chiesa di s - Abruzzo Cultura

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Provincia
L’Aquila
Come arrivare
A24/A25 RM-PE uscita Pratola Peligna- Sulmona
da Napoli: A1 MI-NA uscita Caianello/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/
Roccaraso/ Sulmona
Emergenze culturali
Badia Morronese di S. Spirito
L'abbazia celestiniana di S. Spirito a Morrone si trova a solo cinque chilometri
dal centro di Sulmona, in una località denominata Badia proprio perchè
caratterizzata dalla sua maestosa presenza. Le origini del complesso sono legate
alla figura di Pietro Angeleri, eremita e fondatore dell'ordine dei Celestini, oltre
che futuro pontefice con il nome di Celestino V, noto per "il gran rifiuto" cantato
da Dante nella sua Divina Commedia.
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La Cappella Caldora è un piccolo oratorio inserito nell'imponente complesso di
edifici della Badia celestiniana di S. Spirito al Morrone. Essa fu concepita per
custodire il Monumento Caldora realizzato da Gualtiero d' Alemagna nel 1412
come tomba-mausoleo di Restaino Caldora e di altri membri della famiglia
Cantelmo-Caldora. La cappella custodisce uno dei cicli pittorici ad affresco più
spettacolari e discussi del primo Quattrocento abruzzese, sebbene oggi il cattivo
stato di conservazione del tessuto pittorico, sbiadito per la forte umidità, ne
comprometta fortemente la leggibilità e la corretta analisi critica
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Danni segnalati
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Agibile. Lesioni di distacco tra voltine ed arconi trasversali; lesioni diffuse, non
gravi, su volte e murature perimetrali.
Chiesa del SS. Crocifisso
La chiesa del SS. Crocifisso, originariamente
edificata nel XVII secolo, fu distrutta dal
terremoto del 1706 e ricostruita nel corso del
Settecento secondo caratteri barocchi. Un’altra
trasformazione la chiesa ha subito nel 1929, in
seguito al terremoto del 1915, secondo il
progetto e la direzione dei lavori dell’ingegnere
Carlo Monaco.
Attualmente la chiesa presenta una pianta a
croce latina con copertura a volta a botte per i
bracci e a calotta circolare per la zona centrale.
Chiesa del SS. Crocifisso
La facciata ha perso gran parte del suo carattere
barocco ricalcando forme cinquecentesche come era nei modi e nello stile di Del
Monaco. Due coppie di lesene con basi e capitelli ionici fanno da cornice ad un
portale con timpano curvilineo spezzato e ad un finestrone rettangolare. Un
timpano triangolare chiude in alto la composizione.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
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Chiesa dell’Incoronata
Costruita nel XVI secolo dai padri Cappuccini, la
chiesa fu poi distrutta dal terremoto del 1706 e
restaurata qualche anno più tardi. Presenta una
pianta a croce greca ed è coperta da una cupola
con stemmi nobiliari. All’interno, sull’altare
principale dedicato alla Vergine, sta una tela ad
olio raffigurante la Madonna in trono tra i rami di
una quercia.
Danni segnalati
Chiesa dell’Incoronata
Agibile. Non si segnalano gravi danni
Chiesa della Madonna del Carmine
La chiesa della Madonna del Carmine fa da sfondo all’omonima piazzetta, uno
degli scorci più caratteristici della città, che si incontra salendo le scale di piazza
Garibaldi e proseguendo sul corso in direzione sud.
La costruzione odierna è frutto di un rimaneggiamento del XVIII secolo condotto
dai padri Carmelitani di S. Maria d’Arabona a seguito del terremoto del 1706.
L’edificio originario fu eretto nel 1225 da Sir Gualtiero di Benedetto Pagano con
l’intitolazione a S. Agata e aveva annesso un convento che, agli inizi del ‘900,
divenne Distretto Militare e, nel 1948, venne demolito per far posto al palazzo
delle Poste.
Il prospetto principale, a due piani di paraste binate, denuncia all’esterno
l’impianto di derivazione gesuitica, ad aula unica e cappelle laterali, che
caratterizza l’interno della chiesa.
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Gli echi del Barocco settecentesco abruzzese si manifestano nella lieve curvatura
della zona mediana del piano di facciata, opera dell’architetto Carlo Faggi.
All’interno i partiti decorativi a stucco, l’ordine architettonico di paraste e gli
altari sembrano ribadire la semplicità che contraddistingue l’esterno dell’edificio.
Tra le varie opere conservate nella chiesa degno di nota è l'organo (cm. 460 x
335 x 150 ca.), costruito dall'organaro Quirico Gennari (v. Scheda autore),
esponente della nota famiglia artigiana organaria originaria del rodigiano.
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Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni
Chiesa della SS. Annunziata
La chiesa della SS. Annunziata è parte integrante di un ampio complesso che
include le strutture del Palazzo, uno dei più preziosi gioielli d'arte abruzzese, un
tempo destinato a funzioni ospedaliere, oggi noto per la bellissima facciata nella
quale si concretizza nel modo più raffinato il trapasso dalle forme medievali a
quelle rinascimentali. Sebbene le origini della chiesa siano da sempre legate alle
vicende del Palazzo (entrambi sono edificati per volontà della Confraternita dei
Compenitenti, come ricorda l'atto di fondazione del 10 marzo 1320), la SS.
Annunziata diversamente "dall'ospedale" mostra un volto barocco;
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Sul lato destro della navata della chiesa della SS. Annunziata a Sulmona
campeggia un organo (cm. 560 x 285 x 155 ca.) di grande pregio storico e
artistico costruito tra il 1753 e il 1757 da Domenico Antonio Fedeli (v. Scheda
autore), esponente della celebre famiglia di artisti organari della Rocchetta di
Camerino (oggi Corgneto, MC)
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Sul lato sinistro della navata troviamo un altro organo (cm. 560 x 250 x 132 ca.)
di grande pregio storico e artistico costruito nel 1749 con grande maestria
dall'organaro vastese Tomaso Cefalo
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Danni segnalati
Inagibile. Lesione sull'arco trionfale, tra chiave e reni, probabilmente estesa al
solo intonaco.
Chiesa di S. Antonio
La chiesa è situata appena fuori
del centro storico della città,
nell’area antistante Porta Napoli.
Nato
come
complesso
conventuale francescano (già di
San
Nicola),
fu
ridotto
all’osservanza da Giovanni da
Capestrano. L’edificio è frutto di
una
rilettura
settecentesca
Chiesa di S. Antonio
dell’invaso spaziale: il coro è schermato da una parete diaframma, posta in
corrispondenza dell’altare maggiore, attraverso la quale due porte conducono alla
zona del presbiterio.
I partiti decorativi del paliotto e gli intarsi marmorei testimoniano l’intervento di
maestranze provenienti da Pescocostanzo, così come avvenuto nei principali
edifici religiosi della città.
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Gli affreschi, i partiti decorativi dell’aula e la facciata dell’edificio sono frutto di
un rimaneggiamento ascrivibile al XIX secolo.
