doc FIOPA commissione strutture 6 maggio 11 agg

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Federazione Interregionale degli Ordini degli Ingegneri del Piemonte e della Valle d’Aosta
ASSEMBLEA DEI PRESIDENTI DEGLI ORDINI INGEGNERI
Roma 6 maggio 2011
Incontro con il Presidente Consiglio superiore dei LLPP
- NTC 2008 –
La Commissione Strutture della F.I.O.P.A. congiuntamente alla Commissione Strutture e
Sicurezza Strutturale dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino, nella seduta del 29
aprile u.s. ha predisposto l’allegato documento con considerazioni inerenti le Norme Tecniche
per le Costruzioni D.M. 14.01.2008.
Detto documento viene presentato come contributo della Federazione alla predisposizione di
un testo delle norme modificato in modo tale da migliorare la situazione sia per quanto
concerne l’attività dei professionisti, sia per quanto concerne le sicurezza.
Il Coordinatore
ing. Adriano Scarzella
Il Presidente
ing. Andrea Gianasso
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La Commissione Strutture della F.I.O.P.A. congiuntamente alla Commissione Strutture e
Sicurezza Strutturale dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino, in riferimento alle
Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14.01.2008 ha rilevato che, oltre alla
difficoltà d'interpretazione della norma per i numerosi errori già evidenziati dal lavoro di alcuni
colleghi, le principali problematiche sono rilevabili nell'approccio iniziale.
L'ingegnere, infatti, dovendo trattare una quantità esorbitante di dati, spesso aleatori e con
una moltitudine di variabili, é obbligato a calcoli estenuanti, senza distinzioni o graduazioni,
con il rischio di perdere la necessaria percezione delle effettive grandezze in gioco.
Segreteria: corso Filippo Turati, 11/C – 10128 Torino – Telefono e fax 011.505265
E-mail: [email protected] – Pec: [email protected] – Sito web: http://www.fiopa.it - Codice Fiscale 97532680010
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Le procedure prescritte, inoltre, sembra che non facciano distinzioni fra opere grandi e
complesse e opere di modesta, o anche modestissima, entità, rincorrendo una precisione
matematica che non si concilia con l'approssimazione della convenzione utilizzata e non
apporta tangibili benefici in termini di sicurezza.
Si deve poi ancora considerare che, specialmente in un periodo di crisi come il presente, non
appaiono comprensibili né tollerabili aumenti di costi quando non effettivamente
indispensabili.
Se, infatti, esistono aree dove un calcolo sismico rigoroso è quanto mai necessario, esistono
anche tante altre zone, con grado di sismicità non elevato, che possono essere trattate con
metodi più immediati e altrettanto sicuri.
Si deve ricordare, a questo proposito, che anche l’uso dei software di calcolo, pur se
certamente indispensabili quando é necessario elaborare una quantità enorme di dati, può
portare in alcuni casi a risultati non più direttamente percepibili e interpretabili.
In questa situazione, venendo a mancare una interpretazione dei risultati dei calcoli correlata
all’esperienza del professionista, interpretazione che costituisce l’essenza della professione
dell’ingegnere, sono purtroppo possibili errori anche rilevanti.
Infine, si ribadisce che la messa al bando del procedimento di calcolo basato sulle tensioni
ammissibili forse é stata troppo frettolosa, specialmente se si tiene conto che praticamente
tutto il costruito all’epoca attuale é stato calcolato con tale metodo che ha dimostrato una
indubbia e “collaudata” validità.
Si ha l’impressione che, a volte, vengono emanate norme sulla scia dell'emotività di eventi
tragici, senza che siano stati fatti i necessari riscontri tra gli operatori del settore.
Nel caso specifico, come conseguenza, si verifica il fatto che norme che avrebbero dovuto
essere di tipo “prestazionale” sono diventate, al contrario, di tipo estremamente “prescrittivo”.
Si sono evidenziate, inoltre, contraddizioni insuperabili, come ad esempio l'impossibilità ad
operare di fatto sul costruito, vanificando la possibilità di recuperare l'esistente; infine, la non
chiara obbligatorietà del deposito della denuncia per le opere non in c.a. ha fatto sì che
tecnici non idonei continuassero ad operare senza che fossero garantiti i necessari requisiti di
sicurezza.
