1
PROFILI SOSTANZIALI E PROCESSUALI RELATIVI ALL’ADOZIONE
AFFIDAMENTO E ADOTTABILITA’
Premessa. La necessità di un ambiente familiare per crescere.
Il soggetto in età evolutiva ha assoluto bisogno, per un corretto
sviluppo
della
sua
personalità
individuale
e
sociale,
di
un
ambiente e di una situazione familiare idonei, come dimostrano i
numerosi
globale
studi
della
sugli
effetti
personalità.
dell’isolamento
Sulla
base
di
nello
tali
sviluppo
ricerche,
si
è
giunti alla conclusione che i grandi istituti assistenziali – pur
se
privi
materiali
di
o
connotazioni
episodi
di
negative
gravi,
maltrattamento
–
non
legate
a
carenze
consentivano
uno
sviluppo armonico della personalità, che necessita di relazioni
affettive e punti di riferimento stabili1.
Pur
sancendo
a
chiare
lettere
la
centralità
dell’istituto
familiare nel panorama sociale del nostro Paese, è la stessa Carta
Costituzionale a prevedere la necessità di predisporre strumenti
adeguati,
nell’ipotesi
in
cui
sia
constatata
l’incapacità
dei
genitori a svolgere adeguatamente i loro compiti (art. 30 Cost.).
Il minore ha diritto a crescere ed essere educato nell’ambito
della propria famiglia (art. 1 comma 1 l. adoz.), ma quando essa
non è in grado di provvedervi, soccorrono vari istituti giuridici
(comma 4°). Di essi si darà contezza nelle pagine che seguono.
1 – L’affidamento familiare.
L’istituto dell’affidamento familiare, come alternativa rispetto
al ricovero in un istituto di assistenza, soddisfa l’esigenza di
allontanare un minore dall’ambiente di origine, quando questo non
sia
idoneo
alla
sua
educazione
(art.
2
legge
184/1983,
come
modificata dalla legge n. 149/2001). Esso può soddisfare ovviare
sia a momentanee difficoltà del nucleo familiare, sia a carenze
più profonde e durature, che potrebbero condurre ad un sostanziale
abbandono del minore. A seconda della natura di tali difficoltà,
si configurano diversi tipi di affidamento.
1
Cfr. AC MORO, Manuale di diritto minorile, Bologna, 2002.
2
Nella logica dell’affidamento istituto, il bambino si trova perciò
ad
avere
due
famiglie
o
comunque
due
nuclei
affettivi
di
riferimento: quello in cui è nato e quello in cui è cresciuto per
un certo periodo della sua vita. L’affido raggiunge il suo scopo
quando gli affidatari consentano al minore di avere rapporti con
la sua famiglia di origine, in funzione di supporto rispetto alla
stessa, essendo essi destinatari dei doveri, ma non già dei poteri
del
genitore.
E’
peraltro
previsto
in
capo
all’affidatario
l’obbligo di agevolare i rapporti tra i genitori ed il minore e di
favorire
il
reinserimento
di
quest’ultimo
nella
famiglia
di
origine.
Presupposto
necessario
per
l’istituto
dell’affido
è
che
la
difficoltà in cui viene a trovarsi la famiglia di origine, seppure
non
sia
a
carattere
momentaneo,
non
debba
comunque
sconfinare
nello stato di abbandono materiale e morale, che potrà dar vita
alla procedura di adottabilità (art. 8).
La
situazione
che
giustifica
l'affidamento
etero-familiare,
a
norma degli art. 2 ss. l. 4 maggio 1983 n. 184, come sostituiti
dai corrispondenti articoli della
quella
che
conduce
differenziano,
familiare
alla
dunque,
idoneo"
è
in
l. 28 marzo 2001 n. 149,
pronuncia
quanto
la
considerata
di
adottabilità
mancanza
nel
primo
di
caso
"un
e
si
ambiente
temporanea
e
superabile con il detto affidamento, mentre nel secondo caso si
ritiene che essa sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se
non per il tramite della dichiarazione di adottabilità, attraverso
la
definitiva
rescissione
del
legame
con
il
nucleo
familiare
originario, che si realizza con la dichiarazione dello stato di
adottabilità.
La
determinazione
situazioni
potrà
della
linea
diventare
di
assai
demarcazione
problematica
tra
nei
le
due
casi
di
affidamento giudiziale, di competenza del TM, laddove la durata
dell’affido può anche protrarsi per anni.
La
condizione
del
minore
che
si
trovi
in
una
situazione
di
affidamento sine die, che non sfoci in un’adozione e neppure in un
rientro
in
famiglia,
crea
una
situazione
di
incertezza
nella
definizione della sua identità personale, sicché questa tipologia
di minore viene definita come “bambino nel limbo”, sospeso tra
instabili
appartenenze,
lasciate
nella
confusione
e
ambiguità.
3
Invece, nei casi di competenza del giudice tutelare, presupposto
fondamentale ed imprescindibile è costituito dalla provvisorietà
dell’affido.
Nel provvedimento va indicato il tempo dell’affido che non può
superare i 24 mesi, prorogabili dal TM. Non è determinato il tempo
massimo.
Tuttavia prevalsa un’interpretazione giurisprudenziale
per cui esso può al massimo durare per tre anni, sulla base del
vecchio istituto dell’affiliazione (abrogato dall’art. 77 della
legge dell’84), che serviva a stabilizzare gli affidi di oltre 3
anni (art. 404 c.c.) e che deduceva dall’abrogazione dell’istituto
dell’affiliazione
lo
sfavore
del
legislatore
per
gli
affidi
ultratriennali2.
-
2 – La disciplina dell’affidamento del minore.
La
disciplina
dell’affidamento
del
minore
è
posta
in
apertura
della legge n. 184, con la quale il legislatore ha armonizzato una
regolamentazione dispersa tra leggi speciali.
L’affidamento, inteso come temporaneo inserimento del minore in
una famiglia diversa da quella di origine, rientra dunque nel
complesso di azioni di sostegno alla stessa.
Si
distingue
tra
affidamenti
privati,
giurisdizionali
ed
amministrativi.
-
Quanto ai primi, essi venivano ipotizzati sulla base dell’art.
318 c.c., come esistenza di un potere del genitore di affidare il
figlio a terzi, pur se la legge n. 184 prevede che non possa
configurarsi
per
più
di
sei
mesi,
termine
oltre
il
quale
il
genitore è tenuto a dare notizia all’autorità giudiziaria;
-
Quanto agli affidamenti amministrativi, l’abrogato art. 404 c.c.
attribuiva
all’istituto
di
pubblica
assistenza
affidare il minore ad una persona di fiducia.
il
potere
di
E’ sopravvissuto
l’art. 403 c.c., che prevede il collocamento di urgenza del minore
materialmente
o
moralmente
abbandonato,
allevato
in
locali
insalubri o pericolosi, o da persone incapaci di provvedere alla
sua cura, da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, in un
Cfr. RUGGIANO, L’affidamento consensuale e l’inserimento del minore
negli istituti, in Il processo civile minorile, Quaderni del CSM, 611
ss.
2
4
luogo sicuro.
dovrà
essere
Dopo il collocamento provvisorio in luogo sicuro,
dato
tempestivo
avviso
al
TM,
che
deve
disporre
l’affidamento ex legge n. 184
L’art. 2 l. n. 184/83 prevede che l’affidamento del minore che sia
temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo ad un’altra
famiglia
possa
essere
disposto
dal
servizio
sociale,
previo
consenso dei genitori o del tutore, e in tal caso il provvedimento
è reso esecutivo dal giudice tutelare; ove manchi l’assenso di
tali
soggetti,
provvede
il
tribunale
per
i
minorenni.
L’affidamento amministrativo può dunque essere disposto dal solo
servizio sociale, e non più dagli istituti.
-
Quanto all’affidamento giurisdizionale, ai sensi dell’art. 330
c.c. il tribunale per i minorenni, dichiarando la decadenza dalla
potestà,
ovvero
provvedimenti
ai
sensi
più
dell’art.
opportuni
333
in
c.c.
caso
adottando
di
i
comportamenti
pregiudizievoli dei genitori, può prescrivere l’allontanamento del
figlio
dalla
residenza
familiare
e
disporre
l’affidamento
del
minore a terzi, e può in casi di urgenza anche provvedere in via
provvisoria, prima della conclusione del procedimento. Peraltro,
nel
corso
abbandono,
degli
il
accertamenti
tribunale
disposti
per
i
nel
minori
procedimento
può
emettere
di
ogni
provvedimento nei confronti del minore, compresa la sospensione
dalla potestà e la nomina di un tutore (art. 10 l. 184). E’ prassi
frequente del Tm disporre l’affidamento provvisorio del minore ad
una
coppia
idonea
per
l’adozione,
sì
che
l’affidamento
possa
trasformarsi in affidamento preadottivo.
Altre
tipologie
di
affidamento
giudiziario
attengono
a
quello
disposto dal giudice tutelare, quando delibera sul luogo dove il
minore debba essere allevato e scelga anche le persone dalle quali
deve essere allevato; il giudice della separazione o del divorzio
può
altresì
affidare
la
prole
a
terzi
(art.
2
l.
184,
analogicamente applicabile anche alla separazione).
Nell’ambito della sua competenza amministrativa, l’art. 25 Rdl n.
1404/1934 modificato dalla l. 888/56 prevedeva che il TM affidasse
il minore irregolare per condotta al preesistente servizio sociale
minorile, disponendone l’allontanamento dalla casa familiare. In
tal caso indicherà il luogo dove intende vivere e la persona o
l’ente
che
si
prenderà
cura
di
lui.
Ancor
più
pregnante,
a
5
fondamento dell’affidamento del minore al Servizio sociale, è il
disposto dell’art. 26 comma
3°,
a norma del
quale “la misura
dell’art. 25 n. 1 può altresì essere disposta quando il minore si
trovi nella condizione prevista dall’art. 333 c.c.”.
-
3 – I soggetti ed il contenuto dell’affidamento. I poteri del
giudice tutelare e del tribunale per i minorenni.
-
L’affidamento
persone
singole
familiare,
o
inteso
comunità
di
come
tipo
affidamento
familiare,
è
a
famiglie,
disposto
dal
servizio locale, dal genitore esercente la potestà o dal tutore.
L’espressione ‘servizio locale’ è generica ed è per la prima
volta
contenuta
stabilisce
che
in
il
un
testo
Comune
è
normativo.
l’ente
Il
d.p.r.
erogatore
n.
delle
616/1977
prestazioni
assistenziali, pur se alcune funzioni sono state mantenute dalle
province o delegate alle asl. Il provvedimento di affidamento deve
promanare dall’organo che ha la rappresentanza esterna dell’ente.
-
Il
soggetto
affidatario
può
essere
una
famiglia
(anche
di
fatto), una persona singola o una comunità di tipo familiare;
perché
il
genitori
servizio
provveda
(successivamente
differenza
appare
la
priva
è
necessario
norma
di
il
parla
di
“consenso”
assenso,
significato).
Deve
ma
dei
la
essere
obbligatoriamente sentito il minore che abbia compiuto gli anni
12, ma può essere sentito, ove sia opportuno, anche un minore di
età inferiore.
-
Quanto al contenuto dell’affidamento, l’art. 5 co. 3
indicazioni
rispetto
a
disposto
dal
servizio
disposto
dal
TM,
si
quello
consensuale
sociale,
perché,
richiamano
gli
dell’affidamento
quanto
artt.
fornisce
all’affidamento
330
ss.
C.c.
Il
provvedimento deve essere motivato ed è necessaria un’indicazione
formale delle ragioni di inidoneità della famiglia. Devono essere
indicati
i
tempi
e
le
modalità
dell’esercizio
dei
poteri
attribuiti all’affidatario.
-
E’
previsto
che
il
giudice
tutelare
renda
esecutivo
il
provvedimento del servizio sociale. Ciò dovrebbe significare che
il controllo del giudice tutelare sia condizione di efficacia del
provvedimento, pur se nella prassi esso viene eseguito prima che
intervenga tale provvedimento. Esso ha comunque una funzione di
6
controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge, oltre che di
verifica che non sussista una situazione di abbandono ovvero una
difficoltà non transitoria.
-
Ove
non
vi
sia
il
consenso
dei
genitori
all’affidamento,
provvede il Trib. Min., essendo in tal caso indispensabile la
garanzia
di
un
provvedimento
giudiziario,
che
tenga
luogo
del
consenso mancante. La norma dice genericamente che il tribunale
provvede ai sensi
degli artt.
330
ss. C.c. Non si modificano
comunque i presupposti dell’affidamento, che deve sopperire ad una
temporanea privazione di un ambiente familiare idoneo. Qualora il
tm
si
convinca
temporanea,
l’apertura
adottare
che
che
di
i
vi
sia
tuttavia
non
una
procedura
provvedimenti
un’inidoneità
sia
di
ancora
dei
tale
abbandono,
convenienti
il
ex
genitori
da
non
giustificare
trib.
art.
Min.
333
può
c.c.
(allontanamento dalla casa familiare e affidamento a terzi).
- 4 - Profili sostanziali - la nozione di abbandono
a) ricostruzione storica dell’abbandono.
Il
concetto
di
abbandono
del
minore,
presupposto
della
dichiarazione di adottabilità, è un’acquisizione tutt’altro che
recente
nell’elaborazione
legislative
del
nostro
giuridica
paese;
di
e
minori
nelle
formulazioni
abbandonati,
infatti,
parla già la legge 17 luglio 1890, n. 6972 sull'assistenza ai
poveri,
oltre
all'assistenza
che
varie
minorile3:
altre
ai
leggi
minori
più
particolarmente
moralmente
o
volte
materialmente
abbandonati, inoltre, si richiama l'art. 403 c.c., prevedendo il
loro collocamento in luogo sicuro, a cura della pubblica autorità.
Tuttavia, l’interesse delle istituzioni ai minori in condizioni di
abbandono
non
era
–
inizialmente
–
finalizzato
alla
Per un approfondimento storico, si vedano la legge 18 luglio 1904,
n. 390 nella sua interezza, e gli artt. 55 e 56 r.d. 1 gennaio 1905, n.
12, che distinguono per la prima volta minori materialmente e moralmente
abbandonati; l'espressione viene riportata nella legge 10 dicembre 1925,
n. 2277 sulla protezione e assistenza della materialità e infanzia,
nonché, nel testo unico in materia, r.d. 24 dicembre 1934, n. 2316;
infine, r.d.l. 8 maggio 1927, n. 798, che disciplina le funzioni della
provincia nell'assistenza ai minori, si riferisce ai «fanciulli
illegittimi abbandonati o esposti all'abbandono».
3
7
(ri)costruzione
di
un
valido
legame
familiare
alternativo
a
quello, inesistente o gravemente carente, del nucleo di origine,
ma
all’attuazione
di
tutta
una
congerie
di
interventi,
aventi
natura esclusivamente o prevalentemente amministrativa.
Si
trattava,
adozione,
fornire
dunque,
essendo
una
di
un
concetto
quest’ultima
discendenza
alle
disgiunto
da
originariamente
coppie
(abbienti)
quello
di
finalizzata
che
ne
a
fossero
prive e non ad offrire una famiglia a bambini abbandonati.
E’
stato
affermato4
giustamente
decennio
fa
allontanare
un
che
non
bambino
più
tardi
equivaleva
di
a
qualche
disporne
l’istituzionalizzazione, sicché la popolazione delle strutture di
accoglienza era tanto numerosa quanto composita nella tipologia
dei problemi presentati.
Circa il merito delle ragioni che portavano alla scelta della
soluzione
istituzionale,
va
ricordato
che
esistevano
fatti
di
costume che sembravano renderla obbligata e che, in quella fase
storica, essa era avallata da convinzioni diffuse ed accreditate
presso molta parte di operatori sociali e sanitari. Ad esempio,
erano numerosi i figli di madri nubili, abbandonati od esposti,
che
(in
alternativa
al
cosiddetto
“baliatico”,
che
svolse
una
funzione socialmente preziosa) venivano accolti presso strutture
in grado di ospitarli fino al sesto anno di età. Raggiunto tale
limite, se non era ancora possibile che le madri se ne facessero
carico, i minori, ormai portatori di sindromi carenziali di vario
genere,
venivano
trasferiti
negli
istituti
medico
–
psico
–
pedagogici (IMPP), la situazione interna dei quali non differiva
sostanzialmente da quella delle “istituzioni totali per adulti”,
delle
quali
rappresentava
spesso
l'anticamera:
infatti,
allo
scadere del diciottesimo anno di età, per molti di questi ragazzi
-
per
lo
più
psichicamente
deteriorati
e
divenuti
socialmente
inabili anche a causa della vita da internati condotta negli anni
cruciali del loro sviluppo - la “carriera” istituzionale doveva
obbligatoriamente
proseguire
e
concludersi
all'interno
dell'ospedale psichiatrico.
E’ con la legge 5.6.1967 n. 431, istitutiva dell’adozione allora
definita
“speciale”
–
ma
che
ora
a
Cfr. S. CIRILLO e M.V. CIPOLLONI:
bambini?" (1994).
4
tutti
gli
effetti
è
da
“L'assistente sociale ruba i
8
considerarsi ordinaria – che lo stato di abbandono diventa il
presupposto per un intervento che potremmo definire ricostruttivo
del legame familiare, sulla base dell’affermazione, resa esplicita
dalla
legge
n.
184/1983,
del
diritto
del
minore
di
vivere
all’interno della famiglia, possibilmente la propria, ma – quale
extrema ratio – anche in un’altra.
Ecco, dunque, che la definizione sostanziale dell’abbandono assume
un’importanza di primissimo piano nell’ambito dell’intera materia
civilistica minorile, atteso che la rescissione del legame con la
famiglia naturale d’origine, che ne costituisce la conseguenza, è
il più drastico (e doloroso) degli interventi che il giudice possa
operare,
unitamente
al
successivo
atto
di
costruzione
“artificiale” di un nuovo legame.
Sebbene
i
lavori
parlamentari
della
legge
del
1967
avessero
suggerito l’indicazione di un “catalogo” di fatti e circostanze
costituenti
abbandono,
la
scelta
del
legislatore
fu
di
segno
esattamente opposto, sostanziandosi nella “mera” enunciazione di
un
concetto
–
contenitore,
da
doversi
“riempire”
a
cura
dell’interprete di contenuti concreti.
Lo stato di abbandono nella legislazione vigente.
Non vi è dubbio che il problema non si pone solo in caso di totale
mancanza della famiglia d’origine, come accade allorché il minore
non sia stato riconosciuto da alcuno dei genitori, ovvero sia
stato materialmente abbandonato, cioè privato dell’essenziale per
vivere; ma anche quando egli sia stato fatto oggetto di condotte
commissive
dignità
costituenti
della
persona
reato
(si
contro
pensi
a
la
vita,
minori
la
libertà
oggetto
di
o
abusi
la
o
sfruttamento sessuali, sevizie, maltrattamenti reiterati, etc.).
Peraltro,
il
concetto
dall’art.
403
c.c.,
amministrativa)
appartenenza,
ad
in
di
che
abbandono
faculta
allontanare
particolari
materiale
l’autorità
il
casi
minore
di
può
desumersi
pubblica
(autorità
dal
suo
degrado,
contesto
che
la
di
norma
specificamente integra. Ove tali condizioni permangano inalterate
nel
tempo,
abbandono.
sarà
evidente
la
sussistenza
di
una
condizione
di
9
In
questi
casi,
la
condizione
di
abbandono
e
–
dunque
–
di
adottabilità sarà riconoscibile in re ipsa.
Si
tratta,
tuttavia,
di
situazioni
–
limite,
numericamente
piuttosto scarse, che – per usare un’espressione resa celebre da
una nota quanto risalente sentenza – fanno dei figli veri e propri
orfani di genitori viventi5. Oggi nessuno ritiene che i presupposti
dell’abbandono
siano
legati
in
maniera
rigida
a
così
gravi
circostanze, essendosi in via generale affermato un ampliamento
del diritti del minore (si pensi al più volte indicato diritto
all’affettività)
dell’abbandono,
omissive,
che,
di
comprendendo
direttamente
conseguenza,
in
esso
incidenti
una
dilata
i
confini
serie
di
condotte
sull’equilibrato
e
sereno
sviluppo psico-fisico del fanciullo.
Il
bambino
obiettiva
è
e
materiali,
dunque
non
un
stato
transitoria
calore
consentirgli
in
affettivo
normale
di
abbandono
carenza
ed
aiuto
sviluppo
di
quando
quel
minimo
psicologico
psico
–
vi
fisico.
sia
di
una
cure
necessario
a
L’assistenza
morale e materiale è infatti un insieme di prestazioni che siano
dovute
dai
attenzioni
genitori
e
affettive,
che
si
sostanziano
in
quell’aiuto
in
allo
quelle
cure
sviluppo
ed
della
personalità ed al regolare processo di socializzazione, in quelle
relazioni interpersonali profonde e ricche di spiritualità, di cui
il minore ha bisogno per un’ottimale maturazione sul piano fisico
e psichico.
L’ordinamento
l’abbandono
esige,
non
sia
perché
sia
dichiarata
conseguenza
di
una
l’adottabilità,
situazione
di
che
forza
maggiore a carattere transitorio (art. 8 co. 3). Le difficoltà
transitorie dei genitori devono infatti comportare, non già un
intervento
ablativo,
ma
piuttosto
un’attività
di
sostegno
del
nucleo familiare, salvo che i soggetti tenuti all’educazione ed
all’assistenza dei minori non rifiutino il sostegno.
Il concetto di
forza maggiore in
materia di
adozione non può
essere assimilato a quello ipotizzato dall’art. 1218 c.c, ovvero
alla
situazione
del
creditore
che
ha
diritto
di
ottenere
l’adempimento dell’obbligazione, e neppure al concetto penalistico
di evento derivante dalla natura e dal fatto dell’uomo che non
possa essere preveduto, o che comunque non possa essere evitato.
5
Così Trib. Min. Venezia 5 luglio 1971.
10
Esso
è
piuttosto
afferente
a
quelle
situazioni
temporanee
ed
inevitabili che impediscano alla volontà del genitore di adempiere
al proprio compito di assistenza materiale e morale del minore.
L’elaborazione
dottrinale,
giurisprudenza)
concorde
nell’affermare
(come
del
l’irrilevanza
resto
di
la
qualsivoglia
profilo di “colpevolezza” in capo ai genitori rispetto allo stato
di
abbandono
del
figlio
sanzionatoria
del
provvedimento
adottabilità)
concetto
ha
di
tentato
mantenere
di
abbandono
dall’individuazione
ed
di
conseguenza,
dichiarativo
attribuire
prendendo
dei
educare
(e,
doveri
la
più
le
natura
dello
nitide
mosse,
parentali
prole),
la
stato
di
fattezze
a
al
contrariis,
codificati
successivamente
non
(allevare,
affermando
il
diritto ad un livello minimo di “prestazioni genitoriali”, al di
sotto del quale non vi sarebbe una mera inadeguatezza al ruolo
parentale, ma un autentico abbandono.
Si tratta, comunque, di un criterio non appagante, poiché sembra
richiamare
una
nozione
di
diritti
del
minore
di
tipo
“quantitativo”, di difficile, se non impossibile stima.
Le
ultime
elaborazioni,
giurisprudenza,
che
valorizzano
hanno
quella
trovato
che
ampio
potremmo
riscontro
definire
in
una
valutazione degli effetti, ritenendo sussistente la condizione di
abbandono allorché il contegno dei genitori, lungi dal risolversi
in
una
mera
insufficienza
dell'apporto
indispensabile
per
lo
sviluppo e la formazione della personalità del minore, comprometta
o determini grave pericolo di compromissione per la salute e le
possibilità
di
armonico
sviluppo
fisico
e
psichico
del
minore
stesso. Di fronte ad un siffatto nocumento o al rischio di esso,
successivi
atteggiamenti
o
progetti
genitoriali
per
un
miglioramento della situazione in tanto rilevano in quanto, oltre
che seri, siano oggettivamente idonei al recupero della situazione
medesima6.
Nell’ottica di una valutazione del pregiudizio subito dal minore,
la Cassazione stabilisce che lo stato di abbandono che giustifica
la
dichiarazione
l’individuazione,
di
adottabilità
all'esito
di
un
di
un
minore
rigoroso
presuppone
accertamento,
di
carenze materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare di
per sé una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche
6
Cass. civ., sez. I, n. 21100 del 28 ottobre 2005.
11
conto dell'esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di
origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice
inadeguatezza
dell'assistenza
o
degli
atteggiamenti
psicologici
e/o educativi dei genitori.
A volte si è ritenuta sufficiente ai fini della dichiarazione di
abbandono
materiale,
del
minore
laddove
anche
non
la
vengano
sola
carenza
soddisfatte
le
di
assistenza
più
elementari
necessità di vita del minore, tenuto conto del disposto dell’art.
1 cpv l. adoz. per cui le condizioni di indigenza dei genitori o
del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere
d’ostacolo
all’esercizio
del
diritto
dl
minore
alla
propria
famiglia. In tal caso, la giurisprudenza di legittimità, ai fini
della
dichiarazione
dello
stato
di
abbandono,
richiede
una
valutazione alquanto rigorosa, da cui risulti che dall’inidoneità
dei
genitori
possano
derivare
danni
gravi
ed
irreversibili
all’equilibrata crescita dell’interessato7.
Casistica.
Sulla base di tale principio, è possibile individuare alcuni casi
particolari,
portati
all’attenzione
della
Suprema
Corte,
che
riflettono ipotesi piuttosto diffuse nella prassi.
Iniziamo la nostra disamina dalla malattia mentale del genitore.
Il “diritto alla genitorialità” anche per i pazienti psichiatrici
è stato un tema assai dibattuto a partire quanto meno dagli anni
settanta, allorché esso si impose quale elemento essenziale delle
nuove
concezioni
non
custodialistiche
dell’intervento
sulla
patologia mentale, oltre che come comprensibile reazione ad una
tendenza,
precedentemente
alterazioni
anche
minime
“normalità”
portavano
ad
piuttosto
rispetto
diffusa,
ad
allontanare
una
dai
per
spesso
genitori
la
quale
ipotetica
(ed
in
Cfr. Cass. Sez. I, 28 giugno 2006 n. 15011, in cui la Corte ha
confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato lo stato di
abbandono in un caso nel quale era stato accertato, all'esito di una
rigorosa analisi istruttoria, che i genitori, dai quali erano già stati
allontanati i primi quattro figli, vivevano in una situazione di
assoluto degrado e si erano dimostrati assolutamente carenti sul piano
psicologico e pedagogico, e quindi incapaci, pur con il sostegno dei
servizi, di offrire quel minimo di cure e di attenzioni indispensabile
per non compromettere in modo grave e permanente lo sviluppo psicofisico
del minore.
7
12
particolare dalle madri nubili) minori in tenera età.
