Pubblico_impiego_2010

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Osservatorio
Centro Studi di Diritto del Lavoro
“Domenico Napoletano”
PUBBLICO IMPIEGO
Area della vicedirigenza
Tribunale di Bari: 15 aprile 2010
Giud. Famà; Ric. Va.; Res. Mi.
Pubblico impiego privatizzato – Istituzione della vicedirigenza – Delega alla
contrattazione collettiva per l’istituzione – Fonte legale della delega – Categoria dei
quadri – Inammissibili parallelismi
“Il legislatore del 2002 ha affidato esclusivamente alla contrattazione collettiva il compito di
“istituire” l’area della vicedirigenza, limitandosi ad individuare i requisiti soggettivi di
appartenenza e delegando definizione e concreta regolamentazione. L’incompletezza del disposto
normativo invocato – art. 17 bis legge n. 145/02 – con l’espressa delega alle parti sociali è di
ostacolo all’immediata e diretta applicazione di tale norma come fonte del diritto dei ricorrenti al
superiore inquadramento invocato. Significativo, nel testo dell’articolo, è l’uso del termine
“istituzione” che indica la creazione di qualcosa di nuovo destinato a durare nel tempo e tale
creazione è affidata alla disciplina che le parti sociali dovranno adottare. Il testo dell’articolo in
esame presenta, nell’evidenziata scelta terminologica, una significativa differenza con la legge n.
190/85, escludendo ogni parallelismo. A prescindere da ogni altra considerazione, vale il rilievo
che mentre il legislatore del 1985 ha delineato i compiti propri della categoria dei quadri,
rimettendo alla contrattazione collettiva di stabilire i requisiti di appartenenza, invece il legislatore
del 2002 ha demandato alla contrattazione collettiva la stessa istituzione della vicedirigenza, dando
così implicitamente conto che questa non è istituita completamente per legge, ma nella legge trova
fonte il potere integrativo e regolamentare affidato alle parti sociali, non potendosi ritenersi
esaurienti, a sostenere il contrario, né i requisiti soggettivi di possibile accesso a detta nuova area
né la generica previsione della facoltà (<<possono>>) dei dirigenti di delegare parte di alcune
loro competenze (quelle di cui all’art. 17).”
Addetti ad una ferrovia in concessione
Tribunale di Bari: 21 aprile 2010
Giud. Colucci; Ric. Sa.; Res. Fe.
Addetti a ferrovia in concessione – Revoca della concessione – Gestione
governativa commissariale – Natura del rapporto lavorativo – Giurisdizione
“Per giurisprudenza costante, il rapporto di lavoro degli addetti ad una ferrovia in concessione, a
seguito della revoca della concessione ed al suo affidamento ad una gestione governativa, integra
un rapporto di pubblico impiego, in quanto di nuovo riferibile alto Stato e non ad un’impresa
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Pubblico impiego
distinta dalla sua organizzazione pubblicistica. Di conseguenza la controversia promossa nei
confronti della Gestione Governativa Commissariale in relazione ad un rapporto cessato
anteriormente al 30.6.1998 spetta, ai sensi dell’art. 45, comma 17, del d.l.vo n. 80/98 (poi art. 69,
comma 7, del d.l.vo n. 165/01), al giudice amministrativo in sede esclusiva, senza che su tale
giurisdizione esplichi alcun effetto il nuovo quadro normativo offerto dall’art. 2 della legge n. 662
del 1996, atteso che l’azienda in gestione commissariale sopravvive all’affidamento della gestione
del servizio alla S.p.A. Ferrovie dello Stato e la titolarità dei rapporti di lavoro continua ad
intercorrere tra la gestione governativa ed i suoi dipendenti, così mantenendosi la natura
pubblicistica.”
Settore legale della Regione Puglia
Tribunale di Bari: 21 giugno 2010
Giud. Calia; Ric. R.P.; Res. Si.
Enti territoriali – Regione Puglia – Ufficio affari legali – Caratteristiche
normativamente previste – Dipendenti addetti – Conferimento mandati difensivi –
Rapporti obbligatori ulteriori rispetto a quello di lavoro dipendente
“Il Settore legale della Regione Puglia è l’ufficio preposto alla trattazione degli affari legali
dell’ente e alla sua rappresentanza e difesa in giudizio, dunque presenta le caratteristiche
dell’ufficio legale di cui all’art. 3 r.d.l. 1578/1933: ciò consente che i dipendenti regionali, addetti
al settore legale, siano legittimamente iscritti nell’elenco speciale annesso all’albo professionale,
senza che si verifichi alcuna incompatibilità rispetto al rapporto di lavoro subordinato alle
dipendenze dell’ente pubblico. In virtù di tale iscrizione, la Regione Puglia ha sistematicamente
conferito ai propri dipendenti assegnati all’ufficio legale (fra i quali l’odierno opposto) i mandati
difensivi per tutti i giudizi che l’hanno vista coinvolta, dando così vita a rapporti obbligatori di
natura privatistica distinti dal rapporto di lavoro dipendente. Da ciò consegue, dunque, il diritto
dell’opposto ai compensi per le prestazioni professionali rese in favore della Regione, certamente
non compresi nella retribuzione percepita quale pubblico dipendente.”