All’interno della chiesa si conserva un organo (cm. 470 x 320 x 145 ca.) costruito
nel 1756 da Raffaele e Domenico Antonio Fedeli (v. Scheda autore), esponenti
della celebre famiglia di artisti organari della Rocchetta di Camerino (oggi
Corgneto, MC).
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Chiesa di S. Caterina d’Alessandria
Le notizie circa la fondazione della chiesa di S. Caterina sono discordanti: la
maggior parte degli studiosi ritiene di poter dare inizio alla storia del complesso
nel 1325, quando si hanno le prime notizie dell'insediamento femminile
domenicano in Sulmona; c'è anche chi fa risalire le origini in tempi più antichi,
sostenendo che l'insieme sia stato edificato nel 1178 per volontà dell'Ordine dei
Cavalieri Gerosolimitani con il nome di Commenda di San Giacomo dei
Cavalieri di Rodi, poi Cavalieri di Malta, ai quali nel Trecento successe la
comunità domenicana (Esposito M., 1998).
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La costruzione dell'organo (cm. 390 x 205 x 200 ca.) della chiesa di S. Caterina
d'Alessandria a Sulmona risale al XVIII secolo ma la totale assenza di cartiglio
impedisce di darne una corretta datazione e attribuzione.
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Danni segnalati
Inagibile.
Problemi
diffusi
di
infiltrazione,
forte
degrado
apparentemente consistenti sulla volta, oltre a minori, diffuse.
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e
lesioni
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Chiesa di S. Chiara
La chiesa di S. Chiara a Sulmona ha origini
duecentesche legate al nome della beata Florisenda
da Palena che tra il 1260 e il 1269 fonda la chiesa
con annesso monastero delle clarisse. Della
struttura originaria si conserva ben poco dal
momento che già con il terremoto del 1456 si
rende necessaria la ricostruzione.
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Il ciclo di affreschi tardo duecentesco del
Chiesa di S. Chiara
complesso monastico di Santa Chiara è venuto alla
luce durante il recente intervento di restauro dell'edifico.
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Danni segnalati
Inagibile. Problemi sulle piattabande dell'ultima serie di aperture, con conci di
pietra distaccati, ma in maniera compatibile con un equilibrio statico.
Chiesa di S. Domenico
Fondata insieme al convento dei Domenicani nel
XIII secolo, la chiesa ha subito modifiche e
restauri nel corso del tempo. La trasformazione più
incisiva è quella operata in età barocca che
prevedeva il consolidamento e la conservazione
Chiesa di S. Domenico
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della parti esistenti e la trasformazione degli spazi interni.
All’interno è conservata una pala raffigurante La Deposizione, attribuita alla
scuola umbro-marchigiana del XVI secolo.
Danni segnalati
Inagibile. Lesionamento diffuso e localmente profondo sulle voltine delle navate
laterali, distacco dell'abside, allentamento dei conci di due pilastri, lesioni sulle
murature delle navata centrale verso l'altare.
Chiesa di S. Filippo
La chiesa è posta nel lato sud-orientale di piazza Garibaldi. L’attuale struttura,
sede sulmonese dell’ordine degli Oratoriani, risale al 1667 assieme al sottostante
Oratorio. Un’originale rilettura dell’invaso spaziale fu effettuata, tra il 1764 e il
1794, a seguito del terribile sisma del 1706.
Sulla struttura seicentesca dell’edificio si innesta una facciata medievale, la
quale, sul finire dell’Ottocento, fu trasferita dalla scomparsa chiesa di S.
Agostino sul fronte ancora rustico di S. Filippo. Di grande interesse è il portale
gotico del 1315, di derivazione napoletana, secondo alcuni, veneziana, secondo
altri. Di forma ogivale, è formato da colonnine a tortiglione ed iscritto in un
timpano decorato da teste e foglie di acanto. L’insieme è riquadrato da due
colonne ottagonali sovrastate da pinnacoli scolpiti con stemmi degli Angioini e
del casato dei Sanità.
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La lunetta conteneva un dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino tra
Sant’Agostino e San Lorenzo, rimosso a seguito del sisma del 1706 ed
attualmente conservato nel Museo Civico della città.
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All’interno del timpano è racchiuso un prezioso bassorilievo con San Martino
che divide il mantello con il povero, sormontato da una finestrella circolare
quadrilobata.
L’invaso spaziale ad aula unica con quattro cappelle laterali è generato dalla
giustapposizione di due cellule quadrate coperte con pseudocupole a base
circolare ed impostate su pennacchi trapezoidali. Nella zona mediana dell’aula,
l’asse trasversale è rimarcato dalla presenza di due ambienti deputati ad
accogliere altrettante cantorie.
La porzione di volta a botte situata nel mezzo dell’aula è decorata da un dipinto
attribuito al Tedeschi, allievo del Patini.
Tra le opere conservate all’interno della chiesa vi sono un cenotafio dedicato a
Giambattista Mazara; una scultura lignea barocca dell’Immacolata; una scultura
lignea di Sant’Agata; busti lignei di santi, tra cui S. Filippo; una mitra di San
Carlo Borromeo; il reliquiario del santo e diverse tele raffiguranti stemmi delle
famiglie sulmonesi.
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Degno di nota è inoltre l’organo, di chiara fattura ottocentesca, costruito
probabilmente dall'organaro cremasco Pacifico Inzoli.
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Danni segnalati
Inagibile. Lesioni non gravi sugli arconi di supporto del tamburo e si altari
laterali. Lesionamento passante della voltina a ridosso della facciata. Lievissima
tendenza al distacco della facciata.
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Chiesa di S. Francesco della Scarpa
I Francescani giungono a Sulmona nella prima
metà del Duecento ma edificano la chiesa ed il
convento solo nella seconda metà del secolo,
ospiti fino a quel momento nella Cattedrale di S.
Panfilo.
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Sulla porta d'ingresso principale della chiesa
campeggia un monumentale organo costruito
intorno alla metà del XVIII secolo da Domenico
Chiesa di S. Francesco della Scarpa
Antonio Fedeli.
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Danni segnalati
Inagibile. Lesioni diffuse su archi e murature, non gravi. Problemi dovuti al
distacco di pezzi di intonaco di notevoli dimensioni.
Chiesa di S. Francesco di Paola
La chiesa fu ricostruita nel XVII secolo in luogo
di un più antico edificio di culto. L’interno
presenta una decorazione barocca con stucchi e
marmi che incastonano tele dell’Ottocento. Nel
presbiterio è possibile ammirare un prezioso
tabernacolo ligneo. Il tabernacolo (cm. 170 x 80)
era precedentemente conservato a Campli (TE),
nella sacrestia della chiesa cappuccina di S.
Chiesa di S. Francesco di Paola
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Giacomo Maggiore, per la quale era stato eseguito.
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La facciata della chiesa è stata ricostruita nel 1931.
Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni.
