Avalon Story
Verso la metà degli anni ’80 i diffusori si dividevano più o meno in due categorie: gli elettrostatici,
con la loro ampia forma rettangolare, a volte semicircolare, determinata da pannelli attivi larghi e
schiacciati; i dinamici, con i loro tweeters, midranges e woofers a cono avvitati a spartani
parallelepipedi di legno (forse per questo che li chiamarono “casse”) con un buco o senza.
Durante le discussioni fra amici, gli audiofili indubbiamente preferivano i primi: il loro suono era
coerente e veloce, liquido e setoso. Per l’intimità domestica, però acquistavano principalmente i
secondi, con il loro suono generalmente più scuro e lento.
A cosa è dovuta questa apparentemente madornale incoerenza?
Al fatto che non è tutto oro quello che luccica!
Difetti dei diffusori elettrostatici: difficoltà di pilotaggio e di produrre un buon volume sonoro,
limitazioni evidenti alle basse frequenze, cattiva “adattabilità” ai vari generi musicali.
Pregi dei diffusori dinamici: facilità di pilotaggio, capacità di produrre alte pressioni sonore e basse
frequenze dotate di energia, buona “adattabilità” alla riproduzione di generi musicali differenti.
E’ chiaro che il maggior successo commerciale dei diffusori dinamici fu dettato dalla loro maggiore
affidabilità e costanza di risultati anche se gli acquirenti erano un po’ costretti a turarsi il naso,
mentre i diffusori elettrostatici, per altro mediamente assai più costosi, erano preferiti da un’elite di
audiofili tipicamente amanti della musica da camera o jazz.
In buona sostanza, il diffusore perfetto era di là da venire!
Certamente i punti più critici di una catena audio sono quelli in cui l’energia cambia forma: i
diffusori e la testina. Tuttavia la differenza fra il suono vero e quello riprodotto era talmente
consistente che, soprattutto a questo riguardo, qualcosa era necessario fare.
Cerchiamo di analizzare meglio queste differenze così macroscopiche.
Prendiamo per esempio il suono di un’orchestra sinfonica e consideriamo il parametro “facilità di
emissione sonora”. Diceva Harry Pearson, direttore di The Absolute Sound: “Ascoltando
un’orchestra vera il suono può essere d’intensità elevatissima, ma non dà mai alcuna sensazione di
forzatura. Esso sarà sempre pulito e fluido e, nei suoi passaggi ad altissimo livello sarà ancora più
gradevole ed appagante. Durante un fortissimo non ci verrà mai il desiderio di alzare il volume. Con
l’aumentare del livello, il suono diventa sempre più armonicamente complesso; si generano sempre
più armoniche. Il suono non risulta “annacquato” come negli impianti domestici e non si
impoverisce. Il suono vero non soffre del conflitto fra dinamica e risoluzione, come invece accade
nei sistemi hi-fi in casa. In questi, anche in quelli di qualità elevata, alzare il volume significa
perdere in risoluzione e ricchezza armonica”.
Continuiamo con lo stesso: “…il suono delle basse frequenze di un’orchestra ascoltata dal vero non
è comparabile a quello del miglior diffusore acustico del mondo per definizione, corposità,
dinamica e velocità. Oppure prendiamo il suono degli archi di un’orchestra: la maggior parte dei
diffusori domestici non riesce a mettere a fuoco le caratteristiche distintive fra viola e violino, fra
violoncello e contrabbasso. Chi ha esperienza d’ascolto di musica reale sa invece che è assai
semplice distinguere gli strumenti all’interno della famiglia degli archi anche quando suonano
assieme ed anche ascoltando a occhi chiusi”.
Potremmo continuare a fare esempi, ma credo che il concetto sia ormai chiaro: secondo l’autorevole
direttore di T.A.S., la musica riprodotta restituisce solamente uno scheletro, un brandello della
musica reale. Ogni prodotto lancia solamente una luce spot sulla scena che la musica vera
illuminerebbe totalmente e a giorno. Ma prodotti diversi “illuminano” ognuno a suo modo: così,
sempre seguendo H. Pearson, “ il sistema Infinity IRS è in grado di restituire parte dell’escursione
dinamica e della reale estensione in frequenza dell’estremo basso, il nastro delle Magnepan parte
del giusto carattere delle frequenze medio-alte e alte, i Quod parte della purezza e, a bassi livelli di
pressione acustica, della velocità degli attacchi dei “pianissimo” orchestrali.