Pubblico impiego: inapplicabile la legge 241 del 1990
Tribunale di Bari: 15 luglio 2010
Giud. Tarantino; Ric. Sp.; Res. Un.
Pubblico impiego privatizzato – Atti di gestione dei rapporti di lavoro – Inapplicabili i
criteri di valutazione degli atti amministrativi
“In tema di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni resi contrattuali
dalle norme ora raccolte nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 2001, la conformità a legge degli atti e
procedimenti posti in essere dall’amministrazione ai fini della gestione dei rapporti devono essere
valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo una
precisa scelta legislativa (nel senso dell’adozione di moduli privatistici dell’azione amministrativa)
che la Corte costituzionale, ha ritenuto conforme al principio di buon andamento
dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. Ne consegue che, esclusa la presenza di procedimenti e
atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in
particolare, le disposizioni dettate dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, ovvero il vizio di eccesso di
potere degli atti (nel caso di specie prospettato da parte ricorrente in ordine ad un presunto
travisamento dell’Amministrazione).”
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Pubblico impiego
Mansioni superiori
Corte d’Appello: 23 marzo 2010
Pres. Rel. Gentile; Ric. Re.; Res. Li.
Svolgimento – Assegnazione temporanea – Nullità – Responsabilità del funzionario
– Diritto alle differenze retributive
“Il quinto comma dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001 sancisce che, in ogni caso, al lavoratore è
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore, in ciò ribadendo un
criterio che già era presente nell’art. 56 D.Lgs. 29/1993. Secondo entrambe tali disposizioni,
succedutesi nel tempo, la temporanea assegnazione a mansioni superiori al di fuori dei presupposti
e dei limiti temporali fissati è nulla e ne risponde il funzionario responsabile, ma il lavoratore ha
comunque diritto pro tempore alla retribuzione corrispondente ai compiti di maggior impegno che
abbia svolto di fatto. Tale principio legale in tema di mansioni, d’altro canto, è coerente con
quanto l’art. 36, secondo comma, D.Lgs. 165 del 2001 prevede nel caso in cui la violazione di
disposizioni imperative sia ben più grave, siccome riguardante la stessa assunzione o l’impiego di
lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni. Anche in tale ipotesi di maggior allarme,
infatti, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di
lavoro in violazione di disposizioni imperative.”
Danno alla professionalità
Tribunale di Bari: 1 marzo 2010
Giud. Vernia; Ric. De.; Res. As.
Incarichi dirigenziali – Illegittimo conferimento – Danno alla professionalità – Non si
presume – Valutazione delle mansioni
“Quando viene dedotta l’illegittimità di un incarico dirigenziale che comporta l’asserito danno alla
professionalità non ci si trova sempre comunque in presenza di una lesione, tanto meno subitanea
ed irreparabile, della professionalità. Invero essa si produce esclusivamente in dipendenza dei
particolari attributi delle mansioni già espletate e del contesto in cui siano venute ad inserirsi,
ossia essenzialmente quando siano implicate conoscenze e/o tecniche celermente obsolescenti,
ovvero esperienze e metodiche facilmente dissipabili.”
Ente Autonomo Acquedotto Pugliese
Tribunale di Bari: 14 gennaio 2010
Giud. Vernia; Ric. Me.; Res. Ac.
Natura pubblica – Controversie di lavoro – Riparto di giurisdizione – Criteri
“Stante la natura pubblica dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, trasformato in società per
azioni con la l. n. 141/1999, non pare seriamente revocabile in dubbio che il discrimine temporale
tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria nelle controversie di impiego alle dipendenze
delle PP.AA., imperniato sul criterio del periodo del rapporto di lavoro di attinenza della questione
[arg. ex art. 69, comma 7, del D.Lgs. n.165/2001], sia contrassegnato dal momento perfezionativo
della fattispecie giuridica costitutiva del diritto azionato, nella specie certamente integrato dal fatto
storico della prestazione di lavoro resa dal ricorrente.”
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Pubblico impiego
Collocamento in graduatoria
Corte d’Appello: 28 gennaio 2010
Pres. Sabatelli Rel. Saracino; Ric. Mi.; Res. Ca.
Assunzioni – Procedure concorsuali – Contenuti – Procedure non concorsuali con
giurisdizione del G.O.