Chiesa di S. Gaetano
Posta in Via Barbato, una traversa di Corso
Ovidio, la chiesa di San Gaetano, conosciuta
nelle fonti come Santa Maria di Pietraldoni,
risale probabilmente all’ VIII secolo. In seguito
al disastroso terremoto del 1706, l’edificio subì
dei rifacimenti e nel 1775 è stato aggiunto il
campanile. La chiesa ha acquistato maggior
interesse in seguito al rinvenimento, nel corso di
recenti scavi archeologici, dei resti di una domus
romana sulla quale l’edificio sacro è stato
Chiesa di S. Gaetano
costruito.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Chiesa di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista
La chiesa fu edificata nel 1580 e il convento nel 1650 per ospitare i frati
Cappuccini che fino a quel momento avevano avuto sede nel convento
dell’Incoronata. L’impianto presenta una navata unica con copertura a volta a
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botte; sul lato sinistro si aprono tre cappelle tra loro comunicanti. All’interno è
conservata una tela raffigurante S. Giovanni Evangelista realizzata nel 1661 da
Giacomo Farelli, e diverse opere lignee tra cui la principale è il tabernacolo.
L'altare in legno ed il prezioso tabernacolo conservati nella chiesa di S. Giovanni
Apostolo ed Evangelista in Sulmona (in origine S. Giovanni "ante Portam
Latinam")
furono
eseguiti
durante il provincialato di padre
Angelo
Urbanucci
Bucchianico,
secondo
da
la
testimonianza di Filippo da
Tussio: "nel 1737 fu rinnovato
da' celebri nostri Marangoni
l'Altare
e
magnifico
fu
lavorato
ciborio
che
il
vi
esiste"; probabile autore fu frate
Chiesa di S. Giovanni Apostolo Evangelista
Andrea da S. Donato con aiuti.
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Agibile. Non si segnalano gravi danni.
Chiesa di S. Lucia
All’angolo fra corso Ovidio e via della Cona si trova la chiesa di S. Lucia con
l’annesso convento. Di origini trecentesche, essa fu completamente trasformata
in epoche successive. Il convento fu soppresso nel 1406 a causa delle lotte
intestine tra le famiglie dei Merlino e dei Quatrario e passò ai Celestiniani che lo
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occuparono fino al terremoto del 1656 che lo distrusse completamente. La chiesa
venne restaurata solo nel 1979.
Sulla parte alta del fianco allineato su corso Ovidio da notare un bassorilievo
raffigurante l’Albero della vita con Adamo ed Eva; tipico è il campanile a vela.
All’interno della chiesa, in una nicchia, si conserva una scultura in gesso della
santa e dipinti del XVIII secolo raffiguranti santi.
Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni.
Chiesa di S. Maria ad Nives
La piccola chiesa di Santa Maria ad Nives,
all’interno, oltre ad un pregevole corredo
liturgico,
conserva
un
gruppo
scultoreo
raffigurante la Fede e la Carità, opera databile al
XX secolo, realizzato mediante l’utilizzo di più
materiali. Lavorato a altorilievo, è riconducibile
alla mano di Giovanni Feneziani, scultore e
decoratore
quarantennio
aquilano,
del
1900.
attivo
La
nel
primo
tecnica
della
lavorazione del cemento e del ferro utilizzata per
Chiesa di S. Maria ad Nives
le statue, ritorna abitualmente nelle opere successive conservate in altre chiese
dell’Abruzzo aquilano.
Danni segnalati
Inagibile.
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Chiesa di S. Maria della Tomba
La chiesa di Santa Maria della Tomba sorge, secondo la tradizione, su
preesistenze antiche di rilevante importanza, che vengono identificate in un
tempio dedicato a Giove Capitolino o nella dimora del poeta Ovidio.
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Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni
Chiesa di S. Maria di Roncisvalle
La chiesa rurale di Santa Maria di
Roncisvalle, prende probabilmente il
suo nome da un'antica battaglia
perduta che doveva riportare alla
memoria
gli
episodi
del
ciclo
carolingio. La chiesa presenta un
doppio portale con stemma cittadino
(SMPE)sul primo ed affresco con
Madonna con il Bambino e Santi nella
Chiesa di S. Maria di Roncisvalle
lunetta del secondo.
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Danni segnalati
Già in stato di rudere. Inagibile.
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Chiesa di S. Panfilo
La cattedrale di San Panfilo conserva alcune tra le più importanti testimonianze
dell'arte e dell'architettura medievali della città di Sulmona. Secondo la
tradizione già nell'VIII secolo, sui resti di un tempio pagano, sarebbe stata eretta
una primitiva chiesa, proprio nel luogo in cui i portatori del corpo defunto di San
Panfilo, durante il trasporto da Corfinio a Sulmona, si fermarono per la fatica.
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Il crocifisso collocato al centro della navata costituisce uno dei pochi esemplari
di scultura lignea conservati nel centro peligno.
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La cattedra conservata nella chiesa di S. Panfilo a Sulmona è composta da pezzi
di diversa provenienza ed epoca, riordinati probabilmente nel corso del Seicento,
quando si scelse di collocarla nella cripta.
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Danni segnalati
Agibile. Lesioni di distacco tra voltine ed arconi trasversali; lesioni diffuse, non
gravi, su volte e murature perimetrali.
Chiesa di S. Pietro
La chiesa, situata al termine di via Ercole
Ciofano, è di antiche origini anche se l’impianto
attuale è frutto di una radicale rilettura secondo
il nuovo fare progettuale barocco.
Al suo interno, l’impianto di derivazione
gesuitica ad aula unica e cappelle laterali
accoglie alcuni altari nei quali si conservano
Chiesa di S. Pietro
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varie tele di discreto valore. Un pregevole organo settecentesco, una campana del
1492, due crocifissi lignei, dei quali uno su croce dipinta di scuola abruzzese
della prima metà del XV secolo costituiscono gli arredi sacri tuttora presenti
nella chiesa.
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I capicroce sono stati attribuiti all’artista locale Giovanni da Sulmona, operante
nella cittadina ovidiana nella prima metà da XV secolo.
Danni segnalati
Inagibile.
Chiesa di S. Rocco
Ubicata sul lato est di Piazza Garibaldi, la piccola
chiesa di S. Rocco, ad una sola navata, si data al
1400. Conserva al suo interno una statua
raffigurante San Rocco.
E’ un’opera di carattere devozionale ma di fattura
discreta. Si ricollega alla scultura tardo barocca
della scuola napoletana testimoniata a Sulmona
dall'opera di Giacomo Colombo.
Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni
Chiesa di S. Rocco
Chiesa della SS. Trinità
Posta lungo Corso Ovidio, la chiesa della SS. Trinità, forse più di ogni altro
monumento di Sulmona ha subito una serie di rifacimenti e di trasformazioni che
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hanno portato spesso al totale stravolgimento
dell’assetto precedente dell’edificio. Sorge sul
sito dove un tempo si trovava la chiesa di San
Giacomo in Cartolano. Sembra che i confratelli
della SS. Trinità ne ottennero la gestione e
quindi ne cambiarono l’intitolazione. A seguito
del terremoto del 1706, la facciata venne
ricostruita e sul timpano del frontone venne
inserito un busto in pietra raffigurante l’Eterno
Padre. Anche all’interno vennero apportate delle
Chiesa della SS. Trinità, portale
modifiche: l’edificio fu ridotto ad una sola
navata, l’altare maggiore venne dedicato alla Trinità e dei due altari laterali, uno
venne consacrato a San Paolo e l’altro a San Lorenzo Martire. Tra il 1743 ed il
1744 venne anche riedificato il campanile, opera del Maestro Cesare Lombardo.
