LA LUCE RISPLENDE…” (Natale Messa della Notte - Lc 2,1

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“ LA LUCE RISPLENDE…” (Natale Messa
della Notte - Lc 2,1-14)
Natale risplende. Non è un caso che coloro che
hanno accolto l’annuncio degli angeli siano stati i
pastori e non i grandi della terra: nemmeno gli
esperti della Parola, come scopriremo il giorno
dell’Epifania, ma i pastori, gli erranti, coloro che
non hanno una dimora, che cercano qualcosa di più
e che, camminando, sentono il peso, le difficoltà, le
asprezze del cammino. Vi confesso che mi ero
preparato una serie infinita di citazioni di poeti, di
autori cristiani dell’antichità e anche più vicini a
noi, ma misteriosamente, ancora una volta, quella
affermazione che Giovanni riporta nel suo prologo
“la luce risplende nelle tenebre” e che Isaia ancora
prima, in previsione dell’incarnazione, affermava:
“il popolo che camminava nelle tenebre” ha
resettato tutte le mie citazioni e mi sono ritrovato
povero dinnanzi alla bellezza di questi due versetti.
Ve li consegno, perché mi pare risieda qui
l’annuncio vero del Natale Solo dopo possiamo di
nuovo chiederci perché Gesù sia nato in una stalla,
perché i portoni dei potenti siano rimasti sbarrati,
perché Maria e Giuseppe, perché la povertà, perché
la stella, perché i magi che vengono da lontano,
perché i pastori… Con questi versi che dicono
molto più di quanto avevo in mente di dirvi, Isaia e
Giovani, sembrano quasi volerci dire… La notte è
finita! Natale è un evento notturno: lo desumiamo
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da alcune note secondarie del racconto di Luca che
abbiamo ascoltato… c’erano dei pastori che
vegliavano (e si veglia di notte)… erano accampati
a custodire il loro gregge. Di notte, degli angeli
vanno ad annunziare loro: “È nato! È nato il
Re!”. Questa notte è la notte del mondo… è la notte
che dimora nel nostro cuore… è la notte che noi
vorremmo che finisse… è la notte del limite… del
rancore, della divisione… È la notte dei nostri
limiti, del peccato. È la notte delle notti che si
chiama “morte”, di cui ogni altra notte, ogni altra
ombra, ogni altro buio è simbolo. Domani
ascolteremo nella messa del giorno una prima
lettura altrettanto straordinaria… è sempre Isaia che
proclamerà… pensate un po… la beatitudine dei
piedi: “Come sono belli sui monti i piedi dei
messaggeri di pace”. Per la verità il testo è al
femminile (“i piedi delle messaggere di pace”) si
parla di sentinelle e queste erano donne: gli uomini
avevano altro da fare, dovevano combattere, e alle
donne veniva affidato il compito di portare gli
spacci dal campo di combattimento alla città. “Una
voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme
esultano,poiché vedono con gli occhi il ritorno del
Signore”. Queste donne che gridano e che
camminano svelte sui monti per raggiungere la
città, hanno nel cuore, sui piedi, sulle labbra la
fretta di dire: “Abbiamo vinto!”. “Come sono belli
sui monti i piedi delle messaggere di pace… di chi
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dice a Sion: ‘Regna il tuo Dio”. Le sentinelle
gridano e trasmettono di colle in colle, di monte in
monte, di voce in voce, di cuore in cuore:
“Finalmente abbiamo vinto”. Questo è l’annuncio
del Natale: “Abbiamo vinto!”, anche se siamo
ancora perdenti e lo saremo ancora per molto, ma
saranno perdite e sconfitte temporanee. Abbiamo
vinto! Questo grida la Chiesa, contemplando il Dio
fatto bambino. “La luce risplende nelle tenebre”.
Non aver paura tu, bambino-Gesù, tu Gesùbambino, tu bambino che hai il terrore del buio, tu
che continui da anni a fare chemioterapie, e tu…
che stai lottando per la famiglia, per l’unità della
coppia, per la santità del Matrimonio, per la felicità
dei figli, per una solidità anche economica (c’è
bisogno anche di quella ), per un futuro. “la luce
risplende nelle tenebre”. “E il Verbo si fece carne,
ascolteremo domattina, e venne ad abitare in mezzo
a noi”. Attenti…non è venuto ad abitare
temporaneamente: Dio non è “in affitto” nella
storia, ma si è comprato una casa e chi si compra
una casa non è di passaggio. Si è domiciliato a
Pozzuoli, Dio in Gesù, e “domiciliato” significa
uno che vuole restarci, non è un turista, è venuto per
restare con noi nella notte e per farci sperare che
questa notte avrà fine… per farci intravedere nelle
sue piaghe, nella sua Morte e Resurrezione che c’è
un’uscita di sicurezza dalle tenebre di questo
mondo, quelle che sono nel mio cuore (e quest’anno
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c’è per davvero!), nel tuo cuore, nella società, nella
lacerazione tra i popoli. C’è un’uscita di sicurezza e
l’uscita di sicurezza si chiama Gesù, morto e
risorto, e prima che morto e risorto… Dio incarnato.
