UNITÀ DI RICERCA DI PERUGIA METODI E TECNICHE PER IL CONSOLIDAMENTO NORMATIVO COORDINATORE PROF. MARGHERITA RAVERAIRA INDICE 1. IL LINGUAGGIO DELLA PROGETTUALITÀ NORMATIVA, L’INFLAZIONE E L’INQUINAMENTO: ASPETTI DI UN’UNICA PATOLOGIA DELL’INTERO SISTEMA DEI FENOMENI PRODUTTIVI DEL DIRITTO E DELLE REGOLE? SPUNTI DI RIFLESSIONE (M. Raveraira) Nota bibliografica 2. UN’ANALISI DEL LINGUAGGIO DELLA LEGGE PER CONOSCERE IL SISTEMA NORMATIVO (A. Pioggia) 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 Elementi per un’analisi linguistica del diritto Il diritto come linguaggio Linguaggio e dinamiche del sistema normativo Analisi del linguaggio e tecnica legislativa L’informatica e l’analisi del linguaggio I SPERIMENTAZIONE DEL METODO E SUA APPLICAZIONE ALLA DECRETAZIONE D’URGENZA DALLA X ALLA XIII LEGISLATURA 1. LA VERIFICA DELLA QUALITÀ DELLA PRODUZIONE LEGISLATIVA PER DECRETI LEGGE ATTRAVERSO L’ANALISI DI VALORI QUANTITATIVI (L. Pietrolata). 1.1 L’abuso dello strumento del decreto legge come fenomeno patologico 1.2 Le legislature dalla X alla XIII come periodo significativo ai fini di un’analisi sull’uso della decretazione d’urgenza 1.3 Gli indicatori 1.4 La procedura 1 2. L’ANDAMENTO DEI DECRETI LEGGE NEL QUADRO DELLA PRODUZIONE LEGISLATIVA NEL PERIODO DALLA X ALLA XIII LEGISLATURA (AA.VV.) 2.1 I governi dalla X alla XII legislatura 2.1.1 La durata dei governi nel periodo dal 28/07/1987 al 17/05/1996 (3209 giorni di legislature) Tab. 1/a Tab. 1/b 2.1.2 Decreti legge e produzione legislativa nel periodo considerato Tab. 2 Tab. 3 Tab. 4 Tab. 5 Tab. 6/a Tab. 6/b Figura n. 1 Figura n. 2 2.2 La XIII legislatura: il governo Prodi 2.2.1 La durata (dal 18/05/1996 al 21/10/1998) Tab. 1 2.2.2 Decreti legge e produzione legislativa nel governo Prodi Tab. 2 Tab. 3 Tab. 4 Figura n. 3 Figura n. 4 2.3 Il fenomeno della reiterazione 2.3.1. La razionalizzazione delle reiterazioni in “famiglie” Tab. 1/a Tab. 1/b Tab. 2/a Tab. 2/b 2.4 Il passaggio dei decreti fra i governi Tab. 1 Nota bibliografica e giurisprudenziale 2 II LA PRODUZIONE DEI DECRETI LEGGE NEI SUOI ASPETTI QUALITATIVI 1. LA SANATORIA DISPOSTA CON DECRETO LEGGE (A. Pioggia) 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 La stringa di ricerca Alcune considerazioni in margine alla stringa di ricerca La scheda di rilevazione dei dati I risultati La rappresentazione dei dati I diagrammi Nota bibliografica e giurisprudenziale 2. L’ INTERPRETAZIONE Formelli) 2.1 2.2 Le stringhe di ricerca Considerazioni a margine delle stringhe di ricerca: la necessità di un’istruttoria La scheda di rilevazione dei dati La rappresentazione dei dati: le tabelle Nota bibliografica e giurisprudenziale 2.3 2.4 AUTENTICA DISPOSTA CON DECRETO LEGGE 3. LA DELEGIFICAZIONE DISPOSTA CON DECRETO LEGGE (L. Pietrolata) 3.1 3.2 3.3 3.4 Le stringhe di ricerca La scheda di rilevazione dei dati I risultati La rappresentazione dei dati: le tabelle Nota bibliografica e giurisprudenziale 4. L’ABROGAZIONE INNOMINATA E PARZIALMENTE INNOMINATA DECRETO LEGGE (C. Buratti) 4.1 4.2 4.3 4.4 Le stringhe di ricerca La scheda di rilevazione dei dati I risultati La rappresentazione dei dati: le tabelle Nota bibliografica 3 (A. DISPOSTA CON 5. 5.1 5.2 6. RINVII INNOMINATI E PARZIALMENTE INNOMINATI NEI DECRETI LEGGE E NELLE LEGGI DI CONVERSIONE (P. Polimanti – S. Villamena - E. Catrana) Le stringhe di ricerca La rappresentazione dei dati: la tabella Nota bibliografica e giurisprudenziale LA RUBRICAZIONE DEGLI ARTICOLI (A. Pioggia) Figura 1 APPENDICE Allegato 1 Allegato 2 Allegato 3 4 1. IL LINGUAGGIO DELLA PROGETTUALITA’ NORMATIVA, L’INFLAZIONE E L’INQUINAMENTO: ASPETTI DI UN’UNICA PATOLOGIA DELL’INTERO SISTEMA DEI FENOMENI PRODUTTIVI DEL DIRITTO E DELLE REGOLE? SPUNTI DI RIFLESSIONE MARGHERITA RAVERAIRA E’ acquisita constatazione quella per la quale nei sistemi contemporanei non sussisterebbero più le condizioni politiche, sociali ed anche istituzionali che hanno fondato le grandi codificazioni del passato. L’attuale, secondo la nota tesi di N. Irti, sarebbe da definirsi al contrario come l’età della decodificazione, contraddistinta da legislazioni speciali di settore, non riconducibili, per loro natura, alla compattezza propria dei codici classici: basti pensare, al riguardo, alla frammentazione del codice civile, dal quale si sono enucleati sistemi indipendenti, quali il diritto di famiglia, il diritto del lavoro, il diritto delle locazioni ecc., ciascheduno dotato di propri principi e di propri criteri di interpretazione. La tendenza alla disaggregazione, come opposta alla aggregazione, è inoltre accentuata dalla affermazione di legislatori autonomi, territoriali e non, la cui sussistenza fa venir meno quel carattere di unicità della legislazione, che è premessa per la codificazione in senso classico. Tuttavia, il tasso fortemente inflattivo dell’ordinamento, la stratificazione di norme prodotte nel tempo da fonti sempre più differenziate quanto a tipo ripropongono con forza e con rinnovellata fortuna figure di coordinamento legislativo e normativo secondo un ventaglio piuttosto ampio, che vengono variamente ascritte al “riordino della legislazione” intesa come “codificazione formale”, in termini di testi coordinati, consolidamento, testi unici, codici di materia. Senonché, la cattiva qualità della normativa, il suo inquinamento, causa e non effetto della stessa inflazione, sta comportando il superamento della possibilità di distinguere nella pratica un coordinamento meramente formale da un coordinamento invece sostanziale; di modo che le stesse figure si confondono, i confini tra di loro diventano evanescenti ed il “riordino” assume valenza sempre più innovativa, come esercizio di veri e propri poteri normativi. Nella maggior parte dei casi si tratta di coordinare pluralità di testi, nei quali è, quanto meno e se non altro, carente la chiarificazione del tipo di relazione tra le disposizioni vecchie e nuove. La funzione e l’utilità del coordinamento verrebbe pertanto meno se non concretasse un’attività interpretativa, volta a risolvere le antinomie, a ridurre le previsioni, a colmare le lacune. Valga, ad esempio significativo anche se non tra i più rilevanti tra quelli che si potrebbero citare, l’esigenza di “semplificazione” dei procedimenti amministrativi, che, finalizzata all’eliminazione di procedure complesse, alla riduzione di autorizzazioni, controlli ecc., presuppone, per il tramite dell’abrogazione di norme, scelte di politica legislativa in ordine all’azione dell’Amministrazione, più confacente alle aspettative dei cittadini, ma pur sempre non in violazione di diritti. 5 La questione del riordino legislativo è suscettibile peraltro di essere considerata su piani ben più articolati di quelli tradizionali della scienza giuridica, travalicando i limiti dei canoni ermeneutici e di un metodo esclusivamente rivolto a verificare l’attitudine della disposizione ad essere applicata alla fattispecie concreta. Nella realtà contemporanea, di fronte alle nuove esigenze e condizioni della internazionalizzazione dei mercati e delle decisioni di policy e con il conseguente spostamento del potere verso la gestione, il “riordino” della legislazione mette in gioco con maggiore evidenza la necessità di estendersi all’analisi della genesi e degli effetti della legge e della efficacia di essa alla luce di criteri estrinseci all’ordinamento normativo ed alle proposizioni dispositive che lo compongono ed in riferimento ad obiettivi da prodursi nel sistema socio-politico, partendo dalla considerazione dei problemi ai quali si deve dare risposta. Nei suddetti termini, un riordino anche sostanziale, ma limitato (pur nelle differenti impostazioni ed indirizzi del metodo giuridico tradizionale, razionalista ovvero storicistico, con o senza l’intervento di componenti giusnaturalistiche e politiche) all’analisi dei profili ontologici ovvero teleologici, rapportati ai dati intrinseci del sistema delle regole che sovraintendono alla fenomenologia giuridica in senso stretto, nella assorbente verifica dei legami di validazione e validità, sarebbe, in