Il concetto di famiglia all`interno delle Nazioni Unite e dell`Unione

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Il concetto di famiglia all’interno delle Nazioni Unite e
dell’Unione Europea
Conversazione di S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, c.s., Osservatore Permanente della Santa Sede presso
le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, nell'ambito del Convegno su “Famiglia e
bene comune”
Bassano del Grappa, 9 ottobre 2009
Il ruolo primordiale della famiglia è riconosciuto in tutte le civiltà e la storia documenta
l’universalità di questa istituzione sociale sia nella sua funzione biologica che in quella di cellula
fondamentale della società dove le persone cominciano il loro cammino di ‘umanizzazione’. Una
formalizzazione del ruolo della famiglia ha impegnato in varie maniere il diritto e con la crescita
dell’interdipendenza dei Paesi e la globalizzazione, la comunità internazionale si è impegnata a
sviluppare delle linee specifiche di protezione dell’istituto familiare. La presentazione sommaria che
segue parte dalle prime prese di posizione degli organismi legati alle Nazioni Unite, indica
l’evoluzione in atto sotto l’impatto di cambi culturali, analizza il caso regionale dell’Unione Europea
per conludere con l’esigenza di riavvicinare l’ordinamento giuridico alla realtà sociale dove la famiglia
è insostituibile se davvero si vuole promuovere il bene comune.
I - Il periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale
I primi documenti come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR)1 del 1948 e la
successive convenzioni, il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR)2 e il Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR)3, che formano la Carta dei Diritti,
hanno dato grande risalto alla famiglia e la consideravano come la comunità, la cellula di base nella
società. Basti pensare che l’articolo 16 del UDHR sancisce:
“La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta
dalla società e dallo Stato.”4
Le Convenzioni aggiungono altri elementi caratterizzanti quali il riconoscimento legale del diritto
dell’uomo e della donna di fondare una famiglia e l’età dalla quale farlo diventa possibile. L’ICCPR
sancisce inoltre l’inefficacia del matrimonio senza un pieno e libero consenso di entrambi gli sposi.
All’interno della ICESCR viene evidenziato che “una protezione speciale deve essere accordata alle
madri per un periodo di tempo ragionevole prima e dopo il parto.” Ed inoltre dice: “Speciali misure di
protezione e di assistenza devono essere prese in favore di tutti i fanciulli e gli adolescenti senza
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*
2
3
http://www.un.org/en/documents/udhr/index.shtml
http://www2.ohchr.org/english/law/ccpr.htm
http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/a_cescr.htm
4
Quanto sancito dall’articolo 16 del UDHR si ripete nell’articolo 23 ICCPR e debolmente riferito nel
ICESCR che dice “La protezione e l’assistenza più ampia possibile devono essere accordate alla famiglia, che è
il nucleo naturale e fondamentale della società, in particolare per la sua costituzione e fin quando essa abbia la
responsabilità del mantenimento e dell’educazione di figli a suo carico”.
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discriminazione alcuna per ragione di filiazione o per altre ragioni. I fanciulli e gli adolescenti devono
essere protetti contro lo sfruttamento economico e sociale.”
Quanto sancito dall’articolo 16 dell’ UDHR si ripete nell’articolo 23 dell’ ICCPR ed è ripreso, in
maniera meno incisiva, nell’ ICESCR che recita: “La protezione e l’assistenza più ampia possibile
devono essere accordate alla famiglia, che è il nucleo naturale e fondamentale della società, in
particolare per la sua costituzione e fin quando essa abbia la responsabilità del mantenimento e
dell’educazione di figli a suo carico”. Questi concetti sono contenuti anche nell’articolo 12 della
Convenzione europea dei diritti umani (ECHR)5 che sancisce: “Uomini e donne, in età matrimoniale,
hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano
l'esercizio di tale diritto.”
Il matrimonio di un uomo ed una donna è la sola relazione che gode di un riconoscimento
speciale. Nell’articolo 16, al paragrafo 1, dell’ UDHR, le nazioni riconoscono che “uomini e donne in
età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza,
cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e
all'atto del suo scioglimento.”
Nessun’altra combinazione di persone ha diritto a contrarre matrimonio e fondare una famiglia.
