetto allo stato di abbandono del figlio sanzionatoria del provvedimento adottabilità) concetto ha di tentato mantenere di abbandono dall’individuazione ed di conseguenza, dichiarativo attribuire prendendo dei educare (e, doveri la più le natura dello nitide mosse, parentali prole), la stato di fattezze a al contrariis, codificati successivamente non (allevare, affermando il diritto ad un livello minimo di “prestazioni genitoriali”, al di sotto del quale non vi sarebbe una mera inadeguatezza al ruolo parentale, ma un autentico abbandono. Si tratta, comunque, di un criterio non appagante, poiché sembra richiamare una nozione di diritti del minore di tipo “quantitativo”, di difficile, se non impossibile stima. Le ultime elaborazioni, giurisprudenza, che valorizzano hanno quella trovato che ampio potremmo riscontro definire in una valutazione degli effetti, ritenendo sussistente la condizione di abbandono allorché il contegno dei genitori, lungi dal risolversi in una mera insufficienza dell'apporto indispensabile per lo sviluppo e la formazione della personalità del minore, comprometta o determini grave pericolo di compromissione per la salute e le possibilità di armonico sviluppo fisico e psichico del minore stesso. Di fronte ad un siffatto nocumento o al rischio di esso, successivi atteggiamenti o progetti genitoriali per un miglioramento della situazione in tanto rilevano in quanto, oltre che seri, siano oggettivamente idonei al recupero della situazione medesima6. Nell’ottica di una valutazione del pregiudizio subito dal minore, la Cassazione stabilisce che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione l’individuazione, di adottabilità all'esito di un di un minore rigoroso presuppone accertamento, di carenze materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare di per sé una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche 6 Cass. civ., sez. I, n. 21100 del 28 ottobre 2005. 11 conto dell'esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice inadeguatezza dell'assistenza o degli atteggiamenti psicologici e/o educativi dei genitori. A volte si è ritenuta sufficiente ai fini della dichiarazione di abbandono materiale, del minore laddove anche non la vengano sola carenza soddisfatte le di assistenza più elementari necessità di vita del minore, tenuto conto del disposto dell’art. 1 cpv l. adoz. per cui le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere d’ostacolo all’esercizio del diritto dl minore alla propria famiglia. In tal caso, la giurisprudenza di legittimità, ai fini della dichiarazione dello stato di abbandono, richiede una valutazione alquanto rigorosa, da cui risulti che dall’inidoneità dei genitori possano derivare danni gravi ed irreversibili all’equilibrata crescita dell’interessato7. Casistica. Sulla base di tale principio, è possibile individuare alcuni casi particolari, portati all’attenzione della Suprema Corte, che riflettono ipotesi piuttosto diffuse nella prassi. Iniziamo la nostra disamina dalla malattia mentale del genitore. Il “diritto alla genitorialità” anche per i pazienti psichiatrici è stato un tema assai dibattuto a partire quanto meno dagli anni settanta, allorché esso si impose quale elemento essenziale delle nuove concezioni non custodialistiche dell’intervento sulla patologia mentale, oltre che come comprensibile reazione ad una tendenza, precedentemente alterazioni anche minime “normalità” portavano ad piuttosto rispetto diffusa, ad allontanare una dai per spesso genitori la quale ipotetica (ed in Cfr. Cass. Sez. I, 28 giugno 2006 n. 15011, in cui la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato lo stato di abbandono in un caso nel quale era stato accertato, all'esito di una rigorosa analisi istruttoria, che i genitori, dai quali erano già stati allontanati i primi quattro figli, vivevano in una situazione di assoluto degrado e si erano dimostrati assolutamente carenti sul piano psicologico e pedagogico, e quindi incapaci, pur con il sostegno dei servizi, di offrire quel minimo di cure e di attenzioni indispensabile per non compromettere in modo grave e permanente lo sviluppo psicofisico del minore. 7 12 particolare dalle madri nubili) minori in tenera età. Ne è nato un opposto atteggiamento che potremmo definire della "famiglia a ogni costo", evidenziatosi in taluni casi di figli di pazienti psichiatrici, nei cui confronti i servizi di salute mentale hanno ormai abbandonato la speranza di una guarigione, orientandosi verso un affiancamento a lungo termine che ne contenga le fasi di recrudescenza. Per gli operatori di tali servizi, almeno fino a poco tempo fa, il problema dell'adeguatezza o meno del loro paziente ai compiti parentali non si poneva in maniera perentoria, ed anzi si faceva strada quello che è stato acutamente definito il concetto di “figlio terapeutico”, vale a dire il legame affettivo idoneo a contenere le pulsioni maggiormente ingovernabili dell’assistito. Assai raramente si riteneva necessario segnalare ai servizi per i minori la presenza di comportamenti dannosi per i bambini, i quali rischiavano viceversa di essere utilizzati dagli operatori della salute mentale come elementi di stabilizzazione dello stato di compenso, più o meno precario, raggiunto dai loro pazienti. Così avveniva frequentemente, e talora avviene ancora, che alcuni entrambi i bambini venivano genitori affetti mantenuti da seria in famiglie patologia con uno psichica o senza chiedersi fino a che punto questo potesse nuocere8. Da ultimo, è stata esclusa dal giudice di legittimità la dichiarazione dello stato di abbandono per la sola presenza di offerte di migliori tenori di vita da parte di terze famiglie disposte all’adozione, sottolineando come l’istituto dell’adozione non costituisca rimedio per procurare condizioni di vita migliori di quelle che la famiglia di origine offre9. La giurisprudenza ha a tale proposito affermato che, ai fini della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere permanente, essendo in ogni caso necessario accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e 8 Cfr. S. CIRILLO e M.V. CIPOLLONI, op. cit. Cfr. Cass. 2 aprile 1998 n. 3405 per cui il fine dell’adozione non è quello di fornire al minore condizioni migliori, ma di porre rimedio ad una situazione di abbandono, con conseguente impossibilità di operare un raffronto tra il progetto di vita offerto dalla famiglia di origine e quello offerto dalla famiglia affidataria. 9 13 delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabili per un'equilibrata e sana crescita psico-fisica. In particolare, perché si realizzi lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità di un minore, devono risultare, all'esito di un rigoroso accertamento, carenze materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare, di per sé, una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche conto dell'esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice inadeguatezza dell'assistenza o degli atteggiamenti psicologici e/o educativi dei genitori, con la conseguenza che, ai fini della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere permanente, essendo in ogni caso necessario accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabili per un'equilibrata e sana crescita psico-fisica 10. Il tema del genitore tossicodipendente presenta varie analogie con quello del genitore paziente psichiatrico, poiché anche in questo caso ci si trova in presenza di gravi problematiche personali del padre o della madre, rispetto alle quali occorre sia verificare con accortezza l’incidenza delle stesse sull’equilibrato sviluppo psico – fisico del minore, sia elaborare una fondata prognosi circa eventuali propositi di recupero che dovessero essere Cass. civ., sez. I, n. 8527 del 12 aprile 2006; nell'enunciare tale principio, la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale, nel dichiarare lo stato di abbandono, aveva accertato, per un verso, che il disagio ambientale subito dal minore gli aveva procurato danni verosimilmente irreversibili, tanto che egli, presentando tutte le caratteristiche del bambino istituzionalizzato, si dimostrava incapace di instaurare rapporti significativi con l'adulto, non avendo mai avuto un rapporto con la madre; per l'altro verso, che anche la prognosi per il futuro era negativa, perché entrambi i genitori presentavano patologie che richiedevano terapie di lunga durata e di esito incerto. Tale sentenza si pone sulla scia di quanto già statuito da Cass. 9 gennaio 1998 n. 120, a mente della quale, al fine di dichiarare lo stato di adottabilità, non sono sufficienti carenze mentali anche permanenti del genitore, ma occorre dimostrare accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore sia idoneo a conservare la consapevolezza del proprio compito ed offrire al minore le necessarie cure materiali e sostegno affettivo e psicologico. 10 14 esternati dagli interessati. Il tutto con un ancor più accentuato rischio di strumentalizzazioni, che soggetti coinvolti accade per i tentino di sfruttare magari, di cominciare anche consumatori ben sussistendo la possibilità in vicende abituali di l’asserita ad penali sostanze necessità occuparsi) – di un come spesso stupefacenti di occuparsi figlio per – (o, lucrare benefici penitenziari. E’ evidente che, uno stato di tossicodipendenza grave, rispetto alla quale non vi sia alcun proposito di recupero, costituisca motivo sufficiente a giustificare la declaratoria di adottabilità del minore, ove nell’ambito familiare non vengano reperite risorse personali ed affettive alternative. E’ altrettanto chiaro, tenendo anche presenti i criteri “prudenziali” evincibili dalla legislazione in materia di stupefacenti, che qualsiasi progetto di recupero (atto a dell’interessato) scongiurare debba essere la “perdita” adeguatamente del figlio documentato e già avviato a concreta realizzazione. A tali condizioni, sintomatici di possono una essere oramai valorizzate, raggiunta capacità quali elementi parentale del genitore, la forte spinta motivazionale data dal suo desiderio di poter riavere dimostrata il figlio con sé, nonché la stessa ansia da lui per la situazione di precarietà dello stesso, unitamente ad elementi concreti (quali lo svolgimento di attività di volontariato, la volontà manifestata di costruire un valido rapporto con il figlio ed il raggiungimento di un’indipendenza economica), attestanti il recupero di un’affettività e di una progettualità concrete. La giurisprudenza in materia ribadisce che, in tema di adozione di minore è esplicitamente prevista e tutelata, ex l. n. 149 del 2001, che l'esigenza del minore di crescere in seno alla propria famiglia di origine può essere sacrificata solo in presenza di obbiettive, concrete situazioni di gravità tali da pregiudicarne seriamente pertanto stato di e la definitivamente situazione adottabilità di — l'armonico abbandono deve — essere sviluppo quale psicofisico; presupposto valutata con dello particolare rigore, in base a riscontri certi, concreti ed obbiettivi e non meramente presuntivi e prognostici, potendosi essa individuare solo in caso di carenza di cure materiali, morali ed affettive 15 tale da pregiudicare in modo grave e definitivo un equilibrato sviluppo psicofisico del minore. Al fine di escludere i presupposti dello stato di abbandono, si ritiene di valorizzare la sussistenza di elementi sintomatici di un’ormai raggiunta capacità genitoriale, quali la risoluzione del genitore che si sottoponga ad un programma di recupero per tossicodipendenti, della forte spinta motivazionale a riavere la figlia. 11 in ragione . Ulteriore situazione che può integrare i presupposti dello stato di abbandono è costituita dallo stato di detenzione del genitore. E’ noto che lo stato di detenzione del genitore non può considerarsi causa di forza maggiore di natura transitoria, per Cass. civ., sez. I, n. 8877 del 14 aprile 2006 S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva ritenuto non ricorresse lo stato di abbandono in presenza di una figura paterna per la quale al degrado legato alla tossicodipendenza era seguito un adeguato, fecondo percorso riabilitativo, con il conseguente recupero della dignità umana e sociale e della responsabilità genitoriale; nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito di collocare temporaneamente la figlia minore del soggetto, già affidata ad una coppia di coniugi, alla comunità di recupero presso la quale era ospitato il padre, in quanto accompagnata dalla previsione della elaborazione, da parte degli operatori della comunità, di un progetto inteso alla sviluppo della sua relazione con il padre, e, quindi, propedeutico al suo definitivo affidamento al genitore. Tale sentenza segue il percorso già tracciato da Cass. 14 maggio 2005 n. 10126, che ribadisce la necessità di particolare rigore da parte del giudice di merito nella valutazione della situazione di abbandono del minore quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adattabilità, atteso il diritto del minore di crescere e di essere educato nella propria famiglia di origine, che deve essere reso effettivo attraverso la predisposizione di interventi di sostegno in caso di difficoltà della famiglia di origine. In precedenza, Cass. Civ. sez. I 7 novembre 1998 n. 11241 stabilisce peraltro che integra gli estremi della situazione di abbandono del minore non soltanto la precisa ed esplicita manifestazione di volontà di abbandonare il figlio da parte dei genitori, ma anche la persistente adozione, da parte dei medesimi, di atteggiamenti improntati a condotte di vita disordinate e connotate da gravi anomalie caratteriali e/o comportamentali, tali da poter conseguentemente compromettere in modo grave ed irreversibile la crescita psicofisica del minore. (Principio affermato dalla S.C. in relazione ad una vicenda in cui entrambi i genitori, tossicodipendenti, avevano chiesto il ricovero in comunità onde poter conservare l'affidamento della figlia minore, da esercitarsi nell'ambito della medesima comunità). In giurisprudenza di merito si segnala Trib. Min. Perugia 22.7.1997, che ha stabilito quale presupposto per l’adozione speciale da parte della zia della minore ex art. 44 l. c il caso di stato di tossicodipendenza cronica di entrambi genitori. 11 16 quanto sia fisiologicamente destinato a terminare, in quanto non costituisce una situazione fortuita, non imputabile al soggetto12. Si segnala tuttavia in giurisprudenza un orientamento che valuta in modo rigoroso la sussistenza del presupposto dello stato di abbandono e ritiene che lo stato di detenzione del genitore non è di per sé sufficiente a ritenere integrata tale condizione, qualora il genitore manifesti attenzione alle esigenze del figlio. In particolare, Cass. 14 maggio 2005 la madre del bambino sia n. 10126 stabilisce che, ove impedita, a causa del suo stato di detenzione, destinato a protrarsi per un periodo di lunga durata, a prendersi cura del proprio figlio (non riconosciuto dal padre), ma si mostri sensibile alle esigenze affettive di questo, tanto da determinarsi a chiederne l'affidamento alla propria madre, già affidataria di altro figlio della donna, onde evitare di recidere definitivamente ogni legame con lui - la dichiarazione dello stato di abbandono del minore non può discendere dal mero apprezzamento negativo della personalità della nonna materna, in ipotesi anche di età avanzata, instaurando con la significativi quale il rapporti, bambino ove non abbia convissuto risultino elementi concreti realmente in grado di incidere negativamente sul processo di evoluzione, fisica ed intellettuale, del bambino, impedendone una crescita serena ed un accudimento adeguato13. In giurisprudenza di merito si annovera un importante precedente del Trib. Min Bari 10 gennaio 2006, che ha ritenuto integrasse un presupposto dello stato di abbandono della minore la condotta della madre il fatto che la stessa, già tratta in arresto per un In tema di adozione, lo stato di detenzione del genitore non integra gli estremi della "forza maggiore di carattere transitorio" (ipotizzata dall'ultima parte del comma 1 dell'art. 8 della l. n. 184 del 1983), la cui sussistenza, trascendendo la condotta e la volontà del soggetto obbligato, giustifica la mancata assistenza del minore, in quanto tale stato deve ritenersi imputabile alla condotta criminosa dal genitore stesso, volutamente posta in essere nella consapevolezza della possibile condanna e carcerazione. (cfr. Cassazione civile, sez. I, 10 giugno 1998, n. 5755). 12 La sentenza contiene la chiara affermazione della rilevanza del legame del minore con gli stretti congiunti, in particolare dei nonni, ai fini della valutazione della insussistenza dello stato di abbandono pur in caso di impedimento dei genitori a prendersi cura dello stesso. In passato, la giurisprudenza di legittimità aveva ripetutamente affrontato il tema ponendo in evidenza la necessità al fine di evitare la dichiarazione di adottabilità, della prova della esistenza di rapporti significativi del minore con i congiunti entro il quarto grado. 13 17 reato di spaccio di stupefacenti, pochi mesi dopo la nascita della bimba venga nuovamente arrestata, chiedendo di vedere la figlia solo dopo che il Tribunale glielo aveva formalmente impedito. Altro problema posto dalla prassi applicativa è quello della c.d. “genitorialità delegata”, vale a dire della totale “cessione” a terze persone delle facoltà (e dei doveri) connessi alla potestà. Benché in talune pronunzie dei giudici di merito (per lo più relative a minori stranieri in età adolescenziale, dimoranti in Italia presso fiduciari dei genitori) si affermi che ciò possa costituire legittimo esercizio delle facoltà parentali, è da ritenersi che una siffatta situazione configuri una condizione di abbandono del minore. In ossequio a tale principio è stato chiarito che del tutto legittimamente il giudice del merito, accertata l'insufficienza dell'assistenza morale e materiale dei genitori, non dipendente da causa di forza maggiore di carattere transitorio, dichiara il minore in stato di adottabilità, ove pure, per il passato, in analoga situazione, si sia provveduto con l'affidamento etero- familiare - che si sia rivelato inidoneo a risolvere la condizione del minore -, il quale, di per sé, non è di impedimento alla dichiarazione anzidetta, in forza dell'espressa previsione dell'art. 8, secondo comma, della citata legge n. 184 del 1983 (non sostanzialmente modificato dall'art. 8 della legge n. 149 del 2001), atteso che anche la bontà dell'inserimento del minore presso gli affidatari, se, per un verso, è influente ai fini della successiva trasformazione dell'affidamento provvisorio in affidamento definitivo, non lo è affatto, per altro verso, ai fini del riscontro della sussistenza dello stato di abbandono14. Infine, va’ esaminato il ruolo dei parenti prossimi del minore, la cui disponibilità a prendersene cura spesso emerge nei procedimenti di adottabilità, non di rado per la prima volta e Cass. civ., sez. I, n. 12168 del 9 giugno 2005; presupposto dell’affermazione giurisprudenziale è che la situazione che giustifica l'affidamento etero-familiare, a norma degli artt. 2 e segg. della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituiti dai corrispondenti articoli della legge 28 marzo 2001, n. 149, e quella che conduce alla pronuncia di adottabilità si differenziano, in quanto la mancanza di "un ambiente familiare idoneo" è considerata, nel primo caso, temporanea e superabile con il detto affidamento, mentre, nel secondo caso, si ritiene che essa sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se non per il tramite della dichiarazione di adottabilità. 14 18 sulla base di spinte motivazionali connesse più alla tutela del “buon nome” della famiglia allargata, che al benessere del bambino. In un contesto di valorizzazione e di recupero, finché possibile, del legame di sangue, ed anche dei vincoli (in particolare, di quelli con gli ascendenti in linea retta) che affondano le loro radici nella tradizione familiare, la quale – a sua volta – trova il suo riconoscimento nella costituzione (art. 29), viene valorizzata la disponibilità a prendersi cura del minore da parte dei parenti, disposizioni da in abbiano avuto secondo la intendersi materia rapporti prevalente – – in ossequio quelli entro significativi il con interpretazione, al quarto il è complesso grado, minore15. proprio delle che Dunque, il legame affettivo con il parente che giustifica l’esclusione dello stato di abbandono16. Tale principio è stato da ultimo ribadito dalla Cassazione 2006, a mente della quale in tema di dichiarazione di adottabilità, e di inidoneità non transitoria dei genitori a prestare le cure necessarie al minore, qualora si manifesti, da parte di figure parentali sostitutive, la disponibilità a prestare assistenza e cure al minore, essenziale presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono è la presenza di siffatti rapporti dello stesso con dette persone, giacché la l. n. 184 del 1983 - specie dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 149 del 2001 - attribuisce rilievo alla parentela, ai fini della esclusione dello stato di 15 Cass. civ., sez. I, n. 11019 del 12 maggio 2006. Cfr. in primis Cass. 9 maggio 2002 n. 6629 in tema di dichiarazione di adottabilità, qualora si manifesti da parte di figure parentali sostitutive (quali, nella specie, la nonna materna, mai conosciuta dal minore) la disponibilità a prestare assistenza e cure al minore, essenziale presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono è la presenza di significativi rapporti dello stesso con tali persone, giacché alla parentela la legge n. 184 del 1983 attribuisce rilievo, ai fini della sopraindicata esclusione, solo se accompagnata dalle relazioni psicologiche e affettive che normalmente la caratterizzano, a più forte ragione a seguito delle modifiche introdotte alla predetta legge dalla l. 28 marzo 2001 n. 184, il cui art. 11, nel condizionare espressamente, in caso di decesso dei genitori, alla inesistenza di siffatti rapporti tra il minore ed i parenti entro il quarto grado la declaratoria di adottabilità, rende irragionevole una diversa disciplina con riferimento alla ipotesi della inidoneità dei genitori. 