Regioni - ASSOCIAZIONE ETABETAGAMMA

Le Regioni.
Le prime idee circa l’organizzazione di uno stato federalista furono avanzate subito
dopo l’unità d’Italia, ma l’istituzione delle Regioni fu ritenuta pericolosa e si preferì
non interporre tra lo Stato ed i cittadini alcun soggetto intermedio rilevante da un
punto di vista giuridico, lo Stato fu, così, organizzato secondo un modello fortemente
centralizzato sia a livello politico sia amministrativo. Si crearono i Comuni e le
Province come enti autarchici, dotati di personalità giuridica e capaci di amministrare
gli interessi locali entro i confini rispettivi, sotto il perenne controllo da parte dello
Stato.
Quasi 100 anni dopo, l’Assemblea Costituente prese atto della necessità di
riconoscere le comunità locali e di attribuire loro una certa autonomia. Ci si rese
conto, infatti, che lo Stato era portatore degli interessi generali della popolazione, ma
che spesso questi non soddisfacevano le esigenze specifiche delle singole realtà locali
i cui problemi richiedevano interventi mirati.
L’art. 5 della nostra Costituzione sancisce:
LA REPUBBLICA, UNA E INDIVISIBILE, RICONOSCE
E PROMUOVE LE AUTONOMIE LOCALI;
ADEGUA I PRINCIPI ED I METODI DELLA SUA LEGISLAZIONE ALLE ESIGENZE DELL’AUTONOMIA E
DEL DECENTRAMENTO.
Con esso si afferma il principio dell’unità e dell’indivisibilità dello Stato cercando, al
contempo, di salvaguardare le esigenze specifiche delle realtà locali.
La Costituzione mantenne in vita i due enti locali preesistenti, i Comuni e le Province
ed istituì dei nuovi enti territoriali con maggiori poteri, le Regioni. Inizialmente si
attuarono le sole Regioni a statuto speciale, mentre per la realizzazione di quelle a
statuto ordinario si dovette attendere per più di 20 anni quando, con la legge 7-2-70
n. 108 si disciplinò l’elezione dei Consigli regionali e, con la legge delega n. 382 del
1975, il Parlamento approvò un primo trasferimento di funzioni alle Regioni, cui fece
seguito il d.p.r. 616/1977 che diede inizio ad un processo di regionalizzazione
mediante:
 L’attribuzione di funzioni per settori (s’individuarono quattro categorie:
l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa, i servizi sociali, lo sviluppo
economico e l’assetto e l’utilizzazione del territorio);
 La possibilità di delegare alle Regioni ulteriori competenze amministrative (art. 118
c. 2).
Anche dopo questi riconoscimenti, si era, tuttavia, lontani dalla creazione di uno Stato
regionale, intendendo come tale una via intermedia tra lo Stato unitario e quello
federale (lo Stato federale prevede la contrapposizione dei governi locali a quello
centrale e presuppone la parità tra gli stati federati, mentre il regionalismo prevede il
riconoscimento di sfere di autonomia legislativa, finanziaria e amministrativa alle
Regioni).
Onde evitare che potessero essere minate l’indivisibilità e l’unità della Repubblica,
furono previsti una serie di controlli sugli atti degli enti locali, riservando allo Stato
determinati poteri e determinate materie.
Negli ultimi anni le richieste di maggiore autonomia sono divenute ancora più
pressanti, ed il legislatore ha risposto con diverse leggi:
 La legge 15/3/97 n.59 che ha delegato il Governo a conferire agli enti locali
numerose funzioni amministrative prime esercitate dagli organi centrali dello
Stato;
 La legge 15/5/97 n.127 ha rafforzato le strutture degli enti locali per consentire
loro di esercitare le funzioni conferitegli in modo autonomo;
 Il decreto legislativo 31/3/1998, n. 112ha individuato espressamente le funzioni
trasferite alle Regioni e agli enti locali e quelle riservate allo Stato.
L’art. 114 Cost. sancisce che:
LA REPUBBLICA SI RIPARTE IN REGIONI, PROVINCE E COMUNI.