Nel 1958, a seguito dell’esigenza di allargare la carreggiata di Corso Ovidio,
venne abbattuto il campanile e lo stesso edificio della chiesa venne trasformato:
la facciata venne arretrata
di circa otto metri, riducendo in tal modo le
dimensioni della chiesa. I lavori furono conclusi nel 1964 ma vennero ripresi nel
1973 per adeguare la nuova struttura, aprendo due arcate laterali. L’edificio
acquistò così una pianta a croce latina; il vecchio altare è stato spostato nella
cappella del SS. Sacramento. All’interno si conservano opere di notevole
interesse: sull’altare delle Anime Sante spicca un dipinto del pittore sulmonese
Alessandro Salini, mentre l’organo realizzato da Adriano Fedri di Atri nel 1761 è
stato rimosso nel corso dei lavori di restauro, perduti sono invece i preziosi
armadi della sacrestia, la cui attribuzione è legata a
Pescocostanzo.
Danni segnalati
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Ferdinando Mosca di
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Agibile. Non si segnalano gravi danni
Chiesa di S. Maria di
Montevergine
La chiesa, ubicata fuori del centro di
Sulmona, in direzione Pettorano sul
Gizio, conserva sull’altare maggiore
una pala datata al XVIII secolo,
raffigurante
una
Madonna
con
Bambino in gloria con angeli.
E’un’opera a carattere devozionale
Chiesa di S. Maria di Montevergine
riconducibile
alla
cerchia
di
Vincenzo Conti, pittore sulmonese (1775-1825). Le piante di quercia che
compaiono sullo sfondo, alludono al primitivo titolo della chiesa: Santa Maria
della Quercia. In basso a sinistra è una veduta cittadina dove emergono una
cupola e un campanile.
Danni segnalati
Precedentemente chiusa al culto
Chiesa della Virgo Potens
La piccola chiesa, un tempo ubicata
in aperta campagna, oggi inglobata
nella zona di espansione della città,
è stata sottoposta nel 2008 ad
interventi di restauro. Presenta nella
parte centrale della navata un altare,
dalla forma assai semplice che
Chiesa Virgo Potens
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poggia su di un gradino in pietra decorato con maioliche a motivi geometrici e
contiene al centro una teca in cui è custodita una statuetta di Gesù Bambino. Sul
lato di fronte all’ingresso principale è posto un dipinto raffigurante, su un fondale
celeste stellato, una Madonna seduta in trono col Bambino. A sinistra la
Maddalena, con i capelli disciolti ed un unguentario in mano, e S. Giovanni
Battista, con la croce, una pergamena e il simbolico agnello accanto; a destra, S.
Damiano che mostra un ferro chirurgico ed una coppa, e S. Sebastiano trafitto da
frecce. In alto, entro un tondo a fondo giallo-oro, appare l'Onnipotente in atto
benedicente che sorregge un libro aperto con l'iscrizione.
Danni segnalati
Agibile. Non si segnalano gravi danni
Teatro Maria Caniglia
Il teatro comunale di Sulmona, il più grande dei teatri storici abruzzesi, venne
realizzato tra il 1931 e il 1933 su progetto dell'ingegnere capo del Comune Guido
Conti, protagonista assoluto nel campo delle opere pubbliche del Ventennio
sulmonese, autore di molte altre opere come le Scuole Elementari di viale
Mazzini e la sistemazione della facciata del collegio dei Gesuiti.
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Danni segnalati
Parzialmente agibile. Fessurazioni diffuse sul IV ordine e sulla zona del palco.
Danni lievi sulla facciata.
Palazzo della SS. Annunziata
“Grandioso monumento nel suo insieme, di larghe linee, con le sue finestre,
bifore e trifore, di forma ogivale, con riquadrature del più puro rinascimento,
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adorne di magnifici e sorprendenti lavori d’intaglio, negli stipiti, nelle svelte
colonnine, ne’ piccoli archi; col suo primo piano ricco di statue e decorazioni, e
di una cornice che corre in tutta la sua lunghezza; desta, al primo vederla,
meraviglia e sorpresa nell’animo del riguardante. Considerandolo parte a parte,
l’occhio serenamente e con compiacenza si posa su que’ finissimi e meravigliosi
lavori d’intaglio, che paiono ricamo, su quelle purgate eleganze e finitezze del
secolo XV, sulla magnifica porta centrale, degna di particolare considerazione
per la leggiadria e l’eleganza delle sculture, delle sagome, degli ornati, che
meravigliosamente armonizzano col classico dell’architettura e del timpano,
sculture ed ornati che spiccano sul bruno rivestimento della facciata”.
Il palazzo della SS. Annunziata così descritto dal Bindi, è il risultato di una lunga
vicenda costruttiva iniziata nel primo Quattrocento e proseguita ininterrottamente
nei secoli: è una vera e propria testimonianza, pietra su pietra, del delicato
passaggio dalla dinastia Angioina a quella degli Aragonesi.
La facciata risulta ancora oggi la parte più notevole la cui complessità mostra
l’evolversi dello stile che da movenze tardogotiche cede il passo a un linguaggio
quattrocentesco e documenta la ricezione in un territorio periferico, quale
Sulmona, delle maggiori correnti artistiche contemporanee.
Il prospetto è frutto di tre diverse fasi costruttive: la prima del 1415 rappresentata
dal primo portale, una fase intermedia tra il 1456 e il 1483, come testimoniato
dall’iscrizione posta sulla finestra del cortile interno, e infine un terzo stadio
esecutivo di cui permangono sulla cortina muraria le date del 1519 e del 1522,
epoca in cui vennero edificati l’ultimo portale e la sovrastante bifora.
La facciata appare riccamente decorata da portali, finestre (bifore e trifore) e da
sette statue rappresentanti, a grandezza
naturale, i Padri della chiesa San
Gregorio Magno, San Bonaventura, Sant’Agostino, e Sant’Ambrogio e poi San
Panfilo , vescovo di Sulmona e i Santi Pietro e Paolo.
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E TERREMOTO
Nel timpano del portale principale vi è inserito il gruppo scultoreo della
Madonna con Bambino e quattro angeli oranti, mentre nella lunetta del portale di
sinistra è possibile ammirare la Vergine col Bambino.
La cornice marcapiano, che divide il primo dal secondo ordine, è decorata con il
classico motivo di vite con grappoli, pampini e rappresentazioni sacre e profane
quali scene campestri, di caccia, musicali, di lotta e d’amore.
Utilizzato come ospedale civile e ricovero degli infermi, l’edificio è
miracolosamente sopravvissuto al terremoto del 1706 e continuò a mantenere in
parte l’uso ospedaliero, mentre gli ambienti corrispondenti alla facciata
monumentale sono stati dimora del Magistrato cittadino, degli uffici comunali,
ed in seguito del Giudice conciliatore e della scuola pubblica.
Attualmente il complesso è stato quasi interamente destinato ad attività museali:
al suo interno hanno, infatti, sede il Museo civico, il Museo archeologico in situ
con resti di una domus romana riportati alla luce da uno scavo del 1991, il Museo
del costume popolare abruzzese-molisano e della transumanza e infine
l’Auditorium gestito dalla Camerata Musicale Sulmonese.
