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LA DOTTRINA DELLA FINE
(ESCATOLOGIA)
I GIUDIZI – DESTINO DEI GIUSTI E DEI MALVAGI
Il giudizio è stabilito da Dio; l’essenza della Sua giustizia richiede il giudizio come una rivendicazione di
se stessa.
Il senso morale dell’uomo, ovvero la sua coscienza, richiede il giudizio.
Il sentimento universale dell’esistenza di Dio e la credenza in Lui, lo rendono necessario.
La morte e il giudizio non sono termini sinonimi, sia nella loro natura che nel tempo.
La morte, infatti, presuppone un giudizio che ha già avuto luogo, e di cui essa è la punizione.
Alcuni giudizi non possono essere considerati come aventi luogo alla morte o identificati con essa;
Gesù parlò di alcuni che erano morti e che sarebbero stati giudicati nel futuro.
Alcuni pensano, in modo errato, che ci sarà un solo giudizio e alla fine del mondo; le Scritture invece
insegnano che ci sono diversi gruppi di persone che dovranno essere giudicate, e tali giudizi
avverranno in circostanze e condizioni differenti.
Ognuno sarà chiamato a rendere conto a secondo delle proprie responsabilità e dei propri obblighi.
Dio conosce perfettamente i pensieri dell’uomo, le sue parole ed i suoi atti.
Nulla è celato per Lui e non ha bisogno di prove, interrogatori e testimonianze.
Egli mostrerà la sua giustizia nei confronti delle creature, in particolare verso i peccatori
Pertanto Dio, nel giudicare gli uomini, non ha bisogno di essere informato sulle loro azioni, ma le palesa
ed amministra le ricompense e le punizioni appropriate.
Lo scopo del giudizio finale lo possiamo indicare in tre punti:
1) Lo scopo preminente del giudizio sarà quello di manifestare la sovranità e la gloria di Dio nella
rivelazione del destino finale di ciascuna persona. Fino a quel momento il destino finale di ogni essere
umano era rimasto nascosto; allora quel destino sarà rivelato, insieme alla fede che quella persona avrà
o non avrà avuto, le opere che ciascuno avrà compiuto, e la vita che ciascuno avrà vissuto. Nella
pubblicazione di questi fatti verrà manifestata la grazia di Dio nella salvezza del Suo popolo, e la Sua
giustizia verrà magnificata nella condanna dei Suoi nemici.
2) Un secondo scopo è quello di determinare il grado di ricompensa o il grado di castigo che ciascuno
riceverà. Dato che questi gradi sono intimamente connessi al tipo di vita che la persona ha vissuto,
questo deve essere stabilito al momento del giudizio finale.
3) Un terzo scopo è quello di eseguire il giudizio di Dio su ciascuna persona. Dio assegnerà a ciascuno
il luogo in cui dovrà passare l’eternità: o il luogo celeste o il luogo finale di castigo.
Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento è indicato un tempo per la resa dei conti, l’uomo è destinato
ad essere giudicato, esattamente come è destinato a morire. “Poiché Egli viene, viene a giudicare la
terra. Egli giudicherà il mondo con giustizia, e i popoli secondo la sua fedeltà” (Salmo 96:13).
“E come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27).
Il giorno di Cristo, alla sua venuta, designa il tempo che precede lo stabilimento del regno visibile o
regno millenniale.
Dobbiamo perciò distinguere il “ tribunale di Cristo “ (dal greco bema), dal “gran trono bianco” (dal greco
thronos) che sarà innalzato solo dopo il regno di gloria e dopo la distruzione del vecchio mondo
(Apocalisse 20:11).
Ma esso dovrà essere altresì distinto dal giudizio che avrà luogo nel regno millenniale.
Perché dopo il ritorno di Cristo saranno giudicate le nazioni allora esistenti.
“L’ultimo giorno” include così tre giudizi che dovranno essere distinti nel tempo:
a) Il giudizio sulla chiesa, cioè dei rapiti: al ”tribunale di Cristo” prima del regno millenniale.
b) Il giudizio sulle nazioni, cioè su quelle che saranno allora viventi: al “trono della sua gloria”, all’inizio
del regno millenniale.
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c) Il giudizio generale, cioè dei morti (Apocalisse 20:12), al “gran trono bianco”, dopo il regno
millenniale.
Il giudice è Cristo stesso, “il Signore, il giusto giudice” (II Timoteo 4:8).
Il Padre ha rimessa ogni giudizio al Figlio (Giovanni 5:22).
Il tribunale di Cristo (II Corinzi 5:10) è perciò, allo stesso tempo, il tribunale di Dio (Romani 14:10).
