Documento conclusivo della GMG

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Ai nostri rappresentanti istituzionali…
Cari Sindaci e caro Vescovo,
i giovani delle vostre comunità vi scrivono…
“L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta di essere civile
è quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con un’aria più vitale che è davvero
contagiosa.
L’appartenenza
è un’esigenza che si avverte a poco a poco
Si fa più forte alla presenza di un nemico,di un
obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto
decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di
quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi
Cominciare a dire noi.”
da Canzone dell’appartenenza
(G. Gaber e S. Leporini, in “La mia generazione ha perso”, 2001)
Un documento a più mani……
LAVORI IN CORSO!
L’idea di questo documento nasce dalla profonda convinzione che “responsabilità è partecipazione”.
Nel cammino di Pastorale Giovanile iniziato a Febbraio e che oggi culmina nella Giornata Mondiale
della Gioventù diocesana, noi giovani abbiamo sentito la necessità di interrogarci su alcune
tematiche con le quali ci confrontiamo quotidianamente e nelle quali ciascuno si gioca la propria
identità, le proprie idee, il proprio credo, la propria speranza.
L’affettività, la fragilità, la festa e il lavoro, la tradizione, la cittadinanza: è all’interno di questi ambiti
che si sperimentano le difficoltà e allo stesso tempo la bellezza del dialogo…quello autentico, che
non esclude nessuno, ma rende possibile l’incontro proficuo delle diversità.
Se è vero tutto ciò, diventa chiaro e intelligibile il bisogno forte di confrontarci e di lavorare con gli
altri.
Da qui la ferma volontà di metterci al lavoro con i giovani che, a diverso titolo, operano
quotidianamente nelle nostre comunità.
Ecco il perché di associazioni diverse per matrice storico-culturale e per identità:
l’AZIONE CATTOLICA (associazione di laici che collabora con la gerarchia ecclesiastica per la
santificazione dell’uomo);
l’ARCI (associazione ricreativo-culturale italiana che opera per la promozione sociale, in particolar
modo con riferimento al tempo libero e alla cultura);
la CARITAS (associazione ecclesiatica che collabora con la gerarchia con particolare attenzione ai
bisogni degli ultimi);
MediterRanìa ONLUS (associazione che si occupa dell’immigrazione e dell’integrazione);
il CLAD (“centro lotta al disagio” che si impegna per il recupero e la prevenzione del disagio sociale,
con particolare riferimento alle problematiche legate alle dipendenze patologiche);
l’UNITALSI (gruppo di volontariato cattolico che spende le proprie energie in favore degli ammalati).
La prima fase è stata caratterizzata dal contatto fra le associazioni. Si sono ritrovate più volte al fine
di fare una riflessione utilizzata la realizzazione delle piste su cui hanno lavorato i giovani e gli adulti
che hanno preso parte al laboratorio che si è svolto l’11 marzo presso il Liceo classico “C. Sylos” a
Terlizzi.
Qui di seguito si riportano le osservazioni e le riflessioni che sono nate nei diversi sottogruppi i quali
hanno lavorato sulle seguenti tematiche:
o L’ALLOGGIO;
o L’IMMIGRAZIONE;
o IL LAVORO;
o LA RICREATIVITA’, GLI SPAZI PER I GIOVANI E L’USO DI SOSTANZE;
o LA SOLITUDINE DELL’AMMALATO.
In via preliminare, si osserva che i diversi bisogni sociali che, all’interno di qualsiasi organizzazione
sociale, vanno a costituire una ipotetica “scala dei bisogni” variano di posizione da comunità a
comunità.
Le cinque tematiche sopraelencate rientrano tutte a pieno titolo nei primissimi posti tra i bisogni
collettivi più avvertiti oggi nel nostro territorio, in maniera trasversale a partire dai più giovani per finire
agli anziani.
In altri termini, trattasi di bisogni fondamentali, comuni a tanti, motivo per cui è giusto che siano
affrontati da tutte le componenti sociali e politiche al fine di dare insieme risposte appropriate.
Ciascun sottogruppo è stato coordinato dalle associazioni che in maniera specifica si occupano delle
suddette aree tematiche.