***
La Federazione Interregionale degli Ordini degli Ingegneri del Piemonte e della Valle d’Aosta
ritiene opportuno sottolineare in particolare i seguenti punti:
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1 – Denunce per tutte le opere strutturali
Si operi un’attenta modifica del D.P.R. 380 affinchè sia obbligatorio depositare presso i
competenti uffici la denuncia delle opere strutturali, così come previsto dalle NTC2008, per
tutte le opere edili aventi funzione strutturale indipendentemente dal materiale col quale sono
realizzate (cemento armato, acciaio, muratura portante, legno, alluminio, vetro, ecc. ecc.)
2 – Ritorno alla presentazione pratiche presso i servizi OO.PP.Regionali
Con il Dlgs 112 /1998 e le conseguenti leggi regionali, ( per il Piemonte L.R. 44/2000 ) , al
Servizio OO.PP. Regionale, già Genio Civile, fu tolto l’incarico di ricevere le denunce, per
tutta la provincia, delle nuove opere strutturali e relativi elaborati progettuali previsti dalla L.
1086/71.
Anzichè ottenere però uno snellimento burocratico mediante il decentramento ai singoli
Comuni si è passati da un ordine burocratico ad un anarchico disordine in quanto nei comuni
non vi è uniformità di presentazione sia sul numero delle copie di denuncia ( 2 o 3) sia sui
bolli ( nessuno,uno, due o tre) e di collaudo, con differenze di data di protocollo, con possibili
contenziosi.
Vi è anche una disparità di protocollo e di documenti allegati a volte in modo pretestuoso e
senza significato (relazione geotecnica per sostituzione tetto)
Si auspica quindi che il deposito dei progetti strutturali ritorni ad essere un compito affidato al
Servizio OO.PP. di ogni Provincia ( se non saranno soppresse ) per poter garantire:
-uniformità di procedura amministrativa;
-uniformità e correttezza di controllo ed accettazione;
-possibilità di controlli incrociati tra denuncie diverse ma correlate
-garanzia di maggior sicurezza nella conservazione nel tempo, problema che colpisce specie
in comuni molto piccoli privi di strutture tecniche.
3 – Interventi locali
Vi sono alcuni casi pratici di intervento locale ed in particolare un caso ricorrente definito
“problema del sottotetto “.
L’intervento locale di rifacimento di un solaio sottotetto non abitato e successivamente
collegato con una scaletta interna al sottostante piano abitato non può essere considerato
una sopraelevazione solo perchè il sottotetto non è urbanisticamente abitabile.
Le scelte progettuali per interventi su strutture esistenti devono essere quindi guidate solo
dall’analisi delle reali condizioni fisiche dell’edificio e non possono essere valutate in
dipendenza della legittimità urbanistica delle stesse.
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Un classico progetto di intervento è quello in cui si prevede il recupero del sottotetto con
cambio di destinazione da soffitta a piano abitato, con demolizione o rinforzo del solaio del
sottotetto rispettando le condizione dei punti a) b) c) e d) del paragr. 8.4.1.(senza nuovi solai).
In queste condizioni si ritiene non necessario effettuare interventi di adeguamento o
miglioramento sulle strutture verticali portanti purchè l'incremento di carichi globali in
fondazione risulti inferiore al 10%.
L’Ente incaricato di controllare a campione i progetti in Regione Piemonte non è dello stesso
parere: sostiene che in questo caso la soletta di sottotetto non era abitabile e quindi non
risulta come piano esistente dal punto di vista urbanistico.
Pertanto rendere abitabile tale soletta è come se si realizzasse un nuovo piano e quindi
rientra in un intervento di miglioramento (La regione impone di dimostrare che tale intervento
migliora i margini di sicurezza pre-esistenti ed eventualmente richiede di intervenire sulle
strutture verticali rinforzandole).