Purtroppo non era facendo suonare assieme un mosaico di prodotti che si può ottenere una più
realistica riproduzione musicale. Occorreva fare altro.
Peter Moncrieff, direttore di International Audio Review, sostenne dalle pagine della sua rivista
underground, che l’evoluzione dei diffusori non solo era necessaria, ma anche possibile. E aveva
idee assai precise. Affermava che i diffusori dinamici potevano avere molta strada davanti a loro,
eccezionali potenzialità ancora poco indagate, mentre i diffusori elettrostatici soffrivano di
limitazioni “strutturali” così evidenti da non permettere di ipotizzare per loro rilevanti
miglioramenti.
Qualche numero più tardi, lo stesso autore recensisce alcuni nuovi diffusori dinamici, Thiel, Fried e
Vandersteen. Ne racconta il suono e ne illustra gli aspetti di progresso e di novità. A margine
riferisce di aver ascoltato una coppia diffusori nuovissimi, appena nati. N’è colpito. A suo parere
questi nuovi speakers schiudono nuovi orizzonti d’ascolto. Per usare il linguaggio di H. Perason,
essi “illuminano” in modo più ampio e chiaro rispetto ai diffusori di precedente concezione,
riuscendo a proporre l’ascolto di un maggior numero d’ elementi vicini alla realtà musicale. Questo
nuovo speaker ha un cognome e un nome: Avalon Ascent. Ha anche dei genitori: Jeff Roland,
Charles Hansen e Neil Patel. Chi ha un po’ di dimestichezza con elettroniche hi-end non può non
conoscere il primo e forse sa anche che il secondo oggi progetta elettroniche per la compagnia
Ayre. Quando le Ascent videro la luce Charles Hansen non si occupava ancora di elettroniche,
mentre Roland iniziava già a ricevere stima e fama per i suoi poderosi finali. All’epoca, Charles
Hansen era un giovane tecnico al quale venne chiesto di lavorare intorno alla progettazione di un
diffusore dal suono trasparente e coerente come quello dei diffusori elettrostatici, ma con i bassi e la
dinamica di un ottimo diffusore a coni. Jeff Roland cercava uno speaker in grado di svelare le
qualità delle sue elettroniche. Lo voleva che suonasse rilassato, ma potente e in grado di ricreare
un’immagine sonora più ampia e profonda rispetto a quella dei diffusori allora in circolazione. Ma
chi è Neil Patel? E cosa voleva?
All’epoca è un giovanissimo neurobiologo fresco di studi universitari. E’ anche un cinefilo, un
musicista, un amante del teatro e della letteratura, un musicofilo e un audiofilo. Un personaggio,
insomma, di larghe vedute, non certamente così usuale nel panorama dei personaggi dell’ hi-fi made
in USA.
Egli voleva il diffusore “trasparente”, un congegno realmente capace di restituire all’ascoltatore di
musica riprodotta gran parte delle sensazioni che la musica vera può offrire. Desiderava insomma
degli speakers che, quando suonavano, “sparissero di scena”, lasciando spazio esclusivamente al
messaggio musicale.
Quando le Ascent videro la luce egli era sconosciuto a molti.
Solamente pochi anni più tardi Neil Patel verrà considerato in patria il miglior progettista di
diffusori dinamici degli ultimi venti anni.
Le Ascent fecero subito scalpore: per la forma sfaccettata, per il cabinet estremamente rigido e
pesante, per il complesso crossover, per il prezzo elevato e per il suono.
Tuttavia, negli elementi essenziali, le Ascent erano un diffusore tradizionale: tre vie in sospensione
pneumatica. Però non si era mai visto in un unico progetto un crossover così grande e complicato,
tanto da dover stare separato dal corpo del diffusore, un cabinet in cui il solo pannello frontale
aveva spessore superiore a un palmo di mano e altoparlanti così sofisticati . Tutto ciò a dar vita ad
un suono più evoluto in grado di rendere palesi i miglioramenti a larga scala ottenibili da un
diffusore dinamico con, in più, alcuni pregi tipici del suono dei diffusori elettrostatici (coerenza,
ariosità, trasparenza).
A circa un anno dall’uscita delle Ascent, J. Roland esce dall’Avalon per dedicarsi completamente
allo sviluppo delle sue elettroniche e Neil Patel ne rimane l’unico proprietario.
