Diocesi Piacenza-Bobbio Ufficio Documentazione Casa Provinciale Missionarie di San Carlo Borromeo (Scalabriniane) Celebrazione Eucaristica Ricordo commemorativo dei 50 anni dalla morte di Madre Lucia Gorlin 25° di sacerdozio di Don Gianmarco Guarnieri Parroco parrocchia di San Savino 24 Marzo 2008 Mons. Gianni Ambrosio, Vescovo Diocesi di Piacenza-Bobbio Omelia Nella preghiera di inizio della celebrazione eucaristica, nella Colletta, ci siamo rivolti al Padre con questa supplica: “concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vita il sacramento che hanno ricevuto nella fede”. Cosa abbiamo ricevuto nella fede? Cosa abbiamo celebrato e cosa celebriamo nel Sacramento? Abbiamo ricevuto Dio e celebriamo la bontà di Dio, la sua misericordia, la sua fedeltà. Nel Signore Gesù ci è data la grazia di ‘vedere’ la bontà/misericordia/fedeltà di Dio: in Lui, mandato a noi per la nostra vita, per la nostra salvezza, noi ‘vediamo’ il Padre. Il Figlio e il Padre sono una cosa sola (cfr. Gv 10, 30). Gesù è la vite e noi siamo i tralci (cfr. Gv 15, 1-8). L'allegoria della vite - alcuni non esitano a chiamarla parabola - s'incentra su un triplice rapporto che si sviluppa in maniera concentrica: vignaiolo (il Padre), vite (Gesù), tralci (i discepoli). Il Padre, forza fontale e meta di tutto, è all'inizio (v. 1) e alla fine (v. 8) e il portare frutto del discepolo che rimane in Gesù è "gloria" per il Padre e quindi vera "sequela" di Gesù. Il Signore Gesù ha condiviso totalmente la nostra vita, fino a vivere in piena e totale solidarietà con ciascuno di noi, con l’umanità intera: ha condiviso anche la morte, fino a patire la crocifissione, la condanna ignominiosa dello schiavo. Per questo il Padre non ha abbandonato nell’oscurità del sepolcro il suo Figlio, l’ha riaccolto con sé, ed ora siede alla destra del Padre, vincitore della morte, del male, del peccato. Noi siamo intimamente legati a Lui: siamo battezzati nella sua morte e risurrezione, siamo destinati a condividere il suo stesso destino. Egli è risorto, è nella pienezza della vita, e la nostra vita è incamminata verso la stessa meta. Anche noi siamo chiamati a vivere là dove Lui vive, alla destra del Padre. Anche noi siamo incamminati verso quel mistero di amore, in cui vi è l’incontro o tra il nostro desiderio di vita e di amore e il dono della pienezza di vita e di amore che è il mistero dell’amore di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo. Siamo invitati a vivere questo mistero nella nostra vita, nella nostra storia, in mezzo alle difficoltà dell’esistenza, in mezzo alle tante oscurità della storia. La parola decisiva di questo mistero è questa: vita. Vita per tutti, vita per sempre: questo è il progetto di Dio su di noi, e il progetto di Dio si compie nella storia. Il Signore Gesù è l’esempio di questa promessa che si è compiuta per Lui e che attende di compiersi per noi insieme a Lui. 1 Come vivere nella vita questo mistero? Cominciamo a riconoscere che esso risponde – solo in parte, certo - al desiderio che è presente nel cuore dell’uomo. Quando noi diciamo “buona Pasqua”, intendiamo rivolgere un augurio, un auspicio, ai nostri fratelli, all’umanità intera: un auspicio di pace, di convivenza buona, di buona realizzazione della propria vita. Tutto questo fa parte del desiderio umano e lo auguriamo a noi stessi, ai nostri fratelli, a tutti gli uomini. Ma il dono di Dio è sovrabbondante. Ciò che noi desideriamo secondo il nostro piccolo orizzonte umano, Dio lo realizza in misura impensabile. Noi siamo lì con il palmo della mano per ricevere qualcosa di bello per noi. Ma Dio ci dona tutto, ci dona se stesso, ci dona il mistero del suo amore, il mistero della sua grazia. Noi siamo un piccolo contenitore, del tutto inadeguato, ma Dio ci dona anche la grazia di accogliere in noi la sua grandezza. Questo stupendo incontro tra la grandezza di Dio e la nostra piccolezza noi lo celebriamo nel Sacramento, facendo memoria di Gesù Cristo, morto e risorto. Allora ritorna l’interrogativo: come vivere tutto questo nella nostra vita di ogni giorno, in modo che la nostra vita sia davvero vita pasquale, sempre e comunque, al di là degli ostacoli, al di là delle difficoltà, al di là delle oscurità? Come far sì che ci sia sempre in noi la speranza, sempre la gioia. Ripeto: nonostante tutto e al di là di tutto. Perché la vita cristiana è vita pasquale, sempre e ovunque. Se non fosse così, allora non ci sarebbe Cristo, non ci sarebbe il cristianesimo. Questo è il cuore del cristianesimo e questa è la testimonianza che siamo invitati a dare. Illuminati dalla parola del Signore possiamo rispondere all’interrogativo ‘come vivere