modo ormai non più adeguato, autoreferenziale. Ciò con la conseguenza che, perdurando la visione della legge come cardine dell’intero sistema, sino al punto da qualificare l’essenza dell’ordinamento, la scienza giuridica si contrapporrebbe alle altre scienze, per le quali la legge sarebbe, invece, solo uno dei mezzi per il raggiungimento di obiettivi. Cosicché, mentre per la scienza giuridica, il riordino si risolverebbe nella “mera” ricerca della chiarezza, non ambiguità, completezza ecc. dell’enunciato e nella “mera” ricerca della coerenza interna fra i diversi enunciati, alla luce di dati immediatamente ed esclusivamente rintracciabili nel sistema delle norme, il riordino più “sostanziale” sarebbe operabile soltanto da cultori ed esperti di altre discipline, ai quali soli competerebbe di dare corpo ai profili di progettazione di riordino diversi da quelli della comunicazione e della trasmissione del messaggio e delle parole della legge. E’ pur vero che per molti anni e per taluni versi ( ad eccezione però del diritto penale e del diritto costituzionale) si è assistito da parte della scienza giuridica a quello che già Carlo Lavagna definiva un deplorevole arrocco nei confronti di altre discipline e che ha portato non di rado ad eccessi di teorizzazione formalistica, avulsa dalla realtà. E’ peraltro ugualmente vero che tale contrapposizione tra valutazione di tipo tecnicogiuridico e valutazione strumentale-finalistica viene ad essere negata dalla ovvia constatazione che i nessi tra le esigenze pratiche, collegate all’applicazione delle leggi, e le esigenze di ricostruzione teorica-formale sono così intimi che è difficile tracciarne i confini, finendo la considerazione di entrambe per essere connaturata, da sempre e tanto più in società complesse e policentriche come le attuali, alla stessa attività di produzione normativa. Riprova ne sia il fatto che, a prescindere dagli appunti critici che si sono potuti muovere ai formalismi della scienza giuridica, ormai da tempo la stessa giurisprudenza si è avviata verso l’affermazione del “dogma” della certezza del diritto come categoria non cristallizzata nella conservazione di modelli astratti, ma come categoria che non può non essere variabile, dipendendo essa dalla maggiore o minore tendenza ad assumere dati costanti ed a seguire procedimenti logici omogenei. Il che dipende, in 6 ultima istanza, dalla maggiore o minore stabilità del sistema socio-politico e dalle concrete spinte evolutive in esso operanti. Ma a prescindere da tali questioni, che porterebbero troppo lontano, rimane il fatto che si può tendere al risultato di ridurre inquinamento ed inflazione normativa sol in quanto si riveda il modo di produrre diritto. Si può anche pensare di poter risolvere il problema, limitando la presenza ed il ruolo della legge per il tramite di operazioni anche ampie di deregulation ovvero articolando in modo differenziato efficacia e tempi della legge per il tramite della individuazione di sue nuove tipologie, ritenendo con ciò di poter meglio sopperire ai mutamenti ed alle trasformazioni del sistema ed ai necessari aggiustamenti di tiro (dalle leggi a termine in tema di programmazione e pianificazione – la c.d. sumset legislation dell’esperienza nordamericana – alle leggi c.d. provvisorie o sperimentali, alle leggi ed ai decreti correttivi). Ma tutto ciò sembra dar luogo ad una politica per la legislazione non poi così incisiva. In assenza di nuovi metodi di progettazione, tali orientamenti, nonché gli stessi strumenti sui quali tanto si vuole fondare la semplificazione normativa, quali il decentramento e la delegificazione, corrono il rischio di produrre effetti perversi, inquinando ed inflazionando vieppiù l’intero sistema. Ha un’indubbia carica paradossale pensare che meri spostamenti o trasferimenti di potere effettuati con leggi mal pensate e mal redatte possano di per se sortire effettivi risultati di politica. D’altro canto, l’idea che occorra intervenire in modo più integrato nella fase della progettazione normativa sembra ormai accettata dallo stesso legislatore. L’istituzione presso la Camera dei Deputati del Comitato per la legislazione con il compito di verificare la chiarezza, l’omogeneità, la coerenza, la non ambiguità, la proprietà della formulazione dei testi; i compiti anche più ampi assegnati nella stessa direzione alle commissioni referenti alle ultime modifiche dei regolamenti parlamentari; la previsione nella legge n. 50/1999 dell’Analisi di impatto regolamentare (AIR) e del corrispondente Nucleo di valutazione; i compiti assegnati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di garantire la valutazione di impatto della regolazione, nonché la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità dell’innovazione normativa, l’adempiuta valutazione degli effetti finanziari, stanno a dimostrare che la via della valutazione legislativa sostanziale, già dalla fase progettuale è stata intrapresa. Non vi è dubbio che a tali aperture del legislatore di debba dare risposta adeguata in tempi brevi, fornendo quei contenuti, in termini di metodi, procedure, modelli di analisi, criteri, regole, senza i quali tutto finirebbe per rimanere nel limbo delle buone intenzioni, ulteriore esempio di previsioni legislative non attuate perché non “fattibili”. Ma come potrebbero le teorizzazioni e le analisi degli approcci dei diversi saperi essere razionalizzati ai fini della coerenza, della congruità della legislazione rispetto agli obiettivi di policy ? Come e secondo quali metodi e procedure si potrebbe pervenire ad un sistema integrato di progettazione legislativa, operando per valutazioni di impatto per contesti, certamente quelli normativi, ma anche quelli sociali, economici, finanziari, istituzionali, politici, di organizzazione, di copertura amministrativa ecc., in modo che tali valutazioni si coordinino e si sistemino riconducendosi ad unità ai fini del miglioramento della qualità della legislazione? 7 Il problema non è di poco conto, comportando la soluzione di una serie di non facili problemi di natura metodologica disciplinare ed anche di natura tecnica. Tuttavia, un aspetto rimane assodato. Secondo il consolidato paradigma della costruzione del diritto, le norme non si sostanziano nelle proposizioni linguistiche che le generano; le norme sono il prodotto, il risultato che l’interprete costruisce, dando allo strumento linguistico contenuti variati e variabili in relazione ai diversi contesti: cosicché l’interpretazione, lungi dal poter essere, come taluni hanno sostenuto, anche descrittiva o enunciativa, è sempre e solo stipulativa, indipendentemente dal significato più o meno oscuro dei termini linguistici. Il paradigma è peraltro rovesciabile: non esiste diritto (costruzione del) al di fuori di una proposizione linguistica. Ma se così è, il linguaggio delle leggi, se non è il prodotto ( la norma), è però il progetto che consente la produzione ( del prodotto). Per quanto non sia possibile formalizzare il linguaggio del legislatore, dovrebbe essere però possibile formulare il progetto linguistico, per ciò che dice, per ciò che non dice, per come lo dice, in modo da ricondurre entro tassi “fisiologici” la stipulazione dell’interpretazione; in modo cioè da mantenere quel rapporto genetico, tra prius e posterior, che finisce invece per diluirsi, sino non di rado a perdersi, nella patologia dei testi normativi. D’altra parte, il linguaggio del legislatore, per quanto ancora fortemente improntato ad un uso linguistico comune, sembra orientarsi verso formule più standardizzate che nel passato: il che, se non consente di pervenire a definizioni legislative che, a loro volta, non siano da interpretare, consente però di individuare la ricorrenza di talune connessioni tra termini linguistici, in modo tale da poter assumere le locuzioni che ne derivano come espressioni “definite” e tali dunque da consentirne la “misurazione” ovvero la consistenza del loro ricorrere. E’ in questo senso che la ricerca che si è svolta ha cercato di verificare l’attendibilità di tale misurazione nel rilievo di formule “tipiche” che consolidatamente, secondo i criteri e la ricostruzione del diritto positivo, determinano eccessiva incertezza nell’interpretazione e scarsa conoscibilità dell’ordinamento vigente. Nota bibliografica Sulla codificazione si veda, oltre a N. IRTI, L’età della decodificazione, Milano, 1979 (ult. ediz. 1989) da ultimo L. PALADIN, Costituzione, codice e preleggi, in Riv. dir. civ., 1993; P. RESCIGNO, Rilettura del codice civile (per i cinquant’anni della codificazione), in Riv. dir. com., 1993. Sul consolidamento e sui testi unici ed i testi coordinati, sempre da ultimo, A. SOMMA, Il coordinamento delle fonti legislative: coerenza degli ordinamenti e politica del diritto, in Analisi di leggi campione. Problemi di tecnica legislativa, a cura di G. VISENTINI, Bologna, 1995; CECCHETTI, La codificazione delle leggi: art. 92, in La Commissione parlamentare per le riforme costituzionali nella XIII legislatura. Cronaca dei lavori e analisi dei risultati, a cura di V. ATRIPALDI E R. BIFULCO, Torino, 1998; D’ELIA, I testi unici “governativo-legislativo” e il paradosso dei principi e criteri direttivi ricavabili per “implicito”, in Giur. cost., 1998. 