Qui di seguito si riportano le sintesi dei diversi gruppi e, soprattutto, le idee e le proposte che i giovani
fanno alle Istituzioni, laiche e religiose, da voi rappresentate.
Si è preferito rispettare e conservare le differenze stilistiche che caratterizzano le diverse sintesi
redatte dai capigruppo, affinché si potesse offrire una immagine quanto più possibile aderente alla
realtà, fatta di tanti colori, sfumature e sfaccettature, idee, identità che, sommate, ne determinano la
ricchezza della stessa.
Non resta che augurare a voi buon viaggio fra queste piccole tappe che rappresentano segmenti
importanti di una strada percorsa da molteplici persone, a volte con difficoltà… ma sempre con la
speranza di camminare insieme, sapendo di poter contare sulla presenza di una segnaletica precisa
e meticolosa che indichi le direzioni ai viandanti…
La segnaletica la chiediamo a voi, Istituzioni, con l’augurio che le idee che qui di seguito vi offriamo
possano esservi di ausilio e farvi sentire meno soli nel difficile e, allo stesso tempo, nobile compito a
voi affidato…
Buon lavoro!
Relazione Gruppo ALLOGGIO
Coordinatori:
o Nico Visaggio – Architetto
o Roberta Cagnetta –Responsabile giovani parrocchiale Azione Cattolica
Hanno partecipato a questo laboratorio: Michele Cagnetta, Giovanni Cataldo, Fabio Chiarolla,
Alfonso De Leo, Mario De Lucia, Gioacchino De Pinto, Michele Pappagallo, Michele Cagnetta.
Il gruppo di lavoro si è costituito in modo eterogeneo per età. La motivazione comune che ha spinto i
partecipanti alla scelta di questo ambito tematico è stata la voglia di acquisire maggiori conoscenze a
riguardo, trovare risposte ai propri dubbi, stabilire un confronto con le altre città della diocesi, dare
suggerimenti personali sull’argomento ritenuto attuale e frastagliato da molteplici dinamiche.
Ci si è interrogati sul perché il tema urbanistico sia associato a tempi così lunghi di sviluppo e su
quali sono o potrebbero essere gli strumenti necessari per soddisfare la quotidiana richiesta di un
alloggio.
Con l’aiuto tecnico dell’ architetto Visaggio ci siamo approcciati alla tavola di zonizzazione del PRG di
Terlizzi con sguardo curioso,attento e propositivo.
Le proposte:
-
vigilare da cittadini attenti e attivi affinché il PRG venga rispettato nella sua interezza;
-
sfruttare i trenta giorni in cui il piano viene pubblicato all’Albo Pretorio del comune per
presentare osservazioni costruttive e di interesse pubblico;
-
investire in edifici sia privati che pubblici sulle energie rinnovabili e sulle nuove tecnologie che
per quanto abbiano costi di messa in opera leggermente superiori agli altri materiali
dell’edilizia consentono col tempo d’ammortizzare le spese e di trarne benefici sia economici
che ambientali;
-
prevedere un censimento delle case sfitte e battere sul piano fiscale, applicando l’I.C.I. in
modo privilegiato per le case affittate così da combattere l’aumento esponenziale degli affitti.
Fondamentale risulta il ruolo della politica, l’urgenza che i politici manifestino con i fatti la volontà di
scegliere d’occuparsi delle vere priorità tra le quali la necessità di abitazioni.
Mettere insieme interessi contrapposti, adoperarsi per accrescere la comunicazione con e tra le varie
realtà che sono coinvolte dalla problematica ALLOGGIO (semplici cittadini, consorzi di proprietari,
confinanti, studi tecnici,cooperative), incitare e motivare i proprietari ad assumere un comportamento
etico concorrono senza dubbio a creare un sinonimo di “buona politica” !!
Relazione Gruppo IMMIGRAZIONE
Coordinatori:
o Edgardo Bisceglia – Responsabile cittadino Caritas Terlizzi
o Roberta De Palo –Presidente MediterRanìa Onlus
o Alessandro Paparella –Operatore Centro “Fuori orario”
La quantità di tempo a disposizione (un’ora) si sarebbe dimostrata fortemente limitante per poter
sviluppare un’ampia e approfondita discussione sul tema dell’immigrazione che tenesse in
considerazione anche le varie esperienze di chi opera sul campo, di chi vive questa situazione sulla
propria pelle o di chi semplicemente avrebbe voluto partecipare a questo tavolo per pura curiosità.