Danni segnalati
Inagibile. Intonaci pericolanti.
Palazzo Giovanni dalla Palle
Il Palazzo venne costruito nel 1484 dal mercante veneziano Giovanni dalla Palle,
come ricorda un’iscrizione sul cantonale (MAESTRO GIOVANNI DALLE
PAL/ LE VINITIANO DE SER/ MONA FECE FARE CHVESTO/ DIFITIO ET
CASA PRIN/ CIPIATI ANNO MCCCCLXXXIIII) e il progetto venne curato
dall’architetto
veneziano
Simone.
Il
palazzo
rimaneggiamenti dopo il sisma del 1706.
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è
frutto
di
numerosi
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L’ingresso principale si apre su
corso Ovidio: presenta caratteri
stilistici
settecenteschi.
Sul
monumentale portale seicentesco
ad arco ribassato fiancheggiato da
colonne
fasciate
da
forte
bugnatura spiccano le insegne
delle famiglie Trasmondi e Scala.
Visita
anche:
Palazzo di Giovanni dalle Palle Veneziano
http://www.regione.abruzzo.it
Su via XX Settembre il palazzo si caratterizza per la facciata con due ingressi,
uno dei quali doveva essere l’ingresso principale. Nella chiave di volta del
portale destro è collocato il bassorilievo raffigurante una sirena sorretta da due
angeli; nella parte superiore della facciata tra le due finestre ingentilite da esili
colonnine centrali, è stata ricavata una nicchia che ospita la statua del San
Giorgio a cavallo. Allo spigolo del palazzo vi era un’altra statua raffigurante il
San Giovanni Battista, scolpita da Simone di Venezia e attualmente conservata
presso il Museo civico.
Danni segnalati
Agibile.
Palazzo dei Marchesi Mazara
Ubicato nel centro storico della città, Palazzo Mazara, oggi sede del Centro
Regionale Beni Culturali, costituisce una delle emergenze più significative della
Sulmona del XVIII secolo. Le sue vicende storiche sono da ricondurre entro la
serie di interventi che interessò la zona in seguito al terremoto del 1706.
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La prima notizia storica sul Palazzo Mazara risale al 1748 ed è relativa all’atto
del Notaio Patrizio de Sebastiano di Sulmona secondo il quale i Mazara
acquistano edifici, con l’accorpamento dei quali si delimitò il sito su cui venne
edificato il palazzo.
La facciata principale è contraddistinta dalla successione di tre fasce incorniciate
da due robusti cantonali. La suddivisione dei piani presenta modulazioni basate
sul rilievo della muratura: una listellatura caratterizza il piano terra, mentre
prevale la muratura liscia intonacata vivacizzata dalla successioni delle aperture
delle finestre e dei balconi nel piano superiore. Nel portale, la soluzione adottata
è il ricorso all’uso di semicolonne tuscaniche affiancate da lesene, realizzate in
pietra, che risaltano per la materia usata rispetto al resto del palazzo e per
l’eccezione ritmica che creano nell’uniformità della fascia del pianterreno. Dal
portale si accede al cortile interno. Il cortile quadrato presenta sui 3 lati degli
archi (3 su ogni lato) che a loro volta delimitano degli spazi coperti. di volta delle
arcate del cortile, in chiara contraddizione con le regole della statica.
Tutto il passato della famiglia Mazara, è ben presente nelle decorazioni che si
concentrano nel piano nobile (1° piano), dove numerosi sono i rimandi alla
cultura siciliana e saracena. I restanti livelli sono privi di decorazioni, anche se si
può ipotizzare la presenza d’elementi decorativi di minor rilievo, allo stato
attuale non leggibili. Le decorazioni del palazzo risalgono tutte al secolo XVIII,
ad eccezione di quelle che decorano le volte della scala, risalenti alla fine del
XIX secolo.
La distinzione tra le funzioni delle varie zone è espressa a livello iconografico:
mitologico-allegorico, nell’ala nobile, bucolico naturalistico, nelle altre stanze.
Le decorazioni di maggiore interesse e ricchezza, interessano l’ala quasi
certamente adibita a luogo di ricevimento e rappresentanza, e sono tutte
realizzate in stucco dorato. Le stanze più modeste, presentano, invece, una
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E TERREMOTO
decorazione meno raffinata, realizzata a tempera su intonaco, con scene che
ricordano la vita pastorale. Sfortunatamente la zona posta a nord-est che con
molta probabilità accoglieva le stanze da letto, ha subito un totale rifacimento nel
1885 e non ci è quindi possibile, mancando, tra l’altro, documenti a riguardo,
stabilire il tipo di decorazione che la caratterizzava. Il lato ovest accoglieva
invece lo studiolo e il gabinetto segreto; in particolare quest’ultimo, è degno di
nota per gli stucchi dorati che ne decorano la volta e rimandano all’ambiente
contadino. Questo tipo di decorazione trova una giustificazione se si tiene conto
dell’attività svolta dai Mazara, i quali avevano, negli scantinati, quella che
potremmo definire una vera e propria “officina vinicola” con torchi, vasche e
depositi vinari.
Come già accennato, il lato sud è quello che presenta la decorazione più ricca e
interessante, dove forti sono i rimandi al mondo allegorico-mitologico e a quello
siciliano. Sulla volta di quella che abbiamo definito “sala principale” , si staglia
la figura di Mercurio che dona il pomo della discordia a Paride, mentre, dal lato
opposto, Giunone, Diana e Venere attendono frementi la decisione. Intorno, nelle
vele, sono presenti le allegorie delle quattro stagioni, sporgenti su finte balaustre
e gli stemmi con, all’interno, i simboli della caccia, della musica, delle scienze e
delle lettere. Nella stanza successiva, attualmente sede del Consolato Canadese,
torna nuovamente il soggetto mitologico, con la rappresentazione di Psiche che
consegna a Venere, posta tra Giunone, Diana e Amore, la pisside contenente le
acque di Stige. Intorno, negli intradossi, giocano coppie di putti.
La volta dell’ultima sala, nell’ala sud, è caratterizzata da una decorazione
rappresentante l’unione amorosa che trova espressione nelle allegorie del
matrimonio, dell’unione, del legame amoroso e della fedeltà. In questa, più che
nelle altre, forte è il rimando alle origini della famiglia, ben presenti nei piccoli
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volti moreschi che attorniano la cornice centrale. Negli intradossi presenziano
armature e simboli di guerra.
A livello stilistico, è evidente la diversità di realizzazione tra le decorazioni
appena menzionate; sono d’attribuire ad una stessa mano le stanze contigue con
le storie di stampo mitologico, e ad un’altra le scene allegoriche e “contadine”.
Degno di nota un camino a muro decorato con stucchi e simboli alchemici, che si
trova in una piccola stanza attigua a quella consolare.
Da non dimenticare la terrazza, presente nel lato ovest, dove, un tempo, i Mazara
crearono un giardino d’inverno con piante tipiche della loro regione d’origine
(aranci, limoni, ecc.). In questa è presente una fontana a muro recante un
mascherone centrale e motivi marini (conchiglie e onde).