8 Sulle diverse teorie sull’interpretazione normativa si veda riassuntivamente da ultimo, F. MODUGNO, Appunti dalle lezioni di teoria dell’interpretazione, Bologna, 1998. 2. UN’ANALISI DEL LINGUAGGIO DELLA LEGGE PER CONOSCERE IL SISTEMA NORMATIVO ALESSANDRA PIOGGIA 2.1 Elementi per un’analisi linguistica del diritto Gli sforzi compiuti dalla teoria generale del diritto per spiegare la natura del fenomeno normativo, pur nella diversità delle impostazioni seguite, convergono verso un risultato unitario consistente nell’identificare l’ordinamento con un insieme di regole, un sistema, cioè, in cui l’unità minima è la prescrizione che più o meno direttamente identifica un determinato comportamento come corretto. Tutto ciò si riflette anche nello sforzo di qualificare il diritto scritto come un complesso di formulazioni verbali che sono sempre ricostruibili in base alla struttura logico-linguistica della regola e del linguaggio prescrittivo. Al fondo di una lettura di questo tipo c’è l’idea, non ancora abbandonata, che il funzionamento del sistema risponda ad uno schema logico unitario, al quale la complessità risulti sempre idealmente riducibile: il discorso legislativo, pur frammentato e apparentemente scollegato nelle sue diverse partizioni, tenderebbe comunque verso un ordine, nel quale ciascuna parte è alle altre collegata in un tutto unitario. E’ trasparente, in questo senso, anche il valore evocativo di un termine come “ordinamento” che, mentre rimanda al significato di sistema di disciplina dei comportamenti, trasmette l’idea che questo stesso sistema debba esprimere in sé un ordine, rigoroso almeno quanto le regole che esso impone. La realtà, tuttavia, fornisce un’immagine diversa: la ricostruzione del diritto scritto come un insieme di formulazioni linguistiche riconducibili alla struttura della regola non è sempre sufficiente a dare conto per intero di tutto quanto compone il “discorso della legge”: non tutte le tessere del puzzle, infatti, fanno parte del disegno; alcuni “frammenti” del discorso provengono da schemi precedenti o non appartengono ad alcuno di essi e lo sforzo di giustificarne la presenza può portare fuori strada. Le difficoltà che si incontrano nel ricondurre alla forma della regola espressa in linguaggio prescrittivo quanto è scritto nella legge derivano da una serie di cause diverse, all’origine delle quali spesso c’è proprio la cattiva formulazione delle proposizioni linguistiche che dovrebbero esprimere tutti o anche solo alcuni dei caratteri della norma: non è infrequente constatare come dalla lettura di un atto normativo a volte non sia possibile ricavare alcuna prescrizione, non siano determinabili l'oggetto o il comportamento che si vogliono regolare, né il modo in cui si intende farlo. Si pensi, a questo proposito, a quelle disposizioni, che sono state definite "vuote"1, perché non 1 G.TARELLO, Atteggiamenti dottrinali e mutamenti strutturali dell'organizzazione giuridica, in 9 contengono alcun elemento che possa ricondursi a quelli che costituiscono la norma giuridica, o a certe formulazioni talmente "oscure"2 da essere prive di significato, o ancora ai numerosi errori, come i rinvii ad un articolo o ad un comma inesistente, di fronte ai quali soccombe qualsiasi tentativo di ricostruzione della norma. Accanto ai fenomeni di cattiva o erronea formulazione del testo della legge, a rendere l’operazione di individuazione-ricostruzione delle regole ancor più complessa e a volte impossibile, ci sono le difficoltà che si incontrano nell’identificare i collegamenti fra le diverse parti del sistema normativo. La tecnica, ormai radicata nella pratica legislativa, di abrogare tutte le disposizioni “incompatibili” con l’ultimo atto normativo prodotto3 rende spesso opinabile addirittura l’esistenza di un gran numero di regole o frammenti di esse; l’uso di rinvii “aperti”4 accresce l’incertezza in ordine alla ricomposizione delle diverse frazioni di regola in un precetto unitario; l’utilizzazione poco rigorosa di strumenti di delegificazione introduce elementi di frizione all’interno del sistema delle fonti, complicando anche la relativamente semplice operazione dell’individuazione della regola prevalente. Gli esempi potrebbero continuare ancora, ma quel che preme evidenziare in questa fase è la difficoltà, che spesso si traduce in pratica impossibilità, di ricondurre la complessità del sistema ad un ordine di regole all’interno del quale le incompatibilità siano sempre risolvibili in base al principio di “non contraddizione”. La sopravvivenza di quelle regole logiche che sole consentono di qualificare un insieme come “sistema” (principi come quello ricordato di non contraddizione, ma anche di completezza, di coerenza ecc.) è strettamente collegata al rispetto da parte del legislatore di convenzioni tecniche; è evidente che l’uso di formule indeterminate, l’introduzione di un conflitto fra previsioni entrambe generali o entrambe speciali nel medesimo atto o, ancora, la previsione di regole dal contenuto oscuro o contraddittorio hanno un effetto di rottura sui meccanismi ordinativi del sistema, producendo contraddizioni non risolvibili in base ai principi logici che presiedono al funzionamento di esso. La consapevolezza di non poter fare ricorso a quei criteri che la realtà mostra contraddetti dalla pratica del legiferare, spinge allora alla ricerca di una diversa chiave di lettura dell’ordinamento vigente. In quest’ottica si colloca il tentativo di intraprendere un percorso di conoscenza che muova dall’unica convenzione che il legislatore ha sicuramente condiviso e rispettato, quella linguistica. Materiali per una storia della cultura giuridica, 1981, 161; R. GUASTINI, Questioni di tecnica legislativa, in Le Regioni, 1985, 225 ss. 2 G. LAZZARO, L'entropia della legge, Torino, 1985, 41. 3 Nota sull’abrogazione innominata o rinvio alla bibliografia ragionata nel testo? 4 E’ più che noto l’esempio dell’art. 11 della l. 241/90 che rimanda all’applicazione delle norme del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, “in quanto compatibili, e ove non diversamente previsto”. Se alla seconda parte dell’espressione citata può ricondursi un‘indicazione sufficientemente precisa relativamente all’applicabilità delle previsioni civilistiche salvo espressa deroga, per quanto concerne la verifica di compatibilità richiesta dalla formula di rinvio è evidente che si tratta di operazione assolutamente opinabile e dai confini quanto mai estesi. Ne sono conferma le non univoche indicazioni della dottrina in proposito e il mancato raggiungimento di una versione condivisa sulla natura degli accordi così disciplinati dalla legge. 