IL SILENZIO DI MARIA
di Mons. Luciano Baronio
A prima vista parrebbe un po’ estraneo alla catechesi il tema che è stato
assegnato a questo nostro incontro - che ha come titolo: “il silenzio di
Maria “, che preferisco cambiare in quest’altro “Il Silenzio nella vita di
Maria”- ma non è così perché si tratta di un argomento che riguarda la
nostra spiritualità. Infatti parlare del silenzio nella vita di Maria vuol dire
parlare anche del silenzio nella vita del credente e perciò di ciascuno di
noi. Significa riflettere quale via percorrere e quali modalità scegliere per
accostarsi a Cristo e vivere pienamente i misteri di salvezza da Lui
compiuti.
CHE COSA E’ IL SILENZIO
Diciamo anzitutto che non è facile definire il silenzio. Lo possiamo
pensare in senso negativo, come assenza di parole; questa però è una
definizione monca perché potrebbe indurre a pensare che il silenzio non
abbia una sua consistenza e un suo valore, sia paragonabile come ad una
assenza o non sia adatto a comunicare, come lo è la parola. In realtà la
può superare in espressività ed efficacia.
In realtà é più facile descriverlo che definirlo: lo possiamo paragonare ad
un clima interiore che crea in dentro di noi unità, tranquillità e pace e,
per chi ha fede, senso della presenza di Dio alla quale ci si abbandona
dolcemente. Il silenzio è una dimensione ineliminabile dalla vita di
ciascuno uomo, ne fa parte. E’ un bene prezioso, e come tale, va
valorizzato per la propria maturazione umana e spirituale. Chi non lo ama,
rischia: come uomo perché perde di interiorità e come cristiano perchè
senza non può raggiungere una comunione profonda con Dio. Ce lo
conferma la Parola di Dio : “Non in commotione Dominus”: ”Il Signore
non parla nel frastuono”, in quello esterno e nel tumulto interiore, cioè
nella eccessiva emotività che talvolta accompagna le nostre giornate e gli
avvenimenti della vita che ci toccano da vicino.
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IMPORTANZA SOCIALE DEL SILENZIO
E’ assai importante, prima di parlare del silenzio nella vita di Maria,
pensare quanto oggi il mondo ne sia carente e quanto ne abbia bisogno.
“Il nostro tempo è un tempo defraudato di molte cose – scrive David M.
Turoldo – ad esempio, è un tempo senza silenzio e quindi senza scampo”.
Parole confermate anche da un altro autore che afferma: l’aspetto più
acuto della crisi spirituale del nostro tempo è l’appiattimento delle parole
e addirittura delle domande che escono (o non escono) dal cuore
dell’uomo spesso incapace di pensare e dire cose sensate, perché
mancano il silenzio e la riflessione necessaria. Ed aggiunge, da credente:
neanche nella messa vi è silenzio perché molti sacerdoti pare abbiano
paura che la gente stia in raccoglimento o preghi sottovoce, così che
durante tutta la celebrazione non fanno altro che parlare o suggerire
parole da dire, spesso più umane che divine, con il risultato di una messa
più “chiacchierata” che celebrata, dimenticando che il silenzio è previsto
e prescritto come atto liturgico. Esso consente almeno qualche istante di
raccoglimento onde, immergendosi e immedesimandosi con il mistero, si
possa gustare ciò che si sta celebrando, permettendo inoltre di dare il
giusto rilievo al linguaggio dei segni e dei simboli, proprio della liturgia. A
questo atteggiamento si riferisce il Concilio quando chiede che i fedeli
siano educati ad una “ actuosa participatio” alle celebrazioni liturgiche
(cfr. Sacrosanctum concilium” 19; 30) : cioè ad una partecipazione attiva “
interna ed esterna” animata da una fede viva e resa possibile da un
silenzio condiviso, lo stesso che S. Bernardo insegnava ai suoi: “Iuge
silentium et perpetua quies cogit coelestia meditari” ( Epistola 78,4) : solo
un silenzio profondo ed un raccoglimento continuato conducono a
contemplare i divini misteri”. In modo degno.
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Ora è utile, sia pure brevemente, considerare il silenzio nelle sue diverse
dimensioni. Con qualche annotazione:
- Anzitutto: sottolineare il valore del silenzio non significa svalutare la
parola. Infatti, sta scritto che “in principio” sta la Parola, cioè il Verbo. La
parola però nasce dal silenzio. Così è in Dio – come felicemente afferma S.
Ignazio di Antiochia: “c’è un solo Dio che si è manifestato per mezzo di
Gesù Cristo suo Figlio, che è il suo Verbo uscito dal silenzio”, (lettera ai
cristiani di Magnesia VIII, 1) e così deve essere nell’uomo.