In nessun’altro documento simile è possibile rintracciare il diritto, per esempio, per delle persone dello
stesso sesso di sposarsi. C’è inoltre un riconoscimento ed un supporto per la famiglia comunità
domestica fondamentale e unità ”naturale”. A tutta questa impostazione sottostà un riconoscimento
implicito della legge naturale.
II- Cambio di costumi e mentalità nel mondo occidentale e reinterpretazione
dell’UDHR.
La definizione di famiglia ha subito nel corso degli ultimi anni continui e forti interventi, sia nel
contesto Europeo che in quello delle Nazioni Unite, volti a destabilizzare la struttura e la funzione
“universalistica” da questa rivestita nel contesto sociale. Quando parliamo di “struttura” ci riferiamo al
mezzo attraverso il quale l’uomo riesce a trovare sé stesso nella duplice dimensione di soggetto che dà
e soggetto che riceve; invece quando si fa riferimento alla funzione “universalistica” si vuol mettere in
relazione, come fece Malinowski nel 1913, l’”universalità” della famiglia con il bisogno universale
della cura dei figli.
Quello che risulta immediatamente evidente ad ogni semplice osservatore che si approccia per la
prima volta all’analisi di questo tema è il sistematico e reiterato attacco ideologico fatto da molte
istituzioni internazionali all’istituto della famiglia, per la destabilizzazione del quale si è usato come
schermo la tutela dei diritti umani.
Il periodo storico è quello del 1968, quello della rivoluzione Woodstock. A partire da questo
momento si sono segnalati una serie di cambiamenti sociali e culturali così radicali dal non aver
antecedenti nella storia dell’uomo. Le nuove interpretazioni hanno intaccato le regole sociali già
accettate e condivise favorendo così la trasformazione di tutti gli aspetti della vita ed in particolar modo
quelli della famiglia naturale: maternità, paternità ed infanzia. Conferenze e convenzioni internazionali
5
http://www.echr.coe.int/NR/rdonlyres/D5CC24A7-DC13-4318-B4575C9014916D7A/0/EnglishAnglais.pdf
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sponsorizzate dal sistema delle Nazioni Unite hanno portato alla promulgazione di regole che hanno
alterato il significato di famiglia naturale in modo significativo.
L’excursus iniziale sulla normativa delle Organizzazioni internazionali si è reso necessario per
delineare il background teorico di partenza. Come abbiamo detto non solo si riconosce la famiglia
come gruppo fondamentale di unità della società, elemento chiave, ma si usa anche il termine
“naturale”. Questo è attualmente l’unico punto in cui fa la sua comparsa, all’interno della Dichiarazione
Universale, la parola naturale; questo particolare si rivela determinante perché rappresenta la
testimonianza concreta di come le Nazioni Unite nei loro primordi si siano fondate sul diritto naturale
per tutelare i diritti umani.
In luogo del riconoscimento fatto da questi documenti alla famiglia e al suo ruolo unico
all’interno della società, alcuni Comitati delle Nazioni Unite formati da gruppi di esperti
indipendenti che danno interpretazioni autorevoli alle Convenzioni, ed alcune agenzie specializzate,
spesso agiscono in un modo che è contrario a queste indicazioni. Trattano la famiglia come se fosse
in contrasto con la comprensione post-moderna dei diritti umani. Seguendo l’ideologia del
secolarismo, che promuove tale ideologia, si fa pressione sui vari paesi del mondo perché cambino la
loro cultura, esperienza e comprensione naturale del matrimonio per includervi le unioni civili di
coppie dello stesso sesso e persone che vivono in relazioni di fatto e in ogni tipo di situazione
domestica semi-permanente. In antecedenza invece il matrimonio di un uomo ed una donna era la
sola relazione che godeva di un riconoscimento speciale.
Il movimento femminista, che ha trovato una sua forte espressione in alcuni Comitati delle
Nazioni Unite, ha contribuito, con le sue ideologie, a minare uno dei fondamenti solidi della società. Il
matrimonio in questo contesto è stato descritto negativamente come una sorta di legittimazione formale
allo sfruttamento dell’uomo sulla donna. Il miracolo della vita è stato ridotto ad un elemento materiale,
ad un mezzo di qualificazione sessuale del genere umano, utilizzato per riaffermare la così detta
“identità sessuale” e il proprio orientamento.