10 Il linguaggio in tal senso viene in considerazione non come mezzo attraverso il quale si conosce e si ricostruisce il diritto, ma come la materia di cui il diritto stesso è fatto e in cui esso necessariamente si risolve. Il cambio di prospettiva è evidente, l’attenzione non è rivolta alla ricerca di meccanismi di composizione di regole, ma si prescinde, perlomeno nei dati di partenza, dal contenuto normativo del diritto. In questo modo ogni termine utilizzato, ogni espressione o formulazione linguistica è posta sul medesimo piano, non occorrendo distinguere, per mezzo di una preliminare operazione intepretativo-ricostruttiva, fra distinte tipologie di regole, con il rischio, prima evidenziato, di trovarsi di fronte a frazioni di discorso normativo che non sono riconducibili ad alcun modello regolativo noto. Al tempo stesso è altrettanto evidente come un simile approccio più che alternativo, debba essere inteso come preliminare ad altri possibili modi di intelligenza del sistema: l’analisi del linguaggio, infatti, non risponde a tutte le domande che è possibile porre, anche se è indubbio che fornisce ed affina molti dei mezzi con i quali costruire le risposte. Ciò è immediatamente percepibile se soltanto si tiene conto del fatto che qualsiasi operazione logica intesa a risolvere una questione “di diritto” muove necessariamente dall’interpretazione della legge e questa, a sua volta, non può prescindere da quanto essa esprime, innanzi tutto, in termini linguistici. 2.2 Il diritto come linguaggio L’idea dell’ordinamento come sistema di linguaggio deve sicuramente molto alle elaborazioni della filosofia del diritto di ispirazione analitica, alla quale va riconosciuto l'indubbio merito di aver introdotto specifiche tecniche di analisi linguistica nello studio dei fenomeni giuridici5. E' proprio, infatti, di questa impostazione teorica l'assunto in 5 La concezione del diritto come linguaggio, propria della filosofia analitica è essenzialmente documentata negli scritti di F. Oppenheim, U. Scarpelli e N. Bobbio. La tesi del diritto come testo, come insieme di enunciati è in F. OPPENHEIM, Outline of logical analisis, trad. it., M. Ricciardi, Lineamenti di analisi logica del diritto, in P. DI LUCIA, U. SCARPELLI, Il linguaggio del diritto, cit., 59ss. Per la concezione del diritto come "linguaggio oggetto" si veda U. SCARPELLI, Filosofia analitica e giurisprudenza, Milano, 1953: Id. Scienza del diritto e analisi del linguaggio, in Riv. dir. comm., 1948, 2112; Id. Diritti positivi e diritti naturali: un'analisi semiotica, in F. TREGGIARI E S. CAPRIOLI, Diritti Umani e civiltà giuridica, Perugia, 1992, 31: Id. (a cura di) Diritto e analisi dell linguaggio, Milano, 1974: Sulla necessità di operare una ricostruzione del diritto vigente come linguaggio, abbandonando il mito della costruzione di un diritto ideale, N. BOBBIO, Scienza del diritto e analisi del linguaggio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 367. Sulla filosofia analitica in generale si veda per tutti, F. WAISSMAN, I principi della filosofia analitica, Roma, 1969. Sul rapporto fra diritto e linguaggio la letteratura è varia e molto ampia, si vedano, comunque, per l'aspetto propriamente linguistico, F. SABATINI, Analisi del linguaggio giuridico, in AA.VV. Corso di studi superiori legislativi, Padova, 1990, 708 ss.; nel quadro della filosofia del diritto, A.G. CONTE, Filosofia del linguaggio normativo, Torino, 1989; Id., Diritto quale lingua, in Saggio sulla completezza degli ordinamenti giuridici, Torino, 1962, 177ss; A. CARCATERRA, Per una semiotica dei testi legislativi, in Quaderni latinoamericani, 1979, 93; T. MAZZARESE, Logica deontica e linguaggio giuridico, Padova, 1989; A. GIULIANI, Il linguaggio del diritto, in A. GIULIANI, Contributi ad una nuova teoria pura del diritto, Milano, 1954, 185ss; G. GAVAZZI, Legislazione e linguaggio perfetto, in Aut Aut, 1956, 468 ss; A. ROSS, Tû - tû , trad. it., M. Piantelli, in Riv. int. fil. dir., 1970, 453; Id., Critica del diritto e analisi del linguaggio, cit.; H. L. HART, Definizione e teoria nella giurisprudenza, trad. it. V. Frosini, in Contributi all'analisi del diritto, Milano 11 base al quale le proposizioni di linguaggio sono la materia di cui il diritto è fatto e costituiscono, prima ancora che un modo di conoscere l’ordinamento normativo, un modo di essere dello stesso. Le norme giuridiche e l'intero ordinamento diventano, in questo modo, suscettibili di essere trattati come il "linguaggio oggetto" dell'analisi della scienza giuridica. In questa prospettiva è così possibile prescindere non solo dalla ricerca, ma dall'idea stessa di una logica dell'ordinamento diversa da quella propria di un sistema di linguaggio. Il contributo essenziale dell'orientamento analitico si coglie, innanzi tutto, a livello di metodo: alla base di esso c'è l'abbandono della concezione della scienza come apprendimento di verità e l'adesione ad una concezione della scienza come "sistemazione rigorosa di concetti a fini pratici"6. Questo conduce al rifiuto dell'idea stessa di una ricerca dell'essenza "reale" che si nasconderebbe sotto la superficie delle parole che descrivono concetti giuridici, per illuminarne, invece, le modalità d'uso attraverso la verifica dei contesti linguistici nei quali ricorrono. Una simile prospettiva scopre percorsi alternativi rispetto a modelli di approccio alla conoscenza dell’ordinamento inteso come sistema di regole: le unità minime di analisi non sono più le norme nelle loro reciproche connessioni 7, ma i termini del linguaggio utilizzato dal legislatore. Non sfugge come i due piani (quello delle regole e quello del linguaggio in cui, in buona sostanza, esse sono formulate) siano intimamente collegati e non completamente separabili. Tale circostanza, tuttavia, non impedisce di trarre, da quella che potrebbe sembrare una artificiosa distinzione, utili strumenti per un’analisi del sistema a diversi livelli. La sensibilità di certa scienza giuridica per una serie di aspetti collegati al linguaggio ne ha già evidenziato alcune potenzialità. Fra gli esempi più significativi ci sono quelli forniti dai percorsi analitici sviluppati nel quadro dello studio dell’interpretazione della legge; in quest’ambito le tecniche di analisi del linguaggio sono normalmente utilizzate ai fini della ricostruzione 1964, 37ss; a proposito del linguaggio della legge, P. DI LUCIA (a cura di), Nomografia. Linguaggio e redazione delle leggi, Milano, 1994; V. FROSINI, La parola del diritto e le sue trasformazioni linguistiche, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, 423; R. GUASTINI, Il linguaggio giuridico. Un inventario di problemi, in G. ALPA (a cura di) Lo spirito del diritto civile, Genova, 1984; Id., Lezioni sul linguaggio giuridico, Torino, 1985; C. LUZZATTI, La vaghezza delle norme. Un analisi del linguaggio giuridico, Milano, 1990; M. AINIS, Le parole e il tempo della legge, Torino, 1995, spec. 3 ss; più in generale sul linguaggio del diritto, inteso sia come produzione normativa che come scienza giuridica, N. IRTI, Note per uno studio della nomenclatura giuridica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967, 265 ss; R. ORESTANO, Breve intermezzo su linguaggio e diritto, in "Diritto". Incontri e scontri, Bologna, 1981, 263 ss; Id. "Realtà", "parole" e "valori" nella scienza del diritto, in Riv. dir. civ., 1985, 461 ss; S. PUGLIATTI, Sistema grammaticale e sistema giuridico, in Grammatica e diritto, Milano, 1978, 1; sul linguaggio della costituzione, G. SILVESTRI, Linguaggio della Costituzione e linguaggio giuridico: un rapporto complesso, in Quad. cost., 1989, 229; L. PEGORARO, La tutela della certezza giuridica nell'ordinamento contemporaneo, in Dir. soc., 1994, 21; sul linguaggio dei giudici costituzionali, L. PEGORARO, Linguaggio e certezza della legge nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, 1988; M. AINIS, Sul linguaggio del giudice costituzionale, in Le parole e il tempo della legge, cit., 109 ss. 6 N. BOBBIO, Scienza del diritto e analisi del linguaggio, cit. 379. 7 "L'ordinamento giuridico è costituito da un complesso sistema di norme contraddistinte, innanzi tutto, dal fatto di essere tra loro intimamente connesse. Ne consegue che le norme giuridiche, per essere tali, debbono risultare collegate tra loro in base alla loro stessa struttura logica", C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, cit., 10. 