La Commissione strutture dell’’Ordine degli Ingegneri di Milano ha dato la stessa nostra
interpretazione affermando che:
“Una variazione dell'altezza dell'edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che
resti immutato il numero di piani, non è considerato sopraelevazione o ampliamento, ai sensi
dei punti a) e b). In tal caso non è necessario procedere all'adeguamento, salvo che non
ricorrano
le
condizioni
di
cui
ai
precedenti
punti
c)
o
d).
Quindi la sopraelevazione nel senso dell'innalzamento delle falde di copertura, a parità di
numero di piani, non è una sopraelevazione ai sensi della lettera a).
Invece la variazione di destinazione d'uso ricade in pieno nella lettera c), ma se l'incremento
di carichi globali in fondazione è inferiore al 10% ancora è consentito non procedere
all'adeguamento di tutto il fabbricato ma solo a quello del solaio sottotetto e del tetto.
In conclusione: se l'aumento di carico globale in fondazione dovuto al recupero del piano
sottotetto ed al rifacimento della copertura è inferiore al 10% e non vi sono variazioni di
rigidezza importanti a fini della ridistribuzione dei carichi orizzontali e verticali, si può non
procedere
ad
adeguare
tutto
l'edificio.”
Pertanto la stessa normativa e lo stesso problema viene affrontato in modo completamente
diverso dalle regioni Piemonte e Lombardia creando molti dubbi sulla vera interpretazione e
creando non poche difficolta’ progettuali.
4 – Collaudo per interventi locali
Gli interventi locali sull’esistente non sono soggetti a collaudo statico come disposto dal cap.
8.4 delle NT 08. La circolare precisa poi che l’intervento locale può comprendere anche
l’intero solaio di piano o di copertura, a condizione che non vi siano variazioni significative di
rigidezza complessiva e di carichi.
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Ricordo che già in regime di L.1086/71 la sola costruzione del solaio in c.a. senza la presenza
di pilastri non costituiva “complesso di strutture “ (vedi Circolare Ministeriale LL.PP.) e non
comportava quindi l’obbligo di denuncia e di conseguenza di collaudo statico.
E’ quindi evidente che in questi casi non proprio banali debba esistere una anche modesta
progettazione ed una verifica complessiva dei carichi e delle rigidezze, ma non risulta invece
l’obbligo di deposito presso il Comune.
Si ritiene più corretto suggerire il deposito almeno per le opere più significative, a condizione
ad esempio che l’intervento sull’edificio non sia banale e richieda almeno una DIA.
5 – Definizione metodologie di calcolo
La commissione scrivente ritiene necessario rivedere la parte relativa alla definizione delle
metodologie di calcolo delle azioni sismiche (spec. cap. 7.3 NTC). In particolare, risulterebbe
necessario porre in essere metodologie semplificate per chiarire ove possano applicarsi i
metodi semplificati (lineari e non) contenuti nelle norme. In primis, è da specificare con la
maggior chiarezza possibile che l’analisi di riferimento per il calcolo dell’azione sismica risulti
il metodo basato sull’analisi dinamica modale con spettro di risposta (ora “nascosto” nel
paragrafo relativo), poi definire ove possano essere applicati i metodi semplificati.
Infatti, l’attuale metodologia contenuta in NTC prevede che “Per le sole costruzioni la cui
risposta sismica, in ogni direzione principale, non dipenda significativamente dai modi di
vibrare superiori, è possibile utilizzare, sia su sistemi dissipativi sia su sistemi non dissipativi,
il metodo delle forze laterali o “analisi lineare statica”. In tal modo risulta obbligatorio definire
prima un’analisi globale dinamica modale della struttura per giustificare in seguito la scelta
dell’adozione di un’analisi semplificata. Tale approccio è quindi inutilmente laborioso.
Sarebbe opportuno poter verificare la significatività dei modi di vibrare superiori attraverso
analisi semplificate dei modi di vibrare(come ad esempio contenuto in CNR DT207/2008),
chiarendo anche che la significatività debba essere intesa in termini di azioni taglianti di base
di ciascun modo di vibrare, calcolato sul relativo spettro di risposta. Detta verifica semplificata
sarebbe da chiarire debba essere eseguita obbligatoriamente anche in relazione alla
regolarità strutturale.