Ne è nato
un opposto atteggiamento che potremmo definire della "famiglia a
ogni costo", evidenziatosi in taluni casi di figli di pazienti
psichiatrici, nei cui confronti i servizi di salute mentale hanno
ormai
abbandonato
la
speranza
di
una
guarigione,
orientandosi
verso un affiancamento a lungo termine che ne contenga le fasi di
recrudescenza. Per gli operatori di tali servizi, almeno fino a
poco
tempo
fa,
il
problema
dell'adeguatezza
o
meno
del
loro
paziente ai compiti parentali non si poneva in maniera perentoria,
ed anzi si faceva strada quello che è stato acutamente definito il
concetto di “figlio terapeutico”, vale a dire il legame affettivo
idoneo
a
contenere
le
pulsioni
maggiormente
ingovernabili
dell’assistito. Assai raramente si riteneva necessario segnalare
ai servizi per i minori la presenza di comportamenti dannosi per i
bambini, i quali rischiavano viceversa di essere utilizzati dagli
operatori della salute mentale come elementi di stabilizzazione
dello stato di compenso, più o meno precario, raggiunto dai loro
pazienti. Così avveniva frequentemente, e talora avviene ancora,
che
alcuni
entrambi
i
bambini
venivano
genitori
affetti
mantenuti
da
seria
in
famiglie
patologia
con
uno
psichica
o
senza
chiedersi fino a che punto questo potesse nuocere8.
Da
ultimo,
è
stata
esclusa
dal
giudice
di
legittimità
la
dichiarazione dello stato di abbandono per la sola presenza di
offerte di migliori tenori di vita da parte di terze famiglie
disposte all’adozione, sottolineando come l’istituto dell’adozione
non costituisca rimedio per procurare condizioni di vita migliori
di quelle che la famiglia di origine offre9.
La giurisprudenza ha a tale proposito affermato che, ai fini
della
dichiarazione
di
adottabilità,
non
basta
che
risultino
insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere
permanente,
essendo
in
ogni
caso
necessario
accertare
se,
in
ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad
assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e
8
Cfr. S. CIRILLO e M.V. CIPOLLONI, op. cit.
Cfr. Cass. 2 aprile 1998 n. 3405 per cui il fine dell’adozione non è
quello di fornire al minore condizioni migliori, ma di porre rimedio ad
una situazione di abbandono, con conseguente impossibilità di operare un
raffronto tra il progetto di vita offerto dalla famiglia di origine e
quello offerto dalla famiglia affidataria.
9
13
delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di
cure
materiali,
calore
affettivo
e
aiuto
psicologico
indispensabili per un'equilibrata e sana crescita psico-fisica.
In
particolare,
perché
si
realizzi
lo
stato
di
abbandono
che
giustifica la dichiarazione di adottabilità di un minore, devono
risultare,
all'esito
di
un
rigoroso
accertamento,
carenze
materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare, di per sé,
una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche conto
dell'esigenza
primaria
che
questi
cresca
nella
famiglia
di
origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice
inadeguatezza
dell'assistenza
o
degli
atteggiamenti
psicologici
e/o educativi dei genitori, con la conseguenza che, ai fini della
dichiarazione
di
adottabilità,
non
basta
che
risultino
insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere
permanente,
essendo
in
ogni
caso
necessario
accertare
se,
in
ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad
assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e
delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di
cure
materiali,
calore
affettivo
e
aiuto
psicologico
indispensabili per un'equilibrata e sana crescita psico-fisica
10.
Il tema del genitore tossicodipendente presenta varie analogie con
quello del genitore paziente psichiatrico, poiché anche in questo
caso ci si trova in presenza di gravi problematiche personali del
padre o della madre, rispetto alle quali occorre sia verificare
con accortezza l’incidenza delle stesse sull’equilibrato sviluppo
psico – fisico del minore, sia elaborare una fondata prognosi
circa
eventuali
propositi
di
recupero
che
dovessero
essere
Cass. civ., sez. I, n. 8527 del 12 aprile 2006; nell'enunciare tale
principio, la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il
quale, nel dichiarare lo stato di abbandono, aveva accertato, per un
verso, che il disagio ambientale subito dal minore gli aveva procurato
danni verosimilmente irreversibili, tanto che egli, presentando tutte le
caratteristiche del bambino istituzionalizzato, si dimostrava incapace
di instaurare rapporti significativi con l'adulto, non avendo mai avuto
un rapporto con la madre; per l'altro verso, che anche la prognosi per
il futuro era negativa, perché entrambi i genitori presentavano
patologie che richiedevano terapie di lunga durata e di esito incerto.
Tale sentenza si pone sulla scia di quanto già statuito da Cass. 9
gennaio 1998 n. 120, a mente della quale, al fine di dichiarare lo stato
di adottabilità, non sono sufficienti carenze mentali anche permanenti
del genitore, ma occorre dimostrare accertare se, in ragione di tali
patologie, il genitore sia idoneo a conservare la consapevolezza del
proprio compito ed offrire al minore le necessarie cure materiali e
sostegno affettivo e psicologico.
10
14
esternati dagli interessati. Il tutto con un ancor più accentuato
rischio di strumentalizzazioni,
che
soggetti
coinvolti
accade
per
i
tentino
di
sfruttare
magari,
di
cominciare
anche
consumatori
ben sussistendo la possibilità
in
vicende
abituali
di
l’asserita
ad
penali
sostanze
necessità
occuparsi)
–
di
un
come
spesso
stupefacenti
di
occuparsi
figlio
per
–
(o,
lucrare
benefici penitenziari.
E’ evidente che, uno stato di tossicodipendenza grave, rispetto
alla quale non vi sia alcun proposito di recupero, costituisca
motivo sufficiente a giustificare la declaratoria di adottabilità
del
minore,
ove
nell’ambito
familiare
non
vengano
reperite
risorse personali ed affettive alternative. E’ altrettanto chiaro,
tenendo anche presenti i criteri “prudenziali” evincibili dalla
legislazione in materia di stupefacenti, che qualsiasi progetto di
recupero
(atto
a
dell’interessato)
scongiurare
debba
essere
la
“perdita”
adeguatamente
del
figlio
documentato
e
già
avviato a concreta realizzazione.
A
tali
condizioni,
sintomatici
di
possono
una
essere
oramai
valorizzate,
raggiunta
capacità
quali
elementi
parentale
del
genitore, la forte spinta motivazionale data dal suo desiderio di
poter riavere
dimostrata
il figlio con sé, nonché la stessa ansia da lui
per
la
situazione
di
precarietà
dello
stesso,
unitamente ad elementi concreti (quali lo svolgimento di attività
di volontariato, la volontà manifestata di costruire un valido
rapporto con il figlio ed il raggiungimento di un’indipendenza
economica),
attestanti
il
recupero
di
un’affettività
e
di
una
progettualità concrete.
La giurisprudenza in materia ribadisce che, in tema di adozione di
minore è esplicitamente prevista e tutelata, ex l. n. 149 del
2001, che l'esigenza del minore di crescere in seno alla propria
famiglia di origine può essere sacrificata solo in presenza di
obbiettive, concrete situazioni di gravità tali da pregiudicarne
seriamente
pertanto
stato
di
e
la
definitivamente
situazione
adottabilità
di
—
l'armonico
abbandono
deve
—
essere
sviluppo
quale
psicofisico;
presupposto
valutata
con
dello
particolare
rigore, in base a riscontri certi, concreti ed obbiettivi e non
meramente
presuntivi
e
prognostici,
potendosi
essa
individuare
solo in caso di carenza di cure materiali, morali ed affettive
15
tale da pregiudicare in modo grave e definitivo un equilibrato
sviluppo
psicofisico
del
minore.
Al
fine
di
escludere
i
presupposti dello stato di abbandono, si ritiene di valorizzare la
sussistenza di elementi sintomatici di un’ormai raggiunta capacità
genitoriale, quali la risoluzione del genitore che si sottoponga
ad
un
programma
di
recupero
per
tossicodipendenti,
della forte spinta motivazionale a riavere la figlia.
11
in
ragione
.
Ulteriore situazione che può integrare i presupposti dello stato
di abbandono è costituita dallo stato di detenzione del genitore.
E’
noto
che
lo
stato
di
detenzione
del
genitore
non
può
considerarsi causa di forza maggiore di natura transitoria, per
Cass. civ., sez. I, n. 8877 del 14 aprile 2006 S.C. ha confermato la
sentenza d'appello che aveva ritenuto non ricorresse lo stato di
abbandono in presenza di una figura paterna per la quale al degrado
legato alla tossicodipendenza era seguito un adeguato, fecondo percorso
riabilitativo, con il conseguente recupero della dignità umana e sociale
e della responsabilità genitoriale; nella specie, la Corte ha ritenuto
corretta la decisione del giudice di merito di collocare temporaneamente
la figlia minore del soggetto, già affidata ad una coppia di coniugi,
alla comunità di recupero presso la quale era ospitato il padre, in
quanto accompagnata dalla previsione della elaborazione, da parte degli
operatori della comunità, di un progetto inteso alla sviluppo della sua
relazione con il padre, e, quindi, propedeutico al suo definitivo
affidamento al genitore. Tale sentenza segue il percorso già tracciato
da Cass. 14 maggio 2005 n. 10126, che ribadisce la necessità di
particolare rigore da parte del giudice di merito nella valutazione
della situazione di abbandono del minore quale presupposto per la
dichiarazione dello stato di adattabilità, atteso il diritto del minore
di crescere e di essere educato nella propria famiglia di origine, che
deve essere reso effettivo attraverso la predisposizione di interventi
di sostegno in caso di difficoltà della famiglia di origine.
In
precedenza, Cass. Civ. sez. I 7 novembre 1998 n. 11241 stabilisce
peraltro che integra gli estremi della situazione di abbandono del
minore non soltanto la precisa ed esplicita manifestazione di volontà di
abbandonare il figlio da parte dei genitori, ma anche la persistente
adozione, da parte dei medesimi, di atteggiamenti improntati a condotte
di vita disordinate e connotate da gravi anomalie caratteriali e/o
comportamentali, tali da poter conseguentemente compromettere in modo
grave ed irreversibile la crescita psicofisica del minore. (Principio
affermato dalla S.C. in relazione ad una vicenda in cui entrambi i
genitori, tossicodipendenti, avevano chiesto il ricovero in comunità
onde poter conservare l'affidamento della figlia minore, da esercitarsi
nell'ambito della medesima comunità). In giurisprudenza di merito si
segnala
Trib. Min. Perugia 22.7.1997, che ha stabilito
quale
presupposto per l’adozione speciale da parte della zia della minore ex
art. 44 l. c il caso di stato di tossicodipendenza cronica di entrambi
genitori.
11
16
quanto sia fisiologicamente destinato a terminare, in quanto non
costituisce una situazione fortuita, non imputabile al soggetto12.
Si segnala tuttavia in giurisprudenza un orientamento che valuta
in modo rigoroso la sussistenza del presupposto dello stato di
abbandono e ritiene che lo stato di detenzione del genitore non è
di
per
sé
sufficiente
a
ritenere
integrata
tale
condizione,
qualora il genitore manifesti attenzione alle esigenze del figlio.
In particolare, Cass. 14 maggio 2005
la
madre
del
bambino
sia
n. 10126 stabilisce che, ove
impedita,
a
causa
del
suo
stato
di
detenzione, destinato a protrarsi per un periodo di lunga durata,
a prendersi cura del proprio figlio (non riconosciuto dal padre),
ma si mostri sensibile alle esigenze affettive di questo, tanto da
determinarsi
a
chiederne
l'affidamento
alla
propria
madre,
già
affidataria di altro figlio della donna, onde evitare di recidere
definitivamente ogni legame con lui - la dichiarazione dello stato
di abbandono del minore non può discendere dal mero apprezzamento
negativo della personalità della nonna materna, in ipotesi anche
di
età
avanzata,
instaurando
con
la
significativi
quale
il
rapporti,
bambino
ove
non
abbia
convissuto
risultino
elementi
concreti realmente in grado di incidere negativamente sul processo
di evoluzione, fisica ed intellettuale, del bambino, impedendone
una crescita serena ed un accudimento adeguato13.
In giurisprudenza di merito si annovera un importante precedente
del Trib. Min Bari 10 gennaio 2006, che ha ritenuto integrasse un
presupposto
dello
stato
di
abbandono
della
minore
la
condotta
della madre il fatto che la stessa, già tratta in arresto per un
In tema di adozione, lo stato di detenzione del genitore non integra
gli estremi della "forza maggiore di carattere transitorio" (ipotizzata
dall'ultima parte del comma 1 dell'art. 8 della l. n. 184 del 1983), la
cui sussistenza, trascendendo la condotta e la volontà del soggetto
obbligato, giustifica la mancata assistenza del minore, in quanto tale
stato deve ritenersi imputabile alla condotta criminosa dal genitore
stesso, volutamente posta in essere nella consapevolezza della possibile
condanna e carcerazione. (cfr. Cassazione civile, sez. I, 10 giugno
1998, n. 5755).
12
La sentenza contiene la chiara affermazione della rilevanza del legame
del minore con gli stretti congiunti, in particolare dei nonni, ai fini
della valutazione della insussistenza dello stato di abbandono pur in
caso di impedimento dei genitori a prendersi cura dello stesso. In
passato, la giurisprudenza di legittimità aveva ripetutamente affrontato
il tema ponendo in evidenza la necessità al fine di evitare la
dichiarazione di adottabilità, della prova della esistenza di rapporti
significativi del minore con i congiunti entro il quarto grado.
13
17
reato di spaccio di stupefacenti, pochi mesi dopo la nascita della
bimba venga nuovamente arrestata, chiedendo di vedere la figlia
solo dopo che il Tribunale glielo aveva formalmente impedito.
Altro problema posto dalla prassi applicativa è quello della c.d.
“genitorialità delegata”, vale a dire della totale “cessione” a
terze persone delle facoltà (e dei doveri) connessi alla potestà.
Benché in talune
pronunzie dei
giudici di
merito
(per lo più
relative a minori stranieri in età adolescenziale, dimoranti in
Italia presso fiduciari dei genitori) si affermi che ciò possa
costituire
legittimo
esercizio
delle
facoltà
parentali,
è
da
ritenersi che una siffatta situazione configuri una condizione di
abbandono del minore.
In
ossequio
a
tale
principio
è
stato
chiarito
che
del
tutto
legittimamente il giudice del merito, accertata l'insufficienza
dell'assistenza morale e materiale dei genitori, non dipendente da
causa
di
forza
maggiore
di
carattere
transitorio,
dichiara
il
minore in stato di adottabilità, ove pure, per il passato, in
analoga
situazione,
si
sia
provveduto
con
l'affidamento
etero-
familiare - che si sia rivelato inidoneo a risolvere la condizione
del minore -, il quale, di per sé, non è di impedimento alla
dichiarazione
anzidetta,
in
forza
dell'espressa
previsione
dell'art. 8, secondo comma, della citata legge n. 184 del 1983
(non sostanzialmente modificato dall'art. 8 della legge n. 149 del
2001),
atteso
che
anche
la
bontà
dell'inserimento
del
minore
presso gli affidatari, se, per un verso, è influente ai fini della
successiva
trasformazione
dell'affidamento
provvisorio
in
affidamento definitivo, non lo è affatto, per altro verso, ai fini
del riscontro della sussistenza dello stato di abbandono14.
Infine, va’ esaminato il ruolo dei parenti prossimi del minore, la
cui
disponibilità
a
prendersene
cura
spesso
emerge
nei
procedimenti di adottabilità, non di rado per la prima volta e
Cass. civ., sez. I,
n. 12168 del 9 giugno 2005; presupposto
dell’affermazione giurisprudenziale è che la situazione che giustifica
l'affidamento etero-familiare, a norma degli artt. 2 e segg. della legge
4 maggio 1983, n. 184, come sostituiti dai corrispondenti articoli della
legge 28 marzo 2001, n. 149, e quella che conduce alla pronuncia di
adottabilità si differenziano, in quanto la mancanza di "un ambiente
familiare idoneo" è considerata, nel primo caso, temporanea e superabile
con il detto affidamento, mentre, nel secondo caso, si ritiene che essa
sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se non per il tramite
della dichiarazione di adottabilità.
14
18
sulla base di spinte motivazionali connesse più alla tutela del
“buon
nome”
della
famiglia
allargata,
che
al
benessere
del
bambino.
In un contesto di valorizzazione e di recupero, finché possibile,
del legame di sangue, ed anche dei vincoli (in particolare, di
quelli con gli ascendenti in linea retta) che affondano le loro
radici nella tradizione familiare, la quale – a sua volta – trova
il
suo
riconoscimento
nella
costituzione
(art.
29),
viene
valorizzata la disponibilità a prendersi cura del minore da parte
dei
parenti,
disposizioni
da
in
abbiano
avuto
secondo
la
intendersi
materia
rapporti
prevalente
–
–
in
ossequio
quelli
entro
significativi
il
con
interpretazione,
al
quarto
il
è
complesso
grado,
minore15.
proprio
delle
che
Dunque,
il
legame
affettivo con il parente che giustifica l’esclusione dello stato
di abbandono16.
Tale principio è stato da ultimo ribadito dalla Cassazione 2006, a
mente della quale in tema di dichiarazione di adottabilità, e di
inidoneità
non
transitoria
dei
genitori
a
prestare
le
cure
necessarie al minore, qualora si manifesti, da parte di figure
parentali sostitutive, la disponibilità a prestare assistenza e
cure al minore, essenziale presupposto giuridico per escludere lo
stato di abbandono è la presenza di siffatti rapporti dello stesso
con dette persone, giacché la l. n. 184 del 1983 - specie dopo le
modifiche
introdotte
dalla
l.
n.
149
del
2001
-
attribuisce
rilievo alla parentela, ai fini della esclusione dello stato di
15
Cass. civ., sez. I, n. 11019 del 12 maggio 2006.
Cfr. in primis Cass. 9 maggio 2002 n. 6629 in tema di dichiarazione
di adottabilità, qualora si manifesti da parte di figure parentali
sostitutive (quali, nella specie, la nonna materna, mai conosciuta dal
minore) la disponibilità a prestare assistenza e cure al minore,
essenziale presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono è
la presenza di significativi rapporti dello stesso con tali persone,
giacché alla parentela la legge n. 184 del 1983 attribuisce rilievo, ai
fini della sopraindicata esclusione, solo se accompagnata dalle
relazioni psicologiche e affettive che normalmente la caratterizzano, a
più forte ragione a seguito delle modifiche introdotte alla predetta
legge dalla l. 28 marzo 2001 n. 184, il cui art. 11, nel condizionare
espressamente, in caso di decesso dei genitori, alla inesistenza di
siffatti rapporti tra il minore ed i parenti entro il quarto grado la
declaratoria di adottabilità, rende irragionevole una diversa disciplina
con riferimento alla ipotesi della inidoneità dei genitori.
16
19
abbandono,
affettive
solo
che
applicazione
se
accompagnata
normalmente
del
la
riferito
dalle
relazioni
caratterizzano
principio,
la
psicologiche
e
(nella
specie,
in
Suprema
Corte
ha
confermato la pronuncia del giudice del merito che aveva ritenuto
irrilevante,
al
circostanza
che
disponibilità
pregresso
fine
i
ad
di
escludere
nonni
materni
accogliere
rapporto
lo
il
significativo
stato
di
avessero
minore,
da
abbandono,
dato
facendo
costoro
la
propria
difetto
instaurato
la
un
con
il
nipote)17.
Ciò si desume dalle disposizioni di cui all’art. 12 della legge
n. 184/83, che contiene previsioni di carattere sostanziale volte
a
garantire,
mantenimento,
sia
pure
in
l’istruzione
via
e
provvisoria,
l’educazione
l’assistenza
del
minore,
ed
il
facendo
riferimento ai parenti entro il quarto grado che abbiano avuto
tali rapporti significativi con il minore. Peraltro, le indagini
relative ai parenti entro il quarto grado sono limitate a coloro
che abbiano avuto rapporti significativi con il minore. Inoltre,
anche l’audizione dei parenti entro il quarto grado è limitata a
coloro che abbiano avuto rapporti significativi con il minore.
Ciò va a più forte ragione affermato a seguito delle modifiche
introdotte alla disciplina dell’adozione con la legge 28 marzo
2001, n. 184, il cui art. 11 condiziona espressamente, in caso di
decesso dei genitori, alla inesistenza di siffatti rapporti tra il
minore ed i
parenti entro il
quarto grado la
declaratoria di
adottabilità. L’ipotesi di decesso di entrambi i genitori viene
difatti
equiparata
Cassazione
ha
in
a
tal
quella
caso
di
inidoneità
confermato
la
di
entrambi.
sentenza
della
La
Corte
d’Appello che aveva ritenuto irrilevante – ai fini dell’esclusione
dello stato di abbandono – la disponibilità espressa dai nonni
materni ad accogliere il minore, in considerazione del concreto
interesse
dello
stesso,
che,
essendo
inserito
stabilmente
in
un’altra famiglia, avrebbe vissuto con disagio un ritorno nella
famiglia di origine che neppure conosce.
Qualora
dunque
il
minore,
abbandonato
dai
genitori,
goda
dell’apporto sostitutivo dei nonni, ma questi non siano in grado –
17
Cassazione civile , sez. I, 10 agosto 2006, n. 18113
20
ancorché
per
ragioni
da
loro
indipendenti
(età,
consolidate
abitudini di vita) di offrire cure materiali e morali atte ad
assicurare
l’interesse
del
minore,
la
dichiarazione
di
adottabilità non trova ostacolo nel diritto del minore ad essere
educato nella propria famiglia, atteso che la normativa esprime
una scelta preferenziale in caso di inidoneità della famiglia ad
offrire supporto ed assistenza al minore.
Il carattere significativo dei rapporti tra minore e parenti entro
il
quarto
minore,
e
grado
va
va
dunque
individuato
escluso
nell’ottica
ove
emerga
un
dell’interesse
del
atteggiamento
dei
parenti privo di ogni utile apporto ai bisogni materiali e morali
del
minore,
seguito
da
dichiarazioni
di
disponibilità
che
risultino prive di concretezza e di serietà18.
Altro
orientamento
ritiene
invece
sufficiente
ai
fini
dell’esclusione dello stato di abbandono la mera disponibilità dei
parenti a prendersi cura del minore, anche quando non abbiano
stretti legami con lui19.
E’ comunque evidente – come si è già rilevato - che la dichiarata
disponibilità di uno di tali parenti ad occuparsi dello stesso non
è sufficiente, di per sé, ad escludere la situazione di abbandono,
Cfr. Cass. Civ. 7 gennaio 1987 n. 2, per cui il carattere "
significativo " dei rapporti fra il minore e parenti entro il quarto
grado, quale situazione ostativa alla dichiarazione dello stato di
adottabilità, ai sensi dell’art. 12 della l. 4 maggio 1983 n. 184 deve
essere individuato dal punto di vista degli interessi del minore, e,
quindi, va escluso ove emerga un atteggiamento di detti parenti (nella
specie, nonni) privo di ogni utile apporto alle esigenze morali e
materiali del minore medesimo, seguito da dichiarazioni di disponibilità
che risultino prive di concretezza e serietà.
18
cfr. Cass. Civ. , sez. I, 29 novembre 1996, n. 10656, a mente della
quale anche alla luce di una corretta configurazione dell'istituto
adottivo come "extrema ratio", essendo preferibile per il minore di
crescere nella sua famiglia di origine (di cui fanno parte anche i
parenti entro il quarto grado), non può dichiararsi la situazione di
abbandono (anche) quando sia dimostrata la seria disponibilità a
prestare assistenza materiale e morale al minore da parte di parenti
entro il IV grado che con lo stesso non abbiano avuto per il passato
significative relazioni materiali ed affettive).
19
21
dovendo la stessa essere suffragata da elementi oggettivi che la
rendano credibile20.
La
giurisprudenza
assolutamente
prevalente
è
dell’idea
che
i
significativi rapporti affettivi debbano essere preesistenti alla
valutazione del tribunale in ordine alla sussistenza dello stato
di abbandono21, ma non mancano pronunzie in senso contrario; in
particolare è stato affermato22 (sempre con riferimento all’ormai
nota
concezione
mancanza
di
dell’adozione
assistenza
l’indisponibilità
ad
quale
morale
ovviarvi,
e
"extrema
ratio")
materiale
quali
del
che
la
minore
e
per
la
condizioni
dichiarazione dello stato di adottabilità, vanno valutate anche
con riguardo ai parenti entro il quarto grado che non abbiano
avuto rapporti significativi con il minore, a nulla rilevando che
l'art. 12, u.c., della citata legge n. 184 del 1983 limita la
partecipazione al procedimento di cui si tratta a coloro, tra
detti parenti, che abbiano mantenuto tali rapporti. La tesi viene
sostenuta avendo riguardo al carattere meramente processuale della
menzionata
principio
stato
di
disposizione,
di
diritto
dalla
sostanziale
adottabilità
pur
quale
non
che
quando
potrebbe
imponga
sia
di
trarsi
un
dichiarare
lo
dimostrata
la
seria
disponibilità a prestare assistenza materiale e morale al minore
da parte di parenti entro il quarto grado che con il medesimo non
abbiano avuto per il passato significative relazioni materiali ed
affettive. Ne consegue che tale disponibilità andrebbe presa in
considerazione
anche
appello,
anche
ed
in
sede
con
di
opposizione
riferimento
a
al
fatti
decreto,
o
di
sopravvenuti
all'originario provvedimento.
-
5 – L’adozione ex art. 44 l. n. 184/83 e l’impossibilità di
affidamento preadottivo.
L’art.
44
della
legge
sull’adozione
prevede
delle
ipotesi
tassative di adozione in casi particolari, nelle quali si consente
20
Cass. civ. sez. I, n. 4407 del 28/2/2006.
21
Cass. civ., sez. I, n. 11993 dell’8/8/2002.
22
Cass. pen. sez. I, n. 1095 del 1°/2/2000.
22
di derogare ai requisiti dell’adozione legittimante, in condizioni
particolari, per offrire tutela al minore.
Il primo caso, di cui all’art. 44 lett. a), riguarda il minore
orfano di entrambi i genitori, adottato da parenti entro il 6°
grado o da persone con cui abbia instaurato un rapporto stabile e
duraturo, prima della morte dei genitori. L’evidente finalità è
quella
di
evitare
che
il
minore
venga
sradicato
dal
contesto
familiare, consentendo all’autorità giudiziaria di scegliere nel
novero più ampio possibile di nuclei familiari parentali.
La
seconda
ipotesi
è
costituita
dall’adozione
da
parte
di
un
coniuge, del figlio (legittimato, legittimo, naturale o adottivo)
dell’altro
coniuge.
Qui,
mancando
lo
stato
di
abbandono
del
minore, non sarebbe possibile pronunciare l’adozione legittimante
e tuttavia, la ratio sottesa dalla normativa è quella di dare una
famiglia completa al minore, facendolo adottare dal nuovo coniuge
del genitore23.