Le Regioni le Province ed i Comuni sono chiamati enti pubblici territoriali. Esplichiamo
questa definizione.
Per ente s’intende una persona giuridica; le Regioni, le Province ed i Comuni sono detti
“pubblici” poiché sono stati istituiti per perseguire finalità di pubblico interesse e
dispongono, nei limiti stabiliti dal diritto pubblico, di un potere di comando nei
confronti dei cittadini. Essi, inoltre, sono detti territoriali perché il loro potere può
essere esercitato entro e non oltre i limiti del loro territorio, salvo limitate eccezioni;
ed autonomi perché, nelle materie che la legge riserva alla loro competenza, sono
dotati di una notevole autonomia normativa (art. 117 Cost. possono emanare, su
materie, leggi e altri atti normativi), statuaria (le regioni si dotano di statuti che
disciplinano la loro organizzazione interna), amministrativa (art. 118 Cost.) e
finanziaria (art. 119 Cost.).
Le Regioni si differenziano sostanzialmente dai Comuni e dalle Province, non solo per la
loro maggiore estensione territoriale, ma, soprattutto, per i loro poteri; le Regioni,
infatti:
 Hanno l’iniziativa legislativa (art.71 e 121 Cost.);
 Partecipano alla formazione del Senato (art.57 Cost.);
 Partecipano all’elezione del Presidente della Repubblica con tre delegati eletti dal
Consiglio Regionale;
 Hanno il potere di chiedere il referendum.
Il nostro Stato si divide in 20 Regioni, cinque di loro, per motivi etnico - linguistici e
storico – geografici, godono di una maggiore autonomia e sono dette “a statuto
speciale”. Le restanti 15 sono dette “a statuto ordinario”.
Gli statuti sono atti che contengono le norme fondamentali sull’ordinamento di
ciascuna Regione. Essi disciplinano la competenza amministrativa e legislativa della
Regione, ed i suoi rapporti con lo Stato Centrale.
L’art. 123, 2 co, novellato dalla L. Cost. 22/11/99, n.1, stabilisce che gli statuti sono
approvati con leggi regionali. Tale legge deve essere deliberata dal Consiglio regionale
a maggioranza assoluta dei suoi componenti con due votazioni successive a intervallo
non inferiore ai due mesi. Se, entro due mesi dalla sua pubblicazione, ne fa richiesta
un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio
regionale, lo statuto può essere sottoposto a referendum popolare (l’originaria
formulazione dell’art. 123 prevedeva che gli statuti fossero deliberati dal Consiglio
Regionale e trasmessi al Parlamento che li approvava con legge ordinaria, si trattava,
quindi, in sostanza di atti normativi regionali, ma nella forma erano leggi ordinarie;
adesso sono, invece, vere e proprie leggi regionali).
L’art. 116 Cost. sancisce che alla Sardegna, alla Sicilia, alla Valle d’Aosta, al Friuli
Venezia Giulia ed al Trentino Alto Adige:
“SONO ATTRIBUITE FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA, SECONDO STATUTI
SPECIALI ADOTTATI CON LEGGI COSTITUZIONALI”.
Gli statuti speciali sono adottati secondo la procedura prevista dall’art. 138 della
Costituzione, sono quindi, leggi costituzionali ed accordano a queste Regioni una
competenza legislativa esclusiva su determinate materie.
Come mai a queste cinque Regioni è stata riconosciuta una maggiore autonomia?
Dopo la fine della seconda guerra mondiale nelle due isole si registravano forti spinte
indipendentiste, la Sicilia aveva addirittura un esercito separatista; onde evitare,
dunque, una guerra civile, si decise di accordare loro una maggiore autonomia. Per le
regioni di confine, invece, si scelse di seguire questa strada per consentire ai governi
locali di favorire la convivenza tra i diversi gruppi linguistici che vi risiedono.
Lo Stato non ha alcun controllo sullo Statuto?
Lo Stato non ha poteri di ingerenza diretti, solo se ci fosse il sospetto di
incostituzionalità il Governo potrebbe promuovere la questione di legittimità dinanzi
alla Corte Costituzionale entro 30 giorni dalla pubblicazione dello Statuto.