Nella ridefinizione dei generi è emerso un elemento dissonante: l’eliminazione delle restrizioni
sociali ha portato come logica conseguenza alla creazione di un nuovo quadro sociale, dove
l’omosessualità e gli altri stili di vita non convenzionali sono stati riclassificati come normali. Secondo
questo nuovo orientamento emergente da alcuni Comitati delle Nazioni Unite tutti gli aspetti fisici e
sessuali rivolti a sottolineare le differenze biologiche tra uomo e donna devono essere eliminati.
Partendo da tale definizione ci troveremmo, dal punto di vista giuridico, di fronte ad una contradictio in
terminis con la natura e la legge naturale che è a fondamento della stessa Carta delle Nazioni Unite.
Gli sviluppi verificatisi all’interno del sistema delle Nazioni Unite hanno avuto un effetto
determinante nel lento ma continuo processo di indebolimento dell’istituto della famiglia all’interno del
diritto internazionale, sradicandolo dalla posizione cardine che aveva nella società e ampliandolo
facendo rientrare in tale definizione tutti i nuovi modelli di unione. Molti di questi nuovi modelli sono
stati creati con l’intento di far aumentare all’interno del contesto sociale e politico il ruolo della donna,
intento che in sé rappresenta un obiettivo degno di lode ed approvazione, ma che non ha avuto le
conseguenze sperate. Quello che si è verificato, infatti, è stato un aperto contrasto con le nozioni di
famiglia previgenti nel diritto internazionale, nel quale maternità, paternità ed infanzia sono tutti, al
giorno d’oggi, analizzati come problemi economici o culturali che richiedono una soluzione.
I Comitati di monitoraggio delle Nazioni Unite, che hanno come mandato quello di valutare
l’effettiva implementazione dei trattati, utilizzano ogni opportunità utile per modificare o sminuire i
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principi contenuti nella Carta dei diritti influenzando direttamente gli stati membri nel processo di
cambiamento della normativa interna.
A suffragio di tale osservazione possiamo portare l’esempio delle raccomandazioni della
Convenzione sull’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne (Convention on the Elimination
of Discrimination against Women - CEDAW) fatte agli Stati nazionali, quando quest’ultimi, citando
l’articolo 25 par. 2 dell’ UDHR sulla praticabilità di un regime speciale nella protezione e cura dei
bambini e delle donne furono tacciati dal Comitato CEDAW di essere troppo “paternalistici”. Il
Comitato ebbe modo di spiegare che con tali comportamenti si tendeva a scoraggiare le donne dalla
ricerca di un lavoro retribuito. Il Comitato, inoltre, ha riferito all’Irlanda, nel 1999, che “considera che
l’insistenza sull’enfasi sul ruolo delle donne come madri e ‘caregivers’ …costituisce un impedimento
serio alla piena attuazione della Convenzione (CEDAW)”.
Altro esempio utile può essere quello della Convenzione sui diritti del Fanciullo (CRC) che
attraverso la sua interpretazione ed implementazione ha dato luogo ad una serie di problemi. Non ci
sono dubbi sul fatto che la CRC contenga molte previsioni normative lodevoli, ma molti dei diritti in
esso enunciati potrebbero sortire un effetto differente nell’interpretare il ruolo dei familiari. Nella
Convenzione si definisce bambino ogni uomo di età inferiore ai 18 anni che necessita della guida e
delle cure dei genitori; tuttavia in alcune giurisdizioni il diritto alla privacy e alla confidenzialità
all’interno della CRC sono già stati usati per usurpare il ruolo dei genitori su alcuni temi delicati, uno
su tutti l’aborto. Il Comitato sui diritti dei bambini, in un suo commento generale del 2003, sosteneva:
“l’attuazione del diritto alla salute degli adolescenti è dipendente dallo sviluppo di una cura sanitaria
sensibile ai giovani, che rispetta confidenzialità e privacy e include appropriati servizi di salute
sessuale riproduttiva.” Lo stesso documento invia questa raccomandazione agli stati parte: “Il
Comitato urge gli Stati-parte a sviluppare e attuare dei programmi che provvedono accesso a servizi di
salute sessuale riproduttiva, includendo pianificazione familiare, contraccettivi e servizi di aborto
sicuro dove l’aborto non è contro la legge.”6
Le implicazioni degli articoli della UDHR e delle Convenzioni sono ben chiare: una famiglia è
composta da un uomo e una donna che liberamente scelgono di sposarsi e all’interno di questo nuovo
nucleo bisogna inserire i bambini nati durante la durata del matrimonio. Il problema che sorge con tutti
i tentativi moderni di definire la famiglia consta nel fatto che tutti questi sforzi sono rivolti ad attaccare
il cuore della famiglia tradizionale nella sua dizione classica e come viene definita nella Carta dei
diritti.