Prima di chiudere questa prima parte della storia delle Avalon e di Neil Patel va aggiunto un
particolare non tanto trascurabile: è già da quel periodo che prende corpo la competizione, quasi una
sfida, fra Wilson e Avalon, cioè la lotta fra quelle che si riveleranno nei lustri successivi le due
massime espressioni qualitative nel campo di diffusori acustici dinamici americani.
Per la verità David Wilson, titolare dell’omonima etichetta discografica e recensore di T.A.S., era
partito con un vantaggio: alcuni anni prima aveva progettato e anche costruito qualche esemplare di
un sistema di riferimento gigante: gli Wamm. Ma è contemporaneamente alle Ascent che Wilson
introduce sul mercato la prima versione di un diffusore che riscuoterà nel corso degli anni un gran
successo: i Watt. Nel continuo tentativo di superarsi e di superare Avalon, Wilson ha prodotto in
oltre quindici anni sette serie di Watt e nuovi diffusori come le Grand Slamm, le Maxx, ha
migliorato le Wamm e prodotto subwoofers dedicati alle Watt.
Naturalmente Neil Patel non è stato a guardare.
Il periodo del verismo
Rimasto con il solo Charles Hansen al fianco, Neil Patel (NP) raddoppia le energie. Ha idee nuove e
le applica.
In questa fase della storia dell’Avalon, NP è attento alle teorie di Harry Pearson , personaggio che
ha influenzato più di ogni altro con il suo spessore culturale, con le sue idee e i suoi raffinati
editoriali un’intera epoca dell’audio mondiale.
Si è alla ricerca del cosiddetto “suono assoluto”, cioè del suono della musica reale. Il suono
riprodotto è suddiviso in parametri d’ascolto attraverso i quali è confrontato con la musica vera in
modo che non siano le misure elettroacustiche, ma precise sensazioni psicoacustiche a determinare
la maggiore o minore aderenza del suono riprodotto rispetto al reale.
Il primo diffusore che realizza dopo l’uscita di Jeff Roland è fedele al concetto di sospensione
pneumatica, ha solo due vie, ha dimensioni meno imponenti delle Ascent ed il grande crossover
pieno di segreti è ora nascosto dentro il cabinet. Una coppia costa circa la metà delle Ascent e si
chiamano Eclipse. Suonano meglio della loro capostipite! Più precisamente possiedono minor
estensione ed energia in gamma bassa, ma sono più coerenti e trasparenti. Insomma: fanno meno
baccano, ma offrono una superiore sensazione di vivezza e presenza. L’impostazione d’ascolto è di
tipo monitor: possono stare vicini all’ascoltatore, ma l’immagine sonora appare ben dietro alla
linea che lì unisce. Per rimettere le cose a loro posto, NP modifica il crossover e l’alloggiamento del
woofer delle Ascent dando vita alle Ascent MK2, che rimarranno in produzione molti anni
raccogliendo gloria e fama. Le MK2 offrono una maggior coerenza per via del fatto che le basse
frequenze legano meglio con le medie e con le alte rispetto al modello originario dove il woofer
sembrava offrire un suono più lento e gonfio, inficiando il “timing” dell’intero sistema.
Il terzo e ultimo tipo di diffusore appartenente a quella che arbitrariamente ho definito “l’epoca del
verismo” è, a mio parere, la Radian che viene lanciata nel 1993 a 5 anni di distanza dalle Eclipse. Si
tratta ancora di un sistema a sospensione pneumatica a tre vie come le Ascent, ma invece di avere
un solo grande cono per le basse frequenze ne ha due relativamente più piccoli che lavorano
insieme. E’ un po’ più smilza, ma in altezza e in peso somiglia alla Ascent. Il crossover, come per le
Eclipse, è incluso nel cabinet. Nel listino le Radian si collocano fra Ascent ed Eclipse. Offrono un
suono possente, ma pronto e dal tocco leggero, molto veloce ed articolato anche in bassa frequenza.
La rappresentazione spaziale, com’è ormai consuetudine in tutti i progetti di NP, è ricca di
profondità e larghezza, ma anche dotata di grande focalizzazione. Sotto il profilo del bilanciamento
tonale sono neutre, molto simili alle Eclipse, delle quali però scendono più in basso e con molta più
energia. La novità è la velocità e l’ancora aumentata coerenza. Le Radian ottengono un notevole
successo in USA e in Asia. Alcuni costruttori di elettroniche hi-end la usano in pianta stabile nei
loro impianti di riferimento. Assieme a Spectral, M.I.T, ASC Tube Traps, la Avalon, con la Radian
HC (una versione con crossover particolarmente sofisticato per ottenere ancor più velocità di
risposta ai transienti musicali), entra nel progetto 2C3D ( due canali stereofonici, tre dimensioni
d’ascolto) per dimostrare che con la stereofonia e con i prodotti giusti è possibile avere una precisa
sensazione di tridimensionalità dell’evento registrato.