- Se non vi è il silenzio la parola stessa facilmente si riduce ad un “flatus
vocis”, cioè ad un suono vuoto che si disperde nell’aria. Allora la parola si
vanifica e, in certo modo, è umiliata, perché ridotta ad una cosa che non
ha valore. Diventa inutile o peggio si fa ambigua. E lo è davvero quando
non è secondo “verità”, quando cioè viene piegata, per superficialità o
intenzionalmente, a dire altro da sè. Nella vita degli uomini di oggi
possiamo constatare che spesso le parole sono usate male: anzitutto si
sprecano perché se ne dicono troppe; talvolta non sono sincere perchè
ispirate a furbizia, dette per ingannare o quantomeno per nascondere ciò
che si pensa. Questo può avvenire sia nei rapporti interpersonali che in
quelli sociali. Ciò crea fraintendimenti a catena, sempre dannosi e rende,
come possiamo ben vedere, più complicate e difficili le relazioni e più
ingarbugliati i problemi. Ciò avviene soprattutto quando le parole escono
incontrollate, pronunciate con leggerezza senza riflettere al peso e alle
conseguenze che ne possono derivare, per cui ad una dichiarazione
segue, puntualmente, una smentita. Pensiamo, ad esempio, al linguaggio
di molti politici o dei mass-media dove alla fine di un discorso non si è
capito né l’intenzione di chi ha parlato né ciò che voleva dire. Quando poi
la parola é “falsa“ l’uomo perde la sincerità interiore, tradendo anzitutto
se stesso: si inganna e inganna. Allora “nessuna parola può sperare altro
che la propria sconfitta”, come affermava Gregorio Palamas, monaco del
Monte Athos (sec. XIV) nella sua opera “Difesa dei santi esicasti”, cioè di
coloro che mediante la preghiera cercavano la pace interiore (ἡσυχία
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,“esichia”,
che significa calma e tranquillità) per raggiungere la quale si
dedicavano totalmente alla vita spirituale.
Per tutti è quanto mai opportuna l’invocazione del salmo: “Poni, Signore,
una custodia alla mia bocca e sorveglia la porta delle mie labbra” (Salmo
140).
- Il silenzio è in stretto rapporto con la parola nel senso che la prepara e
la genera. In certo modo è l’humus dal quale scaturisce la parola e se
l’humus è fecondo la Parola ha sapore e dà sapore. Per questo è
importante coltivarlo nelle sue diverse espressioni.
- A misura della intensità del silenzio, la parola non ha bisogno di
moltiplicarsi. Guardiamo al Vangelo: contiene solo le parole necessarie,
tanto che S. Bernardo lo definisce “Verbum abbreviatum” – La Parola
breve – ( Omelia della vigilia di Natale, I,1). Essendo esse parola di Dio,
quelle scritte sono così dense di verità da essere inesauribili nella loro
ricchezza. Sono parole pensate e pesate quelle che sgorgano dal mistero
e dalla bocca di Dio. Questo spiega il desiderio mai completamente
appagato di conoscere ciò che esse contengono e ciò che, oltre la lettera,
evocano di più grande e di più misterioso.
- Non tutti i silenzi sono uguali: vi è il silenzio della disperazione e il
silenzio della contemplazione; vi è il silenzio della incomunicabilità come
quando due persone si guardano ma in realtà non si parlano; vi è il
silenzio dell’ inesprimibilità quando i sentimenti sono così intensi che la
parola non riesce a dirli. Infatti, in certi momenti, solo attraverso il
silenzio il cuore può esprimersi pienamente.
- Il silenzio nel rapporto interpersonale, diventa un modo straordinario di
comunicazione. C’è un autore – esattamente Camus - che afferma: ”Il
silenzio costituisce la vera conversazione tra le persone che si vogliono
bene”. Perché quel che conta non è quel che si dice ma quello che non
occorre dire. Dunque è il silenzio che dà intensità a tutto: alle azioni e
alle parole. Al contrario se non c’è silenzio non c’è credito né per le une
né per le altre. Dunque il silenzio è una cosa grande che Dio ci ha dato,
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come ci ha dato la parola: esso esprime il fascino e l’incantesimo più
suggestivo che possa esserci nella nostra vita. Di vero incantesimo si
tratta! Lo stesso che sta all’origine della esperienza monastica di tutti i
tempi e che ci accompagna, per esempio, quando siamo immersi nella
contemplazione della natura. Peraltro spiega il successo, anche di due
opere cinematografiche, distanti tra loro nel tempo e diverse per il
contesto sociale e spirituale, in cui sono nate, ma ambedue difficili da
dimenticare: “L’arpa birmana”di Kon Ichikawa (1956) e il recente “il
grande silenzio” del regista Philip Groning (2006).