Esaminiamo in ordine i vari giudizi, cominciando da quello riguardante i credenti, “tutti noi”, al “tribunale
di Cristo”.
1) Il giudizio sulla Chiesa.
Colui che crede nel Figliuolo è libero, nei confronti del giudizio finale e della condanna (Giovanni 5:24),
non vi è infatti “alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1).
Il principio del peccato di Adamo e la natura di lui sono stati giuridicamente messi a morte; il credente è
unito a Cristo nella morte sulla croce per quanto riguarda la sua vecchia natura, ed è unito a Cristo per
la vita nella gloria per quanto si riferisce alla sua nuova natura.
Pertanto per il credente non vi sarà un giudizio futuro per i suoi peccati in quanto crimini compiuti contro
Dio, poiché essi sono stati già giudicati alla croce.
Il credente più debole è tanto immune e libero dal giudizio divino sul peccato, esattamente come non
può toccare Cristo.
Anche per i credenti, però, vi è un “giorno di giudizio” (I Giovanni 4: 17) che metterà in luce il grado di
fedeltà (I Corinzi 4:2-5), la parte di ricompensa degli uni (I Corinzi 3:14; Colossesi 3:24) e la perdita
degli altri (I Corinzi 3:15; II Giovanni 8).
Non si tratta qui di salvezza o perdizione, ma della misura della ricompensa della grazia.
Il Signore giudicherà il suo popolo (Ebrei 10:30).
Sarà il “fuoco” a rivelare l’opera di ciascuno (I Corinzi 3: 13).
La salvezza, è chiaro, è qualcosa che si ottiene per pura grazia.
Ciò nonostante la Bibbia indica che vi saranno differenze fra le ricompense che il popolo di Dio riceverà
nel Giorno del Giudizio; due brani del Nuovo Testamento a questo riguardo sono particolarmente
rilevanti: Luca 19:12-19 e I Corinzi 3:10-15.
Nel primo brano, nella parabola delle dieci mine, è chiaro che il punto principale è che dobbiamo essere
fedeli nel far fruttare i doni che il Signore ci ha dato.
Nell’altro brano è chiaramente precisato che l’unico fondamento sul quale si può costruire è Gesù
Cristo.
Molto però dipende da come una persona costruisce su quel fondamento.
Questo potrà costruire con oro, argento e pietre preziose, oppure può costruire con legno, fieno,
stoppia.
Se le Scritture ci dipingono con tanta serietà il tribunale davanti al quale dovremo comparire, è per
imprimere in noi, in maniera profonda, la coscienza della necessità di una santità e di una fedeltà
pratica, di un servizio compiuto nella rinuncia.
Benché la salvezza e la sua efficacia siano delle certezze assolute, questa esortazione resta attuale:
“Compite la vostra salvezza con timore e tremore” (Filippesi 2:12).
Il criterio di giudizio sarà il grado di fedeltà.
Saranno considerate la nostra intera vita, le nostre opere secondo le possibilità date a ciascuno, ciò che
saremo stati ma anche ciò che avremmo potuto essere, i nostri atti ma anche le nostre omissioni
(Giacomo 4:17).
Sarà considerato l’operaio più che l’opera, il valore più che il numero delle opere, ciò che ci saremo
sforzati di raggiungere più di quel che sarà stato raggiunto.
Dei nostri possessi, conteranno solo quelli che avremo messi al suo servizio; delle nostre disposizioni,
conterà solo l’amore disinteressato; delle nostre opere, quelle che ci costano di più saranno quelle
considerate meglio.
E in ogni cosa, egli terrà conto degli elementi interiori, degli impulsi e dei motivi più segreti (I Corinzi 4:5;
Salmo 16:7; Ebrei 4:13).
Il Signore è un “giusto giudice” (II Timoteo 4:8) in modo che ciascuno riceverà la sua giusta retribuzione.
La salvezza dipende dalla fede, la ricompensa è il frutto della fedeltà.
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Come figliuoli, noi riceviamo la sua vita; come servitori, la sua ricompensa.
“Ecco, io vengo tosto e la retribuzione è meco” (Apocalisse 22:12).
Tutti i credenti saranno salvati e brilleranno (sebbene in gradi diversi) risplendenti di splendore e di
gloria.
Vi saranno dei vasi stretti, altri larghi, ma tutti saranno pieni.
Vi saranno dei gradi e delle tappe di gloria (Matteo 25:14-24), ma nessuna differenza nella beatitudine.