“La giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per
l’assunzione, contemplata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, è limitata a quelle
procedure che iniziano con l’emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione
comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione,
individuando i “vincitori”, rappresenta l’atto terminale del procedimento, cosicché non vi resta
compresa la fattispecie dell’inserimento in apposita graduatoria di tutti coloro che siano in
possesso di determinati requisiti (anche derivanti dalla partecipazione a concorsi) e che è
preordinata al conferimento dei posti lavoro che si rendano disponibili. Ciò perché l’assenza di un
bando di una procedura di valutazione e, soprattutto dell’atto di approvazione, colloca l’ipotesi
fuori della fattispecie concorsuale e comporta che sia il giudice ordinario a tutelare la pretesa
all’inserimento e alla collocazione in graduatoria, pretesa che ha ad oggetto la conformità a legge
degli atti di gestione nella graduatoria utile per l’eventuale assunzione. Si è in presenza di atti, i
quali, esulando da quelli compresi nelle procedure concorsuali per l’assunzione, né potendo essere
ascritti ad altre categorie di attività autoritativa (identificate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2,
comma 1), non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i
poteri del datore di lavoro privato (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2) di fronte ai quali sono
configurabili soltanto diritti soggettivi e la tutela di cui all’art. 2907 c.c.”
Mobbing
Corte d’Appello: 1 marzo 2010
Pres. Sabatelli Rel. Arbore; Ric. Gi.; Res. Am. e Me.
Integrità psicofisica del lavoratore – Danni patiti – Dolo o colpa del datore –
Risarcibilità – Applicazione regole ordinarie – Oneri probatori
“In tema di mobbing, l’invocazione di siffatta categoria (che trova la sua genesi in altre discipline)
può essere utile alla comprensione della dinamica nella quale si è sviluppato un determinato
conflitto, ma le questioni di responsabilità (e del suo correlativo accertamento) non possono che
dipendere dal sistema delineato dall’art. 2087 c.c. che tutela dei beni specificamente individuati
(salute e personalità morale del lavoratore). Dall’operatività di siffatta norma, deriva che può
essere sufficiente anche la sola colpa e naturalmente che il datore di lavoro risponde anche per il
comportamento dei propri dipendenti che compiano mobbing a carico di colleghi. In modo
costante, la S.C. ha identificato quindi il mobbing come condotta sistematica e protratta nel tempo,
con caratteristiche oggettive e soggettive di persecuzione e discriminazione risultanti specialmente
da una connotazione emulativa e pretestuosa. […] Questa Corte ribadisce e fa propria l’opzione
della riconducibilità di siffatta fattispecie complessa (costituita da più condotte, ripetitive e
sistematiche, volte all’isolamento della vittima all’interno dell’ambiente di lavoro ed al
conseguente svilimento della personalità professionale e della dignità umana della persona colpita,
dislocate in una certa fascia temporale, così come definita dalla più recente e autorevole dottrina
giuslavorista) alla responsabilità ex art. 2087 c.c., di cui costituisce una espressione più ristretta.
Com’è noto, siffatta norma pone a carico del lavoratore la prova dell’inadempimento, cioè la
mancata adozione di quelle misure volte a tutelare la sua integrità fisica e personalità morale.”
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Pubblico impiego
Indennità di fine servizio
Tribunale di Bari: 11 maggio 2010
Giud. Famà; Ric. Di.; Res. In. e A.S.
Enti pubblici – Dirigenti – Direttori amministrativi – Diritto all’indennità di fine
servizio – Commisurazione
“Al dipendente dirigente/direttore amministrativo di un ente pubblico, al momento della cessazione
del rapporto di lavoro, spetta l’indennità di fine servizio commisurata alla retribuzione
effettivamente percepita negli ultimi dodici mesi lavorativi, anche nel caso in cui l’ultimo periodo
lavorativo da considerarsi sia quello in cui si è ricoperto il ruolo di direttore amministrativo ed
anche qualora questo coincida con il periodo di collocamento in aspettativa senza assegni. […] Né
può porsi in dubbio che il periodo di aspettativa (ex comma 11 dell’art. 3 bis d. lgs n. 229/1999) sia
utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. La nomina a direttore amministrativo
della AUSL non comporta alcuna sospensione dello “status” giuridico di impiegato pubblico. Di
conseguenza, pur inserendosi lo speciale rapporto del direttore amministrativo della AUSL nel
rapporto di impiego, con l’art. 3 bis del d. lgs n. 229/99 si è inteso mantenere, nel caso di nomina a
tale incarico, una sostanziale continuità del rapporto di dipendenza che, pur distinto dal rapporto
previdenziale, conferma la sostanziale continuità anche di quest’ultimo.”
Controversie devolute al giudice ordinario
Tribunale di Bari: 13 maggio 2010
Giud. Famà; Ric. Qu.; Res. Mi.
Pubblico impiego privatizzato – Riparto di giurisdizione – Criteri – Proponibilità
della domanda – Permanenza della giurisdizione dopo il 15/09/2000
“Ai fini dell’applicazione della norma transitoria dell’art. 45, comma diciassettesimo D. Lgs. n. 80
del 1998 circa il passaggio dal giudice amministrativo al giudice ordinario delle controversie sui
rapporti di pubblico impiego privatizzati, va dato particolare rilievo al dato storico costituito
dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze – così come posti a base della pretesa avanzata
–, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia. […] Alla persistenza della
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per il periodo anteriore al 30.6.1998, non è di
ostacolo, secondo la consolidata giurisprudenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione, la
circostanza che la controversia sia stata introdotta dopo il 15.9.2000, dovendo questa data
considerarsi posta quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale.”