16 19 abbandono, affettive solo che applicazione se accompagnata normalmente del la riferito dalle relazioni caratterizzano principio, la psicologiche e (nella specie, in Suprema Corte ha confermato la pronuncia del giudice del merito che aveva ritenuto irrilevante, al circostanza che disponibilità pregresso fine i ad di escludere nonni materni accogliere rapporto lo il significativo stato di avessero minore, da abbandono, dato facendo costoro la propria difetto instaurato la un con il nipote)17. Ciò si desume dalle disposizioni di cui all’art. 12 della legge n. 184/83, che contiene previsioni di carattere sostanziale volte a garantire, mantenimento, sia pure in l’istruzione via e provvisoria, l’educazione l’assistenza del minore, ed il facendo riferimento ai parenti entro il quarto grado che abbiano avuto tali rapporti significativi con il minore. Peraltro, le indagini relative ai parenti entro il quarto grado sono limitate a coloro che abbiano avuto rapporti significativi con il minore. Inoltre, anche l’audizione dei parenti entro il quarto grado è limitata a coloro che abbiano avuto rapporti significativi con il minore. Ciò va a più forte ragione affermato a seguito delle modifiche introdotte alla disciplina dell’adozione con la legge 28 marzo 2001, n. 184, il cui art. 11 condiziona espressamente, in caso di decesso dei genitori, alla inesistenza di siffatti rapporti tra il minore ed i parenti entro il quarto grado la declaratoria di adottabilità. L’ipotesi di decesso di entrambi i genitori viene difatti equiparata Cassazione ha in a tal quella caso di inidoneità confermato la di entrambi. sentenza della La Corte d’Appello che aveva ritenuto irrilevante – ai fini dell’esclusione dello stato di abbandono – la disponibilità espressa dai nonni materni ad accogliere il minore, in considerazione del concreto interesse dello stesso, che, essendo inserito stabilmente in un’altra famiglia, avrebbe vissuto con disagio un ritorno nella famiglia di origine che neppure conosce. Qualora dunque il minore, abbandonato dai genitori, goda dell’apporto sostitutivo dei nonni, ma questi non siano in grado – 17 Cassazione civile , sez. I, 10 agosto 2006, n. 18113 20 ancorché per ragioni da loro indipendenti (età, consolidate abitudini di vita) di offrire cure materiali e morali atte ad assicurare l’interesse del minore, la dichiarazione di adottabilità non trova ostacolo nel diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia, atteso che la normativa esprime una scelta preferenziale in caso di inidoneità della famiglia ad offrire supporto ed assistenza al minore. Il carattere significativo dei rapporti tra minore e parenti entro il quarto minore, e grado va va dunque individuato escluso nell’ottica ove emerga un dell’interesse del atteggiamento dei parenti privo di ogni utile apporto ai bisogni materiali e morali del minore, seguito da dichiarazioni di disponibilità che risultino prive di concretezza e di serietà18. Altro orientamento ritiene invece sufficiente ai fini dell’esclusione dello stato di abbandono la mera disponibilità dei parenti a prendersi cura del minore, anche quando non abbiano stretti legami con lui19. E’ comunque evidente – come si è già rilevato - che la dichiarata disponibilità di uno di tali parenti ad occuparsi dello stesso non è sufficiente, di per sé, ad escludere la situazione di abbandono, Cfr. Cass. Civ. 7 gennaio 1987 n. 2, per cui il carattere " significativo " dei rapporti fra il minore e parenti entro il quarto grado, quale situazione ostativa alla dichiarazione dello stato di adottabilità, ai sensi dell’art. 12 della l. 4 maggio 1983 n. 184 deve essere individuato dal punto di vista degli interessi del minore, e, quindi, va escluso ove emerga un atteggiamento di detti parenti (nella specie, nonni) privo di ogni utile apporto alle esigenze morali e materiali del minore medesimo, seguito da dichiarazioni di disponibilità che risultino prive di concretezza e serietà. 18 cfr. Cass. Civ. , sez. I, 29 novembre 1996, n. 10656, a mente della quale anche alla luce di una corretta configurazione dell'istituto adottivo come "extrema ratio", essendo preferibile per il minore di crescere nella sua famiglia di origine (di cui fanno parte anche i parenti entro il quarto grado), non può dichiararsi la situazione di abbandono (anche) quando sia dimostrata la seria disponibilità a prestare assistenza materiale e morale al minore da parte di parenti entro il IV grado che con lo stesso non abbiano avuto per il passato significative relazioni materiali ed affettive). 19 21 dovendo la stessa essere suffragata da elementi oggettivi che la rendano credibile20. La giurisprudenza assolutamente prevalente è dell’idea che i significativi rapporti affettivi debbano essere preesistenti alla valutazione del tribunale in ordine alla sussistenza dello stato di abbandono21, ma non mancano pronunzie in senso contrario; in particolare è stato affermato22 (sempre con riferimento all’ormai nota concezione mancanza di dell’adozione assistenza l’indisponibilità ad quale morale ovviarvi, e "extrema ratio") materiale quali del che la minore e per la condizioni dichiarazione dello stato di adottabilità, vanno valutate anche con riguardo ai parenti entro il quarto grado che non abbiano avuto rapporti significativi con il minore, a nulla rilevando che l'art. 12, u.c., della citata legge n. 184 del 1983 limita la partecipazione al procedimento di cui si tratta a coloro, tra detti parenti, che abbiano mantenuto tali rapporti. La tesi viene sostenuta avendo riguardo al carattere meramente processuale della menzionata principio stato di disposizione, di diritto dalla sostanziale adottabilità pur quale non che quando potrebbe imponga sia di trarsi un dichiarare lo dimostrata la seria disponibilità a prestare assistenza materiale e morale al minore da parte di parenti entro il quarto grado che con il medesimo non abbiano avuto per il passato significative relazioni materiali ed affettive. Ne consegue che tale disponibilità andrebbe presa in considerazione anche appello, anche ed in sede con di opposizione riferimento a al fatti decreto, o di sopravvenuti all'originario provvedimento. - 5 – L’adozione ex art. 44 l. n. 184/83 e l’impossibilità di affidamento preadottivo. L’art. 44 della legge sull’adozione prevede delle ipotesi tassative di adozione in casi particolari, nelle quali si consente 20 Cass. civ. sez. I, n. 4407 del 28/2/2006. 21 Cass. civ., sez. I, n. 11993 dell’8/8/2002. 22 Cass. pen. sez. I, n. 1095 del 1°/2/2000. 22 di derogare ai requisiti dell’adozione legittimante, in condizioni particolari, per offrire tutela al minore. Il primo caso, di cui all’art. 44 lett. a), riguarda il minore orfano di entrambi i genitori, adottato da parenti entro il 6° grado o da persone con cui abbia instaurato un rapporto stabile e duraturo, prima della morte dei genitori. L’evidente finalità è quella di evitare che il minore venga sradicato dal contesto familiare, consentendo all’autorità giudiziaria di scegliere nel novero più ampio possibile di nuclei familiari parentali. La seconda ipotesi è costituita dall’adozione da parte di un coniuge, del figlio (legittimato, legittimo, naturale o adottivo) dell’altro coniuge. Qui, mancando lo stato di abbandono del minore, non sarebbe possibile pronunciare l’adozione legittimante e tuttavia, la ratio sottesa dalla normativa è quella di dare una famiglia completa al minore, facendolo adottare dal nuovo coniuge del genitore23. L’ipotesi quella più di significativa cui e all’art. discussa 44 di lett. adozione D), speciale ovvero è connessa all’impossibilità di affidamento preadottivo. Quest’ultima ipotesi era prevista alla lett. C, che poi è divenuta lett. D) a seguito dell’inserimento, da parte della legge n. 149/01, dell’ipotesi del minore, handicappato e orfano di entrambi i genitori, che può essere adottato anche da persone parentali ed sostanzialmente affetto da affettivi. Si ultronea, problemi di non legate a tratta, atteso che salute, lui peraltro, l’adozione da vincoli di di modifica un indipendentemente bambino dalla sua condizione di orfano, già rientrava nella precedente lett. C). In dottrina, si discute se detta impossibilità vada intesa in senso fattuale o giuridico. La "constatata impossibilità di affidamento preadottivo", secondo parte della tutti i dottrina, indica presupposti una giuridici situazione per in procedere cui sussistono all'adozione legittimante, ma in cui si riscontra un'impossibilità di fatto a causa della situazione difficile del minore, che nessuna coppia di coniugi è disposta ad accogliere. È quindi necessario che il minore versi in stato di abbandono ai sensi dell'art. 8, l. n. Cfr. L. ORSINGHER, Avellino, 2007, fl. 138. 23 L’adozione, a cura di G. Cassano, Halley , 23 184/1983 e che tale condizione sia stata giudizialmente accertata tramite la dichiarazione di adottabilità24. In questo ambito assai restrittivo, qualche Autore ha cominciato a ritenere che una ragionata previsione dell'impossibilità in fatto dell'affidamento preadottivo consentirebbe di prescindere dalla dichiarazione dello stato di adottabilità, complicazione o un costituendo quest'ultima rallentamento della soltanto una procedura25. La "constatazione" che la legge esige non può infatti ridursi ad una mera previsione, sia pure fondata e ragionevole, ma deve tradursi in una effettiva sperimentazione sfociata nell'insuccesso. Tale interpretazione base a restrittiva considerazioni Carolis, concernente normativa vigente, conservare stata giustificata storico-sistematiche. il si l'adozione è disegno di osservava non legge Nella da infatti legittimante, anche in relazione De cui deriva la l'opportunità per quanto di ritenuta storicamente superata, come si desume dall’abrogazione delle norme del codice civile relative all’istituto dell’affiliazione, nei seguenti termini: “quando si sia constatata l'impossibilità di un affidamento preadottivo del minore dichiarato adottabile e vi sia anche una singola persona continuativamente disposta ad (vi situazioni sono occuparsene di convenientemente minori e grandicelli o handicappati che non si riesce a dare in affidamento preadottivo per cui appare legittimante da opportuno parte di anche persone ripiegare non sull'adozione aventi i requisiti non per l'adozione legittimante)". Sembra quindi chiaro che l'attuale lett. d) sia stata concepita come una via d'uscita per le situazioni più problematiche, al fine di evitare un'istituzionalizzazione sine die del minore. G. Cattaneo, Adozione, in Digesto, disc. priv., sez. civ., I, Torino 1987, 117; M. Dogliotti, Affidamento e adozione, in Trattato di diritto civile commerciale già diretto da Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, Milano 1990, 316; C. Ebene Cobelli, adozione in casi speciali, in Enc. giur. Treccani, I, Roma 1991, 2; A. Finocchiaro, in A. e M. Finocchiaro, Disciplina dell'adozione e dell’affidamento dei minori, Milano 1983, 448; Manera, L’adozione legittimante, Roma, 1990, 56 ss..; P. Ubaldi, Osservazioni in tema di affidamento familiare e di adozione in casi particolari, in Giur. it. 1985, I, 2, 693; A. Zini, Commento alla l. n. 184/1983, in Commentario breve al c.c., leggi complementari, a cura di G. Alpa e P. Zatti, Padova 1995, 85 25 Cfr. L. SACCHETTI, Il commentario dell’adozione e dell’affidamento, Rimini, 1986, 113 ss. 24 24 Si è sottolineata, particolare rispetto inoltre, al la residualità modello generale dell'adozione dell'adozione legittimante, che è comunque considerato l’istituto maggiormente idoneo a garantire la migliore famiglia al minore che si trovi in stato di abbandono, nonché uno status giuridico equiparabile alla filiazione. La giurisprudenza di merito si è orientata invece per un'interpretazione estensiva della formula di cui alla lett. d) dell'art. 44, riduttivamente derivante dalle l. n. 84/1983, identificarsi condizioni ritenendo con che essa l'impossibilità “anomale” del minore, ma non possa di fatto che essa ricorra anche nell’ipotesi di impossibilità giuridica di praticare l’affidamento preadottivo, dovuta alla mancanza o impossibilità di una dichiarazione di adottabilità, per l’insussistenza di una situazione di abbandono in senso giuridico26. Tra le altre, dunque, l’impossibilità viene individuata nell’ipotesi in cui, essendo il minore legato a figure genitoriali precise, voglia darsi veste giuridica a situazioni di fatto. Particolarmente, ciò accade quando il minore sia affidato a parenti, senza essere orfano dei genitori, o quando gli adottanti siano privi dei requisiti di cui all’art. 627. Favorevole all’interpretazione relativa all’impossibilità giuridica dell’affidamento preadottivo nell’adozione speciale ex art. 44 lett. D), è la sentenza del Trib. Min. Milano 28 marzo 2007 in Guida al diritto – Famiglia e minori, n. 10/07, fl 83, che in un caso di adozione speciale di una minore, orfana di padre, che viveva dalla nascita con l’adottante, compagno della madre,ha affermato il principio per cui l’impossibilità di affidamento preadottivo si può avere anche quando manchi lo stato di abbandono, così valorizzando i legami affettivi creatisi e consentendo l’adozione da parte di persone singole o anziane. Con sentenza Trib. Min Milano, 7 febbraio 2007, in Famiglia e minori, Guida al diritto, n. 8/07, fl. 84, si è consentita l’adozione speciale anche nell’ipotesi in cui tra gli adottanti fosse intervenuta separazione legale, in considerazione del superiore interesse della minore alla contiità degli affetti. Un ulteriore caso in cui è stato disposta l’adozione ex art. 44 lett. D) a idonea coppia genitoriale, nella prospettiva che fosse garantita alla minore una frequentazione con la famiglia di origine, cfr. Trib. Min. Salerno, decreto 23 marzo 2007. 27 Cfr. in particolare App. Bologna 15 aprile 1989, Giur. merito 1991, 93, con nota di Manera, Trib. Min. Perugia, 22 luglio 1997, in Dir. Famiglia 1998, 1479, Trib. min. Bologna 29 maggio 1988, Dir. famiglia 1989, 139; App. Bologna 4 gennaio 1984 e 27 febbraio 1985, ivi 1985, 545, che consentono ai parenti entro il IV grado l'adozione del minore, che non sia orfano di madre e di padre, ai sensi della lett. c) dell'art. 44, l. n. 184/1983. Per un'interpretazione elastica del medesimo art. 44, lett. c), secondo cui l'impossibilità di affidamento preadottivo sussiste non soltanto nell'ipotesi in cui il minore, del quale è stato dichiarato lo stato di adottabilità, sia rifiutato dalle coppie aspiranti all'adozione a causa di una sua condizione personale anomala, ma anche qualora il distacco dagli affidatari (privi dei requisiti per l'adozione 26 25 Se è concordemente ammessa la riconducibilità all’art. 44 lett. D) dell’adozione in casi particolari in favore di parenti entro il quarto grado, in quanto non altera i rapporti tra adozione legittimante e non, vi sono alcune interpretazioni avanzate della dottrina e di parte della giurisprudenza di merito, che forniscono un’interpretazione “impossibilità ancora di più affidamento estensiva della preadottivo”: tale formula presupposto ricorre anche qualora il distacco del minore dagli affidatari, sia pure abusivi legittimante o dei (differenza comparativa), traumi privi in possa requisiti di con età, rapporto presumibile ragione necessari di certezza dell’irreversibile per l’adozione coniugio, scelta procurargli gravi legame affettivo instauratosi. In virtù della prevalenza del principio della continuità degli affetti sul principio della legalità, pur non esistendo ostacoli – né in fatto (ovviamente e né rispetto in a diritto soggetti – all’adozione diversi da legittimante quelli attualmente affidatari), non potrebbe ricorrersi a tale procedimento e, pur quando fosse dovrebbe all’ intervenuta essere interrotto. “impossibilità derivante la dichiarazione Secondo oggettiva” dall’assenza di tale di coppie di adottabilità, orientamento, affidamento aspiranti, si accanto preadottivo, è individuata un’impossibilità “soggettiva”, giustificata esclusivamente in base al preminente interesse del minore. Tale orientamento non viene tuttavia accolto da una parte della dottrina, preoccupata del fatto che in questo modo possa aprirsi la strada a situazioni abusive, o alternativo che e l’adozione concorrente speciale rispetto divenga all’adozione uno strumento legittimante28. legittimante e eventualmente abusivi) possa provocare al minore seri e gravi traumi, cfr. Trib. min. Trieste 9 luglio 1984. Cfr. quanto all’applicabilità dell’art. 44 anche in materia di adozione internazionale, Trib. Min. Trento 11 marzo 2002, Dir. Famiglia 2004, nota GALOPPINI. 28 La questione si è posta con particolare drammaticità in relazione alla nota vicenda di Serena Cruz. Si trattava di una bambina cilena portata illegalmente in Italia e trattenuta con sé da due coniugi. La situazione illegale si protrasse per oltre un anno, con espedienti posti in essere dai coniugi. Con sentenza del 18 aprile 1989 della Corte di Appello di Torino venne confermato il provvedimento di allontanamento della bambina dai coniugi, con successivo affidamento della stessa ad un’altra coppia. Nella contrapposizione, che spaccò l’opinione pubblica, tra il rispetto del principio di legalità e quello della prevalenza degli affetti, i giudici minorili si schierarono nel 26 - 5 bis – l’elaborazione dottrinaria sul semi – abbandono permanente e la sperimentazione dell’adozione mite. Cominciata autorizzata fondata sul nel dal giugno CSM 2003 nel parziale come Tribunale insuccesso semplice per della i prassi Minorenni legislazione giudiziaria di in Bari tema e di affidamento familiare e sull’esigenza di dare maggiore impulso al processo di deistituzionalizzazione dei minori (in vista della scadenza del dicembre 2006 per la chiusura degli istituti), la sperimentazione dell’adozione mite sta negli ultimi tempi assumendo la dignità di un progetto culturale qualificante, del tassello significativo di un più ampio discorso destinato a modificare sensibilmente le linee normative attualmente vigenti in tema di adozione e affidamento familiare29. primo senso. Così argomentano i giudici di Torino: “…Il conflitto non è soltanto tra la persona di Serena e l'applicazione della legge. Nella situazione attuale di diffuso traffico di bambini, il conflitto si pone anche tra le persone di innumerevoli bambini (esposte ad essere oggetto di mercato) e la disapplicazione della legge. Infatti la legge difende le persone di tutti i bambini. Rifiutando di tradire la legge e di «legalizzare» la frode ad essa, i giudici operano a servizio dell'interesse di tutti i bambini. Se tale rifiuto produce una sofferenza per Serena, quella sofferenza non è conseguenza della applicazione della legge, bensì conseguenza della prolungata frode dei Giubergia…”. Il caso viene esaminato da G. ZAGREBELSKY, Il diretto mite, EINAUDI,1992, 292, Il quale evidenzia che il principio di legalità avrebbe dovuto trovare tutela in sede penale e mai sacrificando le esigenze affettive e di tranquillità psicologica della minore, facendole subire il trauma dell’allontanamento familiare e considera che il principio di solidarietà non può essere applicato astrattamente alla categoria dei minori, con sacrificio del concreto interesse della bambina in questione. Le informazioni fornite sono contenute in due scritti del dr. Franco Occhiogrosso, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bari: - “L’adozione mite due anni dopo”, relazione presentata al Convegno Ai.Bi, <I bambini nel limbo>, svoltosi a Bellaria il 28-31 agosto 2005, pubblicata su Minorigiustizia, n. 3, 2005, pag. 149 e ss.; - “L’adozione mite e le nuove prospettive emergenti”, articolo pubblicato sulla rivista Minorigiustizia, n. 2, 2006, nella sezione Documenti. L’iter di tale procedura si articola in due fasi, entrambe dirette ad approfondire la situazione personale e familiare del minore ed a formulare per lui un progetto di vita futura. La prima fase si propone il fine di verificare se vi sono le condizioni per il rientro del minore nella sua famiglia e di realizzarlo; la seconda è diretta –una volta accertata l’impraticabilità del rientro in famiglia- a procedere all’adozione in favore del minore, che sarà quella legittimante, se si riscontra una situazione di abbandono morale e materiale; sarà, altrimenti, l’adozione non legittimante di cui all’art. 44 lett d) della L. 184/1983, se il minore non è in abbandono, ma è permanentemente privo di ambiente familiare idoneo. 29 27 Il punto di partenza del discorso è costituito dalla constatazione che il numero dei bambini dichiarati adottabili e poi adottati è andato notevolmente diminuendo negli ultimi anni, a conferma che le situazioni di pieno abbandono morale e materiale tendono a ridursi, mentre resta sempre alto quello delle domande di adozione. A ciò si aggiunge che l’adozione internazionale, verso cui molte coppie si orientano, ha costi alti, che spesso scoraggiano gli aspiranti adottanti. Da un’indagine effettuata dal Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, risulta che, dei 10.200 bambini dati in affidamento familiare in Italia alla data del 30 giugno 1999, solo il 42 % è rientrato in famiglia, mentre ben il 58 % non vi è tornato. Una larga parte di bambini, quindi, resta presso la famiglia affidataria e per lo più l’affidamento familiare temporaneo si trasforma in un affidamento senza termine La prima fase suindicata si attua con la ripetuta discussione della vicenda in camera di consiglio e con l’espletamento di un’istruttoria collegiale funzionale anzitutto a realizzare insieme con i servizi territoriali l’immediato rientro del minore nella propria famiglia; a programmare, inoltre, nell’eventualità che ciò non sia possibile, un piano d’intervento socio-giudiziario con prescrizioni dirette –anche prevedendo i sostegni e gli aiuti previsti dall’art. 1 L. 184/1983- ad agevolare il rientro del minore nella famiglia in tempi congrui; a procedere, in una terza ipotesi ad un affidamento familiare giudiziario (nell’ambito del procedimento civile pendente per il minore e previa comparazione tra tutte le famiglie disponibili ad accoglierlo), quando il minore sia ospite di una comunità e non risulti realizzabile, in tempi congrui, nemmeno con adeguati sostegni, il rientro del medesimo nella famiglia biologica. L’affidamento familiare, che viene disposto in tal caso, ha natura giudiziaria, essendo pronunziato ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, 2° comma, L. 184/1983 e 330 e seguenti del codice civile, per effetto del disagio familiare riscontrato, in linea con un orientamento dottrinale da tempo affermato. Si creano così le condizioni per una verifica in tempi più lunghi (rispetto alle ipotesi prospettate in precedenza) delle possibilità di recupero della famiglia di origine e di successivo rientro del minore. Infine, nel caso in cui l’affidamento familiare superi la scadenza prevista ed anzi si protragga per vari anni oltre tale termine, gli affidatari del minore vengono invitati a presentare –sempre nel caso in cui il rientro nella famiglia di origine non risulti praticabile- una domanda di adozione mite come dimostrazione della loro disponibilità a modificare la qualità del rapporto già da tempo esistente con il minore, trasformandolo da affidamento familiare in adozione particolare ai sensi dell’art. 44 lettera d) legge 184/1983, oppure in quella legittimante dello stesso minore, se si ravvisano le condizioni per procedere alla sua dichiarazione di adottabilità. Viene in tal modo posto termine a quella condizione familiare precaria, consistente nell’affidamento “sine die”, che crea quella situazione nota con l’espressione “bambini nel limbo”, relativa a minori che rischiano vere e proprie crisi di identità, perché perennemente scissi tra la dimensione affettiva, che li fa sentire ben integrati nella famiglia affidataria, e quella giuridica, che li fa appartenere totalmente alla famiglia d’origine. 