Prevedendo questa situazione, gli organizzatori del tavolo hanno voluto porre all’attenzione e alla
discussione del gruppo un argomento limitato ad un particolare aspetto della convivenza fra culture
diverse, possibile anche di un riscontro pratico raggiungibile in un tempo potenzialmente breve.
Il tema proposto è stato quello dell’inserimento negli statuti comunali della figura del Consigliere
straniero aggiunto. Tale figura, presente soprattutto nelle città e nei comuni del nord Italia e in casi
sporadici in qualche città del sud come Lecce, può intervenire nel Consiglio Comunale del paese di
riferimento su tutti gli argomenti attinenti alle problematiche dei cittadini extracomunitari e partecipa
alla votazione con voto consultivo.
Si è aperto subito un confronto tra chi riteneva fondamentale una figura del genere nel Consiglio
Comunale della propria città come un esempio lampante di riconoscimento di una cultura “altra” (da
proporre e magari istituire nel più breve tempo possibile) e chi, invece, considerava tale figura inutile
sia per la sua funzione meramente consultiva sia perché un solo consigliere straniero non sarebbe in
grado di poter ben rappresentare tutti gli altri cittadini extracomunitari appartenenti a culture e
religioni diversi dalla propria. Tra le teorie ha però nettamente prevalso la prima in quanto,
promuovendo l’istituzione del Consigliere straniero aggiunto, si darebbe la possibilità a chi ormai vive
e lavora da un po’ di anni nel nostro Paese (e non ha ottenuto ancora la cittadinanza italiana) di
essere rappresentato nel luogo istituzionale più alto per una comunità locale. Questo sembra essere
un buon punto di partenza per una partecipazione alla vita amministrativa del proprio paese di
residenza più giusta, più equa e più democratica, in attesa che i prossimi governi possano
impegnarsi in questa materia, formulando una legge sulla cittadinanza capace di garantire parità di
diritti ai migranti (diritto di voto in primis) e di riconoscere a chi è ben integrato ormai nella società di
sentirsi partecipe e parte di essa.
Nella discussione è emersa l’importanza di un altro istituto decisivo il confronto tra culture: la
Consulta delle associazioni. Tale organismo, però, è da riprendere, recuperare, rinvigorire in moda
da essere realmente espressione dell’associazionismo del nostro paese.
La Consulta, quindi, deve tornare ad essere laboratorio di integrazione tra tutte le associazioni
presenti sul territorio.
Per alcuni dei partecipanti al gruppo di lavoro tale organo ha più rilevanza della figura del Consigliere
straniero aggiunto, in quanto nello stesso possono essere affrontati, assieme all’associazionismo del
territorio, temi riguardanti l’immigrazione al fine di superare i limiti culturali e pregiudiziali in cui
spesso si ricorre in situazioni di scambio tra culture. Per altri la Consulta, da sola, può essere
fortemente limitante perché, essendo costituita in maggioranza da associazioni autoctone, potrebbe
non farsi carico delle problematiche presentate dalla minoranza delle associazioni di immigrati,
mentre con la figura del Consigliere straniero aggiunto le istanze avanzate dagli extracomunitari
avrebbero accesso diretto nell’organo decisionale del Comune, evitando in tal modo possibili filtri.
L’incontro si è concluso con il riconoscimento dell’importanza delle due proposte fatte, ossia, quella
del Consigliere comunale aggiunto e quella della Consulta delle associazioni e della necessità di un
loro sviluppo simultaneo e parallelo per un risultato più efficace rispetto alle problematiche
dell’immigrazione.
Al termine dell’incontro uno scambio di recapiti telefonici ed e-mail è stato il segno evidente di un
lavoro ben svolto che, in un tempo molto breve e solo appena iniziato, ha spinto i partecipanti ad
impegnarsi ancora insieme su questo tema tanto delicato.