È possibile modificare il numero delle Regioni?
L’art. 132 Cost., stabilisce che è possibile fondere delle Regioni o crearne di nuove a
patto che questo avvenga con legge costituzionale e le regioni risultanti abbiano
almeno un milione di abitanti. L’iniziativa deve essere assunta da tanti consigli comunali
che rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate al cambiamento e deve
essere approvata con referendum popolare. Se la proposta riceve la maggioranza dei
consensi è trasmessa al Parlamento che la approverà con la procedura prevista per le
leggi costituzionali.
Gli organi della Regione.
L’art. 121 della Costituzione stabilisce che gli organi della regione sono: il Consiglio
Regionale, la Giunta ed il suo Presidente.
Questa norma riproduce per gli organi della Regione una ripartizione dei poteri simile
a quella degli organi statali. Essa, infatti, individua nel Consiglio Regionale l’assemblea
rappresentativa che esercita il potere legislativo (come il Parlamento), nella Giunta
l’organo che esercita il potere esecutivo (al pari del Governo) e nel Presidente della
Regione il rappresentante dell’ente territoriale ed il garante dell’osservanza delle
leggi (come il Presidente della Repubblica).
A differenza del Presidente della Repubblica che è totalmente neutrale ed imparziale,
tuttavia, il Presidente della Regione è un organo politico perché partecipa all’attività
della Giunta e ne divide le responsabilità.
Il Consiglio è il massimo organo rappresentativo della Regione, espressione della
volontà del corpo elettorale ed è l’organo deliberativo con funzione legislativa della
Regione. Esso è eletto ogni 5 anni a suffragio universale dei cittadini maggiorenni
iscritti nelle liste elettorali residenti nella Regione.
Esso:
 Discute ed approva le leggi della Regione;
 Può avanzare proposte di legge al Parlamento (si tratta dei progetti di legge che
possono essere portati all’attenzione del Parlamento affinché li approvi
trasformandoli in legge; l’iniziativa può essere assunta anche dai singoli
parlamentari, dal CNEL e dai cittadini attraverso l’istituto dell’iniziativa popolare);
 Svolge le altre funzioni affidategli dalla Costituzione.
Il Consiglio è diviso in commissioni, ciascuna delle quali è competente per questioni
specifiche ad una data materia (sanità, istruzione, edilizia ecc.).
I Consiglieri sono divisi in gruppi consiliari, dipendentemente dal gruppo politico di cui
fanno parte; al pari dei parlamentari non rispondono delle opinioni e dei voti espressi
nell’esercizio delle loro funzioni, ma, diversamente dai parlamentari, non godono di
alcun’immunità processuale.
Il Consiglio nomina un Presidente, scelto tra i suoi membri, cui competono funzioni di
coordinamento e controllo simili a quelle esercitate dai presidenti delle Camere.
Se ricorrono i gravi motivi previsti dalla Costituzione (secondo l’art. 126 Cost. qualora
abbia compiuto atti contrari ala Costituzione, gravi violazioni di legge o qualora
ricorrano motivi di sicurezza nazionale), il Consiglio può essere sciolto prima della
scadenza naturale, con decreto motivato del Presidente della Repubblica, adottato
dopo aver sentito una Commissione di deputati e senatori costituita per le questioni
regionali.
Il Presidente della Regione e la Giunta Regionale.
Il governo della Regione è esercitato
 Dal Presidente della giunta;
 Dalla Giunta
La Giunta è l’organo cui è riconosciuta la competenza amministrativa generale; si
occupa dell’organizzazione amministrativa dell’ente. E’ l’organo esecutivo della regione,
essa deve dare attuazione concreta alle decisioni adottate dal Consiglio. La Giunta è
composta da un numero variabile di assessori, ciascuno dei quali si occupa di un ramo
particolare dell’amministrazione, avvalendosi di una struttura detta assessorato. I
membri della giunta sono nominati dal presidente, collaborano con lui e da lui possono
essere rimossi.
