PHILIP BALL (2011) L’istinto musicale, Come e perché abbiamo la musica dentro, Edizioni Dedalo,Bari, traduzione di David Santoro, Editing scientifico Elena Ioli. ed. or. (2010) The music instinct How music works and why we can’t do without it, Random House, UK. Philip Ball, chimico e fisico inglese, è noto a livello internazionale come autore di saggi di divulgazione scientifica. E’ stato a lungo redattore della prestigiosa rivista “Nature”, della quale è tuttora consulente editoriale. Lo stile di elevata divulgazione si riscontra anche in quest’opera dell’autore , impegnata ad esplorare i meccanismi che ci consentono di dare un senso a ciò che definiamo “musica”. La nota introduttiva di Franco Fabbri, avverte il lettore che rispetto ad altri libri pubblicati di recente sull’argomento, la ricerca di Ball ha un vantaggio definito “sicuro” : offre una panoramica ragionata e approfondita degli studi di carattere scientifico, compresi quelli più recenti, sottoponendoli a una critica epistemologica discreta e mai polemica, includendo diramazioni interdisciplinari ricche di esempi musicali, che spaziano dall’etnomusicologia, all’antropologia musicale, agli studi sulla popular music. Le spiegazioni che l’autore fornisce, attraverso un viaggio scandito da tredici capitoli che prendono il nome dal mondo sonoro-musicale (Preludio,Ouverture,Staccato,Andante, Legato, Tutti, Con moto, Pizzicato, Misterioso, Appassionato, Capriccioso,Parlando, Serioso), si rifanno a solide basi teoriche che appartengono a campi svariati del sapere scientifico (dall’acustica alla psicologia della percezione, sino ad arrivare alle attuali neuroscienze). Il cervello umano, secondo la tesi sostenuta da Ball, è dotato per natura dell’apparato mentale necessario alla musicalità ed utilizza tali strumenti a prescindere dalla volontà cosciente. La musica non è qualcosa che noi, in quanto specie, pratichiamo per scelta : essa è radicata nelle nostre funzioni uditive, cognitive, motorie e sociali, ed è implicita nel modo in cui costruiamo il nostro paesaggio sonoro. “La musica è un viaggio”- precisa Ball a p.52 - attraverso lo spazio musicale che si dispiega nel tempo e il cui effetto dipende da quanto siamo consapevoli dal punto in cui ci troviamo e di quello da cui proveniamo. Solo l’orizzonte che abbiamo davanti è vago, ma il nostro senso del viaggio dipende implicitamente dalla nostra capacità di prevedere cosa potrebbe riservarci”. Il talento del compositore, secondo lo studioso, risiede nell’”arte di escogitare sequenze di note attraenti o “efficaci” dal punto di vista emotivo”, evocando quelle “sagome sonore” a cui si riferisce Denis Gaita (1991) nell’ opera Il pensiero del cuore. Gli stati emotivi sarebbero eccitati da una sorta di “mappa della tensione”, un giusto mezzo tra l’atteso e l’inatteso, tra la prevedibilità e l’originalità, tra lo stimolo “familiare” che restituisce sicurezza, e lo stimolo “novità” che proietta l’essere umano verso il desiderio di trasformarsi e di cambiare. L’”aspettativa” e la sua “smentita” in termini sonori o il “differimento”, sono divenuti secondo Ball, il pilastro centrale dei moderni studi cognitivi sul rapporto musica ed emozioni. Un filo rosso lega indissolubilmente il libro di Ball all’opera di John Blacking (1973), riproponendo sempre la stessa eterna domanda “Com’è musicale l’uomo?” e cercando di rispondere, attraverso ricchi esempi musicali che spaziano dalle filastrocche per bambini a Bach, dal gamelan indonesiano ai Beatles, ad un quesito ancora più arduo e forse destinato a rimanere un vero mistero e cioè “Perché è musicale l’uomo? ” . Quando si libera in noi quell’ “energia nervosa”, secondo la quale musicalmente uno stimolo provoca un desiderio di azione o risoluzione, siamo sotto l’effetto piacevole e “ realizzativo” di una musica che innalza sicuramente il nostro carico emotivo, ma ci restituisce una “soddisfazione estetica” ineguagliabile. E su questo forse che si basa l’efficacia, sempre più documentata, della pratica musicoterapica? Antonella Guzzoni