bozza di linee guida per la progettazione e la gestione dei bienni

IL BIENNIO INTEGRATO SPERIMENTALE.
ELEMENTI E FINALITA’ MOTIVAZIONALI E ANTI DISPERSIONE AL SECONDO
ANNO DI SPERIMENTAZIONE
Il quadro di riferimento europeo
I profondi e rapidi processi di cambiamento in corso su dimensione globale investono
l’Europa nel suo insieme, trasformandone le strutture produttive e i connotati sociali.
E’ in questo contesto che il Consiglio Europeo di Lisbona (2000) stabilisce l’obiettivo di
fare dell’Europa, entro il 2010, “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e
dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con
nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale”. Un obiettivo
ambizioso, il quale implica tra l’altro, nel quadro di una complessiva strategia europea
per “l’istruzione e la formazione accessibili a tutti, lungo tutto l’arco della vita”,
l’innalzamento del livello medio di istruzione, la riduzione del tasso di abbandono
scolastico e il miglioramento della capacità di innovare continuamente conoscenze e
competenze.
Tali obiettivi sono cruciali in società complesse, nelle quali la conoscenza è alla base
dello sviluppo economico - sociale e l’accorciamento del ciclo di vita delle conoscenze e
delle competenze pone ogni persona di fronte al problema del loro continuo
aggiornamento. Costituiscono quindi una sfida impegnativa per i sistemi dell’istruzione e
della formazione, chiamati a innovarsi essi stessi per essere in condizione di rispondere
in modo adeguato ai bisogni suscitati dai processi di cambiamento.
Le problematiche che investono oggi il sistema educativo in Italia non sono dunque
specificamente italiane, ma riguardano l’Europa nel suo insieme. Essa, sulla base delle
valutazioni intermedie, risulta oggi complessivamente in ritardo rispetto alla tabella di
marcia definita per rispettare la scadenza del 2010; ma al tempo stesso presenta
consistenti differenze al proprio interno tra i paesi che registrano i risultati migliori
(principalmente collocati nell’area settentrionale) e quelli che si trovano agli ultimi posti
della graduatoria (principalmente concentrati nell’area mediterranea).
Indagini e confronti internazionali evidenziano le fragilità e i ritardi di cui soffre l’Italia: ad
es. per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico dopo il compimento del ciclo
d’istruzione secondaria inferiore, la percentuale di popolazione con titolo di studio
superiore all’obbligo, la percentuale di studenti dell’area matematica – scientifica –
tecnologica sul totale degli iscritti ai corsi di istruzione superiore, le competenze
linguistiche e matematiche di base (si veda, per un quadro più preciso e articolato al
riguardo, il contributo di Luciano Capriolo in questo quaderno).
D’altra parte l’incertezza del quadro politico generale rende assai problematica la
praticabilità di una riforma generale che possa incidere a fondo e stabilmente sui
problemi strutturali.
In questo contesto assumono una valenza significativa le sperimentazioni che cercano
di realizzare sul campo dei pezzi di riforma coerenti con gli obiettivi europei. E’ questo il
contesto entro cui si colloca l’esperienza del biennio integrato nella provincia di Torino.
Essa coinvolge scuole e agenzie di formazione professionale su progetti che mirano ad
arricchire l’offerta formativa rivolta ai giovani in uscita dal primo ciclo scolastico, favorire
una scelta consapevole del percorso di istruzione o formazione successivo, innalzare il
livello medio di scolarizzazione e della capacità di innovare continuamente conoscenze
e competenze, contrastare il fenomeno della dispersione scolastica.
Chiunque operi nel campo educativo è consapevole di quanto siano impegnativi simili
obiettivi; ed è convinzione di chi ha avviato questa esperienza che non esistano
strategie univoche e soluzioni miracolistiche, ma che piuttosto occorra sviluppare un
insieme articolato di strumenti e verificarne l’efficacia attraverso la sperimentazione. Si
è dunque seguito un approccio pragmatico, alieno da forzature ideologiche, agganciato
però ad alcune “idee forza” (esplicitate nel paragrafo successivo) e nel quadro di alcune
scelte di fondo (precisate qui sotto).