L’ipotesi
quella
più
di
significativa
cui
e
all’art.
discussa
44
di
lett.
adozione
D),
speciale
ovvero
è
connessa
all’impossibilità di affidamento preadottivo. Quest’ultima ipotesi
era prevista alla lett. C, che poi è divenuta lett. D) a seguito
dell’inserimento, da parte della legge n. 149/01, dell’ipotesi del
minore, handicappato e orfano di entrambi i genitori, che può
essere adottato anche da persone
parentali
ed
sostanzialmente
affetto
da
affettivi.
Si
ultronea,
problemi
di
non legate a
tratta,
atteso
che
salute,
lui
peraltro,
l’adozione
da vincoli
di
di
modifica
un
indipendentemente
bambino
dalla
sua
condizione di orfano, già rientrava nella precedente lett. C).
In dottrina, si discute se detta impossibilità vada intesa in
senso fattuale o giuridico.
La "constatata impossibilità di affidamento preadottivo", secondo
parte
della
tutti
i
dottrina,
indica
presupposti
una
giuridici
situazione
per
in
procedere
cui
sussistono
all'adozione
legittimante, ma in cui si riscontra un'impossibilità di fatto a
causa della situazione difficile del minore, che nessuna coppia di
coniugi
è
disposta
ad
accogliere.
È
quindi
necessario
che
il
minore versi in stato di abbandono ai sensi dell'art. 8, l. n.
Cfr. L. ORSINGHER,
Avellino, 2007, fl. 138.
23
L’adozione,
a
cura
di
G.
Cassano,
Halley
,
23
184/1983 e che tale
condizione sia stata giudizialmente accertata
tramite la dichiarazione di adottabilità24. In questo ambito assai
restrittivo,
qualche
Autore
ha
cominciato
a
ritenere
che
una
ragionata previsione dell'impossibilità in fatto dell'affidamento
preadottivo consentirebbe di prescindere dalla dichiarazione dello
stato
di
adottabilità,
complicazione
o
un
costituendo
quest'ultima
rallentamento
della
soltanto
una
procedura25.
La
"constatazione" che la legge esige non può infatti ridursi ad una
mera previsione, sia pure fondata e ragionevole, ma deve tradursi
in una effettiva sperimentazione sfociata nell'insuccesso.
Tale
interpretazione
base
a
restrittiva
considerazioni
Carolis,
concernente
normativa
vigente,
conservare
stata
giustificata
storico-sistematiche.
il
si
l'adozione
è
disegno
di
osservava
non
legge
Nella
da
infatti
legittimante,
anche
in
relazione
De
cui
deriva
la
l'opportunità
per
quanto
di
ritenuta
storicamente superata, come si desume dall’abrogazione delle norme
del
codice
civile
relative
all’istituto
dell’affiliazione,
nei
seguenti termini:
“quando
si
sia
constatata
l'impossibilità
di
un
affidamento
preadottivo del minore dichiarato adottabile e vi sia anche una
singola
persona
continuativamente
disposta
ad
(vi
situazioni
sono
occuparsene
di
convenientemente
minori
e
grandicelli
o
handicappati che non si riesce a dare in affidamento preadottivo
per
cui
appare
legittimante
da
opportuno
parte
di
anche
persone
ripiegare
non
sull'adozione
aventi
i
requisiti
non
per
l'adozione legittimante)".
Sembra quindi chiaro che l'attuale lett. d) sia stata concepita
come una via d'uscita per le situazioni più problematiche, al fine
di
evitare
un'istituzionalizzazione
sine
die
del
minore.
G. Cattaneo, Adozione, in Digesto, disc. priv., sez. civ., I, Torino
1987, 117; M. Dogliotti, Affidamento e adozione, in Trattato di diritto
civile commerciale già diretto da Cicu e Messineo, continuato da
Mengoni, Milano 1990, 316; C. Ebene Cobelli, adozione in casi speciali,
in Enc. giur. Treccani, I, Roma 1991, 2; A. Finocchiaro, in A. e M.
Finocchiaro, Disciplina dell'adozione e dell’affidamento dei minori,
Milano 1983, 448; Manera, L’adozione legittimante, Roma, 1990, 56 ss..;
P. Ubaldi, Osservazioni in tema di affidamento familiare e di adozione
in casi particolari, in Giur. it. 1985, I, 2, 693; A. Zini, Commento
alla l. n. 184/1983, in Commentario breve al c.c., leggi complementari,
a cura di G. Alpa e P. Zatti, Padova 1995, 85
25
Cfr. L. SACCHETTI, Il commentario dell’adozione e dell’affidamento,
Rimini, 1986, 113 ss.
24
24
Si
è
sottolineata,
particolare
rispetto
inoltre,
al
la
residualità
modello
generale
dell'adozione
dell'adozione
legittimante, che è comunque considerato l’istituto maggiormente
idoneo a garantire la migliore famiglia al minore che si trovi in
stato di abbandono, nonché uno status giuridico equiparabile alla
filiazione.
La
giurisprudenza
di
merito
si
è
orientata
invece
per
un'interpretazione estensiva della formula di cui alla lett. d)
dell'art.
44,
riduttivamente
derivante
dalle
l.
n.
84/1983,
identificarsi
condizioni
ritenendo
con
che
essa
l'impossibilità
“anomale”
del
minore,
ma
non
possa
di
fatto
che
essa
ricorra anche nell’ipotesi di impossibilità giuridica di praticare
l’affidamento preadottivo, dovuta alla mancanza o impossibilità di
una
dichiarazione
di
adottabilità,
per
l’insussistenza
di
una
situazione di abbandono in senso giuridico26. Tra le altre, dunque,
l’impossibilità viene individuata nell’ipotesi in cui, essendo il
minore legato a figure genitoriali precise, voglia darsi veste
giuridica
a
situazioni
di
fatto.
Particolarmente,
ciò
accade
quando il minore sia affidato a parenti, senza essere orfano dei
genitori, o quando gli adottanti siano privi dei requisiti di cui
all’art. 627.
Favorevole
all’interpretazione
relativa
all’impossibilità
giuridica
dell’affidamento preadottivo nell’adozione speciale ex art. 44 lett. D), è la
sentenza del Trib. Min. Milano 28 marzo 2007 in Guida al diritto – Famiglia e
minori, n. 10/07, fl 83, che in un caso di adozione speciale di una minore,
orfana di padre, che viveva dalla nascita con l’adottante, compagno della
madre,ha affermato il principio per cui l’impossibilità di affidamento
preadottivo si può avere anche quando manchi lo stato di abbandono, così
valorizzando i legami affettivi creatisi e consentendo l’adozione da parte di
persone singole o anziane. Con sentenza Trib. Min Milano, 7 febbraio 2007, in
Famiglia e minori, Guida al diritto, n. 8/07, fl. 84, si è consentita l’adozione
speciale anche nell’ipotesi in cui tra gli adottanti fosse intervenuta
separazione legale, in considerazione del superiore interesse della minore alla
contiità degli affetti. Un ulteriore caso in cui è stato disposta l’adozione ex
art. 44 lett. D) a idonea coppia genitoriale, nella prospettiva che fosse
garantita alla minore una frequentazione con la famiglia di origine, cfr. Trib.
Min. Salerno, decreto 23 marzo 2007.
27 Cfr. in particolare App. Bologna 15 aprile 1989, Giur. merito 1991, 93, con
nota di Manera, Trib. Min. Perugia, 22 luglio 1997, in Dir. Famiglia 1998, 1479,
Trib. min. Bologna 29 maggio 1988, Dir. famiglia 1989, 139; App. Bologna 4
gennaio 1984 e 27 febbraio 1985, ivi 1985, 545, che consentono ai parenti entro
il IV grado l'adozione del minore, che non sia orfano di madre e di padre, ai
sensi della lett. c) dell'art. 44, l. n. 184/1983. Per un'interpretazione
elastica del medesimo art. 44, lett. c), secondo cui l'impossibilità di
affidamento preadottivo sussiste non soltanto nell'ipotesi in cui il minore, del
quale è stato dichiarato lo stato di adottabilità, sia rifiutato dalle coppie
aspiranti all'adozione a causa di una sua condizione personale anomala, ma anche
qualora il distacco dagli affidatari (privi dei requisiti per l'adozione
26
25
Se è concordemente ammessa la riconducibilità all’art. 44 lett. D)
dell’adozione in casi particolari in favore di parenti entro il
quarto
grado,
in
quanto
non
altera
i
rapporti
tra
adozione
legittimante e non, vi sono alcune interpretazioni avanzate della
dottrina e di parte della giurisprudenza di merito, che forniscono
un’interpretazione
“impossibilità
ancora
di
più
affidamento
estensiva
della
preadottivo”:
tale
formula
presupposto
ricorre anche qualora il distacco del minore dagli affidatari, sia
pure
abusivi
legittimante
o
dei
(differenza
comparativa),
traumi
privi
in
possa
requisiti
di
con
età,
rapporto
presumibile
ragione
necessari
di
certezza
dell’irreversibile
per
l’adozione
coniugio,
scelta
procurargli
gravi
legame
affettivo
instauratosi.
In virtù della prevalenza del principio della continuità degli
affetti sul principio della legalità, pur non esistendo ostacoli –
né
in
fatto
(ovviamente
e
né
rispetto
in
a
diritto
soggetti
–
all’adozione
diversi
da
legittimante
quelli
attualmente
affidatari), non potrebbe ricorrersi a tale procedimento e, pur
quando
fosse
dovrebbe
all’
intervenuta
essere
interrotto.
“impossibilità
derivante
la
dichiarazione
Secondo
oggettiva”
dall’assenza
di
tale
di
coppie
di
adottabilità,
orientamento,
affidamento
aspiranti,
si
accanto
preadottivo,
è
individuata
un’impossibilità “soggettiva”, giustificata esclusivamente in base
al preminente interesse del minore. Tale orientamento non viene
tuttavia
accolto
da
una
parte
della
dottrina,
preoccupata
del
fatto che in questo modo possa aprirsi la strada a situazioni
abusive,
o
alternativo
che
e
l’adozione
concorrente
speciale
rispetto
divenga
all’adozione
uno
strumento
legittimante28.
legittimante e eventualmente abusivi) possa provocare al minore seri e gravi
traumi, cfr. Trib. min. Trieste 9 luglio 1984. Cfr. quanto all’applicabilità
dell’art. 44 anche in materia di adozione internazionale, Trib. Min. Trento 11
marzo 2002, Dir. Famiglia 2004, nota GALOPPINI.
28
La questione si è posta con particolare drammaticità in relazione alla
nota vicenda di Serena Cruz. Si trattava di una bambina cilena portata
illegalmente in Italia e trattenuta con sé da due coniugi. La situazione
illegale si protrasse per oltre un anno,
con espedienti posti in essere dai
coniugi. Con sentenza del 18 aprile 1989 della Corte di Appello di Torino venne
confermato il provvedimento di allontanamento della bambina dai coniugi, con
successivo affidamento della stessa ad un’altra coppia. Nella contrapposizione,
che spaccò l’opinione pubblica, tra il rispetto del principio di legalità e
quello della prevalenza degli affetti, i giudici minorili si schierarono nel
26
-
5
bis
–
l’elaborazione
dottrinaria
sul
semi
–
abbandono
permanente e la sperimentazione dell’adozione mite.
Cominciata
autorizzata
fondata
sul
nel
dal
giugno
CSM
2003
nel
parziale
come
Tribunale
insuccesso
semplice
per
della
i
prassi
Minorenni
legislazione
giudiziaria
di
in
Bari
tema
e
di
affidamento familiare e sull’esigenza di dare maggiore impulso al
processo
di
deistituzionalizzazione
dei
minori
(in
vista
della
scadenza del dicembre 2006 per la chiusura degli istituti), la
sperimentazione
dell’adozione
mite
sta
negli
ultimi
tempi
assumendo la dignità di un progetto culturale qualificante, del
tassello
significativo
di
un
più
ampio
discorso
destinato
a
modificare sensibilmente le linee normative attualmente vigenti in
tema di adozione e affidamento familiare29.
primo senso. Così argomentano i giudici di Torino: “…Il conflitto non è soltanto
tra la persona di Serena e l'applicazione della legge. Nella situazione attuale
di diffuso traffico di bambini, il conflitto si pone anche tra le persone di
innumerevoli bambini (esposte ad essere oggetto di mercato) e la disapplicazione
della legge. Infatti la legge difende le persone di tutti i bambini. Rifiutando
di tradire la legge e di «legalizzare» la frode ad essa, i giudici operano a
servizio dell'interesse di tutti i bambini. Se tale rifiuto produce una
sofferenza per Serena, quella sofferenza non è conseguenza della applicazione
della legge, bensì conseguenza della prolungata frode dei Giubergia…”.
Il caso viene esaminato da G. ZAGREBELSKY, Il diretto mite, EINAUDI,1992, 292,
Il quale evidenzia che il principio di legalità avrebbe dovuto trovare tutela in
sede penale e mai sacrificando le esigenze affettive e di tranquillità
psicologica della minore, facendole subire il trauma dell’allontanamento
familiare e considera che il principio di solidarietà non può essere applicato
astrattamente alla categoria dei minori, con sacrificio del concreto interesse
della bambina in questione.
Le informazioni fornite sono contenute in due scritti del dr. Franco
Occhiogrosso, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bari:
- “L’adozione mite due anni dopo”, relazione presentata al Convegno Ai.Bi,
<I bambini nel limbo>, svoltosi a Bellaria il 28-31 agosto 2005,
pubblicata su Minorigiustizia, n. 3, 2005, pag. 149 e ss.;
- “L’adozione mite e le nuove prospettive emergenti”, articolo pubblicato
sulla rivista Minorigiustizia, n. 2, 2006, nella sezione Documenti.
L’iter di tale procedura
si articola in due fasi, entrambe dirette ad
approfondire la situazione personale e familiare del minore ed a formulare
per lui un progetto di vita futura. La prima fase si propone il fine di
verificare se vi sono le condizioni per il rientro del minore nella sua
famiglia e di realizzarlo; la seconda è diretta –una volta accertata
l’impraticabilità del rientro in famiglia- a procedere all’adozione in
favore del minore, che sarà quella legittimante, se si riscontra una
situazione di abbandono morale e materiale; sarà, altrimenti, l’adozione
non legittimante di cui all’art. 44 lett d) della L. 184/1983, se il minore
non è in abbandono, ma è permanentemente privo di ambiente familiare
idoneo.
29
27
Il punto di partenza del discorso è costituito dalla constatazione
che il numero dei bambini dichiarati adottabili e poi adottati è
andato notevolmente diminuendo negli ultimi anni, a conferma che
le situazioni di pieno abbandono morale e materiale tendono a
ridursi,
mentre
resta
sempre
alto
quello
delle
domande
di
adozione. A ciò si aggiunge che l’adozione internazionale, verso
cui
molte
coppie
si
orientano,
ha
costi
alti,
che
spesso
scoraggiano gli aspiranti adottanti.
Da un’indagine effettuata dal Centro nazionale di documentazione
ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, risulta che, dei 10.200
bambini dati in affidamento familiare
in Italia alla data del 30
giugno 1999, solo il 42 % è rientrato in famiglia, mentre ben il
58 % non vi è tornato. Una larga parte di bambini, quindi, resta
presso
la
famiglia
affidataria
e
per
lo
più
l’affidamento
familiare temporaneo si trasforma in un affidamento senza termine
La prima fase suindicata si attua con la ripetuta discussione della vicenda
in camera di consiglio e con l’espletamento di un’istruttoria collegiale
funzionale anzitutto a realizzare insieme
con i servizi territoriali
l’immediato rientro del minore
nella propria famiglia; a programmare,
inoltre, nell’eventualità che ciò non sia possibile, un piano d’intervento
socio-giudiziario con prescrizioni dirette –anche prevedendo i sostegni e
gli aiuti previsti dall’art. 1 L. 184/1983- ad agevolare il rientro del
minore nella famiglia in tempi congrui; a procedere, in una terza ipotesi
ad un affidamento familiare giudiziario (nell’ambito del procedimento
civile pendente per il minore e previa comparazione tra tutte le famiglie
disponibili ad accoglierlo), quando il minore sia ospite di una comunità e
non risulti realizzabile, in tempi congrui, nemmeno con adeguati sostegni,
il rientro del medesimo nella famiglia biologica. L’affidamento familiare,
che viene disposto in tal caso, ha natura giudiziaria, essendo pronunziato
ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, 2° comma, L. 184/1983 e 330
e seguenti del codice civile, per effetto del disagio familiare
riscontrato, in linea con un orientamento dottrinale da tempo affermato. Si
creano così le condizioni per una verifica in tempi più lunghi (rispetto
alle ipotesi prospettate in precedenza) delle possibilità di recupero della
famiglia di origine e di successivo rientro del minore. Infine, nel caso in
cui l’affidamento familiare superi la scadenza prevista ed anzi si
protragga per vari anni oltre tale termine, gli affidatari del minore
vengono invitati a presentare –sempre nel caso in cui il rientro nella
famiglia di origine non risulti praticabile- una domanda di adozione mite
come dimostrazione della loro disponibilità a modificare la qualità del
rapporto già da tempo esistente con il minore, trasformandolo da
affidamento familiare in adozione particolare ai sensi dell’art. 44 lettera
d) legge 184/1983, oppure in quella legittimante dello stesso minore, se si
ravvisano
le
condizioni
per
procedere
alla
sua
dichiarazione
di
adottabilità. Viene in tal modo posto termine a quella condizione
familiare precaria, consistente nell’affidamento “sine die”, che crea
quella situazione nota con l’espressione
“bambini nel limbo”, relativa a
minori che rischiano vere e proprie crisi di identità, perché perennemente
scissi tra la dimensione affettiva, che li fa sentire ben integrati nella
famiglia affidataria, e quella giuridica, che li fa appartenere totalmente
alla famiglia d’origine.
28
(cd. affidamenti sine die) grazie a provvedimenti giudiziari di
proroga. Ma questi bambini rischiano di avere un futuro molto
incerto quando raggiungeranno il diciottesimo anno, perché la loro
famiglia di origine nella massima parte dei casi continuerà a non
essere in grado di accoglierli (pur mantenendo con loro rapporti
personali, sia pure per lo più sporadici), mentre gli affidatari
non si sentiranno impegnati in alcun modo ad accoglierli nella
loro famiglia come figli.
Infatti è di tutta evidenza che l’impostazione normativa attuale
ha trascurato del tutto il caso frequente della famiglia inidonea
parzialmente, ma in modo continuativo, a rispondere ai bisogni
educativi del figlio; che è cioè incapace di rispondere alle sue
esigenze educative, ma che non lo ha abbandonato e, anzi, ha con
lui un rapporto affettivo significativo, anche se inadeguato.
In
tal caso, da un lato, non è opportuno nell’interesse del minore
che tale rapporto venga del tutto cancellato, ma, dall’altro, non
esiste una ragionevole previsione di pieno recupero di esso. Si
tratta del cd. semiabbandono permanente, che è privo di qualunque
riconoscimento
normativo,
in
quanto
riceve
quale
risposta
solo
l’affidamento familiare: viene, cioè, gestito come se si trattasse
di
un’inidoneità
familiare
di
carattere
temporaneo,
mentre
si
tratta di cosa ben diversa30.
Una riflessione in termini giuridici sulla nozione dottrinaria di
semi
–
abbandono
permanente
si
fonda
sulla
dicitura
contenuta
nell’art. 44 “quando non ricorrono le condizioni dell’art. 7”, che
ha indotto la prevalente giurisprudenza a ritenere che l’adozione
in casi particolari prescinda dalla dichiarazione di adottabilità
dello stesso, se sussistono i presupposti sostanziali dello stato
di
abbandono.
Un’interpretazione
evolutiva
muove
dalla
lettura
coordinata tra l’art. 44 con riferimento all’esclusione dell’art.
7 e la lett. D), che fa riferimento all’impossibilità di affido
preadottivo,
per
ritenere
che
possa
pervenirsi
all’adozione
In ordine ad un’analisi sociologica del fenomeno del semi – abbandono, nel
quale l’interruzione dei rapporti del bambino con le figure parentali potrebbe
rivelarsi pregiudizievole, cfr. V. POCAR e P. RONFANI, Famiglia e diritto,
Laterza, Bari, 101 ss. Si evidenzia il presupposto culturale della l.n. 184/83,
della prevalenza della famiglia degli affetti su quella biologica. Commentano
gli autori: “… all’attuale modello ‘forte’ di adozione potrebbe dunque
affiancarsene uno ‘mite’, non rivolto a creare per legge una nuova ed esclusiva
genitorialità…”.
30
29
speciale, anche quando non ricorrano situazioni di abbandono del
minore
Un
tali da giustificare una pronuncia di adottabilità31.
ulteriore
elemento
interpretativo
è
costituito
dal
coordinamento tra l’art. 44 lett. D e gli artt. 45 e 46, laddove,
ai
fini
dell’adozione
speciale,
non
si
esige
il
presupposto
dell’abbandono materiale e morale, quanto il consenso dei genitori
o del tutore e del minore che abbia compiuto gli anni 14, ovvero,
in caso di mancato assenso e quando esso sia ingiustificato, il
mancato esercizio della potestà a seguito di un provvedimento di
sospensione o decadenza dalla potestà32. Tale previsione, oltre ad
escludere
la
necessità
di
una
declaratoria
dello
stato
di
adottabilità – che di per sé sospende la potestà genitoriale –
sembra escludere la necessaria ricorrenza del presupposto dello
stato di abbandono. Infatti, in caso di ingiustificato dissenso da
parte dei genitori, è sufficiente che ricorrano i presupposti per
assumere un provvedimento ablativo della potestà, ovvero occorrono
carenze nella capacità genitoriale certamente gravi, ma non di
tale entità da configurare una situazione di abbandono materiale e
morale tale, da determinare una declaratoria di adottabilità. Ad
ulteriore
conferma,
l’art.
10
della
l.n.
184/1983
prevede
la
possibilità di adottare i provvedimenti di cui agli artt. 330 –
333 c.c. in pendenza di un procedimento di adattabilità e dunque
prima ed indipendentemente da siffatta pronuncia33.
Cfr. Trib. Min Bari, 7 maggio 2008, adottata ex art. 44 lett. D) , in un
caso in cui la minore era da tempo collocata in affidamento familiare, ed
incontrava regolarmente la madre. Si era dunque determinata una situazione
definita “palesemente irreversibile”, ostativa ad un rientro della minore in
famiglia, e d’altra parte la piccola aveva radicato con gli affidatari un saldo
legame affettivo, atteso che viveva presso di essi dall’età di due anni, pur non
avendo mai interrotto i rapporti con la madre. Questa peraltro aveva prestato
l’assenso all’adozione della figlia ed aveva un ottimo rapporto con gli
affidatari. Si segnala anche un decreto Trib. Min. Napoli, 24 ottobre 2007, nel
quale, in un caso di persistente inadeguatezza della famiglia di origine, veniva
comunque da questa espresso un consenso all’adozione mite dei minori.
32 E’ pacifico che la mancanza di assenso da parte di un genitore esercente la
potestà si ponga come ostativo all’adozione speciale, precludendo al giudice la
valutazione del carattere giustificato dei motivi a suo fondamento (cfr. Cass.
26 luglio 2000, n. 9795, in Mass. Giust. Civ., 2000, 2047).
33
Assai efficace, riguardo al rapporto tra adozione legittimante e non
legittimante, è la seguente considerazione contenuta nella citata sentenza Trib.
Min. Bari, 7 maggio 2008: “…Pertanto
l’area di applicazione
della prima
adozione (quella non legittimante), è diversa da quella della seconda (quella
legittimante) e ne deriva che il rapporto tra le due adozioni 44 d) e
legittimante) non va inteso solo come riguardante in entrambi i casi
i soli
minori adottabili; ma deve essere interpretato in senso più ampio e cioè come
simile a quello esistente tra due cerchi concentrici, dei quali il più piccolo
31
30
Il
concetto
sintetizzata
decaduta
di
“semiabbandono
nella
per
relazione
fine
permanente”
alla
legislatura,
è
Proposta
che
era
stata
di
stata
ripresa
Legge
n.
e
5724,
presentata
il
16/3/2005 dai deputati Bolognesi, Finocchiaro, Turco ed altri alla
Camera. Nella relazione suddetta si legge:
“Il nostro sistema legislativo prevede tre diversi percorsi per
un bambino in difficoltà familiare:
a)
in
caso
di
difficoltà
modeste,
collabora, o comunque non si
soprattutto
oppone,
se
la
famiglia
è previsto un sostegno dei
servizi sociali, i quali aiutando in vario modo sia la
famiglia,
sia il bambino, fanno sì che il minore possa continuare a vivere
nel proprio nucleo familiare;
b)
in
caso
di
difficoltà
rilevanti,
ma
temporanee
e
quindi
considerate superabili in tempi sufficientemente brevi, il bambino
può
essere
dato
in
affidamento
familiare,
o
temporaneamente
collocato presso una casa famiglia per un periodo della durata
massima di due anni;
c) in caso di difficoltà gravi, in cui la famiglia pone in essere
maltrattamenti rilevanti o abbandona materialmente e moralmente il
minore,
e
nel
caso
in
cui
la
situazione
risulta
essere
irreversibile, il bambino viene dichiarato adottabile e dato in
adozione.
Questa impostazione del nostro sistema trascura completamente un
caso che invece, purtroppo, è assai
frequente: quello designato
nella terminologia
della giustizia minorile come “semiabbandono
permanente”.
riferimento
famiglia
Si
fa
alle
situazioni
nelle
quali
la
del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi
bisogni, ma ha un ruolo attivo
e positivo, che non è opportuno
venga cancellato totalmente. Nello stesso tempo, non
ragionevole
possibilità
di
prevedere
un
vi è alcuna
miglioramento
delle
capacità della famiglia, tale da renderla idonea a svolgere il suo
compito educativo in modo sufficiente, magari con un aiuto esterno
curato dai servizi sociali. Queste situazioni di carenza della
famiglia solo parziale,ma permanente, non sono contemplate dalla
riguarda i casi in cui il minore venga dichiarato adottabile e quindi sia
destinato all’adozione legittimante, mentre il più grande riguarda quelle zone
grigie dell’abbandono, quelle situazioni cioè che, pur non dando luogo ad un
abbandono pieno, possono tuttavia ritenersi rientranti nel concetto di
“semiabbandono permanente”…”.
31
legge.
La
recente
vigore
nel
2001
riforma
(legge
dell’adozione
n.
149
del
nazionale,
2001)
non
ha
entrata
in
preso
in
considerazione questo problema…”.
Rispetto
alle
situazioni
che
rientrano
nel
semi
–
abbandono
permanente, che ancora non ha una consacrazione normativa, viene
valorizzata la suesposta interpretazione evolutiva di quella forma
di adozione in casi particolari prevista dall’art. 44 d) della L.