- Pensiamo che cosa significa questo dal punto di vista educativo che
esige un uso sapiente della parola. Invece corrono spesso parole inutili,
sprecate, o parole sbagliate che possono essere pronunciate in famiglia,
nella scuola, nei mass-media. Quando le parole non escono dalla
riflessione e dallo studio o dalla esperienza personale, sono incapaci di
offrire qualcosa agli altri che serva loro da orientamento per la vita.
- Il malessere individuale e sociale di cui è afflitta la nostra generazione si
spiega con il fatto che siamo troppo estroversi – proiettati fuori di noi
stessi - così che il nostro cuore è diventato affaticato e agitato e la nostra
mente si é fatta svagata e dispersa: siamo degli spaesati in patria e
smarriti. Pascal riflettendo su questo fenomeno scriveva: ”Quando mi
sono messo a considerare le varie agitazioni degli uomini, i pericoli e le
pene cui si espongono e donde nascono tante liti, passioni, imprese
audaci e spesso sconsiderate, ecc., ho scoperto che tutta l’infelicità degli
uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli, in
una camera.” (Pensieri, 354)
Kierkegaard, danese, cristiano protestante, profondamente credente,
pensatore di prima grandezza e famoso per i suoi scritti diceva: “Se fossi
medico e qualcuno mi chiedesse: “che cosa devo fare nella mia vita?”
Risponderei: “Il primo rimedio, la condizione indispensabile per poter fare
qualcosa è: “procurati il silenzio, introduciti nel silenzio, introducilo in
casa tua, perché non si riesce più a sentire la Parola di Dio se non sei
immerso nel silenzio e se essa viene annunciata con mezzi rumorosi,
gridandola anche a squarciagola per coprire il fracasso umano: non sarà
più Parola di Dio. Procurati invece il silenzio e promuovilo nella vita degli
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altri”. E aggiungeva: ”Come frutto del silenzio gustato interiormente,
nasce uno stato di abbandono, uno stato fiduciale nel quale l’uomo si è
già inteso con Dio ancora prima di parlare”. Allora la Parola di Dio trova il
terreno adatto per essere feconda anche nella vita più devastata.
- Il silenzio è terapeutico: ha un enorme potere, infatti guarisce le ferite
del cuore, mentre di rumore ci si può ammalare e morire. Lacordaire
grande predicatore a Notre Dame de Paris, che ha convertito molti
mediante la Parola, diceva: “Il silenzio è, dopo la Parola, la seconda
potenza del mondo”. Ne deriva che il mondo è debole nella misura in cui
non è più capace di tacere anche di fronte alle meraviglie del creato, alle
scoperte della scienza, e alle tragedie della vita. Occorre perciò
ristrutturare la propria personalità mediante il silenzio che porta alla luce
le emozioni più profonde dell’animo e le motivazioni più vere per
rigustarle, per possederle pienamente e poi, così rifatti, aprirsi alla vita
degli altri ed essere a nostra volta in grado di capire e di amare.
- Il silenzio è risveglio: ridesta dalla vita assopita, fa maturare le grandi
decisioni interiori e prepara a compiere grandi cose soprattutto quelle di
carattere spirituale che sono frutto di una meditazione prolungata. E’
eloquente l’esempio di S. Benedetto Abate, Padre del monachesimo
occidentale: nel silenzio dello Speco dove visse anni di solitudine fece la
grande esperienza di Dio che lo segnò per tutta la vita. Questa esperienza
sta alle origini delle sue geniali intuizioni umane e spirituali che hanno
segnato la storia. Egli da eremita si fece cenobita, passando dalla
solitudine alla comunità e divenendo in questo modo padre di
generazioni di monaci. Ha proposto un modello di comunità fondata sui
due cardini dell’”ora et labora”. Una comunità che doveva vivere nel
clima di un silenzio operoso, non isolata o chiusa in sé, ma calata “in
situazione” cioè profondamente inserita nel territorio e tra la gente. La
presenza e la vita dei suoi monasteri ebbero una
importanza
fondamentale per tutto l’Occidente.
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IL SILENZIO DI MARIA
Il silenzio e la contemplazione di Maria é per ciascuno di noi il
modello cui guardare.