28 (cd. affidamenti sine die) grazie a provvedimenti giudiziari di proroga. Ma questi bambini rischiano di avere un futuro molto incerto quando raggiungeranno il diciottesimo anno, perché la loro famiglia di origine nella massima parte dei casi continuerà a non essere in grado di accoglierli (pur mantenendo con loro rapporti personali, sia pure per lo più sporadici), mentre gli affidatari non si sentiranno impegnati in alcun modo ad accoglierli nella loro famiglia come figli. Infatti è di tutta evidenza che l’impostazione normativa attuale ha trascurato del tutto il caso frequente della famiglia inidonea parzialmente, ma in modo continuativo, a rispondere ai bisogni educativi del figlio; che è cioè incapace di rispondere alle sue esigenze educative, ma che non lo ha abbandonato e, anzi, ha con lui un rapporto affettivo significativo, anche se inadeguato. In tal caso, da un lato, non è opportuno nell’interesse del minore che tale rapporto venga del tutto cancellato, ma, dall’altro, non esiste una ragionevole previsione di pieno recupero di esso. Si tratta del cd. semiabbandono permanente, che è privo di qualunque riconoscimento normativo, in quanto riceve quale risposta solo l’affidamento familiare: viene, cioè, gestito come se si trattasse di un’inidoneità familiare di carattere temporaneo, mentre si tratta di cosa ben diversa30. Una riflessione in termini giuridici sulla nozione dottrinaria di semi – abbandono permanente si fonda sulla dicitura contenuta nell’art. 44 “quando non ricorrono le condizioni dell’art. 7”, che ha indotto la prevalente giurisprudenza a ritenere che l’adozione in casi particolari prescinda dalla dichiarazione di adottabilità dello stesso, se sussistono i presupposti sostanziali dello stato di abbandono. Un’interpretazione evolutiva muove dalla lettura coordinata tra l’art. 44 con riferimento all’esclusione dell’art. 7 e la lett. D), che fa riferimento all’impossibilità di affido preadottivo, per ritenere che possa pervenirsi all’adozione In ordine ad un’analisi sociologica del fenomeno del semi – abbandono, nel quale l’interruzione dei rapporti del bambino con le figure parentali potrebbe rivelarsi pregiudizievole, cfr. V. POCAR e P. RONFANI, Famiglia e diritto, Laterza, Bari, 101 ss. Si evidenzia il presupposto culturale della l.n. 184/83, della prevalenza della famiglia degli affetti su quella biologica. Commentano gli autori: “… all’attuale modello ‘forte’ di adozione potrebbe dunque affiancarsene uno ‘mite’, non rivolto a creare per legge una nuova ed esclusiva genitorialità…”. 30 29 speciale, anche quando non ricorrano situazioni di abbandono del minore Un tali da giustificare una pronuncia di adottabilità31. ulteriore elemento interpretativo è costituito dal coordinamento tra l’art. 44 lett. D e gli artt. 45 e 46, laddove, ai fini dell’adozione speciale, non si esige il presupposto dell’abbandono materiale e morale, quanto il consenso dei genitori o del tutore e del minore che abbia compiuto gli anni 14, ovvero, in caso di mancato assenso e quando esso sia ingiustificato, il mancato esercizio della potestà a seguito di un provvedimento di sospensione o decadenza dalla potestà32. Tale previsione, oltre ad escludere la necessità di una declaratoria dello stato di adottabilità – che di per sé sospende la potestà genitoriale – sembra escludere la necessaria ricorrenza del presupposto dello stato di abbandono. Infatti, in caso di ingiustificato dissenso da parte dei genitori, è sufficiente che ricorrano i presupposti per assumere un provvedimento ablativo della potestà, ovvero occorrono carenze nella capacità genitoriale certamente gravi, ma non di tale entità da configurare una situazione di abbandono materiale e morale tale, da determinare una declaratoria di adottabilità. Ad ulteriore conferma, l’art. 10 della l.n. 184/1983 prevede la possibilità di adottare i provvedimenti di cui agli artt. 330 – 333 c.c. in pendenza di un procedimento di adattabilità e dunque prima ed indipendentemente da siffatta pronuncia33. Cfr. Trib. Min Bari, 7 maggio 2008, adottata ex art. 44 lett. D) , in un caso in cui la minore era da tempo collocata in affidamento familiare, ed incontrava regolarmente la madre. Si era dunque determinata una situazione definita “palesemente irreversibile”, ostativa ad un rientro della minore in famiglia, e d’altra parte la piccola aveva radicato con gli affidatari un saldo legame affettivo, atteso che viveva presso di essi dall’età di due anni, pur non avendo mai interrotto i rapporti con la madre. Questa peraltro aveva prestato l’assenso all’adozione della figlia ed aveva un ottimo rapporto con gli affidatari. Si segnala anche un decreto Trib. Min. Napoli, 24 ottobre 2007, nel quale, in un caso di persistente inadeguatezza della famiglia di origine, veniva comunque da questa espresso un consenso all’adozione mite dei minori. 32 E’ pacifico che la mancanza di assenso da parte di un genitore esercente la potestà si ponga come ostativo all’adozione speciale, precludendo al giudice la valutazione del carattere giustificato dei motivi a suo fondamento (cfr. Cass. 26 luglio 2000, n. 9795, in Mass. Giust. Civ., 2000, 2047). 33 Assai efficace, riguardo al rapporto tra adozione legittimante e non legittimante, è la seguente considerazione contenuta nella citata sentenza Trib. Min. Bari, 7 maggio 2008: “…Pertanto l’area di applicazione della prima adozione (quella non legittimante), è diversa da quella della seconda (quella legittimante) e ne deriva che il rapporto tra le due adozioni 44 d) e legittimante) non va inteso solo come riguardante in entrambi i casi i soli minori adottabili; ma deve essere interpretato in senso più ampio e cioè come simile a quello esistente tra due cerchi concentrici, dei quali il più piccolo 31 30 Il concetto sintetizzata decaduta di “semiabbandono nella per relazione fine permanente” alla legislatura, è Proposta che era stata di stata ripresa Legge n. e 5724, presentata il 16/3/2005 dai deputati Bolognesi, Finocchiaro, Turco ed altri alla Camera. Nella relazione suddetta si legge: “Il nostro sistema legislativo prevede tre diversi percorsi per un bambino in difficoltà familiare: a) in caso di difficoltà modeste, collabora, o comunque non si soprattutto oppone, se la famiglia è previsto un sostegno dei servizi sociali, i quali aiutando in vario modo sia la famiglia, sia il bambino, fanno sì che il minore possa continuare a vivere nel proprio nucleo familiare; b) in caso di difficoltà rilevanti, ma temporanee e quindi considerate superabili in tempi sufficientemente brevi, il bambino può essere dato in affidamento familiare, o temporaneamente collocato presso una casa famiglia per un periodo della durata massima di due anni; c) in caso di difficoltà gravi, in cui la famiglia pone in essere maltrattamenti rilevanti o abbandona materialmente e moralmente il minore, e nel caso in cui la situazione risulta essere irreversibile, il bambino viene dichiarato adottabile e dato in adozione. Questa impostazione del nostro sistema trascura completamente un caso che invece, purtroppo, è assai frequente: quello designato nella terminologia della giustizia minorile come “semiabbandono permanente”. riferimento famiglia Si fa alle situazioni nelle quali la del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi bisogni, ma ha un ruolo attivo e positivo, che non è opportuno venga cancellato totalmente. Nello stesso tempo, non ragionevole possibilità di prevedere un vi è alcuna miglioramento delle capacità della famiglia, tale da renderla idonea a svolgere il suo compito educativo in modo sufficiente, magari con un aiuto esterno curato dai servizi sociali. Queste situazioni di carenza della famiglia solo parziale,ma permanente, non sono contemplate dalla riguarda i casi in cui il minore venga dichiarato adottabile e quindi sia destinato all’adozione legittimante, mentre il più grande riguarda quelle zone grigie dell’abbandono, quelle situazioni cioè che, pur non dando luogo ad un abbandono pieno, possono tuttavia ritenersi rientranti nel concetto di “semiabbandono permanente”…”. 31 legge. La recente vigore nel 2001 riforma (legge dell’adozione n. 149 del nazionale, 2001) non ha entrata in preso in considerazione questo problema…”. Rispetto alle situazioni che rientrano nel semi – abbandono permanente, che ancora non ha una consacrazione normativa, viene valorizzata la suesposta interpretazione evolutiva di quella forma di adozione in casi particolari prevista dall’art. 44 d) della L. 4.5.1983 n. 184, che consente l’adozione di bambini “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”. Come si è detto, questa espressione della legge viene intesa dalla giurisprudenza come riferibile sia ai casi di bambini portatori di difficoltà personali, sia a quelli in cui un bambino abbandonato si trovi rapporto già presso affettivo un'altra solido, famiglia, tanto a cui che un è legato da un allontanamento determinerebbe per lui un serio pregiudizio34. In sostanza questa forma di adozione si rivolge alle zone grigie dell’abbandono inizialmente dei minorenni, risultate di a quelle situazioni semiabbandono o di cioè che difficoltà temporanea tale da condurre all’affidamento familiare (perché per lo più manca una capacità educativa dei genitori di origine, ma esiste un legame affettivo che non consente l’interruzione totale dei rapporti), si siano poi evolute in senso negativo per effetto In situazioni particolari, dichiarando lo stato di abbandono e quindi l’adottabilità, alcune pronunce hanno affermato che l’adozione non sempre deve necessariamente comportare l’interruzione di ogni rapporto affettivo e di fatto del minore con la sua famiglia d’origine, dovendosi invece tener conto dell’interesse del minore stesso a non disperdere la sua storia personale e a mantenere relazioni con alcuni parenti significativi per lui, ma non disposti a farsi carico della sua crescita (cfr. TM di Bologna 9/9/2000 in Famiglia e Diritto, n.1/2001 e TM di Roma, 1999 e 1990 ivi richiamate; TM di Bologna 28/11/2002 in Minori e Giustizia, n.1/2003). Sono state decisioni dettate dalla necessità di mantenere il minore nella famiglia a cui era stato affidato ed in cui era cresciuto nonostante si fosse instaurato un rapporto di conoscenza tra gli affidatari e membri della famiglia di origine (in entrambi i casi i nonni) che costituivano figure care ai minori e non disturbanti. Si è parlato in tali fattispecie, di ‘adozione aperta’ che, secondo questa interpretazione, consentirebbe di applicare in modo evolutivo l’istituto dell’adozione legittimante, che comunque è considerato come la principale forma di adozione, evitando così un’applicazione estensiva dell’adozione non legittimante, con il rischio che essa divenga sostitutiva della prima. Anche con riferimento all’adozione aperta, si è espresso il timore che un ricorso a tale forma di adozione “che non fosse necessariamente rigoroso e limitato” comprometterebbe la ratio e la funzione dell’adozione legittimante e potrebbe trasformare l’affidamento familiare nell’anticamera dell’adozione (cfr A.Figone in Famiglia e Diritto cit.). 34 32 del mancato rientro del bambino nella famiglia di origine, anche se gli incontri e le visite con tale famiglia continuano. Questa adozione, com’è noto, può essere effettuata da una coppia o da persona singola e non prevede alcun limite massimo di differenza di età tra adottanti e adottando. Si realizza con il consenso del minore, se ultraquattordicenne, o dei genitori naturali, se esercitano la potestà su di lui, oppure del tutore, se i genitori, come non di rado accade, sono stati dichiarati decaduti dalla potestà. Essa non interrompe il rapporto di filiazione (al contrario dell’adozione legittimante) tra minore e genitori di origine, ma ne aggiunge un secondo conseguente all’adozione. La potestà spetta all’adottante. Di fatto i rapporti interpersonali con la famiglia di origine sono rari e per lo più disciplinati dal tribunale nel provvedimento di adozione, se ciò viene fatto oggetto di specifica richiesta. Proprio adozione per le sue caratteristiche ed i suoi viene indicata come “mite” in effetti questa contrapposizione all’adozione nazionale legittimante o “forte”, disciplinata dagli articoli da 6 a 25 della L. 4.5.1983 n. 184, la quale interrompe definitivamente il rapporto giuridico genitori-figli e non ne prevede la perpetuazione neanche in via di fatto35. In senso critico rispetto all’adozione mite, si è espressa parte della dottrina minorile. Cfr. E. CECCARELLI, L’affidamento familiare nella legge e nelle sue applicazioni, in Affido forte e adozione mite: culture in trasformazione, ed. Angeli, Milano, 200, fl. 119 ss. che argomenta: “.. Costruire per legge “nuove” forme di adozione, proponendole per un’applicazione generalizzata e non doverosamente (quando lo richiede l’intesse del minore) residuale può indurre il giudice ad essere meno rigoroso, a preferire di essere (o sembrare) più “mite”. D’altra parte strutturare l’affidamento familiare come anticamera dell’adozione rischia di svuotarlo del suo senso e di scardinare la fiducia tra la famiglia del minore e la famiglia affidataria, che costituisce il presupposto necessario di ogni affido ben riuscito. L’adozione in casi particolari ha una sua storia di oltre un ventennio ed è servita a dare soluzioni dignitose ed utili per i minori in molti spesso non affrontati per tempo in modo risolutivo. Non sembra dunque opportuno riformularla come una innovativa soluzione che non sembra in realtà presentare vantaggi, ma invece potrebbe entrare in concorrenza (non sempre leale) con procedure di adottabilità che richiedono accertamenti più impegnativi e difficili…”. Tuttavia, cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’adozione mite e le nuove prospettive emergenti, in Affido forte e adozione mite, cit. 91 ss. , in cui si confutano le argomentazioni relative a pericoli di confusione tra le varie forme di adozione: “…l’adozione mite offre un percorso diverso per la realizzazione dell’adozione aperta nell’ambito della quale si pone. Presenta peraltro alcuni vantaggi rispetto all’altra: è estremamente graduale e determina lentamente situazioni di fatto relative all’integrazione affettiva e sociale del minore nella famiglia affidataria tali da agevolare notevolmente l’adozione; L’adozione mite consente la definizione del percorso d’identità del minore, superando la sua condizione 35 33 La sperimentazione è consistita nel proporre alle coppie o ai singoli disponibili un discorso di portata generale, che abbracci tutte le della prospettive presentazione contenuti e quindi della dell’adozione contestualmente vi è nell’esporre domanda mite stata ed di il una loro, adozione suo in occasione nazionale, percorso i complessivo; sensibilizzazione dei servizi sociali e consultoriali sia rispetto ad un adeguato monitoraggio delle situazioni dei minori in istituto o in affidamento familiare, sia delle disponibilità e dell’idoneità delle famiglie dichiaratesi disponibili all’accoglienza di minori. A conclusione di questa prima fase, si possono riferire i dati relativi al percorso dell’adozione mite nel periodo giugno 2003– luglio 2006. Sono stati de-istituzionalizzati 156 minori, di cui 43 sono rientrati definitivamente in famiglia; 113 sono stati affidati in affidamento familiare; mentre 141 sono stati adottati: di essi, 74 con adozione non legittimante e 67 con adozione legittimante. Il rilievo culturale di questa nuova prospettiva è attestato da due proposte di legge – presentate nella passata legislatura – che si occupano dell’argomento: l’una è quella n. 5701/2005, avente ad oggetto “Modifiche alla legge 4/5/1983 n.184 in materia di adozione aperta” ed è stata presentata l’8/3/2005 dall’on. Burani Procaccini, l’infanzia, presidente e da altri; della la Commissione seconda è quella Bicamerale n. 5724/2005 per in materia di adozione aperta e adozione mite ed è stata presentata dall’on. Bolognesi, autorevole componente della stessa Commissione parlamentare e da altri36. di “minore nel limbo”; _ evita la pronunzia del decreto di semiabbandono permanente, che costituisce sempre per i genitori una forma di stigmatizzazione, un’umiliazione psicologica che esaspera il loro disagio invece di favorire l’accettazione della situazione; … L. Solo nel caso in cui ogni impegno per realizzare un tale programma dovesse fallire, potrà intervenire la previsione normativa che consente al tribunale di procedere, in caso di mancato assenso del genitore non esercente la potestà, all’adozione particolare se ritiene che l’adozione realizzi il superiore interesse del minore…”. 36 Il Consiglio Direttivo dell’Associazione dei Magistrati per i Minori e per la Famiglia, in occasione della riunione del 24 giugno 2006, ha approvato il seguente documento: “… Da qualche anno è in corso un dibattito sull’adozione e sull’affidamento familiare che ha comportato da un lato la ricerca di nuove prassi, come a Bari con l’esperienza sull’adozione mite, e dall’altro la formulazione di numerose proposte di legge. Siamo convinti che a monte di questo dibattito ci sono dei problemi reali che devono essere pensati ed affrontati. E’ merito di questo dibattito l’avere messo in risalto che il diritto minorile 34 Le relazioni di entrambe le proposte, dopo aver fatto riferimento ad un’indagine approvata seduta conoscitiva dalla del 2 in Commissione novembre tema di adozione parlamentare 2004, danno per atto e affidamento, l’infanzia nella che corso “nel dell’indagine si è avuto modo di approfondire le problematiche legate al fenomeno dell’inadeguatezza del semiabbandono della normativa di bambini italiana che, a a causa disciplinare situazioni di famiglie che non riescono o non vogliono mettersi in condizioni di provvedere alla corretta crescita e all’educazione del minore, dopo un eventuale periodo di affidamento si trovano nell’incertezza se dover tornare alla famiglia naturale o rimanere presso quella affidataria (…)” Un’ulteriore conferma della valenza dell’adozione mite quale forma “non eccezionale” di adozione si è avuta con l’ordinanza 347/2005 della Corte Costituzionale (15/29 luglio 2005 della Corte Costituzionale), decisione interpretativa, nella quale si afferma che l’adozione in casi particolari, che ha effetti più limitati dell’adozione legittimante, non presenta aspetti di eccezionalità o almeno stranieri, peculiarità tali sicché vi non da è impedirne alcun divieto l’estensione di agli rilascio del certificato di idoneità all’adozione di minori stranieri in casi particolari con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni ex art. 4437. familiare è di per sé un diritto mite, nel senso che si deve basare sulla comunicazione da parte dei Servizi e dei Giudici con le persone, adulti e minori, che ha come caratteristica fondamentale l’ascolto e che in via di principio – soprattutto quando è necessario disporre l’allontanamento – mira ad ottenere il consenso e la collaborazione delle persone coinvolte, minore compreso, pur nella consapevolezza che il Giudice deve in ogni caso decidere secondo il preminente interesse del minore. Il dibattito in corso è anche motivato dalla maggiore complessità dei modelli familiari e dei modelli sociali di cui occorre prendere atto. Come nel campo della tutela degli incapaci ci si è accorti che il mondo non è diviso tra malati e sani, ma ci sono molte situazioni intermedie di disagio che hanno ricevuto una risposta nell’amministrazione di sostegno, così è altrettanto evidente anche nel settore della protezione dei minori che c’è tutto un campo di situazioni grigie (abbandono che matura progressivamente nel tempo, semi-abbandono) in cui va affermato con fermezza il diritto del minore alla famiglia, anche con l’apertura a nuove forme di accoglienza … “. 