12 del comando normativo, della regola, cioè, che l’interprete cerca, in prima istanza, proprio nella lettera della legge. L’attenzione al lessico del legislatore ha favorito, poi, lo sviluppo di ulteriori strumenti per la conoscenza del sistema normativo attraverso l’analisi dell’uso del linguaggio. Fra le tematiche più note in questo senso vi è quella relativa al rapporto fra linguaggio comune e linguaggio del legislatore sviluppata nel quadro del più ampio campo delle relazioni intercorrenti tra linguaggi tecnici e linguaggio ordinario8. In questa prospettiva si sono approfondite le conseguenze sul sistema normativo dell’uso di termini, locuzioni, espressioni del linguaggio comune da parte del legislatore. Il fondamentale dato emerso in questo ambito è quello relativo all’autonomia semantica del linguaggio legislativo, e, quindi, della natura di vero e proprio sistema linguistico unitario di esso. Un termine, una volta utilizzato dalla legge, assume il significato che gli attribuisce quest’ultima e che deriva dall’integrazione di essa nel quadro del sistema normativo. Il senso che in questo modo viene ad esso riconosciuto può non coincidere affatto con quello che gli derivava dal suo uso nel linguaggio comune9. Una volta entrati nell’ambito del sistema linguistico della legge un termine o un’espressione possono poi mutare di significato con il trasformarsi dei contesti nei quali vengono utilizzati dal medesimo legislatore. Questa evenienza sposta l’accento sul rapporto fra linguaggio e certezza del messaggio normativo. L’adozione da parte del legislatore di standards linguistici sufficientemente stabili analogamente a quanto avviene nell’ambito dei linguaggi scientifici, per definizione più rigorosi del linguaggio comune, esalta la forza semantica di certe espressioni, rafforzandone, attraverso un’utilizzazione costante, la certezza in ordine al significato ad esse riconducibile. Tuttavia, l’uso di espressioni più indeterminate, se va a scapito della precisione del messaggio, ne favorisce, per converso, un certo dinamismo consentendogli di sopravvivere nel tempo. Di qui, ancora, l’attenzione si sposta sul ruolo che ricoprono, nell’ambito del linguaggio normativo, formule linguistiche come quelle utilizzate con finalità di “definizione normativa” o come le espressioni ad elevato tasso di indeterminatezza10. Di questi usi linguistici si è approfondito il ricorrere segnalandone gli effetti nel rapporto fra le diverse fonti e conseguentemente fra i diversi titolari del potere normativo. È apparso così evidente come da verifiche in ordine all’uso del linguaggio, a prescindere, anche se non indipendentemente, dalla circostanza che esso concorra all’espressione di una regola giuridica, possano derivarsi strumenti idonei ad effettuare distinte tipologie di analisi a diversi livelli. 8 Su questo tema, in generale, v. G. PRETI, Linguaggio comune e linguaggi scientifici, Roma-Milano, 1953. Sul rapporto fra linguaggio comune e linguaggio normativo A. GIULIANI, La “nuova retorica” e la logica del linguaggio normativo, in Riv. int. fil. dir., 1970, 374; G. LAZZARO, Diritto e linguaggio comune, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, 140. 9 G. TARELLO, Atteggiamenti dottrinali e mutamenti culturali, cit.; R. GUASTINI, Questioni di tecnica legislativa, cit. Per A. PINTORE, La teoria analitica dei concetti giuridici, Napoli, 1990, qualsiasi concetto, per quanto appartenente al linguaggio comune, una volta entrato in una norma giuridica acquista uno status semantico particolare la cui determinazione richiede l’aggancio ai contesti di senso delle parole adoperate nelle altre norme. 10 C. LUZZATTI, La vaghezza delle norme, cit; L. PEGORARO, La tutela della certezza giuridica nell’ordinamento contemporaneo, cit.; MACKAAY 13 Un altro aspetto di estremo rilievo, approfondito quasi esclusivamente dalla filosofia analitica, è quello relativo al ruolo del linguaggio normativo nella costruzione dei rapporti dinamici fra le diverse partizioni del sistema linguistico; ad esso sembra utile dedicare una speciale attenzione. 2.3 Linguaggio e dinamiche del sistema normativo All’origine dell’idea di analizzare il diritto come un sistema di linguaggio e, quindi, in base a metodi di analisi linguistica, prima ancora che giuridica, sta l’assunto in relazione al quale il discorso legislativo non descriverebbe una realtà verificabile nei fatti, un qualche cosa che sia esterno ad esso e perciò esistente indipendentemente dall’essere “nominato”. Le parole adoperate per indicare le qualifiche giuridiche, le posizioni, le situazioni o, ancora, gli atti che hanno rilevanza giuridica non corrisponderebbero, cioè, ad alcuna “cosa” che possa essere percepita con i sensi11. Nell’illustrare ciò Bobbio ha sottolineato la natura “ideale”, nel senso di “non reale”, del diritto e ha affermato che gli strumenti logici attraverso i quali conoscere il sistema giuridico nel suo funzionamento non possono essere in alcun modo ricercati fuori da esso. Se l’ordinamento è un sistema di linguaggio, allora è a partire da quest’ultimo che vanno rintracciati i meccanismi attraverso i quali il sistema stesso funziona. Ma c’è di più. Un siffatto sistema è caratterizzato, come già sottolineato, anche da una marcata autonomia semantica, circostanza da cui discende la scarsa utilità di uno studio del sistema linguistico del diritto che ponga quest’ultimo in relazione con altri modelli di linguaggio. L’approccio teorico che discende da questo ordine di prospettive ha indicato percorsi di analisi nei quali le parole del diritto e le loro relazioni-interconnessioni sono stati studiati di per se stessi, per svelarne i meccanismi di funzionamento. Sono stati così segnalati quegli usi del linguaggio che rivelano i collegamenti dinamici nel sistema: è il caso ad esempio delle proposizioni di struttura (Scarpelli), quelle, cioè, che determinano le interconnessioni fra le diverse parti dell’ordinamento, come i rinvii; dei concetti “impossibili” (Olivercrona) ovvero di quelle formule linguistiche che non si rifanno ad un dato reale ma connettono conseguenze giuridiche al semplice uso di certi termini da parte del legislatore, come nel caso del termine “contratto”; o, ancora, dei cosiddetti termini “sistematici” (Ross) che funzionano come tecnica per l’espansione del sistema regolatorio a nuove aree di disciplina. Accanto a ciò, non si è mancato di sottolineare come in alcuni casi la funzione del linguaggio giuridico si esaurisca tutta all’interno del sistema, determinando, nel momento stesso in cui viene utilizzato, l’azione e, insieme, la relativa trasformazione. A questo proposito si è parlato (Austin, Olivercrona) di usi performativo-costitutivi dei termini e delle costruzioni linguistiche. 11 Già Bentham distingueva nel linguaggio giuridico fra i nomi di entità reali e i nomi di entità fittizie. Queste ultime, egli afferma, “devono al linguaggio, e solamente al linguaggio, la loro impossibile ma indispensabile esistenza”. Per una ricostruzione del pensiero di Bentham su questi punti, v. U. SCARPELLI, in (a cura di) P. DI LUCIA, Nomografia, linguaggio e redazione delle leggi, Milano, 1995, 17ss. 14 Un esempio possibile è quello dell’impiego di formule dalle quali discendono effetti come quello dell’abrogazione o della sanatoria: nel momento in cui le relative espressioni sono poste, effettivamente, il sistema subisce delle “automatiche” modificazioni. 