il Sacramento nella nostra vita quotidiana’? Come vivere questo mistero di luce, di grazia e di speranza nella vita di ogni giorno? Partiamo dalla prima lettura dell’apostolo Pietro. Come è possibile che questo apostolo, certamente generoso e desideroso di seguire il suo Maestro e Signore - che egli ha riconosciuto come il “Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16) - nel momento della passione del suo Signore abbia avuto paura, l’abbia seguito da lontano. E nel momento in cui gli viene posta la domanda da una donna, da una serva: “Anche tu eri con Gesù, il Galileo, hai fatto parte della sua compagnia, sei di quelli, anche la tua parlata, il tuo dialetto lo dice”, la risposta è triste, spaventosa: “No, non conosco quell’uomo” (cfr. Mt 26, 69-75). Ricordiamo tutto questo mentre qui, nella lettura odierna, «Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta» (At 2, 14), testimoniando che il Signore è risorto davanti al popolo, ai sacerdoti, alle autorità sapendo a cosa andava incontro. Come mai c’è questa forza in Pietro dopo la sua debolezza? Come mai in Pietro c’è questo coraggio dopo la sua paura di fronte alla domanda di una serva? La risposta è semplice anche se misteriosa: perché ha camminato in fretta, fino a correre, per andare a ritrovare il suo. Perché ha capito il senso di quella lavanda dei piedi che il Signore Gesù, il suo Maestro, voleva compiere - e che lui assolutamente rifiutava -. Pietro voleva essere lui a servire il suo Maestro, che amava. Non poteva permettere che il “Cristo, il Figlio del Dio vivente” gli lavasse i piedi, con il gesto tipico dello schiavo: non voleva in alcun modo entrare nella logica di Dio, che è diversa dalla nostra piccola e meschina logica umana. Ma poco per volta, con la grazia dello Spirito, ecco che Pietro accoglie in sé la logica di Dio fino a capire il senso di quel gesto del suo Maestro, il Figlio del Dio vivente, che si fa schiavo, che dona la sua vita sulla croce. Entrare in questa logica significa accogliere la forza dello Spirito in noi, significa partecipare della Pasqua di Gesù, mistero di morte e di risurrezione, mistero di tenebra e di luce. Ecco allora il discorso franco di Pietro, ecco la sua testimonianza sicura. Così è per tutti gli altri Apostoli. Così è per le donne che vanno al sepolcro. L’invito a “non temere” è un invito a uscir fuori dalla logica umana: il timore fa parte della logica umana che appunto ha paura di perdere quelle poche cose che sono a nostra disposizione. Il timore è il frutto dello sguardo piccolo, dell’orizzonte limitato. 2 Se davvero si accoglie la grazia dello Spirito e ci si inserisce nell’orizzonte di Dio e si vie della logica di Dio che si manifesta nel Signore Gesù, allora la paura si allontana dal nostro cuore: abbiamo Lui con noi, abbiamo tutto. Credere nella risurrezione del Signore vuol dire riconoscere il Signore presente in noi e in mezzo a noi. Risuona allora per noi l’invito rivolto alle donne: «Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea» (Mt 28, 10). È un invito a superare la logica umana, a vincere le paure, ad entrare in una prospettiva diversa, quella pasquale, che è la logica dell’amore, del dono, del seguire il Signore Gesù fino ai piedi della croce, per essere partecipi della sua stessa vita, la vita nuova. Sia data anche a noi ci sia data questa grazia, come è stata data a Pietro, agli altri discepoli e alle donne: superare il timore umano, entrare nella logica di Dio, seguire il Signore Gesù nel suo cammino che è il cammino della vita, essere testimoni coraggiosi e seminatori di speranza. Abbiamo quest’oggi la grazia di poter rivolgere il nostro sguardo a una donna che accolto questa grazia e ha testimoniato la sua fede in Gesù morto e risorto, madre Lucia Gorlin. Una donna coraggiosa non solo per i molti viaggi, non solo per aver riformulato il progetto della vostra congregazione, ma anche – e soprattutto - per la grande testimonianza della sua fede pasquale. Preghiamo per Lei, affidandola alla misericordia del Signore. Naturalmente preghiamo anche perché quel cammino verso il riconoscimento ufficiale della sua vita buona, della sua grande fede, in una parola della sua santità, possa procedere velocemente. Ma invochiamo anche la sua protezione su di noi: ci rivolgiamo con fiducia a Lei perché sappiamo che è là nel posto preparato per Lei dal Signore, così come è preparato per tutti noi. Preghi per noi perché la gioia e il coraggio della Pasqua siano anche in noi e così possiamo esprimere nella vita di ogni giorno il Sacramento che abbiamo celebrato e ricevuto nella fede. Così sia. † Mons. Gianni Ambrosio, Vescovo Piacenza-Bobbio 3