37 Cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’adozione mite due anni dopo, cit., “Anzitutto il rilievo della Corte che l’adozione particolare ha effetti più limitati di quella legittimante, ma non presenta aspetti di eccezionalità o peculiarità tali da impedirne l’estensione agli stranieri, comporta l’implicito riconoscimento che lo spazio autonomo di tale adozione già riconosciuto per l’adozione particolare di minori italiani non deve essere effettuato nell’ottica che si tratta di intervento “residuale”, come ha finora costantemente affermato la cultura 35 Il punto centrale costituzionale singole è possono internazionale della proprio questione questo: presentare limitatamente se, domanda a sottoposta cioè, di quei alla anche idoneità casi in cui le Corte persone all'adozione alle medesime persone singole è consentito in Italia adottare un minore, cioè nei casi "adozione previsti dell'articolo in particolari"). casi 44 legge La 184/83 Corte, (cosiddetta riprendendo una indicazione fornita dallo stesso tribunale remittente, sottolinea innanzitutto come l'articolo 31, secondo comma, della legge 184/83 prevede che "nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo comma, lett. a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli aspiranti adottanti, valutate le loro personalità, ad effettuare direttamente le attività" di intermediazione (al posto dell'ente autorizzato). L'esistenza di una norma siffatta - che prevede una procedura semplificata per alcuni tipi di adozione - sta a significare che, se non altro per le ipotesi di cui all'articolo 44, primo comma, lett. a), l'adozione di un minore straniero può realizzarsi nelle forme dell'adozione semipiena. Mentre, però, il tribunale per i minorenni di Cagliari ritiene che l'estensione anche alle altre tre ipotesi di cui all'articolo 44 (per esempio l'adozione di un minore che - come nella fattispecie all'esame dei giudici sardi - non potrebbe essere dichiarato adottabile per difetto dei presupposti relativi allo stato di abbandono: lettera d dell'articolo 44) non possa essere effettuata se non attraverso una dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 29bis (nella parte in cui, in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela dei minori, non consentirebbe, appunto, l'adozione internazionale di minori nelle altre ipotesi di cui all'articolo 44), la Corte costituzionale rigetta la questione dando all'articolo 29 bis una interpretazione necessariamente estensiva e cioè sostenendo la applicabilità in materia di adozione internazionale di tutte le ipotesi di cui all'articolo 44. La conclusione è che "nella normativa vigente non è evincibile il divieto del rilascio del certificato di idoneità all'adozione di dominante in materia. La Corte propone la più ampia prospettiva che, quando vi siano i requisiti indicati dall’art. 44. è questa normativa a dover essere applicata senza alcun atteggiamento di subalternità rispetto all’altra adozione: vi è in sostanza una pari dignità delle due adozioni, pur nella loro evidente diversità”. 36 stranieri in casi particolari, con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni di cui all'articolo 44". Questa interpretazione - conclude la Corte - "è costituzionalmente corretta e riconduce ad unità il sistema, consentendo di ritenere ammissibile l'adozione internazionale negli stessi casi in cui è ammessa l'adozione legittimante o in casi particolari". Detto principio è stato ripreso dalla Corte di Cassazione con sentenza 18 marzo 2006 n. 6078, in cui la prima sezione, nel pronunciarsi su di un caso di adozione promosso da una cittadina di origini rumene, all’epoca single, che aveva ottenuto in Romania una sentenza Italia, ha di adozione affermato e ne chiedeva il l’impossibilità di riconoscimento riconoscere In una generalizzata adozione internazionale da parte del soggetto non coniugato, per contrasto con i principi del nostro ordinamento giuridico. Infatti, l’art. 6 della legge n. 184/1983 prevede unicamente l’adozione legittimante in favore di coppie coniugate da almeno tre anni, estesa successivamente dalla legge n. 149/2001, alle coppie che abbiano una convivenza prematrimoniale di tale durata. In deroga a tale principio, l’art. 44 ammette l’adozione in casi particolari in favore dei single, sicché solo in questo caso il legislatore nazionale si è avvalso della facoltà concessa dall’art. 6 della Convenzione europea in materia di adozione firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata in Italia con legge 22 maggio 1974 n. 357, di prevedere l’adozione da parte di persone singole. Argomenta la Corte che, in via interpretativa ed analogica, l’adozione internazionale di persone singole deve ritenersi ammissibile negli stessi casi in cui è ammessa l’adozione nazionale e che, dunque, non è ammissibile una generalizzata applicazione dell’adozione internazionale ai single. Il ragionamento della Corte si conclude con la seguente notazione: “… Resta, ovviamente, disposizione fermo convenzionale che, sopra tanto più menzionata in presenza (art. 6 della della Convenzione di Strasburgo del 1967), che a ciò lo facoltizza, il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere - nel concorso di particolari circostanze, tipizzate dalla legge o rimesse di volta in volta al prudente apprezzamento del Giudice - ad un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di 37 una singola persona, anche qualificandola con gli effetti dell'adozione legittimante, ove tale soluzione sia giudicata più conveniente all'interesse del minore, salva la previsione di un criterio di preferenza per l'adozione da parte della coppia di coniugi, determinata dalla esigenza di assicurare al minore stesso la presenza di entrambe le figure genitoriali, e di inserirlo in una famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità...”. Assai interessante è anche la notazione della Corte, che ha fondato il rigetto del ricorso anche sull’assenza di prova del preesistente “rapporto affettivo e genitoriale di fatto, ormai consolidato”, che viene individuata come presupposto dell’adozione in casi particolari ex art. 44. Tale obiter dictum appare assai rilevante ai fini che ci occupano, in quanto la Suprema Corte, nell’esprimere un’indicazione rivolta all’organo legiferante, in favore del superamento dei limiti imposti all’adozione dal diritto vigente, valorizza proprio il principio della continuità degli affetti che è alla base della giurisprudenza evolutiva in esame38. L’adozione “mite” nei numerosi casi di semi – abbandono permanente realizza in definitiva coloro che da un percorso tempo sono alla nuovo ed incoraggiante ricerca di strade per altre, nella convinzione che vadano sempre più emergendo realtà complesse e problemi reali, che è necessario analizzare e affrontare. - 5 ter – L’assunzione del cognome nell’adozione non legittimante. Un ultimo profilo di fondo da analizzare è quello relativo al cognome, che deve assumere il minore adottando per effetto dell’adozione non legittimante. Vi è un orientamento giurisprudenziale che punta a la cultura tradizionale dell’assunzione del trasformare cognome da parte dell’adottando, quale pedissequa applicazione delle regole formali e standardizzate (quelle indicate dalla lettura dell’art. 299 Cod. Un’importante apertura verso il principio della famiglia degli affetti, anteposto al vincolo di sangue, viene affermato in una pronuncia in tema di adozione speciale del Trib. Min. Cagliari, 20 novembre 2006, in Famiglia e minori, n. 3/2007, 83 afferma la rilevanza della volontà dell’adottato di assumere il cognome dell’adottante in sostituzione del proprio. Argomenta il Tribunale che l’assunzione del cognome dell’adottante “appare meglio rispondere all’interesse della minore di essere assimilata pienamente alla sua unica famiglia”. 38 38 Civ., richiamato dalla particolare) in altra, l’assunzione del cognome distintivo normativa relativa personalizzata, da parte all’adozione che prospetta dell’adottando come segno della sua identità personale (Cass. sez. I, 26 maggio 2006 n. 12641; Corte Cost. 6 febbraio 2006 n. 61). La normativa dell’art. materia, è stata 299 cod. civ., che disciplina questa interpretata alla luce dei principi affermati in materia di legittimazione e di filiazione naturale. Quanto alla prima, la Corte Costituzionale nella sentenza 23 luglio 1996 n. 297 trovato ha 3/11/2000 n. riconoscimento 396. In legislativo base a tale nell’art. disposizione 33 il D.P.R. figlio maggiorenne legittimato ha il cognome del padre, ma può scegliere entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza di mantenere il cognome portato in precedenza, se diverso, ovvero di aggiungere o anteporre ad esso, a sua scelta, quello del genitore che lo ha legittimato. Tale principio trova conferma per i figli naturali riconosciuti all’art. 262 cod. civ., che afferma, in sostanza, la regola per cui il cambiamento del cognome, attuato a seguito di interventi giudiziari, non deve essere inteso solo come astratta ed automatica considerato identificazione come personale del vissuto, della il frutto medesimo sua familiare della sulla base volontà. del soggetto, concreta della sua Attuazione ma va identificazione storia, esplicita del di suo questo principio è anche nell’art. 95, comma 3°, dello stesso D.P.R. 396/2000, in base riconoscimento al del originariamente quale l’interessato diritto al attribuitogli, può richiedere mantenimento se questo del il cognome costituisce ormai autonomo segno distintivo della sua identità personale. Con riferimento l’adottato perde dell’adottante, legge n. all’adozione, il mentre cognome nell’adozione 184/1983, come originario nei pure nell’adozione casi ed assume particolari nell’adozione legittimante di ex quello art. 44 maggiorenni, il cognome dovrà essere determinato secondo il dispositivo dell’art. 299 c.c. Questa, modificata dall’art. 61 della legge n. 184/1983, disciplina l’acquisto del cognome da parte dei maggiori di età, stabilendo, maggiorenni quello come criterio l’adottato originario (che generale, anteponga conserva il che cognome comunque) nell’adozione dell’adottante e, come dei a criterio 39 speciale, che se l’adottato è figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, il nuovo cognome, acquistato con l’adozione, comporta automaticamente la perdita di quello originario39. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120 dell'11 maggio 2001, ha dichiarato illegittimo l'art. 299, secondo comma, c.c., nella parte in cui non prevede che l'adottato maggiorenne può aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli dall'Ufficiale di Stato Civile, così accogliendo l'orientamento dottrinario che riteneva la norma incostituzionale, in quanto eccessivamente discriminante nei confronti del figlio naturale non riconosciuto, poi adottato. Tale scelta è stata ritenuta in contrasto con l'invocato art.2 della Costituzione, dovendosi ormai ritenere principio consolidato nella giurisprudenza della Corte quello per cui il diritto al nome - inteso come primo e più immediato segno distintivo che caratterizza l'identità personale - costituisce uno dei diritti inviolabili (sentenze protetti n. 297 dalla del 1996 menz ionata e 13 n. norma del costituzionale 1994). La Corte ha argomentato che, nel caso in esame, non solo l'interessato ha utilizzato da sempre quel cognome, trasmettendolo anche ai propri figli, sociale ma tale in cui all'adottato un'ingiusta segno egli la distintivo si si a trova possibilità privazione di un di e' radicato nel vivere, sicché mantenerlo si elemento della sua contesto precludere risolve in personalità, tradizionalmente definito come il diritto "ad essere se stessi". Osserva in particolare la Consulta: “… Ed è innegabile, d'altra parte, che l'antico sfavore verso i figli nati fuori del matrimonio è superato dalla nostra Costituzione oltre che dalla coscienza sociale. Per queste ragioni il fatto che l'adottato acquisisca uno status del quale era privo non e' motivo sufficiente per negare la violazione dell'art.2 della Costituzione. Non può essere dimenticato, d'altronde, che la norma in esame e' anche del tutto irrazionale alla luce della La ratio della disciplina appena esposta, è quella di far scomparire il cognome imposto dall'Ufficiale di Stato Civile ai figli naturali non riconosciuti, ai sensi dell'art. 71, 4° comma, R. D. 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento di Stato Civile), soluzione che sembra ispirata all'antica idea di tutelare il figlio illegittimo occultando la sua origine (così BIANCA, Diritto Civile, v. II, Milano, 1985, 349). 39 40 riforma dell'adozione di cui alla menzionata legge n. 184 del 1983. Con questa distinzione fra legge, infatti, l'adozione di si e' minori, compiuta sia essa una netta legittimante o meno, e quella di maggiorenni, regolata dal codice civile. Se la ratio della prima e, almeno in linea di massima, quella di fornire al minore una famiglia che sia idonea a consentire nel modo migliore il suo sviluppo - il che spiega l'assunzione, da parte dell'adottato, del solo cognome dell'adottante e la cessazione di ogni rapporto con la famiglia d'origine (art.27 della legge n.184 del 1983)…”. La Corte costituzionale fa comunque salva la c.d. adozione in casi particolari, il cui obiettivo evidentemente non è il medesimo, poiché tale adozione (art. 300 cod. civ.) non crea alcun vincolo di parentela tra l'adottato e la famiglia dell'adottante, tanto che il primo conserva tutti i propri precedenti rapporti, specie quelli con la famiglia di origine (v. sentenze n. 500 del 2000 e n. 240 del 1998 ed ordinanza n. 82 del 2001). In tale fattispecie, dunque, viene fatto salvo il diritto del minore di salvaguardare la propria storia personale e di mantenere il rapporto con la famiglia di importante origine, segno anche distintivo attraverso la dell’identità conservazione personale di un è il qual cognome dei propri genitori biologici. Tutto ciò confermerebbe – secondo il menzionato orientamento di giurisprudenza creativa un’interpretazione normativa in - formale tema di e la necessità rigida cambiamento ad di una di più cognome e passare elastica da della ribadirebbe il principio che è essenziale, ai fini della indicazione del cognome che il soggetto deve assumere situazioni descritte, distintivo dell’identità quando l’accertamento personale si se del verifichi esso una delle costituisca segno soggetto medesimo. Tale principio, sulla base dell’interpretazione evolutiva della Corte costituzionale dell’uguaglianza ed in dei ossequio cittadini al principio davanti alla costituzionale legge, senza distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), non può essere interpretato come limitato ai soli soggetti maggiorenni, ma deve essere ritenuto applicabile anche ai minorenni. In relazione a questi ultimi, tenuto conto della particolare complessità della valutazione (trattasi di un diritto personalissimo), che ha 41 indotto il legislatore nell’art. 33 citato a limitare ai soli maggiorenni la interessato, riserva viene di consenso applicato in via diretto del analogica il affermato dall’art. 262, 2° comma, cod, civ., soggetto principio per l’attribuzione del cognome paterno al figlio minore in caso di riconoscimento del figlio minore da parte del genitore successivamente alla madre. Tale disposizione prevede che in tal caso debba essere lo stesso Tribunale circa – chiamato l’assunzione giudizialmente del cognome ad intervenire- nell’esclusivo a decidere interesse del minore40. Sul punto si è tuttavia pronunciata la Corte costituzionale, che ha affermato l’infondatatezza della q.l.c. dell'art. 55 l. n. 184 del 1983, nella parte in cui, rinviando all'art. 299 c.c. per l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi particolari, non consente che il minore, o suoi legali rappresentanti, o gli adottanti possano ottenere, sempre nell'interesse del minore, che questi mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo o aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di quest'ultimo al suo, in riferimento agli art. 2, 3, comma 2, 30, comma 3, e 31, comma 2, cost. (Corte costituzionale, 24 giugno 2002, n. 268). In questi casi la Corte ha quindi ritenuto illegittime, per violazione dell'art. 2 Cost., norme che, prevedendo dei criteri rigidi ed automatici per l'attribuzione alla persona di un cognome diverso da quello col quale essa era conosciuta nell'ambiente sociale nel quale aveva sino a quel momento svolto la propria personalità, cognome allo finivano status per far prevalere familiare, la sacrificando corrispondenza nel contempo del il diritto all'identità personale del soggetto; in entrambi i casi la soluzione adottata è stata quella di lasciare la scelta se mantenere il cognome originario - solo o in aggiunta a quello 40 Cfr. Trib. Min. Bari, 8 maggio 2008, cit. 42 adottivo - quale tratto consolidato della personalità. La rimozione del carattere distintivo della vita precedente del soggetto non si verifica nella disciplina per l'adozione in casi particolari, per la quale è stato previsto che l'adottato assuma il cognome dell'adottante anteponendolo al proprio, che in questo modo non viene cancellato ma continua a costituire, in uno col nuovo cognome attribuito al minore, un tratto essenziale della sua identità personale. Come questa Corte ha già più volte affermato (v., tra le molte, le sentenze n. 27 del 1991 e n. 383 del 1999), l'adozione in casi particolari, prevista dagli artt. 44 e seguenti della legge n. 184 del 1983, è un istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia da quella tra persone maggiori di età, pur avendo in comune con la prima la finalità di perseguire l'esclusivo interesse del minore e con la seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col quale non vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua famiglia Il di legislatore, nello stabilire origine. la disciplina dell'adozione in casi particolari, ha quindi compiuto una "non facile composizione" di esigenze diverse, tra le quali quella di "evitare che l'instaurazione del nuovo rapporto comporti la rottura di quello esistente con l'altro genitore biologico e/o con i di lui parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga legami significativi" (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando una scelta del tutto conforme alle finalità dell'istituto. A ciò va aggiunto che le ipotesi previste nell'art. 44 della legge n. 184 del 1983 per questa particolare forma di adozione considerano situazioni diverse fra loro e cioè: l'essere il minore orfano di entrambi i genitori (art. 44, lettera a), ovvero figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge (lettera b), o il caso in cui vi sia la constatata impossibilità di procedere ad un affidamento preadottivo (lettera d); ed ora, dopo le modifiche introdotte con la legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile), anche l'ulteriore ipotesi in cui il minore, orfano di padre e di madre, si trovi nelle condizioni indicate dall'art. 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per 43 l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), in assenza del vincolo di cui alla lettera a). Nel disciplinare l'attribuzione del cognome all'adottato, la scelta fatta dal legislatore, nella sua discrezionalità, è stata quella di non eliminare il legame del minore col proprio passato e, perciò, con la sua identità personale come essa è stata ed è conosciuta nell'ambiente sociale di cui egli è, e deve continuare ad essere, possibili parte; per soluzioni sentenza n. disciplina 27 tale ragione, differenziate del 1991), unitaria, per il rispettosa pur i essendo diversi legislatore della astrattamente casi ha (cfr. previsto personalità del la una soggetto come tutelata dall'art. 2 Cost., proprio in quanto mantiene il cognome originario, cui aggiunge, anteponendolo, quello dell'adottante, con ciò dando atto dei precedenti e non interrotti legami familiari dell'adottato. 4. - Non può neppure dirsi che la disciplina prevista dalla legge per l'attribuzione del cognome particolari violi le giudice quo; l'attribuzione a altre ai norme minori adottati costituzionali del cognome in casi indicate dal dell'adottante, anteposto a quello originario del minore facente già parte della sua individualità, non può invero essere un ostacolo di ordine sociale allo sviluppo della personalità umana ai sensi dell'art. 3, secondo comma, Cost., o costituire un trattamento deteriore dei figli nati fuori dal matrimonio ai sensi dell'art. 30, terzo comma Cost., o risolversi in una disciplina che non attua la protezione del minore richiesta dall'art. 31, secondo comma, Cost.. Si tratta, al contrario, di una disposizione rispettosa della personalità del minore e non discriminatoria; l'attribuzione del doppio cognome, infatti, sta proprio a significare l'avvenuto inserimento del minore nel nuovo nucleo familiare, senza che nel contempo venga imposta la perdita del cognome col quale egli era ed è conosciuto nei diversi ambienti che frequenta e dei legami con la famiglia di origine, secondo la ratio complessiva della adozione Il in legislatore, avendo casi operato, nella particolari. sua discrezionalità, una scelta non irragionevole, ha voluto quindi evitare, attraverso il mantenimento del dell'adottante, cognome proprio originario quell'effetto cui di si antepone perdita di quello legami 44 sociali, con personalità, conseguente che viene difficoltà paventato allo dal sviluppo giudice della rimettente. La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una minor tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene il rimettente, qualora l'adozione riconosciuti; anche questo minore che effettuato già il in ha assunto riconoscimento nell'ambiente sociale; la riguardi caso, il e infatti, cognome che figli del tramite successiva si naturali tratta genitore esso adozione è di un che ha conosciuto (in casi particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento, anche mediante l'attribuzione del secondo cognome, certamente non comprime la personalità del minore - 6 – Profili processuali. L’accertamento dello stato di abbandono e l’apertura del procedimento. Non essendo proroga, allo stata emanata stato attuale, alcuna anche ulteriore in disposizione assenza della di prevista normativa di attuazione, devono ritenersi operative le modifiche introdotte disposizioni dalla di legge 28 carattere marzo 2001 n. processuale – 149, di quanto alle notevolissima importanza, avuto riguardo all’istituzione ex novo della difesa d’ufficio in ambito civile –, essendo prevista l’entrata in vigore delle stesse “comunque” non oltre il 30 giugno 2007 per effetto, da ultimo, dell'art. 1, secondo comma, della legge 12 luglio 2006, n. 228, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 17341. Varie sono state le proroghe, a partire dalla disposizione transitoria contenuta nell'art. 1, d.l. 24 aprile 2001, n. 150, conv. con modif., nella legge n. 240 del 2001 (proroga inizialmente “non oltre il 30 giugno 2002), termine poi prorogato al 30 giugno 2003, in forza del d.l. n. 126 del 2002, conv., con modif., nella legge 2 agosto 2002, n.175; quindi al 30 giugno 2004, per effetto del d.l. n.147 del 2003, conv., con modif., nella legge n. 200 del 2003, al 30 giugno 2005, in forza del d.l. n. 158 del 2004, conv., con modif., nella legge n. 188 del 2004, e al 30 giugno 2006, per effetto del d.l. n. 115 del 2005, conv., con modif., nella legge n. 168 del 2005. 