Nel 1994, l’anno internazionale della famiglia, le Nazioni Unite diedero una definizione di
famiglia dai contenuti più ampi di quelli tradizionali, che la descrivevano come
“Qualsiasi combinazione di due o più persone che sono tenute assieme da legami di mutuo
consenso, nascita e/o adozione o collocazione e che , assieme, assumono responsabilità, inter
alia, per la cura e la manutenzione dei membri del gruppo, l’aggiunta di nuovi membri attraverso
procreazione o adozione, la socializzazione dei bambini, e il controllo sociale dei membri.” 7
6
http://www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf/(symbol)/CRC.GC.2003.4.En?OpenDocument Committee on
the rights of the child General comment no.4: “The Committee urges States parties, to develop and implement
programmes that provide access to sexual and reproductive health services, including family planning,
contraception and safe abortion services where abortion is not against the law.”
7
“Any combination of two or more persons who are bound together by ties of mutual consent,
birth and/or adoption or placement and who, together, assume responsibility for, inter alia, the care and
5
Ma questo non à stato il solo tentativo posto in essere per ampliare il concetto di famiglia. Il
paragrafo 31 della Habitat Agenda8 sancisce che “in sistemi culturali, politici e sociali diversi, esistono
varie forme della famiglia.” Questo paragrafo, anche se ineccepibile nella sua struttura sintattica e
lessicale, a causa del suo contenuto indefinito è facilmente soggetto a delle interpretazioni estensive.
Attraverso proprio questo tipo di interpretazioni letteralmente ogni gruppo in quanto tale si può
arrogare il diritto di chiamarsi famiglia.
Il contesto giuridico che sta emergendo negli ultimi anni è paradossale, perché si sta iniziando a
legiferare non più avendo in considerazione modelli ma cercando di accomodare comportamenti. La
scaturigine di questo cambiamento di mentalità in tutti i contesti descritti, da quello sociale a quello
giuridico, è da ravvisare nell’individualismo imperante nella società contemporanea. Attraverso tale
approccio si è passati da un concetto di persona integrata in un contesto di famiglia “comunità” o di
“chiesa domestica”, a quello di individuo chiuso in sé stesso , nei suoi desideri ed esigenze.
Questo rapido cambiamento di significato all’interno del diritto internazionale ha avuto delle
conseguenze dirette anche nelle esperienze regionali che noi viviamo e, in particolare per questa
presentazione, nell’esperienza europea.
III. - La famiglia e l’Unione Europea
La famiglia, e le problematiche ad essa relative, sono state a lungo disciplinate in maniera
marginale e non sistematica da parte delle istituzioni comunitarie, le quali hanno preferito lasciare alla
competenza degli Stati membri la disciplina di questo istituto, considerato indissolubilmente legato
all'identità nazionale, e pertanto poco suscettibile di armonizzazione a livello europeo.
Lo scopo prioritario delle istituzioni europee era di eliminare gli ostacoli che si frapponevano alle
proprie finalità economiche, con la conseguenza, riverberatasi anche sulla famiglia, che il singolo
individuo veniva considerato in ambito comunitario un "homo economicus", cui non venivano
riconosciute una serie di situazioni giuridiche soggettive, che invece risultavano essere effettive
all'interno dei singoli Stati membri.
Rispetto ai primi passi compiuti dal legislatore comunitario negli anni ‘60, molta strada è stata
compiuta e ancora ve n’è da percorrerne per giungere ad un trattamento uniforme e completamente
coerente dell’istituto “famiglia”.
Gli epocali cambiamenti strutturali che hanno portato alla nascita dell’Unione europea, hanno
inevitabilmente fatto accrescere la “sensibilità” delle istituzioni europee rispetto alla famiglia e alle
politiche ad essa relative. Tuttavia, nonostante la percezione da parte degli organi comunitari
dell’importanza del problema, non si è assistito a svolte storiche: il legislatore europeo ha deciso di
risolvere alcune problematiche relative al diritto di famiglia adottando non atti di forte impatto
mediatico,ma affrontando problemi sostanziali emanando atti di profonda importanza , quali il
Regolamento CE n. 1347/2000 (ora sostituito dal Reg. CE n. 2201/2003) in materia matrimoniale e di
responsabilità dei genitori e la direttiva n. 2003/86, relativa al diritto al ricongiungimento familiare.