2.4 Analisi del linguaggio e tecnica legislativa L'analisi quantitativa applicata al linguaggio consente di interrogare la legge in diversi modi. E' possibile, infatti, isolarne i contenuti precettivi e, al tempo stesso, chiarire le modalità linguistiche con le quali le diverse norme si presentano nell'ordinamento, ma anche confrontare formulazioni di linguaggio ed effetti sul sistema, individuando, così, punti deboli e fratture nella struttura normativa. Operando con "dati" quantitativi, considerati singolarmente e in rapporto fra di loro, si può arrivare a definire la "misura" reale di fenomeni e realtà dei quali altrimenti non si avrebbe che la mera percezione. Tale aspetto è suscettibile di utili applicazioni soprattutto nel campo delle tecniche di miglioramento dello stato della legislazione. I sistemi attraverso i quali si conosce e si quantifica un effetto patologico sono, infatti, di sicuro ausilio all'elaborazione di mezzi per prevenire il futuro manifestarsi di quelle stesse conseguenze. In questa prospettiva l'analisi quantitativa costituisce un utile strumento di tecnica legislativa sotto diversi profili12. Il primo aspetto non riguarda propriamente le modalità tecniche di composizione del messaggio normativo, quanto, piuttosto, la fase preliminare ad un intervento che si proponga il miglioramento della qualità della legislazione. L'utilità e l'efficacia di una soluzione dipendono, in primo luogo, dalla adeguatezza all'entità del problema al quale si intende porre rimedio: l'esatta definizione di quest'ultimo costituisce, quindi, una informazione essenziale al successo dell'operazione. Si tratta, tuttavia, di un passaggio spesso trascurato, anche per le difficoltà che, come si è osservato, accompagnano qualsiasi tentativo di conoscere il sistema normativo nel suo complesso13. 12 La letteratura in materia di tecnica legislativa è relativamente recente. In Italia il dibattito si è inizialmente sviluppato alla fine degli anni '50; gli scritti più significativi di questo primo periodo sono essenzialmente quelli raccolti nell'annata 1960 della rivista Il Diritto dell'economia, con scritti di F. CARNELLUTTI, G. CASANOVA, G. CHIARELLI, S. LENER, M. LONGO, R. LUCIFREDI, C. MORTATI, R. TOSCANI, G. GROSSO. Il dibattito, sopito dopo questa prima fase, ha ripreso vigore sul finire degli anni '70 e ha ricevuto ulteriore impulso a seguito della Relazione della Commissione di studio presieduta da A. Barettoni Arleri, istituita dalla Camera dei deputati nella VIII legislatura e pubblicata col titolo Fattibilità e applicabilità delle leggi, Rimini, 1983. L'ampia letteratura sulla tecnica legislativa sviluppatasi da questo momento fino ai nostri giorni è esaurientemente riportata in M. AINIS e R. PAGANO (a cura di) Guida bibliografica al drafting legislativo, da ultimo pubblicata in M. AINIS, Le parole e il tempo della legge, cit 235 ss., alla quale si rinvia. 13 L'uso di strumenti di conoscenza del sistema normativo per lo sviluppo di sistemi di corretta redazione della legge appare ancor più utile se si tiene conto del fatto che molti dei difetti della legislazione sono indotti proprio dalla "ignoranza" in ordine al diritto vigente. Sono ad esempio i casi dell'abrogazione e del rinvio innominati, formule con le quali il legislatore riconosce la propria incapacità di dominare l'ordinamento sul quale va ad incidere. In questo senso v. S. SIMITIS, Crisi dell'informazione giuridica., cit., 12 ss.; A.A. MARTINO, La progettazione legislativa nell'ordinamento inquinato, in Studi parl. e pol. cost., 1977, n. 38. V. da ultimo, M. RAVERAIRA, Tecnica e decisione politica, relazione presentata al Seminario nazionale di studio su "Produzione legislativa e Analisi di fattibilità delle leggi" 15 L'analisi quantitativa di determinati fenomeni, in tale prospettiva, può contribuire a risolvere alcune di queste difficoltà. Il passaggio nodale della traduzione del problema in un dato misurabile si compie attraverso l'individuazione di una serie di parole o formule linguistiche sintomatiche del profilo patologico sul quale si intende incidere. Di queste ultime è possibile, quindi, determinare la ricorrenza. L'incidenza percentuale di esse nei diversi settori di normazione indicherà con precisione gli ambiti e i nodi problematici sui quali è utile intervenire. Dati identici ai primi, ma relativi al periodo successivo a quello nel quale si è situato l'intervento, mostreranno invece l'esito positivo o negativo dell'operazione di tecnica legislativa effettuata. Sotto un secondo profilo, il contributo che l'analisi quantitativa del linguaggio è in grado di fornire al miglioramento della produzione normativa si inserisce fra gli strumenti utili al raggiungimento degli obiettivi più ambiziosi delle moderne tecniche legislative: la verifica preventiva degli effetti sostanziali del messaggio normativo. La disponibilità di dati quantitativi relativi ai diversi aspetti del sistema legislativo, l'elaborazione statistica degli stessi, unita alla lettura comparata dei valori relativi frutto di siffatta elaborazione forniscono un'immagine fedele dell'assetto "reale" dell'ordinamento e rendono possibile effettuare proiezioni degli effetti del singolo intervento normativo sull'intero contesto in esame14. L'utilità di tale simulazione non è, per altro, limitata alla valutazione dell'impatto della legge sul contesto normativo vigente, dal momento che i risultati ottenuti in questo tipo di verifica possono fornire indicazioni efficaci allo studio di diversi livelli dell'incidenza del messaggio legislativo sulla realtà istituzionale, politica e sociale15. In una prospettiva analoga a quella appena Genova 20-21 giugno 1996, ora pubblicato in Iter legis, 1997, 37ss. 14 L'approfondimento delle tematiche relative alla "fattibilità" della legge con specifico riferimento alla questione dell'impatto del nuovo dettato legislativo sul sistema normativo esistente si deve essenzialmente a. G.U. RESCIGNO, La catena normativa. Contributo al tema della fattibilità delle leggi, in Pol. dir., 1987, 349 ss. Dello stesso A. si veda anche La redazione degli atti normativi e la manutenzione delle fonti, in Reg. gov. loc., 1989, 45 ss. In tema v. anche M. BERTOLISSI, L'inserzione delle proposizioni normative nella legislazione vigente, in AA.VV. Lezioni di Tecnica Legislativa, Padova, 1988, 151 ss. Più di recente si vedano M. AINIS, Sulla fattibilità "normativa" delle leggi, C. BIAGIOLI, Rapporti tra norme e sistema normativo. Strutturazione funzionale delle norme per il cordinamento legislativo, relazioni presentate al Seminario nazionale di studio su "Produzione legislativa e analisi di fattibilita", cit., in Iter legis, rispettivamente, 84 ss e 92 ss. 15 Si tratta dei diversi profili dei quali si compone l'analisi della "fattibilità" della legge, che comprende, oltre al già ricordato studio dell'impatto normativo, la verifica dell'impatto amministrativo e di quello cosidetto "reale". L'aspetto che ha ricevuto maggiore approfondimento fra quelli citati è quello relativo alla copertura amministrativa delle leggi: in particolare la questione è stata sollevata a livello istituzionale alla fine degli anni '70 dall'allora ministro per la funzione pubblica M.S. Giannini nel rapporto presentato al parlamento i 16 novembre 1979, le cui indicazioni sono state poi sviluppate dalla più volte citata commissione Barettoni Arleri. In dottrina si è occupato ampiamente della questione R. BETTINI, Inapplicabilità amministrativa" e necessità di una "copertura amministrativa" delle leggi, in Riv. trim. sc. amm., 1976, Id., Due principi per una progettazione legislativa: la copertura amministrativa e il ricorso alle scienze sociali nel procedimento amministrativo, in Studi parl. e pol. cost., 1979; Id. Il circolo vizioso legislativo, Milano, 1983; Id., Il teorema della copertura amministrativa delle leggi, in Soc. dir., 1990, 25: Id., Legislazione e politiche in Italia. Razionalità, efficacia, modernizzazione imperfetta, Milano, 1990. In tema v. anche C. SARZANA, Osservazioni in tema di disapplicazione delle leggi, in Riv. trim. sc. amm., 1976, 48; E. TUCCARI, La attuazione legislativa, in Riv. trim. dir. pubbl; F. COCOZZA, Collaborazioni preliminari al procedimento legislativo, Milano, 1988, spec. 64 ss; G. PASTORI, A. ROCCELLA, La fattibilità delle leggi, in AA.VV., Lezioni di tecnica legislativa, Padova, 1988, 46; G. MAGGIO, L'analisi di fattibilità delle leggi: uno strumento per la 16 esposta la disponibilità di dati quantitativi in grado di descrivere in maniera sufficientemente fedele lo stato del