41 45 Quanto alle modalità di accertamento dello stato di abbandono, lo svolgimento di indagini e l'assunzione di informazioni tramite i servizi sociali non comporta né un’alterazione della regola del contraddittorio, stante la controdedurre offrire ogni ed possibilità prova per le contraria, parti né di un’anomala delega a terzi di poteri decisori, poiché le risultanze di dette indagini ed informazioni sono rimesse alla valutazione del giudice procedente, nel quadro delle complessive emergenze istruttorie, fra cui quelle acquisite anche su istanza delle parti42. Inoltre, l’art. 10 cpv. prevede che i genitori, o in mancanza i parenti entro il quarto grado che abbiano avuto rapporti significativi con il minore, assistiti dal difensore, possano partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possano presentare istanze istruttorie , prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice. La possibilità di secretare atti, indirettamente desumibile dal novellato art. 10 (che, al 3° comma, prevede la facoltà, per i soggetti legittimati, di prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice, il quale – evidentemente – potrebbe non rilasciarla), non si ritiene non possa riguardare dati rilevanti ai fini della decisione nel merito, ma soltanto circostanze sprovviste di valenza probatoria, sebbene sulla potenzialmente condizione del idonee minore ad incidere (come in accade, maniera ad es., negativa per ogni informazione atta a consentire l’individuazione del luogo protetto ove lo stesso sia stato trasferito, ovvero della famiglia alla quale sia stato provvisoriamente affidato). Altro argomento di prioritaria importanza è quello dell’esigenza di ascoltare il minore, previsto – per effetto della legge n. 176/1991, che ha ratificato e reso esecutiva in Italia la convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989 – nella duplice forma, obbligatoria per gli ultradodicenni e facoltativa per gli infradodicenni – che costituisce una costante della materia che ci occupa (vedi artt. 7 e 25 per la dichiarazione di adozione, 10 e 15 in tema di adottabilità, 22 e 23 in tema di affidamento preadottivo). La previsione è intesa ad 42 Cass. civ. sez. I, n. 14675 del 29/12/1999. 46 attribuire rilievo alla personalità e alla volontà del minore, in relazione a provvedimenti che nel suo interesse trovano la loro ragion d'essere, pertanto, la necessità o l'opportunità di procedere a un nuovo ascolto del minore che sia già stato escusso (ad es., nella fase cautelare ex artt. 330 – 333 c.c.), rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il cui mancato utilizzo non è censurabile in Cassazione sotto l'aspetto della violazione di legge43. Un’importante costituita innovazione introdotta dall’abolizione dalla l. n. 149/01 dell’accertamento di ufficio è della situazione di abbandono, sicché le segnalazioni delle situazioni di abbandono dovranno essere indirizzate al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. Questi, assunte le necessarie ricorso, informazioni, di dichiarare è legittimato l’adottabilità a chiedere di quelli al tra Tm, i con minori segnalati o collocati presso gli istituti di assistenza pubblici o privati, che risultino in stato di abbandono. Il Presidente del TM, o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso provvede all’immediata apertura del procedimento, disponendo, tramite i servizi sociali o l’autorità di PS, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, nonché sull’ambiente in cui ha vissuto o vive, al fine di verificare la sussistenza dello stato di abbandono. Gli adempimenti di garanzia. In questa cautelare prima fase – comunque e del procedimento in tutta di la tipo fase sostanzialmente dell’affidamento preadottivo – possono essere disposti dal tribunale provvedimenti temporanei, nell’interesse del minore, compresi quelli di allontanamento dalla famiglia, collocamento temporaneo in altra famiglia o in comunità, sospensione o decadenza dalla potestà, nomina del tutore provvisorio. In casi di urgenza, detti provvedimenti possono essere adottati da un giudice singolo, ma in questo 43 caso, ai sensi dell’art. 10 comma Cass. civ., sez. I, n. 4124 del 21/3/2003. 5, devono essere 47 confermati, revocati o modificati dal Tribunale, nel termine di 30 giorni. All’atto di apertura del procedimento sono avvertiti i genitori, ovvero, se questi manchino, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Si ritiene più conforme ad esigenze di garanzia che alle parti sia comunicato, a cura della cancelleria, l’intero ricorso del PM. La l. 149/01 ha previsto che, insieme all’anzidetto avvertimento, il Presidente del Tribunale invita i genitori o i parenti a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio nel caso in cui non vi provvedano. Contestualmente, il tm dovrà provvedere richiamano, alla nomina nell’ambito del di un difensore procedimento di di ufficio. adattabilità, Si sia l’art. 8, 4° comma, sia l’art. 10, 2° comma, l. maggio 1983, n. 184, così come modificati dagli artt. 8 e 10 della l. 28 marzo 2001, n. 149. Da tali disposizioni si desume che per questi procedimenti la difesa tecnica è sin dall’inizio obbligatoria. Perciò, i genitori intanto «possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice», in quanto «assistiti dal difensore». Si è molto discusso sul significato dell’espressione “assistenza del difensore”, ovvero se sia da intendersi in senso ampio, ovvero come difesa tecnica, ai sensi dell’art. 82 cpc. E’ vero che difensore» la e norma non di in esame «ministero discorre di un di «assistenza procuratore di un legalmente esercente». Ma non sembra che ciò possa portare ad interpretare la disposizione come facoltatività dell’assistenza del difensore. La lettera sembra chiara nel disporre l’obbligo dell’assistenza del difensore: «i genitori e il minore sono assistiti da un difensore». D’altra parte, nessuno in passato ha negato che i genitori potessero farsi assistere da un difensore, sicché la disposizione per avere un senso non può che significare obbligo dell’assistenza. Il diritto alla difesa di cui all’art. 24 cost. si presenta, in primo luogo, come il diritto alla difesa tecnica, con la precisazione che si tratta di una garanzia che non riguarda 48 il solo processo penale, ma ogni tipo di processo (anche civile, anche camerale), come si può desumere anche dal 1° comma dell’art. 24 cost., intimamente connesso con il 2° comma. Tale diritto alla difesa deve essere riconosciuto anche nei processi relativi ai minori, che pure si svolgono in camera di consiglio, dal momento che esso rappresenta un diritto fondamentale che non può essere compresso in nome dell’esigenza di assicurare una nell’interesse rapida del definizione minore). del D’altra processo parte non è (anche se detto che assicurare la difesa tecnica alle parti comporti un allungamento dei tempi processuali. Tale impostazione appare inoltre conforme a quanto stabilito, in relazione al contraddittorio nel procedimento camerale ed alla difesa nei procedimenti (assimilabili a quelli di competenza del TM) in materia di amministrazione di sostegno, dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione. La norma in esame va dunque interpretata nel senso che i genitori e il minore stanno in giudizio assistiti - e non sostituiti - dal difensore, ovvero che partecipano al giudizio sempre con la assistenza-presenza del difensore. E’ prevista la nomina di difensore di ufficio anche ai parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, nel caso in cui non vi siano i genitori. Dal combinato disposto degli artt. 8, 4° comma, e 10, 2° comma, deriva quindi che sono parti sia il minore sia i genitori e in mancanza, i parenti entro il quarto grado, che abbiano rapporti significativi con il minore. La particolarità è che, con riferimento ai genitori, «il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano». Agli interessati verrà dunque inviato l’invito a nominare un difensore di fiducia, prevedendo già nella comunicazione iniziale la nomina di un difensore di ufficio qualora essi non vi provvedano. Poiché non vi sono elenchi di difensori di ufficio, si è ravvisata l’opportunità, in accordo con i rappresentanti dell’ordine, che i consigli degli ordini formino degli elenchi di avvocati esperti di diritto minorile (civile). Si è manifestato un orientamento 49 contrario ad utilizzare i difensori di cui all’apposito albo istituito per il processo penale, in considerazione della mancanza di formazione apparsa la dei predetti proposta di in materia attingere civile. dall’elenco Preferibile degli è avvocati istituito in materia di patrocinio a spese dello Stato. Per quel che concerne il minore si è unanimemente ritenuto che in questo procedimento sia sempre presente un conflitto di interessi tra genitori e minore, ai sensi dell’art. 78 cpc, sicché il p.m. chiederà la nomina di un curatore speciale, che nominerà l’avvocato per il minore. Si è invero ritenuto maggiormente corrispondente all’interesse del minore che il difensore venga nominato dal curatore speciale, piuttosto che di ufficio dal giudice (come per le altre parti), in considerazione del dato testuale per cui l’art. 10 1° co. Sulla nomina del difensore d’ufficio non fa riferimento al minore, e anche in considerazione del fatto che spesso in tali procedimenti risulta già nominato il tutore provvisorio, che potrà provvedere alla nomina del difensore del minore e che renderà inutile la nomina del curatore speciale. La nomina del curatore spetta ex artt. 78, 2° comma, 79, 1° comma, e 80, 1° comma, c.p.c. in via iniziale al Presidente del Tribunale per i minorenni, e comunque, nel prosieguo, al TM in composizione collegiale. Si ritiene che non operi l’art. 320 c.c., che prevede la nomina da parte del giudice tutelare, dal momento che la norma fa riferimento degli ad interessi una particolare patrimoniali del fattispecie minore), (amministrazione mentre le norme richiamate hanno una portata generale e riguardano in concreto il caso di un giudizio pendente. In tali procedimenti, attivati su ricorso del PM contenente la richiesta di nomina del curatore speciale per il minore, contestualmente alla delega presidenziale viene emesso decreto di fissazione della comparizione delle parti davanti ai giudici delegati (togato e onorario insieme), con la nomina del difensore di ufficio per successiva nomina i genitori e del curatore speciale – salva del difensore di fiducia44. La norma prevede che la richiesta di nomina del curatore speciale debba promanare dal PM, anche se vi è giurisprudenza che ammette che l’anzidetta nomina possa avvenire anche di ufficio. 44 50 Suscita perplessità, dal punto i vista operativo, l’introduzione di un meccanismo tipicamente penalistico, qual è la nomina del difensore d’ufficio ad una parte anche disinteressata al procedimento, in un procedimento civile in cui la parte sta in giudizio mediante formale costituzione tramite il conferimento di mandato. Vi sono in proposito due opinioni, una delle quali ritiene che, in caso di disinteresse della parte, il difensore d’ufficio non potrebbe concretamente esplicare il suo mandato difensivo. Secondo altra opinione, l’obbligatorietà della difesa d’ufficio implica che il difensore possa esplicare un’attività difensiva, sia pur minima, costituita dal deposito di memorie e di deduzioni, o dalla richiesta di mezzi istruttori. Non si comprende tuttavia quale rilievo sostanziale possa avere un’attività difensiva in un procedimento di adottabilità, in cui la parte sia palesemente disinteressata rispetto alle sorti del minore. Le diverse procedure per la dichiarazione di adottabilità previste: artt. 11 e 12. - Un procedimento più celere è previsto dall’art. 11 nel caso in cui sia stato omesso il riconoscimento da parte dei genitori. In tal caso, il procedimento tribunale per riconoscimento, se non disponga consentire ai genitori o dichiara l’adottabilità la sospensione ad uno del di essi minore. del il In particolare, la sospensione può essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi, sempre che nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti entro il quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque il rapporto con il genitore naturale. Ad ulteriore cautela, è previsto che il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi sociali, informa entrambi i presunti genitori, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere della facoltà adottabilità di per chiedere la durata la di sospensione due mesi del al procedimento fine di di eventuale riconoscimento. L’art. 11 non richiede che il tribunale accerti formalmente e senza ombra di dubbio (con dichiarazione scritta o raccolta a verbale) che la madre del neonato non intenda riconoscere il 51 figlio. Non c’è in altri termini la previsione di alcuna dichiarazione di non voler riconoscere, ma solo la presa d’atto del mancato riconoscimento, a fronte della quale la legge equipara il genitore che non ha riconosciuto 2°)45. inesistente (art. 11 comma accertamento circa riconoscimento, informarsi il la ma è genitore della previsto della figlio al genitore Non c’è dunque alcun obbligo di formazione solo il che, possibilità volontà ove al mancato possibile, di chiedere debba (non i ottenere) la sospensione della procedura di adottabilità, al fine di procedere al riconoscimento. Ulteriore presupposto da valutare, al fine di consentire il riconoscimento tardivo, è che il genitore biologico abbia mantenuto un rapporto con il figlio. Si ritiene infatti prevalente il diritto del minore ad avere una famiglia rispetto a quello della madre a ripensarci e di richiedere, a distanza di tempo, il figlio non riconosciuto. Ed invero, nella disciplina della legge n. 184, al genitore biologico, inteso come presunto o asserito genitore, non spettano notifiche o poteri processuali: l'unica forma di tutela prevista è quella offerta dall'art. 11, che nella prospettiva del recupero della responsabilità genitoriale e del mantenimento del minore nella famiglia di origine impone la ricerca dei presunti genitori al fine di avvertirli della facoltà di chiedere la sospensione della procedura per poter provvedere al riconoscimento prevedendo altresì la possibilità, di sospendere la procedura stessa a fronte di una in tal senso da parte di chi affermi di essere uno dei genitori naturali, "sempre che nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale". In mancanza minore o di la genitori cui giudizialmente o naturali paternità, che o abbiano che abbiano maternità richiesto sia la riconosciuto stata il dichiarata sospensione della procedura il tribunale per i minorenni, "senza eseguire ulteriori accertamenti", deve dichiarare "immediatamente lo stato di adottabilità (art. 11 comma 2), così come una volta decorso il periodo di sospensione senza che sia stato effettuato il riconoscimento deve provvedere senza altra formalità di procedura 45 Cfr. Trib. Min. Bari 26 aprile 2007, caso Pralea. 52 alla pronuncia dello stato di adottabilità" (art. 11 comma 5). Come appare evidente, tale disciplina sottende il principio che il bambino non riconosciuto e, per definizione un bambino abbandonato, in quanto deprivato non solo di ogni assistenza, ma del bene ipotesi, primario in cui della la propria mancanza di identità personale; riconoscimento in tali costituisce già segno preciso di un rifiuto totale del minore, il legislatore ha inteso privilegiare conseguire un l'esigenza proprio "status" fondamentale ed a del crescere in bambino un a ambiente familiare idoneo rispetto all'interesse al recupero della famiglia biologica sancito dall'art. 1 (cfr. Cass. 6 agosto 1998 n. 7698)46. Viene peraltro ribadito che, al fine della dichiarazione dello stato di adottabilità del minore non riconosciuto dai genitori naturali, avvalersi il dovere della di informare facoltà di questi chiedere ultimi una che possono sospensione del procedimento per provvedere al riconoscimento (art. 11, comma 6, l. 4 maggio 1983 n. 184) non sussiste ove non sia accertata l'esistenza di un rapporto in atto con il figlio. Peraltro, una volta che tale dichiarazione di adottabilità sia intervenuta, la legittimazione all'opposizione spetta solo a chi ha acquistato, con il riconoscimento, la qualità di genitore (cfr. Cass. Civ. , sez. I, 10 giugno 1996, n. 5351). Tanto vuol dire che la sospensione, seppur richiesta, non potrà mai essere disposta ove tale rapporto non esista, ovvero sia cessato. Se è vero, secondo quanto affermato in alcune pronunce di questa Suprema Corte (Cass. 1982 n. 1725; 1990 n. 10515 ma v. in senso dubitativo Cass. 1996 n. 5351, in motivazione) che il genitore che non ha ancora provveduto al riconoscimento è legittimato all'opposizione, sempre che il riconoscimento stesso intervenga prima della decisione sull'opposizione - integrando lo "status" giuridico di genitore naturale una condizione della azione, e non un presupposto processuale - è tuttavia altrettanto vero che tale legittimazione per fatto sopravvenuto deve essere coordinata con la rigida disciplina dei termini per proporre opposizione fissata dalla legge, e, quindi con il principio di intangibilità, dei provvedimenti divenuti inoppugnabili e con la forza del giudicato. Ciò vale a dire che il genitore biologico potrà legittimamente opporsi alla dichiarazione di adottabilità nei limiti in cui l'esercizio di tale potere sarà (ancora) possibile, sulla base dei principi processuali dettati dall'art. 17. Resta, ovviamente, salva la possibilità per il genitore che abbia riconosciuto il minore nelle more del giudizio di opposizione promosso da uno dei soggetti legittimati di intervenire in causa per adesione. 46 53 Peraltro, il genitore biologico potrà legittimamente opporsi alla dichiarazione di adottabilità nei limiti in cui l’esercizio del potere sia ancora possibile, e dunque se effettui il riconoscimento oltre il periodo di sospensione concesso o senza aver richiesto tale sospensione, dovrà confrontarsi con la definitività del provvedimento. Infatti, l’art. 11 u.c. prevede che intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo, il riconoscimento tardivo è privo di effetti e l’eventuale gravame è inammissibile. - Molto più complessa è la procedura prevista dall’art. 12, quando risulti la presenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. E’ infatti prevista una convocazione di tali soggetti, con decreto motivato, nelle forme degli artt. 140 – 143 cpc. All’esito di tale audizione, il TM può impartire prescrizioni idonee a garantire l’assistenza morale, l’istruzione o educazione del minore, significative se siano relazioni, concretamente stabilendo utili periodici a restaurare accertamenti; può chiedere al PM la promozione dell’azione per la corresponsione degli alimenti; può sospendere il procedimento per un periodo non superiore ad un anno. La dottrina (AC Moro) giurisdizionalizzazione finalizzate procedimento, alla ed tutela hanno come non manca il degli effetto di rilevare formalismo del interessi un la procedimento, delle allungamento come parti dei del tempi, a detrimento dell’interesse del minore a ricevere in tempi brevi una collocazione in una famiglia idonea ed una certezza del suo status. L’esito del procedimento di adottabilità. Il tm può concludere la procedura o dichiarando che non vi è luogo a provvedere (art. 16) o dichiarando lo stato di adattabilità (art. 15). In proposito è intervenuta un’ulteriore modifica sostanziale introdotta dalla l. n. 149/01, nel senso che la dichiarazione di adottabilità va fatta con sentenza e tale declaratoria va fatta 54 con riguardo ai presupposti da accertarsi al momento della pronuncia, tenuto conto delle modifiche intervenute. Si prevede che debbano essere sentiti il PM, il rappresentante dell’istituto o della comunità presso cui il minore è collocato, l’eventuale tutore ed il minore che abbia compiuto giurisdizionalizzazione del procedimento, gli anni dodici47. Attesa che, la per (genitori quanto o riguarda parenti, le minore, parti processuali tutore, pubblico si del ritiene rapporto ministero) il giudice debba instaurare un contraddittorio finale convocandoli in un un’unica udienza, e addirittura debba invitarli a precisare le conclusioni. pronuncia conseguente di Si ritiene, adottabilità soppressione all’adottabilità davanti al infatti, con che la sentenza del giudizio previsione appellabile di della e la opposizione TM, determini un’anticipazione delle garanzie del contraddittorio nella fase precedente alla pronuncia di adottabilità48. - 7 - I gradi di giudizio successivi al primo. La giurisprudenza citata si riferisce ovviamente alla normativa previdente, nell’ambito della quale era previsto un giudizio di 47 Quanto alla previsione, di cui all'art. 15, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, che nel procedimento sia sentito "il rappresentante" dell'istituto presso cui il minore è ricoverato, essa si riferisce non già al legale rappresentante, ma a qualsiasi esponente della comunità che ospita il minore, che, per essere a diretto contatto con quest'ultimo, sia in grado di esprimere un parere motivato sulla condizione dello stesso. È rimesso – anche in questo caso – all'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, verificare l'idoneità del soggetto incaricato ad esprimere le valutazioni dell'istituto che ha cura del minore. Con riferimento, invece, al tutore, egli deve essere sentito ed ha la facoltà di impugnare il provvedimento che lo conclude e che deve essergli comunicato; tuttavia, non ha la veste di parte “necessaria”, in quanto l'intervento nel procedimento e l'assunzione della qualità di parte costituiscono frutto di una sua scelta discrezionale. Non vi è, infine, alcun obbligo giuridico all’ascolto degli eventuali affidatari in via provvisoria del minore. 48 L'opposizione avverso la adottabilità, anche a legislazione procedimento di natura contenziosa conseguente applicabilità della norma proc. civ., relativo all'obbligo delle ministero di un procuratore legalmente dichiarazione dello stato di pre - vigente, introduceva un dinanzi al tribunale, con la di cui all'art. 82, comma 3 cod. parti di stare in giudizio con il esercente. 