4.5.1983 n. 184, che consente l’adozione di bambini “quando vi sia
la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”. Come si è
detto,
questa
espressione
della
legge
viene
intesa
dalla
giurisprudenza come riferibile sia ai casi di bambini portatori di
difficoltà personali, sia a quelli in cui un bambino abbandonato
si
trovi
rapporto
già
presso
affettivo
un'altra
solido,
famiglia,
tanto
a
cui
che
un
è
legato
da
un
allontanamento
determinerebbe per lui un serio pregiudizio34.
In sostanza questa forma di adozione si rivolge alle zone grigie
dell’abbandono
inizialmente
dei
minorenni,
risultate
di
a
quelle
situazioni
semiabbandono
o
di
cioè
che
difficoltà
temporanea tale da condurre all’affidamento familiare (perché per
lo più manca una capacità educativa dei genitori di origine, ma
esiste un legame affettivo che non consente l’interruzione totale
dei rapporti), si siano poi evolute in senso negativo per effetto
In situazioni particolari, dichiarando lo stato di abbandono e quindi
l’adottabilità, alcune pronunce hanno affermato che l’adozione non sempre deve
necessariamente comportare l’interruzione di ogni rapporto affettivo e di fatto
del minore con la sua famiglia d’origine, dovendosi invece tener conto
dell’interesse del minore stesso a non disperdere la sua storia personale e a
mantenere relazioni con alcuni parenti significativi per lui, ma non disposti a
farsi carico della sua crescita (cfr. TM di Bologna 9/9/2000 in Famiglia e
Diritto, n.1/2001 e TM di Roma, 1999 e 1990 ivi richiamate; TM di Bologna
28/11/2002 in Minori e Giustizia, n.1/2003). Sono state decisioni dettate dalla
necessità di mantenere il minore nella famiglia a cui era stato affidato ed in
cui era cresciuto nonostante si fosse instaurato un rapporto di conoscenza tra
gli affidatari e membri della famiglia di origine (in entrambi i casi i nonni)
che costituivano figure care ai minori e non disturbanti. Si è parlato in tali
fattispecie, di ‘adozione aperta’ che, secondo questa interpretazione,
consentirebbe
di
applicare
in
modo
evolutivo
l’istituto
dell’adozione
legittimante, che comunque è considerato come la principale forma di adozione,
evitando così un’applicazione estensiva dell’adozione non legittimante, con il
rischio che essa divenga sostitutiva della prima. Anche con riferimento
all’adozione aperta, si è espresso il timore che un ricorso a tale forma di
adozione “che non fosse necessariamente rigoroso e limitato” comprometterebbe la
ratio e la funzione dell’adozione legittimante e potrebbe trasformare
l’affidamento familiare nell’anticamera dell’adozione (cfr A.Figone in Famiglia
e Diritto cit.).
34
32
del mancato rientro del bambino nella famiglia di origine, anche
se gli incontri e le visite con tale famiglia continuano.
Questa adozione, com’è noto, può essere effettuata da una coppia
o
da
persona
singola
e
non
prevede
alcun
limite
massimo
di
differenza di età tra adottanti e adottando. Si realizza con il
consenso
del
minore,
se
ultraquattordicenne,
o
dei
genitori
naturali, se esercitano la potestà su di lui, oppure del tutore,
se i genitori, come non di rado accade, sono stati dichiarati
decaduti
dalla
potestà.
Essa
non
interrompe
il
rapporto
di
filiazione (al contrario dell’adozione legittimante) tra minore e
genitori
di
origine,
ma
ne
aggiunge
un
secondo
conseguente
all’adozione. La potestà spetta all’adottante. Di fatto i rapporti
interpersonali con la famiglia di origine sono rari e per lo più
disciplinati dal tribunale nel provvedimento di adozione, se ciò
viene fatto oggetto di specifica richiesta.
Proprio
adozione
per le sue caratteristiche ed i suoi
viene
indicata
come
“mite”
in
effetti questa
contrapposizione
all’adozione nazionale legittimante o “forte”, disciplinata dagli
articoli da 6 a 25 della L. 4.5.1983 n. 184, la quale interrompe
definitivamente
il
rapporto
giuridico
genitori-figli
e
non
ne
prevede la perpetuazione neanche in via di fatto35.
In senso critico rispetto all’adozione mite, si è espressa parte della
dottrina minorile. Cfr. E. CECCARELLI, L’affidamento familiare nella legge e
nelle sue applicazioni, in Affido forte e adozione mite: culture in
trasformazione, ed. Angeli, Milano, 200, fl. 119 ss. che argomenta: “..
Costruire per legge “nuove” forme di adozione, proponendole per un’applicazione
generalizzata e non doverosamente (quando lo richiede l’intesse del minore)
residuale può indurre il giudice ad essere meno rigoroso, a preferire di essere
(o sembrare) più “mite”. D’altra parte strutturare l’affidamento familiare come
anticamera dell’adozione rischia di svuotarlo del suo senso e di scardinare la
fiducia tra la famiglia del minore e la famiglia affidataria, che costituisce il
presupposto necessario di ogni affido ben riuscito.
L’adozione in casi particolari ha una sua storia di oltre un ventennio ed è
servita a dare soluzioni dignitose ed utili per i minori in molti spesso non
affrontati per tempo in modo risolutivo. Non sembra dunque opportuno
riformularla come una innovativa soluzione che non sembra in realtà presentare
vantaggi, ma invece potrebbe entrare in concorrenza (non sempre leale) con
procedure di adottabilità che richiedono accertamenti più impegnativi e
difficili…”.
Tuttavia, cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’adozione mite e le nuove prospettive
emergenti, in Affido forte e adozione mite, cit. 91 ss. , in cui si confutano le
argomentazioni relative a pericoli di confusione tra le varie forme di adozione:
“…l’adozione mite offre un percorso diverso per la realizzazione dell’adozione
aperta nell’ambito della quale si pone. Presenta peraltro alcuni vantaggi
rispetto all’altra: è estremamente graduale e determina lentamente situazioni di
fatto relative all’integrazione affettiva e sociale del minore nella famiglia
affidataria tali da agevolare notevolmente l’adozione; L’adozione mite consente
la definizione del percorso d’identità del minore, superando la sua condizione
35
33
La sperimentazione è consistita nel proporre alle coppie o ai
singoli disponibili un discorso di portata generale, che abbracci
tutte
le
della
prospettive
presentazione
contenuti
e
quindi
della
dell’adozione
contestualmente
vi
è
nell’esporre
domanda
mite
stata
ed
di
il
una
loro,
adozione
suo
in
occasione
nazionale,
percorso
i
complessivo;
sensibilizzazione
dei
servizi
sociali e consultoriali sia rispetto ad un adeguato monitoraggio
delle
situazioni
dei
minori
in
istituto
o
in
affidamento
familiare, sia delle disponibilità e dell’idoneità delle famiglie
dichiaratesi disponibili all’accoglienza di minori.
A conclusione di questa prima fase, si possono riferire i dati
relativi al percorso dell’adozione mite nel periodo giugno 2003–
luglio 2006. Sono stati de-istituzionalizzati 156 minori, di cui
43
sono
rientrati
definitivamente
in
famiglia;
113
sono
stati
affidati in affidamento familiare; mentre 141 sono stati adottati:
di essi, 74 con adozione non legittimante
e 67 con adozione
legittimante.
Il rilievo culturale di questa nuova prospettiva è attestato da
due proposte di legge – presentate nella passata legislatura – che
si occupano dell’argomento: l’una è quella n. 5701/2005, avente ad
oggetto
“Modifiche
alla
legge
4/5/1983
n.184
in
materia
di
adozione aperta” ed è stata presentata l’8/3/2005 dall’on. Burani
Procaccini,
l’infanzia,
presidente
e
da
altri;
della
la
Commissione
seconda
è
quella
Bicamerale
n.
5724/2005
per
in
materia di adozione aperta e adozione mite ed è stata presentata
dall’on. Bolognesi, autorevole componente della stessa Commissione
parlamentare e da altri36.
di “minore nel limbo”; _ evita la pronunzia del decreto di semiabbandono
permanente, che costituisce sempre per i genitori una forma di stigmatizzazione,
un’umiliazione psicologica che esaspera il loro disagio invece di favorire
l’accettazione della situazione; … L. Solo nel caso in cui ogni impegno per
realizzare un tale programma dovesse fallire, potrà intervenire la previsione
normativa che consente al tribunale di procedere, in caso di mancato assenso del
genitore non esercente la potestà, all’adozione particolare se ritiene che
l’adozione realizzi il superiore interesse del minore…”.
36 Il Consiglio Direttivo dell’Associazione dei Magistrati per i Minori e per la
Famiglia, in occasione della riunione del 24 giugno 2006, ha approvato il
seguente documento:
“… Da qualche anno è in corso un dibattito sull’adozione e sull’affidamento
familiare che ha comportato da un lato la ricerca di nuove prassi, come a Bari
con l’esperienza sull’adozione mite, e dall’altro la formulazione di numerose
proposte di legge. Siamo convinti che a monte di questo dibattito ci sono dei
problemi reali che devono essere pensati ed affrontati.
E’ merito di questo dibattito l’avere messo in risalto che il diritto minorile
34
Le relazioni di entrambe le proposte, dopo aver fatto riferimento
ad
un’indagine
approvata
seduta
conoscitiva
dalla
del
2
in
Commissione
novembre
tema
di
adozione
parlamentare
2004,
danno
per
atto
e
affidamento,
l’infanzia
nella
che
corso
“nel
dell’indagine si è avuto modo di approfondire le problematiche
legate
al
fenomeno
dell’inadeguatezza
del
semiabbandono
della
normativa
di
bambini
italiana
che,
a
a
causa
disciplinare
situazioni di famiglie che non riescono o non vogliono mettersi in
condizioni di provvedere alla corretta crescita e all’educazione
del minore, dopo un eventuale periodo di affidamento si trovano
nell’incertezza se dover tornare alla famiglia naturale o rimanere
presso quella affidataria (…)”
Un’ulteriore
conferma
della
valenza
dell’adozione
mite
quale
forma “non eccezionale” di adozione si è avuta con l’ordinanza
347/2005 della Corte Costituzionale (15/29 luglio 2005 della Corte
Costituzionale), decisione interpretativa, nella quale si afferma
che l’adozione in casi particolari, che ha effetti più limitati
dell’adozione legittimante, non presenta aspetti di eccezionalità
o
almeno
stranieri,
peculiarità
tali
sicché
vi
non
da
è
impedirne
alcun
divieto
l’estensione
di
agli
rilascio
del
certificato di idoneità all’adozione di minori stranieri in casi
particolari con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi
consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni ex art. 4437.
familiare è di per sé un diritto mite, nel senso che si deve basare sulla
comunicazione da parte dei Servizi e dei Giudici con le persone, adulti e
minori, che ha come caratteristica fondamentale l’ascolto e che in via di
principio – soprattutto quando è necessario disporre l’allontanamento – mira ad
ottenere il consenso e la collaborazione delle persone coinvolte, minore
compreso, pur nella consapevolezza che il Giudice deve in ogni caso decidere
secondo il preminente interesse del minore.
Il dibattito in corso è anche motivato dalla maggiore complessità dei modelli
familiari e dei modelli sociali di cui occorre prendere atto. Come nel campo
della tutela degli incapaci ci si è accorti che il mondo non è diviso tra malati
e sani, ma ci sono molte situazioni intermedie di disagio che hanno ricevuto una
risposta nell’amministrazione di sostegno, così è altrettanto evidente anche nel
settore della protezione dei minori che c’è tutto un campo di situazioni grigie
(abbandono che matura progressivamente nel tempo, semi-abbandono) in cui va
affermato con fermezza il diritto del minore alla famiglia, anche con l’apertura
a nuove forme di accoglienza … “.
37
Cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’adozione mite due anni dopo, cit., “Anzitutto il
rilievo della Corte che l’adozione particolare ha effetti più limitati di quella
legittimante, ma non presenta aspetti di eccezionalità o peculiarità tali da
impedirne l’estensione agli stranieri, comporta l’implicito riconoscimento che
lo spazio autonomo di tale adozione già riconosciuto per l’adozione particolare
di minori italiani non deve essere effettuato nell’ottica che si tratta di
intervento “residuale”, come ha finora costantemente affermato la cultura
35
Il
punto
centrale
costituzionale
singole
è
possono
internazionale
della
proprio
questione
questo:
presentare
limitatamente
se,
domanda
a
sottoposta
cioè,
di
quei
alla
anche
idoneità
casi
in
cui
le
Corte
persone
all'adozione
alle
medesime
persone singole è consentito in Italia adottare un minore, cioè
nei
casi
"adozione
previsti
dell'articolo
in
particolari").
casi
44
legge
La
184/83
Corte,
(cosiddetta
riprendendo
una
indicazione fornita dallo stesso tribunale remittente, sottolinea
innanzitutto come l'articolo 31, secondo comma, della legge 184/83
prevede che "nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo
comma, lett. a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli
aspiranti adottanti, valutate le loro personalità, ad effettuare
direttamente le attività" di intermediazione (al posto dell'ente
autorizzato). L'esistenza di una norma siffatta - che prevede una
procedura
semplificata
per
alcuni
tipi
di
adozione
-
sta
a
significare che, se non altro per le ipotesi di cui all'articolo
44, primo comma, lett. a), l'adozione di un minore straniero può
realizzarsi nelle forme dell'adozione semipiena. Mentre, però, il
tribunale per i minorenni di Cagliari ritiene che l'estensione
anche alle altre tre ipotesi di cui all'articolo 44 (per esempio
l'adozione di un minore che - come nella fattispecie all'esame dei
giudici
sardi
-
non
potrebbe
essere
dichiarato
adottabile
per
difetto dei presupposti relativi allo stato di abbandono: lettera
d dell'articolo 44) non possa essere effettuata se non attraverso
una dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 29bis (nella
parte in cui, in contrasto con i principi fondamentali in materia
di
tutela
dei
minori,
non
consentirebbe,
appunto,
l'adozione
internazionale di minori nelle altre ipotesi di cui all'articolo
44),
la
Corte
costituzionale
rigetta
la
questione
dando
all'articolo 29 bis una interpretazione necessariamente estensiva
e
cioè
sostenendo
la
applicabilità
in
materia
di
adozione
internazionale di tutte le ipotesi di cui all'articolo 44.
La conclusione è che "nella normativa vigente non è evincibile il
divieto del rilascio del certificato di idoneità all'adozione di
dominante in materia. La Corte propone la più ampia prospettiva che, quando vi
siano i requisiti indicati dall’art. 44. è questa normativa a dover essere
applicata senza alcun atteggiamento di subalternità rispetto all’altra adozione:
vi è in sostanza una pari dignità delle due adozioni, pur nella loro evidente
diversità”.
36
stranieri
in
casi
particolari,
con
la
conseguenza
che
tale
rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le
condizioni
di
cui
all'articolo
44".
Questa
interpretazione
-
conclude la Corte - "è costituzionalmente corretta e riconduce ad
unità il sistema, consentendo di ritenere ammissibile l'adozione
internazionale
negli
stessi
casi
in
cui
è
ammessa
l'adozione
legittimante o in casi particolari".
Detto principio è stato ripreso dalla Corte di Cassazione con
sentenza 18 marzo 2006 n. 6078, in cui la prima sezione, nel
pronunciarsi su di un caso di adozione promosso da una cittadina
di origini rumene, all’epoca single, che aveva ottenuto in Romania
una
sentenza
Italia,
ha
di
adozione
affermato
e
ne
chiedeva
il
l’impossibilità
di
riconoscimento
riconoscere
In
una
generalizzata adozione internazionale da parte del soggetto non
coniugato, per contrasto con i principi del nostro ordinamento
giuridico.
Infatti,
l’art.
6
della
legge
n.
184/1983
prevede
unicamente l’adozione legittimante in favore di coppie coniugate
da
almeno
tre
anni,
estesa
successivamente
dalla
legge
n.
149/2001, alle coppie che abbiano una convivenza prematrimoniale
di tale durata. In deroga a tale principio, l’art. 44 ammette
l’adozione in casi particolari in favore dei single, sicché solo
in questo caso il legislatore nazionale si è avvalso della facoltà
concessa
dall’art.
6
della
Convenzione
europea
in
materia
di
adozione firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata in
Italia con legge 22 maggio 1974 n. 357, di prevedere l’adozione da
parte
di
persone
singole.
Argomenta
la
Corte
che,
in
via
interpretativa ed analogica, l’adozione internazionale di persone
singole deve ritenersi ammissibile negli stessi casi in cui è
ammessa l’adozione nazionale e che, dunque, non è ammissibile una
generalizzata applicazione dell’adozione internazionale ai single.
Il ragionamento della Corte si conclude con la seguente notazione:
“…
Resta,
ovviamente,
disposizione
fermo
convenzionale
che,
sopra
tanto
più
menzionata
in
presenza
(art.
6
della
della
Convenzione di Strasburgo del 1967), che a ciò lo facoltizza, il
legislatore nazionale ben potrebbe provvedere - nel concorso di
particolari circostanze, tipizzate dalla legge o rimesse di volta
in volta al prudente apprezzamento del Giudice - ad un ampliamento
dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di
37
una
singola
persona,
anche
qualificandola
con
gli
effetti
dell'adozione legittimante, ove tale soluzione sia giudicata più
conveniente all'interesse del minore, salva la previsione di un
criterio di preferenza per l'adozione da parte della coppia di
coniugi, determinata dalla esigenza di assicurare al minore stesso
la presenza di entrambe le figure genitoriali, e di inserirlo in
una famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità...”.
Assai
interessante
è
anche
la
notazione
della
Corte,
che
ha
fondato il rigetto del ricorso anche sull’assenza di prova del
preesistente
“rapporto
affettivo
e
genitoriale
di
fatto,
ormai
consolidato”, che viene individuata come presupposto dell’adozione
in casi particolari ex art. 44. Tale obiter dictum appare assai
rilevante ai fini che ci occupano, in quanto la Suprema Corte,
nell’esprimere un’indicazione rivolta all’organo legiferante, in
favore del superamento dei limiti imposti all’adozione dal diritto
vigente,
valorizza
proprio
il
principio
della
continuità
degli
affetti che è alla base della giurisprudenza evolutiva in esame38.
L’adozione “mite” nei numerosi casi di semi – abbandono permanente
realizza
in
definitiva
coloro che da
un
percorso
tempo sono alla
nuovo
ed
incoraggiante
ricerca di strade
per
altre, nella
convinzione che vadano sempre più emergendo realtà complesse e
problemi reali, che è necessario analizzare e affrontare.
-
5 ter – L’assunzione del cognome nell’adozione non legittimante.
Un ultimo profilo di fondo da analizzare è quello relativo al
cognome,
che
deve
assumere
il
minore
adottando
per
effetto
dell’adozione non legittimante.
Vi è un orientamento giurisprudenziale che punta a
la
cultura
tradizionale
dell’assunzione
del
trasformare
cognome
da
parte
dell’adottando, quale pedissequa applicazione delle regole formali
e standardizzate (quelle indicate dalla lettura dell’art. 299 Cod.
Un’importante apertura verso il principio della famiglia degli affetti,
anteposto al vincolo di sangue, viene affermato in una pronuncia in tema di
adozione speciale del Trib. Min. Cagliari, 20 novembre 2006, in Famiglia e
minori, n. 3/2007, 83 afferma la rilevanza della volontà dell’adottato di
assumere il cognome dell’adottante in sostituzione del proprio. Argomenta il
Tribunale che l’assunzione del cognome dell’adottante “appare meglio rispondere
all’interesse della minore di essere assimilata pienamente alla sua unica
famiglia”.
38
38
Civ.,
richiamato
dalla
particolare)
in
altra,
l’assunzione
del
cognome
distintivo
normativa
relativa
personalizzata,
da
parte
all’adozione
che
prospetta
dell’adottando
come
segno
della sua identità personale (Cass. sez. I, 26 maggio
2006 n. 12641; Corte Cost. 6 febbraio 2006 n. 61).
La
normativa
dell’art.
materia, è stata
299
cod.
civ.,
che
disciplina
questa
interpretata alla luce dei principi affermati in
materia di legittimazione e di filiazione naturale. Quanto alla
prima,
la Corte Costituzionale nella sentenza 23 luglio 1996 n.
297
trovato
ha
3/11/2000
n.
riconoscimento
396.
In
legislativo
base
a
tale
nell’art.
disposizione
33
il
D.P.R.
figlio
maggiorenne legittimato ha il cognome del padre, ma può scegliere
entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza di mantenere
il cognome portato in precedenza, se diverso, ovvero di aggiungere
o anteporre ad esso, a sua scelta, quello del genitore che lo ha
legittimato. Tale principio trova conferma per i figli naturali
riconosciuti all’art. 262 cod. civ.,
che afferma, in sostanza, la
regola per cui il cambiamento del cognome, attuato
a seguito di
interventi giudiziari, non deve essere inteso solo come astratta
ed
automatica
considerato
identificazione
come
personale
del
vissuto,
della
il
frutto
medesimo
sua
familiare
della
sulla
base
volontà.
del
soggetto,
concreta
della
sua
Attuazione
ma
va
identificazione
storia,
esplicita
del
di
suo
questo
principio è anche nell’art. 95, comma 3°, dello stesso D.P.R.
396/2000,
in
base
riconoscimento
al
del
originariamente
quale
l’interessato
diritto
al
attribuitogli,
può
richiedere
mantenimento
se
questo
del
il
cognome
costituisce
ormai
autonomo segno distintivo della sua identità personale.
Con
riferimento
l’adottato
perde
dell’adottante,
legge
n.
all’adozione,
il
mentre
cognome
nell’adozione
184/1983,
come
originario
nei
pure
nell’adozione
casi
ed
assume
particolari
nell’adozione
legittimante
di
ex
quello
art.
44
maggiorenni,
il
cognome dovrà essere determinato secondo il dispositivo dell’art.
299 c.c. Questa, modificata dall’art. 61 della legge n. 184/1983,
disciplina l’acquisto del cognome da parte dei maggiori di età,
stabilendo,
maggiorenni
quello
come
criterio
l’adottato
originario
(che
generale,
anteponga
conserva
il
che
cognome
comunque)
nell’adozione
dell’adottante
e,
come
dei
a
criterio
39
speciale, che se l’adottato è figlio naturale non riconosciuto dai
propri
genitori,
il
nuovo
cognome,
acquistato
con
l’adozione,
comporta automaticamente la perdita di quello originario39.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120 dell'11 maggio
2001, ha dichiarato illegittimo l'art. 299, secondo comma, c.c.,
nella parte in cui non prevede che l'adottato maggiorenne può
aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente
attribuitogli
dall'Ufficiale
di
Stato
Civile,
così
accogliendo
l'orientamento dottrinario che riteneva la norma incostituzionale,
in quanto eccessivamente discriminante nei confronti del figlio
naturale non riconosciuto, poi adottato.
Tale scelta è stata ritenuta in contrasto con l'invocato art.2
della Costituzione, dovendosi ormai ritenere principio consolidato
nella giurisprudenza della Corte quello per cui il diritto al nome
-
inteso
come
primo
e
più
immediato
segno
distintivo
che
caratterizza l'identità personale - costituisce uno dei diritti
inviolabili
(sentenze
protetti
n.
297
dalla
del
1996
menz
ionata
e
13
n.
norma
del
costituzionale
1994).
La
Corte
ha
argomentato che, nel caso in esame, non solo l'interessato ha
utilizzato da sempre quel cognome, trasmettendolo anche ai propri
figli,
sociale
ma
tale
in
cui
all'adottato
un'ingiusta
segno
egli
la
distintivo
si
si
a
trova
possibilità
privazione
di
un
di
e'
radicato
nel
vivere,
sicché
mantenerlo
si
elemento
della
sua
contesto
precludere
risolve
in
personalità,
tradizionalmente definito come il diritto "ad essere se stessi".
Osserva in particolare la Consulta:
“… Ed è innegabile, d'altra parte, che l'antico sfavore verso i
figli
nati
fuori
del
matrimonio
è
superato
dalla
nostra
Costituzione oltre che dalla coscienza sociale. Per queste ragioni
il fatto che l'adottato acquisisca uno status del quale era privo
non
e'
motivo
sufficiente
per
negare
la
violazione
dell'art.2
della Costituzione. Non può essere dimenticato, d'altronde, che la
norma in esame e' anche del tutto irrazionale alla luce della
La ratio della disciplina appena esposta, è quella di far
scomparire il cognome imposto dall'Ufficiale di Stato Civile ai
figli naturali non riconosciuti, ai sensi dell'art. 71, 4° comma, R.
D. 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento di Stato Civile), soluzione
che
sembra
ispirata
all'antica
idea
di
tutelare
il
figlio
illegittimo occultando la sua origine (così BIANCA, Diritto Civile,
v. II, Milano, 1985, 349).
39
40
riforma dell'adozione di cui alla menzionata legge n. 184 del
1983.
Con
questa
distinzione
fra
legge,
infatti,
l'adozione
di
si
e'
minori,
compiuta
sia
essa
una
netta
legittimante
o
meno, e quella di maggiorenni, regolata dal codice civile. Se la
ratio della prima e, almeno in linea di massima, quella di fornire
al
minore
una
famiglia
che
sia
idonea
a
consentire
nel
modo
migliore il suo sviluppo - il che spiega l'assunzione, da parte
dell'adottato, del solo cognome dell'adottante e la cessazione di
ogni rapporto con la famiglia d'origine (art.27 della legge n.184
del 1983)…”.
La Corte costituzionale fa comunque salva la c.d. adozione in casi
particolari, il cui obiettivo evidentemente non è il medesimo,
poiché tale adozione (art. 300 cod. civ.) non crea alcun vincolo
di parentela tra l'adottato e la famiglia dell'adottante, tanto
che il primo conserva tutti i propri precedenti rapporti, specie
quelli con la famiglia di origine (v. sentenze n. 500 del 2000 e
n. 240 del 1998 ed ordinanza n. 82 del 2001). In tale fattispecie,
dunque, viene fatto salvo il diritto del minore di salvaguardare
la propria storia personale e di mantenere il rapporto con la
famiglia
di
importante
origine,
segno
anche
distintivo
attraverso
la
dell’identità
conservazione
personale
di
un
è
il
qual
cognome dei propri genitori biologici.
Tutto ciò confermerebbe – secondo il menzionato orientamento di
giurisprudenza
creativa
un’interpretazione
normativa
in
-
formale
tema
di
e
la
necessità
rigida
cambiamento
ad
di
una
di
più
cognome
e
passare
elastica
da
della
ribadirebbe
il
principio che è essenziale, ai fini della indicazione del cognome
che
il
soggetto
deve
assumere
situazioni
descritte,
distintivo
dell’identità
quando
l’accertamento
personale
si
se
del
verifichi
esso
una
delle
costituisca
segno
soggetto
medesimo.