Rapporto sinallagmatico tra dipendenti e P.A.
Tribunale di Bari: 11 maggio 2010
Giud. Napoliello; Ric. Tr.; Res. Re.
Nesso di corrispettività – Deroghe – Decorrenza retroattiva del rapporto –
Corresponsione retroattiva del trattamento retributivo
“Il principio che lega all’effettiva esplicazione dell’attività di servizio del pubblico dipendente la
corresponsione del relativo trattamento economico in base al nesso di corrispettività tra le due
prestazioni che costituiscono il contenuto essenziale e qualificante del rapporto, trova deroga nella
sola ipotesi in cui un illegittimo comportamento dell’Amministrazione abbia impedito l’esercizio
dell’attività lavorativa nel corso di un rapporto di pubblico impiego già in atto, […] ovvero
qualora una espressa disposizione di legge riconosca il diritto del dipendente alla retribuzione
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Pubblico impiego
(integrale o parziale) anche in mancanza di un’attività di servizio. Qualora, invece,
l'Amministrazione sia tenuta a determinare una decorrenza retroattiva del rapporto stesso, non è
tenuta altresì alla corresponsione dal relativo trattamento retributivo, solo se la corrispondente
prestazione abbia avuto inizio successivamente. […] Tali principi valgono poi sia quando la
decorrenza retroattiva sia dipesa da provvedimenti spontaneamente adottati dall’Amministrazione
sia quando ciò avvenga in virtù di una decisione giurisdizionale o di una legge che tale retroattività
prevedano o impongano.”
Assunzione dei concorrenti
Tribunale di Bari: 15 giugno 2010
Giud. Mastrorilli; Ric. Pe.; Res. Is.
Procedure concorsuali – Esaurimento della procedura – Ritardata o negata
assunzione – Applicabili le norme di diritto privato
“In materia di pubblico impiego privatizzato (nel quale il rapporto lavorativo si costituisce
mediante contratto e non in virtù di atto unilaterale di nomina), una volta esaurita la procedura
concorsuale, con l’approvazione della relativa graduatoria, si versa sul terreno degli atti di
gestione e della capacità di diritto privato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. lgs n. 165/01. […] A
tale conclusione si perviene argomentando dalla duplice natura giuridica dell’atto recante
l’approvazione della graduatoria, che costituisce, ad un tempo, il provvedimento terminale del
procedimento concorsuale e l’atto, negoziale, di individuazione del futuro contraente. […] La
natura giuridica della situazione soggettiva vantata dal vincitore, oltre a riverberare i suoi effetti in
punto di giurisdizione (pacificamente devoluta al giudice ordinario), comporta che le controversie
con l’ente datore di lavoro, che rifiuti o ritardi ingiustificatamente l'assunzione del candidato
vittorioso, soggiacciono incontestabilmente alle norme di diritto privato, ed in particolare a quelle
in tema di inadempimento – o ritardato adempimento – delle obbligazioni (1218 ss c.c. ).”
Procedure concorsuali
Tribunale di Bari: 15 giugno 2010
Giud. Mastrorilli; Ric. Pe.; Res. Is.
Vincitori – Ritardata o negata assunzione del vincitore – Impossibilità di assumere –
Onere della prova
“Attesa la natura contrattuale della responsabilità del datore di lavoro in caso di omessa o
ritardata assunzione a seguito di espletamento di procedura concorsuale nel pubblico impiego
privatizzato, incombe senza dubbio sul debitore convenuto l’onere di provare che l’inadempimento
o il ritardo sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa ad esso non
imputabile. E’ appena il caso di soggiungere che l’onere di tale dimostrazione non può ritenersi
soddisfatto con la mera deduzione di difficoltà finanziarie, le quali, secondo i principi generali, non
sono idonee a produrre l’estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta, essendo pur
sempre nella disponibilità del debitore l’adozione dei mezzi adeguati per farvi fronte. Non va
trascurato, poi, che l’ente ha, nello stesso arco temporale, proceduto al conferimento di incarichi
mediante contratti a tempo determinato, successivamente rinnovati nel tempo (ulteriore circostanza
non contestata dal resistente), il che comprova la disponibilità in capo all’amministrazione di
risorse finanziarie utilmente spendibili al fine di immettere nei ruoli i candidati risultati vincitori.”
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Pubblico impiego
Progressioni verticali
Tribunale di Bari: 16 giugno 2010
Giud. Colucci; Ric. Gi.; Res. Co.
Azione amministrativa generale – Progressioni verticali – Giurisdizione del G.A.