La prima riguarda il terreno su cui giocare la sperimentazione: quello dell’integrazione
tra istruzione e formazione professionale. Questa scelta è legata in parte ad aspetti
contingenti, cioè al nuovo contesto determinato dalla riforma Moratti, con la separazione
dei due canali (istruzione e formazione) dopo il primo ciclo scolastico e i rischi che essa
comporta di una canalizzazione precoce; ma anche a considerazioni di carattere più
generale, relative alle potenzialità di innovazione didattica connesse all’incontro tra
istruzione e formazione professionale. Sotto questo profilo l’integrazione si propone
come una delle possibili strategie attraverso le quali il sistema scolastico si attrezza per
assolvere il suo compito nel caso di cambiamento del quadro politico e di innalzamento
dell’obbligo scolastico a 16 anni.
In secondo luogo si è scelto di non adottare un modello precostituito, costruito “a
tavolino” prima dell’avvio della sperimentazione. Si è definita la cornice generale entro
la quale essa si colloca e si è svolta una sistematica azione di accompagnamento delle
esperienze, con l’obiettivo di sostenerle e al tempo stesso di mantenerle all’interno di un
quadro di riferimento coerente con i valori e presupposti generali che caratterizzano il
biennio integrato. Il confronto sulle esperienze, la discussione dei nodi critici e le
risposte agli interrogativi sorti nel corso di questi due anni hanno consentito di
sviluppare progressivamente, “dentro” la sperimentazione, gli elementi di un possibile
modello. Esso non mira a stringere entro maglie rigide e vincolanti l’autonomia dei
protagonisti; si configura piuttosto come un modello aperto, frutto tuttora in divenire
dell’incontro tra le ipotesi teoriche iniziali, le indicazioni emerse dalla sperimentazione e
le riflessioni critiche che l’accompagnano.
La terza scelta riguarda il campo di applicazione delle sperimentazione. L’attenzione è
rivolta agli istituti tecnici e professionali, dove l’integrazione tra istruzione e formazione
professionale sembra più facilmente praticabile, sia per la natura dei curricoli formativi
sia per la ricchezza delle esperienze pregresse. Inoltre è in queste situazioni che, in
genere, sono più acuti i problemi di dispersione scolastica e di insuccesso formativo, più
deboli le motivazioni allo studio e più fragili le dotazioni di competenze di base. Pur
giocato in questo ambito specifico, il biennio integrato costituisce un terreno di
sperimentazione didattica che può essere di interesse per l’intero sistema scolastico e
formativo, proponendo la ricerca e la verifica sul campo di contesti e percorsi di
apprendimento capaci di rispondere ai bisogni di studenti con preferenze, aspettative,
attitudini e dotazioni culturali diverse.
Il biennio integrato nella in provincia di Torino: i caratteri generali
Il biennio integrato ha preso l’avvio nell’a.s. 2003-2004, con l’attivazione a Torino e
provincia di 7 classi sperimentali in altrettanti istituti scolastici; nel 2004-05 le classi
prime sono state 52, ripartite tra 19 istituti scolastici; nel 2005-06 le prime sono 37,
suddivise tra 13 istituti scolastici.
Esclusi i progetti partiti nel 2003-04 (ormai conclusi), sono attualmente impegnate nella
sperimentazione 21 scuole e 12 agenzie formative in 13 comuni, per un totale di 89
classi e oltre 1.800 studenti. Partecipano 13 istituti tecnici (industriali, commerciali,
geometri, agricoltura) e 9 istituti professionali (servizi commerciali e turistici, industria e
artigianato, altri indirizzi) con una articolata gamma di indirizzi di laboratorio (meccanico,
elettromeccanico,
elettrico,
elettronico,
artigianato
servizi,
servizi
impresa,
abbigliamento, agricoltura e giardinaggio, edile, alimentare, ristorazione).
La dimensione numerica e la diversificazione delle tipologie indicano una tendenza
della sperimentazione a stabilizzarsi; al tempo stesso offrono una base significativa per
tentare i primi bilanci, sia pure provvisori, allo scopo di metterne a fuoco criticità e
potenzialità. Ciò viene fatto nei paragrafi successivi, mentre in questo si descrivono
sinteticamente le caratteristiche fondamentali del biennio integrato, al fine di esplicitare
i riferimenti ideali e valoriali che ne sono alla base e costituiscono i parametri di
riferimento attraverso i quali valutare i due anni di sperimentazione.