La corona è riservata:
- ai fedeli fino alla morte, e sarà la corona della vita (Apocalisse 2:10; Giacomo 1:12);
- ai fedeli pastori del gregge, e sarà la corona della gloria (I Pietro 5:4);
- ai guerrieri vittoriosi, e sarà la corona della giustizia (II Timoteo 4:8);
- ai conquistatori d’anime, e sarà la corona della gioia (I Tessalonicesi 2:19-20);
- a quelli che si sanno controllare, e sarà la corona incorruttibile (I Corinzi 2:19-20).
Non è necessario pretendere che si tratti di corone materiali.
La ricompensa sarà tuttavia letterale e reale, e sorpasserà in valore qualsiasi corona o diadema
materiale.
Lo scopo del giudizio è la gloria.
Al Signore è piaciuto di dare il regno al “piccolo gregge” (Luca 12:32).
I santi dell’Altissimo riceveranno il regno, siederanno sui troni e verrà dato loro il potere di giudicare
(Apocalisse 20:4).
E coloro che al tribunale di Cristo erano stati giudicati diventeranno i giudici del mondo, essi saranno un
regno di sacerdoti e re.
Domani saranno i santi glorificati che regneranno sull’universo intero con Cristo come capo.
“Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo... non sapete voi che giudicheremo gli angeli?” (I
Corinzi 6:2-3).
Che pure gli angeli debbano essere giudicati risulta chiaro anche in II Pietro 2:4: ”Se Dio infatti non
risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li cacciò nel tartaro tenendoli in catene di tenebre
infernali, per esservi custoditi nel giudizio”.
Lo stesso afferma Giuda 6: “Egli ha pure rinchiuso nelle tenebre dell’inferno con catene eterne, per il
giudizio del gran giorno, gli angeli che non conservarono il loro primiero stato, ma che lasciarono la loro
propria dimora”.
“Colui che vince, lo farò sedere con me sul trono” (Apocalisse 3:21).
“Beati quei servitori che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si cingerà, li
farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Luca 12:37).
Esaminiamo ora il giudizio delle nazioni viventi, “al trono della sua gloria”, all’inizio del regno millenniale:
2) Il Giudizio sulle nazioni.
Questo giudizio riguarderà gli uomini che saranno sopravvissuti ai terribili castighi della grande
tribolazione, dopo che il Signor Gesù avrà annientato la bestia e i re della terra.
In Matteo 25 :31-32 è scritto: ”Or quando il Figliuol dell’uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo seco
tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui; ed
egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri”.
Sempre in Matteo 25 ai versi 40 e 45 troviamo: ”E il Re, rispondendo, dirà loro: In verità vi dico che in
quanto l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me. Allora risponderà loro,
dicendo: In verità vi dico che in quanto non l’avete fatto ad uno di questi minimi, non l’avete fatto
neppure a me”.
La base di questo giudizio, per mezzo del quale i Gentili saranno messi alla prova, sarà il loro modo di
trattare un terzo gruppo di persone, chiamate dal Re: miei fratelli.
Costoro, come si comprende dalla parole di Gioele, sono Giudei.
Si tratta certamente di quei Giudei che dopo il rapimento della Chiesa si saranno volti verso il Signore.
Subito dopo la loro conversione, diventeranno gli strumenti impiegati da Dio per evangelizzare ed
inizieranno l’opera di annuncio dell’imminente avvento del Re nelle nuvole del cielo, con gran potenza e
gloria.
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I risultati di tale giudizio saranno:
a) I giusti andranno nel regno preparato per loro fin dalla fondazione del mondo. “Allora il Re dirà a
quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v’è stato preparato sin
dalla fondazione del mondo” (Matteo 25.34).
Le nazioni qui indicate saranno quelle che avranno usato un atteggiamento favorevole nei confronti del
messaggio e dei messaggeri del Regno, attraverso opere misericordiose nei confronti di questi ultimi.
E’ evidente che questi giusti non rappresentano la Chiesa, infatti essi ricevono ”un Regno preparato loro
dalla fondazione del mondo” mentre invece la Chiesa “è benedetta da ogni benedizione spirituale nei
luoghi celesti in Cristo” ed inoltre la Chiesa è stata scelta in Cristo prima della fondazione del mondo.
Questi uomini così scelti dal Signore continueranno a vivere sulla terra in carne ed ossa, e saranno
sudditi del Re durante il Regno millenniale.
Non facendo parte della Chiesa che parteciperà al Regno come Sposa del Re, è evidente che i loro
privilegi saranno meno elevati dei riscattati d’oggi.
b) I malvagi sono esclusi dal Regno e soffrono giudizio e punizione eterna.
“Allora dirà a coloro della sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo
e per i suoi angeli!” (Matteo 25.41).