“Il Regolamento approvato con delibera Giunta comunale […] nella parte relativa alle
progressioni verticali, si inserisce negli atti di macrorganizzazione adottati dalla pubblica
amministrazione, ex artt. 2 e 5 del d.l.vo n. 165/01, aventi nella fattispecie dedotta un contenuto
generale ed astratto per l’accesso e le relative modalità concorsuali per la progressione verticale e,
quindi, rientrante nell’azione amministrativa generale volta alla fissazione dei criteri generali per
l’organizzazione delle funzioni e delle risorse umane. In altri termini, non siamo di fronte ad atti di
gestione di un singolo o di plurimi rapporti di lavoro, ma della fissazione di predeterminati criteri
generali che soggiacciono alla giurisdizione del Giudice amministrativo. In ogni caso, può anche
rilevarsi che è la materia stessa delle progressioni verticali che è sottratta alla giurisdizione del
giudice ordinario.”
Lavoratori sottoposti a valutazione
Tribunale di Bari: 16 giugno 2010
Giud. Colucci; Ric. Gi.; Res. Co.
Valutazione del dipendente – Insindacabilità nel merito – Limite all’intervento del
giudice
“La valutazione positiva è funzionale alla percezione dei compensi incentivanti e alla progressione
orizzontale ed essa non può essere sostituta dalla pronuncia del giudice, che mai può ingerirsi nelle
scelte discrezionali e valutative dell’amministrazione, salvo solo il suo potere di ordinare la
rinnovazione della valutazione qualora riscontri, come già detto, violazione dei canoni di
correttezza e buona fede, nel caso di specie non rilevabile.”
Ricostituzione della carriera
Tribunale di Bari: 25 gennaio 2010
Giud. Calia; Ric. Va.; Res. Co.
Reinquadramento – Crediti retributivi – Rivalutazione – Decorrenza
“In caso di ricostituzione della carriera di un pubblico dipendente la decorrenza degli interessi
legali e della rivalutazione sui crediti retributivi derivanti dal rapporto d’impiego risale alla data
in cui sono venuti in essere tutti gli elementi costitutivi del credito stesso e ne è stato determinato
l’ammontare, e cioè alla data dei decreti di reinquadramento del dipendente, ancorché aventi
decorrenza retroattiva in considerazione del contenuto di interesse legittimo della posizione
sottostante e della natura autoritativa e provvedimentale degli atti stessi. […] Il reinquadramento
del dipendente pubblico in qualifica superiore disposto dalla P.A. ha carattere costitutivo, essendo
frutto di valutazioni discrezionali, con la conseguenza che, trovando il diritto fonte direttamente nel
provvedimento amministrativo, e non nella legge, la data della sua maturazione è quella dello
stesso provvedimento e, quindi, gli interessi e la rivalutazione spettanti su emolumenti arretrati
decorrono dalla data di adozione dell’atto attributivo della nuova posizione retributiva, ancorché
avente efficacia retroattiva.”
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Pubblico impiego
Contratto di prestazione d’opera professionale
Tribunale di Bari: 12 luglio 2010
Giud. Tarantino; Ric. Mo.; Res. Re.
Requisiti – Forma scritta ad substantiam – Unicità del testo contrattuale –
Insufficienza dei comportamenti concludenti
“Per la validità di un contratto, e, nella specie, di un contratto di prestazione d’opera professionale
con la p.a., occorre la forma scritta e l’unicità del testo contrattuale (non essendo sufficiente, in
tema di contratti conclusi dallo Stato e dagli enti locali, la forma scritta se non nei casi
tassativamente previsti dall’art. 17 RD 23 n. 2240, che contempla infatti la possibilità che un
contratto in cui sia parte una p.a. possa essere concluso a distanza a mezzo di corrispondenza solo
quando intercorra con ditte commerciali, e, cioè, solo in quei negozi in cui, per esigenze di
praticità, la definizione del contenuto sia rimessa all’uso del commercio), mentre la nullità della
stipula di un contratto con la p.a. dovuta a vizi formali non è sanabile "per facta concludentia", ad
esempio, attraverso l’esecuzione delle obbligazioni scaturenti, occorrendo, semmai, per converso,
la formale rinnovazione dell’atto, nell’osservanza delle sue condizioni di validità.”
Direttore generale di A.S.L.
Tribunale di Bari: 12 luglio 2010
Giud. Tarantino; Ric. Mo.; Res. Re.