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Ai lati della fonte sono presenti decorazioni in stucco con iscrizioni affrescate
che descrivono il profumo delle piante e il rumore delle acque.
Danni segnalati
Parzialmente inagibile. Gravi danni strutturali, lesioni alle murature portanti.
Palazzo Sanità
La residenza della Famiglia Sanità (De Sanitate
secondo il Petrarca) sorge all’estremità di una
traversa del Corso Ovidio. La ricca famiglia
originaria di Todi si trasferì a Sulmona nella prima
metà del Duecento.
L’edificio presenta il portale durazzesco a sesto
ribassato con due bifore, opera- secondo il Gavinidi Pietro da Como, già autore della porta di
Palazzo della Sanità, portale durazzesco
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palazzo Tabassi. Qui l’artista utilizzò una linea più sobria e le due bifore,
difformi tra loro stilisticamente, vennero realizzate in due periodi differenti.
All’interno su un piccolo cortile a quattro arcate si affacciano tre piccoli porte
ogivali, una delle quali comunica con il secondo ingresso di via Solimo su cui è
possibile ammirare lo stemma del casato.
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Lungo le scale di collegamento al piano superiore è possibile ammirare due
affreschi: uno raffigurante la “Madonna con Bambino e santi” e l’altro la
“Vergine con Bambino e devoti”, quest’ultima realizzata nel 1450 da A. De
Litio.
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Danni segnalati
Agibile.
Palazzo Tabassi
Edificato su via Ercole Ciofano, il palazzo
Tabassi è un tipico esempio di dimora patrizia del
XV secolo. Conserva il portale durazzesco a sesto
ribassato e riquadrato da una cornice rettangolare.
Venne realizzato nel 1449 dal maestro Petri da
Como, come ricorda un’iscrizione sul lato destro
(MAESTRO PETRI DA COMO FECE QUESTA
PORTA.
A.
D.
MCCCCXLVIIII).
Nell’archivolto si possono ammirare due scudi
gentilizi.
Palazzo Tabassi
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Sul portale si apre una bellissima bifora riccamente scolpita: gli stipiti sono
fiancheggiati da colonnine frontali che servono da appoggio alla grande mostra in
sesto acuto che ne ripete la ricca decorazione. La colonnina centrale sostiene due
arcatelle trilobate e la sovrapposta decorazione a traforo.
All’interno si apre un cortiletto settecentesco con il pozzo con due stemmi
araldici scolpiti uno sul parapetto e uno sulla parte alta; un altro stemma è
presente sul loggiatino.
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Nella tamponatura dell’arco di sinistra sono inserite sei lapidi funerarie romane.
Il palazzo fu oggetto due interventi di ricostruzione: dopo il sisma del 1706 e
dopo il secondo conflitto mondiale.
Danni segnalati
Agibile.
Palazzo Vescovile
Progettato dall’architetto Carlo Fontana secondo uno schema piuttosto consueto
all’epoca, che prevedeva la costruzione degli edifici istituzionali con chiesa
annessa. La realizzazione del complesso avvenne nel corso della prima metà del
Settecento.
Danni segnalati
Agibile.
Ex monastero di S. Lucia
L’ex monastero di S. Lucia è uno dei primi edifici che si incontrano entrando a
Sulmona attraverso l’imponente Porta Napoli, un tempo denominata Porta Nova.
Esso faceva parte dell’antico complesso di S. Lucia, la cui chiesa è ancor oggi
presente sul lato del convento. Non si hanno notizie certe sulla sua data di
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fondazione ma in relazione alle vicende costruttive della cinta muraria della città,
ed in particolare della vicina Porta Nova (1338) , è risultato piuttosto agevole far
risalire l’edificazione del complesso agli ultimi anni del Duecento o ai primi
decenni del Trecento. Pur avendo sostenuto la maggior parte degli storici locali
che la struttura sia appartenuta alle monache Benedettine, per poi essere stata
ceduta, agli inizi del XV secolo, ai Celestini, non si hanno oggi a disposizione
documenti che attestino tale tesi. Dalla documentazione esistente si evince
piuttosto che agli inizi del Quattrocento il convento appartenesse già all’ordine
dei Celestini e fosse stato dichiarato grangia del monastero di S. Pietro
Confessore e scelto come residenza del relativo priore frate Tommaso da
Roccavallescura e dei suoi frati. Dalla metà del XVI secolo il complesso passò
alle dipendenze del monastero di S. Spirito del Morrone, poiché
S. Pietro
Confessore, distrutto e crollato, era stato abbandonato dai Celestini. E’ nel corso
del XVIII secolo che i Celestini lasciarono il convento, recandovisi solo il 13
Dicembre, giorno della festa di S. Lucia.
L’architettura del palazzo risulta fortemente rimaneggiata: la facciata,
contraddistinta da un semplicissimo ed ampio portale a sesto ribassato e da una
serliana centrale in alto, non presenta elementi originali; più interessante da
questo punto di vista risulta il chiostro. Esso presenta una pianta quadrangolare e
conserva l’antico portico su due lati, uno con arcate a sesto pieno e l’altro con
arcate a sesto acuto, tutte sostenute da robusti pilastri in pietra. Sono ancora
visibili le volte a crociera che coprono entrambi i lati per tutta la loro lunghezza.
Da un braccio del piano superiore si affaccia una graziosa loggetta con arcate a
sesto pieno su colonnine con capitelli di gusto tardo gotico, differentemente
decorati. Oltre agli originali ingressi in pietra, sporadici elementi antichi, quali
arconi e pilastri a muro, sono presenti anche negli interni.
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L’ex-monastero è stato integralmente restaurato e destinato ad accogliere in parte
un raffinato bed & breakfast, in parte un esposizione di mobili d’epoca e di
design.
Danni segnalati
Non si segnalano danni
Palazzo della Provincia
Il Palazzo della Provincia costituisce uno fra gli esempi più interessanti nel
contesto dell’architettura gentilizia sulmonese. Esso si affaccia imponente
sull’attuale via Panfilo Mazara, un tempo strada S. Angelo, così denominata in
onore del santo al quale era dedicata la chiesa posta proprio davanti al palazzo,
dove oggi esiste solo un muro di recinzione. L’edificio è di origine
cinquecentesca e sin dagli inizi la sua destinazione fu legata ad importanti
funzioni pubbliche. Fu probabilmente sede del Giustizierato d’Abruzzo,
divisione territoriale amministrativa del Regno ai tempi di Federico II; vi sono
però alcune incertezze a riguardo poiché la documentazione a disposizione, pur
consentendo di confermare tale sede a Sulmona, non contiene riscontri che
possano ricondurla nello specifico a questo palazzo.
Con una sicurezza del tutto diversa si può invece affermare che l’attuale Palazzo
della Provincia ospitò a lungo la Tesoreria Generale dell’Abruzzo Citra, nella
quale risiedeva il Regio Tesoriere, detentore del delicato compito di provvedere
alla riscossione delle entrate fiscali dei paesi sottoposti alla propria giurisdizione.