In maniera simile, è da porre attenzione all’uso delle analisi statiche non lineari, chiarendo in
maniera inequivoca che esse possano essere applicate esclusivamente a strutture dotate di
particolare regolarità strutturale ove il primo modo di vibrare risulti dominante. Diversamente
si corre il rischio di ottenere analisi strutturali corrispondenti solamente ad una piccola parte
del “vero”, lungi dall’essere rappresentativa del comportamento strutturale atteso della
struttura.
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6 – Protezione antincendio
È’ necessario chiarire le finalità delle verifiche da carichi d’incendio contenute nel cap. 3.6.1
anche in riferimento alle interpretazioni fornite dai comandi VVFF. In particolare, risulta
interessante segnalare che sovente è inteso che le verifiche all’incendio risultino obbligatorie
per tutte le costruzioni, anche quelle non normate da specifiche normative, ovvero quelle
destinate ad attività soggette al controllo dei VVFF. Sarebbe in tal caso da rimarcare la
dicotomia rappresentata dagli impianti normativi promulgati dal Ministero dell’interno aventi
quale primo obiettivo lo scongiurare l’occorrenza di un incendio, rispetto a quelli rappresentati
dalle NTC, nelle quali l’incendio è dato come già occorso e risulta necessario mitigarne gli
effetti sulla struttura (robustness conceptual design), al di là delle precipue richieste di
resistenza al fuoco definite in base all’attività.
7 – Applicazione e integrazione NTC con Eurocodici
A fronte della avvenuta ratifica degli Eurocodici nel mese di Aprile, con i relativi “National
Annex”, molti colleghi paventano la possibilità di integrare le lacune presenti nelle NTC con le
relative parti complete degli Eurocodici, i quali rappresentano spesso i documenti di partenza
della maggior parte delle NTC e della circolare.
Già attualmente in molti casi le NTC citano o demandano agli euro codici alcune delle
verifiche necessarie (si può citare a a titolo esemplificativo, il paragrafo 4.2.11 “Resistenza al
fuoco” per le strutture in acciaio che rimanda esplicitamente a UNI EN 1993-1-2 oppure lo
stesso argomento per il CLS al paragrafo 4.1.13 che rimanda direttamente al UNI EN 1992-12 o addirittura come nel caso del paragrafo 4.2.4.1.5 “Fragilità alle basse temperature” viene
indicata la procedura ma la tabella utile alla definizione completa necessaria è richiamata
direttamente sulla tabella 2.1 di UNI EN 1993-1-10. )
Tale tipo di evenienze, specialmente i casi come il terzo citato, sono molto gravi poichè le
Norme UNI EN 199X-X-XX non sono a libero accesso. Ci si trova dunque nella condizione in
cui una legge (Decreto Ministeriale) obblighi di fatto il professionista all’acquisto di norme che
godono di carattere facoltativo e a pagamento.
Trascurando il fatto che il costo delle stesse norme non è propriamente una voce di bilancio
trascurabile, specialmente se si vuole accesso completo agli Eurocodici, sfavorendo di fatto il
libero professionista rispetto ai grandi studi associati.
8 – Controllo centri trasformazione
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La norma obbliga il C di T al p.to 11.3.2.10.3 ad effettuare un prelievo di tre barre dello
stesso diametro per ogni fornitura o comunque ogni 90 t (e questo va bene!) ma al paragrafo
successivo scrive:” Qualora non si raggiungano le quantità sopra riportate, in ogni caso deve
essere effettuato almeno un controllo per ogni giorno di lavorazione”. ( e ciò comporta
prelevare tre spezzoni ogni giorno di lavorazione sempre dallo stesso lotto di fornitura sino ad
esaurimento e riprovare lo stesso materiale il che è assurdo, con dei costi insostenibili per
piccoli C di T).
Lo stratagemma per ovviare a tale incomprensione suggerito dagli Enti Certificatori è
dichiarare che le lavorazioni avvengono una volta alla settimana ed in quel giorno vengono
prelevati tre spezzoni da sottoporre alle prove richieste.