Autonomia del rapporto – Contratto di prestazione d’opera intellettuale – Non
necessaria l’iscrizione in appositi albi
“Deve riconoscersi che il rapporto di lavoro del Direttore Generale di un’unità sanitaria locale (e,
nella specie, dell’ing. omissis) con la Regione (e, nella specie, della Regione Puglia) è un rapporto
a tempo pieno regolato da un contratto di diritto privato di durata quinquennale, avente natura di
contratto di lavoro autonomo, pacificamente disciplinato dall’art. 2222 c.c. (cui appunto rinvia
l’art 1 comma 7 del DPCM 502/95), e che, per la relativa stipulazione richiede come necessaria, ad
substantiam, la forma scritta, così deponendo l’art. 1 comma 1 del citato DPCM 502/95. […] E’
innegabile che le funzioni del Direttore Generale si sostanziano in attività prevalentemente
intellettuali, di talché il relativo rapporto merita la qualificazione di contratto di prestazione
d’opera intellettuale. Tale qualificazione non è in alcun modo in contrasto con quella data dalla
Cassazione e dal Consiglio di Stato (invocata da parte ricorrente) di contratto di lavoro autonomo,
in quanto il contratto di lavoro autonomo rappresenta il genus, ed il contratto di prestazione
d’opera intellettuale ne è una species. Né, per negare che l’incarico di Direttore Generale discenda
dalla stipula di un contratto di prestazione d’opera intellettuale, vale dire che non era prevista per
il suo espletamento l’iscrizione in un apposito albo o elenco e che non esisteva un Ordine
professionale di appartenenza. Ed invero, il contratto di prestazione d’opera intellettuale è una
sottocategoria del contratto d’opera, contraddistinto rispetto a quest'ultimo dalla prevalenza
dell’elemento intellettuale rispetto a quello manuale. Ma non è caratterizzato dall’obbligo di
iscrizione in appositi albi o elenchi e dall’esistenza di un Ordine professionale. Tale elementare
principio si ricava proprio dagli artt. 2229 e 2231 c.c., che introducono un discrimen tra le
professioni intellettuali, il cui esercizio è condizionato all’iscrizione in albi o elenchi, e quelle il cui
esercizio non richiede alcuna iscrizione.”
Riparto di giurisdizione
Tribunale di Bari: 17 marzo 2010
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Pubblico impiego
Giud. Mastrorilli; Ric. Mi.; Res. Re.
Materie non devolute al G.O. – Atti organizzativi generali – Procedure concorsuali –
Perseguimento del superiore interesse pubblico – Esclusa la presenza di diritti
soggettivi
“Se è vero che sono ormai attribuite alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria tutte le
controversie inerenti ad ogni fase dei rapporti di lavoro, dalla loro instaurazione fino all’estinzione
(compresa ogni vicenda modificativa ed in particolare il conferimento e la revoca di incarichi
dirigenziali), deve ritenersi che resta ferma la qualificazione di atti amministrativi autoritativi, in
relazione gli atti organizzativi generali (ovvero disciplinanti le linee fondamentali
dell’organizzazione degli uffici, tra cui la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e
direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione, ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 29/1993,
nel testo sostituito dall’art. 3 del d.lg.s. n. 80/1998) e per gli atti relativi alle procedure concorsuali
(quarto comma art. 68 d. lgs. n. 29/1993, come sostituito dall'art. 29 d.lgs. n. 80/1998). Dinnanzi
alla titolarità di questi poteri, esercitati per il perseguimento del superiore interesse pubblico, gli
interessi legittimi non consentono che la controversia sia ricondotta all’area del diritto soggettivo,
non offrendo il giudizio ordinario spazi di tutela. […] In altri termini, di fronte alla titolarità di
poteri pubblici, gli interessi di tipo pretensivo non consentono che la controversia sia ricondotta
all’area del rapporto e del diritto soggettivo, non offrendo il giudizio ordinario spazi di tutela.”
Riammissione in servizio
Tribunale di Bari: 14 luglio 2010
Giud. Napoliello; Ric. Pe.; Res. Ce.
Dipendente dimissionario – Istanza di riammissione – Procedimentalizzazione del
potere – Discrezionalità della P.A. – Diritto soggettivo al solo esame tempestivo e
secondo buona fede della domanda
“L’istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario di amministrazione pubblica
(ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, contenente il t.u. delle disposizioni concernenti
lo statuto degli impiegati civili dello Stato) – presuppone la decisione discrezionale
dell’Amministrazione (volta al soddisfacimento di un interesse pubblico) di coprire un determinato
posto vacante senza concorso (deroga all’art. 97 Cost., consentita dalla situazione di ex dipendente
legittimamente assunto per concorso), restando esclusa la configurabilità di un diritto soggettivo
all’accettazione di quella che, con la privatizzazione, è da qualificare in termini di proposta
contrattuale. Va sicuramente precisato che il potere discrezionale di decidere sulla domanda di
riammissione, attribuito all’amministrazione già datrice di lavoro, risulta “procedimentalizzato”
dalla specifica disciplina legislativa, la quale reca l’obbligo di valutazione corretta dell’interesse
pubblico e, conseguentemente, di motivare congruamente la decisione negativa. Resta il fatto, però,
che l’Amministrazione è titolare del potere discrezionale di valutare l’istanza di riammissione sulla
scorta di una ponderazione complessiva che tenga conto delle esigenze organizzative e di tutte le
circostanze rilevanti sul piano dell’interesse pubblico. L'Amministrazione, pertanto, anche in
presenza dei requisiti formali, può decidere di non riammettere in servizio un ex dipendente,
quando ritiene che, per la presenza di particolari requisiti, la prestazione dell’attività possa non
essere soddisfacente. Ciò non toglie che nell’ambito delle regole proprie del diritto privato, se il
richiedente non può essere titolare di un diritto soggettivo alla stipulazione del contratto, può
tuttavia pretendere l’adempimento in forma specifica dell’obbligo di esame tempestivo e secondo
correttezza e buona fede della domanda (c.d. obbligazioni “strumentali” o “procedimentali”),
ovvero domandare il risarcimento del danno da inadempimento.”