Il silenzio nella vita di Maria è un silenzio che ha attraversato e avvolto la
sua esistenza nelle diverse vocazioni che essa ha vissuto. E’ stato, come
risulta dal Vangelo, la modalità prevalente attraverso la quale ha
adempiuto la sua missione, il rapporto con se stessa, il suo rapporto con
Dio, il rapporto con i fratelli, e con il mondo, essendo essa consapevole,
come ha cantato nel “Magnificat” che Dio l’aveva chiamata ad una
missione universale unica. Avendo essa grande stima della vita ricevuta
da Dio, dei doni che Dio le aveva elargito, intendeva impegnare la sua
esistenza donandola a Dio senza riserve. Questo noi lo possiamo
ricavare soprattutto “dai Vangeli dell’infanzia” che sollevano il velo sul
silenzio nel quale erano custoditi i suoi pensieri.
I - COME DONNA
Maria aveva una personalità forte e completa: lo desumiamo dal
comportamento e dalle parole che ha pronunciato, raccolte dal Vangelo.
Essa, anzitutto come donna, ha amato il silenzio.
Questa dimensione è stata da lei vissuta come frutto dell’ educazione
ricevuta nella cultura ebraica dell’ ”Ascolta Israele!”. In quella cultura il
giovane veniva educato ad apprezzare la dimensione dell’ascolto e del
silenzio; un silenzio che si trasformava man mano nella sua dimensione
più forte, nel suo frutto più maturo , il raccoglimento.
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Possiamo legittimamente pensare che non sarebbe stata in grado di
dialogare improvvisamente con Dio che le mandò l’arcangelo Gabriele se
non avesse avuto la consapevolezza che le veniva dalla Fede, che Dio l’
amava e che Lui l’aveva scelta.. Era, il suo, non un silenzio chiuso in sé che
isola ma un silenzio capace di dialogo umano, tanto che era fidanzata;
così che si presenta a noi come una donna che amava il rapporto con gli
altri, e lo cercava, compreso il rapporto, quello più naturale e più alto che
è il rapporto che nasce dall’amore. Ed è nella condizione di questa
relazionalità che la coglie l’angelo quando entra da lei. Infatti il Vangelo di
Luca racconta: “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della
Galilea chiamata Nazareth, ad una vergine promessa sposa ad un uomo
della casa di Davide chiamato Giuseppe” (Luca, 1,26-27). E perciò andò da
una donna che aveva già la vita orientata! Viene spontaneo alludere al
“Gratia perficit naturam” di S. Tommaso.
A questa donna Dio domandava il consenso al grande piano
dell’incarnazione del Figlio. La chiamata di Dio scende così su una persona
che ama, aperta e preparata ad accoglierla.
- E’ la sensibilità tipicamente femminile che la rende, in modo singolare,
disponibile al messaggio di Dio e poi alle necessità degli uomini: due
dimensioni inseparabili. Ne fa fede l’episodio del miracolo di Cana
quando, prevedendo prima degli altri commensali che gli sposi si
sarebbero trovati fortemente a disagio per la mancanza di vino,
interviene come donna, sollecitando l’intervento del Figlio che per lei
anticipa la sua ora e compie lì il primo miracolo. E’ proprio a questa
prerogativa femminile che fa esplicito riferimento il Signore quando la
chiama donna dicendole : “Che c’è tra me e te, o donna?” (Giov. 2, 4).
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2 – COME DISCEPOLA
Maria ha praticato il raccoglimento interiore come discepola del Signore.
Qui il silenzio e l’ascolto assumono un aspetto religioso in senso preciso.
Maria aveva imparato dalla lettura quotidiana della Bibbia che sono beati
coloro che ascoltano la Parola; sapeva che Dio parla perché l’uomo lo
ascolti; ella sapeva anche che Dio talvolta tace, ed il silenzio di Dio, che è
sempre misterioso per l’uomo, va accolto con spirito di fede e con
sentimento di adorazione.
Maria si è fatta discepola del Vangelo e di Cristo, dopo essere stata
discepola di Jahvè e, naturalmente, questo atteggiamento del guardare a
Dio come la “serva” che attende dal Signore tutto ciò di cui ha bisogno, come recita il salmo 123: “A te elevo i miei occhi, a te che sei cieli, come
gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni; come gli occhi della serva
alla mano della sua padrona”- l’ha resa modello per noi.
Infatti, Cristo che cosa disse quando una della folla ne proclama beata la
madre? “Più beato è colui che ascolta la Parola di Dio e la custodisce nel
cuore”. S. Agostino dice che Gesù, rispondendo alla esclamazione di
quella donna, non ha sviato il discorso da sua madre ma lo ha riportato
anzitutto a Lei, rafforzandolo proprio quando afferma che la beatitudine
più grande della madre stava nel fatto che ascoltava con fedeltà la
Parola di Dio. E’ ancora Agostino che aggiunge: “Maria é più grande,
come discepola prima ancora che come madre”.