55 opposizione (a seguito della pronuncia di adottabilità con decreto), che si concludeva con sentenza, eventualmente oggetto di gravame. Vanno ricordati tuttavia alcuni principi in tema di rinnovazione degli accertamenti dopo la pronuncia di primo grado. Nel giudizio di appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull'opposizione al decreto di adottabilità la rinnovazione delle indagini sulla condizione del minore è meramente eventuale, in quanto rimessa al prudente apprezzamento del giudice dell'impugnazione, così come alla valutazione del medesimo giudice è affidato tutore e il riscontro delle altre dell'opportunità persone di indicate convocazione nel penultimo del comma dell'art. 15 della legge 4 maggio 1983 n. 184, che non siano parti del giudizio per non aver proposto opposizione al decreto di adottabilità49. Avverso le sentenze sullo stato di adottabilità pronunciate dalla sezione per i minorenni della corte d'appello, il ricorso per cassazione continua ad essere ammesso esclusivamente per violazione di legge, secondo la disciplina contenuta nel testo originario dell'art. 17 della legge n. 184/1983, ma l'entrata in vigore della nuova normativa processuale (art. 16 della legge 28 marzo 2001, n. 149, sostitutivo del richiamato art. 17) - ha esteso l'ambito dei motivi di ricorso per cassazione avverso le dette sentenze, comprendendovi anche il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, comma 1°, numero 5, cod. proc. civ. –. Tuttavia, si deve ritenere compreso in tale vizio anche il caso di totale inesistenza o di mera apparenza della motivazione, per insanabile contraddittorietà, mentre va esclusa l'ammissibilità di qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima, anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite50. Ove vi sia giudizio di rinvio, anche in tale sede si può accertare, attraverso indagini di ufficio, la sopravvenienza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dello stato di abbandono, atteso che l'art. 17, quarto comma, della legge n. 49 Cass. civ., sez. I, n. 1738 del 11/2/1993 50 Cass. civ., sez. I, n. 27384 del 12/12/2005. 56 184/1983 ammette nel giudizio di appello l'effettuazione di ogni altro accertamento ed indagine opportuni e che l'art. 21 della medesima legge prevede la revocabilità dello stato di adottabilità per il venir meno dello stato di abbandono51. Tra i rimedi giurisdizionali esperibili, infine, non è compresa l'opposizione di terzo, che presuppone in capo all'opponente la titolarità di situazione giuridica altre parti; un ne diritto autonomo risultante consegue che ed dalla il incompatibile sentenza genitore con pronunciata biologico che la tra abbia omesso di effettuare un tempestivo riconoscimento del minore non è legittimato ad impugnare il provvedimento dichiarativo dello stato di adottabilità con l'opposizione di terzo ordinaria52. L’AFFIDAMENTO PREADOTTIVO E L’ADOZIONE NAZIONALE - 1 – La seconda fase del procedimento di adozione: scelta dei coniugi ed affidamento preadottivo.La sentenza di adozione ed i suoi effetti. La seconda effettuarsi fase dell’iter sulla base di adozionale una prevede valutazione la scelta, comparativa, da dei genitori adottivi, tra quelli in possesso dei requisiti previsti dall’art. 6 della legge n. 184/83, con riferimento alla differenza di età tra adottante ed adottato, nonché allo stato civile degli adottanti. L'affidamento preadottivo si distingue dagli altri modelli di affidamento in ambito minorile, perché è quello che più di ogni altro allontana giuridicamente il minorenne dalla famiglia di origine. Presuppone infatti la definitività della dichiarazione di adottabilità del medesimo e contribuisce ad accentuare un tale allontanamento, perché aggiunge un altro tassello al percorso diretto alla sua adozione legittimante con l’interruzione completa del rapporto di filiazione originaria, in quanto - come detta l'art. 21, 4° comma, della L. 184/1983 - rende irrevocabile lo stato di adottabilità definitivo. 51 Cass. civ., sez. I, n. 4101 del 17/4/1991. 52 Cass. civ., sez. I, n. 7698 del 6/8/1998. 57 La legge sull'adozione, anche nel testo riformato con la L. 28/3/2001 n. 149, dedica a questo tema i soli tre articoli 22, 23 e 24, l'ultimo dei quali negli ultimi anni non ha mai trovato applicazione. L'art. 22 - proponendo l'articolazione normativa già presente nelle disposizioni del testo precedente la riforma - introduce il tema dell'affidamento preadottivo, non affrontando subito i temi della comparazione delle coppie aspiranti in vista dell'abbinamento con il minore adottabile e quello dell'ulteriore iter, che si conclude con il provvedimento di affidamento preadottivo (cosa che avviene solo a partire dal quinto comma dell'art. 22), ma esponendo le modalità di proposizione della domanda di adozione e quelle relative all'istruttoria riguardante quest’ultima. Per effetto di tanto, la dottrina parla di giudizio (o procedimento) di affidamento preadottivo, facendolo iniziare dalla fase della presentazione della domanda di adozione. Tutto ciò potrebbe determinare l'errata percezione che l'iter istruttorio delle domande di adozione nazionale debba svolgersi tra il momento nel quale è divenuta definitiva la dichiarazione di adottabilità di un minore, e quello del suo affidamento preadottivo. In realtà da sempre l'istruttoria relativa alle domande di adozione e quella del procedimento di adottabilità seguono percorsi autonomi e distinti per incontrarsi solo al momento della comparazione in vista dell'abbinamento53. La domanda di adozione va presentata, senza l'osservanza di forme, insieme a vari documenti che riguardano la situazione anagrafica, quella penale, le condizioni di salute oltre alla dichiarazione del reddito. In alcuni tribunali (ad esempio, Milano) gran parte dei documenti sostituiti da suindicati (tranne autocertificazioni, quelli sulla salute) sulle quali il sono tribunale effettua controlli a campione. In altri (Bari e Venezia) si tiene Cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’affidamento preadottivo, inedito. L’A. commenta che molto più lineare risulta l'organizzazione sistematica prevista per l'adozione internazionale, nell'ambito della quale la fase istruttoria delle domande (art. 29 bis e 30) è tenuta distinta da quella successiva (art. 31-35). Anche per l'adozione nazionale sarebbe stato opportuno seguire un'impostazione analoga. Invece, la disciplina normativa dell’affidamento preadottivo comprende anche quella relativa alle domande di adozione ed alla sua istruttoria. 53 58 conto della circostanza, segnalata dalla Commissione per le adozioni internazionali, che nei Paesi stranieri non è accettata l'autocertificazione e, poiché la massima parte degli adottanti propone domanda internazionale, sia si per l'adozione ritiene più nazionale pratico che richiedere per quella la stessa documentazione per entrambi i tipi di adozione. Per le domande presentate da aspiranti adottanti, che risiedono fuori del distretto giudiziario, criterio abbastanza diffuso è quello per cui sono preferite le coppie che abitano nel distretto del tribunale agevolmente minorile, vigilare perché sul ciò buon consente andamento di poter più dell'affidamento preadottivo. La giurisprudenza ha affermato un tale principio da gran tempo (così Corte d’Appello Sez. Min. Perugia, 13 novembre 1971, in Esp. ried., 1972, fasc. 2, 33) e continua ad applicarlo. La gran parte dei tribunali procede all'istruttoria completa anche di queste domande, richiedendo agli altri tribunali copia degli atti di parte e istruttori ed ascoltando anche le coppie soprattutto utilizzate da parte la sistemazione in tribunale. Peraltro, tribunali esse sono (Firenze, Salerno, Lecce) per di alcuni di bambini, che è opportuno allontanare dal territorio distrettuale al fine di evitare rischi di reperimento da parte della famiglia di origine. Alcuni tribunali (Roma, Ancona) si limitano a richiedere la documentazione ed ad accantonare le domande degli adottanti che risiedono "fuori distretto". Nessun problema si pone per la decadenza triennale (biennale prima della riforma) della domanda di adozione. Già in passato la giurisprudenza aveva affermato che tale meccanismo è previsto per evitare che "nella nota situazione di sproporzione tra numero di bambini adottabili e numero di coppie aspiranti all'adozione venga a formarsi un accumulo di domande in attesa", che può essere lunghissima e priva di prospettive (Corte d’Appello Torino, Sez. Min., 15 novembre 1985 in Dir. fam. pers. 1985, 139). La Corte aveva anche aggiunto che in tali casi il tribunale non è tenuto ad emanare un provvedimento suscettibile d'impugnazione, perché l'applicazione della decadenza non lede alcun diritto, essendovi la possibilità di ripresentare la domanda. restano confermati anche dopo la riforma. Tali orientamenti 59 La rinnovazione della domanda è intesa dalla dottrina anche come il modo previsto dalla legge per operare una nuova e completa valutazione della della coppia coppia, atteso all'adozione che può il mutare giudizio sulla sull'idoneità base di molte variabili, tra le quali rientrano certamente il decorso del tempo e le ulteriori esperienze vissute. Il Tribunale, ai sensi dell’art. 22, sulla base delle domande presentate, svolgerà degli accertamenti, avvalendosi dei servizi socio – assistenziali, al fine di valutare la capacità della coppia di rispondere alle esigenze di un bambino che ha subito l’esperienza giorni, lacerante ulteriormente dell’abbandono, prorogabile. in un All’esito, termine il di 120 tribunale in camera di consiglio, sulla base delle indagini espletate, effettua il giudizio di comparazione tra le coppie, determinando quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore. Il provvedimento è assunto dal Tm, sentito il parere del PM, gli ascendenti degli adottanti (ove esistano), il minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche più piccolo, se abbia adeguata capacità di quattordici, discernimento. deve Se il minore manifestare il suo ha compiuto consenso gli anni all’affidamento della coppia prescelta. Importante è l’obbligo per il tribunale di informare i richiedenti su tutti i fatti rilevanti relativi al minore, accertati in corso di istruttoria e di non dividere i fratelli in stato di adottabilità, salvo che non ricorrano gravi ragioni. La riforma ha introdotto alcune rilevanti modificazioni. Viene anzitutto precisato che le “adeguate indagini” sulle coppie devono essere effettuate ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati. Si tratta di una indicazione superflua, perché – pur mancando nella precedente normativa – essa era già stata attuata dai tribunali. Più utile è invece l’ulteriore precisazione normativa che consente di avvalersi delle professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, perché essa permette di superare le difficoltà che sempre più spesso venivano opposte dalle ASL, le quali ponevano problemi di competenza sul piano amministrativo. E’ poi stata data priorità nell’istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con 60 handicap. La dottrina (Occhiogrosso) osserva che, mentre è giustificata la prelazione data a coppie che siano disponibili ad adottare minori portatori di handicap, non si comprende perché essa – come prevede la legge - debba essere limitata solo a coloro il cui handicap sia stato accertato ai sensi dell’art. 4 della L. 5.2.1992 n. 104 (cioè dalla ASL mediante specifiche commissioni mediche) e non estesa a tutti i casi di handicap compresi quelli nei quali, tale modalità di accertamento non sia stata effettuata. Non si cinque spiega anni neppure l’indicazione richiesta per dell’età privilegiare superiore nell’iter a soli istruttorio coppie che si dichiarino favorevoli all’adozione di tali minori. L’esperienza insegna che non è difficile realizzare l’adozione di bambini di sei – sette anni ed anche più grandicelli e che i problemi seri di accettazione cominciano con la preadolescenza. Viene dunque emesso decreto di affidamento preadottivo, immediatamente annotato a margine della sentenza di adottabilità, della durata di un anno, prolungabile di un altro anno e determinandone le modalità. Si va affermando nei tribunali per i minorenni la prassi di computare nella durata dell’affidamento preadottivo il pregresso periodo di 184/83, affidamento per quanto provvisorio le ex finalità art. dei 10 due comma 3° istituti l.n. siano ontologicamente diverse, essendo questo tendenzialmente destinato a soddisfare idoneo54. la Tale diffidenze, Tribunale eventualità temporanea che di un ambiente familiare impostazione ha inizialmente suscitato presupposto di una onnipotenza sul per mancanza i le Minorenni, sue che pronunce pretesa non siano terrebbe travolte conto dai delle del della successivi Si veda la seguente massima: “L'affidamento preadottivo rappresenta una fase necessaria del procedimento di adozione, non surrogabile dall'affidamento provvisorio o di mero fatto; tuttavia, laddove l'interesse del minore lo richieda, il periodo di affidamento preadottivo può essere inferiore a dodici mesi e sommarsi al periodo di affidamento provvisorio (nella specie, discutendosi dell'adozione di un minore di diciassette anni e due mesi - con conseguente preclusione dell'adozione legittimante nell'ipotesi in cui fosse stato disposto l'affidamento preadottivo per il periodo di un anno - è stata ammessa la possibilità di sommare il periodo di affidamento preadottivo all'affidamento provvisorio alla vigilia del compimento del diciottesimo anno di età da parte dell'adottando)”: cfr. Tribunale minorenni L'Aquila, 06 marzo 2002, Gius 2002, 1185 (s.m.) 54 61 gravami. E’ tuttavia prevalsa la considerazione dell’interesse del minore ad essere quanto prima inserito in un contesto familiare per lui positivo e conforme alle sue esigenze di crescita55. Con l’affidamento minore, in familiare preadottivo quanto idoneo, cessa lo il medesimo viene con acquisto da stato di inserito parte abbandono in degli un del ambiente adottanti della potestà genitoriale nei suoi confronti, pur permanendo la nomina del tutore di cui alla sentenza di adottabilità. Solo in caso di serie e gravi difficoltà di inserimento del minore, l’affidamento preadottivo può essere revocato camerale di cui all’art. 23 l. all’esito del procedimento adoz56. L’art. 24 della L. 184/1983 prevede che il decreto di affidamento preadottivo possa essere impugnato con reclamo alla corte d’appello. Non si fa riferimento al ricorso per cassazione, che però la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile (Cass. 6 febbraio 1993 n. 1502, Giur. It. 1994, I, 1, 1615). Interessanti risultano, per la diversità di valore che attribuiscono alla posizione giuridica degli affidatari, alcune divergenti decisioni della Cassazione. Da un lato,è stato infatti, affermato che “ i provvedimenti resi dal tribunale per i minorenni, in tema di affidamento temporaneo del minore, di stato di adottabilità nonché di affidamento preadottivo sono impugnabili dinanzi alla espressamente corte d’appello contemplati dagli esclusivamente art. 10, 17, dai 24 soggetti della legge citata, non anche pertanto, da soggetti diversi, quali coloro che siano affidatari del minore stesso in base a mero accordo intervenuto con i genitori”, (Cass. 27/3/1985 n. 2151); dall’altro Cfr. M. DOGLIOTTI, A. FIGONE, Famiglia e procedimento, II edizione, Ipsoa, 302 ss.. 55 L'annullamento, da parte della Corte d'appello, del provvedimento, del Tribunale per i minorenni, di revoca di un affido preadottivo non comporta automaticamente il riaffido del minore a quello degli affidatari in preadozione che mostri di volersene prendere cura per procedere poi alla sua adozione, dal momento che l'adozione da parte di persona singola conserva, nel nostro ordinamento, carattere eccezionale, sicché spetta al Tribunale per i minorenni scegliere la soluzione più confacente all'interesse del minore procedendo ad una comparazione della disponibilità dell'affidatario e delle "chances" da lui offerte con la disponibilità e le "chances" di altra coppia aspirante all'adozione (cfr. Corte appello Napoli, 15 maggio 1996, Leggiero, Dir. famiglia 1996, 1402 nota CENCI). 56 62 è stato deliberato che: “il decreto camerale, reso dalla corte d’appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale per i minorenni sull’affidamento preadottivo, secondo la previsione degli artt. 22-24 della legge 4 maggio 1983 n. 184, è impugnabile con ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, in quanto non si esaurisce in un intervento di natura amministrativa, nell’ambito di una gestione pubblicistica degli interessi del minore (come invece il decreto di affidamento provvisorio o fiduciario, disposto in pendenza del procedimento per la dichiarazione di adottabilità), ma statuisce su posizioni di diritto soggettivo, in via decisoria, con attitudine cioè a spiegare effetti di giudicato sostanziale, assegnando al minore uno “status” prodromico alla successiva adozione, con il suo stabile inserimento nel nucleo familiare dei coniugi che hanno chiesto l’adozione stessa”. Trascorso un anno – ma nell’interesse esclusivo del minore questo termine può essere prorogato di un altro anno – il Tribunale, se ricorrono tutte le condizioni, pronuncia con sentenza l’adozione. In caso di morte di uno dei coniugi durante l’affidamento preadottivo, l’adozione può essere pronunciata nei confronti del coniuge superstite su istanza di questo e quando ciò sia nell’interesse del minore. L’art. 21 della legge n. 149/01 ha modificato l’art. dell’affidamento 2 l. adoz., preadottivo nel senso interviene la che, se nel separazione corso tra i coniugi affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti di entrambi, ovvero nei confronti di uno solo nell’esclusivo interesse del minore, qualora i coniugi o il coniuge ne facciano richiesta57. In caso di separazione personale tra i coniugi che abbiano ottenuto l'affidamento preadottivo di un minore e in caso di richiesta di adozione da parte di uno solo di essi, essendo venuti meno i presupposti dell'accertamento compiuto sull'idoneità dell'adozione, il tribunale, nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza, appena venutone a conoscenza, deve riconsiderare la situazione, delibando l'idoneità del richiedente e, ove non la ravvisi, deve, nell'interesse del minore, rigettare la richiesta di adozione formulata ai sensi dell'art. 25, comma 5, della l. n. 184 del 1983, ancorché non sia decorso un anno dall'affidamento, revocando l'affidamento e adottando i provvedimenti temporanei ex art. 23, comma 6, della stessa legge (cfr. Cassazione civile , sez. I, 29 aprile 1998, n. 4371, Leggiero c. Orefice, Giust. civ. Mass. 1998, 904). 57 63 Con la pronuncia definitiva di adozione il minore acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti come se fosse nato da loro, ne acquisisce e trasmette il cognome, stringe rapporti di parentela con tutti i parenti dei nuovi genitori. Perde di contro ogni rapporto con la famiglia di origine, fatti salvi i soli divieti matrimoniali58. Se l’adozione è disposta in favore della moglie separata il minore acquisisce il cognome di lei. Gli effetti si producono allorquando la sentenza diviene definitiva. La decisione costitutiva del nuovo status di figlio legittimo non è revocabile come ordinaria59. nell’adozione Tuttavia, atteso che la nuova disciplina prevede che la pronuncia di adozione sia effettuata con sentenza e non più con decreto, non vi sono più ragioni per escludere l’applicabilità dell’istituto della revocazione previsto dal titolo III capo IV cpc. - 2 – L’accesso all’informazione sulla famiglia di origine tra garanzia dell’identità dell’adottato e tutela della riservatezza del genitore. La versione originaria dell’art. 28 della legge n. 184/1983 non ammetteva la possibilità di conoscere le generalità dei genitori naturali dell’adottato, legittimante, il sul minore presupposto vedesse il che, proprio con l’adozione status di figlio naturale sostituito con quello di figlio adottivo. L’adozione era vista, infatti, come una nuova nascita del minore e, conseguentemente, tutto ciò che era avvenuto in un momento precedente perdeva di rilevanza. Nell’ottica che intendeva scongiurare il pericolo di una doppia genitorialità, era pertanto preclusa la visione dei documenti informazioni sui genitori naturali, ai sensi dell’art. 24 1 comma legge n. 241/1990, che esclude l’accesso divulgazione “nei espressamente casi di previsti segreto dalla o di legge”. divieto di L’assolutezza Cfr. i menzionati recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di adozione aperta, volti ad affermare la compatibilità dell’adozione legittimante con il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine, in considerazione del fatto che la recisione dei rapporti giuridici non comporti necessariamente la cessazione dei rapporti di fatto. 59 Cfr. Corte cost. 20 luglio 1992 n. 344, che ha stabilito che l’art. 27 l. adoz. non è in contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che possa essere pronunciata per gravi motivi nell’interesse dell’adottato la revoca dell’adozione. 58 64 del disposto normativo veniva stemperata nel senso di consentire all’ufficiale di stato civile di fornire notizie, informazioni, estratti relativi all’origine dell’adottato, solo previa autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria. I presupposti per concedere tale autorizzazione venivano ricondotti esclusivamente a tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, principalmente la salute60. Sulla spinta del diritto convenzionale (art. 20 della Convenzione europea di Strasburgo sull’adozione dei minori; art. 7 – 8 della Convenzione di New york e art. 30 della Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in tema di adozione internazionale), la legge n. 149/2001 modificava integralmente l’art. 28, consentendo all’adottato di accedere alle informazioni relative all’identità dei propri genitori biologici. In particolare, l’età ritenuta idonea dal legislatore a consentire la conoscenza di siffatte informazioni senza riportarne un trauma psicologico è indicata nei 25 anni. Raggiunta tale età, cessa la segretezza sul rapporto genitoriale biologico e l’unica situazione giuridica meritevole di tutela per l’ordinamento è il diritto all’informazione dell’adottato. Diversa è la previsione contenuta nel primo comma dell’art. 28, per cui l’adottato è informato di tale sua condizione nei tempi e nei modi più opportuni. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore. Per gli infra – venticinquenni, In mancanza di un interesse serio e non emulativo in capo alla istante, va respinta la richiesta volta ad ottenere l'autorizzazione all'accesso ai documenti amministrativi ai fini delle identificazione della madre naturale, la quale deve essere tutelata nel suo diritto all'anonimato (cfr. Tribunale minorenni Perugia, 19 luglio 1999). 