Prima che entrasse in vigore la legge di riforma costituzionale n.1 del 1999, il
Presidente della Regione ed i membri della Giunta erano eletti dal Consiglio regionale
tra i suoi componenti (solitamente quest’incarico era affidato agli esponenti più
autorevoli dei partiti che costituivano la maggioranza in seno all’Assemblea consiliare)
e potevano essere costretti alle dimissioni a seguito di una mozione di sfiducia del
Consiglio.
Il Presidente della Regione, secondo quanto sancito dall’art. 121 della Costituzione:
 Rappresenta la Regione dal punto di vista giuridico (firma gli atti regionali, stipula i
contratti, rappresenta la Regione in giudizio ecc.);
 Dirige la politica della Giunta e n’è responsabile (convoca la Giunta, predispone
l’ordine del giorno, conduce il dibattito ecc.);
 Promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali (prima della l. cost. 22-12-99 n 1,
la potestà regolamentare competeva al Consiglio). I regolamenti sono atti normativi
emanati per dare esecuzione alle leggi regionali, per delineare l’organizzazione
degli uffici dell’ente e per disciplinare le materie attribuite alla competenza
amministrativa della Regione.
 Dirige le funzioni amministrative che lo Stato demanda alla Regione, conformandosi
alle istruzioni impartite dal Governo.
Secondo l’art. 126 Cost. il Presidente:
 Può essere rimosso dal suo incarico con decreto motivato del Presidente della
Repubblica (si tratta di un atto adottato dal Governo, al quale compete la decisione
relativa allo scioglimento del Consiglio, ma è emanato dal Presidente della
Repubblica, cui è formalmente imputato. In ogni caso il Capo dello Stato deve
verificare la concreta esistenza dei presupposti dello scioglimento dell’organo
regionale, qualora compia atti contrari alla Costituzione, gravi violazioni di legge o
per ragioni di sicurezza nazionale (si deve trattare di situazioni talmente gravi da
mettere in pericolo il normale svolgimento della vita dello Stato);
 Può essere costretto alle dimissioni qualora si dimetta la maggioranza del Consiglio
regionale;
 Può essere costretto alle dimissioni con una mozione di sfiducia richiesta da
almeno un quinto dei componenti del Consiglio e approvata per appello nominale a
maggioranza assoluta. L’approvazione della mozione di sfiducia comporta anche lo
scioglimento del Consiglio e le dimissioni dell’intera Giunta.
La potestà legislativa delle Regioni.
Con l’attribuzione del potere normativo alle Regioni si è cercato di infrangere il
monopolio legislativo dello Stato, anche se, di fatto, la competenza attribuita è molto
limitata. Attualmente ci si trova di fronte a due opposte tendenze: da una parte si
vorrebbero allargare le competenze delle Regioni, dall’altro si vorrebbero fissare
dettagliatamente i principi per l’emanazione delle leggi.
I settori in cui le Regioni possono legiferare sono elencati in fonti di grado
costituzionale: nell’art. 117 per le Regioni ordinarie e negli statuti per le Regioni ad
autonomia speciale. Sono previsti tre tipi di potestà legislativa:
 Una potestà esclusiva o piena, che attribuisce alle regioni la facoltà di legiferare al
pari con lo Stato in un ambito limitato di materie;
 Una potestà concorrente o complementare, che consente alle regioni di legiferare
nell’ambito delle materie di cui all’art. 117 Cost., rispettando le norme generali di
principio dettate dallo Stato, le cd. leggi quadro o cornice, che determinano a
priori l’ambito entro il quale la Regione può legiferare, esse fissano dei principi più
specifici rispetto a quelli generali dell’ordinamento giuridico;
 Una potestà integrativa o di attuazione, che prevede l’emanazione di norme di
dettaglio nelle materie già disciplinate dalle leggi dello Stato, al fine di consentirne
l’attuazione nel campo concreto.
La competenza legislativa primaria o esclusiva compete soltanto alle Regioni a statuto
speciale. Lo Stato non è competente a legiferare nelle materie indicate all’intero degli
statuti speciali; tuttavia quest’affermazione non deve essere intesa in senso assoluto.