Tale
principio, sulla base dell’interpretazione evolutiva della Corte
costituzionale
dell’uguaglianza
ed
in
dei
ossequio
cittadini
al
principio
davanti
alla
costituzionale
legge,
senza
distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), non può essere
interpretato come limitato ai soli soggetti maggiorenni, ma deve
essere ritenuto applicabile anche ai minorenni. In relazione a
questi ultimi, tenuto conto della particolare complessità della
valutazione
(trattasi
di
un
diritto
personalissimo),
che
ha
41
indotto
il legislatore nell’art. 33 citato a limitare ai soli
maggiorenni
la
interessato,
riserva
viene
di
consenso
applicato
in
via
diretto
del
analogica
il
affermato dall’art. 262, 2° comma, cod, civ.,
soggetto
principio
per l’attribuzione
del cognome paterno al figlio minore in caso di riconoscimento del
figlio minore da parte del genitore successivamente alla madre.
Tale disposizione prevede che in tal caso debba essere lo stesso
Tribunale
circa
–
chiamato
l’assunzione
giudizialmente
del
cognome
ad
intervenire-
nell’esclusivo
a
decidere
interesse
del
minore40.
Sul punto si è tuttavia pronunciata la Corte costituzionale, che ha
affermato l’infondatatezza della q.l.c. dell'art. 55 l. n. 184 del
1983,
nella
parte
in
cui,
rinviando
all'art.
299
c.c.
per
l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi particolari,
non consente che il minore, o suoi legali rappresentanti, o gli
adottanti possano ottenere, sempre nell'interesse del minore, che
questi
mantenga
il
suo
precedente
cognome,
anteponendolo
o
aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di
quest'ultimo al suo, in riferimento agli art. 2, 3, comma 2, 30,
comma 3, e 31, comma 2, cost. (Corte costituzionale, 24 giugno
2002, n. 268).
In
questi
casi
la
Corte
ha
quindi
ritenuto
illegittime,
per
violazione dell'art. 2 Cost., norme che, prevedendo dei criteri
rigidi ed automatici per l'attribuzione alla persona di un cognome
diverso
da
quello
col
quale
essa
era
conosciuta
nell'ambiente
sociale nel quale aveva sino a quel momento svolto la propria
personalità,
cognome
allo
finivano
status
per
far
prevalere
familiare,
la
sacrificando
corrispondenza
nel
contempo
del
il
diritto all'identità personale del soggetto; in entrambi i casi la
soluzione
adottata
è
stata
quella
di
lasciare
la
scelta
se
mantenere il cognome originario - solo o in aggiunta a quello
40
Cfr. Trib. Min. Bari, 8 maggio 2008, cit.
42
adottivo
-
quale
tratto
consolidato
della
personalità.
La rimozione del carattere distintivo della vita precedente del
soggetto non si verifica nella disciplina per l'adozione in casi
particolari, per la quale è stato previsto che l'adottato assuma
il cognome dell'adottante anteponendolo al proprio, che in questo
modo non viene cancellato ma continua a costituire, in uno col
nuovo cognome attribuito al minore, un tratto essenziale della sua
identità
personale.
Come questa Corte ha già più volte affermato (v., tra le molte, le
sentenze n. 27 del 1991 e n. 383 del 1999), l'adozione in casi
particolari, prevista dagli artt. 44 e seguenti della legge n. 184
del 1983, è un istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia
da quella tra persone maggiori di età, pur avendo in comune con la
prima la finalità di perseguire l'esclusivo interesse del minore e
con la seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col
quale non vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua
famiglia
Il
di
legislatore,
nello
stabilire
origine.
la
disciplina
dell'adozione
in
casi particolari, ha quindi compiuto una "non facile composizione"
di
esigenze
diverse,
tra
le
quali
quella
di
"evitare
che
l'instaurazione del nuovo rapporto comporti la rottura di quello
esistente con l'altro genitore biologico e/o con i di lui parenti,
pur
quando
con
costoro
il
minore
abbia
instaurato
e
mantenga
legami significativi" (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando
una
scelta
del
tutto
conforme
alle
finalità
dell'istituto.
A ciò va aggiunto che le ipotesi previste nell'art. 44 della legge
n.
184
del
1983
per
questa
particolare
forma
di
adozione
considerano situazioni diverse fra loro e cioè: l'essere il minore
orfano di entrambi i genitori (art. 44, lettera a), ovvero figlio,
anche adottivo, dell'altro coniuge (lettera b), o il caso in cui
vi sia la constatata impossibilità di procedere ad un affidamento
preadottivo (lettera d); ed ora, dopo le modifiche introdotte con
la legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio
1983, n. 184, recante "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento
dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice
civile), anche l'ulteriore ipotesi in cui il minore, orfano di
padre e di madre, si trovi nelle condizioni indicate dall'art. 3,
comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
43
l'assistenza,
l'integrazione
sociale
e
i
diritti delle
persone
handicappate), in assenza del vincolo di cui alla lettera a).
Nel
disciplinare
l'attribuzione
del
cognome
all'adottato,
la
scelta fatta dal legislatore, nella sua discrezionalità, è stata
quella di non eliminare il legame del minore col proprio passato
e, perciò, con la sua identità personale come essa è stata ed è
conosciuta nell'ambiente sociale di cui egli è, e deve continuare
ad
essere,
possibili
parte;
per
soluzioni
sentenza
n.
disciplina
27
tale
ragione,
differenziate
del
1991),
unitaria,
per
il
rispettosa
pur
i
essendo
diversi
legislatore
della
astrattamente
casi
ha
(cfr.
previsto
personalità
del
la
una
soggetto
come tutelata dall'art. 2 Cost., proprio in quanto mantiene il
cognome
originario,
cui
aggiunge,
anteponendolo,
quello
dell'adottante, con ciò dando atto dei precedenti e non interrotti
legami
familiari
dell'adottato.
4. - Non può neppure dirsi che la disciplina prevista dalla legge
per
l'attribuzione
del
cognome
particolari
violi
le
giudice
quo;
l'attribuzione
a
altre
ai
norme
minori
adottati
costituzionali
del
cognome
in
casi
indicate
dal
dell'adottante,
anteposto a quello originario del minore facente già parte della
sua individualità, non può invero essere un ostacolo di ordine
sociale allo sviluppo della personalità umana ai sensi dell'art.
3, secondo comma, Cost., o costituire un trattamento deteriore dei
figli nati fuori dal matrimonio ai sensi dell'art. 30, terzo comma
Cost., o risolversi in una disciplina che non attua la protezione
del minore richiesta dall'art. 31, secondo comma, Cost..
Si
tratta,
al
contrario,
di
una
disposizione
rispettosa
della
personalità del minore e non discriminatoria; l'attribuzione del
doppio
cognome,
infatti,
sta
proprio
a
significare
l'avvenuto
inserimento del minore nel nuovo nucleo familiare, senza che nel
contempo venga imposta la perdita del cognome col quale egli era
ed è conosciuto nei diversi ambienti che frequenta e dei legami
con la famiglia di origine, secondo la ratio complessiva della
adozione
Il
in
legislatore,
avendo
casi
operato,
nella
particolari.
sua
discrezionalità,
una
scelta non irragionevole, ha voluto quindi evitare, attraverso il
mantenimento
del
dell'adottante,
cognome
proprio
originario
quell'effetto
cui
di
si
antepone
perdita
di
quello
legami
44
sociali,
con
personalità,
conseguente
che
viene
difficoltà
paventato
allo
dal
sviluppo
giudice
della
rimettente.
La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una minor
tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene il
rimettente,
qualora
l'adozione
riconosciuti;
anche
questo
minore
che
effettuato
già
il
in
ha
assunto
riconoscimento
nell'ambiente
sociale;
la
riguardi
caso,
il
e
infatti,
cognome
che
figli
del
tramite
successiva
si
naturali
tratta
genitore
esso
adozione
è
di
un
che
ha
conosciuto
(in
casi
particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato
il
riconoscimento,
anche
mediante
l'attribuzione
del
secondo
cognome, certamente non comprime la personalità del minore
- 6 – Profili processuali.

L’accertamento
dello
stato
di
abbandono
e
l’apertura
del
procedimento.
Non
essendo
proroga,
allo
stata
emanata
stato
attuale,
alcuna
anche
ulteriore
in
disposizione
assenza
della
di
prevista
normativa di attuazione, devono ritenersi operative le modifiche
introdotte
disposizioni
dalla
di
legge
28
carattere
marzo
2001
n.
processuale
–
149,
di
quanto
alle
notevolissima
importanza, avuto riguardo all’istituzione ex novo della difesa
d’ufficio in ambito civile –, essendo prevista l’entrata in vigore
delle stesse “comunque” non oltre il 30 giugno 2007 per effetto,
da ultimo, dell'art. 1, secondo comma, della legge 12 luglio 2006,
n. 228, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 12
maggio 2006, n. 17341.
Varie sono state le proroghe, a partire dalla disposizione
transitoria contenuta nell'art. 1, d.l. 24 aprile 2001, n. 150,
conv.
con modif., nella legge n. 240 del 2001 (proroga inizialmente “non oltre
il 30 giugno 2002), termine poi prorogato al 30 giugno 2003, in forza
del d.l. n. 126 del 2002, conv., con modif., nella legge 2 agosto 2002,
n.175; quindi al 30 giugno 2004, per effetto del d.l. n.147 del 2003,
conv., con modif., nella legge n. 200 del 2003, al 30 giugno 2005, in
forza del d.l. n. 158 del 2004, conv., con modif., nella legge n. 188
del 2004, e
al 30 giugno 2006, per effetto del d.l. n. 115 del 2005,
conv., con modif., nella legge n. 168 del 2005.
41
45
Quanto alle modalità di accertamento dello stato di abbandono, lo
svolgimento di indagini e l'assunzione di informazioni tramite i
servizi sociali non comporta né un’alterazione della regola del
contraddittorio,
stante
la
controdedurre
offrire
ogni
ed
possibilità
prova
per
le
contraria,
parti
né
di
un’anomala
delega a terzi di poteri decisori, poiché le risultanze di dette
indagini ed informazioni sono rimesse alla valutazione del giudice
procedente, nel quadro delle complessive emergenze istruttorie,
fra cui quelle acquisite anche su istanza delle parti42. Inoltre,
l’art. 10 cpv. prevede che i genitori, o in mancanza i parenti
entro il quarto grado che abbiano avuto rapporti significativi con
il minore, assistiti dal difensore, possano partecipare a tutti
gli
accertamenti
disposti
dal
tribunale,
possano
presentare
istanze istruttorie , prendere visione ed estrarre copia degli
atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.
La possibilità di secretare atti, indirettamente desumibile dal
novellato art. 10 (che, al 3° comma, prevede la facoltà, per i
soggetti legittimati, di prendere visione ed estrarre copia degli
atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice, il
quale – evidentemente – potrebbe non rilasciarla), non si ritiene
non possa riguardare dati rilevanti ai fini della decisione nel
merito, ma soltanto circostanze sprovviste di valenza probatoria,
sebbene
sulla
potenzialmente
condizione
del
idonee
minore
ad
incidere
(come
in
accade,
maniera
ad
es.,
negativa
per
ogni
informazione atta a consentire l’individuazione del luogo protetto
ove lo stesso sia stato trasferito, ovvero della famiglia alla
quale sia stato provvisoriamente affidato).
Altro argomento di prioritaria importanza è quello dell’esigenza
di ascoltare il minore, previsto – per effetto della legge n.
176/1991,
che
ha
ratificato
e
reso
esecutiva
in
Italia
la
convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre
1989 – nella duplice forma, obbligatoria per gli ultradodicenni e
facoltativa per gli infradodicenni – che costituisce una costante
della
materia
che
ci
occupa
(vedi
artt.
7
e
25
per
la
dichiarazione di adozione, 10 e 15 in tema di adottabilità, 22 e
23 in tema di affidamento preadottivo). La previsione è intesa ad
42
Cass. civ. sez. I, n. 14675 del 29/12/1999.
46
attribuire rilievo alla personalità e alla volontà del minore, in
relazione a provvedimenti che nel suo interesse trovano la loro
ragion
d'essere,
pertanto,
la
necessità
o
l'opportunità
di
procedere a un nuovo ascolto del minore che sia già stato escusso
(ad es., nella fase cautelare ex artt. 330 – 333 c.c.), rientra
nella
discrezionalità
del
giudice
di
merito,
il
cui
mancato
utilizzo non è censurabile in Cassazione sotto l'aspetto della
violazione di legge43.
Un’importante
costituita
innovazione
introdotta
dall’abolizione
dalla
l.
n.
149/01
dell’accertamento
di
ufficio
è
della
situazione di abbandono, sicché le segnalazioni delle situazioni
di
abbandono
dovranno
essere
indirizzate
al
Procuratore
della
Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. Questi, assunte le
necessarie
ricorso,
informazioni,
di
dichiarare
è
legittimato
l’adottabilità
a
chiedere
di
quelli
al
tra
Tm,
i
con
minori
segnalati o collocati presso gli istituti di assistenza pubblici o
privati, che risultino in stato di abbandono.
Il Presidente del TM, o un giudice da lui delegato, ricevuto il
ricorso
provvede
all’immediata
apertura
del
procedimento,
disponendo, tramite i servizi sociali o l’autorità di PS, più
approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto
del minore, nonché sull’ambiente in cui ha vissuto o vive, al fine
di verificare la sussistenza dello stato di abbandono.
Gli adempimenti di garanzia.
In
questa
cautelare
prima
fase
–
comunque
e
del
procedimento
in
tutta
di
la
tipo
fase
sostanzialmente
dell’affidamento
preadottivo – possono essere disposti dal tribunale provvedimenti
temporanei,
nell’interesse
del
minore,
compresi
quelli
di
allontanamento dalla famiglia, collocamento temporaneo in altra
famiglia o in comunità, sospensione o decadenza dalla potestà,
nomina
del
tutore
provvisorio.
In
casi
di
urgenza,
detti
provvedimenti possono essere adottati da un giudice singolo, ma in
questo
43
caso,
ai
sensi
dell’art.
10
comma
Cass. civ., sez. I, n. 4124 del 21/3/2003.
5,
devono
essere
47
confermati, revocati o modificati dal Tribunale, nel termine di 30
giorni.
All’atto di apertura del procedimento sono avvertiti i genitori,
ovvero, se questi manchino, i parenti entro il quarto grado che
abbiano
rapporti
significativi
con
il
minore.
Si
ritiene
più
conforme ad esigenze di garanzia che alle parti sia comunicato, a
cura della cancelleria, l’intero ricorso del PM.
La l. 149/01 ha previsto che, insieme all’anzidetto avvertimento,
il
Presidente
del
Tribunale
invita
i
genitori
o
i
parenti
a
nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di
ufficio nel caso in cui non vi provvedano. Contestualmente, il tm
dovrà
provvedere
richiamano,
alla
nomina
nell’ambito
del
di
un
difensore
procedimento
di
di
ufficio.
adattabilità,
Si
sia
l’art. 8, 4° comma, sia l’art. 10, 2° comma, l. maggio 1983, n.
184, così come modificati dagli artt. 8 e 10 della l. 28 marzo
2001, n. 149.
Da tali disposizioni si desume che per questi procedimenti la
difesa tecnica è sin dall’inizio obbligatoria.
Perciò,
i
genitori
intanto
«possono
partecipare
a
tutti
gli
accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze
anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti
contenuti
nel
fascicolo
previa
autorizzazione
del
giudice»,
in
quanto «assistiti dal difensore».
Si è molto discusso sul significato dell’espressione “assistenza
del difensore”, ovvero se sia da intendersi in senso ampio, ovvero
come difesa tecnica, ai sensi dell’art. 82 cpc.
E’
vero
che
difensore»
la
e
norma
non
di
in
esame
«ministero
discorre
di
un
di
«assistenza
procuratore
di
un
legalmente
esercente». Ma non sembra che ciò possa portare ad interpretare la
disposizione come facoltatività dell’assistenza del difensore. La
lettera sembra chiara nel disporre l’obbligo dell’assistenza del
difensore:
«i
genitori
e
il
minore
sono
assistiti
da
un
difensore». D’altra parte, nessuno in passato ha negato che i
genitori
potessero
farsi
assistere
da
un
difensore,
sicché
la
disposizione per avere un senso non può che significare obbligo
dell’assistenza. Il diritto alla difesa di cui all’art. 24 cost.
si presenta, in primo luogo, come il diritto alla difesa tecnica,
con la precisazione che si tratta di una garanzia che non riguarda
48
il solo processo penale, ma ogni tipo di processo (anche civile,
anche camerale), come si può desumere anche dal 1° comma dell’art.
24 cost., intimamente connesso con il 2° comma.
Tale
diritto
alla
difesa
deve
essere
riconosciuto
anche
nei
processi relativi ai minori, che pure si svolgono in camera di
consiglio,
dal
momento
che
esso
rappresenta
un
diritto
fondamentale che non può essere compresso in nome dell’esigenza di
assicurare
una
nell’interesse
rapida
del
definizione
minore).
del
D’altra
processo
parte
non
è
(anche
se
detto
che
assicurare la difesa tecnica alle parti comporti un allungamento
dei tempi processuali.
Tale impostazione appare inoltre conforme a quanto stabilito, in
relazione
al
contraddittorio
nel
procedimento
camerale
ed
alla
difesa nei procedimenti (assimilabili a quelli di competenza del
TM)
in
materia
di
amministrazione
di
sostegno,
dalla
Corte
costituzionale e dalla Cassazione.
La norma in esame va dunque interpretata nel senso che i genitori
e il minore stanno in giudizio assistiti - e non sostituiti - dal
difensore,
ovvero
che
partecipano
al
giudizio
sempre
con
la
assistenza-presenza del difensore.
E’ prevista la nomina di difensore di ufficio anche ai parenti
entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il
minore, nel caso in cui non vi siano i genitori.
Dal combinato disposto degli artt. 8, 4° comma, e 10, 2° comma,
deriva quindi che sono parti sia il minore sia i genitori e in
mancanza, i parenti entro il quarto grado, che abbiano rapporti
significativi con il minore.
La
particolarità
è
che,
con
riferimento
ai
genitori,
«il
presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un
difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per
il caso che essi non vi provvedano». Agli interessati verrà dunque
inviato l’invito a nominare un difensore di fiducia, prevedendo
già nella comunicazione iniziale la nomina di un difensore di
ufficio qualora essi non vi provvedano.
Poiché non vi sono elenchi di difensori di ufficio, si è ravvisata
l’opportunità, in accordo con i rappresentanti dell’ordine, che i
consigli degli ordini formino degli elenchi di avvocati esperti di
diritto
minorile
(civile).
Si
è
manifestato
un
orientamento
49
contrario
ad
utilizzare
i
difensori
di
cui
all’apposito
albo
istituito per il processo penale, in considerazione della mancanza
di
formazione
apparsa
la
dei
predetti
proposta
di
in
materia
attingere
civile.
dall’elenco
Preferibile
degli
è
avvocati
istituito in materia di patrocinio a spese dello Stato.
Per quel che concerne il minore si è unanimemente ritenuto che in
questo procedimento sia sempre presente un conflitto di interessi
tra genitori e minore, ai sensi dell’art. 78 cpc, sicché il p.m.
chiederà
la
nomina
di
un
curatore
speciale,
che
nominerà
l’avvocato per il minore.
Si è invero ritenuto maggiormente corrispondente all’interesse del
minore
che
il
difensore
venga
nominato
dal
curatore
speciale,
piuttosto che di ufficio dal giudice (come per le altre parti), in
considerazione del dato testuale per cui l’art. 10 1° co. Sulla
nomina del difensore d’ufficio non fa riferimento al minore, e
anche in considerazione del fatto che spesso in tali procedimenti
risulta già nominato il tutore provvisorio, che potrà provvedere
alla nomina del difensore del minore e che renderà inutile la
nomina del curatore speciale.
La nomina del curatore spetta ex artt. 78, 2° comma, 79, 1° comma,
e 80, 1° comma, c.p.c. in via iniziale al Presidente del Tribunale
per i minorenni, e comunque, nel prosieguo, al TM in composizione
collegiale.
Si ritiene che non operi l’art. 320 c.c., che prevede
la nomina da parte del giudice tutelare, dal momento che la norma
fa
riferimento
degli
ad
interessi
una
particolare
patrimoniali
del
fattispecie
minore),
(amministrazione
mentre
le
norme
richiamate hanno una portata generale e riguardano in concreto il
caso di un giudizio pendente.
In tali procedimenti, attivati su ricorso del PM contenente la
richiesta
di
nomina
del
curatore
speciale
per
il
minore,
contestualmente alla delega presidenziale viene emesso decreto di
fissazione
della
comparizione
delle
parti
davanti
ai
giudici
delegati (togato e onorario insieme), con la nomina del difensore
di
ufficio
per
successiva nomina
i
genitori
e
del
curatore
speciale
–
salva
del difensore di fiducia44.
La norma prevede che la richiesta di nomina del curatore speciale
debba promanare dal PM, anche se vi è giurisprudenza che ammette che
l’anzidetta nomina possa avvenire anche di ufficio.
44
50
Suscita perplessità, dal punto i vista operativo, l’introduzione
di un meccanismo tipicamente penalistico, qual è la nomina del
difensore
d’ufficio
ad
una
parte
anche
disinteressata
al
procedimento, in un procedimento civile in cui la parte sta in
giudizio mediante formale costituzione tramite il conferimento di
mandato.
Vi
sono
in
proposito
due
opinioni,
una
delle
quali
ritiene che, in caso di disinteresse della parte, il difensore
d’ufficio
non
potrebbe
concretamente
esplicare
il
suo
mandato
difensivo. Secondo altra opinione, l’obbligatorietà della difesa
d’ufficio
implica
che
il
difensore
possa
esplicare
un’attività
difensiva, sia pur minima, costituita dal deposito di memorie e di
deduzioni, o dalla richiesta di mezzi istruttori. Non si comprende
tuttavia
quale
rilievo
sostanziale
possa
avere
un’attività
difensiva in un procedimento di adottabilità, in cui la parte sia
palesemente disinteressata rispetto alle sorti del minore.

Le
diverse
procedure
per
la
dichiarazione
di
adottabilità
previste: artt. 11 e 12.
-
Un procedimento più celere è previsto dall’art. 11 nel caso in
cui sia stato omesso il riconoscimento da parte dei genitori. In
tal
caso,
il
procedimento
tribunale
per
riconoscimento,
se
non
disponga
consentire
ai
genitori
o
dichiara
l’adottabilità
la
sospensione
ad
uno
del
di
essi
minore.
del
il
In
particolare, la sospensione può essere disposta dal tribunale per
un periodo massimo di due mesi, sempre che nel frattempo il minore
sia assistito dal genitore naturale o dai parenti entro il quarto
grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque il rapporto
con il genitore naturale.
Ad ulteriore cautela, è previsto che il tribunale, in ogni caso,
anche a mezzo dei servizi sociali, informa entrambi i presunti
genitori, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere
della
facoltà
adottabilità
di
per
chiedere
la
durata
la
di
sospensione
due
mesi
del
al
procedimento
fine
di
di
eventuale
riconoscimento.
L’art. 11 non richiede che il tribunale accerti formalmente e
senza ombra di dubbio (con dichiarazione scritta o raccolta a
verbale)
che
la
madre
del
neonato
non
intenda
riconoscere
il
51
figlio.
Non
c’è
in
altri
termini
la
previsione
di
alcuna
dichiarazione di non voler riconoscere, ma solo la presa d’atto
del mancato riconoscimento, a fronte della quale la legge equipara
il
genitore
che
non
ha
riconosciuto
2°)45.
inesistente (art. 11 comma
accertamento
circa
riconoscimento,
informarsi
il
la
ma
è
genitore
della
previsto
della
figlio
al
genitore
Non c’è dunque alcun obbligo di
formazione
solo
il
che,
possibilità
volontà
ove
al
mancato
possibile,
di
chiedere
debba
(non
i
ottenere) la sospensione della procedura di adottabilità, al fine
di procedere al riconoscimento. Ulteriore presupposto da valutare,
al fine di consentire il riconoscimento tardivo, è che il genitore
biologico abbia mantenuto un rapporto con il figlio.
Si ritiene infatti prevalente il diritto del minore ad avere una
famiglia
rispetto
a
quello
della
madre
a
ripensarci
e
di
richiedere, a distanza di tempo, il figlio non riconosciuto.
Ed
invero,
nella
disciplina
della
legge
n.
184,
al
genitore
biologico, inteso come presunto o asserito genitore, non spettano
notifiche o poteri processuali: l'unica forma di tutela prevista è
quella offerta dall'art. 11, che nella prospettiva del recupero
della
responsabilità
genitoriale
e
del
mantenimento
del
minore
nella famiglia di origine impone la ricerca dei presunti genitori
al fine di avvertirli della facoltà di chiedere la sospensione
della procedura per poter provvedere al riconoscimento prevedendo
altresì la possibilità, di sospendere la procedura stessa a fronte
di una in tal senso da parte di chi affermi di essere uno dei
genitori
naturali,
"sempre
che
nel
frattempo
il
minore
sia
assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado
o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con
il genitore naturale".
In
mancanza
minore
o
di
la
genitori
cui
giudizialmente
o
naturali
paternità,
che
o
abbiano
che
abbiano
maternità
richiesto
sia
la
riconosciuto
stata
il
dichiarata
sospensione
della
procedura il tribunale per i minorenni, "senza eseguire ulteriori
accertamenti",
deve
dichiarare
"immediatamente
lo
stato
di
adottabilità (art. 11 comma 2), così come una volta decorso il
periodo
di
sospensione
senza
che
sia
stato
effettuato
il
riconoscimento deve provvedere senza altra formalità di procedura
45
Cfr. Trib. Min. Bari 26 aprile 2007, caso Pralea.
52
alla pronuncia dello stato di adottabilità" (art. 11 comma 5).
Come appare evidente, tale disciplina sottende il principio che il
bambino
non
riconosciuto
e,
per
definizione
un
bambino
abbandonato, in quanto deprivato non solo di ogni assistenza, ma
del
bene
ipotesi,
primario
in
cui
della
la
propria
mancanza
di
identità
personale;
riconoscimento
in
tali
costituisce
già
segno preciso di un rifiuto totale del minore, il legislatore ha
inteso
privilegiare
conseguire
un
l'esigenza
proprio
"status"
fondamentale
ed
a
del
crescere
in
bambino
un
a
ambiente
familiare idoneo rispetto all'interesse al recupero della famiglia
biologica sancito dall'art. 1 (cfr. Cass. 6 agosto 1998 n. 7698)46.
Viene peraltro ribadito che, al fine della dichiarazione dello
stato di adottabilità del minore non riconosciuto dai genitori
naturali,
avvalersi
il
dovere
della
di
informare
facoltà
di
questi
chiedere
ultimi
una
che
possono
sospensione
del
procedimento per provvedere al riconoscimento (art. 11, comma 6,
l.