Relazione Gruppo LAVORO
Coordinatori:
o Giovanni Cataldo - Responsabile giovani parrocchiale Azione Cattolica
o Domenico Facchini - Coordinatore cittadino Azione Cattolica di Molfetta
o Maria Mangiatordi – Coordinatrice cittadina Azione Cattolica di Terlizzi
La prima osservazione che non può non farci riflettere è il fatto che solo uno dei presenti ha preso
parte al gruppo che si occupava della tematica “lavoro”.
Al gruppo, infatti, ha aderito esclusivamente Vincenzo Cipriani, mentre Rosanna Di Modugno,
Giovanna de Gennaro e Giuseppe Lorusso sono intervenuti quali rappresentanti del progetto
Policoro e, infine, si è unito ai lavori Francesco Fiore (responsabile dell’Agenzia dei segretari
comunali e provinciali della Puglia), relatore della serata che ci ha aiutati a riflettere su cosa possa
significare oggi essere cittadini attivi.
Innanzitutto ci siamo interrogati sul perché di una defezione così evidente e generale.
Simpaticamente, qualcuno ha detto che l’errore è stato quello di scrivere “lavoro” piuttosto che
“disoccupazione”! Se fosse stato usato quest’ultimo termine probabilmente l’aula sarebbe stata
gremita di gente.
Il lavoro manca e i più fortunati ne hanno, talvolta, uno precario.
Il gruppo ha riflettuto su cosa significhi oggi flessibilità ed è emersa l’idea che, purtroppo spesso, sia
sinonimo di precariato.
Poiché l’obiettivo era quello di elaborare proposte e idee, dopo aver preso atto delle difficoltà evidenti
e innegabili che caratterizzano il mondo del lavoro odierno, ci siamo concentrati su tre aspetti:
l’imprenditoria giovanile, il sociale e le agenzie di informazione a cui rivolgersi per accedere al mondo
del lavoro.
E’ emerso che, in primo luogo, sarebbe opportuno che siano le Istituzioni a potenziare gli strumenti di
informazione e le agenzie che devono essere più visibili, accessibili e fruibili da chi è prossimo
all’ingresso nel mondo del lavoro.
Il progetto Policoro incontra serie difficoltà a trovare accesso nelle Scuole Medie Superiori dei nostri
paesi, né all’interno di queste esistono punti di orientamento per i giovani che devono decidere cosa
fare della loro vita.
Non è raro che ci si limiti a fare esclusivamente orientamento universitario, tralasciando
completamente quello lavorativo.
Sarebbe bene (veniamo alla proposta concreta) che le Istituzioni curino e spronino le Scuole
Superiori ad una maggiore sensibilità sul punto e ad una più tangibile operatività in tal senso. La
scuola è un luogo privilegiato per incontrare giovani e fornire loro punti di riferimento chiari e concreti.
Non può l’istituzione scuola sottrarsi a questo compito formativo ed educativo fondamentale.
Spesso i giovani non sanno neanche come compilare un curriculum…
Ancora, le Agenzie territoriali per l’occupazione e gli Sportelli InformaGiovani devono essere più
visibili e, soprattutto, autentici punti di riferimento per i giovani (si pensi, a titolo meramente
esemplificativo, alla conoscenza degli strumenti legislativi e dei finanziamenti esistenti in materia a
livello statale e comunitario).
In relazione all’imprenditoria giovanile, è emerso che talvolta siffatto istituto non è conosciuto o lo è in
modo superficiale e approssimativo, motivo ulteriore per cui non si pensa neanche di potervi far
ricorso.
E poi c’è il mondo sociale, visto quasi sempre come sinonimo di volontariato e non anche come
occasione di lavoro.
E’ questo un problema, perché nella nostra terra, particolarmente attenta e sensibile agli ultimi, il
sociale potrebbe funzionare molto meglio se solo fosse dotato di maggiore professionalità,
diventando così anche occasione di lavoro.
Il volontariato è necessario, ma non basta.
E’ emerso che nei nostri paesi ci sono poche cooperative sociali e che quelle esistenti sono tante
volte lasciate sole dalle Istituzioni religiose e laiche.