Soggetto dell’esperienza è il gruppo classe nel suo insieme. Benché la sperimentazione
riservi particolare attenzione al nodo della dispersione, essa non si rivolge
esclusivamente agli studenti “a rischio”; al tempo stesso, pur puntando a esplorare
percorsi formativi per certi aspetti “di eccellenza”, non si rivolge principalmente a
studenti eccellenti.
Il percorso integrato si articola in 400 ore: 200 il primo anno, di cui 40 destinate a stage
orientativi / osservativi e / o simulati; 200 il secondo anno, di cui 40 di stage. Utilizza in
genere il 15% del monte ore curricolare, che secondo le norme sull’autonomia
scolastica possono essere determinate dei singoli istituti scolastici; non sono aggiuntive
al normale orario scolastico, ma lo modificano nella sua composizione.
L’orario integrato è articolato in una fase di accoglienza / orientamento degli studenti; in
attività finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze di base e
trasversali; in attività di laboratorio dirette a sviluppare le competenze specifiche
attinenti il profilo professionale di riferimento del progetto.
L’attività formativa coinvolge i formatori dell’agenzia e i docenti della scuola, con
particolare attenzione all’azione in compresenza e/o alla scomposizione della classe in
gruppi di lavoro impegnati su attività diversificate.
Il biennio integrato è un biennio di istruzione, con forte valenza orientativa. Muove
dall’esigenza di non imporre al giovane, in uscita dal primo ciclo della scuola
secondaria, una scelta che rischia di essere prematura e fortemente condizionata dal
retroterra sociale e culturale.
Nel corso del biennio il giovane resta nella scuola e continua un percorso formativo che
mantiene i connotati tipici dell’istruzione, arricchito dall’opportunità di rafforzare le
competenze di base e cominciare ad acquisire competenze significative sotto il profilo
professionale; al tempo stesso vive un’esperienza formativa che lo aiuta ad orientarsi
rispetto alle proprie attitudini ed interessi e può favorire una scelta più matura e
consapevole tra istruzione e formazione professionale.
L’insuccesso formativo e la dispersione che ad esso spesso si associa ostacolano la
diffusione di una formazione culturale di base coerente con una dimensione europea
della cittadinanza e l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie per
accedere ai percorsi di istruzione o di formazione di secondo livello. All’insuccesso
personale contribuiscono certamente molti fattori, ma in ogni caso esso implica anche
un insuccesso del sistema formativo, che non ha saputo sviluppare strategie efficaci
centrate sull’obiettivo del successo formativo e personale del giovane.
Si tratta dunque di capire se il biennio integrato può offrire strumenti capaci di incidere
su questo fenomeno: non attraverso l’abbassamento della qualità del percorso
formativo e il suo svilimento alla rincorsa della promozione, ma attraverso una sua
articolazione che valorizzi le differenze di capacità, attitudini e interessi e stimoli la
motivazione personale, la cui mancanza è spesso all’origine dell’insuccesso e
dell’abbandono.
Queste considerazioni portano a sottolineare un altro aspetto chiave, che riguarda
l’insieme degli studenti: il potenziale valore aggiunto di una didattica contestualizzata,
centrata sull’intreccio tra approccio empirico – problematico e logico – sistematico, tra
conoscenze e competenze, supportata da contesti di apprendimento efficaci.
Negli istituti tecnici il più stretto legame tra dimensione teorica e dimensione pratica
dell’apprendimento si associa all’opportunità di una concreta spendibilità delle
competenze acquisite con il loro riconoscimento ai fini di una qualifica; negli istituti
professionali, dove già il curricolo scolastico è indirizzato allo sbocco in una qualifica, si
pone in particolare evidenza il nodo della motivazione / rimotivazione all’apprendimento,
che proprio in questo tipo di istituti assume una particolare rilevanza.
Alla conclusione del biennio il giovane studente può scegliere la prosecuzione
nell’istruzione, con il conseguimento del diploma o della qualifica statale; oppure nella
formazione professionale, con il conseguimento della qualifica regionale, grazie al
riconoscimento dei crediti maturati con riferimento ad un determinato profilo
professionale.
Il biennio integrato intende quindi arricchire le opportunità formative per il giovane, in
funzione dei suoi interessi e delle sue attitudini personali, consentendogli di
capitalizzare le conoscenze e le competenze acquisite secondo il progetto formativo
personale che egli ha progressivamente maturato.