4
maggio
1983
n.
184)
non
sussiste
ove
non
sia
accertata
l'esistenza di un rapporto in atto con il figlio. Peraltro, una
volta che tale dichiarazione di adottabilità sia intervenuta, la
legittimazione all'opposizione spetta solo a chi ha acquistato,
con il riconoscimento, la qualità di genitore (cfr. Cass. Civ. ,
sez.
I,
10
giugno
1996,
n.
5351).
Tanto
vuol
dire
che
la
sospensione, seppur richiesta, non potrà mai essere disposta ove
tale rapporto non esista, ovvero sia cessato.
Se è vero, secondo quanto affermato in alcune pronunce di questa
Suprema Corte (Cass. 1982 n. 1725; 1990 n. 10515 ma v. in senso
dubitativo Cass. 1996 n. 5351, in motivazione) che il genitore che non
ha ancora provveduto al riconoscimento è legittimato all'opposizione,
sempre che il riconoscimento stesso intervenga prima della decisione
sull'opposizione - integrando lo "status" giuridico di genitore naturale
una condizione della azione, e non un presupposto processuale - è
tuttavia altrettanto vero che tale legittimazione per fatto sopravvenuto
deve essere coordinata con la rigida disciplina dei termini per proporre
opposizione fissata dalla legge, e, quindi con il principio di
intangibilità, dei provvedimenti divenuti inoppugnabili e con la forza
del giudicato. Ciò vale a dire che il genitore biologico potrà
legittimamente opporsi alla dichiarazione di adottabilità nei limiti in
cui l'esercizio di tale potere sarà (ancora) possibile, sulla base dei
principi processuali dettati dall'art. 17. Resta, ovviamente, salva la
possibilità per il genitore che abbia riconosciuto il minore nelle more
del giudizio di opposizione promosso da uno dei soggetti legittimati di
intervenire in causa per adesione.
46
53
Peraltro, il genitore biologico potrà legittimamente opporsi alla
dichiarazione di adottabilità nei limiti in cui l’esercizio del
potere
sia
ancora
possibile,
e
dunque
se
effettui
il
riconoscimento oltre il periodo di sospensione concesso o senza
aver
richiesto
tale
sospensione,
dovrà
confrontarsi
con
la
definitività del provvedimento. Infatti, l’art. 11 u.c. prevede
che intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento
preadottivo,
il
riconoscimento
tardivo
è
privo
di
effetti
e
l’eventuale gravame è inammissibile.
-
Molto più complessa è la procedura prevista dall’art. 12, quando
risulti la presenza dei genitori o di parenti entro il quarto
grado che abbiano rapporti significativi con il minore. E’ infatti
prevista una convocazione di tali soggetti, con decreto motivato,
nelle forme degli artt. 140 – 143 cpc.
All’esito
di
tale audizione,
il
TM
può
impartire prescrizioni
idonee a garantire l’assistenza morale, l’istruzione o educazione
del
minore,
significative
se
siano
relazioni,
concretamente
stabilendo
utili
periodici
a
restaurare
accertamenti;
può
chiedere al PM la promozione dell’azione per la corresponsione
degli alimenti; può sospendere il procedimento per un periodo non
superiore ad un anno.
La
dottrina
(AC
Moro)
giurisdizionalizzazione
finalizzate
procedimento,
alla
ed
tutela
hanno
come
non
manca
il
degli
effetto
di
rilevare
formalismo
del
interessi
un
la
procedimento,
delle
allungamento
come
parti
dei
del
tempi,
a
detrimento dell’interesse del minore a ricevere in tempi brevi una
collocazione
in
una
famiglia
idonea
ed
una
certezza
del
suo
status.
L’esito del procedimento di adottabilità.
Il tm può concludere la procedura o dichiarando che non vi è luogo
a provvedere (art. 16) o dichiarando lo stato di adattabilità
(art. 15).
In
proposito
è
intervenuta
un’ulteriore
modifica
sostanziale
introdotta dalla l. n. 149/01, nel senso che la dichiarazione di
adottabilità va fatta con sentenza e tale declaratoria va fatta
54
con
riguardo
ai
presupposti
da
accertarsi
al
momento
della
pronuncia, tenuto conto delle modifiche intervenute.
Si prevede che debbano essere sentiti il PM, il rappresentante
dell’istituto o della comunità presso cui il minore è collocato,
l’eventuale
tutore
ed
il
minore
che
abbia
compiuto
giurisdizionalizzazione
del
procedimento,
gli
anni
dodici47.
Attesa
che,
la
per
(genitori
quanto
o
riguarda
parenti,
le
minore,
parti
processuali
tutore,
pubblico
si
del
ritiene
rapporto
ministero)
il
giudice debba instaurare un contraddittorio finale convocandoli in
un un’unica udienza, e addirittura debba invitarli a precisare le
conclusioni.
pronuncia
conseguente
di
Si
ritiene,
adottabilità
soppressione
all’adottabilità davanti al
infatti,
con
che
la
sentenza
del
giudizio
previsione
appellabile
di
della
e
la
opposizione
TM, determini un’anticipazione delle
garanzie del contraddittorio nella fase precedente alla pronuncia
di adottabilità48.
-
7 - I gradi di giudizio successivi al primo.
La giurisprudenza citata si riferisce ovviamente alla normativa
previdente, nell’ambito della quale era previsto un giudizio di
47 Quanto alla previsione, di cui all'art. 15, secondo comma, della
legge 4 maggio 1983, n. 184, che nel procedimento sia sentito "il
rappresentante" dell'istituto presso cui il minore è ricoverato, essa si
riferisce non già al legale rappresentante, ma a qualsiasi esponente
della comunità che ospita il minore, che, per essere a diretto contatto
con quest'ultimo, sia in grado di esprimere un parere motivato sulla
condizione dello stesso. È rimesso – anche in questo caso –
all'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di
legittimità, verificare l'idoneità del soggetto incaricato ad esprimere
le valutazioni dell'istituto che ha cura del minore.
Con riferimento, invece, al tutore, egli deve essere sentito ed
ha la facoltà di impugnare il provvedimento che lo conclude e che deve
essergli comunicato; tuttavia, non ha la veste di parte “necessaria”, in
quanto l'intervento nel procedimento e l'assunzione della qualità di
parte costituiscono frutto di una sua scelta discrezionale.
Non vi è, infine, alcun obbligo giuridico all’ascolto degli
eventuali affidatari in via provvisoria del minore.
48
L'opposizione
avverso
la
adottabilità, anche a legislazione
procedimento di natura contenziosa
conseguente applicabilità della norma
proc. civ., relativo all'obbligo delle
ministero di un procuratore legalmente
dichiarazione
dello
stato
di
pre - vigente, introduceva un
dinanzi al tribunale, con la
di cui all'art. 82, comma 3 cod.
parti di stare in giudizio con il
esercente.
55
opposizione
(a
seguito
della
pronuncia
di
adottabilità
con
decreto), che si concludeva con sentenza, eventualmente oggetto di
gravame.
Vanno
ricordati
tuttavia
alcuni
principi
in
tema
di
rinnovazione degli accertamenti dopo la pronuncia di primo grado.
Nel giudizio di appello avverso la sentenza che abbia pronunciato
sull'opposizione al decreto di adottabilità la rinnovazione delle
indagini sulla condizione del minore è meramente eventuale, in
quanto
rimessa
al
prudente
apprezzamento
del
giudice
dell'impugnazione, così come alla valutazione del medesimo giudice
è
affidato
tutore
e
il
riscontro
delle
altre
dell'opportunità
persone
di
indicate
convocazione
nel
penultimo
del
comma
dell'art. 15 della legge 4 maggio 1983 n. 184, che non siano parti
del
giudizio
per
non
aver
proposto
opposizione
al
decreto
di
adottabilità49.
Avverso le sentenze sullo stato di adottabilità pronunciate dalla
sezione per i minorenni della corte d'appello, il ricorso per
cassazione
continua
ad
essere
ammesso
esclusivamente
per
violazione di legge, secondo la disciplina contenuta nel testo
originario dell'art. 17 della legge n. 184/1983, ma l'entrata in
vigore della nuova normativa processuale (art. 16 della legge 28
marzo 2001, n. 149, sostitutivo del richiamato art. 17) -
ha
esteso l'ambito dei motivi di ricorso per cassazione avverso le
dette sentenze, comprendendovi anche il vizio di motivazione ai
sensi
dell'art.
360,
comma
1°,
numero
5,
cod.
proc.
civ.
–.
Tuttavia, si deve ritenere compreso in tale vizio anche il caso di
totale
inesistenza
o
di
mera
apparenza
della
motivazione,
per
insanabile contraddittorietà, mentre va esclusa l'ammissibilità di
qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima,
anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie
acquisite50.
Ove
vi
sia
giudizio
di
rinvio,
anche
in
tale
sede
si
può
accertare, attraverso indagini di ufficio, la sopravvenienza di
fatti
impeditivi,
modificativi
od
estintivi
dello
stato
di
abbandono, atteso che l'art. 17, quarto comma, della legge n.
49
Cass. civ., sez. I, n. 1738 del 11/2/1993
50
Cass. civ., sez. I, n. 27384 del 12/12/2005.
56
184/1983 ammette nel giudizio di appello l'effettuazione di ogni
altro accertamento ed indagine opportuni e che l'art. 21 della
medesima legge prevede la revocabilità dello stato di adottabilità
per il venir meno dello stato di abbandono51.
Tra i rimedi giurisdizionali esperibili, infine, non è compresa
l'opposizione di terzo, che presuppone in capo all'opponente la
titolarità
di
situazione
giuridica
altre
parti;
un
ne
diritto
autonomo
risultante
consegue
che
ed
dalla
il
incompatibile
sentenza
genitore
con
pronunciata
biologico
che
la
tra
abbia
omesso di effettuare un tempestivo riconoscimento del minore non è
legittimato ad impugnare il provvedimento dichiarativo dello stato
di adottabilità con l'opposizione di terzo ordinaria52.
L’AFFIDAMENTO PREADOTTIVO E L’ADOZIONE NAZIONALE
-
1 – La seconda fase del procedimento di adozione: scelta dei
coniugi ed affidamento preadottivo.La sentenza di adozione ed i
suoi effetti.
La
seconda
effettuarsi
fase
dell’iter
sulla
base
di
adozionale
una
prevede
valutazione
la
scelta,
comparativa,
da
dei
genitori adottivi, tra quelli in possesso dei requisiti previsti
dall’art. 6 della legge n. 184/83, con riferimento alla differenza
di età tra adottante ed adottato, nonché allo stato civile degli
adottanti.
L'affidamento
preadottivo
si
distingue
dagli
altri
modelli
di
affidamento in ambito minorile, perché è quello che più di ogni
altro
allontana
giuridicamente
il
minorenne
dalla
famiglia
di
origine. Presuppone infatti la definitività della dichiarazione di
adottabilità del medesimo e contribuisce ad accentuare un tale
allontanamento,
perché
aggiunge
un
altro
tassello
al
percorso
diretto alla sua adozione legittimante con l’interruzione completa
del rapporto di filiazione originaria, in quanto - come detta
l'art. 21, 4° comma, della L. 184/1983 - rende irrevocabile lo
stato di adottabilità definitivo.
51
Cass. civ., sez. I, n. 4101 del 17/4/1991.
52
Cass. civ., sez. I,
n. 7698 del 6/8/1998.
57
La
legge
sull'adozione,
anche
nel
testo
riformato
con
la
L.
28/3/2001 n. 149, dedica a questo tema i soli tre articoli 22, 23
e 24, l'ultimo dei quali negli ultimi anni non ha mai trovato
applicazione.
L'art.
22
-
proponendo
l'articolazione
normativa
già
presente
nelle disposizioni del testo precedente la riforma - introduce il
tema dell'affidamento preadottivo, non affrontando subito i temi
della
comparazione
delle
coppie
aspiranti
in
vista
dell'abbinamento con il minore adottabile e quello dell'ulteriore
iter,
che
si
conclude
con
il
provvedimento
di
affidamento
preadottivo (cosa che avviene solo a partire dal quinto comma
dell'art.
22),
ma
esponendo
le
modalità
di
proposizione
della
domanda di adozione e quelle relative all'istruttoria riguardante
quest’ultima.
Per
effetto
di
tanto,
la
dottrina
parla
di
giudizio
(o
procedimento) di affidamento preadottivo, facendolo iniziare dalla
fase
della
presentazione
della
domanda
di
adozione.
Tutto
ciò
potrebbe determinare l'errata percezione che l'iter istruttorio
delle domande di adozione nazionale debba svolgersi tra il momento
nel quale è divenuta definitiva la dichiarazione di adottabilità
di un minore, e quello del suo affidamento preadottivo. In realtà
da sempre l'istruttoria relativa alle domande di adozione e quella
del
procedimento
di
adottabilità
seguono
percorsi
autonomi
e
distinti per incontrarsi solo al momento della comparazione in
vista dell'abbinamento53.
La domanda di adozione va presentata, senza l'osservanza di forme,
insieme a vari documenti che riguardano la situazione anagrafica,
quella penale, le condizioni di salute oltre alla dichiarazione
del reddito. In alcuni tribunali (ad esempio, Milano) gran parte
dei
documenti
sostituiti
da
suindicati
(tranne
autocertificazioni,
quelli
sulla
salute)
sulle
quali
il
sono
tribunale
effettua controlli a campione. In altri (Bari e Venezia) si tiene
Cfr. F. OCCHIOGROSSO, L’affidamento preadottivo, inedito. L’A.
commenta che molto più lineare risulta l'organizzazione sistematica
prevista per l'adozione internazionale, nell'ambito della quale la
fase istruttoria delle domande (art. 29 bis e 30) è tenuta distinta
da quella successiva (art. 31-35). Anche per l'adozione nazionale
sarebbe stato opportuno seguire un'impostazione analoga. Invece, la
disciplina normativa dell’affidamento preadottivo comprende anche
quella relativa alle domande di adozione ed alla sua istruttoria.
53
58
conto
della
circostanza,
segnalata
dalla
Commissione
per
le
adozioni internazionali, che nei Paesi stranieri non è accettata
l'autocertificazione e, poiché la massima parte degli adottanti
propone
domanda
internazionale,
sia
si
per
l'adozione
ritiene
più
nazionale
pratico
che
richiedere
per
quella
la
stessa
documentazione per entrambi i tipi di adozione.
Per le domande presentate da aspiranti adottanti, che risiedono
fuori
del
distretto
giudiziario,
criterio
abbastanza
diffuso
è
quello per cui sono preferite le coppie che abitano nel distretto
del
tribunale
agevolmente
minorile,
vigilare
perché
sul
ciò
buon
consente
andamento
di
poter
più
dell'affidamento
preadottivo. La giurisprudenza ha affermato un tale principio da
gran tempo (così Corte d’Appello Sez. Min. Perugia, 13 novembre
1971, in Esp. ried., 1972, fasc. 2, 33) e continua ad applicarlo.
La gran parte dei tribunali procede all'istruttoria completa anche
di queste domande, richiedendo agli altri tribunali copia degli
atti
di
parte
e
istruttori
ed
ascoltando
anche
le
coppie
soprattutto
utilizzate
da
parte
la
sistemazione
in
tribunale.
Peraltro,
tribunali
esse
sono
(Firenze,
Salerno,
Lecce)
per
di
alcuni
di
bambini, che è opportuno allontanare dal territorio distrettuale
al fine di evitare rischi di reperimento da parte della famiglia
di
origine.
Alcuni
tribunali
(Roma,
Ancona)
si
limitano
a
richiedere la documentazione ed ad accantonare le domande degli
adottanti che risiedono "fuori distretto".
Nessun problema si pone per la decadenza triennale (biennale prima
della
riforma)
della
domanda
di
adozione.
Già
in
passato
la
giurisprudenza aveva affermato che tale meccanismo è previsto per
evitare che "nella nota situazione di sproporzione tra numero di
bambini adottabili e numero di coppie aspiranti all'adozione venga
a formarsi un
accumulo di domande
in attesa",
che
può essere
lunghissima e priva di prospettive (Corte d’Appello Torino, Sez.
Min., 15 novembre 1985 in Dir. fam. pers. 1985, 139). La Corte
aveva anche aggiunto che in tali casi il tribunale non è tenuto ad
emanare
un
provvedimento
suscettibile
d'impugnazione,
perché
l'applicazione della decadenza non lede alcun diritto, essendovi
la
possibilità
di
ripresentare
la
domanda.
restano confermati anche dopo la riforma.
Tali
orientamenti
59
La rinnovazione della domanda è intesa dalla dottrina anche come
il modo previsto dalla legge per operare una nuova e completa
valutazione
della
della
coppia
coppia,
atteso
all'adozione
che
può
il
mutare
giudizio
sulla
sull'idoneità
base
di
molte
variabili, tra le quali rientrano certamente il decorso del tempo
e le ulteriori esperienze vissute.
Il Tribunale, ai sensi dell’art. 22, sulla base delle domande
presentate, svolgerà degli accertamenti, avvalendosi dei servizi
socio
–
assistenziali,
al
fine
di
valutare
la
capacità
della
coppia di rispondere alle esigenze di un bambino che ha subito
l’esperienza
giorni,
lacerante
ulteriormente
dell’abbandono,
prorogabile.
in
un
All’esito,
termine
il
di
120
tribunale
in
camera di consiglio, sulla base delle indagini espletate, effettua
il giudizio di comparazione tra le coppie, determinando quella
maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.
Il provvedimento è assunto dal Tm, sentito il parere del PM, gli
ascendenti degli adottanti (ove esistano), il minore che abbia
compiuto i dodici anni, o anche più piccolo, se abbia adeguata
capacità
di
quattordici,
discernimento.
deve
Se
il
minore
manifestare
il
suo
ha
compiuto
consenso
gli
anni
all’affidamento
della coppia prescelta. Importante è l’obbligo per il tribunale di
informare i richiedenti su tutti i fatti rilevanti relativi al
minore, accertati in corso di istruttoria e di non dividere i
fratelli in stato di adottabilità, salvo che non ricorrano gravi
ragioni.
La
riforma
ha
introdotto
alcune
rilevanti
modificazioni.
Viene
anzitutto precisato che le “adeguate indagini” sulle coppie devono
essere effettuate ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli
enti locali singoli o associati. Si tratta di una indicazione
superflua, perché – pur mancando nella precedente normativa – essa
era
già
stata
attuata
dai
tribunali.
Più
utile
è
invece
l’ulteriore precisazione normativa che consente di avvalersi delle
professionalità
delle
aziende
sanitarie
locali
ed
ospedaliere,
perché essa permette di superare le difficoltà che sempre più
spesso venivano opposte dalle ASL, le quali ponevano problemi di
competenza sul piano amministrativo.
E’ poi stata data priorità nell’istruttoria alle domande dirette
all’adozione
di
minori
di
età
superiore
a
cinque
anni
o
con
60
handicap.
La
dottrina
(Occhiogrosso)
osserva
che,
mentre
è
giustificata la prelazione data a coppie che siano disponibili ad
adottare minori portatori di handicap, non si comprende perché
essa – come prevede la legge - debba essere limitata solo a coloro
il cui handicap sia stato accertato ai sensi dell’art. 4 della L.
5.2.1992 n. 104 (cioè dalla ASL mediante specifiche commissioni
mediche) e non estesa a tutti i casi di handicap compresi quelli
nei quali, tale modalità di accertamento non sia stata effettuata.
Non
si
cinque
spiega
anni
neppure
l’indicazione
richiesta
per
dell’età
privilegiare
superiore
nell’iter
a
soli
istruttorio
coppie che si dichiarino favorevoli all’adozione di tali minori.
L’esperienza insegna che non è difficile realizzare l’adozione di
bambini di sei – sette anni ed anche più grandicelli e che i
problemi seri di accettazione cominciano con la preadolescenza.
Viene
dunque
emesso
decreto
di
affidamento
preadottivo,
immediatamente annotato a margine della sentenza di adottabilità,
della
durata
di
un
anno,
prolungabile
di
un
altro
anno
e
determinandone le modalità.
Si
va
affermando
nei
tribunali
per
i
minorenni
la
prassi
di
computare nella durata dell’affidamento preadottivo il pregresso
periodo
di
184/83,
affidamento
per
quanto
provvisorio
le
ex
finalità
art.
dei
10
due
comma
3°
istituti
l.n.
siano
ontologicamente diverse, essendo questo tendenzialmente destinato
a
soddisfare
idoneo54.
la
Tale
diffidenze,
Tribunale
eventualità
temporanea
che
di
un
ambiente
familiare
impostazione
ha
inizialmente
suscitato
presupposto
di
una
onnipotenza
sul
per
mancanza
i
le
Minorenni,
sue
che
pronunce
pretesa
non
siano
terrebbe
travolte
conto
dai
delle
del
della
successivi
Si veda la seguente massima: “L'affidamento preadottivo rappresenta una fase
necessaria del procedimento di adozione, non surrogabile dall'affidamento
provvisorio o di mero fatto; tuttavia, laddove l'interesse del minore lo
richieda, il periodo di affidamento preadottivo può essere inferiore a dodici
mesi e sommarsi al periodo di affidamento provvisorio (nella specie,
discutendosi dell'adozione di un minore di diciassette anni e due mesi - con
conseguente preclusione dell'adozione legittimante nell'ipotesi in cui fosse
stato disposto l'affidamento preadottivo per il periodo di un anno - è stata
ammessa la possibilità di sommare il periodo di affidamento preadottivo
all'affidamento provvisorio alla vigilia del compimento del diciottesimo anno di
età da parte dell'adottando)”: cfr. Tribunale minorenni L'Aquila, 06 marzo 2002,
Gius 2002, 1185 (s.m.)
54
61
gravami. E’ tuttavia prevalsa la considerazione dell’interesse del
minore ad essere quanto prima inserito in un contesto familiare
per lui positivo e conforme alle sue esigenze di crescita55.
Con
l’affidamento
minore,
in
familiare
preadottivo
quanto
idoneo,
cessa
lo
il
medesimo
viene
con
acquisto
da
stato
di
inserito
parte
abbandono
in
degli
un
del
ambiente
adottanti
della
potestà genitoriale nei suoi confronti, pur permanendo la nomina
del tutore di cui alla sentenza di adottabilità. Solo in caso di
serie e gravi difficoltà di inserimento del minore, l’affidamento
preadottivo
può
essere
revocato
camerale di cui all’art. 23 l.
all’esito
del
procedimento
adoz56.
L’art. 24 della L. 184/1983 prevede che il decreto di affidamento
preadottivo
possa
essere
impugnato
con
reclamo
alla
corte
d’appello. Non si fa riferimento al ricorso per cassazione, che
però la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile (Cass. 6 febbraio
1993 n. 1502, Giur. It. 1994, I, 1, 1615).
Interessanti
risultano,
per
la
diversità
di
valore
che
attribuiscono alla posizione giuridica degli affidatari, alcune
divergenti decisioni della Cassazione. Da un lato,è stato infatti,
affermato
che
“
i
provvedimenti
resi
dal
tribunale
per
i
minorenni, in tema di affidamento temporaneo del minore, di stato
di adottabilità nonché di affidamento preadottivo sono impugnabili
dinanzi
alla
espressamente
corte
d’appello
contemplati
dagli
esclusivamente
art.
10,
17,
dai
24
soggetti
della
legge
citata, non anche pertanto, da soggetti diversi, quali coloro che
siano
affidatari
del
minore
stesso
in
base
a
mero
accordo
intervenuto con i genitori”, (Cass. 27/3/1985 n. 2151); dall’altro
Cfr. M. DOGLIOTTI, A. FIGONE, Famiglia e procedimento, II edizione, Ipsoa,
302 ss..
55
L'annullamento, da parte della Corte d'appello, del provvedimento, del
Tribunale per i minorenni, di revoca di un affido preadottivo non comporta
automaticamente il riaffido del minore a quello degli affidatari in preadozione
che mostri di volersene prendere cura per procedere poi alla sua adozione, dal
momento che l'adozione da parte di persona singola conserva, nel nostro
ordinamento, carattere eccezionale, sicché spetta al Tribunale per i minorenni
scegliere la soluzione più confacente all'interesse del minore procedendo ad una
comparazione della disponibilità dell'affidatario e delle "chances" da lui
offerte con la disponibilità e le "chances" di altra coppia aspirante
all'adozione
(cfr. Corte appello Napoli, 15 maggio 1996, Leggiero, Dir.
famiglia 1996, 1402 nota CENCI).
56
62
è stato deliberato che: “il decreto camerale, reso dalla corte
d’appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso il
provvedimento
del
tribunale
per
i
minorenni
sull’affidamento
preadottivo, secondo la previsione degli artt. 22-24 della legge 4
maggio 1983 n. 184, è impugnabile con ricorso per Cassazione, ai
sensi dell’art. 111 della Costituzione, in quanto non si esaurisce
in
un
intervento
di
natura
amministrativa,
nell’ambito
di
una
gestione pubblicistica degli interessi del minore (come invece il
decreto
di
affidamento
provvisorio
o
fiduciario,
disposto
in
pendenza del procedimento per la dichiarazione di adottabilità),
ma statuisce su posizioni di diritto soggettivo, in via decisoria,
con attitudine cioè a spiegare effetti di giudicato sostanziale,
assegnando
al
minore
uno
“status”
prodromico
alla
successiva
adozione, con il suo stabile inserimento nel nucleo familiare dei
coniugi che hanno chiesto l’adozione stessa”.
Trascorso un anno – ma nell’interesse esclusivo del minore questo
termine può essere prorogato di un altro anno – il Tribunale, se
ricorrono tutte le condizioni, pronuncia con sentenza l’adozione.
In
caso
di
morte
di
uno
dei
coniugi
durante
l’affidamento
preadottivo, l’adozione può essere pronunciata nei confronti del
coniuge
superstite
su
istanza
di
questo
e
quando
ciò
sia
nell’interesse del minore. L’art. 21 della legge n. 149/01 ha
modificato
l’art.
dell’affidamento
2
l.
adoz.,
preadottivo
nel
senso
interviene
la
che,
se
nel
separazione
corso
tra
i
coniugi affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti
di
entrambi,
ovvero
nei
confronti
di
uno
solo
nell’esclusivo
interesse del minore, qualora i coniugi o il coniuge ne facciano
richiesta57.
In caso di separazione personale tra i coniugi che abbiano ottenuto
l'affidamento preadottivo di un minore e in caso di richiesta di adozione da
parte di uno solo di essi, essendo venuti meno i presupposti dell'accertamento
compiuto sull'idoneità dell'adozione, il tribunale, nell'esercizio dei suoi
poteri di vigilanza, appena venutone a conoscenza, deve riconsiderare la
situazione, delibando l'idoneità del richiedente e, ove non la ravvisi, deve,
nell'interesse del minore, rigettare la richiesta di adozione formulata ai sensi
dell'art. 25, comma 5, della l. n. 184 del 1983, ancorché non sia decorso un
anno dall'affidamento, revocando l'affidamento e adottando i provvedimenti
temporanei ex art. 23, comma 6, della stessa legge (cfr. Cassazione civile ,
sez. I, 29 aprile 1998, n. 4371, Leggiero c. Orefice, Giust. civ. Mass. 1998,
904).