E’ dunque questo ascolto che consente a Maria di nutrirsi ampiamente
della Parola di Dio. Mettersi in ascolto, per Lei, è qualcosa di più che
essere semplicemente nell’atteggiamento passivo di chi riceve, perché é
elevata ad una comprensione profonda di ciò che ascolta, in virtù di
“quella potenza obbedienziale”, dataci da Dio, della quale parla S.
Tommaso d’Aquino che rende l’uomo “capax Dei”, capace addirittura di
Dio.
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Quando il Signore agisce con la sua grazia l’uomo già creato a sua
immagine e aperto alle meraviglie di Dio, é capace di accogliere i suoi,
doni anzi Lui stesso, mentre lo Spirito santo lo trasforma il suo mondo
interiore. Noi fatti condiscepoli con lei dello stesso Signore, da lei, nostra
sorella e madre, dobbiamo imparare.
3-
COME VERGINE
Maria aveva scelto lo stato della verginità. Maria è stata vergine ed è
rimasta vergine anche dopo il parto. Il Signore, avendo conosciuto il
proposito, che era nato nel suo cuore, di una consacrazione totale ed
essendo umanamente impossibile coniugare la verginità con la maternità,
le rivelò nell’annunciazione dell’angelo, lui che l’aveva preparata e scelta,
come questo sarebbe stato possibile per opera dello Spirito Santo. S.
Agostino afferma: “Proprio perché vergine, Maria poté diventare anche
madre di Dio”. Lo stato della verginità conservava in lei, destinata alla
maternità divina, non solo l’integrità fisica, ma quella di tutta la sua
persona che, essa, per ispirazione interiore, aveva già offerto a Dio,
ancora prima di conoscere che sarebbe diventata madre.
La vergine quando le appare l’Angelo, è certamente in atteggiamento di
silenzio e di preghiera. La vergine – dice l’apostolo Paolo - di che si
preoccupa? Di piacere a Dio (cfr 1 Cor 32-35); non ha e non vuole avere
distrazioni di altro genere. La vergine si preoccupa di piacere a Dio, di
capire e di adempiere la sua volontà e perciò dona il suo tempo alla
preghiera, alla adorazione e alla contemplazione.
Il silenzio di Maria non è qualcosa di esterno alla sua vita: nasce dentro di
lei e avvolge di sé tutte “le sue vocazioni” : di donna, di discepola, di
vergine. La “vergine del silenzio”, come è invocata e contemplata dalla
chiesa d’oriente, ha maturato in esso la sua vocazione alla verginità.
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Come è, nel silenzio e nella meditazione, che matura la vocazione di
ciascuno dei cristiani che intendono consacrarsi completamente a Dio nel
ministero, o nella vita religiosa, o nel matrimonio. Infatti è nella
riflessione interiore che matura la scelta della strada da seguire nella vita,
compresa quella del matrimonio, dove spesso manca.
Recentemente un giovane mi diceva: “Fra poco mi sposo”. Allora gli ho
chiesto se era contento e lui mi ha risposto: “Ci ho pensato molto ed ho
anche sofferto per la decisione che dovevo prendere. Adesso sono nella
gioia e sento che il Signore mi chiama per questa strada”. “E la tua
fidanzata?” “Anch’essa. Ora si è abituata anche a certi miei silenzi che, da
principio, non gradiva. Siamo in sintonia e camminiamo insieme verso la
meta con una intesa che si nutre più di “comprensione” di ciò che passa
nell’altro, che di parole”.
Quando la consacrazione di sé, in qualsiasi delle vocazioni cristiane,
comincia a scricchiolare, è segno che bisogna ritornare alla sorgente
interiore del proprio cuore e al silenzio. La chiacchiera e il disturbo della
mente, possono vanificare le scelte compiute e diventare mortali. C’è
bisogno, di rientrare idealmente in quel luogo e in quell’ “ habitat”
originario dove ha avuto inizio la nostra vita, quando siamo stati formati
nel silenzio del grembo materno.
E, anche venuti alla luce, prima di parlare c’è ne voluto!!! Ciò significa che
Dio ci ha fatti anzitutto per il silenzio, ma contemporaneamente capaci di
comunicare con gli altri, prima che con le parole, con gli occhi e con i gesti
fin dai primi giorni di vita.
4 – COME SPOSA
Maria è stata sposa ed anche come sposa ha vissuto la dimensione del
silenzio. Ciò appare dalla Parola di Dio, addirittura in modo più
sorprendente come sposa che come vergine o come donna. Basta leggere
la pagina evangelica detta “del dubbio di Giuseppe” suo sposo,” Quando
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Giuseppe - felicemente definito “ Il silenzio all’ombra della Parola” - si
accorse che Maria attendeva un figlio (non sapeva allora che fosse per
opera dello Spirito Santo) non avendo avuto spiegazioni da Lei, non forzò
il suo silenzio e decise, essendo giusto, di non ripudiarla pubblicamente
ma di rimandarla in segreto.