Ascoltando oggi le Avalon appartenenti all’”epoca verista” non si ha la sensazione che il tempo sia
passato: il loro suono ha un’impronta per così dire classica che non ne lascia trasparire l’età.
Certamente questi sono speakers che per il loro costo elevato non hanno avuto una diffusione di
massa e che non sono facili da trovare offerti nelle liste del materiale di seconda mano. Per il loro
carattere “verista” sono stati considerati da alcuni diffusori “difficili”. Vorrei trarre da ciò un
argomento di riflessione. Premesso che il loro complesso crossover richiede centinaia di ore di
rodaggio, le Avalon non rappresentano un carico elettrico particolarmente difficile per le
elettroniche avendo un valore di impedenza medio di 6 Ohm. Inoltre la loro efficienza è buona (8387 dB). Perché allora sono così difficili?
Perché non ha senso andare per ghiaiose strade di campagna con una Ferrari !
Quando un prodotto è così sofisticato da poter offrire le migliori performances, se esso è l’ultimo
anello del sistema, mette a nudo pregi e difetti di tutta la catena audio. Ok, il suono esce dagli
speakers ! Ma non è detto che proprio gli speakers siano causa di un suono poco accurato. Più sono
buoni e più manifestano i problemi di ciò che sta loro a monte. Più che sono buoni e più necessitano
di un accurato set-up nell’ambiente d’ascolto. Non si dovrebbero acquistare i buoni diffusori per
correggere un suono cattivo, perché quel suono avrà ancora più problemi. Al contrario si
dovrebbero acquistare dei diffusori migliori solo quando si è in possesso di un suono già di grande
qualità.
Alcuni hanno sostenuto che le Ascent, le Eclipse e le Radian fossero diffusori difficili da far
suonare bene dopo averli inseriti in una catena audio con dei problemi, sperando che un buon
diffusore potesse correggere i difetti di un’elettronica inadeguata o di un cattivo interfacciamento
fra componenti o con l’ambiente d’ascolto o di un set-up approssimativo o di una pessima
alimentazione elettrica. La mia opinione è che essi sono speakers estremamente sinceri ed utili
anche per formulare diagnosi.
Il periodo romantico
Facciamo un passo indietro. Prima delle Radian, nel 1991 uscirono le Avatar, diffusore da
pavimento a due vie in sospensione pneumatica con lo stesso tweeter e con un woofer leggermente
più piccolo rispetto alle Eclipse. Il cabinet manteneva lo stile Avalon per quanto riguarda le
sfaccettature a diamante del frontale, ma era abbondantemente più basso e più leggero anche
rispetto a quello delle Eclipse delle quali costavano poco più della metà. Pur avendo in pratica gli
stessi componenti del più costoso due vie in listino, le Avatar suonavano in modo completamente
differente. Non sul piano della resa tridimensionale dell’immagine sonora e della trasparenza, che
negli anni sono stati la vera costante della produzione Avalon, ma sul piano del bilanciamento
tonale. Con esse NP inizia a discostarsi dal concetto verista ed inizia un’evoluzione nel campo dell’
”interpretazione” del suono riprodotto. Capisce che per avvicinarsi alle sensazioni della musica dal
vero non bastano diffusori “rigorosi”. Occorre che esprimano un’anima.
Nel periodo romantico NP cerca quest’anima soprattutto lavorando sul bilanciamento tonale.
Questo percorso è caratterizzato inizialmente con prodotti dal suono forse meno preciso ed esteso
rispetto ai precedenti, ma più caldo, magico ed accattivante. Rispetto ad Ascent ed Eclipse, le
Avatar fanno minor volume di suono, hanno meno bassi e minor capacità di focalizzazione. Ma
rimane indimenticabile per chi le ha ascoltate il senso di coinvolgimento e di aria che sono in grado
di offrire quando suona un’orchestra d’archi o con le voci donate all’ascoltatore con pienezza
armonica e straordinarie lucidità e grazia.