Conseguentemente al passaggio di tale incarico da una famiglia all’altra cambiò
anche la proprietà del palazzo, ciò nonostante l’immobile resta nella memoria
collettiva associato ai Baldassarre, che per lungo tempo furono tesorieri del
Regno.
Nel 1653 il palazzo venne acquisito da Giovanni Battista Mazara, il quale lo
chiese come soddisfazione di un credito vantato verso la Regia corte, e da questa
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data in poi non risulta se l’edificio abbia ancora ospitato l’ufficio di Tesoreria.
Successivamente la proprietà dovette passare alla famiglia Corvi, che nel 1820 la
cedette a sua volta a Bartolomeo Ricciardelli di Pescocostanzo. Quest’ultimo,
dopo aver concesso l’edificio in affitto al Comune di Sulmona , decise, nel 1885,
di alienarlo alla Provincia che ne fece la sede dei Reali Carabinieri di Sulmona, i
quali hanno lasciato il palazzo solo da alcuni anni.
L’architettura dell’edificio è imponente e raffinata: la facciata, delimitata da due
robusti cantonali, presenta un grande ingresso costituito da un portale centrale
dalle linee piuttosto semplici, con arco a sesto ribassato, e due ingressi laterali
più piccoli. Il primo ordine è scandito da una serie di piccole aperture rettangolari
delimitate da una liscia cornice in pietra terminante al centro con una decorazione
a conchiglia; ad esse corrispondono, ai due ordini superiori, lineari finestroni
rettangolari arricchiti in alto da un delicato ornamento posto sotto una mensolina
leggermente curva. Un suggestivo ed ampio cortile accoglie chi entra: la
scenografia è arricchita con una decorazione di grande impatto costituita da una
serie di antichi affreschi che spiccano, sobriamente incorniciati, tra le eleganti
architetture. Essi raffigurano Scene di assedio e di presa di una città murata, nei
riquadri maggiori, Prigionieri e Panoplia, in quelli minori. Da molti attribuite al
raffaellesco Polidoro da Caravaggio, tali pitture rappresentano, ciò nondimeno,
ancora oggi, argomento di studio e di approfondimento riguardo la loro paternità,
mancando purtroppo un apparato documentario che supporti la tesi in maniera
inequivocabile.
Attualmente i piani superiori dell’edificio sono sede di uffici provinciali, mentre
il piano terra è destinato ad ospitare mostre ed esposizioni temporanee di vario
genere.
Danni segnalati
Non si segnalano danni
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Palazzo Sardi
Palazzo Sardi è situato in via Marselli detta “costa dei Sardi” al limite nord di
Piazza Garibaldi, la più rappresentativa della Città di Sulmona. La struttura fu
realizzata intorno alla fine del XVI secolo e risente nella sua definizione
dell’impianto più antico della città, infatti l’ingresso è posto sulla facciata
opposta a quella della piazza, che l’espansione urbana del XIII secolo aveva reso
piazza principale della Sulmona federiciana.
L’edificazione del palazzo avvenne per sottolineare l’accresciuta importanza
della famiglia Sardi, trasferitasi a Sulmona intorno alla metà del XIV secolo.
Sono riferibili all’originario impianto cinquecentesco le partiture delle facciate,
caratterizzate da finestre, disposte secondo uno schema regolare, i cui stipiti in
pietra sono sorretti da mensole, e l’imponente portale bugnato sul quale è ancora
posto il blasone del casato.
Entrando si è accolti da un suggestivo cortiletto con pozzo, che doveva
probabilmente avere uno spazio più ampio, attraverso il quale si raggiungono gli
ambienti del piano terra e la scala che conduce al piano nobile. Dalle sue origini
il palazzo ha subito molteplici interventi: una sostanziale ristrutturazione si è resa
necessaria in seguito ai danni causati dal terremoto del 1706, che compromise la
stabilità del cantonale più alto dell’edificio. Fu allora che oltre alla introduzione
di un contrafforte in pietra venne modificato il sistema di aperture, introducendo i
balconi e le due coppie di bifore settecentesche sul terzo piano. Un successivo
intervento nella fine del XIX secolo conferì agli interni un maggiore decoro
nobiliare, ancor oggi visibile negli stucchi dorati delle volte delle stanze a sinistra
dell’ingresso, negli affreschi dell’attigua stanza delle assemblee e nei vari dipinti
che decorano le successive stanze. Tutti gli ambienti sono messi in
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comunicazione da porte bugnate contornate da cornici dorate. L’intero edificio è
stato poi restaurato a cura della Comunità Montana Peligna che negli anni ’80 ha
acquistato il Palazzo per rifunzionalizzarlo a sede dell’Ente e a struttura museale.
Il palazzo è oggi la sede della Comunità Montana Peligna. Al primo piano si
trovano gli uffici amministrativi, informativi ed una sala conferenze; al piano
terra è stato allestito il Museo di Storia Naturale della Comunità Montana
Peligna. Questo si suddivide in due sezioni: l’entomologica e la mineralogica. La
prima è dedicata agli insetti locali e conta circa 7000 esemplari; l’altra è invece
dedicata ad una collezione di 1150 campioni di minerali provenienti da tutto il
mondo e che rappresentano più di 500 specie diverse.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Ex monastero di S. Chiara
L’ex Monastero di S. Chiara è un vasto edificio che occupa un’ampia parte del
Borgo Pacentrano, più precisamente il lato sud. Esso rappresenta uno degli
esempi di insediamento monastico di clausura più antichi della città e del
circondario. Vi si accede dal portone settecentesco che si affaccia, sopra
un’ampia scalinata, su Piazza Garibaldi, dalla quale è visibile una porzione della
facciata della Chiesa di Santa Chiara, annessa al monastero. Quest’ultimo,
fondato nel 1269 da Florisenda da Palena, fu per lungo tempo residenza della
comunità delle Clarisse, alle quali è attribuita l’origine della lavorazione artistica
dei confetti. La struttura racchiude uno spazioso chiostro porticato che conserva
le originarie forme cinquecentesche, esso è databile al 1518, come testimonia
un’iscrizione su uno dei pilastri. Vari furono i danni che il convento ha subito nel
corso dei secoli, tra cui quelli particolarmente gravi causati dal terremoto del
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1706, in seguito al quale si provvide ad affidare la ricostruzione dell’edificio ad
abili maestranze lombarde. Nel 1866 si è giunti alla chiusura del monastero. Di
recente la Soprintendenza ha curato un generale restauro, durante il quale sono
tornati alla luce, nella cappella interna, resti di un importante ciclo di affreschi
risalenti ai secc. XII-XIII e, nel refettorio, altri dipinti murali dei secc. XIV-XV.
Attualmente un settore del monastero ospita una casa di riposo per anziani,
mentre la parte restante accoglie un centro museale comprendente il Museo
Diocesano di Arte Sacra, la Pinacoteca Comunale d’Arte Moderna e
Contemporanea e la Biblioteca Diocesana.