Le nazioni malvagie, a causa del loro atteggiamento e delle loro azioni nei confronti di coloro che Cristo
chiama “i suoi fratelli”, saranno escluse dal regno di Cristo e saranno gettate immediatamente nel fuoco
eterno preparato per il diavolo ed i suoi angeli.
E’ bene distinguere questo giudizio che riguarda le nazioni da quello degli individui che esamineremo
tra poco, descritto in Apocalisse 20.
Questi ultimi appariranno dinanzi al Gran Trono Bianco, mentre le nazioni malvagie appaiono davanti al
Figliuolo dell’uomo seduto sul trono della Sua Gloria.
Altre differenze consistono nel fatto che gli empi sono risuscitati dai morti per essere giudicati, le nazioni
vivono sulla terra; gli empi sono giudicati secondo quanto è scritto nei libri e secondo il libro della vita, le
nazioni sono giudicate secondo il loro trattamento fatto ai “fratelli”.
Esaminiamo ora il giudizio generale cioè dei morti (Apocalisse 20: 12), al “gran trono bianco”, dopo il
regno millenniale.
3) Il giudizio generale.
“Poi vidi un gran trono bianco e colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggirono terra e cielo; e
non fu più trovato posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti al trono, e i libri
furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte
nei libri, secondo le opere loro” (Apocalisse 20:11-12).
Mentre i morti in Cristo risusciteranno alla venuta del Signore e prima dello stabilimento del regno
millenario, quelli che non sono salvati rimarranno nei loro sepolcri e saranno risuscitati soltanto dopo il
millennio per comparire davanti al gran trono bianco.
Questo trono sarà grande per la sua maestà, bianco per la sua santità.
La terra fugge a motivo del peccato degli uomini e perché essa è stata sporcata dal sangue del Figlio di
Dio.
I cieli fuggono a motivo del peccato degli spiriti e della cattiveria dei dominatori di questo mondo “nei
luoghi celesti”, dei quali i cieli furono la residenza (Efesini 6:12; 2:2).
Così cielo e terra devono fuggire dalla presenza del gran trono bianco e ogni scenario di peccato viene
distrutto.
Il giudice è Cristo stesso, i cui giudizi si eserciteranno conformemente alla volontà del Padre.
Tutti compariranno davanti a Lui, i piccoli e i grandi di questo mondo, ossia i potenti e gli uomini di umili
condizioni, per ricevere il giusto castigo che le loro opere meriteranno.
Qui ogni empio dovrà rispondere dei suoi atti, senza poter contare affatto sulla grazia che egli avrà
rifiutato mentre era in vita.
Nessun riscattato del Signore si troverà fra questi infelici.
“In verità, in verità, io vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita
eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Giovanni 5:24).
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I santi dell’Antico Testamento, i membri della chiesa glorificata, i credenti della tribolazione hanno
conosciuto le loro risurrezioni prima che il regno messianico fosse stabilito (Apocalisse 20:4-5).
Come abbiamo visto in precedenza, questi credenti sono comparsi davanti al tribunale di Cristo e hanno
vissuto già mille anni con un corpo spirituale glorificato.
Per quelli invece che non avranno creduto al Signor Gesù, non vi sarà più alcuna speranza, poiché
avranno calpestato il Figliuolo di Dio.
“Chi mi respinge e chi non accetta le mie parole, ha chi lo giudica; la parola che ho annunziato, è quella
che lo giudicherà nell’ultimo giorno” (Giovanni 12:48).
Dinanzi al tribunale supremo, le loro opere, le loro azioni, le loro parole, i loro pensieri, ciò che hanno
fatto od omesso di fare, tutto questo è scritto nei libri.
Nulla sarà dimenticato, tutto sarà rimesso in memoria e questo richiamo basterà a convincere i morti
della loro colpevolezza e della giustizia della loro condanna.
Quelli che contestano vanamente saranno ridotti al silenzio, tutti quelli che si vantano, tutti gli orgogliosi,
saranno umiliati.
Ogni giustizia umana apparirà nella sua vera luce, come un panno lordato (Isaia 64:6).
Ogni illusione su sé stesso si muterà in amara delusione.
Tutti dovranno piegarsi e riconoscere che Dio è giusto (Romani 3:4).
Non tutti gli uomini saranno puniti nella stessa misura.
Quelli che non avranno udito l’Evangelo non saranno castigati severamente come quelli che, avendolo
udito, l’avranno rifiutato (Luca 12:47-48).