L’adozione di tale Regolamento costituisce, secondo l’opinione più diffusa, il primo vero atto
comunitario di diritto di famiglia, e risponde all’esigenza, ormai sentita, di un intervento dell’Unione
Europea in questo ramo del diritto: concetti come quello della cittadinanza europea, dell’uniformità
maintenance of group members, the addition of new members through procreation or adoption, the
socialisation of children, and the social control of members.”
8
http://ww2.unhabitat.org/declarations/ch-2a.htm
6
delle decisioni giurisdizionali e della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione sono
assolutamente incompatibili con un ordinamento in cui vi sono tanti sistemi di diritto di famiglia quanti
sono gli Stati membri, ed è stata quindi inevitabile l’adozione di un provvedimento suscettibile di
garantire un minimo d’armonizzazione nel campo del diritto di famiglia all’interno dell’Unione. Con
tale regolamento si è potuto uniformare il settore del riconoscimento di una sentenza di affidamento
all’interno dell’Unione Europea. Ad esempio se in caso di divorzio il tribunale tedesco concede alla
madre l’affidamento di un figlio e questa in seguito parte per la Grecia, l’affidamento de jure sarà
valido anche in Grecia.
Tali provvedimenti, secondo la maggior parte della dottrina, non solo contribuiscono a rendere
più chiaro e lineare il quadro normativo comunitario in materia di diritto di famiglia ma soprattutto
hanno applicato concretamente l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, firmata
a Nizza nel 2000 e perciò conosciuta anche come carta di Nizza, con il quale si riconosce ad ogni
individuo il diritto al rispetto della propria vita familiare.
L’articolo 9 della Carta esprime due concetti generali di grande importanza: Diritto al
matrimonio e diritto a fondare una famiglia:
“Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi
nazionali che ne disciplinano l'esercizio”
L’articolo, inserito nel capitolo dedicato alle libertà, demanda la definizione di famiglia alle
semplici leggi nazionali svuotando di fatto l’intento stesso della Carta in quest'ambito, in quanto
volutamente non si stabilisce l'identità giuridica della famiglia, fondamentale aggregazione sociale.
Questa ambiguità apre la porta alla forzata convivenza nell'UE di modelli di legislazione familiare
incompatibili fra loro per principi e metodi, aprendo uno spazio giuridico agli avventurismi più
pericolosi e divenendo un pericoloso germe di conflitto fra gli Stati dell'Unione.
Uno dei problemi maggiori con il quale bisogna confrontarsi è la futura interpretazione della
Carta Fondamentale dei Diritti. I precedenti storici in merito non sono positivi. Nel 2004, ad esempio,
la Commissione chiese l’opinione ad un Network di comitati di esperti in merito ad un Concordato tra
Santa Sede e Slovacchia. Questo Concordato avrebbe garantito la libertà di coscienza a tutti i medici
nel decidere, senza incorrere in sanzioni, in settori come aborto, eutanasia, clonazione e procreazione
assistita. La valutazione giuridica fornita destò la meraviglia di tutti perché il Comitato faceva
riferimento nel suo parere ad un presunto diritto di aborto, che obbliga gli stati a garantire l’accesso
all’aborto dove la legge nazionale prevede che questo sia legale. Dove l’accesso all’aborto avrebbe
avuto ostacoli questi dovevano essere rimossi e per questo motivo gli stati non possono inserire
clausole che garantiscano ai medici, senza incorrere in sanzioni, la possibilità di astenersi di praticare
l’aborto.
Il mandato di questo Comitato è terminato nel 2006, ma è stato sotituito dalla Commissione
europea con la FRALEX (Fundamental Rights Agency Legal Experts), agenzia specializzata costituita
da un gruppo di esperti in diritti fondamentali. Questa Agenzia ha un ruolo esclusivo e di controllo
diretto nella fase di preparazione normativa comunitaria nel settore.
Una delle prime azioni della FRALEX è consistita in un attacco diretto al concetto di famiglia
tradizionale basata sul matrimonio; poiché ha fortemente sostenuto i diritti delle coppie omosessuali. Se
la prima azione posta in essere è stata questa sarà lecito aspettarsi la nefasta decisione di dare agli Stati
Membri dell’Unione l’obbligo del riconoscimento legale dei matrimoni omosessuali.