Chiediamo alle Istituzioni di sostenere gli imprenditori, sociali e non, delle nostre comunità affinché si
possano creare reali occasioni e opportunità di lavoro.
Da ultimo, si è detto che l’idea di flessibilità mal si concilia con la struttura della Pubblica
Amministrazione. Purtroppo, sempre più di frequente la P.A. ricorre a tipologie contrattuali flessibili,
che non consentono un’azione amministrativa efficiente, efficace e ispirata a quei principi “di buon
andamento e imparzialità” di cui parla la Carta Costituzionale all’art. 97. Essi rappresentano la
volontà del Legislatore di perseguire anche attraverso l’azione amministrativa il bene comune, ragion
per cui devono essere perseguiti con impegno.
Il lavoro non può non essere sinonimo di libertà.
La sua assenza, allora, deve allarmare e, allo stesso tempo, attivare tutti, Istituzioni e privati
cittadini, ciascuno secondo i propri compiti specifici, perché è anche nel lavoro che l’uomo si realizza
ed è solo per mezzo di esso che può procurarsi, con sudore e dignità, il pane quotidiano.
A ben pensare, oggi torna forte e attuale l’augurio che Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, fece nel
1954 ai suoi concittadini: “Queste vostre case non conoscano –è l’augurio che vi faccio dal fondo del
cuore!- l’angoscia della disoccupazione e dell’indigenza! Ma siano oggi e sempre case di operosi
lavoratori che guadagnano con il loro sudore il pane santificato ogni giorno!”.
Speriamo che anche le nostre case possano essere abitate da operosi lavoratori…
Relazione Gruppo RICREATIVITA’, SPAZI PER I GIOVANI E USO DI SOSTANZE
Coordinatori:
o Cristina Santeramo – Socia Arci
o Domenico Tricarico –Vicepresidente Arci
o Nicola Zagami –Presidente Clad
Il gruppo di lavoro sulla ricreatività, il tempo libero e l’uso di sostanze ha registrato una
partecipazione molto intensa sia sul piano quantitativo ( essendo uno dei gruppi più frequentati ), sia
su quello qualitativo ( vista la forza delle discussioni aperte e l’importanza degli argomenti trattati ).
E’ essenziale notare che questo gruppo era moderato da due soci della locale associazione affiliata
all’Arci e da un socio del Clad, mentre quasi tutti i partecipanti alla discussione erano membri di
Azione Cattolica.
Proprio la diversa estrazione culturale dei moderatori e dei partecipanti ha innescato una intensa
discussione sul sistema di valori di riferimento. Infatti l’Arci è una associazione di matrice laica che si
occupa di tempo libero e cultura, il Clad è una associazione che si occupa di recupero e prevenzione
del disagio sociale, con particolare riferimento alle problematiche legate alle dipendenze patologiche,
mentre l’Azione Cattolica è una associazione ispirata a valori religiosi cattolici.
In particolare la discussione, nella fase iniziale, ha visto spunti di confronto particolarmente polemici
su quali potessero essere i migliori valori di riferimento per “riempire” la vita dei giovani.
Confrontarsi in modo a tratti impetuoso ha comunque portato due notevoli risultati: capire le
differenze al di là dei pregiudizi e trovare i punti di contatto oltre le diffidenze ideologiche. Quasi
subito è emerso che ad accomunare tutte le organizzazioni e le estrazioni culturali diverse presenti
c’era la centralità dell’uomo e la tensione morale verso i contenuti più importanti dell’affettività
umana.
Dopo questo proficuo confronto – scontro, si è passati ad una fase più empirica di raccolta
schematica dei bisogni, attraverso la lettura e la successiva discussione di alcuni questionari sintetici
compilati in precedenza. Dai questionari è emersa una situazione piuttosto preoccupante rispetto alla
percezione dell’uso di sostanze che i giovani partecipanti avevano. Infatti, quasi ogni adolescente ha
raccontato di conoscere più di una persona che fa un uso saltuario o continuativo di sostanze, in
special modo alcolici, cannabis e cocaina, a conferma del già diffusamente percepito allarme sociale
sugli abusi di sostanze, in special modo quello di cocaina, esponenzialmente emergente negli ultimi
anni.