A partire da questi presupposti, con il contributo di tutti i soggetti coinvolti si sono
progressivamente delineati gli elementi essenziali di un modello; esso va inquadrato in
un’ottica sperimentale e letto in una dimensione dinamica, finalizzata a verificare sul
campo gli assunti su cui il biennio integrato si fonda, la capacità di rispondere ai nodi
critici con cui si misura, l’efficacia nel rispondere ai bisogni esistenti.
Snodi critici e potenzialità da sviluppare
I due anni di esperienza sul campo, accompagnati da un costante e sistematico
monitoraggio, hanno evidenziato gli snodi critici della sperimentazione. Hanno inoltre
consentito di mettere a fuoco i fattori da potenziare, soprattutto per quanto riguarda la
motivazione / rimotivazione dello studente; il processo di orientamento attraverso cui
può essere aiutato a scegliere un percorso formativo corrispondente alle sue capacità,
attitudini, interessi; le modalità di apprendimento che lo aiutano a seguire con
soddisfazione, e quindi con maggiori probabilità di completarlo, il percorso scelto.
Tutte le osservazioni che seguono vanno inquadrate nei presupposti generali precisati
nei paragrafi precedenti; ma al tempo stesso sono concretamente legate alle
esperienze positive o negative di questi due anni, alle discussioni e riflessioni
nell’ambito del gruppo di coordinamento, alle indicazioni emergenti dai periodici
monitoraggi.
Un prima questione da mettere a fuoco riguarda l’attivazione del biennio integrato.
Esso
ha
un
impatto
consistente
sul
calendario
e
sull’orario
scolastico,
sull’organizzazione delle attività didattiche e sul funzionamento complessivo della
scuola. L’approvazione del progetto da parte del Collegio docenti non è dunque soltanto
un atto formalmente necessario per l’avvio della sperimentazione, ma assume una
valenza sostanziale come assunzione di responsabilità della scuola nel suo insieme.
Una adeguata circolazione delle informazioni tra gli insegnanti sull’esistenza e sulla
natura del progetto e la condivisione delle sue finalità servono a ridurre i rischi di una
sostanziale estraneità, o di aperta opposizione, di una parte del corpo docente, e quindi
ad evitare possibili attriti e tensioni.
Inoltre, i segnali contraddittori provenienti dagli insegnanti rischiano di produrre
disorientamento nei confronti degli studenti e delle loro famiglie; soprattutto se c’è
scarsa omogeneità all’interno del Consiglio di classe, a cui compete concretamente di
gestire il progetto formativo.
La sottovalutazione di questi problemi è tra le cause delle difficoltà che, in alcune
situazioni, hanno innescato nella scuola dinamiche poco favorevoli allo sviluppo della
sperimentazione.
La forte valenza orientativa del biennio integrato richiede chiarezza ed omogeneità degli
input provenienti dalla scuola; ma anche una azione di informazione trasparente e
continua nei confronti degli studenti.
E’ importante che gli studenti e le loro famiglie abbiano una informazione adeguata sulle
caratteristiche e sulle finalità del progetto al momento dell’iscrizione; ma anche che
siano organizzati periodici momenti nel corso del biennio in cui si fa il punto della
situazione, si sentono gli umori, si adottano le eventuali misure di correzione; e infine
che si preveda un momento di bilancio in uscita.
Soprattutto il monitoraggio compiuto il primo anno ha messo a fuoco questo problema,
evidenziando l’impatto positivo di una efficace azione di informazione all’inizio e nel
corso dell’anno scolastico; l’atteggiamento negativo degli studenti in alcuni casi va
attribuito alla difficoltà che essi hanno incontrato nel comprendere la natura e le
potenzialità dell’esperienza in cui erano coinvolti, in assenza di informazioni adeguate
oppure a fronte di atteggiamenti poco omogenei e a volte contraddittori dei loro
insegnanti.
La progettazione condivisa è il primo livello in cui si concretizza l’integrazione del
percorso formativo.