Allora intervenne Dio. Infatti gli apparve in sogno un Angelo che gli
disse:”Giuseppe non temere di prendere con te Maria, tua sposa perché
quel che è nato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e lo
chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”( Mat. 1,
20-21). Maria non aveva parlato. In una situazione di questo genere
come avrebbe potuto farlo? Come avrebbe spiegato il fatto pur potendo
contare sulla stima e sull’affetto di Giuseppe e sulla conoscenza che egli
aveva di Lei? Lasciò che fosse Dio a toglierla dall’imbarazzo, memore della
parola del profeta : “E’ bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (
Lam 3, 26). Certamente Maria avrà pregato, infatti si rendeva conto fino
in fondo dei rischi umani della sua situazione e di quella di Giuseppe in
riferimento al loro onore difronte alla gente. In questo caso sono stati due
i silenzi che si sono parlati. Il Vangelo non dice che Giuseppe sia andato da
Maria a lamentarsi del suo silenzio. Aggiunge semplicemente che “la
prese con sé nella sua casa” ( Mt.1,24). Ecco ciò che il silenzio riesce a
operare!
A Maria come sposa e come madre non è mancata l’esperienza del
dolore come quando, insieme a Giuseppe, smarrì Gesù a Gerusalemme. E’
il Vangelo che attesta come Maria, ritrovatolo dopo tre giorni di
affannosa ricerca, gli disse: “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo” (Lc.
2.48). Parlava non solo come madre ma come sposa. E ambedue di fronte
alla risposta del figlio: “Non sapevate che debbo occuparmi delle cose del
Padre mio,” (Ibid. Lc, 2,49) condivisero anche lo stato d’animo rivelatoci
dall’affermazione evangelica: “Non compresero ciò che egli aveva detto
loro” ( Lc. 2,50). Una condivisione bellissima che qualcosa di affascinante.
Valesse, anche oggi, nella vita delle coppie!
Riporto, in merito la testimonianza di uno sposo che era anche psicologo:
“le difficoltà incontrate nella vita sono stati per me e per mia moglie il
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mezzo che ci ha permesso di conoscerci vicendevolmente in modo più
profondo e di gustare maggiormente il senso della nostra vita”.
Oggi vi sono coppie che parlano senza tregua credendo così di aumentare
la conoscenza reciproca, ma non fanno che illudersi. Dire tutto senza
alcuna riserva, svuota la propria identità personale; svelare agli altri ciò
che c’è di più intimo nel proprio cuore, che andrebbe gelosamente
custodito - “ secretum meum mihi!” – lo banalizza. Al contrario é il
raccoglimento che custodisce i propri pensieri e che guarda all’altro con lo
stesso rispetto, a creare quella intesa e quella sintonia non raggiungibile
diversamente.
Quando tace la parola, si fa spazio ad altri linguaggi, compreso quello del
silenzio che dà forza ai fatti quotidiani e rilievo ai sentimenti. E’ assai
significativo, in merito, ciò che disse Paolo VI quando, nel suo famoso
viaggio in Terrasanta, avvenuto a Concilio aperto, visitò la casa di
Nazareth: “Questo luogo ci insegna anzitutto il silenzio. Se rinascesse in
noi la stima del silenzio, atmosfera ammirevole ed indispensabile dello
Spirito mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose
nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Silenzio di Nazareth,
insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore,
pronti a ben sentire le segrete ispirazioni che Dio ci manda e le
esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importante siano i lavori di
preparazione alla vita, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la
preghiera che Dio vede nel silenzio.” (Discorso tenuto a Nazareth il
5.1.1964)
5 - COME MADRE
Per ultimo: il silenzio di Maria come madre. Maria è l’unica donna che ha
potuto vivere vocazioni diverse. Anche come madre, Maria ha vissuto il
silenzio. Dice l’evangelista Luca che nella grotta di Betlemme prese tra le
sue braccia il bambino appena nato e lo pose nella mangiatoia. Di lei, in
questo momento singolarissimo e così grande, non è riferita alcuna
parola. E’ immersa nel silenzio più profondo, quello già annunciato dal
libro della Sapienza:” Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose
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e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola dal tuo trono regale
scese sulla terra” (Sap. 18, 14)
Questo suo atteggiamento si è ripetuto alla visita dei Magi. Nel Mistero
del Natale il suo silenzio è diventato adorazione, una adorazione
ammirabile. E’ l’Evangelista Luca che annota: “Maria da parte sua serbava
tutte queste cose, meditandole nel suo cuore “(Lc 2,19).