Il dibattito sui bisogni per il tempo libero ha, invece, fatto emergere le più disparate richieste di
infrastrutture
(come ad esempio piscine comunali e parchi pubblici ), senza una particolare uniformità di vedute.
Ma ciò che più ha attratto l’interesse di tutti i partecipanti è stato lo spostamento semantico che ha
riportato il focus della discussione sui bisogni di valori, più che sui bisogni materiali, e che ha portato
alla constatazione ampiamente condivisa, che un saldo sistema di valori di riferimento permette di
“godersi a pieno” quello che si ha, poco o molto che sia. E questo ritorno all’iniziale confronto etico
ha degnamente chiuso la discussione, evidenziando altre visioni comuni al di là dei giudizi
precostituiti.
Relazione Gruppo SOLITUDINE DELL’AMMALATO
Coordinatori:
o Gioacchino Guastamacchia – Volontario Unitalsi
o Giovanna Murgolo –Volontaria Unitalsi
o Gioacchino Vino – Volontario Unitalsi
Testimone: don Mimmo MINAFRA
La nostra discussione
ha avuto
inizio dalla testimonianza di don Mimmo Minafra sulla sua
esperienza di diversamente abile (anche se temporanea) e di volontario unitalsiano. Don Mimmo ci
ha raccontato gli anni della sua malattia che lo ha tenuto paralizzato completamente dal collo in giù.
Ci ha confessato i sentimenti e le emozioni che un diversamente abile prova in quei momenti in cui
sa di aver bisogno necessariamente di un’altra persona che diventi le sue gambe o le sue braccia o,
in casi peggiori, il suo corpo. Grazie alla sua testimonianza e a quella di altre due ragazze terlizzesi
diversamente abili sono state sviscerate le loro emozioni in modo spontaneo e puro.
E’ emerso che l’ammalato nella nostra società e, nello specifico nei nostri paesi, vede al di fuori della
sua realtà un muro non sempre facile da abbattere. Un muro che si presenta sia in forma umana sia
in forma materiale (si pensi alle barriere architettoniche ancora non del tutto abbattute).
Si è messo in evidenza che la presenza di diversi problemi, ad oggi irrisolti, non dà serenità né ad un
volontario né ad un diversamente abile.
L’ammalato che spesso lotta contro la depressione e la solitudine avrebbe bisogno di una figura
religiosa, non sempre presente. Infatti, a questo proposito, alcuni volontari hanno proposto di attivare
una collaborazione più proficua con le parrocchie. Una collaborazione che porti un gruppo di
persone, pronte a conoscere il territorio, ad aiutare coloro che continuano a vivere chiusi nelle proprie
case in attesa di qualcosa che faccia dimenticare loro, anche se per poche ore, la propria malattia.
E’ necessario, quindi, che i gruppi di volontariato come l’Unitalsi, intreccino una convivenza con le
Istituzioni religiose. Una convivenza che potrebbe essere facilitata dall’ingresso della figura del
volontario nei consigli pastorali delle singole Parrocchie.
Altro punto ancora più importante, è quello che chiama in prima linea le Istituzioni comunali. Ci si è
interrogati su cosa facciano per sostenere i gruppi di volontariato che si occupano dei diversamente
abili e quanto siano effettivamente in grado di dare risposte alle domande che i volontari pongono.
A Terlizzi, come ci raccontano gli stessi ammalati presenti al laboratorio, ci sono – a titolo meramente
esemplificativo- ancora molte strade non percorribili con sedie a rotelle a causa di buche nonchè
alcune chiese (cfr. Santa Maria La Nova e Santa Lucia) rappresentano ostacoli difficili da abbattere
per i diversamente abili.
La discussione si è conclusa con alcune parole: collaborazione, umiltà, amore, compagnia,
interesse…sono queste le cose che gli ammalati chiedono a noi tutti, singoli e Istituzioni laiche e
religiose.
Qualche riflessione conclusiva…che sia punto di partenza di un percorso appena iniziato
Il primo dato è che il punto di partenza ci vede tutti indistintamente coinvolti, ciascuno secondo la
propria identità, i propri compiti, il proprio carisma, le proprie idee…Tutti siamo chiamati a
intraprendere quotidianamente questo percorso così difficile, ma anche straordinariamente
affascinante, che chiamiamo sinteticamente “vita”.