In questa fase è fondamentale la capacità, da parte di scuola ed agenzia insieme, di
costruire un progetto che non si riduca al semplice affiancamento di due percorsi
formativi separati, bensì valorizzi tutte le potenzialità che l’integrazione offre con
l’intreccio tra conoscenze e competenze, il concorso di diverse metodologie didattiche,
la riorganizzazione del gruppo classe e degli spazi di apprendimento. Particolarmente
delicata è l’attività di microprogettazione, attraverso la quale si ridefinisce il curricolo
formativo e si riorganizza in funzione di esso l’attività didattica, si precisano in modo
particolareggiato gli obiettivi formativi e le metodologie didattiche funzionali al loro
raggiungimento, si concordano i criteri di valutazione.
In questa ottica sono risultati cruciali (nei casi in cui sono stati previsti ed hanno
funzionato) il gruppo di progettazione, formato sia da docenti della scuola sia da
formatori dell’agenzia, e il docente coordinatore che cura il raccordo con il Consiglio di
classe. La complessità delle problematiche istituzionali, operative, didattiche connesse
all’integrazione richiede infatti la convergenza e la coerenza delle azioni di tutti gli
operatori coinvolti (scuola e agenzia; dirigenti e docenti), con particolare riguardo
all’informazione e al coinvolgimento del Consiglio di classe nel suo insieme e non
soltanto degli insegnanti le cui materie sono direttamente interessate.
La consapevolezza della natura del progetto, la condivisione delle sue finalità e la
riflessione sulle modalità di attuazione all’interno del Consiglio di classe sono le
condizioni per il raccordo tra la fase di micro progettazione e quella operativa.
Costituiscono inoltre il presupposto di una comunicazione efficace nei confronti degli
studenti, che li aiuti a comprendere il senso del percorso a cui partecipano e contrasti il
rischio di disorientamento a causa di segnali contraddittori; favoriscono con ciò la
nascita o il consolidamento della motivazione, su cui spesso si gioca la delicata partita
tra successo o insuccesso.
In assenza di una progettazione condivisa è difficile che il biennio integrato inneschi
quel processo di innovazione didattica che ne costituisce forse l’aspetto più decisivo in
funzione del successo formativo del giovane.
Se ridotto alla semplice sommatoria di due percorsi paralleli, diventa concreto il rischio
di depotenziamento delle valenze educative e formative del percorso di istruzione
conseguente alla riduzione del monte ore curricolare. In questo caso possono avere un
fondamento le riserve manifestate da una parte degli insegnanti, che vivono le attività
integrate come una sorta di “tassa sul programma” da subire (le attività integrate
sarebbero di impedimento allo svolgimento del programma e distoglierebbero gli
studenti dallo studio) piuttosto che una opportunità per ripensare il modo in cui può
essere proposta la didattica della propria disciplina.
Il biennio integrato mira invece a valorizzare le potenzialità formative di una didattica
contestualizzata, centrata sull’intreccio tra dimensione teorico-speculativa e dimensione
pratico-operativa dell’apprendimento. Esso parte da una riflessione più generale che
investe il mondo dell’istruzione nella sua interezza: alla base dell’insuccesso scolastico
e della dispersione sta spesso la difficoltà di riconoscere, valorizzare, stimolare capacità
e attitudini che si esprimono in modi diversi da quelli a cui la scuola è tradizionalmente
più attenta (le cosiddette “intelligenze diverse”). Da questo punto di vista, il percorso
integrato non appare “altra cosa” rispetto a quello di istruzione, ma piuttosto l’occasione
per
esplorare
una
dimensione
dell’istruzione
più
attenta
alle
potenzialità
dell’apprendimento contestualizzato, attraverso l’integrazione di metodologie didattiche
differenti.
Si tratta certo di un terreno difficile, sul quale si intrecciano situazioni critiche ed
esperienze forti, come emerge dal monitoraggio dei progetti in corso di realizzazione.
Esso spinge a porre al centro dell’attenzione le potenzialità didattico formative, certo
non esclusive del percorso integrato ma che ad esso sono connaturate, di metodologie
centrate sul laboratorio, sulle simulazioni di ambienti di lavoro, sul problem solving ecc.
(spesso già presenti nella scuola, ma che possono ricevere un forte stimolo da questa
esperienza). Ciò non significa appiattire la complessità del processo di apprendimento
in una dimensione puramente operativa; ma piuttosto arricchirla e valorizzare le
potenzialità formative, per tutti gli studenti, dell’interazione tra apprendimento e attività
pratica, del “saper fare” oltre che del “sapere”, dell’utilizzo delle conoscenze in funzione
di obiettivi.