Maria, già in attesa del figlio, era stata ad incontrare la cugina Elisabetta.
Qui il silenzio di Maria esplode nel canto del “Magnificat” e si traduce in
opere di carità e di servizio che lo si incarnano. L’evangelista Giovanni
scriverà: “fratelli non amiamo a parole nè con la lingua ma con i fatti e
nella verità” (1Gv. 3,18)”. E l’apostolo Giacomo incalza: “se incontrate un
fratello e una sorella malvestiti e privi del cibo quotidiano, e qualcuno di
voi dicesse loro: andate in pace, scaldatevi e saziatevi”, e non desse loro
ciò che è necessario per il corpo, che cosa gioverebbe? Così anche la fede,
se non ha le opere è del tutto morta” (Gc. 2,15–17). Se non vi è
attenzione verso il prossimo e non si è disposti a servire significa che nella
nostra vita non c’è l’atteggiamento di Maria che l’ha condotta, dopo
l’annuncio dell’Angelo a uscire di casa “in fretta” per recarsi
immediatamente dalla cugina Elisabetta.
Sempre come madre nel momento più drammatico ai piedi della Croce –
come testimonia l’evangelista Giovanni – ella “stava”, (Gv 19,25) per
condividere con il figlio l’ora suprema della passione e della morte. Anche
qui Maria non ha parlato; ha parlato Cristo affidandola a Giovanni. Lei non
ha parlato ma quello “stava” presso la croce, è più eloquente di ogni
parola, è un capolavoro: definisce l’atteggiamento di Maria nel modo più
alto e più completo. Era là! condivideva il dolore del figlio e, in certo
modo, moriva con Lui. Ha condiviso tutta la Passione del Figlio compreso
l’abbandono che egli ha sentito da parte del Padre quando ha esclamato
a gran voce : “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” (Mc 15,34).
Maria, ai piedi della Croce ha voluto assaporare fino in fondo lo stesso
calice della Passione del Figlio. Il silenzio di Dio di fronte a quel calice che
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Cristo doveva bere, di fronte alla Passione e alla Morte è stato una prova
durissima anche per la fede di Maria.
Maria che non era presente nei momenti della Gloria, lo fu invece in
quelli della Croce. Già l’incontro di Gesù con la Madre lungo la salita al
calvario non era stato un incontro di parole ma di sguardi e di cuori. Tanto
che la pietà popolare e l’arte, profondamente colpiti, lo hanno riproposto
in mille modi. Soprattutto accanto a Cristo sul Calvario Maria si mostra
discepola, compagna, e Madre.
6 – Conclusione
Maria dunque è stata modello di silenzio nelle diverse circostanze della
sua vita. Qualunque sia la nostra vocazione, o la stagione della vita che
stiamo vivendo, guardiamo a Lei.
Essa ci ha preceduto nel cammino della fede, della speranza e nella carità
facendosi modello della Chiesa. Essa è fonte di ispirazione per la nostra
vita personale ma anche per quella ecclesiale nella quale rare volte il
silenzio ha lo spazio che gli spetta. Infatti nelle nostre parrocchie si
celebrano liturgie nelle quali, generalmente, il silenzio non ha il rilievo
che dovrebbe, necessario per creare l’’atmosfera adatta all’ascolto
comunitario della parola di Dio. Le nostre comunità, poiché ascoltano
frettolosamente Dio, non sono in grado di ascoltare gli uomini,
soprattutto i poveri, se non frettolosamente. Anche a questo proposito ci
riguarda da vicino l’avvertimento del Vangelo:” “Fate attenzione a come
ascoltate!” ( Lc. 8, 18). In questa chiave va ripensata la vita delle nostre
comunità ed anche quella dei gruppi.
Solo il silenzio, il raccoglimento e l’ascolto possono mettere in sintonia
con il mondo vicino e con quello lontano. L’uomo di oggi, proprio perché
è disperato e dissociato da se stesso, ha bisogno di incontrare persone e
comunità che siano “luoghi” capaci di ascolto e di attenzione.
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Acutamente un parroco ha osservato :”Le nostre parrocchie si possono
paragonare ad un corpo con una grande bocca e con orecchie
piccolissime, perché parlano continuamente, ma ascoltano poco”.
Se non siamo contenti di noi stessi significa che ci è domandato di
ripercorrere la faticosa strada del silenzio e della interiorità come Maria.