60 65 dunque, la conoscenza dell’identità dei genitori biologici non si configura come diritto autonomo, ma come strumentale alla tutela di distinte situazioni giuridiche. Conseguentemente, il diritto di conoscere le presenta due diritto proprie anime61: origini non ha carattere unitario, ma fino ai 25 anni, il legislatore vede il all’informazione come strumentale alla tutela di altre situazioni giuridiche, mentre oltre i 25 anni sorge un vero e proprio “diritto a sapere”, che non deve avere fondamento in altre situazioni soggettive. La dottrina è divisa circa la necessità o meno che l’accesso dell’adottato ultraventicinquenne sia subordinato al rilascio di autorizzazione. Più rispondente alla formulazione testuale della norma e maggiormente accreditata in giurisprudenza, sembra essere la tesi affermativa, atteso che il comma 6, che disciplina il procedimento finalizzato a valutare l’equilibrio psico – fisico del richiedente richiama il comma 5, che disciplina il diritto di accesso sia per l’infra che per l’ultra venticinquenne62. Vi è tuttavia una tesi contraria per cui, sul presupposto che, fissando l’età dei 25 anni, il legislatore abbia fatto una valutazione in astratto circa la maturità psico – fisica del soggetto, ritiene ultroneo l’accertamento del giudice circa la possibilità che venga turbato l’equilibrio psico – fisico del soggetto63. Dette disposizioni vanno coordinate con il successivo comma 8°, a mente del quale, facendo salvo quanto è previsto dai commi Cfr. S. MAZZUCCHI, Dei rapporti tra l’identità dell’adottato e la riservatezza del genitore naturale (in margine alla sentenza n. 425 del 2005 della Corte costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it . Cfr. App. min. Torino 13 settembre 2004, in Diritto della famiglia e delle persone, n. 2/2008, con nota di GALUPPI, in cui si evidenzia l’interesse ad evitare che l’adottato maggiorenne, ma di età inferiore ai 25 anni, il cui sviluppo psico – fisico è ancora incompleto, possa ricevere un trauma psico – fisico dalla conoscenza delle proprie origini, sicché l’accesso alle medesime è subordinato alla sussistenza di esigenze sanitarie collegate al familiare. 62 Cfr. M. PETRONE, Il diritto dell’adottato alla conoscenza delle proprie origini, Milano, 2004, 49. Con riferimento alla valorizzazione del profilo relativo alla salvaguardia dell’equilibrio psico – fisico dell’adottato, cfr. Trib. Min. Trento decreto 20 marzo 2007, in Famiglia e minori, n. 7/2007, 88, ai sensi del quale è opportuno che l’accesso alla propria origine ed all’identità dei genitori biologici avvenga tramite l’accompagnamento dei giudici onorari psicologi, cui è demandato il compito di rilasciare le informazioni in possesso del Tribunale per i Minorenni. In giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Min. Sassari 16 gennaio 2002, in Famiglia e diritto 2003, 69 con nota di Figone e Trib. Min. Perugia, 19 luglio 1999 e App. Palermo, 11 dicembre 1992. 63 Cfr. E. PALMERINI, Art. 28, in Adozione nazionale (l. 28 marzo 2001, n. 149), commentario, a cura di CM Bianca e L Rossi, in Le nuove leggi civili commentate, 2002, 1021. 61 66 precedenti, l’autorizzazione non è richiesta per “l’adottato di maggiore età, quando i genitori irreperibili”. Appare preferibile sono deceduti o l’accezione, divenuti fondata sul principio della generale necessità dell’autorizzazione, per cui il riferimento alla “maggiore età” si riferisca ai maggiori degli anni diciotto, e non già al maggiorenne che non abbia ancora compiuto i 25 anni. L’anzidetta norma deve essere peraltro coordinata con il comma 7°, a mente del quale “… l'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell' articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396…”. Il combinato disposto dei commi 7 e 8 sembra ridimensionare la portata del principio della mediazione del giudice minorile quale presupposto indefettibile per l’esercizio del diritto all’informazione dell’adottato, che cede il passo rispetto alla tutela del diritto all’anonimato dei genitori naturali. Sul punto è intervenuta Corte costituzionale, 25 novembre 2005, n. 425 in Diritto & Giustizia 2005, Riv. notariato 2006, 3 101, con nota di TRUCCO, ai sensi della quale non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, comma 7, l. 4 maggio 1983 n. 184, come modificato dall'art. 177, comma 2, d.lg. 30 giugno 2003 n. 196, in quanto non contrastante con l'art. 2 cost., costituendo valutazione invece la comparativa norma dei espressione diritti della inviolabili ragionevole dei soggetti interessati. Non è altresì fondata la questione di legittimità costituzionale della medesima norma sia in riferimento all'art. 32 cost., sotto il profilo dell'adottato alla sua all'art. comma 1, 3, dell'asserito identità sotto il pregiudizio personale; sia profilo della del in diritto riferimento diversità di disciplina fra l'ipotesi dell'adottato nato da donna che abbia dichiarato di non voler essere nominata e quella dell'adottato figlio di genitori che non abbiano reso alcuna dichiarazione. La Corte argomenta comparazione delle delle seguenti evidentemente che a la norma situazioni in soggettive argomentazioni: tutelare la esame “… La gestante effettua in gioco, norma che una legittima sulla impugnata - in base mira situazioni particolarmente difficili dal punto di vista personale, economico 67 o sociale - abbia deciso di non tenere con sé il bambino, offrendole la possibilità di partorire in una struttura sanitaria appropriata e di mantenere al contempo l'anonimato nella conseguente dichiarazione di nascita: e in tal modo intende - da un lato - assicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali, sia per la madre che per il figlio, e - dall'altro - distogliere la donna gravi. da decisioni irreparabili, L'esigenza di spiega perché finalità dell'anonimato della perseguire la madre per quest'ultimo efficacemente norma non nessun tipo preveda di ben questa per più duplice la tutela limitazione, neanche temporale. Invero la scelta della gestante in difficoltà che la legge vuole favorire - per proteggere tanto lei quanto il nascituro - sarebbe resa oltremodo difficile se la decisione di partorire in una struttura medica adeguata, rimanendo anonima, potesse comportare per la donna, in base alla stessa norma, il rischio di essere, in un imprecisato futuro e su richiesta di un figlio mai conosciuto e già adulto, interpellata dall'autorità giudiziaria per decidere se confermare o revocare quella lontana dichiarazione di volontà…”. Va aggiunto che l’art. 28 comma 7 è stato riformulato dal TU sulla privacy ed in particolare dall’art. 177 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, nel senso che la prevalenza del diritto all’anonimato dei genitori biologici è subordinata alla richiesta della madre di non voler essere dell’art. rispetto nominata, 30 ai dpr inserita 396/00. principi La generali nell’atto di nascita ai sensi peculiarità di tale disciplina in di dati sensibili, materia consiste nel fatto che la legittimità del trattamento dei dati personali non viene subordinata al consenso espresso, ma al mancato dissenso64. Un’ulteriore, recente ed interessante applicazione estensiva dell’art. 28, è contenuta nel decreto della Corte d’Appello di Catania 8 – 21 novembre 2006, in Famiglia e minori, n. 6/07 fl. 71 ss., con nota di Padalino, ai sensi del quale l’adottato, raggiunta l’età dei 25 anni, può accedere, previa autorizzazione Interessante è la precisazione contenuta in App. Roma, 15 novembre 2004, in Il diritto della famiglia e delle persone, 2006, 577, per cui l’adottato la cui madre biologica abbia espresso la volontà di non essere nominata, possa tuttavia accedere al proprio atto di nascita, per una più profonda e conoscenza delle proprie origini e delle circostanze della propria nascita. 64 68 del Tribunale per i Minorenni, alle informazioni circa l’identità dei fratelli della biologici norma si e nonostante riferisca ai la soli formulazione genitori letterale biologici, in considerazione del fatto che rispetto a tale ipotesi sussiste la medesima ratio di assicurare soddisfacimento al desiderio manifestato dall’adottato di conoscere le proprie origini. Tale opzione era stata fatta propria dalla giurisprudenza già prima dell’entrata in vigore della legge n. 149/01, sempre valorizzando l’effetto liberatorio conoscenza delle febbraio sotto proprie 2001, in il origini Diritto profilo (cfr. di psicologico Trib. Min. famiglia, della Perugia, 2001, 627 27 e, successivamente e in senso diverso, App. Torino, sez. min, 22 luglio 2004, Galuppi, in per Diritto cui la di famiglia, ricerca delle 2005, origini 918, ha con senso nota se di viene collegata ad un complesso habitat familiare e di affetti e inoltre non può estendersi ai germani che, riservatamente sentiti dal giudice, non abbiano dato il loro consenso, in considerazione del carattere non assoluto del diritto di accesso concesso all’adottato ultraventicinquenne). In definitiva, l’adeguamento della formulazione dell’art. 28 alle Convenzioni internazionali, preparatori alla contemperamento legge tra il inadeguatezza della affidataria adottiva, o come n. ed il evidenzia 149/01, diritto famiglia si di realizza del minore, origine, diritto che ad nei un delicato in caso una attiene lavori di famiglia alla sfera dell’identità personale, ai sensi dell’art. 2 Cost., garantendo all’adottato ultra – venticinquenne e previa autorizzazione del tribunale, il soddisfacimento della propria aspirazione alla conoscenza delle proprie origini. I due principi, sulla base delle acquisizioni della scienza psicologica ed antropologica, non appaiono incompatibili, ben potendo l’inserimento dell’adottato in un nuovo contesto familiare integrarsi con l’acquisizione da parte del medesimo, ferma restando l’accertata sussistenza dei necessari requisiti di maturità psico – fisica, di una piena consapevolezza della propria storia personale. L’ADOZIONE INTERNAZIONALE 69 - 1 – la disciplina contenuta nella legge n. 184/1983 e la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1993. Autorità centrale ed enti autorizzati. La L. 184/1983 ha per la prima volta disciplinato in Italia l’adozione internazionale, prestando particolare attenzione alle fasi di essa sostanzialmente che quella si svolgevano che si in svolgeva Italia, ignorando all’estero. Essa era affidata ad un sistema «fai da te», in quanto le coppie erano libere di rivolgersi all’estero a chi volevano65. Pur se era prevista dalla legge l’istituzione di enti autorizzati a svolgere le pratiche per l’adozione di bambini stranieri, era facoltativo e comunque minoritario il ricorso a tale canale istituzionale. Dopo appena quindici anni dalla prima disciplina dell’adozione internazionale si è sentita la necessità di una sua riforma. Ciò è stato determinato, in parte dalle ragioni in precedenza esposte, ma è stato soprattutto reso necessario dall’avvenuta approvazione della Convenzione dell’Aja del 1993. La Convenzione dell'Aja è stata sottoscritta da settantasette Stati di tutti i continenti e non è solo una convenzione sull'adozione, come altre precedenti, ma un accordo sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozioni tra Paesi diversi. Sua peculiarità è che è stata preparata sia dai rappresentanti dei Paesi di destinazione che da quelli di provenienza dei bambini adottati. La Convenzione prevedere si delle pone tre garanzie, obiettivi. perché le Il primo adozioni è quello di internazionali si facciano solo nell'interesse superiore del minore e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali: questo principio, già affermato dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20/11/1989 è stato richiamato anche qui. Il secondo è quello di instaurare un sistema di cooperazione tra gli Stati per assicurare il rispetto di tali garanzie e prevenire vendita e tratta di minori. Il terzo punto fermo stabilito dalla Convenzione riguarda il principio di sussidiarietà di cui all’art. 4 lett. B). Esso comporta che nessun bambino deve lasciare il proprio Stato per essere adottato all'estero, se prima le autorità del suo Paese non hanno accertato che egli si trova in stato di abbandono e che l'adozione da parte 65 Così F. OCCHIOGROSSO, L’adozione internazionale, inedito. 70 di suoi connazionali stabilisce, infatti, non che è lo realizzabile. Stato di origine La Convenzione deve pronunziare prioritariamente quei provvedimenti, che consentono al bambino di rimanere nella propria famiglia o quanto meno nel proprio Paese e che l'adozione internazionale è utile per dargli un'altra famiglia, solo quando nello Stato di origine non sia possibile trovargli una famiglia adottiva idonea. Spetta alle Autorità dello Stato di origine accertare e dichiarare lo stato di adottabilità, verificando che la famiglia d'origine sia consapevole degli effetti dell'adozione e che non siano stati pattuiti o corrisposti pagamenti o compensi di qualsiasi genere per l'adozione del bambino. Per assicurare Convenzione centrale. l'osservanza ciascuno Tutte Stato le dei deve Autorità principi istituire stabiliti un'apposita centrali dovranno dalla Autorità direttamente cooperare tra loro per la miglior tutela dei bambini, scambiandosi ogni informazione necessaria sul sistema normativo, sui bambini adottabili centrali e si sugli aspiranti dovranno genitori adottivi. obbligatoriamente Alle rivolgere Autorità coloro che desiderano adottare un bambino straniero. Sul punto non è consentita alcuna riserva da parte degli Stati firmatari della convenzione, così da un lato abolendo il criticato sistema ‘fai recependo una da te’, ma diffusa dall’altro tendenza ed verso in una certa misura l’amministrativizzazione delle competenze in materia di adozione internazionale nei diversi Stati rappresentati in sede di lavori preparatori66. Il sistema degli enti autorizzati all’intermediazione garantisce la tutela di due interessi fondamentali: interessi di natura privatistica, finalizzati ad assicurare il migliore incontro tra il minore e gli aspiranti adottanti, a tutela dell’interesse del minore prima adozione; ma e durante anche l’espletamento interessi di ordine del procedimento pubblico, miranti di al rispetto delle condizioni che legittimano lo stato di adottabilità Cfr. P. MOROZZO DELLA ROCCA, La funzione di garanzia della giurisdizione nel procedimento di adozione internazionale, in Minori e giustizia, 1/2003, 64 ss. L’A. osserva, contro i timori diffusi di una perdita di garanzie giurisdizionali in questo procedimento, che l’art. 22 della Convenzione, interpretato con una certa larghezza, offriva una possibilità di aderire all’impostazione convenzionale, senza dover rinunciare all’impronta giurisdizionale che caratterizza la fase domestica dei procedimenti di adozione internazionale. 66 71 del minore, nel rispetto di una procedura corretta. Tale sistema scaturisce dalla presa d’atto che la giurisdizione domestica non è nelle condizioni di poter controllare, in concreto, il rispetto dei principi etici in relazione alle adozioni internazionali. L’atteggiamento di fiducia nel sistema della commissione per le adozioni internazionali, istituita in attuazione della Convenzione con DPR n. 492/99, si rivela nella recente approvazione del regolamento recante il riordino della stessa, attraverso il Dpr 8 giugno 2007 n. 108, in Famiglia e minori n. 9/07, fl. 34 ss. Tale regolamento ha aumentandone ventaglio di sanzioni, in modificato la la componente compiti. caso Ha di composizione politica, inoltre e della ne arricchito irregolarità ed commissione, ha ampliato il il fronte delle inottemperanza delle prescrizioni di legge da parte degli enti autorizzati. Viene introdotto dunque un controllo più severo degli enti autorizzati, con possibilità di ridurre il numero degli stessi, a vantaggio dell’efficienza e serietà ed efficienza degli stessi, nella consapevolezza dell’estrema delicatezza della funzione di raccordo da essi espletata tra adottati ed adottanti. - 2 – La riforma in materia di adozione internazionale. Presupposti e procedimento. La principale difficoltà applicativa della Convenzione de L’Aja nell’ordinamento italiano rapporto amministrazione tra l’attribuzione di era importanti connessa e alla definizione giurisdizione, competenze del potendo all’Autorità Centrale indurre a ritenere che il legislatore internazionale avesse voluto realizzare Invero, una parziale l’art. 22 n. degiurisdizionalizzazione 1 della Convenzione in materia67. stabilisce che le funzioni da essa attribuite all’Autorità centrale possono essere attribuite Autorità dalla legge pubbliche, tra dello le Stato quali di appartenenza, evidentemente anche rientra ad anche l’autorità giudiziaria68. L’obiettivo perseguito dal nostro legislatore è stato quello di cfr. MAGNO, L'adozione internazionale dei minori, in La riforma del diritto internazionale privato italiano, Napoli, 1997, 181. 68 Cfr. A. TORRACA, L’adozione internazionale tra Convenzione de L’Aja e riforma della legge n. 184 del 1983, in Dir. Famiglia, 1999, 4, 1374. 67 72 aderire alla Convenzione, al fine di perseguire l’obiettivo della cooperazione internazionale, pur con alcune deviazioni miranti a preservare i principi a fondamento del nostro ordinamento interno in materia. Un’importante specificità attiene al concetto di adottabilità del minore. L’art. 4 lett. c e d) della Convenzione pone a fondamento dell’adottabilità del minore i consensi sull’adozione sia alla cessazione dei rapporti tra il minore e la famiglia di origine, sancendone le modalità di acquisizione (con atto scritto, senza pagamento o contropartita di alcun genere; che quello della madre sia successivo alla nascita del figlio; che quello del minore sia un consenso informato e prestato liberamente) per giungere all’adottabilità sulla base della volontà espressa dai soggetti (persone, istituzioni ed autorità nel caso di decadenza della potestà genitoriale). Va sottolineato che la Convenzione abbandono per il minore da non parla adottare, mai ma di stato solo di di minore "adottabile". L'interpretazione di questo termine comporta quindi la necessità di chiarire se nel sistema della Convenzione, al fine di ritenere lo stato di adottabilità, possano bastare i soli consensi suindicati, anche in assenza di una situazione oggettiva di abbandono morale e materiale del minore. Una valutazione di compatibilità con l’ordinamento interno sembra essere richiesta, perché la legge italiana (la L. 184/1983 riformata) all’art. 32/2 lett. a) stabilisce che la Commissione per le adozioni internazionali non possa rilasciare l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza del minore straniero in Italia, se dalla documentazione trasmessale "non emerge la situazione di abbandono del minore” ed il concetto di situazione di abbandono - fondamento dell'adottabilità – è disciplinato dall’art. 8 della stessa legge, che lo intende come un’oggettiva ed irreversibile privazione di assistenza morale e materiale del minore da parte dei genitori o dei parenti tenuti agli alimenti69. Peraltro, l’art. 31 lett. F) l. La giurisprudenza sembra non dubitare della necessità che tale requisito sussista anche nell’adozione internazionale, come risulta da Cassazione civile , sez. I, 15 marzo 2002, n. 3792, Famiglia e diritto 2002, 407, ai sensi della quale, in tema di accertamento dello stato di abbandono, il diritto del fanciullo a mantenere rapporti con i genitori di sangue, di cui agli art. 1 l. n. 184 del 1983 e 9 l. n. 176 del 1991, tutela un suo interesse superiore 69 73 adoz. richiede la necessità dell’attestazione, da parte dell’autorità straniera, della sussistenza delle “condizioni di cui all’art. 4 della Convenzione”: deve dunque sussistere lo stato di adottabilità del minore, connesso (per quanto si è detto) allo stato di abbandono del minore e la rispondenza dell’adozione al “superiore interesse del minore”70 – che, ai sensi dell’art. 32 lett. A) richiede l’emergenza di una situazione di abbandono, di impossibilità di procedere all’affidamento preadottivo, o della sussistenza di un provvedimento di adozione nello stato di origine - oltre che il consenso degli esercenti la potestà, che deve essere stato espresso liberamente71. presunto, perché va rispettata e preservata, in base al diritto interno ed a quello internazionale, l'identità del minore e la sua esigenza nella misura del possibile a vivere con i genitori biologici e ad essere allevato. Quanto al significato di questa espressione, la dottrina (cfr. P. Vercellone, “La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano”, Torino, 1987, pag. 291 e segg.), prima della riforma, aveva ritenuto che essa fosse costituita dai due seguenti requisiti: la sussistenza dello stato di abbandono e l’accertamento dell’idoneità all’adozione internazionale della coppia affidataria o adottiva. Ma dopo la riforma, questa conclusione è stata messa in discussione. Si è detto (cfr. L. SACCHETTI, Il nuovo sistema dell’adozione internazionale, Maggioli, Rimini, 38 ss.) che, essendo stato decisamente modificato dal legislatore dell’adozione internazionale il concetto di situazione di abbandono, si doveva con ciò stesso ritenere che quello relativo alla sussistenza dello stato di abbandono non dovesse più essere considerato un principio fondamentale (e per ciò stesso immodificabile) del diritto italiano di famiglia e dei minori. Si è aggiunto poi che il riferimento all’interesse del minorenne come superiore comportasse un giudizio di prevalenza di tale interesse su ogni altro principio, appunto perché considerato “superiore”. Contra, F. OCCHIOGROSSO, L’adozione internazionale, cit. in quale osserva che l’individuazione dei principi fondamentali indicati non comporta la loro immodificabilità concettuale né che essi non possano essere altri diversi oggi rispetto a quelli di ieri alla luce della nuova normativa. Inoltre, l’art. 35 dice che il tribunale deve accertare che “l’adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore”, ma il superiore interesse del minore è indicato come criterio di valutazione al quale rapportare i principi fondamentali suddetti; esso però non viene né identificato con essi né indicato come sostitutivo di essi. Perciò è sempre necessario individuare i principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, salvo poi valutarli in rapporto all’interesse del minore. 70 V. tuttavia F. OCCHIOGROSSO, L’adozione internazionale, cit., il quale osserva: “… in sostanza, il concetto di abbandono riceve da questa recente normativa una rilettura significativa che lo modifica parzialmente, ma significativamente. Non c’è dubbio infatti che considerare abbandonato un minore sulla sola della totale rinuncia a lui dei suoi genitori, significa aprire la porta all’adozione consensuale; che se è vero che la Convenzione è attenta a richiedere che i consensi debbano essere informati e che privi di qualunque contro-prestazione è tuttavia anche vero che i genitori potrebbero rinunciare a lui, non perché lo vogliano abbandonare, ma al contrario per amore, allo scopo di assicurargli un futuro migliore in un Paese ricco dell’Occidente…”. 