LA DIGNITÀ DELLA DONNA
San Tommaso d’Aquino e Pio XII
d. CURZIO NITOGLIA
2 marzo 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/dignita_donna.htm
PIO XII
●PIO XII, il 14 ottobre del
1956, in occasione di un
pellegrinaggio
a
Loreto,
parlò della dignità della
donna, asserendo la sua
complementarità
con
l’uomo. Qualcuno potrebbe
vedere in ciò un certo filofemminismo di papa Pacelli,
il quale avrebbe eliminato la
gerarchia tra uomo e donna.
In realtà le cose non stanno
così;
basta
studiare
attentamente il discorso di
Pio XII e scandagliarne ogni
parola.
Innanzitutto complementare
non significa eguale, ma che
completa l’altra parte in ciò
che non ha. Ora l’uomo, non
può generare da solo e
quindi la donna, nella
generazione,
è
assolutamente
complementare all’uomo e
viceversa. Quel che la donna dà all’uomo, però, non la mette in uno stato di
superiorità, ma di subordinazione, come il corpo è complementare all’anima, la
materia alla forma, la potenza all’atto, l’essenza all’essere. La donna ha la
femminilità che l’uomo non ha, e l’uomo ha la virilità che la donna non ha: essi sono
vicendevolmente complementari, ma l’uomo come co-principio attivo e superiore, la
donna come co-principio passivo e subordinato.
SAN TOMMASO E I PADRI ECCLESIASTICI
●SAN TOMMASO D’AQUINO parla della questione a più riprese, specialmente nella Somma
Teologica. Occorre studiare attentamente l’Angelico, per evitare di farne un filomisogino (errore per eccesso), come occorre ben interpretare Pio XII per non farne un
filo-femminista (errore per difetto). Vediamo l’insegnamento dell’Aquinate.
Nella Summa Theologiae I parte, questione 92 in corpore egli insegna che la donna fu
creata da Dio come “aiuto dell’uomo” quanto alla cooperazione nella procreazione.
Qui occorre notare che san Tommaso non vede la donna solo come mezzo per la
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generazione o riproduzione, ma ripudia e corregge l’opinione di alcuni antichi teologi,
specialmente orientali, che tendevano al manicheismo e allo gnosticismo e perciò
vedevano nella materia, nel corpo, nella generazione qualcosa di intrinsecamente
cattivo, frutto di un “dio” malvagio. San Tommaso, invece, insegna che anche la
materia è buona, come tutto ciò che Dio ha creato, e che anche prima del peccato
originale la procreazione sarebbe avvenuta per l’unione sessuale, ma senza il
disordine che è sopraggiunto dopo il peccato di Adamo e che consiste nel mettere il
piacere, che è solo un mezzo, al posto del fine, che è la procreazione. La
procreazione sessuata non è un peccato, il piacere unitole neppure, solo il disordine di
mettere il piacere al primo posto, come fine e non come mezzo, escludendo la
procreazione, è un abuso (moralmente cattivo) della generazione sessuata
(ontologicamente buona) ed è peccato. Quindi l’asserzione tomasiana non è
sprezzante verso la donna, ma valuta giustamente la realtà materiale (corpo umano,
unione generativa sessuata) come buona in sé e non intrinsecamente peccaminosa. È
vero, altresì, che il Dottore Comune, spiega che nelle altre cose, al di fuori della
generazione, l’uomo può essere aiutato “convenientius” (che può essere interpretato
come comparativo: “meglio”) da un altro uomo piuttosto che da una donna. Siccome
qui l’Angelico sta parlando della funzione specifica della donna, ossia la procreazione,
all’infuori della generazione non vi sarebbe motivo che Dio creasse la donna. Tuttavia
il “convenientius” può essere letto anche come comparativo assoluto: “molto
convenientemente” e ciò viene a dire che al di fuori della generazione (per es. per
giocare a pallone, per fare la boxe, per parlare di “cose da uomo”) l’uomo può trovare
in un altro uomo un aiuto “molto conveniente” e non “più conveniente” o “migliore”,
affermazione, quest’ultima, che tenderebbe a deprezzare eccessivamente la donna,
soprattutto se isolata dal caso che l’Angelico tratta: la generazione. La gerarchia
esiste, per s. Tommaso, anche nell’atto generativo (fisiologicamente e non dal punto
di vista genetico-medico-scientifico), poiché la parte o la virtù attiva sarebbe propria
del sesso maschile, mentre quella passiva sarebbe del sesso femminile. Infatti alla
prima obiezione che, citando Aristotele (Libro II De generatione animalium, cap. 3),
dice: “femina est mas occasionatus” (la donna è un maschio mancato, imperfetto,
ossia un essere umano al quale manca qualcosa rispetto all’uomo), l’Angelico
risponde: la donna è manchevole di virtù generativa attiva, la quale è propria
dell’uomo. Invece, per quanto riguarda la natura di essere umano in quanto animale
razionale fornito di intelletto e volontà, la donna non è sostanzialmente
“manchevole”. Vi sono differenze accidentali tra maschio e femmina, contro
l’omosessualismo, ma sostanzialmente la donna è un essere umano, razionale e libero,
come l’uomo: più intuitiva, sensibile, generosa, ma anche meno razionale, costante,
forte. Tuttavia se l’unione tra uomo e donna non si termina nella generazione, ma
tende a formare una famiglia, anche in questo campo il ruolo di capo spetta all’uomo
(S. Th., I, q. 92, a. 2, ad 2um). Infatti era conveniente che la donna fosse formata
dalla costola dell’uomo (S. Th., I, q. 92, a. 3, in corpore): non dovendo dominare
sull’uomo, non fu formata dalla testa di quest’ultimo, ma, non dovendone essere la
schiava e da lui disprezzata, non fu formata dai suoi piedi. Fu perciò formata dalla
costola, vicino al cuore, per significare il legame o vincolo d’amore che deve vigere
tra uomo e donna. Infatti il matrimonio è figura dell’unione mistica tra Cristo e la
Chiesa: Cristo è il capo del Corpo mistico, che è la Chiesa, e la Chiesa nacque dal
costato di Cristo in Croce, squarciato dalla lancia di Longino.