Coerenti con questo approccio sono le compresenze dei docenti dell’istruzione e della
formazione, che offrono l’opportunità di integrare nella attività didattica approfondimento
teorico disciplinare ed attività pratiche di laboratorio; e di operare in modo più flessibile
sul gruppo classe, anche in funzione dei diversi bisogni formativi e dei diversi livelli di
apprendimento individuali.
Questa dimensione didattica, se realizzata, configura il biennio integrato come un
percorso di eccellenza; al tempo stesso particolarmente attento al nodo della
rimotivazione dei giovani a rischio di dispersione, perché poco attratti dallo studio
prevalentemente teorico e scarsamente operativo.
Una conferma alla centralità della questione didattica viene dai giudizi degli studenti, i
quali nel monitoraggio dichiarano il loro apprezzamento per uno studio meno teorico, un
insegnamento più problematico e contestualizzato, che aiuta ad apprendere e motiva
maggiormente allo studio.
Naturalmente tutto ciò implica un complesso intervento sull’orario, sulla rigidità dei
programmi scolastici e dei pacchetti formativi delle agenzie, sulla stessa organizzazione
degli ambienti di apprendimento.
Anche in questo caso l’osservazione delle esperienze in corso pone in evidenza
l’importanza di una progettazione condivisa che permetta di governare in modo efficace
delicati aspetti organizzativi che hanno una forte ricaduta sulla attività didattica.
Sono state adottate soluzioni anche molto diverse dal punto di vista del calendario e
dell’orario delle attività integrate e certamente non è possibile individuarne una
astrattamente migliore. Importante è che l’orario sia costruito in funzione degli obiettivi
della sperimentazione e che le soluzioni adottate si integrino bene nell’organizzazione
scolastica complessiva, per evitare il rischio che gli studenti vivano le attività integrate
come avulse o artificialmente sovrapposte a quelle ordinarie e quindi le subiscano come
fastidio o complicazione.
Per quanto riguarda programmi scolastici e pacchetti formativi, pensare al biennio
integrato come a una loro semplice sommatoria rischia di pregiudicarne i risultati: o
perché, come già ricordato, lo svolgimento di uno avverrebbe a scapito dell’altro; o
perché si determinerebbe un aumento del monte ore e/o un aggravamento dei carichi di
lavoro, finendo per penalizzare proprio quegli studenti che invece bisognerebbe
rimotivare. Il nodo cruciale qui è un ripensamento di entrambi, in funzione delle priorità
degli obiettivi che si sono formulati e attraverso la ricerca dei collegamenti opportuni
fondati sull’intreccio di attività teorica e pratica.
Altro nodo importante è quello degli ambienti di apprendimento. Ci sono nelle
esperienze in corso alcuni esempi assai interessanti della valenza didattica di una
attività che non vede nell’aula il luogo esclusivo dell’apprendimento e valorizza
dimensioni organizzative e operative centrate sul laboratorio, sulla simulazione di
ambienti di lavoro, sulla organizzazione di ambienti più flessibili che rendano praticabili
modalità formative diversificate e individualizzate in funzione delle caratteristiche e dei
bisogni formativi degli studenti. E’ questo un tema che merita di essere approfondito
adeguatamente e che sarà quindi ripreso in una prossima occasione; ma spunti
interessanti si possono già cogliere, in questo stesso quaderno, nei contributi di Alberto
Badini Confalonieri e di Fiorella Farinelli.
Per quanto riguarda la valutazione, aspetti cruciali sono la condivisione del modello di
valutazione in un’ottica integrata, il rapporto tra valutazione annuale e carattere
biennale della sperimentazione, la possibilità di curvatura del percorso formativo
individuale.
