Studium Generale Marcianum – ISSR S. L. Giustiniani

Studium Generale Marcianum – ISSR S. L. Giustiniani -Venezia
Appunti delle lezioni
Lez: 8/10/2011
(Altre definizioni di termini usati)
Culto: dal latino colere = coltivare. Significato figurato “venerare”.
Celebrare/celebrazione: traduzione dal latino solennizzare. Compiere un'azione
comunitaria per lodare e onorare in un clima di festa un evento/persona/valore degni di
essere ricordati come fondamentali per la vita di una comunità.
Rito: da una radice indoeuropea (r’tam) che indica l'ordine cosmico e l'agire degli dei in
ragione a questo ordine. Il rito ha una struttura istituzionalizzata programmata e
ripetitiva. Nasce quando un determinato gruppo sociale avverte la necessità di una più
profonda integrazione con la totalità della realtà. E' una forma di “socializzazione” con
il sacro o con il trascendente. Il rito opera un'integrazione a due livelli tra loro distinti e
correlati nello steso tempo:
1) con il sacro, o realtà trascendente; 2) con il proprio gruppo.
La ripetizione nel rito cristiano, come in quello ebraico, è più esattamente memoriale:
mediante l'insieme delle azioni simboliche la Chiesa proclama che Dio opera nell'atto
liturgico l'effetto salvifico delle azioni storiche passate.
Il rito è un'azione simbolica costituita da gesti e parole (interpretative) con una struttura
preformata e istituzionalizzata che favorisce la partecipazione comune e la ripetizione.
Importanza del simbolo/azione simbolica.
SC7 →La liturgia si serve di segni (o, meglio, simboli). Questo si coglie soprattutto nei
sacramenti (segni efficaci) che significando causano. Per S. Agostino c'è una connaturalità
tra il segno e la realtà significata.
Dal punto di vista antropologico.
L'esistenza umana è caratterizzata da uno stretto legame tra esperienza e espressione. Il
linguaggio permette all'uomo di comunicare il senso della propria esperienza, apre alla
realtà fatta di tanti livelli. Uno di questi è il livello religioso a cui l'uomo si apre con il
linguaggio simbolico. Il simbolo è congeniale all'esperienza religiosa, per cui il
comportamento umano definito celebrazione si basa proprio su questo. La celebrazione è
il punto di incontro tra l'esperienza religiosa e il linguaggio simbolico.
Liturgia – prof Costantini – A.A 2011/2012 – a cura di Christian Manfrin
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Linguaggio: fenomeno universale che coinvolge l'uomo in tutte le sue esperienze e ha
come struttura comune quella del segno.
Simbolico: uso particolare del linguaggio in cui si modifica la struttura comune del segno
per far emergere significati diversi e più profondi di quelli ordinari.
Il segno si compone di una parte esterna materiale che la linguistica chiama significante e
di una parte concettuale, il significato. Tutto questo deve rimandare una determinata
realtà (il referente). Quando il segno è verbale molto spesso si basa sulla convenzione,
non c'è niente che naturalmente si colleghi alla realtà (es per indicare l'albero ogni lingua
ha un suo termine specifico, convenzionale, ma il concetto e la realtà di albero è sempre
quello). Tra mittente e destinatario ci deve essere intesa sul codice. L'intesa sul codice
viene data dal contesto culturale in cui il segno è utilizzato (e il simbolo è agito: questo
contesto per noi si chiama Chiesa, intesa sulla tradizione antico e neotestamentaria).
Simbolo→συν = con, insieme; βαλλο = mettere, gettare. Il significato sta nella
riunione delle sue parti.
Il linguaggio simbolico indica più significati attribuiti al medesimo significante. Il simbolo
è un nuovo livello di realtà in cui due segni entrano in relazione. Nell'azione rituale la
parola rende possibile l'azione del simbolo, permette di attingere al trascendente senza
esaurirlo. Dio sarà sempre altro, ma l'esperienza simbolica mi permette di entrarci in
relazione salvaguardandone l'alterità. La struttura sacramentale è quella che Dio ha usato
per comunicarsi, in un certo senso tutta la creazione fa fare esperienza di Dio. La Bibbia
insegna che la creazione è simbolo di Dio. Mentre il segno rimanda ad altro, il simbolo è
già portatore della realtà che vuole comunicare, la rende presente senza mai esaurirla.
B. Maggioni, “Liturgia e culto”, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica 1988, pp 835 –
847. → Nel culto biblico ritroviamo tutte le strutture essenziali della religiosità
universale (luoghi sacri, oggetti e persone consacrate, tempi festivi...) L'uomo religioso
ritaglia dal mondo profano gesti, persone, spazi e tempi, li carica di valenza simbolica e
forma così l'ambito del sacro: struttura essenziale della religiosità che diventa evocatrice
del divino, separato dal mondo profano. Diventa oggetto di venerazione e di timore.
Il sacro è necessario all'uomo, senza il sacro mancherebbero all'uomo segni che Dio è
presente nella sua vita, che questa va oltre e che quindi vi è un mondo nuovo in
gestazione. Si apre così all'uomo un nuovo orizzonte di valori e significati che gli
permettono di sperare.
Il sacro non fonda qualcosa di diverso dalla vita (quotidiana, profana) ma ne svela il
senso.
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C'è un rischio: separare la vita quotidiana dal culto, introducendo un dualismo tra lo
spazio del sacro dato a Dio e il profano dell'uomo. Invece, proprio perché JHWH è Dio
della storia non ci può essere separazione tra culto e vita e non ci sarà mai un
“totalmente profano”.
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