Si potrebbe proporre la seguente modifica:
a) Visto che i C di T devono lavorare solo materiale certificato.
b) Visto che tutte le forniture di acciaio, devono essere accompagnate dalla copia
dell’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale.
c) Al momento della fornitura prelevare tre spezzoni di uno stesso diametro ed eseguire
le prove richieste.
d) Il Laboratorio ufficiale esterno esegue le prove di trazione e piegamento.
e) Il direttore di stabilimento mettere in lavorazione il lotto solo dopo l’ottenimento del
certificato, con esito positivo, dal Laboratorio.
f) Controllo nei C di T dei diametri dei mandrini previsti dalla norma in funzione del
diametro del tondo lavorato.
g) Controllo da parte del Direttore di stabilimento che non vi siano cricche nel piegamento
dell’acciaio lavorato, (sicuramente non si creano cricche in quanto l’acciaio lavorato è
garantito:1) dall’esito positivo della prova di piegamento da parte del Laboratorio che
certifica un materiale adeguato alle prescrizioni normative, 2) per il rispetto del
diametro dei mandrini previsti dalla norma).
h) Da parte del C di T registrazione come richiesto dalla norma, del cliente, del giorno di
lavorazione e del lotto di acciaio utilizzato, e del certificato rilasciato dal Laboratorio.
9 – Prelievo e conservazione cubetti in c l s
Le norme non stabiliscano chi deve conservare i cubetti prelevati in cantiere dalla
Direzione Lavori, se la stessa Direzione dei Lavori o l’impresa.
Molte piccole imprese non posseggono le idonee strutture per tale conservazione fino alla
rottura da parte del Laboratorio autorizzato.
La conservazione dei cubetti eseguita in condizioni non conformi alle norme da adito a
numerose contestazioni e questioni legali soprattutto da parte dei fornitori.
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10 - Edifici prefabbricati
Per quanto concerne la normativa relativa agli edifici prefabbricati, essa risulta alquanto
carente da tutti i punti di vista, limitandosi a dire sostanzialmente, di far riferimento alle
strutture gettate in opera, tenendo poco in considerazione che le strutture prefabbricate
sono completamente diverse nell’approccio del calcolo strutturale e nella progettazione
dei collegamenti tra gli elementi che compongono l’edificio.(Occorrerebbe una norma più
specifica per un argomento così vasto, basti pensare che tutte le strutture che non sono
residenziali, ma anche in parte quelle residenziali, (vedi certi edifici ATC) sono realizzate
con strutture prefabbricate).
11 - Considerazioni circa il software per il calcolo strutturale
I documenti che compongono il progetto ed il software per il calcolo strutturale sono
argomenti trattati per la prima volta nella Normativa Tecnica nel Capitolo 10 delle NTC.
Si tratta di una serie di richieste che, pur essendo giustificate, lasciano aperti una serie di
problemi che si elencano di seguito.
A- Relazione di calcolo.(art. 10.1)- La norma indica in modo generico il contenuto di un
progetto, sarebbe utile una linee guida con ulteriori indicazioni, in particolare per quanto
riguarda il contenuto minimo e l’organizzazione dei dati.
B- Interpretazione dei progetti sismici da parte degli Organi di controllo. I diversi organi
ispettivi regionali o provinciali assumono diverse interpretazioni delle normativa con
grande incertezza da parte dei progettisti, dilatazione dei tempi di approvazione e
conseguente aumento dei costi. Per questo si chiede che siano emanate indicazioni
chiare ed univoche per la soluzione di questi problemi.
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C- Validazione del software da parte dei produttori. (Art. 10.2)Tale requisito si può
ottenere attraverso attività di confronto dei risultati ottenuti con i programmi e risultati di
sicura affidabilità. Ad oggi esiste molta incertezza proprio su questi dati di confronto, e per
questo si chiede che venga fatta chiarezza in merito.
D- Indicazioni chiare del contenuto dei software. I diversi programmi che si trovano sul
mercato sono pubblicizzati in modo a volte poco trasparente, lasciando molta incertezza
da parte dei progettisti, sia nel conoscere gli algoritmi implementati e quindi il loro reale
ambito applicativo, sia le modalità operative da parte dei progettisti. Si chiede pertanto che
venga predisposta una linea giuda e possibilmente l’adozione di una scheda unica per il
confronto e la comparazione dei vari programmi.
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