Gesù afferma che la sorte di Sodoma e Gomorra sarà più tollerabile nel giorno del giudizio di quella
delle città che rifiuterebbero di riceverli (Matteo 10:14-15); Tiro e Sidone godranno di maggiore
indulgenza che Corazin e Betsaida (Matteo 11:21-22); Egli pronuncia la stessa condanna a riguardo di
Capernaum, in rapporto alla sorte di Sodoma (Matteo 11:23-24).
Questi passi mostrano che il Signore giudicherà con equità e tenuto conto del grado di colpevolezza e
di responsabilità di ogni peccatore.
D’altronde Iddio si rivela, come l’Iddio Salvatore, alle anime che lo temono, come fanno fede le
conversioni di Cornelio e dell’eunuco etiopo.
“La luce si leva nelle tenebre per gli uomini retti” (Salmo 112:4).
I peccatori pentiti dell’Antico Patto potevano essere certi del perdono dei loro peccati in virtù dell’opera
espiatrice di Cristo, di cui beneficiavano in anticipo (Davide, adultero e omicida, esprime la certezza del
perdono nel Salmo 32).
Iddio pazientava e sopportava i peccati precedenti perché avrebbe manifestato la sua giustizia
colpendo Cristo alla croce.
Ha ancora pazienza, “non volendo che nessuno perisca, ma che tutti vengano a pentimento” (II Pietro
3:9).
Iddio dispone di numerosi mezzi, che noi non conosciamo sempre.
La sua grazia, il suo amore verso i peccatori, e la potenza che manifesta per condurli alla salvezza per
la fede in Gesù, sono infinitamente più estesi di quel che supponiamo e nessuno di quelli che saranno
condannati nel giorno del giudizio, lo sarà a torto.
Un altro libro sarà aperto: il libro della vita.
Vi sono dunque diversi libri.
In uno di questi libri sono elencate unicamente le opere, poiché i presenti saranno giudicati secondo le
loro opere.
Nell’altro libro non troviamo delle opere, ma dei nomi; i nomi di coloro che hanno la vita divina e che
entrano nella gloria per l’eternità.
Non sarà per iscrivervi il nome di chicchessia, ma per ricordare ai peccatori che anch’essi avrebbero
potuto esservi iscritti e sfuggire così all’inferno, se non avessero sprezzato la gloria di Dio.
Chiunque non vi è iscritto è irrimediabilmente perduto.
“Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco” (Apocalisse
20:15).
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Mentre gli altri libri serviranno per stabilire la colpevolezza dei perduti e l’entità della pena a cui saranno
condannati, l’assenza del proprio nome dal libro della vita, stabilirà definitivamente lo stato di
perdizione.
Il giudizio di milioni e milioni di uomini che hanno udito la Parola di Dio, ma che non si sono convertiti e
pentiti davanti a Dio, e hanno sprezzato la sua grande ed eterna salvezza in Gesù, sarà particolarmente
severo.
Quanti avevano il nome di vivere ed erano morti!
Erano forse onorabili e religiosi, ma non erano nati di nuovo, non erano riconciliati con Dio.
Quanti hanno rimandato la loro salvezza fino al momento in cui fu troppo tardi per sempre.
“Ma quanto ai timidi (cioè a quelli che non avranno mai voluto decidersi francamente per Cristo) e gli
increduli (cioè quelli che avranno rifiutata la salvezza), agli abominevoli, agli omicidi, ai fornicatori, agli
stregoni, agli idolatri, e a tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è
la morte seconda” (Apocalisse 21:8).
Tutte le figure che la Parola adopera per descrivere la morte seconda (fuoco eterno, verme roditore,
obbrobrio eterno, pianti e stridor di denti, tenebre di fuori, distruzione eterna, etc.) esprimono la
sofferenza indicibile, il rimorso, l’angoscia che stringeranno i riprovati alla certezza che saranno per
sempre separati da Dio.
A queste sofferenze morali si aggiungeranno certamente delle sofferenze fisiche, poiché gli empi
risusciteranno prima di comparire davanti al gran trono bianco. Riceveranno dunque un corpo col quale
se ne andranno nello stagno di fuoco.
Mentre i riscattati saranno tutti rivestiti d’un corpo glorioso, simile a quello del Signore e godranno
durante l’eternità della presenza di Dio, nella luce, nella felicità e nella gloria celeste, gli empi subiranno
indicibili sofferenze, in una separazione cosciente e definitiva da Dio.
Ecco quel che sarà la seconda morte.
Ciò che aggraverà i tormenti di quei morti, è il fatto che essi conserveranno la loro coscienza e la loro
memoria.
Come il ricco di Luca 16, sapranno che vi è un luogo di felicità, il cui accesso sarà loro interdetto da un
abisso insormontabile.