Sempre al periodo romantico appartengono altri due diffusori usciti dopo le Radian: le Monitor, uno
speaker da stand, a due vie, da ricordare perché è il primo diffusore di NP a lavorare in bass
reflex,e le Eclipse Classic, apparse molto più tardi, che hanno un cabinet simile a quello delle
Eclipse e un crossover riprogettato per avere un suono caldo, sullo stile delle Avatar, ma più
veloce e corposo.
Siamo intorno alla metà degli anni ‘90 e la Avalon ha in listino cinque tipi di diffusori. I prezzi
variano dai quaranta milioni di lire necessari per acquistare le Ascent MK2 ai nove delle Monitor:
un catalogo con quotazioni piuttosto elevate!
Tuttavia NP non vuole abbassare il livello qualitativo dei suoi prodotti e non ipotizza di produrre
nuovi diffusori con prezzi più abbordabili. Al contrario: mette in cantiere il super-diffusore, il top
dei top, una sfida alle Wamm e alle Infinity IRS, un sistema gigante da duecento milioni di lire: le
Osyris.
Il periodo neorealista
Le Osyris debuttano allo Stereophile Show di New York nel 1995. Questa manifestazione di
prodotti hi-end ha una caratteristica: visitatori ed esperti votano per il miglior suono dello show. Le
Osyris ottengono il maggior numero di preferenze.
Usualmente i grandi sistemi di diffusori elargiscono un suono imponente e con una gamma di
sonorità veramente completa. Quello che spesso gli fa difetto è la coerenza .
Le Osyris sono stati i primi diffusori giganti e multi-via in grado di restituire in modo logico sia le
dimensioni di una grande orchestra che quelle di un cantante o di un piccolo gruppo. Al tempo
stesso la loro velocità a bassa frequenza non faceva a pugni con quella del rimanente spettro di
frequenze. Tutto suonava rapido, trasparente, coerente, ampio, profondo e focalizzato. Il segreto
risiedeva nella velocità e nella completezza del tappeto armonico delle basse frequenze. Con le
Osyris, NP inizia un nuovo ed importante corso all’interno della dimensione tempo, ponendosi oltre
le questioni riguardanti parametri sonori come immagine sonora e bilanciamento tonale. Credo che
proprio in questo risieda l’anima più profonda dei diffusori Avalon del periodo neorealista e che in
ciò NP abbia speso tutte le sue migliori e più originali energie di progettista. Le Osyris lasciarono
qualche anno il posto ad un nuovo diffusore gigante: le Sentinel, più basse (le Osyris creavano
qualche problema d’immagine troppo alta nei locali con soffitti inferiori ai 4 metri), ma egualmente
super dotate. Per ogni canale sono equipaggiate con due tweeters, un midrange, un woofer e un
subwoofer costituito da due super coni con amplificazione dedicata. Il tutto contenuto in tre cabinet
indipendenti montati a filo uno sull’altro.
Il periodo neorealista, che va dal 1996 ai giorni nostri, è a mio modo di vedere il momento più
fecondo e maggiormente innovativo di casa Avalon. E’ all’inizio di questo periodo che NP può
maggiormente concretizzare le proprie idee sulla riproduzione musicale attraverso il sapiente
utilizzo di alcune novità tecnologiche come i nuovi coni ceramici.
Nascono così le Arcus, un potente due vie bass reflex da pavimento che va ad affiancare le Avatar
in listino, le Opus, un rigoglioso sistema a quarto vie bass reflex che prende il posto delle Radian e
soprattutto le lussureggianti Eidolon che mandano in pensione le Ascent.
Tutti questi nuovi diffusori possiedono la tradizionale, vasta ed accurata ricostruzione spaziale e
nitidezza delle Avalon, un bilanciamento tonale aperto e coinvolgente, un’estesa gamma tonale, una
gamma bassa veloce e articolata, la capacità di produrre un eccellente volume di suono in rapporto
al litraggio del diffusore, ma soprattutto uno straordinario senso del tempo musicale.
Recentemente la produzione Avalon annovera tutti i suddetti prodotti nel proprio listino unitamente
ad alcune novità come le costosissime ma assolutamente straordinarie Eidolon Diamond ( a mio
parere il miglior diffusore mai prodotto) con il suo tweeter al diamante dal suono trasparente ed
aggraziato e le Opus Ceramic. Mentre le Opus classiche hanno un suono più imponente e profondo
a causa della presenza del sub incastonato nel pavimento del diffusore, le Opus Ceramic sono un
classico tre vie e ogni cono è ceramico. Ciò a dar vita ad un suono rapido ed accurato, simile a
quello delle Eidolon anche se non così possente ed esteso in bassa frequenza.