Il Trattato di Lisbona, che in seguito all’esito positivo del referendum irlandese e in attesa della
firma del Presidente ceco sostituirà il precedente Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per
l’Europa3- che fu firmato nell’ottobre del 2004 e fu in seguito bocciata dal referendum olandese e
7
francese - garantisce la protezione della famiglia «sul piano giuridico economico e morale» (art. 33)
come principio fondamentale. L’articolo 33 si riferisce alla moderna tipologia della famiglia come
aggregato sociale, nel quale convivono due o più persone con legami affettivi, secondo la concezione
accolta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, c.d. Carta di Nizza; approvata nel
dicembre 2000, il cui art. 7 riproduce i contenuti dell’ art. 16 della Carta sociale europea, redatta a
Torino il 18 ottobre 1961. Quest’ultima, stabilisce che la famiglia, in quanto cellula fondamentale della
società, ha diritto ad una protezione sociale, giuridica ed economica adeguata per assicurare il suo
pieno sviluppo. Tuttavia, la tendenza anche nell’Unione Europea si muove verso una concezione della
famiglia lontana dai principi ispiratori della UDHR. La proliferazione normativa in ambito comunitario
sembra ridurre l’uomo a homo oeconomicus, regolando soltanto aspetti giuridici ed economici e non
considerando quelli etici, sociali e spirituali che rappresentano la sua completa realtà.
IV.- Conclusione
In questi ultimi anni molte sono state le trasformazioni socio-economiche e culturali intervenute
nel condizionare la “famiglia tradizionale”, fra cui : l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro,
l’industrializzazione, l’esaltazione dell’autonomia individuale, la realizzazione personale in sfere
differenti da quella matrimoniale.
D’Agostino9 pone la famiglia in una realtà caratterizzata da due diversi modelli contrapposti tra
loro: il modello che dà il primato alla famiglia sui singoli componenti e quello che invece lo dà ai
componenti. Sono entrambi modelli inadeguati, in quanto intrinsecamente parziali: il vincolo giuridico
del vuoto formalismo ove questo non sia accompagnato ad altri valori. Punto focale della discussione è
il rapporto esistente tra famiglia e società. La famiglia è fenomeno primordiale e con essa, sotto la
forma di una ampia parentela, va a nascere la società. Studiosi di antropologia hanno osservato che non
esiste famiglia senza “una pluralità di famiglie” sottolineando come queste formino la società che deve
essere disposta a riconoscere l’esistenza di legami ulteriori a quelli consanguinei. In questa prospettiva
comunitaria si può trovare la strada per superare le posizioni estremiste di molto individualismo
contemporaneo.
Si denota una incompatibilità tra realtà giuridica e realtà sociale, che conduce ad una
ghettizzazione ideologica dei valori sentiti come propri della famiglia, etichettati poi come
conservatori. La famiglia va a svolgere le proprie funzioni in un modo frequentemente diverso da
quanto la società ritenga ottimale. Tale contraddizione è conseguenza del fatto che la cultura è
praticamente sempre in movimento ed inevitabile è il prodursi di un apprezzabile scarto tra il modo in
cui concepisce se stessa ed il modo in cui vorrebbe essere concepita.
Il problema reale è rappresentato dalla considerevole influenza che il sistema giuridico
internazionale sta guadagnando nell’elaborazione di nuove norme che, attraverso sviluppi diretti o
indiretti (ci riferiamo in particolare ai trattati e alle nuove norme di “soft law”), potrebbero
incominciare a rafforzare il concetto atipico di famiglia che si sta affermando negli ultimi decenni.
L’istituto della famiglia e con esso quello del matrimonio sono dei cardini solidi sui quali si deve
fondare la società del domani. E’ moralmente errato e biologicamente innaturale creare coppie senza
una figura paterna o senza una figura materna; questo ha più a che vedere con i bisogni degli individui
che di quello dei bambini, che sono quelli che sono costretti a subire passivamente queste scelte. Il
concetto di famiglia è entrato in una fase di transizione dalla quale bisogna uscire cercando di ristabilire
quello status naturale celebrato e sancito nella legislazione dei Diritti Umani.
9
D’Agostino, Una filosofia della famiglia, . Giuffrè editore, 1999, p. 43.
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