L’inferno può essere rappresentato come: un terribile sentimento d’abbandono, la convinzione di essere
sotto un giudizio pienamente meritato, l’amarezza e il rimorso prodotto dalla certezza che sarebbe stato
possibile di sfuggire al castigo credendo semplicemente col cuore nel Signore, l’angoscia di un supplizio
che non finirà mai, l’allontanamento eterno dalla presenza di Dio, essere tormentati giorno e notte, nei
secoli dei secoli.
IL DESTINO FUTURO DEL GIUSTI: IL CIELO
Abbiamo innanzi considerato che quando il Signore si siederà sul gran trono bianco per giudicare i
morti, la terra e il cielo fuggiranno dinanzi alla Sua faccia e non sarà trovato luogo per essi (Apocalisse
20: 11).
L’apostolo Pietro dà informazioni precise sulla distruzione della terra e del cielo astronomico.
Come dunque il mondo di un tempo fu distrutto dal diluvio, il mondo attuale lo sarà dal fuoco.
“I cieli e la terra attuali sono riservati al fuoco... gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le
opere che sono in essa saranno bruciate” (II Pietro 3:7,10).
Se comprendiamo bene, ciò significa che il nostro globo, forse tutto il nostro sistema solare, saranno
interessati da una conflagrazione purificatrice, che metterà fine all’attuale sistema di cose.
Il Signore stesso creerà qualcosa di assolutamente nuovo, tutto questo perché il suolo della nostra
terra, a causa del peccato, è stato maledetto.
Inoltre i luoghi celesti sono stati contaminati dal “principe della potenza dell’aria” (Efesini 2:2).
Questa è la ragione per cui Pietro dice che “i cieli e la terra attuali sono riservati al fuoco per il giorno del
giudizio” (II Pietro 3:7).
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La Parola di Dio non descrive in particolare ciò che sarà il cielo, senza dubbio per il motivo che la nostra
condizione umana attuale non ci permetterebbe di afferrare le meraviglie che ci sarebbero in tal modo
rivelate.
L’apostolo Paolo, rapito fino al terzo cielo, dichiara di aver udito delle parole ineffabili che non è
permesso all’uomo di esprimere (II Corinzi 12:4).
Vale a dire che non potremo farci che un’idea incompleta della felicità che regna in quel luogo
benedetto, quanto della gloria che sarà la parte dei riscattati durante l’eternità.
La Parola, invece, precisa ciò che non esisterà più sulla nuova terra e precisamente:
- Il mare non sarà più. Il mare, immagine della confusione tumultuosa, sarà sparito.
- La morte non sarà più. La morte, il nemico più terribile dell’uomo, è stata vinta da Cristo alla croce.
Ma allora, sarà abolita; cesserà di esistere; sparirà perché le tracce del peccato saranno state
cancellate per sempre. Tutti gli uomini saranno nella condizione di risuscitati: i riscattati per abitare il
dominio dei nuovi cieli e della nuova terra, gli empi per essere gettati nello stagno di fuoco. La morte
sarà ormai senza potere sugli uni e sugli altri, e perciò sarà abolita.
- Non vi sarà più grido, espressione della sofferenza umana, a causa di malattie, distrette, privazioni,
ingiustizie, morte. Tutte le conseguenze del peccato spariranno.
La dimora dei credenti è il cielo, che è un luogo (Giovanni 14:2-3), un luogo Santo (Apocalisse 1:2), un
luogo di grande bellezza e di grande splendore (Apocalisse 21:18), un luogo di gioie sante e di
soddisfazioni (Apocalisse 22:14), un luogo di grande luce e gloria (Apocalisse 21:23).
Il cielo è la presenza di Dio.
Tra i tesori della casa del Padre che costituiscono l’eredità ricordiamo:
La gloria. “Padre io voglio che dove son io, siano meco anche quelli che tu mi hai dato” (Giovanni
17:24). “Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Matteo 13:23). Non solo
condivideremo la gloria del Signore, ma gli saremo simili: “il quale trasformerà il corpo della nostra
umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, in virtù della potenza per la quale egli può
anche sottoporsi ogni cosa” (Filippesi 3:21).
La felicità. I riscattati godranno d’una felicità e d’una pace perfette. “Iddio asciugherà ogni lacrima dagli
occhi loro” (Apocalisse 7:17). Saranno consolati per sempre di tutte le loro sofferenze.