Lo stato, infatti, non ha competenza a legiferare solo quando la Regione ha in concreto
esercitato la sua potestà legislativa nelle materie in questione, qualora, dunque, la
Regione non avesse legiferato o non avesse disciplinato determinati aspetti, sono
applicabili le norme dello Stato.; queste sono, inoltre, applicabili qualora le norme
regionali siano annullate da una sentenza della Corte Costituzionale o siano abrogate in
seguito a referendum regionale.
Questa potestà incontra limitazioni specifiche (che la giurisprudenza costituzionale
ha esteso anche alle Regioni ordinarie):
 Limite territoriale: non può, salvo rari casi, estendere la sua efficacia oltre i propri
confini. Innanzi tutto, poiché si tratta di un ente territoriale, il territorio
circoscrive o spazio entro il quale le norme regionali sono valide., non è possibile,
quindi, gli ambiti di competenza dello Stato o di altre comunità locali. Anche in
questo caso, comunque, la restrizione non deve essere intesa in senso assoluto, non
è possibile, infatti, escludere che gli effetti di leggi regionali si producano anche al
di fuori dei confini, si pensi, ad esempio, alle attività promozionali all’estero, alla
disciplina del diritto allo studio universitario, all’assistenza sociale nei confronti
degli emigrati, ecc.;
 Limite Costituzionale. Il nostro Stato ha una Costituzione rigida , quindi anche le
regioni, al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento giuridico italiano, deve
rispettare tutte le disposizioni in essa contenute. Esistono, inoltre alcune
disposizioni della Costituzione che sono specificamente rivolte alle leggi regionali,
ricordiamo, ad es. l’art. 120, che sancisce per le Regioni il divieto di istituire dazi di
importazione/esportazione/transito verso altre Regioni, di adottare provvedimenti
che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone o delle cose tra
le Regioni e di limitare il diritto dei cittadini ad esercitare in qualsiasi parte del
territorio nazionale la loro professione, il loro impiego o il loro lavoro;
 Limite del rispetto degli obblighi internazionali. Il principio del diritto
internazionale richiede che tutti gli atti degli ordinamenti giuridici nazionali siano
conformi ai principi generali ed agli ordinamenti internazionali, da ciò deriva la
necessità di non esporre lo Stato alle responsabilità che deriverebbero dalla
mancata osservanza, da parte delle Regioni, degli impegni internazionali contrattati
dallo Stato. Per tale motivo si è stabilito che allo Stato competa la determinazione
della politica estera e le Regioni possano svolgere solo attività promozionale (previa
intesa con il Governo), lo Stato, inoltre, è competente a dare piena esecuzione i
trattati internazionali, anche se riguardano materie contenute nell’art. 117 Cost e
negli Statuti speciali.
 Limite delle riforme economico – sociali. Tale limite deriva dal timore manifestato
da una parte dell’Assemblea costituente che l’ampia potestà legislativa riconosciuta
alle Regioni potesse ostacolare la realizzazione delle riforme economiche e sociali,
ed è connesso con il principio sancito dall’art. 5 Cost, secondo cui il decentramento
dell’autorità normativa non può , comunque, minare l’unitarietà dell’ordinamento;
 Limite dei principi dell’ordinamento giuridico. Questi principi sono desumibili in via
generale dal coordinamento del complesso delle norme vigenti in un determinato
momento, alcuni principi possono essere ricavati dallo stesso dettato
costituzionale, ricordiamo ad esempio, l’irretroattività della legge, la libertà di
concorrenza, l’autonomia contrattuale;
 Limite dell’interesse nazionale e delle altre Regioni. Questo limite è volto ad
evitare che una legge regionale possa mettere in discussione o contraddire i valori
(culturali, economici ecc.) di cui sono portatori l’intera comunità nazionale o gli
abitanti di altre Regioni.
Cosa accadrebbe qualora la Regione infrangesse tali limiti?
Poiché si tratta di limiti Costituzionali, una legge regionale che non li rispettasse
sarebbe costituzionalmente illegittima.