sistema normativo potrebbe fornire un decisivo impulso agli strumenti di miglioramento non solo della produzione futura, ma anche della legislazione vigente. Si pensi, soltanto per fare un esempio, alla maggiore efficacia di processi di “consolidamento” che potrebbero contare su dati certi in ordine alla quantità e alla qualità delle previsioni normative sulle quali debbono intervenire16. Un ultimo aspetto riguarda, infine, un campo di sperimentazione delle tecniche legislative le cui conseguenze anche teoriche sono, in buona parte, ancora da esplorare. Si tratta delle applicazioni della modellistica alla confezione del messaggio normativo. L'intento è quello di rendere comprensibile all'elaboratore qualsiasi prodotto legislativo attraverso la sua traduzione in termini di logica formale. Il percorso verso un simile obiettivo passa, innnanzitutto, attraverso la "normalizzazione" del linguaggio giuridico e, quindi, attraverso l'analisi e la rimozione delle ambiguità dei termini e delle formule usate nella legge. Non v'è dubbio infatti che a monte di una traduzione algoritmica del messaggio normativo ci sia un processo di condizionamento della scelta interpretativa che arriva fino alla rappresentazione convenzionale dei contenuti normativi17. Gli effetti anche soltanto di questo obiettivo intermedio sono, com’è facile immaginare, di vastissima portata. La sperimentazione e l'approfondimento di queste tematiche opera essenzialmente sul campo del linguaggio e, in considerazione di questo, l'analisi quantitativa dei testi legislativi effettuata con i criteri sopra esposti è suscettibile di rivelarsi un utile strumento operativo. La rilevazione e quantificazione di formule linguistiche o di termini "chiave" confrontata con gli effetti ad essi riconosciuti in sede di interpretazione è il primo passo verso l'obiettivo di un soddisfacente controllo dei significati e l'individuazione di formulazioni capaci di condizionare più strettamente le scelte interpretative. razionalizzazione della legislazione, in Riv. amm., 1990, 1367; V. ITALIA, Attuabilità e applicazione delle norme, Milano, 1994. In tema di copertura finanziaria della legge v. A. BARETTONI ARLERI, Fattibilità delle leggi e implicazioni finanziarie, in M. D'ANTONIO (a cura di) Corso di studi superiori legislativi, Padova, 1990; G. LECCI, Esperienze e prospettive in tema di copertura e fattibilità finanziaria delle leggi dello Stato, in Inf. prev., 1992, 857; S. RISTUCCIA, Costi e coperture delle leggi: un capitolo nuovo?, in Queste istituzioni, 1988, 74. Sulla fattibilità delle leggi regionali v., M. INVERNIZZI, A.SALVODORI, Proposte per un'analisi di fattibilità delle leggi regionali, in Riv. trim. sc. amm., 1983, 97; G. PALMIERI, Tecniche legislative e organizzazione degli uffici regionali, in Le Regioni, 1985, 285; M. LUCIANI, A. SANTANTONIO, Questioni di tecnica legislativa regionale, in Le Regioni, 1986, 1214. 16 La questione del consolidamento della legislazione è stata affrontata in dottrina soprattutto con riferimento ai testi unici e ai testi coordinati. Fondamentale in materia è C. ESPOSITO, voce Testi unici, in Nuovo dig. it., XII, Torino, 1940. V. anche L. CARLASSARRE, Sulla natura giuridica dei testi unici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1961; D. CAMPAGNA, Testi unici e semplificazione dei sistemi normativi, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1986; V. ANGIOLINI, Testo unico, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; M. AINIS, Il coordinamento dei testi legislativi, in Giur. cost., 1992; R. PAGANO, Drafting e riordino della legislazione in Italia, in Rass. parl., 1994, 305, spec. 336 ss. Con specifico riferimento all'uso di tecniche informatiche per il consolidamento, si veda da ultimo, C. BIAGIOLI, Rapporti tra norma e sistema normativo. Strutturazione funzionale delle norme per il coordinamento legislativo, cit., 17 V. G. FLORIDIA, Scomposizione e rappresentazione grafica degli enunciati normativi fra teoria dell'interpretazione e tecnica del drafting legislativo, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1985, 491; M. LOSANO, L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Milano, 1989, Id. Per un diritto compatibile con l'elaborazione elettronica, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 128; L. ALLEN, Una guida per i reddatori giuridici di testi normalizzati, in Inf. e dir., 1978, 46; 17 2.5 L’informatica e l’analisi del linguaggio Il primo passo verso l'analisi quantitativa dei fenomeni giuridici è la raccolta dei dati relativi alle unità linguistiche (singole parole o gruppi di parole collegate) selezionate. Fra i diversi strumenti con i quali è possibile effettuare tale operazione, quelli che presentano il massimo grado di efficienza sono i mezzi elaborati dalle tecniche di reperimento automatico dell'informazione. L'informatica è la disciplina che si occupa della ricerca documentaria mediante l'elaboratore elettronico. Le applicazioni di tali strumenti alle scienze giuridiche hanno prodotto risultati soddisfacenti soprattutto nel campo della gestione automatica della documentazione legislativa18. L'accresciuta capacità dei mezzi tecnici ha consentito, infatti, di superare i problemi dovuti ai limiti di memoria dei calcolatori e, alla archiviazione dei testi mediante abstract o riassunti — quasi del tutto inutile nel caso della legge —, si è passati senza indugio alla memorizzazione del testo integrale. Nel caso del testo normativo l'operazione di inserimento dei dati è facilitata da alcuni aspetti formali dell'oggetto da immettere nel sistema: la delimitazione della "unità documento" non richiede selezioni discrezionali da parte dell'operatore, dal momento che essa deve necessariamente coincidere con il testo integrale dell'atto, che ha un inizio e una fine ben precisi. Lo stesso vale per la definizione dell'"unità", ovvero il nome con il quale essa è riconoscibile e quindi richiamabile nella base di dati: ciascun atto normativo è già identificato con un nome che designa la fonte dalla quale esso promana19. Tale ultimo aspetto, tuttavia, non è sempre utile ad eliminare le difficoltà relative al riconoscimento dei singoli atti; fonti diverse possono, infatti, avere lo stesso nome: è il caso del "Regio decreto", che in epoca statutaria designava tutti gli atti del Re, sia amministrativi che normativi di rango primario e di rango secondario, ma è anche l'ipotesi molto più recente del "Decreto del Presidente della Repubblica" che 18 In generale su questi temi v. S. SIMITIS, Crisi dell'informazione giuridica ed elaborazione elettronica dei dati, Milano, 1977; M. G. LOSANO, Corso di informatica giuridica, Torino, 1985; Id Diritto e informatica, in A. RUBERTI (a cura di) Tecnologia domani, Bari, 1985; C. CIAMPI, La documentazione automatica nel campo del diritto: confronto tra i principali sistemi operativi, in Inf. e dir., 1983, 43; E. GIANNANTONIO, Introduzione all'informatica giuridica, Milano, 1984, Id. voce "Informatica giuridica" in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989; R. BORRUSO, C. TIBERI, L'informatica per il giurista, Milano 1990; R. PAGANO, Elementi di informatica legislativa, in M. D'ANTONIO (a cura di), Corso di studi superiori legislativi, cit., 98; A.A. MARTINO, L'informatica giuridica oggi, in Inf. e dir., 1986, 5 ss; R. PAGANO, Note per un sistema di informatica giuridica, in Inf. e dir., 1980, 187; D. LIMONE, Dalla giuritecnica all'informatica giuridica, Milano, 1995. Per una bibliografia storica si v. M.G. LOSANO, voce "Giuscibernetica", in Novissimo. dig. it., Torino, 1982. Sulle banche dati v. G. PASCUZZI, Cyberdiritto. Guida alle banche dati italiane e straniere, alla rete internet e all'apprendimento assistito da calcolatore, Bologna, 1995. Con particolare riferimento a quelle a carattere giuridico legislativo, v. A. GAMBARO, Le banche dati e i limiti della legge, in Quadr., 1985, 524; L. PHILIPPS, Per una banca di dati "più giuridici": le possibilità di accrescere la qualità del retrivial, in M.G. LOSANO, L. PHILIPPS (a cura di) Diritto e CD-ROM, Milano, 1990 1 ss; R. BORRUSO, Le banche dati on line e il loro rapporto con le banche dati giuridici su CD-ROM, ibidem, 69 ss. Sulle tecniche di ricerca nelle banche dati giuridiche v., per tutti, E. FERRI, G. TADDEI ELMI, G. GIACOBBE, Informatica e ordinamento giuridico, Milano, 1988, 55ss. 19 Sulla classificazione dei documenti giuridici v. A. GALIZIA, E. MARETTI, F. MOLLAME, Per una classificazione automatica dei testi giuridici, Milano, 1974. Sul nome degli atti normativi, v. R. CERCIELLO, voce "Intitolazione delle leggi" , in Nuovo dig. it., Torino 1938; G.U. RESCIGNO, Il nome proprio degli atti normativi e la legge n. 400 del 1988, in Giur. cost., 1988. 