57
63
Con la pronuncia definitiva di adozione il minore acquista lo
stato di figlio legittimo degli adottanti come se fosse nato da
loro, ne acquisisce e trasmette il cognome, stringe rapporti di
parentela con tutti i parenti dei nuovi genitori. Perde di contro
ogni rapporto con
la famiglia
di
origine, fatti
salvi i soli
divieti matrimoniali58. Se l’adozione è disposta in favore della
moglie separata il minore acquisisce il cognome di lei.
Gli
effetti
si
producono
allorquando
la
sentenza
diviene
definitiva. La decisione costitutiva del nuovo status di figlio
legittimo
non
è
revocabile
come
ordinaria59.
nell’adozione
Tuttavia, atteso che la nuova disciplina prevede che la pronuncia
di adozione sia effettuata con sentenza e non più con decreto, non
vi sono più ragioni per escludere l’applicabilità dell’istituto
della revocazione previsto dal titolo III capo IV cpc.
- 2 – L’accesso all’informazione sulla famiglia di origine tra
garanzia dell’identità dell’adottato e tutela della riservatezza
del genitore.
La versione originaria dell’art. 28 della legge n. 184/1983 non
ammetteva la possibilità di conoscere le generalità dei genitori
naturali
dell’adottato,
legittimante,
il
sul
minore
presupposto
vedesse
il
che,
proprio
con
l’adozione
status
di
figlio
naturale sostituito con quello di figlio adottivo.
L’adozione era vista, infatti, come una nuova nascita del minore
e, conseguentemente, tutto ciò che era avvenuto in un momento
precedente
perdeva
di
rilevanza.
Nell’ottica
che
intendeva
scongiurare il pericolo di una doppia genitorialità, era pertanto
preclusa
la
visione
dei
documenti
informazioni
sui
genitori
naturali, ai sensi dell’art. 24 1 comma legge n. 241/1990, che
esclude
l’accesso
divulgazione
“nei
espressamente
casi
di
previsti
segreto
dalla
o
di
legge”.
divieto
di
L’assolutezza
Cfr. i menzionati recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di adozione
aperta, volti ad affermare la compatibilità dell’adozione legittimante con il
mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine, in considerazione del
fatto che la recisione dei rapporti giuridici non comporti necessariamente la
cessazione dei rapporti di fatto.
59 Cfr. Corte cost. 20 luglio 1992 n. 344, che ha stabilito che l’art. 27 l.
adoz. non è in contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che
possa essere pronunciata per gravi motivi nell’interesse dell’adottato la revoca
dell’adozione.
58
64
del disposto normativo veniva stemperata nel senso di consentire
all’ufficiale di stato civile di fornire notizie, informazioni,
estratti
relativi
all’origine
dell’adottato,
solo
previa
autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria. I presupposti
per
concedere
tale
autorizzazione
venivano
ricondotti
esclusivamente a tutela dei diritti costituzionalmente garantiti,
principalmente la salute60.
Sulla spinta del diritto convenzionale (art. 20 della Convenzione
europea di Strasburgo sull’adozione dei minori; art. 7 – 8 della
Convenzione di New york e art. 30 della Convenzione dell’Aja sulla
protezione dei minori e sulla cooperazione in tema di adozione
internazionale),
la
legge
n.
149/2001
modificava
integralmente
l’art. 28, consentendo all’adottato di accedere alle informazioni
relative
all’identità
dei
propri
genitori
biologici.
In
particolare, l’età ritenuta idonea dal legislatore a consentire la
conoscenza
di
siffatte
informazioni
senza
riportarne
un
trauma
psicologico è indicata nei 25 anni. Raggiunta tale età, cessa la
segretezza sul rapporto genitoriale biologico e l’unica situazione
giuridica
meritevole
di
tutela
per
l’ordinamento
è
il
diritto
all’informazione dell’adottato.
Diversa è la previsione contenuta nel primo comma dell’art. 28,
per cui l’adottato è informato di tale sua condizione nei tempi e
nei modi più opportuni. Le informazioni concernenti l'identità dei
genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi,
quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del
tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati
motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e
accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le
informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una
struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i
presupposti
della
necessità
e
della
urgenza
e
vi
sia
grave
pericolo per la salute del minore. Per gli infra – venticinquenni,
In mancanza di un interesse serio e non emulativo in capo alla istante, va
respinta la richiesta volta ad ottenere l'autorizzazione all'accesso ai
documenti amministrativi ai fini delle identificazione della madre naturale, la
quale deve essere tutelata nel suo diritto all'anonimato (cfr. Tribunale
minorenni Perugia, 19 luglio 1999).
60
65
dunque, la conoscenza dell’identità dei genitori biologici non si
configura come diritto autonomo, ma come strumentale alla tutela
di distinte situazioni giuridiche. Conseguentemente, il diritto di
conoscere
le
presenta due
diritto
proprie
anime61:
origini
non
ha
carattere
unitario,
ma
fino ai 25 anni, il legislatore vede il
all’informazione
come
strumentale
alla
tutela
di
altre
situazioni giuridiche, mentre oltre i 25 anni sorge un vero e
proprio “diritto a sapere”, che non deve avere fondamento in altre
situazioni soggettive.
La dottrina è
divisa circa la
necessità o meno
che l’accesso
dell’adottato ultraventicinquenne sia subordinato al rilascio di
autorizzazione. Più rispondente alla formulazione testuale della
norma e maggiormente accreditata in giurisprudenza, sembra essere
la tesi affermativa, atteso che il comma 6, che disciplina il
procedimento finalizzato a valutare l’equilibrio psico – fisico
del richiedente richiama il comma 5, che disciplina il diritto di
accesso sia per l’infra che per l’ultra venticinquenne62. Vi è
tuttavia una tesi contraria per cui, sul presupposto che, fissando
l’età dei 25 anni, il legislatore abbia fatto una valutazione in
astratto circa la maturità psico – fisica del soggetto, ritiene
ultroneo l’accertamento del giudice circa la possibilità che venga
turbato l’equilibrio psico – fisico del soggetto63.
Dette disposizioni vanno coordinate con il successivo comma 8°, a
mente
del
quale,
facendo
salvo
quanto
è
previsto
dai
commi
Cfr. S. MAZZUCCHI, Dei rapporti tra l’identità dell’adottato e la
riservatezza del genitore naturale (in margine alla sentenza n. 425 del 2005
della Corte costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it . Cfr.
App. min. Torino 13 settembre 2004, in Diritto della famiglia e delle persone,
n. 2/2008, con nota di GALUPPI, in cui si evidenzia l’interesse ad evitare che
l’adottato maggiorenne, ma di età inferiore ai 25 anni, il cui sviluppo psico –
fisico è ancora incompleto, possa ricevere un trauma psico – fisico dalla
conoscenza delle proprie origini, sicché l’accesso alle medesime è subordinato
alla sussistenza di esigenze sanitarie collegate al familiare.
62
Cfr. M. PETRONE, Il diritto dell’adottato alla conoscenza delle proprie
origini, Milano, 2004, 49. Con riferimento alla valorizzazione del profilo
relativo alla salvaguardia dell’equilibrio psico – fisico dell’adottato, cfr.
Trib. Min. Trento decreto 20 marzo 2007, in Famiglia e minori, n. 7/2007, 88, ai
sensi del quale è opportuno che l’accesso alla propria origine ed all’identità
dei genitori biologici avvenga tramite l’accompagnamento dei giudici onorari
psicologi, cui è demandato il compito di rilasciare le informazioni in possesso
del Tribunale per i Minorenni. In giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Min.
Sassari 16 gennaio 2002, in Famiglia e diritto 2003, 69 con nota di Figone e
Trib. Min. Perugia, 19 luglio 1999 e App. Palermo, 11 dicembre 1992.
63 Cfr. E. PALMERINI, Art. 28, in Adozione nazionale (l. 28 marzo 2001, n. 149),
commentario, a cura di CM Bianca e L Rossi, in Le nuove leggi civili commentate,
2002, 1021.
61
66
precedenti, l’autorizzazione non è richiesta per “l’adottato di
maggiore
età,
quando
i
genitori
irreperibili”.
Appare
preferibile
sono
deceduti
o
l’accezione,
divenuti
fondata
sul
principio della generale necessità dell’autorizzazione, per cui il
riferimento alla “maggiore età” si riferisca ai maggiori degli
anni diciotto, e
non già al
maggiorenne che non
abbia ancora
compiuto i 25 anni.
L’anzidetta norma deve essere peraltro coordinata con il comma 7°,
a mente del quale
“… l'accesso alle informazioni non è consentito
nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non
volere essere nominata ai sensi dell' articolo 30, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396…”.
Il combinato disposto dei commi 7 e 8 sembra ridimensionare la
portata del principio della mediazione del giudice minorile quale
presupposto
indefettibile
per
l’esercizio
del
diritto
all’informazione dell’adottato, che cede il passo rispetto alla
tutela del diritto all’anonimato dei genitori naturali.
Sul punto è intervenuta Corte costituzionale, 25 novembre 2005, n.
425 in Diritto & Giustizia 2005, Riv. notariato 2006, 3 101, con
nota di
TRUCCO, ai sensi della quale non è fondata la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 28, comma 7, l. 4 maggio
1983 n. 184, come modificato dall'art. 177, comma 2, d.lg. 30
giugno 2003 n. 196, in quanto non contrastante con l'art. 2 cost.,
costituendo
valutazione
invece
la
comparativa
norma
dei
espressione
diritti
della
inviolabili
ragionevole
dei
soggetti
interessati. Non è altresì fondata la questione di legittimità
costituzionale della medesima norma sia in riferimento all'art. 32
cost.,
sotto
il
profilo
dell'adottato
alla
sua
all'art.
comma
1,
3,
dell'asserito
identità
sotto
il
pregiudizio
personale;
sia
profilo
della
del
in
diritto
riferimento
diversità
di
disciplina fra l'ipotesi dell'adottato nato da donna che abbia
dichiarato di non voler essere nominata e quella dell'adottato
figlio di genitori che non abbiano reso alcuna dichiarazione. La
Corte
argomenta
comparazione
delle
delle
seguenti
evidentemente
che
a
la
norma
situazioni
in
soggettive
argomentazioni:
tutelare
la
esame
“…
La
gestante
effettua
in
gioco,
norma
che
una
legittima
sulla
impugnata
-
in
base
mira
situazioni
particolarmente difficili dal punto di vista personale, economico
67
o
sociale
-
abbia
deciso
di
non
tenere
con
sé
il
bambino,
offrendole la possibilità di partorire in una struttura sanitaria
appropriata
e
di
mantenere
al
contempo
l'anonimato
nella
conseguente dichiarazione di nascita: e in tal modo intende - da
un lato - assicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali,
sia per la madre che per il figlio, e - dall'altro - distogliere
la
donna
gravi.
da
decisioni
irreparabili,
L'esigenza
di
spiega
perché
finalità
dell'anonimato
della
perseguire
la
madre
per
quest'ultimo
efficacemente
norma
non
nessun
tipo
preveda
di
ben
questa
per
più
duplice
la
tutela
limitazione,
neanche
temporale. Invero la scelta della gestante in difficoltà che la
legge
vuole
favorire
-
per
proteggere
tanto
lei
quanto
il
nascituro - sarebbe resa oltremodo difficile se la decisione di
partorire
in
una
struttura
medica
adeguata,
rimanendo
anonima,
potesse comportare per la donna, in base alla stessa norma, il
rischio di essere, in un imprecisato futuro e su richiesta di un
figlio
mai
conosciuto
e
già
adulto,
interpellata
dall'autorità
giudiziaria per decidere se confermare o revocare quella lontana
dichiarazione di volontà…”.
Va aggiunto che l’art. 28 comma 7 è stato riformulato dal TU sulla
privacy ed in particolare dall’art. 177 d.lgs. 30 giugno 2003 n.
196, nel senso che la prevalenza del diritto all’anonimato dei
genitori biologici è subordinata alla richiesta della madre di non
voler
essere
dell’art.
rispetto
nominata,
30
ai
dpr
inserita
396/00.
principi
La
generali
nell’atto
di
nascita
ai
sensi
peculiarità
di
tale
disciplina
in
di
dati
sensibili,
materia
consiste nel fatto che la legittimità del trattamento dei dati
personali
non
viene
subordinata
al
consenso
espresso,
ma
al
mancato dissenso64.
Un’ulteriore,
recente
ed
interessante
applicazione
estensiva
dell’art. 28, è contenuta nel decreto della Corte d’Appello di
Catania 8 – 21 novembre 2006, in Famiglia e minori, n. 6/07 fl. 71
ss.,
con
nota
di
Padalino,
ai
sensi
del
quale
l’adottato,
raggiunta l’età dei 25 anni, può accedere, previa autorizzazione
Interessante è la precisazione contenuta in App. Roma, 15 novembre 2004, in
Il diritto della famiglia e delle persone, 2006, 577, per cui l’adottato la cui
madre biologica abbia espresso la volontà di non essere nominata, possa tuttavia
accedere al proprio atto di nascita, per una più profonda e conoscenza delle
proprie origini e delle circostanze della propria nascita.
64
68
del Tribunale per i Minorenni, alle informazioni circa l’identità
dei
fratelli
della
biologici
norma
si
e
nonostante
riferisca
ai
la
soli
formulazione
genitori
letterale
biologici,
in
considerazione del fatto che rispetto a tale ipotesi sussiste la
medesima
ratio
di
assicurare
soddisfacimento
al
desiderio
manifestato dall’adottato di conoscere le proprie origini. Tale
opzione era stata fatta propria dalla giurisprudenza già prima
dell’entrata in vigore della legge n. 149/01, sempre valorizzando
l’effetto
liberatorio
conoscenza
delle
febbraio
sotto
proprie
2001,
in
il
origini
Diritto
profilo
(cfr.
di
psicologico
Trib.
Min.
famiglia,
della
Perugia,
2001,
627
27
e,
successivamente e in senso diverso, App. Torino, sez. min, 22
luglio
2004,
Galuppi,
in
per
Diritto
cui
la
di
famiglia,
ricerca
delle
2005,
origini
918,
ha
con
senso
nota
se
di
viene
collegata ad un complesso habitat familiare e di affetti e inoltre
non
può
estendersi
ai
germani
che,
riservatamente
sentiti
dal
giudice, non abbiano dato il loro consenso, in considerazione del
carattere
non
assoluto
del
diritto
di
accesso
concesso
all’adottato ultraventicinquenne).
In definitiva, l’adeguamento della formulazione dell’art. 28 alle
Convenzioni
internazionali,
preparatori
alla
contemperamento
legge
tra
il
inadeguatezza
della
affidataria
adottiva,
o
come
n.
ed
il
evidenzia
149/01,
diritto
famiglia
si
di
realizza
del
minore,
origine,
diritto
che
ad
nei
un
delicato
in
caso
una
attiene
lavori
di
famiglia
alla
sfera
dell’identità personale, ai sensi dell’art. 2 Cost., garantendo
all’adottato ultra – venticinquenne e previa autorizzazione del
tribunale,
il
soddisfacimento
della
propria
aspirazione
alla
conoscenza delle proprie origini. I due principi, sulla base delle
acquisizioni
della
scienza
psicologica
ed
antropologica,
non
appaiono incompatibili, ben potendo l’inserimento dell’adottato in
un nuovo contesto familiare integrarsi con l’acquisizione da parte
del medesimo, ferma restando l’accertata sussistenza dei necessari
requisiti di maturità psico – fisica, di una piena consapevolezza
della propria storia personale.
L’ADOZIONE INTERNAZIONALE
69
-
1
–
la
disciplina
contenuta
nella
legge
n.
184/1983
e
la
ratifica della Convenzione dell’Aja del 1993. Autorità centrale ed
enti autorizzati.
La
L.
184/1983
ha
per
la
prima
volta
disciplinato
in
Italia
l’adozione internazionale, prestando particolare attenzione alle
fasi
di
essa
sostanzialmente
che
quella
si
svolgevano
che
si
in
svolgeva
Italia,
ignorando
all’estero.
Essa
era
affidata ad un sistema «fai da te», in quanto le coppie erano
libere
di
rivolgersi
all’estero
a
chi
volevano65.
Pur
se
era
prevista dalla legge l’istituzione di enti autorizzati a svolgere
le pratiche per l’adozione di bambini stranieri, era facoltativo e
comunque minoritario il ricorso a tale canale istituzionale.
Dopo
appena
quindici
anni
dalla
prima
disciplina
dell’adozione
internazionale si è sentita la necessità di una sua riforma. Ciò è
stato determinato, in parte dalle ragioni in precedenza esposte,
ma è stato soprattutto reso necessario dall’avvenuta approvazione
della Convenzione dell’Aja del 1993. La Convenzione dell'Aja è
stata sottoscritta da settantasette Stati di tutti i continenti e
non è solo una convenzione sull'adozione, come altre precedenti,
ma un accordo sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in
materia di adozioni tra Paesi diversi. Sua peculiarità è che è
stata preparata sia dai rappresentanti dei Paesi di destinazione
che da quelli di provenienza dei bambini adottati.
La
Convenzione
prevedere
si
delle
pone
tre
garanzie,
obiettivi.
perché
le
Il
primo
adozioni
è
quello
di
internazionali
si
facciano solo nell'interesse superiore del minore e nel rispetto
dei
suoi
diritti
fondamentali:
questo
principio,
già
affermato
dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20/11/1989 è
stato richiamato anche qui. Il secondo è quello di instaurare un
sistema di cooperazione tra gli Stati per assicurare il rispetto
di tali garanzie e prevenire vendita e tratta di minori. Il terzo
punto fermo stabilito dalla Convenzione riguarda il principio di
sussidiarietà di cui all’art. 4 lett. B). Esso comporta che nessun
bambino
deve
lasciare
il
proprio
Stato
per
essere
adottato
all'estero, se prima le autorità del suo Paese non hanno accertato
che egli si trova in stato di abbandono e che l'adozione da parte
65
Così F. OCCHIOGROSSO, L’adozione internazionale, inedito.
70
di
suoi
connazionali
stabilisce,
infatti,
non
che
è
lo
realizzabile.
Stato
di
origine
La
Convenzione
deve
pronunziare
prioritariamente quei provvedimenti, che consentono al bambino di
rimanere nella propria famiglia o quanto meno nel proprio Paese e
che
l'adozione
internazionale
è
utile
per
dargli
un'altra
famiglia, solo quando nello Stato di origine non sia possibile
trovargli una famiglia adottiva idonea.
Spetta alle Autorità dello Stato di origine accertare e dichiarare
lo stato di adottabilità, verificando che la famiglia d'origine
sia consapevole degli effetti dell'adozione e che non siano stati
pattuiti o corrisposti pagamenti o compensi di qualsiasi genere
per l'adozione del bambino.
Per
assicurare
Convenzione
centrale.
l'osservanza
ciascuno
Tutte
Stato
le
dei
deve
Autorità
principi
istituire
stabiliti
un'apposita
centrali
dovranno
dalla
Autorità
direttamente
cooperare tra loro per la miglior tutela dei bambini, scambiandosi
ogni informazione necessaria sul sistema normativo, sui bambini
adottabili
centrali
e
si
sugli
aspiranti
dovranno
genitori
adottivi.
obbligatoriamente
Alle
rivolgere
Autorità
coloro
che
desiderano adottare un bambino straniero.
Sul punto non è consentita alcuna riserva da parte degli Stati
firmatari della convenzione, così da un lato abolendo il criticato
sistema
‘fai
recependo
una
da
te’,
ma
diffusa
dall’altro
tendenza
ed
verso
in
una
certa
misura
l’amministrativizzazione
delle competenze in materia di adozione internazionale nei diversi
Stati rappresentati in sede di lavori preparatori66.
Il sistema degli enti autorizzati all’intermediazione garantisce
la
tutela
di
due
interessi
fondamentali:
interessi
di
natura
privatistica, finalizzati ad assicurare il migliore incontro tra
il minore e gli aspiranti adottanti, a tutela dell’interesse del
minore
prima
adozione;
ma
e
durante
anche
l’espletamento
interessi
di
ordine
del
procedimento
pubblico,
miranti
di
al
rispetto delle condizioni che legittimano lo stato di adottabilità
Cfr. P. MOROZZO DELLA ROCCA, La funzione di garanzia della giurisdizione nel
procedimento di adozione internazionale, in Minori e giustizia, 1/2003, 64 ss.
L’A. osserva, contro i timori diffusi di una perdita di garanzie giurisdizionali
in questo procedimento, che l’art. 22 della Convenzione, interpretato con una
certa
larghezza,
offriva
una
possibilità
di
aderire
all’impostazione
convenzionale,
senza
dover
rinunciare
all’impronta
giurisdizionale
che
caratterizza la fase domestica dei procedimenti di adozione internazionale.
66
71
del minore, nel rispetto di una procedura corretta. Tale sistema
scaturisce dalla presa d’atto che la giurisdizione domestica non è
nelle condizioni di poter controllare, in concreto, il rispetto
dei principi etici in relazione alle adozioni internazionali.
L’atteggiamento di fiducia nel sistema della commissione per le
adozioni internazionali, istituita in attuazione della Convenzione
con
DPR
n.
492/99,
si
rivela
nella
recente
approvazione
del
regolamento recante il riordino della stessa, attraverso il Dpr 8
giugno 2007 n. 108, in Famiglia e minori n. 9/07, fl. 34 ss. Tale
regolamento
ha
aumentandone
ventaglio
di
sanzioni,
in
modificato
la
la
componente
compiti.
caso
Ha
di
composizione
politica,
inoltre
e
della
ne
arricchito
irregolarità
ed
commissione,
ha
ampliato
il
il
fronte
delle
inottemperanza
delle
prescrizioni di legge da parte degli enti autorizzati.
Viene
introdotto
dunque
un
controllo
più
severo
degli
enti
autorizzati, con possibilità di ridurre il numero degli stessi, a
vantaggio dell’efficienza e serietà ed efficienza degli stessi,
nella consapevolezza dell’estrema delicatezza della funzione di
raccordo da essi espletata tra adottati ed adottanti.
-
2
–
La
riforma
in
materia
di
adozione
internazionale.
Presupposti e procedimento.
La principale difficoltà applicativa della Convenzione de L’Aja
nell’ordinamento
italiano
rapporto
amministrazione
tra
l’attribuzione
di
era
importanti
connessa
e
alla
definizione
giurisdizione,
competenze
del
potendo
all’Autorità
Centrale
indurre a ritenere che il legislatore internazionale avesse voluto
realizzare
Invero,
una
parziale
l’art.
22
n.
degiurisdizionalizzazione
1
della
Convenzione
in
materia67.
stabilisce
che
le
funzioni da essa attribuite all’Autorità centrale possono essere
attribuite
Autorità
dalla
legge
pubbliche,
tra
dello
le
Stato
quali
di
appartenenza,
evidentemente
anche
rientra
ad
anche
l’autorità giudiziaria68.
L’obiettivo perseguito dal nostro legislatore è stato quello di
cfr. MAGNO, L'adozione internazionale dei minori, in La riforma del diritto
internazionale privato italiano, Napoli, 1997, 181.
68
Cfr. A. TORRACA, L’adozione internazionale tra Convenzione de L’Aja e riforma
della legge n. 184 del 1983, in Dir. Famiglia, 1999, 4, 1374.
67
72
aderire alla Convenzione, al fine di perseguire l’obiettivo della
cooperazione internazionale, pur con alcune deviazioni miranti a
preservare i principi a fondamento del nostro ordinamento interno
in materia.
Un’importante specificità attiene al concetto di adottabilità del
minore. L’art. 4 lett. c e d) della Convenzione pone a fondamento
dell’adottabilità
del
minore
i
consensi
sull’adozione
sia
alla
cessazione dei rapporti tra il minore e la famiglia di origine,
sancendone le modalità di acquisizione (con atto scritto, senza
pagamento o contropartita di alcun genere; che quello della madre
sia successivo alla nascita del figlio; che quello del minore sia
un
consenso
informato
e
prestato
liberamente)
per
giungere
all’adottabilità sulla base della volontà espressa dai soggetti
(persone,
istituzioni
ed
autorità
nel
caso
di
decadenza
della
potestà genitoriale).
Va sottolineato che la Convenzione
abbandono
per
il
minore
da
non parla
adottare,
mai
ma
di stato
solo
di
di
minore
"adottabile". L'interpretazione di questo termine comporta quindi
la necessità di chiarire se nel sistema della Convenzione, al fine
di
ritenere
lo
stato
di
adottabilità,
possano
bastare
i
soli
consensi suindicati, anche in assenza di una situazione oggettiva
di abbandono morale e materiale del minore. Una valutazione di
compatibilità con l’ordinamento interno sembra essere richiesta,
perché la legge italiana (la L. 184/1983 riformata) all’art. 32/2
lett.
a)
stabilisce
che
la
Commissione
per
le
adozioni
internazionali non possa rilasciare l'autorizzazione all'ingresso
o
alla
permanenza
del
minore
straniero
in
Italia,
se
dalla
documentazione trasmessale "non emerge la situazione di abbandono
del minore” ed il concetto di situazione di abbandono - fondamento
dell'adottabilità – è disciplinato dall’art. 8 della stessa legge,
che lo intende come un’oggettiva ed irreversibile privazione di
assistenza morale e materiale del minore da parte dei genitori o
dei parenti tenuti agli alimenti69. Peraltro, l’art. 31 lett. F) l.
La giurisprudenza sembra non dubitare della necessità che tale requisito
sussista anche nell’adozione internazionale, come risulta da Cassazione civile ,
sez. I, 15 marzo 2002, n. 3792, Famiglia e diritto 2002, 407, ai sensi della
quale, in tema di accertamento dello stato di abbandono, il diritto del
fanciullo a mantenere rapporti con i genitori di sangue, di cui agli art. 1 l.
n. 184 del 1983 e 9 l. n. 176 del 1991, tutela un suo interesse superiore
69
73
adoz.
richiede
la
necessità
dell’attestazione,
da
parte
dell’autorità straniera, della sussistenza delle “condizioni di
cui all’art. 4 della Convenzione”: deve dunque sussistere lo stato
di adottabilità del minore, connesso (per quanto si è detto) allo
stato di abbandono del minore e la rispondenza dell’adozione al
“superiore interesse del minore”70 – che, ai sensi dell’art. 32
lett. A) richiede l’emergenza di una situazione di abbandono, di
impossibilità di procedere all’affidamento preadottivo, o della
sussistenza di un provvedimento di adozione nello stato di origine
- oltre che
il
consenso degli esercenti la potestà, che deve
essere stato espresso liberamente71.
presunto, perché va rispettata e preservata, in base al diritto interno ed a
quello internazionale, l'identità del minore e la sua esigenza nella misura del
possibile a vivere con i genitori biologici e ad essere allevato.