Altra meritevole novità degli ultimi anni sono le Symbol, un diffusore stretto e raffinato, dotato di
gran classe, ma ancora poco compreso. Le Symbol costituiscono con il poderoso sub-woofer il
sistema home theatre proposto da Avalon .
Da sempre attratto dalle registrazioni di qualità superiore e dal quel mondo che vive sul confine fra
musica vera e musica riprodotta, cioè quello delle etichette discografiche, NP ha fondato una nuova
compagnia, l’Avalon Professional Design e si è dedicato alla progettazione e realizzazione di
sistemi di diffusori professionali. Attualmente in catalogo sono presenti due speakers da stand: le
Mixing Monitor e le Audio-Pro. Le prime sono già in uso presso le sale regia dei più prestigiosi
studi di registrazione nord europei ed Usa. Sono state espressamente costruite per il controllo fine
del posizionamento microfonico. Piuttosto costose, offrono un suono straordinariamente veloce,
trasparente e capace di una ricostruzione scenica incredibilmente ariosa e scolpita.
Assieme alle Eidolon Diamond, le Mixing Monitor sono a mio parere la massima espressione neorealista della Avalon.
L’ultima nata in casa Avalon si chiama Ascendant. Si tratta di un diffusore da pavimento a tre vie
delle dimensioni delle Opus e delle Eclipse, ma che dovrebbe avere un prezzo molto più
abbordabile.
Le qualità sonore di questo nuovo diffusore presagiscono un nuovo corso (impressionismo ?) in
casa Avalon, un ulteriore modo di proporre musica riprodotta ad alto livello. Sono ancora gli aspetti
spaziali a mettersi immediatamente in evidenza. Il soundstage delle Ascendant è ancora più grande
e largo dei suoi predecessori di pari litraggio. Il bilanciamento tonale è incline a manifestare
tonalità calde ed avvolgenti e di nuovo NP ci stupisce per la capacità di unire a ciò una trasparenza
cristallina. Le basse frequenze sono profonde e rapide, intelligentemente tarate per gli ambienti
domestici.
Ma è la capacità di connettere l’ascoltatore con la musica che, ad un ascolto più approfondito,
colpisce di più e fa la reale differenza fra congegni per la riproduzione musicale con l’anima , come
le Avalon, e gli altri.
Le Avalon ed io
Alla fine degli anni ’80 avevo un bel sistemino hi-fi con una coppia di Vandersteen 2C . Se fosse
stato per le mie esigenze personali di allora mi sarei abbondantemente accontentato. Ma ero socio in
Sound and Music con Alfredo Gallacci e Stefano Rama: da un lato importavamo e distribuivamo
elettroniche e diffusori, dall’altro ricercavamo e distribuivamo etichette discografiche audiophile.
Uno dei miei compiti più piacevoli era di valutare la qualità audiophile delle nuove etichette
discografiche prima di intraprenderne l’importazione.
La Sound and Music all’epoca distribuiva Avalon, ma c’erano solo le Ascent. Poi uscirono le meno
costose Eclipse. I miei soci mi spiegarono che sarebbe stato opportuno effettuare la valutazione dei
dischi con un sistema ancor più raffinato rispetto a quello che stavo utilizzando. Non potendomi
permettere le Ascent, non senza sacrifici, acquistai queste benedette Eclipse.
Le portai in casa e feci fare loro il periodo di rodaggio raccomandato (300 ore). Timidamente ogni
tanto le ascoltavo. Era una pena! Suono aspro, bassi inesistenti, soundstage costipato! Sarà il
rodaggio, mi dicevo. Finito il rodaggio, mi preparai per un ascolto serio, leccandomi i baffi,
convinto di poter sentire serafini e cherubini. Macche! Era uno schifo. E fu uno schifo per alcuni
mesi durante i quali ho anche ipotizzato di chiudere definitivamente con le Eclipse gettandole dalla
finestra sul cortile. Se non lo feci fu perché mi fermai a riflettere. Conclusi che probabilmente più
un prodotto è buono e più deve essere aiutato a suonare al meglio.