18 qualificava tutte le fonti governative primarie e secondarie. I problemi che possono sorgere in considerazione di aspetti come quelli ricordati non devono, tuttavia, essere risolti in sede di realizzazione della base di dati, per non rischiare di perdere i vantaggi che derivano dall'assenza di qualsiasi intervento manipolativo dell'unità documentale immessa. Ogni difficoltà potrà essere efficacemente affrontata in sede di ricerca, riservando una particolare attenzione ai periodi selezionati e verificando, di volta in volta, la natura dell'atto richiamato. La delimitazione e definizione automatica degli atti normativi consente di raccogliere i dati utili all'analisi della produzione legislativa nella limitata prospettiva della quantità e del tipo di atti presenti nel sistema, dal momento che si tratta di dati che potremmo definire "esterni", cioè relativi alla forma esteriore dell'atto. La rilevazione delle informazioni sull'uso del linguaggio rende, invece, necessario operare su un piano diverso, interno all'atto. In particolare, questo deve potersi scomporre nelle sue unità minime: le parole e le espressioni che formano gli enunciati. Del trattamento informatico del testo della legge si sono occupate le tecniche di reperimento delle informazioni legislative, che hanno formato e costituiscono tuttora una parte importante degli studi di informatica giuridica. In questo campo le ricerche si sono concentrate in particolare sul tentativo di formalizzare il processo attraverso il quale l'utente di una banca dati reperisce il testo delle norme giuridiche che disciplinano un certo oggetto. Sulla base di tale operazione si è inizialmente provveduto all'indicizzazione dei testi di legge, cioè alla memorizzazione, insieme al documento integrale, di una serie di "parole chiave" o "descrittori" significativi del contenuto dell'atto e utilizzabili dall'elaboratore per richiamare il documento20. Tale sistema è stato oggetto di critiche di diversa natura, ma la riserva fondamentale nel caso della documentazione legislativa riguarda la natura sostanzialmente interpretativa di qualsiasi interpolazione di un testo al fine di ricavarne il significato Il progresso tecnologico, anche in questo caso, ha determinato un potenziamento dei meccanismi di ricerca, tanto da consentire l'assunzione come parole chiave di tutte le parole del testo memorizzato (full text)21. In questo modo il documento risulta schedato senza alcun intervento umano e, cosa che più interessa, ogni termine è autonomamente rintracciabile dall'elaboratore, il quale non deve più far riferimento all'ordine logico eventualmente impresso alla raccolta documentale. Il metodo del full text, naturalmente, non risolve i problemi del comune utente delle banche dati legislative, cioè quelli legati alla ricostruzione della disciplina relativa ad un certo oggetto; in questo campo l'informatica giuridica continua, infatti, a sperimentare nuove tecniche di ricerca22. 20 M. G. LOSANO, Corso di informatica giuridica, cit., 54ss., 371ss; C. CIAMPI, La ricerca "concettuale" e quella "testuale" nella documentazione giuridica automatica: un antico problema, in Inf. e dir., 1992, 35. 21 Sul metodo full text applicato alla documentazione giuridica, v., R. PAGANO, Note per un sistema di informatica giuridica, cit., 200 ss. 22 G. SARTOR, Le applicazioni giuridiche dell'intelligenza artificiale - la rappresentazione della conoscenza, Milano, 1990; Id., Intelligenza artificale e diritto, Milano, 1996; AA. MARTINO E F. SOCCI NATALI (a cura di), Analisi automatica del testi giuridici, Milano 1988; G. CARIDI, Metodologie e tecniche dell'informatica giuridica, Milano, 1989; A.A. MARTINO (a cura di) Sistemi esperti nel diritto, Padova, 1989; P. MARIANI, D. TISCORNIA, F. TURCHI, Apporti ad una metodologia per la rappresentazione della conoscenza giuridica: due esperienze di trattamento della normativa ambientale, 19 Ai fini di un'analisi quantitativa del linguaggio legislativo la possibilità di effettuare una verifica automatizzata sui termini e le espressioni presenti nei documenti memorizzati, senza che questo necessiti di alcun intervento preventivo sul documento stesso, risulta invece estremamente utile. L'analisi dei testi può essere effettuata con riferimento alla frequenza e ai contesti d'uso di una parola singola o di formulazioni linguistiche composte, combinando i termini tra loro secondo i collegamenti propri della logica booleana. L'uso dell'elaboratore semplifica questo tipo di operazione, abbreviando i tempi ed eliminando una serie di passaggi tecnici che accrescerebbero l'onerosità della procedura. Allo stato attuale, a dire il vero assolutamente sperimentale, non sembra che l'ausilio del calcolatore possa essere differente da quello che offre nel modo ora visto. Del resto, ogni informazione diversa dalla ricorrenza di parole e formule nel linguaggio della legge sarebbe necessariamente frutto di una preventiva elaborazione dei dati immessi e, per i motivi sopra visti, ciò priverebbe i dati di quella natura propriamente "strumentale" che, con i limiti evidenziati, ad essi è possibile riconoscere. La possibilità di trattamento linguistico del diritto, tuttavia, può indicare un diverso percorso di sviluppo alle tecniche di indicizzazione e alle strategie di reperimento delle informazioni nelle banche dati giuridiche. E' oramai un dato acquisito che lo sviluppo dei modelli di information retrivial non possa più procedere indipendentemente dalla conoscenza delle caratteristiche proprie del dominio applicativo di volta in volta considerato23. Nello sviluppo di un sistema informativo di gestione di banche dati legislative si dovrà allora tener conto della specifica natura del sistema normativo, della sua struttura e del suo funzionamento. L'idea del diritto come sistema linguistico potrebbe consentire di operare direttamente sulla base di dati, utilizzando parole e formule del linguaggio come connettori logici delle diverse parti. Se si pensa alla funzione tecnica di certi termini "sistematici"24, alle espressioni che fungono "da anello di congiunzione fra gruppi di norme"25 o agli enunciati costitutivi che rappresentano un aspetto essenziale della dinamica del sistema delle norme e che devono la loro efficacia esclusivamente al linguaggio, tale obiettivo non sembra del tutto irraggiungibile. in Inf. e dir., 1993, 305; L. LOMBARDI VALLAURI, Verso un sistema giuridico integrale, in Jus, 1995, 208; E. FAMELI, Il ruolo dell'intelligenza artificiale nei sistemi informativi giuridici, in Inf. e dir., 1991, 5, con un’ ampia bibliografia su intelligenza artificiale e information retrivial. 23 In questo senso si veda ampiamente A.A. MARTINO, Contributo logico informatico all'analisi della legislazione, in Inf. e dir., 1982, 53ss; Id., L'informatica giuridica oggi, in Inf e dir., 1986, 5, spec. 28 ss; E. FAMELI, Il ruolo dell’intelligenza artificiale nei sistemi informativi giuridici, cit., 6. Sui rapporti fra logica, informatica e diritto, v. A.A.MARTINO, E. MARETTI, C. CIAMPI (a cura di) Logica, informatica e diritto, in Inf. e dir., 1978; A. A. MARTINO, (a cura di) Sistemi esperti nel diritto, cit., spec. parti I e II; C. CIAMPI (a cura di) Artificial Inteligence And Legal Information Sistem, Amsterdam, 1982. 24 A. ROSS, Ascesa e caduta delle teoria dei performativi, cit., 240. 25 C. OLIVERCRONA, Linguaggio giuridico e realtà, cit., 260. 20