La potestà legislativa concorrente riguarda sia le Regioni a statuto ordinario che
quelle a statuto speciale; è regolata, dall’art. 117 Cost. e dai singoli statuti. Per quanto
concerne le Regioni ordinarie, le materie specificate dall’art. 117 possono essere
classificate in quattro settori:
 Ordinamento ed organizzazione amministrativa;
 Servizi sociali;
 Sviluppo economico;
 Assetto ed utilizzazione del territorio.
Potestà concorrente significa che per queste materie (e quelle contenute negli statuti
speciali) lo Stato e le Regioni hanno il potere di legiferare congiuntamente, il primo
disciplina gli aspetti generali delle materie (con le cd leggi cornice), mentre le seconde
si occupano dei profili rimanenti; i principi limitativi imposti dalle norme dello Stato
devono essere di carattere generale, alla legge statale non compete porre norme di
dettaglio. Si badi bene che tra le due fonti non s’instaura un rapporto gerarchico,
bensì una distinzione di competenza della medesima materia. Le regioni, inoltre, non
sono tenute a disporre soltanto all’interno degli oggetti individuati dalle leggi statali,
ma possono introdurre tutte le variazioni che ritengono utili a adattare le leggi
nazionali alle specifiche necessità del territorio.
Infine, la competenza legislativa di attuazione è prevista dall’ultimo comma dell’art.
117 per le Regioni ordinarie, mentre quell’integrativa riguarda le materie indicate dagli
statuti delle Regioni ad autonomia speciale, la differenza tra questi due tipi di
competenza consiste nel fatto che la prima può manifestarsi in materie non
predeterminate dalla Costituzione, mentre la seconda è circoscritta agli elenchi di
materie contenuti negli statuti. Questo tipo di potestà si differenzia da quella
concorrente poiché il legislatore nazionale ha ampia discrezionalità nel definire i limiti
dell’intervento regionale (a differenza del primo caso i n cui può definire solo i principi
generali della materia).
I settori di intervento delle Regioni sulla base della competenza legislativa attuativa
si sono accresciuti in seguito all’entrata in vigore della legge 59 del 1997 che ha
tassativamente enumerato una serie di materie di competenza dello Stato (affari e
commercio estero, difesa e forze armate, rapporti tra lo Stato e le confessioni
religiose, cittadinanza ed emigrazione, moneta e sistema valutario, dogane, ordine
pubblico, previdenza sociale, amministrazione della giustizia ecc.), attribuendo alle
Regioni, per tutte le altre materie, il potere di emanare leggi di attuazione.
Approvazione delle leggi regionali.
Dopo essere stata discussa ed approvata dal Consiglio, la legge regionale è promulgata
dal Presidente della Regione e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione. Prima
di essere promulgata deve essere comunicata al Commissario di Governo. Questi deve
trasmettere copia della legge al Governo, insieme alle sue osservazioni.
Se, entro 30 giorni, il Governo non fa opposizione, il Commissario appone il suo visto
alla legge che può essere, così promulgata e pubblicata.
Se, invece, il Governo ritiene che la legge ecceda i limiti della competenza della
Regione, o si in contrasto con l’interesse di altre Regioni o dello Stato, la rinvia al
Consiglio regionale affinché sia riesaminata.
E se il Consiglio la riapprova nel medesimo testo?
È molto difficile che ciò accada, solitamente il rinvio della legge segna l’inizio di una
trattativa tra il Consiglio ed il Governo per trovare un compromesso tra le loro
posizioni. Qualora non si riuscisse a trovare una posizione comune:
 Se ha la maggioranza assoluta dei suoi membri, il Consiglio può approvare
nuovamente la legge con il medesimo testo, dandone poi comunicazione al
Commissario che ne informerà il Governo;
 A questo punto il Governo potrà promuovere la questione di legittimità dinanzi la
Corte Costituzionale o quello di merito (qualora si ritenga che la legge contrasti
con l’interesse di un’altra Regione o con quello dello Stato) davanti alle Camere;
 Se la Corte o le Camere accolgono il ricorso, la legge non può essere promulgata e
termina il suo iter.
Fino ad oggi, però, non è mai accaduto che il Governo abbia investito le Camere del
giudizio di merito su una legge regionale.