L’amore. Il cielo, durante l’eternità, sarà il soggiorno dell’amore perfetto. Iddio è amore e ne riempirà il
cielo. Poiché Egli sarà tutto in tutti, i riscattati saranno ripieni del suo amore
La santità. “Iddio è Santo e il cielo è la dimora della sua santità” (Isaia 6:3)
L’unità e la perfezione. Nel cielo non vi sarà più nessuna divisione, ma Iddio compirà il suo disegno
eterno di “raccogliere sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nei cieli, quanto
quelle che sono sopra la terra” (Efesini 1:10). Questa unità e questa perfezione procederanno dalla
nostra identificazione con Cristo. Quando Egli sarà manifestato, saremo simili a Lui, saremo cresciuti
alla statura perfetta di Cristo; questa crescita, cominciata quaggiù, raggiungerà il suo pieno sviluppo in
cielo.
L’eternità. Nel cielo il tempo non esisterà più. La divisione del tempo in ore, giorni, mesi, anni etc.
appartiene alla terra, ove tutto comincia e finisce. I riscattati del Signore godranno della vita eterna e
saranno per sempre con Lui e nulla potrà separarli dall’amore di Dio. Veramente le “cose vecchie”
saranno passate e tutte le cose saranno fatte nuove. Finito il tempo, abolita la morte, sarà il regno
dell’immortalità sotto il segno dell’eternità.
L’attività dei riscattati in cielo può riassumersi in tre parole: adorazione, riposo, servizio.
1) L’adorazione. Iddio cerca già, sulla terra, degli uomini che l’adorino in ispirito e verità (Giovanni 4:2324). E sarà la loro occupazione, durante l’eternità, di continuare, in modo perfetto, questo servizio così
elevato e così prezioso al cuore di Dio. Questa adorazione si esprimerà con canti di lode, come ne
udiamo risuonare a più riprese nelle scene dell’Apocalisse. Finalmente l’ardente desiderio del credente
di vedere il Suo Signore verrà esaudito, e così, canti di lode e muta adorazione, si avvicenderanno
durante l’eternità alla gloria di Dio e di Cristo.
2) Il riposo. La vita del credente quaggiù è fatta di lotte incessanti e di varie prove. Egli non può mai
deporre l’armatura completa di Dio e anche quando ha riportato una vittoria, non deve riposarsi, ma
restare in piè (Efesini 6:13). Il riposo è per il cielo.
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Certo, ne possiamo godere fin d’ora per la fede, ma esso non diventerà una realtà eterna se non
quando saremo giunti al porto celeste, quando insieme a tutti i santi, risuscitati e tramutati, entreremo
nella gloria.
3) Il servizio. “I suoi servitori gli serviranno” (Apocalisse 22:3). Nessun passo ci permette di precisare in
che cosa consisterà questo servizio. Si tratterà, per i riscattati, di compiere la volontà del Signore in tutto
ciò che affiderà loro in rapporto con la sua gloria. Fra le varie forme di servizio vi saranno senz’altro
quelle di giudicare e di regnare con Cristo (Apocalisse 2:26; 3:2 1; II Timoteo 2:12).
IL DESTINO FUTURO DEI MALVAGI : L’INFERNO
La dimora finale e la condizione degli empi è chiamata inferno.
La parola greca tradotta con “inferno” e che descrive tale dimora è “geenna”, nome dato alla valle di
Hinnom.
In questo luogo, vicino a Gerusalemme, i genitori facevano passare i loro figli per il fuoco in sacrificio a
Moloc.
A motivo dei crimini che vi si commisero, della sua profanazione ad opera del re Giosia, forse a causa
dei rifiuti che vi si bruciavano, la valle dell’Hinnom divenne simbolo di peccato, d’afflizione; il suo nome
servì per designare un luogo di eterno castigo.
E dalle scene orribili viste in quella valle che furono prese a prestito le immagini rappresentanti la
geenna dell’altro mondo (Matteo 5:22; Marco 9:48).
Quando una persona salvata muore, l’anima sua ”lascia il corpo per abitare col Signore nel paradiso” (II
Corinzi 5:8).
Quando muore una persona non salvata, l’anima sua va immediatamente all’inferno (Ades), luogo di
fiamme e di tormenti.
Dopo la morte, il malvagio rimarrà nel luogo dei tormenti fino a quando apparirà il “Grande Trono
Bianco” che Giovanni descrive in Apocalisse 20:11-15.
Subito dopo il giudizio, i dannati sono precipitati, insieme alla morte e all’inferno, nel lago di fuoco, per
tutta l’eternità; e questa è la seconda morte.
Come il cielo è un luogo situato in maniera definita, così l’inferno è un luogo ben preciso.