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Pubblico impiego
Accesso alla posizione economica superiore
Tribunale di Bari: 16 aprile 2010
Giud. Rubino; Ric. Sa.; Res. Mi.
Procedura selettiva – Dovere di correttezza e buona fede
“L’attività di indizione ed espletamento della procedura selettiva, posta in essere dalla P.A. per
consentire al personale dipendente l’accesso ad una posizione economica superiore, è equiparabile
alla materia dei concorsi indetti dalle imprese di diritto privato all’interno della propria
organizzazione, con conseguente qualificazione privatistica dei singoli atti concretamente adottati e
con l’ulteriore corollario del dovere di comportarsi secondo correttezza e buona fede, adempiendo
agli obblighi correlati non solo alle norme di legge sui contratti, ma anche agli impegni assunti con
l’indizione del concorso, nel rispetto dell’affidamento che ciascun concorrente deve poter fare nelle
prescrizioni dettate all’interno del bando.”
Rapporto di pubblico impiego
Tribunale di Bari: 14 aprile 2010
Giud. Colucci; Ric. Ni.; Res. Co.
Locazione di opere – Non occasionalità del rapporto – Inserimento
nell’organizzazione amministrativa – Perseguimento delle finalità della stessa –
Sufficienza per la configurabilità di un rapporto di impiego pubblico
“Deve ravvisarsi un rapporto di pubblico impiego ogni volta che tra un ente pubblico ed un
soggetto privato venga costituito un rapporto non occasionale di locazione di opere, con il
conseguente inserimento del secondo nell’organizzazione amministrativa del primo, per il
perseguimento di finalità attribuite al medesimo dalla legge, e tale natura pubblicistica
dell’impiego non è esclusa né dalla mancanza di un atto formale di nomina, né dall’assenza di
stabilità o dall’apposizione di un termine (essendo sufficiente che le prestazioni del dipendente
abbiano carattere continuativo, ancorché provvisorio), né, infine, dall’assoggettamento del
rapporto alla disciplina sostanziale dettata da un contratto collettivo di diritto privato; tale
principio subisce deroga solo nel caso di inserimento del lavoratore in una struttura separata ed
autonoma dell’ente gestita con criteri imprenditoriali, consistenti nella tendenziale equiparazione
dei costi ai ricavi, ovvero, ancora, nel caso in cui sia la legge a qualificare privato il rapporto di
lavoro.”
Sanità
Tribunale di Bari: 6 aprile 2010
Giud. Calia; Ric. Ge.; Res. As.
Terapia intensiva – Indennità – Escluso il personale di pronto soccorso
“L’indennità in parola (art. 44 co. 6 del C.C.N.L. 01.09.1995 rubricato <<Indennità per
particolari condizioni di lavoro>>) è destinata al personale operante in reparti continuativamente
adibiti alle prestazioni e alle cure di terapia intensiva o subintensiva; tale non è, invece, il servizio
di Pronto Soccorso, nell’ambito del quale <<possono>> essere richieste prestazioni di terapia
intensiva, ma solo in maniera saltuaria, laddove ve ne sia l’urgenza.”
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Pubblico impiego
Mansioni superiori
Corte d’Appello: 23 marzo 2010
Pres. Rel. Gentile; Ric. R.P.; Res. Li.
Diritto alle differenze retributive – Art. 15 del d. lgs n. 387/1998 – Efficacia retroattiva
dell’abrogazione del divieto
“Il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito
dal sesto comma dell’art. 56 del d. lgs n. 29/93 come modificato dall’art. 25 del d. lgs 80/1998, è
stato soppresso dall’art. 15 del d. lgs n. 387 del 1998 con efficacia retroattiva, atteso che la
modifica del comma sesto ultimo periodo disposta dalla nuova norma è una disposizione di
carattere transitorio, non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme
ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa e quindi in modo
idoneo a incidere sulla regolamentazione applicabile all’intero periodo transitorio; la portata
retroattiva della disposizione risulta peraltro conforme alla giurisprudenza della Corte
Costituzionale, che ha ritenuto l’applicabilità anche nel pubblico impiego dell’articolo 36 della
Costituzione, nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale
alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di
rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali.”
Mansioni superiori
Tribunale di Bari: 6 luglio 2010
Giud. Mastrorilli; Ric. P.I.; Res. M.L.
Pubblico impiego privatizzato – Inquadramento nella qualifica superiore – Non
sussiste il diritto – Differenze retributive – Fondamento costituzionale
“Nel rapporto di lavoro c.d. privatizzato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, l’esercizio
di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai
fini dell’inquadramento del lavoratore nella superiore qualifica, in sintonia con l’inequivoco
disposto dell’art. 52 D. lgs. n. 165/2001. Quanto al secondo aspetto (differenze retributive maturate
per lo svolgimento di mansioni superiori), si osserva che, in materia di pubblico impiego, ai sensi
dell’art. 56, comma 6, d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29 (nel testo sostituito dall’art. 25 d.lg. 31 marzo
1998 n. 80, così come successivamente modificato dall’art. 15 d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387) deve
essere retribuito l’espletamento di mansioni superiori alla qualifica, in ossequio al principio della
retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost.”