Se facessimo più silenzio quanta maggiore comunicazione daremmo e ne
riceveremmo! Solo a questa condizione i cristiani sapranno pronunciare
parole nuove per la società; “Solo se usciranno dal silenzio e dalla
penitenza, non dal trionfo, non dalle parole mondane”. (Cfr. G. Zizola in “
I cattolici nel mondo moderno”). Ma soprattutto il silenzio rende possibile
una profonda comunione con il Signore fino a giungere all’esperienza
della vita contemplativa, alimentata dalla preghiera, che è accessibile
anche alle anime più semplici come a quel contadino che rispose al santo
Curato d’Ars che lo interrogava sui lunghi tempi della sua preghiera
silenziosa: “ Io guardo Lui e lui guarda me!” espressione stupenda, tanto
più sorprendente quanto inattesa. E’ proprio vero che é là “dove spira il
silenzio - come affermava Paolo VI° - che la preghiera parla”.
In effetti “l’anima del battezzato può riposare in un mistico silenzio, nella
tranquillità e nella pace e godere di ogni delizia spirituale e della perfetta
armonia. Ricevere doni speciali d’intelligenza… E così la grazia lo istruisce
su cose che né si possono spiegare con la lingua né esprimere a parole”
(Dalle omelie di un autore spirituale del IV sec.).
Dio ci ha messo davanti, a nostro ammaestramento e per la nostra
salvezza, il silenzio di Cristo che per trent’anni ha vissuto a Nazareth nel
nascondimento. E quello di Maria.
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Domandiamo a Maria che ci aiuti a vivere come Lei la dimensione
contemplativa onde rinnovare la nostra vita e finalmente convertirci a
Dio. Allora si potrà, in verità, affermare anche per noi il “Silentium tibi
Laus”, il silenzio ti loda!
Ora insieme possiamo invocare Maria con le seguenti invocazioni:
MARIA
Profezia dei tempi messianici
Aurora del mondo nuovo
Madre di Dio
Madre del Messia liberatore
Discepola di Cristo
Madre dei redenti
Madre di tutte le genti
Santa Maria della Speranza
Vergine del silenzio
Vergine dell’ascolto
Vergine dell’accoglienza
Vergine del canto
Serva del Signore
Serva della Parola
Serva della redenzione
Serva del Regno
Testimone del Vangelo
Sorella degli uomini
Inizio e Madre della Chiesa
Modello e immagine della Chiesa
Voce di comunione
Voce di Pace
Voce di libertà
Segno del volto materno di Dio
Segno della vigilanza del Padre
Segno della fecondità dello Spirito
Maria prega per noi! Amen
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Infine, insieme con Maria, ci rivolgiamo allo Spirito santo che l’ha resa
madre, l’ha guidata a comprendere la Parola di Dio e la vita del Figlio e
l’ha accompagnata a sostenere, con il suo silenzio e con la sua preghiera,
i primi passi della chiesa nascente fino alla Pentecoste dove con gli
apostoli ha ricevuto l’effusione dello Spirito.
Riportiamo una preghiera allo Spirito Santo che riassume i sentimenti e le
aspirazioni espresse nella nostra riflessione.
SPIRITO DI DIO DONACI IL SILENZIO PROFONDO DEL CUORE
Spirito Santo,
Amore
del Padre e del Figlio,
che dai voce
al solenne silenzio
di tutte le cose,
insegnaci
a tacere con saggezza
e a parlare con prudenza,
educaci
alla ricerca appassionata
della Verità.
Spirito Santo,
dacci
prima il silenzio
che adora,
poi l’azione
che all’Amore risponde.
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aprile le nostre labbra
solo quando
la parola
vale più
del silenzio:
per noi è tanto difficile
dire cose giuste,
al momento giusto,
nel modo giusto.
Spirito Santo,
tu illuminasti
il profeta Elia
giunto sul monte Oreb
sfinito
e sfiduciato:
lassù
lui cercò Dio
nel terremoto,
nel fulmine,
nel vento impetuoso
e non lo trovò;
solo nel mormorio leggero
della brezza
scopri
che Dio si cela
in una voce sottile
di silenzio.
Spirito Santo,
tu comandasti
al popolo d’Israele
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di non pronunciare
il nome santo
di Jahvè,
per non profanare
quella pienezza
di verità
e di amore
che è indicibile
agli uomini.
Dona anche a noi
Il silenzio profondo
Che è
Epifania divina
Ed anche
adorazione umana. Amen.
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SOMMARIO
Che cosa è il silenzio
pag 1
Importanza sociale del silenzio
pag 2
Il silenzio di Maria
pag 7
I - Come donna
pag 7
II - Come discepola
pag 9
III - Come Vergine
pag 10
IV - Come Sposa
pag 11
V - Come Madre
pag 13
Conclusione
pag 15
Invocazioni: Preghiere a Maria
pag 17
Preghiera allo Spirito Santo
pag 18
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