“E venne ad abitare in mezzo a noi”. Non se n’è
andato più! Dimora con te… Gesù dimora con te
cara amica quando fai le chemio. Gesù dimora con
te che sei stata abbandonata dal marito (o dalla
moglie), dimora con te che piangi, in questo Natale,
una persona cara che ti sembra non ci sia più. Viene
ad abitare con te e non se ne va! Per questo la notte
è finita! Cocciante cantava in “Margherita”:
“Splendi sole domattina come non hai fatto
ancora”. Questo sole adesso splende. “Splendi sole
domattina come non hai fatto ancora”, perché
non abbiamo ancora visto la luce del sole del
domani… del domani della fede. Nel domani della
notte, sconfitta completamente, splenderà un sole:
quello che Zaccaria canta come “sole che risorge
dall’alto”. Questo sole è il Sole che comincia ad
innalzarsi nel cielo del mondo e che dal Natale del
Signore non ha più conosciuto tramonto. Si…
perché Gesù, anche se sarà crocifisso, vincerà la
morte. Coraggio allora… buon Natale! Andiamo
avanti nei nostri cammini bui, procediamo, nelle
nostre processioni di morte, sorridendo tra noi come
una parola d’ordine segreta, perché quello che
vediamo (limite, malattia, morte) è un’esperienza
temporanea, perché il sole splenderà domani come
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non lo abbiamo mai visto: “Splendente e bello”
dice il salmista, parlando e intravedendo l’evento
dell’Incarnazione, che esce come sposo dal talamo,
cioè trionfante, forte, vittorioso, bello. Questa
vittoria, questa bellezza, noi la intravediamo nella
piccolezza del Bambino Gesù. Allora torniamo
anche noi bambini e raccogliamo il Natale nella sua
genuinità… nella sua essenzialità e povertà… ed il
cuore volerà anche stanotte a Betlemme e ci
sembrerà di vederla quella ragazza che appena
partorito lava il bambino, lo avvolge nelle fasce, lo
depone nella mangiatoia. Nessuna lucina misteriosa
vedremo… nessun prodigio, nessun effetto speciale.
Dio nasce come ogni bambino, la salvezza ci
giunge nel più banale dei modi. E i pastori
cercheranno una mangiatoia per riconoscere il
Messia. E gli astronomi una stella. Dio si fa
incontrare là dove siamo, parla ai nostri cuori con il
linguaggio che conosciamo. È il nostro sguardo che
cambia, è la luce del nostro cuore che sa vedere al
di là dell'apparenza. Ecco il nostro Dio: è un
neonato con i pugni chiusi e la pelle arrossata, gli
occhi che mal sopportano la luce e la piccola bocca
che cerca l'acerbo seno della madre. È un bambino
impotente, fragile, che va lavato e scaldato,
cambiato e baciato, ed è tenuto a contatto della pelle
ruvida del padre, Giuseppe, che lascia l'emozione
inumidirgli gli occhi per poi tornare alla
concretezza di una situazione problematica. Non
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dona, chiede, non ha deliri di onnipotenza… ha
svestito i panni della regalità, li ha deposti ai piedi
della nostra inquieta umanità. Non gli angeli, ma
una ragazza inesperta e generosa si occupa di lui.
Ed io?
Vorrei un Dio che mi risolvesse i problemi, non un
Dio che me li crea.
Vorrei un Dio potente e forte, non un neonato
bisognoso di tutto.
Vorrei un Dio più efficiente, non perdente.
Schierato con i forti, non difensore dei deboli.
Vorrei qualche effetto speciale, così, per
convincermi.
E invece… Buon Natale!
Che Dio nasca nel mio cuore, nel vostro... Il Dio
vero, non quello dei nostri deliri, delle nostre
vane aspirazioni. Il Dio che condivide con i
poveri, che salva chi pensa di essere perduto. Il
creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del
suolo si fa lui stesso creta di questo nostro suolo. Il
vasaio si fa argilla di una vaso fragile e bellissimo.
E nessuno può dire: qui finisce l'uomo… qui
comincia Dio: perché Creatore e creatura ormai si
sono abbracciati. Ed è per sempre. Questo è il
Natale.
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