Ed è all’interno della vita che si colloca la dimensione della cittadinanza.
Ripartiamo dalla riscoperta, come ci ha ricordato Francesco Fiore, dell’essere cittadino per poi
riassaporare il significato autentico della cittadinanza attiva.
Attiva perché sentiamo che quello che succede nelle piazze, nelle scuole, negli ospedali, nel
municipio, nelle chiese… ma anche in ciascuna privata dimora ci appartiene, è “affare nostro” del
quale interessarci.
Attiva perché deve vederci tutti protagonisti.
Attiva perché quello che si definisce “bene comune” è autenticamente tale solo nella misura in cui
racchiuda un po’ di tutti e ciascuno.
Attiva perché richiede presenza, pazienza e costanza, impegno, sacrificio e rinuncia, entusiasmo,
passione, idee.
Attiva perché è il contrario di passiva; implica movimento e quindi vita.
Attiva nella misura in cui ognuno si impegna per darle forma e consistenza.
A voi, Sindaci e Vescovo, chiediamo di credere profondamente nel vostro lavoro così delicato e nel
valore fondamentale della partecipazione che viene del basso.
Aiutateci a dare dignità agli strumenti di partecipazione, a partire da quelli che già esistono (si pensi
alla Consulta delle Associazioni), ma necessitano di una rivisitazione e rivitalizzazione, e a riscoprire
il senso civico e la bellezza di essere parte di una società.
Dai tavoli è emerso chiara la centralità dell’uomo: se si è aperti al dialogo e si è disposti a porre
l’uomo prima di qualsiasi altro problema allora si potranno realizzare grandi cose.
Il fine di ogni azione amministrativa e religiosa sia l’uomo, la sua salvaguardia e la sua
valorizzazione, non l’interesse personalistico e i particolarismi, i pregiudizi, gli anacronismi storici e le
famigerate “questioni di principio” che spesso dividono, lacerano, distruggono.
Vogliamo con voi impegnarci quotidianamente a cercare le cose che ci accomunano, in un dialogo
autentico e proficuo.
E’ necessario farlo con la consapevolezza che oggi come sempre è importante non rimanere isolati,
ma creare reti significative di comunicazione fra i singoli, con le Istituzioni laiche e religiose, fra le
varie associazioni. E lo si deve fare con urgenza e perseveranza, senza perdere tempo.
A tal proposito è illuminante la frase scritta da un pastore evangelico deportato a Dachau: “Prima
vennero per gli ebrei e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero per i comunisti e io non
dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i sindacalisti e io non dissi nulla perché non
ero sindacalista. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire
qualcosa”.
Lo stesso Benedetto XVI ci ha ricordato che “ (…) la costruzione di un giusto ordinamento sociale e
statale, mediante il quale a ciascuno venga dato ciò che gli spetta, è un compito fondamentale che
ogni generazione deve nuovamente affrontare. Trattandosi di un compito politico, questo non può
essere incarico immediato della Chiesa. Ma siccome è allo stesso tempo un compito umano primario,
la Chiesa ha il dovere di offrire attraverso la purificazione della ragione e attraverso la formazione
etica il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e
politicamente realizzabili” (Lettera Enciclica “Deus Caritas est”, n. 27).
Vi consegniamo questo documento, frutto di un prezioso tentativo di dialogo e collaborazione, perché
voi possiate tener presente i nostri suggerimenti, ma soprattutto perché possiate avere la certezza
che noi giovani ci siamo e vogliamo lavorare per l’edificazione di un mondo migliore insieme a voi.
Ci impegniamo, allora, ad esserci e a vigilare sul vostro operato perché le nostre possano diventare
città di speranza, all’interno delle quali ognuno si senta a casa e possa respirare il buon profumo di
famiglia accogliente.
A voi chiediamo di esserci con noi e per noi…e di non stancarvi mai di credere nell’apporto unico e
insostituibile che ogni singolo uomo può dare all’intera comunità.
I giovani
Terlizzi, 31 Marzo 2007
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