71 74 La disciplina dell’adozione internazionale di cui alla l.n. 184/1983 è stata innovata dalla 476/1998 e dalla più recente legge 28 marzo 2001 n. 149, contenente modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184 recante <Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori > nonché al titolo VIII del libro primo del Codice Civile. Ma tra i due tipi di adozione si è perpetuato quel collegamento che già in precedenza vi era e che in qualche misura ha modificato le peculiarità già descritte dell'adozione internazionale. Il collegamento più significativo è costituito dall’art. 29 bis del testo riformato, che abilita a richiedere la dichiarazione di idoneità all'adozione internazionale coloro che si trovano nelle condizioni prescritte dall'art. 6. Fino all'aprile 2001 ciò ha significato che potevano avanzare tale richiesta i coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non separati neppure di fatto, la cui età superasse di almeno diciotto anni e non più di quaranta anni l'età dell'adottando. Con l'entrata in vigore della L. 149/2001 è stato riformato l'art. 6 della L. 184/1983, riforma che incide anche sull'adozione internazionale. Il primo comma ribadisce quanto già era affermato in passato: l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non separati neppure di fatto negli ultimi tre anni; il successivo quarto comma modifica tale norma, aggiungendo che "il requisito della stabilità del rapporto di cui al primo comma può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto". Quanto alla differenza di età tra adottanti e adottato, il terzo comma conferma che quella minima deve essere di diciotto anni, ma amplia quella massima da quaranta a quarantacinque. Ma vi è poi il comma 6, che modifica in modo poco comprensibile tale disposizione, aggiungendo che "Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o 75 una sorella del minore già dagli stessi adottato". La dottrina ritiene che quando i coniugi abbiano adottato un fratello essi possono ottenere l'adozione nazionale dell'altro, indipendentemente da qualunque limite di età. Per quanto riguarda l’adozione internazionale, essi potranno essere dichiarati idonei a tale adozione (che ovviamente dovrà essere fatta all'estero) senza che si ponga alcun limite di età. Lo stesso principio vale quando i coniugi abbiano un figlio minorenne (o anche più figli di cui almeno uno sia minorenne): anche in questo caso si deve ritenere superata la prescrizione relativa alla differenza di età indicata dal terzo comma. Vi è poi il quinto comma del nuovo art. 6, che realizza una deroga ulteriore, perché possono essere afferma che derogati i qualora limiti di cui il tribunale al per terzo comma i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore. Per quanto riguarda l'adozione internazionale, si è in taluni casi legittimata l’adozione di minori di pochi anni da parte di genitori in età avanzata, come è avvenuto per i cosiddetti “bambini di Chernobyl”, vale a dire di quei bambini ospitati nel nostro Paese a seguito dell’incidente avvenuto nella centrale nucleare bielorussa oltre venti anni or sono, che giunti in Italia per meri soggiorni estivi, vi sono talvolta rimasti a tempo indeterminato. In conclusione, il nuovo art. 6 ha definitivamente superato il principio affermato dalla precedente normativa che il diritto del minore alla famiglia si realizza meglio inserendolo in un nucleo giovane, piuttosto che anziano. Principio che continua ad essere applicato solo nella comparazione in tema di adozione nazionale72. Quanto alla sequenza procedimentale relativa all’adozione internazionale, la legge n. 476/1998 ha conservato due momenti chiave della difesa giurisdizionale degli interessi del minore e degli altri soggetti coinvolti nel procedimento di adozione: F. OCCHIOGROSSO, l’adozione internazionale, cit., osserva che Il legislatore sembra ignorare il principio giustinianeo "adoptio naturam imitatur" per avvicinarsi alle metodiche senza regole di età in uso per la fecondazione artificiale. 72 76 1. il momento iniziale, sino alla dichiarazione di idoneità; 2. il momento interna finale, al con l’attribuzione provvedimento straniero di dell’efficacia adozione o di affidamento preadottivo. La nuova legge propone un sistema decentrato ed articolato su una pluralità di soggetti che tutti hanno un ruolo importante, che rende indispensabile il loro coordinamento. Tali soggetti sono il tribunale per i minorenni, i servizi socio- assistenziali, gli Enti autorizzati, la Commissione per le adozioni internazionali, gli Uffici Consolari. L'articolazione compiti complessa tra internazionale i vari si coglie del meccanismo soggetti dal ora seguente di distribuzione preposti dei all’adozione specchietto (curato da Lamberto Sacchetti), che li individua, indicandoli specificamente per ciascun ente.73 I soggetti preposti sono i seguenti: a) Tribunale per i minorenni: - dichiara l'idoneità all'adozione; - esegue controlli al fine di riconoscere efficacia di affidamento preadottivo ai provvedimenti stranieri di affidamento, destinati a perfezionarsi in adozione dopo l'ingresso del minore in Italia, o di riconoscere efficacia di adozione o di affidamento preadottivo ai provvedimenti di Stati estranei alla Convenzione; - al termine degli affidamenti preadottivi come sopra riconosciuti pronuncia l'adozione; - può convertire in adozione provvedimenti stranieri non legittimanti se li riconosce conformi alla Convenzione; - ordina registri la trascrizione dello stato del civile, provvedimento conseguendone di adozione per nei l'adottato l'acquisto della cittadinanza italiana. b) Servizi socioassistenziali: - istruiscono le pratiche per l'idoneità all'adozione; sostengono il nucleo adottivo per un anno dall'ingresso del minore in Italia; - segnalano al tribunale per i minorenni eventuali necessità di interventi. 73 L. Sacchetti, op. cit., pag. 51-52. 77 c) Enti autorizzati (e servizi per l'adozione internazionale istituibili da regioni e province autonome): - ricevono l'incarico dagli aspiranti all'adozione; - curano la pratica all'estero; - informano sull'esito la Commissione; - collaborano con i servizi in Italia a sostegno del nucleo adottivo. d) Commissione per le adozioni internazionali: - autorizza gli enti a operare, vigila su di essi, ne tiene l'albo; autorizza l'ingresso e la permanenza del minore in Italia; - conserva gli atti delle procedure di adozione internazionale; - può comunicare agli adottanti notizie necessarie per la salute dell'adottato. e) Uffici Consolari: - rilasciano il visto d'ingresso dopo che questo è autorizzato dalla Commissione; - collaborano con l'ente per il buon esito della procedura all'estero. Da questo schema si evidenzia come la nuova legge abbia reso più complesso il quadro istituzionale, per cui il corretto esercizio della giurisdizione presuppone che si tenga conto della complessa rete di attori istituzionali. - 3 – La procedura di trascrizione del provvedimento di adozione rilasciato dallo Stato estero. La revoca dei provvedimenti di adozione. Nel momento in cui il minore ha fatto ingresso in Italia sulla base di un provvedimento di adozione o di affidamento a scopo adottivo, rilasciato dall’autorità straniera, ed a seguito della fase di adozione o di affidamento, si apre la fase di approvazione di tale provvedimento, tramite il tribunale per i minorenni, la cui competenza funzionale ed esclusiva è limitata ai casi previsti dalla legge n. 476/1998. L’art. 35 l. adoz. distingue i seguenti casi: - nell’ipotesi l’adozione, in secondo cui la l’autorità straniera Convenzione non è abbia pronunciato necessaria alcuna delibazione della sentenza straniera, poiché essa stabilisce che 78 l’adozione, certificata conforme ad essa dall’Autorità competente dello Stato contraente in cui abbia avuto luogo, è riconosciuta a pieno diritto negli altri Stati contraenti (art. 23), e che il riconoscimento dell’adozione in uno Stato contraente può essere dunque rifiutato solo nel caso in cui l’adozione medesima sia manifestamente contraria al suo ordine pubblico, in considerazione del superiore interesse del minore (art. 24). Tuttavia, a maggior tutela del minore, ai fini del riconoscimento del provvedimento di adozione rilasciato applicazione degli dallo artt. Stato 64 ss. estero, non si della legge n. è fatta 218/1995 (applicabili invece all’adozione per i maggiorenni e all’adozione nei casi particolari), che riconoscono automaticamente il provvedimento straniero, ma è stato previsto un controllo da parte del Tribunale per i minorenni, in ciò discostandosi da quanto previsto dalla Convenzione de L’Aja. Orbene, la legge n. 218 del 1995, nell'abrogare (ex art. 73), a far data dal 31 dicembre 1996, gli art. 796 ss. del codice di rito, dettati in sostituito tema ad di essi, delibazione con gli di art. sentenze 64 ss., straniere, un aveva riconoscimento "tendenzialmente" automatico di tali pronunce al loro passaggio in giudicato nell'ordinamento di origine, e limitato l’esigenza di uno specifico accertamento dei requisiti richiesti alle sole situazioni di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento, ovvero a quella in cui sia necessario procedere ad esecuzione forzata, e delineando quindi, in via meramente eventuale, allo scopo, un procedimento innanzi alla corte d'appello. Tale modifica ha tuttavia fatto salve, all'art. 41, le disposizioni delle leggi speciali in tema di adozioni di minori, così predicando il perdurante vigore e la prevalenza, rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla riforma del diritto internazionale privato, della disciplina speciale dell'adozione internazionale di minori di cui alla legge n. 184 del 1983, che prevede, tra l'altro, la competenza in materia del tribunale per i minorenni74. Peraltro, 74 Si segnala, in giurisprudenza di merito, un precedente del Trib. Min. Bari 16 aprile 2008, che, in un caso di minore figlio di genitori italiani che sia stato adottato da una coppia di stranieri, ha stabilito, quanto alla richiesta di trascrizione della sentenza di adozione proposta dall’interessato, che la procedura prevista dagli artt. 31 ss. L.n. 184/83 relativa al riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione, rispetto alla quale è competente il Tribunale per i Minorenni, 79 detta competenza non è derogata in caso di adozione non legittimante, per effetto della esclusione, in tale ipotesi, ai sensi dell'art. 35, comma 6, della legge citata, della possibilità di trascrizione della sentenza straniera, poiché l'art. 32, comma 3, della legge stessa prevede che, in via di eccezione, il tribunale per i minorenni possa convertire l'adozione straniera non legittimante in una adozione che produca la cessazione dei rapporti con la famiglia di origine, purché venga riconosciuta conforme alla convenzione de L'Aja ( cfr. Cass. Civ., sez. I, 11 marzo 2006, n. 5376)75. - Nel caso affidamento in cui un provvedimento straniero preveda solo un a scopo adottivo, e quindi l’adozione debba perfezionarsi in Italia, il Tribunale per i Minorenni riconosce il provvedimento come affidamento preadottivo, stabilendo un termine di durata di detto affidamento in un anno, che decorre non opera nel caso di specie. Essa trova invece applicazione nella diversa ipotesi di adozione già perfezionata nello stato straniero, ovvero da perfezionarsi con l’arrivo del minore straniero in Italia, relativa a minore straniero che venga adottato da coniugi italiani e residenti in Italia. Si è pertanto ritenuto che la fattispecie non fosse di competenza dell’Autorità Giudiziaria italiana, dovendosi applicare il combinato disposto di cui agli artt. 41 – 64 e 65 l.n. 218/1985, in materia di riconoscimento automatico dei provvedimenti stranieri, qualora risultino ottemperate le condizioni di cui all’art. 64, atteso che l’art. 41 primo comma stabilisce che “i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66” (nello stesso senso, cfr. Trib. Min. Palermo, 6 febbraio 1985). Una problematica avvertita è quella dei provvedimenti degli stati islamici di affidamento di minori a cittadini italiani. Per i giudici di merito, il minore marocchino affidato nel suo Paese di origine a due coniugi italiani mediante provvedimento di kafalah e autorizzato all'ingresso in Italia dalla Commissione per le adozioni internazionali, non potendo essere adottato con adozione legittimante a causa della non equiparabilità della kafalah ad un provvedimento di affidamento preadottivo, si trova in una situazione di constatata impossibilità di affidamento preadottivo, e può quindi, nel suo interesse, essere adottato dagli affidatari mediante adozione in casi particolari, Trib. min. Trento 10 settembre 2002, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 149, con nota di Long, Adozione extraconvenzionale di minori provenienti da Paesi islamici, nonché sempre nello stesso senso, Trib. min. Trento 11 marzo 2002 (in Dir. fam., 2004, 135, con nota, di Galoppini, L'adozione del piccolo marocchino, ovvero gli scherzi dell'eurocentrismo; in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1056) e Trib. min. Trento 5 marzo 2002, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 149. Da ultimo, in tema di adozione di minore marocchino, la Cassazione ha stabilito che l'istituto di diritto islamico della "kafalah", sebbene attribuisca ai coniugi affidatari un potere dal contenuto educativo sostanzialmente assimilabile all'affidamento preadottivo, non attribuisce né la tutela né la rappresentanza legale del minore, con conseguente inammissibilità dell'opposizione degli affidatari alla dichiarazione di adottabilità del minore stesso (cfr. Cass. 4 novembre 2005 n. 21395). 75 80 dall’inserimento del minore certificato dall’Ente ritiene sia che nella nuova autorizzato. nell’interesse famiglia, Decorso del minore tale la così come periodo, permanenza se nella nuova famiglia, pronuncia l’adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. Si discute se l’adozione pronunciata all’estero senza che sia stata preceduta da un periodo di affidamento efficace in preadottivo, Italia. costituzionale, riferimento che Sul ha all'art. possa punto dichiarato 3 essere cost., è comunque intervenuta manifestamente la dichiarata questione la Corte infondata, di in legittimità costituzionale degli art. 34, comma 2, e 35, commi 3 e 6, l. 4 maggio 1983 n. 184, come modificati dalla l. 31 dicembre 1998 n. 476, nella parte in cui non prevedendo, per l'adozione internazionale, l' affido preadottivo del minore per la durata di un anno quale principio fondamentale del diritto di famiglia e dei minori, creerebbero una irragionevole disparità di trattamento tra il minore adottato all'estero e il minore adottato in Italia. La Corte ha argomentato che, premesso che la legge n. 476 del 1998, nel ratificare la convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, ha previsto, in linea con le disposizioni convenzionali, che l' efficacia diretta nell' ordinamento interno dell' adozione pronunciata all'estero sia subordinata ad una serie di adempimenti e controlli tali, da comportare una verifica, da parte del giudice italiano, effettiva e non limitata ad aspetti solamente formali, in ordine ai presupposti richiesti per il riconoscimento e alla regolarità della procedura. Pertanto deve escludersi che sussista la denunciata disparità di trattamento, posto che il legislatore ha ampia discrezionalità nel prevedere diverse forme per i diversi tipi di adozione e il minore adottato all' estero risulta comunque tutelato dalle disposizioni censurate, pur in assenza di un periodo di affidamento preadottivo in Italia - la cui previsione verrebbe peraltro a porsi in insanabile contrasto con la convenzione e con lo stesso sistema del diritto internazionale privato - mentre nessuna norma costituzionale impone di riconoscere quale principio fondamentale del diritto di famiglia e dei minori in Italia l'obbligatoria previsione di un periodo di affidamento preadottivo per il minore 81 adottato all'estero (cfr. Corte cost., 31 luglio 2002, n. 415). Per contro, la pronuncia straniera può limitarsi a statuire un affidamento che, pur provvisorio, può essere dichiarato efficace nel territorio italiano. elenco tassativo ordinare la di In ogni caso, l’art. 35 u. c. prevede un casi in cui trascrizione il del giudice italiano provvedimento non può dell’autorità straniera. - Quanto all’adozione o provvedimento di affidamento preadottivo pronunciato in un paese non aderente alla Convenzione de L’Aja, l’art. 36 Italia detta precise siffatti condizioni provvedimenti, l’accertamento dello stato sussistenza parte dei da per di dichiarare esigendosi abbandono genitori di un efficaci in innanzitutto del minore preciso e la consenso ad un’adozione avente effetto legittimante e quindi comportante la cessazione dei rapporti tra il minore ed i suoi familiari. La ratio di tale disposizione è quella di evitare, anche per i bambini provenienti da Stati non aderenti alla Convenzione, il regime del ‘fai da te’. Il minore viene in ogni caso inserito nel nuovo nucleo familiare per un anno, decorso il quale con esito positivo, viene pronunciata l’adozione e ne viene ordinata la trascrizione. Se l’affidamento pronuncia ed Convenzione76. ha dato esito applica Si essendo il minore i ritiene negativo, provvedimenti altresì il tribunale di cui applicabile revoca all’art. l’art. 37 la 21 bis, in stato di abbandono, con apertura di una procedura di adottabilità. L’art. 35 4° comma prevede peraltro che, in caso di esito negativo del periodo di affidamento L’art. 21 recita: “1. Allorché l'adozione deve aver luogo successivamente al trasferimento del minore nello Stato di accoglienza, l'Autorità Centrale di tale Stato, se ritiene che la permanenza del minore nella famiglia che lo ha accolto non è più conforme al superiore interesse di lui, prende le misure necessarie alla protezione del minore, particolarmente al fine di: a - riprendere il minore dalle persone che desideravano adottarlo ed averne provvisoriamente cura; b - di concerto con l'Autorità Centrale dello Stato d'origine, assicurare senza ritardo un nuovo affidamento per l'adozione del minore o, in difetto, una presa a carico alternativa durevole; l'adozione non può aver luogo se l'Autorità Centrale dello Stato d'origine non è stata debitamente informata circa i nuovi genitori adottivi; c - come ultima ipotesi, provvedere al ritorno del minore, se il suo interesse lo richiede…”. 76 82 preadottivo, subentri la revoca del provvedimento. E’ da segnalare che l’art. 34 3 co. prevede che il minore straniero acquisti la cittadinanza italiana a seguito della trascrizione del provvedimento di adozione, divenuto definitivo, ai sensi dell’art. 26 comma 4, nei registri dello Stato civile. Com’è noto, si tratta di un acquisto automatico per il quale, in linea normale, si applica il comma 8° dell’art. 16 del Regolamento di esecuzione della Legge n. 91/1992. Sennonché il Ministero dell’Interno con sua Circolare k.28.4 in data 13 novembre 2000, ha chiarito che la trascrizione del provvedimento straniero nei registri dello stato civile non ha una valenza costitutiva, con la conseguenza che l’adozione pronunciata all’estero è tale da produrre i suoi effetti retroattivamente e quindi non già dalla data di trascrizione, ma dalla data dell’emanazione all’estero, sia per quanto attinente alla decorrenza del rapporto di filiazione, sia per quanto attinente alla decorrenza dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte dell’adottato. In taluni casi può accadere che vi sia un fallimento del rapporto adottivo prima che intervenga la trascrizione della sentenza. In questo caso la fattispecie a formazione progressiva non si perfeziona, ponendosi il concreto problema di adottare idonee misure a tutela del minore. Soccorre, in ipotesi, l'articolo 21 della Convenzione, il quale prevede le possibili iniziative da assumersi a protezione del minore, particolarmente al fine di: a - riprendere il minore dalle persone che desideravano adottarlo ed averne provvisoriamente cura; b - di concerto con l'Autorità Centrale dello Stato d'origine, assicurare senza ritardo un nuovo affidamento per l'adozione del minore o, in difetto, una presa a carico alternativa durevole (in questo caso l'adozione non può aver luogo se l'Autorità Centrale dello Stato d'origine non e stata debitamente informata circa i nuovi genitori adottivi); c - come ultima ipotesi, provvedere al ritorno del minore, se il suo interesse lo richiede. In tal caso il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore deve essere sentito ove ciò non alteri il suo e- 83 quilibrio psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal tribunale. L’ipotesi negativa della quale ci si occupa può essere determinata dal sostanziale e successivo rifiuto da parte degli adottanti (la c.d. “restituzione”), ovvero nel mancato inserimento del minore medesimo nel nuovo contesto socio - familiare. In questi casi, la legge, per l’appunto, attribuisce al tribunale per i minorenni il potere di non trascrivere il provvedimento straniero di adozione. A tale proposito, infine, la giurisprudenza ha affermato che l'art. 37 della legge n. 183 del 1984 - ai sensi del quale nei confronti del minore straniero in stato di abbandono nel territorio dello Stato è operante la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza - comporta non soltanto, sul piano processuale, la giurisdizione del giudice italiano, a prescindere dagli elementi di collega-mento previsti dalla legislazione interna, ma anche, sul piano normativa sostanziale, in-terna, in internazionale privato. minorenni ini-zio dia l'assoggettamento deroga alle Pertanto, alla del comuni qualora procedura per rapporto regole di alla diritto il tribunale per la dichiarazione i di adottabilità di un minore straniero, in relazione allo stato di abbandono in cui lo stesso si trovi al momento dell'intervento, la circostanza che, successivamente a tale momento, le autorità del Paese d'origine richiedano il rimpatrio del minore, così come non è idonea ad escludere la giurisdizione italiana, non fa venir meno l'appli-cazione stretti al collegamenti rapporto tra della legge giurisdizione e italiana, legge attesi applicabile materia (cfr. Cass. civ., Sez. I, n. 9576 del 4/11/1996). VALERIA MONTARULI GIUSEPPE BATTISTA gli in