Il Museo Diocesano è situato negli ambienti dell’ex oratorio ed accoglie sculture,
dipinti, oreficerie, arredi sacri di epoca medievale, rinascimentale e barocca
provenienti dalle chiese della diocesi. Nei locali adiacenti è collocata la
Biblioteca Diocesana, dotata di una cospicua raccolta libraria con numerosi testi
e riviste di storia locale. La Pinacoteca Comunale, alla quale si accede dal
chiostro, contiene opere di artisti abruzzesi dei secc. XIX e XX (tra cui una tela
di Teofilo Patini ed una scultura di Costantino Barella) e dipinti e sculture di
artisti contemporanei di alto spessore. Alla Pinacoteca è strettamente correlato il
“Premio Sulmona”, rassegna internazionale di arte contemporanea, organizzata
ogni anno dal Circolo d’Arte e Cultura “Il Quadrivio”.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Porta Napoli
La porta venne realizzata nei primi anni del XIV secolo.
Oggi conserva ancora intatta la sua possente struttura rettangolare che nel corso
dei tempi ha comunque subito delle modifiche, non sono infatti più visibili
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l’originaria terminazione merlata né la scala che permetteva l’accesso al secondo
piano. Il fronte è caratterizzato dall’uso del bugnato rustico che man mano
diviene meno sporgente e di più piccole dimensioni fino ad accogliere nelle
ultime cinque fila un decoro a rosoncini; lo stesso motivo, ma in forma non
sporgente, troviamo nei conci di pietra regolari che seguono. Alle estremità della
cornice marcapiano sono posti due capitelli riutilizzati di spoglio. L’ampia
finestra ogivale che apre al centro ripropone nella strombatura degli stipiti e
dell’archivolto il motivo a rosoncini, e a modo di capitelli di imposta per l’arco
impiega due rilievi raffiguranti l’uno una scena di caccia e l’altro la
rappresentazione di un rito sacrificale. Ai lati della finestra due stemmi dei
d’Angiò sono incastonati nella cortina muraria.
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Nel fronte che guarda verso corso Ovidio l’apertura della finestra diviene
rettangolare e presenta negli stipiti un rilievo con motivo a girali e figure umane
proveniente da un altro edificio.
In basso sono visibili tracce di un altare del 1338 dedicato alla Vergine. A
sinistra si conserva un edicola votiva dedicata sempre alla Madonna e datata
1824.
Danni segnalati
Non ha riportato danni
Porte urbiche
Oltre la monumentale Porta Napoli, in città vi erano altre antiche porte che
aprivano lungo le due distinte cinte murarie costruite a distanza di secoli l’una
dall’altra, quando l’accresciuto tessuto urbano rese necessario ampliare il
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perimetro difensivo. Alcune porte oggi sono scomparse, di altre si conservano
solo poche tracce, mentre sono ancora visibili:
Porta Filiamabili con arco a sesto acuto e nel cui sottarco a destra è incastonato
un rilievo di epoca romana raffigurante una scena di caccia;
Porta Romana che presenta un arco a tutto sesto e reca la datazione 1428,
relativa alla sua riedificazione, realizzata forse per volere di quel Meo de Bubu o
Buzu ricordato in un’iscrizione;
Porta Molina che nel rifacimento del 1429 assunse l’arco a tutto sesto;
Porta Pacentrana, con arco a tutto sesto e decorata con un dipinto che propone
un motivo a cubi prospettici giocato sui toni del rosso arancio e bianco;
Porta S. Antonio eretta tra il XIII ed il XIV secolo, oggi mostra una veste
successiva.
Porta Saccoccia, edificata in forma modeste nel XVII secolo;
Porta di S. Maria della Tomba del XIV secolo.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Acquedotto medievale
L’acquedotto con le sue scenografiche arcate ogivali chiude un lato dell’ampio
spazio di piazza Garibaldi, già piazza Maggiore. Rappresenta uno dei più
interessanti esempi di ingegneria idraulica medievale, garantendo il flusso di 600
litri di acqua dalle campagne fin dentro la città. Fu terminato nel 1256 durante il
governatorato di Manfredi, figlio di Federico II, come ricorda un iscrizione che i
Sulmonesi con orgoglio posero in corrispondenza del settimo pilastro.
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
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Fontana di S. Agata o di S. Margherita
Probabilmente costruita agli inizi del XVI secolo e situata in via Probo Mariano,
nel Borgo Pacentrano, fu restaurata tra il 1585 e il 1587 dai Maestri Lombardi
Francesco del Vita, Giovanni della Trabaia e Battista Tarone che inserirono
elementi scultorei più antichi tra cui lo stemma dei Lannoy.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Fontana del Vecchio
Il Capitano di Sulmona Polidoro Tiberti di Cesena, su invito del re Ferrante
D'Aragona, dispose nel 1474 la costruzione della Fontana che in origine era
collocata poco più in là nelle immediate vicinanze di Porta Salvatoris.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Fontana Iapasseri
La Fontana è situata in via Iapasseri nelle vicinanze del Ponte della Vella. E' un
grande abbeveratoio-lavatoio che raccoglie le acque sorgive provenienti da una
polla ubicata nei pressi del santuario di S. Maria della Potenza.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
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Fontana dell’Annunziata
Lungo Corso Ovidio, in Largo Annunziata, si trova la Fontana che prende il
nome dal famoso Monumento; essa è costituita da una coppa in pietra scolpita
poggiante su uno stelo posto al centro di una vasca circolare di pietra dal profilo
a gola rovescia, montata su tre gradini circolari.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Fontana di S. Maria di Roncisvalle
La fontana di S. Maria di Roncisvalle o Fonte S. Maria Giovanna era conosciuta
nel Trecento col nome di "fontana delli candulj". Situata sulla Via del Tratturo,
nei pressi della Chiesa di S. Maria di Roncisvalle è considerata la più antica della
città.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Fonte Grande
La fonte, oggi disseccata, è stata già da tempo recuperata e trasportata in
adiacenza del lavatoio pubblico in via Arabona.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
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Fontana di Piazza Garibaldi (già Piazza Maggiore)
Nel cuore della principale piazza della Città si trova la fontana composta da due
coppe circolari di diametro diverso montate su uno stelo posto in un' ampia vasca
ottagonale del diametro di m 3,20.
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Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Eremo di S. Onofrio (località Badia)
A Sulmona, in località Badia, sulle pendici del Monte Morrone, non lontano dal
Santuario italico di Ercole Curino, si trova l'eremo di Sant'Onofrio. Dal piazzale
che domina la Valle Peligna noto come "Belvedere", proseguendo per un
impervio percorso fatto di scale scavate nel banco roccioso, si giunge al
romitorio di Sant'Onofrio.
Visita anche: http://www.regione.abruzzo.it/xCultura
Dal piazzale antistante la chiesa si accede prima ad un piccolo vano con affreschi
quattrocenteschi e di qui si passa nell'oratorio, piuttosto piccolo, con copertura a
botte. La volta è dipinta di azzurro con stelle mentre le pareti sono ricoperte da
affreschi di un certo rilievo.
Visita anche: http://www.regione.abruzzo.it/xCultura
Danni segnalati
Non si segnalano gravi danni
Informazioni
Ufficio Servizi Turistici Comune di Sulmona tel. 0864-210216
Curia Diocesana – Ufficio beni culturali- tel. 0864-34065
SULMONA
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