Quanto al significato di questa espressione, la dottrina (cfr. P. Vercellone,
“La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano”, Torino, 1987, pag. 291
e segg.), prima della riforma, aveva ritenuto che essa fosse costituita dai due
seguenti requisiti: la sussistenza dello stato di abbandono e l’accertamento
dell’idoneità all’adozione internazionale della coppia affidataria o adottiva.
Ma dopo la riforma, questa conclusione è stata messa in discussione. Si è detto
(cfr. L. SACCHETTI, Il nuovo sistema dell’adozione internazionale, Maggioli,
Rimini, 38 ss.) che, essendo stato decisamente modificato dal legislatore
dell’adozione internazionale il concetto di situazione di abbandono, si doveva
con ciò stesso ritenere che quello relativo alla sussistenza dello stato di
abbandono non dovesse più essere considerato un principio fondamentale (e per
ciò stesso immodificabile) del diritto italiano di famiglia e dei minori. Si è
aggiunto poi che il riferimento all’interesse del minorenne come superiore
comportasse un giudizio di prevalenza di tale interesse su ogni altro principio,
appunto perché considerato “superiore”. Contra, F. OCCHIOGROSSO, L’adozione
internazionale, cit. in quale osserva che l’individuazione dei principi
fondamentali indicati non comporta la loro immodificabilità concettuale né che
essi non possano essere altri diversi oggi rispetto a quelli di ieri alla luce
della nuova normativa. Inoltre, l’art. 35 dice che il tribunale deve accertare
che “l’adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello
Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore
interesse del minore”, ma il superiore interesse del minore è indicato come
criterio di valutazione al quale rapportare i principi fondamentali suddetti;
esso però non viene né identificato con essi né indicato come sostitutivo di
essi. Perciò è sempre necessario individuare i principi fondamentali che
regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, salvo poi valutarli in
rapporto all’interesse del minore.
70
V. tuttavia F. OCCHIOGROSSO, L’adozione internazionale, cit., il quale
osserva: “… in sostanza, il concetto di abbandono riceve da questa recente
normativa una rilettura significativa che lo modifica parzialmente, ma
significativamente. Non c’è dubbio infatti che considerare abbandonato un minore
sulla sola della totale rinuncia a lui dei suoi genitori, significa aprire la
porta all’adozione consensuale; che se è vero che la Convenzione è attenta a
richiedere che i consensi debbano essere informati e che privi di qualunque
contro-prestazione è tuttavia anche vero che i genitori potrebbero rinunciare a
lui, non perché lo vogliano abbandonare, ma al contrario per amore, allo scopo
di assicurargli un futuro migliore in un Paese ricco dell’Occidente…”.
71
74
La
disciplina
dell’adozione
internazionale
di
cui
alla
l.n.
184/1983 è stata innovata dalla 476/1998 e dalla più recente legge
28 marzo 2001 n. 149, contenente modifiche alla legge 4 maggio
1983 n. 184 recante <Disciplina dell'adozione e dell'affidamento
dei minori > nonché al titolo VIII del libro primo del Codice
Civile.
Ma tra i due tipi di adozione si è perpetuato quel collegamento
che già in precedenza vi era e che in qualche misura ha modificato
le
peculiarità
già
descritte
dell'adozione
internazionale.
Il
collegamento più significativo è costituito dall’art. 29 bis del
testo
riformato,
che
abilita
a
richiedere
la
dichiarazione
di
idoneità all'adozione internazionale coloro che si trovano nelle
condizioni prescritte dall'art. 6.
Fino all'aprile 2001 ciò ha significato che potevano avanzare tale
richiesta i coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non
separati neppure di fatto, la cui età superasse di almeno diciotto
anni e non più di quaranta anni l'età dell'adottando.
Con l'entrata in vigore della L. 149/2001 è stato riformato l'art.
6
della
L.
184/1983,
riforma
che
incide
anche
sull'adozione
internazionale. Il primo comma ribadisce quanto già era affermato
in passato: l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio
da almeno tre anni, non separati neppure di fatto negli ultimi tre
anni; il successivo quarto comma modifica tale norma, aggiungendo
che "il requisito della stabilità del rapporto di cui al primo
comma
può
ritenersi
realizzato
anche
quando
i
coniugi
abbiano
convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per
un
periodo
di
tre
anni,
nel
caso
in
cui
il
tribunale
per
i
minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza,
avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto".
Quanto alla differenza di età tra adottanti e adottato, il terzo
comma conferma che quella minima deve essere di diciotto anni, ma
amplia quella massima da quaranta a quarantacinque. Ma vi è poi il
comma
6,
che
modifica
in
modo
poco
comprensibile
tale
disposizione, aggiungendo che "Non è preclusa l'adozione quando il
limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di
essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi
siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno
sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o
75
una sorella del minore già dagli stessi adottato". La dottrina
ritiene che quando i coniugi abbiano adottato un fratello essi
possono
ottenere
l'adozione
nazionale
dell'altro,
indipendentemente da qualunque limite di età. Per quanto riguarda
l’adozione internazionale, essi potranno essere dichiarati idonei
a tale adozione (che ovviamente dovrà essere fatta all'estero)
senza che si ponga alcun limite di età.
Lo stesso principio vale
quando i coniugi abbiano un figlio minorenne (o anche più figli di
cui
almeno
uno
sia
minorenne):
anche
in
questo
caso
si
deve
ritenere superata la prescrizione relativa alla differenza di età
indicata dal terzo comma.
Vi è poi il quinto comma del nuovo art. 6, che realizza una deroga
ulteriore, perché
possono
essere
afferma che
derogati
i
qualora
limiti di cui
il
tribunale
al
per
terzo comma
i
minorenni
accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non
altrimenti evitabile per il minore. Per quanto riguarda l'adozione
internazionale,
si
è
in
taluni
casi
legittimata
l’adozione
di
minori di pochi anni da parte di genitori in età avanzata, come è
avvenuto per i cosiddetti “bambini di Chernobyl”, vale a dire di
quei bambini ospitati nel nostro Paese a seguito dell’incidente
avvenuto nella centrale nucleare bielorussa oltre venti anni or
sono, che giunti in Italia per meri soggiorni estivi, vi sono
talvolta rimasti a tempo indeterminato.
In conclusione, il nuovo art. 6 ha definitivamente superato il
principio affermato dalla precedente normativa che il diritto del
minore alla famiglia si realizza meglio inserendolo in un nucleo
giovane, piuttosto che anziano. Principio che continua ad essere
applicato solo nella comparazione in tema di adozione nazionale72.
Quanto
alla
sequenza
procedimentale
relativa
all’adozione
internazionale, la legge n. 476/1998 ha conservato due momenti
chiave della difesa giurisdizionale degli interessi del minore e
degli altri soggetti coinvolti nel procedimento di adozione:
F. OCCHIOGROSSO, l’adozione internazionale, cit., osserva che Il legislatore
sembra ignorare il principio giustinianeo "adoptio naturam imitatur" per
avvicinarsi alle metodiche senza regole di età in uso per la fecondazione
artificiale.
72
76
1. il momento iniziale, sino alla dichiarazione di idoneità;
2. il
momento
interna
finale,
al
con
l’attribuzione
provvedimento
straniero
di
dell’efficacia
adozione
o
di
affidamento preadottivo.
La nuova legge propone un sistema decentrato ed articolato su
una pluralità di soggetti che tutti hanno un ruolo importante, che
rende indispensabile il loro coordinamento. Tali soggetti sono il
tribunale per i minorenni, i servizi socio- assistenziali, gli
Enti autorizzati, la Commissione per le adozioni internazionali,
gli Uffici Consolari.
L'articolazione
compiti
complessa
tra
internazionale
i
vari
si
coglie
del
meccanismo
soggetti
dal
ora
seguente
di
distribuzione
preposti
dei
all’adozione
specchietto
(curato
da
Lamberto Sacchetti), che li individua, indicandoli specificamente
per ciascun ente.73
I soggetti preposti sono i seguenti:
a) Tribunale per i minorenni:
- dichiara l'idoneità all'adozione;
- esegue controlli al fine di riconoscere efficacia di affidamento
preadottivo ai provvedimenti stranieri di affidamento, destinati a
perfezionarsi in adozione dopo l'ingresso del minore in Italia, o
di riconoscere efficacia di adozione o di affidamento preadottivo
ai provvedimenti di Stati estranei alla Convenzione;
- al termine degli affidamenti preadottivi come sopra riconosciuti
pronuncia l'adozione;
-
può
convertire
in
adozione
provvedimenti
stranieri
non
legittimanti se li riconosce conformi alla Convenzione;
-
ordina
registri
la
trascrizione
dello
stato
del
civile,
provvedimento
conseguendone
di
adozione
per
nei
l'adottato
l'acquisto della cittadinanza italiana.
b) Servizi socioassistenziali:
- istruiscono le pratiche per l'idoneità all'adozione;
sostengono il nucleo adottivo per un anno dall'ingresso del minore
in Italia;
- segnalano al tribunale per i minorenni eventuali necessità di
interventi.
73
L. Sacchetti, op. cit., pag. 51-52.
77
c)
Enti
autorizzati
(e
servizi
per
l'adozione
internazionale
istituibili da regioni e province autonome):
- ricevono l'incarico dagli aspiranti all'adozione;
- curano la pratica all'estero;
- informano sull'esito la Commissione;
-
collaborano
con
i
servizi
in
Italia
a
sostegno
del
nucleo
adottivo.
d) Commissione per le adozioni internazionali:
-
autorizza
gli
enti
a
operare,
vigila
su
di
essi,
ne
tiene
l'albo; autorizza l'ingresso e la permanenza del minore in Italia;
- conserva gli atti delle procedure di adozione internazionale;
- può comunicare agli adottanti notizie necessarie per la salute
dell'adottato.
e) Uffici Consolari:
- rilasciano il visto d'ingresso dopo che questo è autorizzato
dalla Commissione;
-
collaborano
con
l'ente
per
il
buon
esito
della
procedura
all'estero.
Da questo schema si evidenzia come la nuova legge abbia reso più
complesso il quadro istituzionale, per cui il corretto esercizio
della giurisdizione presuppone che si tenga conto della complessa
rete di attori istituzionali.
- 3 – La procedura di trascrizione del provvedimento di adozione
rilasciato
dallo
Stato
estero.
La
revoca
dei
provvedimenti
di
adozione.
Nel momento in cui il minore ha fatto ingresso in Italia sulla
base di un provvedimento di adozione o di affidamento a scopo
adottivo, rilasciato dall’autorità straniera, ed a seguito della
fase di adozione o di affidamento, si apre la fase di approvazione
di tale provvedimento, tramite il tribunale per i minorenni, la
cui competenza funzionale ed esclusiva è limitata ai casi previsti
dalla legge n. 476/1998.
L’art. 35 l. adoz. distingue i seguenti casi:
-
nell’ipotesi
l’adozione,
in
secondo
cui
la
l’autorità
straniera
Convenzione
non
è
abbia
pronunciato
necessaria
alcuna
delibazione della sentenza straniera, poiché essa stabilisce che
78
l’adozione, certificata conforme ad essa dall’Autorità competente
dello Stato contraente in cui abbia avuto luogo, è riconosciuta a
pieno diritto negli altri Stati contraenti (art. 23), e che il
riconoscimento dell’adozione in uno Stato contraente può essere
dunque rifiutato solo nel caso in cui l’adozione medesima sia
manifestamente contraria al suo ordine pubblico, in considerazione
del superiore interesse del minore (art. 24). Tuttavia, a maggior
tutela del minore, ai fini del riconoscimento del provvedimento di
adozione
rilasciato
applicazione
degli
dallo
artt.
Stato
64
ss.
estero,
non
si
della
legge
n.
è
fatta
218/1995
(applicabili invece all’adozione per i maggiorenni e all’adozione
nei
casi
particolari),
che
riconoscono
automaticamente
il
provvedimento straniero, ma è stato previsto un controllo da parte
del Tribunale per i minorenni, in ciò discostandosi da quanto
previsto dalla Convenzione de L’Aja.
Orbene, la legge n. 218 del 1995, nell'abrogare (ex art. 73), a far
data dal 31 dicembre 1996, gli art. 796 ss. del codice di rito,
dettati
in
sostituito
tema
ad
di
essi,
delibazione
con
gli
di
art.
sentenze
64
ss.,
straniere,
un
aveva
riconoscimento
"tendenzialmente" automatico di tali pronunce al loro passaggio in
giudicato nell'ordinamento di origine, e limitato l’esigenza di uno
specifico accertamento dei requisiti richiesti alle sole situazioni
di
mancata
ottemperanza
o
di
contestazione
del
riconoscimento,
ovvero a quella in cui sia necessario procedere ad esecuzione
forzata, e delineando quindi, in via meramente eventuale, allo
scopo, un procedimento innanzi alla corte d'appello. Tale modifica
ha tuttavia fatto salve, all'art. 41, le disposizioni delle leggi
speciali
in
tema
di
adozioni
di
minori,
così
predicando
il
perdurante vigore e la prevalenza, rispetto alle previsioni di
carattere generale di cui alla riforma del diritto internazionale
privato, della disciplina speciale dell'adozione internazionale di
minori di cui alla legge n. 184 del 1983, che prevede, tra l'altro,
la competenza in materia del tribunale per i minorenni74. Peraltro,
74
Si segnala, in giurisprudenza di merito, un precedente del Trib. Min.
Bari 16 aprile 2008, che, in un caso di minore figlio di genitori italiani
che sia stato adottato da una coppia di stranieri, ha stabilito, quanto
alla richiesta di trascrizione della sentenza di adozione proposta
dall’interessato, che la procedura prevista dagli artt. 31 ss. L.n. 184/83
relativa al riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di
adozione, rispetto alla quale è competente il Tribunale per i Minorenni,
79
detta
competenza
non
è
derogata
in
caso
di
adozione
non
legittimante, per effetto della esclusione, in tale ipotesi, ai
sensi dell'art. 35, comma 6, della legge citata, della possibilità
di trascrizione della sentenza straniera, poiché l'art. 32, comma
3,
della
legge
stessa
prevede
che,
in
via
di
eccezione,
il
tribunale per i minorenni possa convertire l'adozione straniera non
legittimante in una adozione che produca la cessazione dei rapporti
con la famiglia di origine, purché venga riconosciuta conforme alla
convenzione de L'Aja ( cfr. Cass. Civ., sez. I, 11 marzo 2006, n.
5376)75.
- Nel caso
affidamento
in cui un provvedimento straniero preveda solo un
a
scopo
adottivo,
e
quindi
l’adozione
debba
perfezionarsi in Italia, il Tribunale per i Minorenni riconosce il
provvedimento come affidamento preadottivo, stabilendo un termine
di
durata
di
detto
affidamento
in
un
anno,
che
decorre
non opera nel caso di specie. Essa trova invece applicazione nella diversa
ipotesi di adozione già perfezionata nello stato straniero, ovvero da
perfezionarsi con l’arrivo del minore straniero in Italia, relativa a
minore straniero che venga adottato da coniugi italiani e residenti in
Italia. Si è pertanto ritenuto che la fattispecie non fosse di competenza
dell’Autorità Giudiziaria italiana, dovendosi applicare il combinato
disposto di cui agli artt. 41 – 64 e 65 l.n. 218/1985, in materia di
riconoscimento automatico dei provvedimenti stranieri, qualora risultino
ottemperate le condizioni di cui all’art. 64, atteso che l’art. 41 primo
comma stabilisce che “i provvedimenti stranieri in materia di adozione
sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66” (nello
stesso senso, cfr. Trib. Min. Palermo, 6 febbraio 1985).
Una problematica avvertita è quella dei provvedimenti degli stati islamici di
affidamento di minori a cittadini italiani. Per i giudici di merito, il minore
marocchino affidato nel suo Paese di origine a due coniugi italiani mediante
provvedimento di kafalah e autorizzato all'ingresso in Italia dalla Commissione
per le adozioni internazionali, non potendo essere adottato con adozione
legittimante a causa della non equiparabilità della kafalah ad un provvedimento
di affidamento preadottivo, si trova in una situazione di constatata
impossibilità di affidamento preadottivo, e può quindi, nel suo interesse,
essere adottato dagli affidatari mediante adozione in casi particolari, Trib.
min. Trento 10 settembre 2002, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 149, con nota
di Long, Adozione extraconvenzionale di minori provenienti da Paesi islamici,
nonché sempre nello stesso senso, Trib. min. Trento 11 marzo 2002 (in Dir. fam.,
2004, 135, con nota, di Galoppini, L'adozione del piccolo marocchino, ovvero gli
scherzi dell'eurocentrismo; in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1056) e
Trib. min. Trento 5 marzo 2002, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 149.
Da ultimo, in tema di adozione di minore marocchino, la Cassazione ha stabilito
che l'istituto di diritto islamico della "kafalah", sebbene attribuisca ai
coniugi
affidatari
un
potere
dal
contenuto
educativo
sostanzialmente
assimilabile all'affidamento preadottivo, non attribuisce né la tutela né la
rappresentanza
legale
del
minore,
con
conseguente
inammissibilità
dell'opposizione degli affidatari alla dichiarazione di adottabilità del minore
stesso (cfr. Cass. 4 novembre 2005 n. 21395).
75
80
dall’inserimento
del
minore
certificato
dall’Ente
ritiene
sia
che
nella
nuova
autorizzato.
nell’interesse
famiglia,
Decorso
del
minore
tale
la
così
come
periodo,
permanenza
se
nella
nuova famiglia, pronuncia l’adozione e ne dispone la trascrizione
nei
registri
dello
stato
civile.
Si
discute
se
l’adozione
pronunciata all’estero senza che sia stata preceduta da un periodo
di
affidamento
efficace
in
preadottivo,
Italia.
costituzionale,
riferimento
che
Sul
ha
all'art.
possa
punto
dichiarato
3
essere
cost.,
è
comunque
intervenuta
manifestamente
la
dichiarata
questione
la
Corte
infondata,
di
in
legittimità
costituzionale degli art. 34, comma 2, e 35, commi 3 e 6, l. 4
maggio 1983 n. 184, come modificati dalla l. 31 dicembre 1998 n.
476,
nella
parte
in
cui
non
prevedendo,
per
l'adozione
internazionale, l' affido preadottivo del minore per la durata di
un anno quale principio fondamentale del diritto di famiglia e dei
minori, creerebbero una irragionevole disparità di trattamento tra
il minore adottato all'estero e il minore adottato in Italia. La
Corte ha argomentato che, premesso che la legge n. 476 del 1998,
nel
ratificare
la
convenzione
per
la
tutela
dei
minori
e
la
cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja
il 29 maggio
1993, ha previsto,
in linea con
le
disposizioni
convenzionali, che l' efficacia diretta nell' ordinamento interno
dell' adozione pronunciata all'estero sia subordinata ad una serie
di adempimenti e controlli tali, da comportare una verifica, da
parte del giudice italiano, effettiva e non limitata ad aspetti
solamente
formali,
in
ordine
ai
presupposti
richiesti
per
il
riconoscimento e alla regolarità della procedura. Pertanto deve
escludersi che sussista la denunciata disparità di trattamento,
posto che il legislatore ha ampia discrezionalità nel prevedere
diverse forme per i diversi tipi di adozione e il minore adottato
all'
estero
risulta
comunque
tutelato
dalle
disposizioni
censurate, pur in assenza di un periodo di affidamento preadottivo
in
Italia
-
la
cui
previsione
verrebbe
peraltro
a
porsi
in
insanabile contrasto con la convenzione e con lo stesso sistema
del
diritto
internazionale
privato
-
mentre
nessuna
norma
costituzionale impone di riconoscere quale principio fondamentale
del diritto di famiglia e dei minori in Italia l'obbligatoria
previsione di un periodo di affidamento preadottivo per il minore
81
adottato all'estero (cfr. Corte cost., 31 luglio 2002, n. 415).
Per contro, la pronuncia straniera può limitarsi a statuire un
affidamento che, pur provvisorio, può essere dichiarato efficace
nel territorio italiano.
elenco
tassativo
ordinare
la
di
In ogni caso, l’art. 35 u. c. prevede un
casi
in
cui
trascrizione
il
del
giudice
italiano
provvedimento
non
può
dell’autorità
straniera.
-
Quanto all’adozione o provvedimento di affidamento preadottivo
pronunciato in un paese non aderente alla Convenzione de L’Aja,
l’art.
36
Italia
detta
precise
siffatti
condizioni
provvedimenti,
l’accertamento
dello
stato
sussistenza
parte
dei
da
per
di
dichiarare
esigendosi
abbandono
genitori
di
un
efficaci
in
innanzitutto
del
minore
preciso
e
la
consenso
ad
un’adozione avente effetto legittimante e quindi comportante la
cessazione dei rapporti tra il minore ed i suoi familiari. La
ratio
di
tale
disposizione
è
quella
di
evitare,
anche
per
i
bambini provenienti da Stati non aderenti alla Convenzione, il
regime del ‘fai da te’.
Il minore viene in ogni caso inserito nel nuovo nucleo familiare
per
un
anno,
decorso
il
quale
con
esito
positivo,
viene
pronunciata l’adozione e ne viene ordinata la trascrizione. Se
l’affidamento
pronuncia
ed
Convenzione76.
ha
dato
esito
applica
Si
essendo il minore
i
ritiene
negativo,
provvedimenti
altresì
il
tribunale
di
cui
applicabile
revoca
all’art.
l’art.
37
la
21
bis,
in stato di abbandono, con apertura di una
procedura di adottabilità. L’art. 35 4° comma prevede peraltro
che,
in
caso
di
esito
negativo
del
periodo
di
affidamento
L’art. 21 recita: “1. Allorché l'adozione deve aver luogo successivamente al
trasferimento del minore nello Stato di accoglienza, l'Autorità Centrale di tale
Stato, se ritiene che la permanenza del minore nella famiglia che lo ha accolto
non è più conforme al superiore interesse di lui, prende le misure necessarie
alla protezione del minore, particolarmente al fine di:
a - riprendere il minore dalle persone che desideravano adottarlo ed averne
provvisoriamente cura;
b - di concerto con l'Autorità Centrale dello Stato d'origine, assicurare senza
ritardo un nuovo affidamento per l'adozione del minore o, in difetto, una presa
a carico alternativa durevole;
l'adozione non può aver luogo se l'Autorità Centrale dello Stato d'origine non è
stata debitamente informata circa i nuovi genitori adottivi;
c - come ultima ipotesi, provvedere al ritorno del minore, se il suo interesse
lo richiede…”.
76
82
preadottivo, subentri la revoca del provvedimento.
E’ da segnalare che l’art. 34 3 co. prevede che il minore straniero
acquisti la cittadinanza italiana a seguito della trascrizione del
provvedimento di adozione, divenuto definitivo, ai sensi dell’art.
26 comma 4, nei registri dello Stato civile.
Com’è noto, si tratta di un acquisto automatico per il quale, in
linea normale, si applica il comma 8° dell’art. 16 del Regolamento
di
esecuzione
della
Legge
n.
91/1992.
Sennonché
il
Ministero
dell’Interno con sua Circolare k.28.4 in data 13 novembre 2000, ha
chiarito
che
la
trascrizione
del
provvedimento
straniero
nei
registri dello stato civile non ha una valenza costitutiva, con la
conseguenza
che
l’adozione
pronunciata
all’estero
è
tale
da
produrre i suoi effetti retroattivamente e quindi non già dalla
data di trascrizione, ma dalla data dell’emanazione all’estero,
sia
per
quanto
attinente
alla
decorrenza
del
rapporto
di
filiazione, sia per quanto attinente alla decorrenza dell’acquisto
della cittadinanza italiana da parte dell’adottato.
In taluni casi può accadere che vi sia un fallimento del rapporto
adottivo prima che intervenga la trascrizione della sentenza.
In questo caso la fattispecie a formazione progressiva non si
perfeziona,
ponendosi
il
concreto
problema
di
adottare
idonee
misure a tutela del minore. Soccorre, in ipotesi, l'articolo 21
della Convenzione, il quale prevede le possibili iniziative da
assumersi a protezione del minore, particolarmente al fine di:
a - riprendere il minore dalle persone che desideravano adottarlo
ed averne provvisoriamente cura;
b - di concerto con l'Autorità Centrale dello Stato d'origine,
assicurare senza ritardo un nuovo affidamento per l'adozione del
minore o, in difetto, una presa a carico alternativa durevole (in
questo caso l'adozione non può aver luogo se l'Autorità Centrale
dello Stato d'origine non e stata debitamente informata circa i
nuovi genitori adottivi);
c - come ultima ipotesi, provvedere al ritorno del minore, se il
suo interesse lo richiede.
In tal caso il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve sempre
esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha
raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età
inferiore
deve
essere
sentito
ove
ciò
non
alteri
il
suo
e-
83
quilibrio
psico-emotivo,
tenuto
conto
della
valutazione
dello
psicologo nominato dal tribunale.
L’ipotesi negativa della quale ci si occupa può essere determinata
dal sostanziale e successivo rifiuto da parte degli adottanti (la
c.d. “restituzione”), ovvero nel mancato inserimento del minore
medesimo nel nuovo contesto socio - familiare. In questi casi, la
legge, per l’appunto, attribuisce al tribunale per i minorenni il
potere di non trascrivere il provvedimento straniero di adozione.
A
tale
proposito,
infine,
la
giurisprudenza
ha
affermato
che
l'art. 37 della legge n. 183 del 1984 - ai sensi del quale nei
confronti
del
minore
straniero
in
stato
di
abbandono
nel
territorio dello Stato è operante la legge italiana in materia di
adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di
urgenza
-
comporta
non
soltanto,
sul
piano
processuale,
la
giurisdizione del giudice italiano, a prescindere dagli elementi
di collega-mento previsti dalla legislazione interna, ma anche,
sul
piano
normativa
sostanziale,
in-terna,
in
internazionale
privato.
minorenni
ini-zio
dia
l'assoggettamento
deroga
alle
Pertanto,
alla
del
comuni
qualora
procedura
per
rapporto
regole
di
alla
diritto
il
tribunale
per
la
dichiarazione
i
di
adottabilità di un minore straniero, in relazione allo stato di
abbandono in cui lo stesso si trovi al momento dell'intervento, la
circostanza che, successivamente a tale momento, le autorità del
Paese d'origine richiedano il rimpatrio del minore, così come non
è idonea ad escludere la giurisdizione italiana, non fa venir meno
l'appli-cazione
stretti
al
collegamenti
rapporto
tra
della
legge
giurisdizione
e
italiana,
legge
attesi
applicabile
materia (cfr. Cass. civ., Sez. I, n. 9576 del 4/11/1996).
VALERIA MONTARULI
GIUSEPPE BATTISTA
gli
in