In sostanza, quando tu compri un prodotto audio migliore tu non devi pensare di aver
automaticamente acquistato un miglior risultato finale: solamente ti metti in casa un numero
maggiore di qualità potenziali (da far emergere !).
Così iniziai un percorso virtuoso durante il quale ho potuto apprendere un sacco di cose. Lavorai
sull’acustica del locale e sulla rigorosa ricerca dell’esatto posizionamento dei diffusori e del punto
d’ascolto, sulla qualità della corrente elettrica, sui cavi e sulle elettroniche. Il bello era che le
Eclipse rendevano evidente ogni minimo cambiamento ed era facile capire se la direzione intrapresa
era quella giusta o quella sbagliata. Ed era questo fatto a darmi fiducia e a farmi apprezzare le
potenzialità, l’accuratezza nella riproduzione e la vera anima dei diffusori Avalon .
Capii che sarebbe stato possibile raggiungere un risultato complessivo di livello molto superiore
rispetto al punto di partenza iniziale ante-Eclipse. Dipendeva solamente dalla mia capacità e dalla
mia sensibilità. In effetti, alla fine di un percorso durato alcuni mesi, il risultato fu eccezionale: il
soundstage con alcune registrazioni superava le dimensioni fisiche del mio locale; avevo ottenuto
un bilanciamento tonale accurato, grande microcontrasto, ottima articolazione, focalizzazione
tridimensionale super, eccellenti impatto sonoro e ricchezza armonica, travolgente coinvolgimento
emotivo.
Ho ascoltato musica con le Eclipse per 10 anni, poi sono passato alle Opus.
Quest’ultimi sono diffusori molto più generosi in gamma bassa e nella capacità di riprodurre ad alti
livelli di pressione sonora e quindi più adatti alla riproduzione del rock o delle grandi masse
sinfoniche. Rispetto le Eclipse, la gamma medio-alta è lievemente più calda e dolce. Pur avendo
quattro vie possiedono una coerenza e una trasparenza stupefacenti.
Ho anche una coppia di Mixing-Monitor (un speaker professionale di cui, come Acustica Applicata,
abbiamo recentemente intrapreso la distribuzione) che, essendo un due vie con un woofer da 7”,
non può avere la profondità delle basse frequenze delle Opus, ma è assolutamente imbattibile in
termini di precisione, articolazione, microcontrasto, velocità dai 50-60 Hz in su.
E’ probabilmente il diffusore dinamico più coerente che esista (ad occhi chiusi è in sostanza
impossibile distinguere il suo suono da quello di un eccellente diffusore elettrostatico) ed è in grado
di restituire una gamma media e un’immagine sonora di riferimento anche ad alte pressioni
acustiche.
Nel corso degli anni ho avuto modo di poter ascoltare per lunghi periodi le Avatar, con il loro suono
ampio, arioso e dolce ed ho curato molti set-up con Ascent, Radian, Arcus, Symbol, Osyris (New
York, 1995) e Sentinel (Hong Kong 2001, Amsterdam 2003).
Insomma ho una vera passione per questi diffusori che hanno un solo grave limite: sono molto
costosi.
Ma se l’argomento che stiamo discutendo in questa sede non fosse “avere o non avere”, ma come e
quanto “essere o non essere” (vicino alla verità musicale), allora debbo dire che le Avalon sono
diffusori che contengono in sé straordinarie prerogative per avvicinare l’esperienza dell’ascolto
della musica riprodotta a quella della musica vera.
Fanno questo perché in un certo senso possiedono una loro anima musicale che è la proiezione del
pensiero, delle sensibilità, della cultura e del bagaglio tecnico di Neil Patel, il quale, conscio che il
sistema hi-fi perfetto non può esistere (perché musica vera = musica riprodotta è un’equazione
impossibile), attraverso ogni sua realizzazione, propone una sua interpretazione della musica
riprodotta “versus” la musica vera.
In questo senso ogni diffusore Avalon del passato e del presente è un’opera unica a sé stante.
Accanto a caratteristiche comuni proprie della produzione Avalon, come la trasparenza, la capacità
di non imporre una prospettiva sonora propria, ma di rispettare quella d’ogni diversa registrazione,
il senso del “sound”, del ritmo e del tempo musicale, ogni modello Avalon offre all’ascoltatore una
sua “visione” della musica riprodotta ed è in questa che risiede l’anima profonda e nobile dei
progetti firmati da Neil Patel.
Italo Adami
- 2004 -