Per quanto riguarda lo stato di “subordinazione” della donna nei confronti dell’uomo,
san Tommaso (S. Th., Suppl., q. 39, a. 1), riprendendo la S. Scrittura (I Cor., XIV, 34; I
Tim., II, 12) e la Tradizione (i Padri greci e latini), afferma che la donna nella Chiesa
non ha nessun potere di insegnamento e non può accedere al Sacerdozio. Inoltre molto
realisticamente non cade nel difetto opposto di eguagliare l’uomo alla donna, poiché
essi sono realmente distinti e complementari anche se in maniera subordinata. La
donna è un essere umano e ne ha tutta la dignità, è il cuore della famiglia, mentre
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l’uomo ne è il cervello o il capo (cfr. PIO XI, Casti Connubii, 1930). Senza gerarchia vi è
l’anarchia; ma la tirannia produce il “tirannicidio”. L’uomo non deve disprezzare sua
moglie, ma neppure esserle sottomesso (tranne casi eccezionali e patologici; ad es.
marito alcolizzato…).
CONCLUSIONE
Pio XII non è femminista, i Padri greci (s. Epifanio) e latini (Tertulliano, S. Gregorio, S.
Agostino), il Magistero tradizionale della Chiesa (Concilio di Vienne, 1311-1312; Pio XI,
Casti Connubii, 1930) non sono misogini. Vi è un sano realismo da rispettare: le
diversità accidentali e qualitative assieme alla sostanziale uguaglianza di essere
umano intelligente e libero, ove il più e il meno non distruggono la natura umana. La
donna ha bisogno dell’uomo e l’uomo ha bisogno della donna, anche
indipendentemente dalla procreazione. Se il prete non avesse la perpetua che gli
cucina, gli lava i vestiti, gli pulisce la casa, sarebbe un uomo finito, pur avendo fatto
voto di castità. La perpetua a sua volta, non può assolversi da sola né assolvere altri,
assistere alla Messa, ricevere l’estrema… unzione, ha bisogno del prete. Così il marito
ha bisogno della sposa per sé e soprattutto per la cura affettuosa dei figli, che è
tipicamente muliebre più che maschile, ma la sposa ha bisogno (almeno una volta,
quando l’uomo si comportava ancora da uomo) della forza del marito per correggere
le birichinate dei figli. I figli hanno bisogno dell’autorità e certe volte delle “bòtte”
del padre e dell’affetto e del “parafulmine” della madre, che si mette tra marito e
figli quando le “bòtte” paterne sono troppe.
d. CURZIO NITOGLIA
2 marzo 2011
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http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/speeches/1956/documents/hf_pxii_spe_19561014_pellegr
inaggio-loreto_it.html
Cfr. Anche SAN TOMMASO, II Sent., dist. 18, a. 1, arg. S cap. 1, 2, resp. ad 1um.
Cfr. ID., II Sent., dist. 18, q. 1, a. 1.
Cfr. CONCILIO DI VIENNE (1311-1312), Costituzione Dogmatica De summa Trinitate et de Fide catholica (DB
480); cfr. SAN PAOLO, Epistola agli Efesini, V, 22; I Cor., VII; I Tim., II, 11; Col. III, 18; .Tit., II, 4; SAN
PIETRO, I Epist. , III, 1.
Cfr. IV Sent., dist. 25, q. 2, a. 1, qcl. 1.
SANT’EPIFANIO, Haer., cap. 79; TERTULLIANO, De Virgin. Velandis, cap. 91; SANT’AGOSTINO, XII Super Gen.,
cap. 6, lect. 10; ID., X Super Gen., cap. 26; ID., Super Joann., tratt. 24; SAN GREGORIO, XXI Moralia, cap.
10; ID., De Regula past., parte 2, cap. 6.
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