Esso è un luogo abitato e che si tratti di un luogo lo si deduce dalla descrizione dell’Ades, dimora
attuale degli empi, dato che da esso gli empi dovranno essere trasferiti in un altro luogo chiamato
“geenna”.
E’ un luogo abitato dagli empi (Apocalisse 21:8); un luogo di prigione e di morte (Apocalisse 20:14); un
luogo di dolore e di disperazione (Luca 13:28); un luogo di tormento e di cosciente angoscia
(Apocalisse 20: 10); un luogo di oscurità e di degradazione (Matteo 25:30; Apocalisse 22:11).
Gli abitanti dell’inferno saranno vari.
Essi rappresentano varie forme e vari gradi di peccato e di malvagità, ma sono tutti malvagi e
condannati.
Nell’inferno troveremo quindi gli empi impenitenti, satana e i suoi angeli (Matteo 25:41); la bestia e il
falso profeta (Apocalisse 20:10), i malvagi e gli increduli (Apocalisse 21:8).
Lo stato definitivo dei malvagi è uno stato di eterna morte, cioè un’eterna separazione da Dio nel loro
peccato.
La seconda morte non significa annientamento totale dell’anima non rigenerata.
Il corpo dell’uomo non salvo, viene a trovarsi, nel lago di fuoco, nelle condizioni del ricco Epulone:
questi soffriva atroci tormenti, ricordava, desiderava ardentemente una goccia d’acqua per rinfrescare la
sua lingua, pensava ai suoi cinque fratelli ancora in vita e temeva che andassero a finire anch’essi
nell’inferno dopo la loro morte.
Le sofferenze dell’inferno non sono temporanee, ma eterne, né l’essere del dannato viene distrutto.
I corpi abitati delle anime perdute infatti possono bruciare per anni senza essere distrutti.
Satana, dopo mille anni, raggiungerà la bestia e il falso profeta nel medesimo lago di fuoco, e troverà
dopo tanti anni questi ultimi ancora lì in quel luogo, dove saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei
secoli (Apocalisse 20:10), cioè per sempre.
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Se l’uomo è un essere eterno, deve passare l’eternità in qualche luogo, in qualche modo, e dato che
l’impenitenza del malvagio lo esclude dalla comunione con Dio e dal condono della pena, la sua
punizione deve essere eterna; poiché il peccato del malvagio diventa in tal modo un peccato eterno, il
malvagio diventa un eterno peccatore.
Inoltre se crediamo che il sacrificio di Cristo Gesù, per liberarci dalla punizione del peccato, è stato
infinito, dobbiamo anche ammettere la verità di una punizione eterna.
L’inferno è pertanto un luogo preparato per il diavolo ed i suoi angeli e diviene la dimora eterna di coloro
che si identificano con lui.
Vi sono a riguardo del destino degli empi alcune false opinioni, tra le quali:
A) Universalismo. “Iddio è troppo buono per escludere qualcuno dal Cielo”. Insegna, tale teoria, che alla
fine tutti saranno salvati. Ciò è in contrasto e viene smentito dalla Parola di Dio (Romani 6:23; Luca
16:19-31; Giovanni 3:36). La misericordia di Dio esclude il peccatore dal cielo in quanto sarebbe infelice
nel cielo, come sarebbe infelice un Santo di Dio all’inferno.
B) Restaurazionismo. Insegna che la punizione all’inferno non deve intendersi per l’eternità ma per un
periodo temporaneo, avendo lo scopo di purificare il peccatore e renderlo idoneo per il cielo. Tale
asserzione rende le fiamme dell’inferno più potenti del sangue di Cristo. Se la felicità dei giusti la
consideriamo eterna altrettanto dovremo farlo per quello che attiene la punizione degli empi.
C) Seconda opportunità. Afferma che tra la morte e la risurrezione tutti avranno una seconda
opportunità di accettare la salvezza. Ma la Parola di Dio ci insegna che il destino eterno dell’uomo è
fissato al momento della morte (Ebrei 9:27). Occorre dire inoltre che chi pensa di poter usufruire di una
seconda opportunità certamente non approfitterà mai della prima.
D) Annichilazionismo. Insegna che Dio annienterà gli empi. Questa teoria si basa su II Tessalonicesi 1:9
ed altri passi, che dicono che gli empi saranno distrutti. Nell’uso che ne fanno le Scritture, questa parola
non significa annichilimento, ma rovina. D’altronde, se la parola “distruzione” in questo versetto
significasse annichilimento, la parola “eterna” sarebbe superflua, perché l’annichilimento dura per
sempre.
Past. Michele Giliberti
Prol. Carlo De Marco, 19
80137 N A P O L I