Le attività integrate entrano nella valutazione con una loro specificità, ma concorrono
con quelle curricolari alla formazione di un giudizio articolato che comprende l’insieme
degli elementi di giudizio significativi. Ciò riguarda ovviamente tutti gli studenti; diventa
importante soprattutto per quelli con risultati insoddisfacenti nelle attività strettamente
scolastiche, ma che manifestano maggiore interesse e migliori risultati in quelle
pratiche. Si tratta di fasce di utenza, spesso “problematiche” per la scuola, che sono a
forte rischio dispersione. Il mantenimento di questi soggetti all’interno dei processi
formativi richiede la capacità di cogliere per tempo questa complessità, attraverso il
concorso della scuola e dell’agenzia nel processo di valutazione;
lo sforzo di
inquadrarla nell’ottica biennale, non con l’obiettivo di ridurre le bocciature “a qualsiasi
costo”, ma piuttosto per valorizzare e rafforzare, anche attraverso azioni mirate di
supporto, le attitudini dello studente e stimolare la sua motivazione; la volontà di
programmare eventuali curvature del percorso formativo in funzione del possibile
sbocco in formazione professionale.
Al centro dell’attenzione si pone allora la valenza formativa e orientativa di una
valutazione che non si limiti all’accertamento delle conoscenze e competenze in uscita
degli studenti; bensì li aiuti a individuare i percorsi formativi adeguati, li accompagni
nella costruzione e realizzazione di un progetto personale funzionale alle loro
inclinazioni, capacità e interessi e si avvalga di interventi individualizzati diretti ad offrire
ad ognuno, nel contesto del percorso formativo comune della classe, modalità
didattiche flessibili e diversificate che rispondano alle loro caratteristiche e ai loro
bisogni.
Fondamentale è il ruolo del Consiglio di classe “integrato”, cioè allargato ai docenti della
formazione professionale, nel gestire questo tipo di valutazione. Essa implica che il
Consiglio individui, oltre agli studenti con capacità / interesse per proseguire il percorso
scolastico, anche quelli che evidenziano difficoltà nello studio delle discipline curricolari
di base (spesso poco interessati e coinvolti da uno studio prevalentemente teorico e
scarsamente operativo), ma capacità nelle attività integrate relative alle discipline
professionalizzanti. Per questa fascia di utenza può essere decisiva una valutazione
formativa che evidenzi allo studente, già nel primo anno, le carenze da superare e, in
prospettiva, l’alternativa di un possibile passaggio alla formazione; e che lo prepari al
passaggio durante il secondo anno (in caso di conferma delle carenze individuate e con
il consenso dello studente e della famiglia) attraverso una “curvatura” del percorso,
utilizzando i LaRSA o forme di sostegno individualizzato, al fine di rendere possibile lo
sbocco in un terzo anno di formazione.
Una valutazione di questo tipo può essere d’aiuto nel ridurre la dispersione attualmente
così elevata negli istituti professionali e tecnici, offrendo ai giovani che non proseguono
nella scuola la possibilità di passare al corrispondente corso di formazione
professionale, concludendo il proprio percorso formativo con il conseguimento della
relativa qualifica regionale.
Naturalmente il governo di questi delicati processi richiede un patto trasparente tra
scuola e agenzia circa il riconoscimento (da parte dell’agenzia) dei crediti maturati (e
certificati) al termine del biennio, con l’esplicitazione dei contenuti e delle modalità
dell’eventuale percorso di “messa a livello” qualora questo si renda necessario per il
successivo inserimento nel corrispondente corso di formazione professionale
Assunzione di responsabilità da parte della scuola nel suo insieme, progettazione
condivisa, didattica integrata e innovata, ridefinizione di curricoli / orari / ambienti di
lavoro, valutazione orientativa / formativa sono tutti elementi fortemente interdipendenti
nell’incidere sulla motivazione / rimotivazione dello studente, sostenere la definizione
progressiva del progetto personale in funzione delle sue capacità attitudini, interessi e
aspettative e, per questa via, contrastare i rischi di dispersione; ma al tempo stesso nel
dare uno stimolo alla innovazione didattica in funzione di un arricchimento e
miglioramento dell’offerta formativa per tutti gli studenti.
Il monitoraggio periodico e il gruppo di coordinamento di scuole ed agenzie sono stati e
continuano ad essere strumenti della riflessione complessiva sull’esperienza in corso.
Nell’anno scolastico 2005-06 si riserva una particolare attenzione alla questione
dell’innovazione didattica, sperimentando e monitorando in un gruppo di scuole, sulla
base di un protocollo condiviso, esperienze di insegnamento problematico e
contestualizzato in situazioni di compresenza, con l’obiettivo di verificarne l’efficacia e
documentarle adeguatamente in funzione della comunicabilità e riproducibilità delle
buone pratiche.
Giancarlo Meinardi