Principio della parità di trattamento
Tribunale di Bari: 3 Maggio 2010
Giud. Calia; Ric. Va.; Res. M.T.
Determinazione del trattamento economico – Rinvio alla contrattazione collettiva –
Legittimità di possibili disparità – Inderogabilità dei minimi contrattuali
“Quanto al principio di parità di trattamento di cui all’art. 45 del D.lgs. n. 165/2001, secondo cui
<<Le amministrazioni garantiscono ai propri dipendenti di cui all'art. 2 comma 2, parità di
trattamento contrattuale e, comunque, trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi
contratti collettivi>>, deve osservarsi che la disposizione citata rimette alla contrattazione
collettiva la determinazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio. Il precetto
implica che l’amministrazione ispiri la sua azione al canone della parità, sia in caso di adozione di
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Pubblico impiego
atti unilaterali che in sede di contrattazione; in quest’ultimo caso, le amministrazioni debbono
garantire ed offrire nel complesso pari condizioni ai dipendenti rappresentati dalle parti sociali a
loro contrapposte e prevede, come obbligo minimo e sussidiario, questo sì inderogabile, che siano
assicurati <<comunque, trattamenti non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi>>. In
sostanza, la stessa norma appena citata fa seguire, all’affermazione del principio in questione, la
garanzia, <<comunque>>, di trattamenti non inferiori a quelli stabiliti dal CCNL applicabile: una
tale formulazione sembra ammettere la legittimità, quindi, di una eventuale non piena attuazione
del principio di parità di trattamento contrattuale, purché il trattamento economico non sia,
<<comunque>>, inferiore a quello previsto dal CCNL di settore.”
Consultazione sindacale
Tribunale di Bari: 14 gennaio 2010
Giud. Calia; Ric. Ci.; Res. Co.
Enti pubblici – Modifica di atti di macro organizzazione – Violazione obblighi di
consultazione – Insufficienza dell’informazione successiva
“Nell’ipotesi in cui l’Ente pubblico, nella fattispecie il Comune, provveda a modificare il
Regolamento degli Uffici e dei Servizi, il diritto del sindacato a partecipare al momento formativo
dell’atto, sebbene con funzione meramente consultiva e comunque con il ruolo di efficace e
concreta rappresentanza di una parte fondamentale degli interessi in gioco (quelli dei lavoratori),
non può essere surrogato da una comunicazione a posteriori, che preclude qualsiasi possibilità di
coinvolgimento effettivo. Invero, fermo restando che l’adozione degli atti organizzativi è di
competenza dell’ente pubblico e che l’eventuale dissenso non può in ogni caso inibirne
l’approvazione, deve riconoscersi la rilevanza del contributo potenzialmente offerto dal confronto
sindacale, non a caso previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”
Comparto sanità
Tribunale di Bari: 14 gennaio 2010
Giud. Calia; Ric. Ci.; Res. As.
Condotta antisindacale – Art. 18 del CCNL integrativo del 20/09/2001 – Principi –
Spostamento dipendenti – Necessità dell’informativa sindacale
“Il discrimen fra trasferimento e spostamento, ai sensi dell’art. 18 co. 2 del CCNL integrativo
(<<Rientra nel potere organizzatorio dell’azienda l’utilizzazione del personale nell’ambito delle
strutture situate nel raggio di dieci chilometri dalla località di assegnazione del dipendente stesso.
Detta utilizzazione è disposta, previa informazione ai soggetti di cui all’art. 9, comma 2 del CCNL
7 aprile 1999. Non è considerata mobilità lo spostamento del dipendente all’interno della struttura
di appartenenza anche se in ufficio o servizio diverso da quello di assegnazione>>) non è dato
dalla definitività o temporaneità dello stesso, bensì dal passaggio da una struttura all’altra ovvero
all’interno della medesima struttura: invero, l’art. 18 co. 1 definisce la mobilità (consentita entro i
25 Km e comunque previa informativa alle rappresentanze sindacali) come <<l’utilizzazione sia
temporanea che definitiva del personale in struttura ubicata in località diversa da quella della sede
di assegnazione>>. Pertanto, l’eventuale temporaneità del trasferimento non ne modifica la
natura, trattandosi comunque di due strutture distinte e distanti geograficamente circa 22 km,
sicché il passaggio dall’una all’altra necessitava della preventiva comunicazione all’O.S. […] La
ratio dell’art. 18 co. 2 del CCNL integrativo, che procedimentalizza il potere della parte datoriale
di utilizzare i propri dipendenti in sedi diverse da quella di assegnazione, risiede nella necessità di
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Pubblico impiego
garantire alle OO.SS. la possibilità di un confronto dialettico e preliminare con la P.A. su materie
di particolare incidenza sul rapporto di lavoro e sugli interessi dei lavoratori.”
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