10 lezioni sull'Europa di Pascal Fontaine Le grandi fasi storiche Le istituzioni dell'Unione Il mercato interno Le politiche comuni L'unione economica e monetaria (UEM) La politica estera e la difesa L'Europa dei cittadini L'ampliamento dell'Unione europea L'Unione europea nel mondo Come strutturare l'Europa del XXI secolo? Cronologia dell'edificazione europea Scheda bibliografica LE GRANDI FASI STORICHE Prima di concretarsi in un vero e proprio progetto politico e di divenire un obiettivo permanente della politica di governo degli Stati membri, l'idea d'Europa era patrimonio di una cerchia ristretta di filosofi e di idealisti. La prospettiva degli Stati Uniti d'Europa, secondo la formula di Victor Hugo, corrispondeva a un ideale umanista e pacifista al quale i tragici conflitti che sconvolsero il continente nella prima metà del XX secolo inflissero una brutale smentita. Si sono dovute attendere le idee scaturite dai movimenti di resistenza ai totalitarismi, durante la seconda guerra mondiale, per vedere affiorare il concetto di un'organizzazione del continente in grado di superare gli antagonismi nazionali. Altiero Spinelli, federalista italiano, e Jean Monnet, ispiratore del piano Schuman che ha creato la prima Comunità europea del carbone e dell'acciaio nel 1950, sono all'origine delle due principali correnti di pensiero che hanno dato il via al processo d'integrazione comunitaria: da una parte, il progetto federalista basato sul dialogo e su un rapporto di complementarità fra i poteri locali, regionali, nazionali ed europei; dall'altra, il progetto funzionalista basato sulla delega graduale di parti di sovranità dal livello nazionale al livello comunitario. Queste due tesi si fondono oggi nella convinzione che, a fianco dei poteri nazionali o regionali, debba sussistere un potere europeo basato su istituzioni democratiche e indipendenti, in grado di gestire quei settori per i quali l'azione comune si rivela più efficace di quella svolta da Stati che agiscono separatamente: il mercato interno, la moneta, la coesione economica e sociale, la politica dell'occupazione, la tutela dell'ambiente, la politica estera e di difesa, la creazione di uno spazio di libertà e di sicurezza. Nel 1998, l'Unione europea rappresenta il risultato degli sforzi compiuti fin dal 1950 dai promotori dell'Europa comunitaria. Essa costituisce l'organizzazione più avanzata d'integrazione multisettoriale esistente, con capacità di agire nel settore economico, sociale, politico, dei diritti dei cittadini e delle relazioni esterne dei 15che ne sono membri. Il trattato di Parigi, che istituì la CECA nel 1951 e quelli di Roma che istituirono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per l'energia atomica (EURATOM) nel 1957, modificati nel 1986 dall'Atto unico europeo, nel 1992 dal trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht e, da ultimo, dal trattato di Amsterdam firmato nel 1997, sono le basi costituzionali di questo insieme che crea fra gli Stati membri vincoli giuridici che vanno molto oltre le normali relazioni contrattuali esistenti fra Stati sovrani. L'Unione europea produce essa stessa una legislazione che si applica direttamente ai cittadini europei e crea diritti specifici a loro favore. Limitata, nella sua prima forma, alla realizzazione del mercato comune del carbone e dell'acciaio tra i sei Stati fondatori (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia), la Comunità ha costituito in un primo momento un'iniziativa di pace in quanto è riuscita ad associare i vincitori e i vinti dell'ultima guerra intraeuropea in un organo istituzionale retto dal principio dell'uguaglianza. A partire dal 1957, dopo che il progetto di esercito europeo fallì nel 1954 per il rifiuto di ratificarlo da parte dell'Assemblea nazionale francese, i sei Stati membri decisero di costruire una Comunità economica sulla base della libera circolazione delle merci, dei servizi e dei lavoratori. Al 1 delerano stati totalmente soppressi i dazi doganali industriali e nel corso dello stesso decennio erano state avviate delle LE ISTITUZIONI DELL'UNIONE L'Unione europea è caratterizzata da un sistema istituzionale originale che la distingue dalle organizzazioni internazionali classiche. Gli Stati che hanno sottoscritto i trattati europei operano una delega di sovranità a favore di organi indipendenti che rappresentano al tempo stesso gli interessi nazionali e l'interesse comunitario e che sono legati tra loro da rapporti di complementarità da cui trae origine il processo decisionale. Il Consiglio dell'Unione europea è l'istituzione decisionale principale dell'Unione. Esso riunisce i ministri dei quindici paesi a seconda dei problemi iscritti all'ordine del giorno: affari esteri, agricoltura, industria, trasporti, ambiente, ecc. Il Consiglio, che rappresenta gli Stati membri, adotta gli atti giuridici comunitari (i regolamenti, le direttive e le decisioni) e dispone di un potere quasi legislativo che condivide con il Parlamento europeo. Insieme a quest'ultimo, esercita anche il potere di bilancio. Infine il Consiglio adotta gli accordi internazionali negoziati preliminarmente dalla Commissione. A norma dell'articolo 202 (Gli articoli del trattato vengono citati con il numero che risulta dalla versione dei "trattati consolidati" dopo la firma del trattato di Amsterdam in data 2 ottobre 1997. Tale numerazione entrerà in uso con l'entrata in vigore di detto trattato dopo le ratifiche nazionali) (ex articolo 145) del trattato CE, il Consiglio garantisce il coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri. L'articolo 205 (ex articolo 148) del trattato CE introduce una distinzione tra le decisioni prese a maggioranza assoluta, quelle prese a maggioranza qualificata (almeno 62 voti su 87) e quelle prese all'unanimità. Per le decisioni a maggioranza qualificata (almeno 62 voti), i voti hanno la seguente ponderazione: Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna: 10 voti; Spagna, 8 voti; Belgio, Grecia, Paesi Bassi e Portogallo: 5 voti; Austria e Svezia, 4 voti; Danimarca, Irlanda e Finlandia: 3 voti; Lussemburgo, 2 voti. Il trattato di Amsterdam estende a nuovi settori il voto a maggioranza qualificata, che pertanto si applicherà alla maggior parte delle nuove disposizioni del trattato CE, vale a dire alle misure di iniziativa in materia di occupazione, parità di opportunità tra uomini e donne, lotta contro l'emarginazione sociale, sanità pubblica, ai provvedimenti contro le frodi, trasparenza, cooperazione doganale, statistiche, regioni ultraperiferiche nonché al programma quadro di ricerca per il quale finora si richiedeva l'unanimità. Per contro, l'unanimità è riservata essenzialmente a materie di natura "costituzionale" come la modifica dei trattati o l'adesione di un nuovo Stato o a settori delicati come quello tributario. Ogni paese dell'Unione europea esercita la presidenza, a turno, per un periodo di sei mesi. Le decisioni del Consiglio vengono preparate dal Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (COREPER), assistito da gruppi di lavoro composti da funzionari dei ministeri nazionali. Il Consiglio dispone ugualmente di un segretariato generale, con sede a Bruxelles, che prepara ed esegue le decisioni. Il Consiglio europeo è nato dalla prassi, iniziata nel&nbsp1974, di riunire regolarmente i capi di Stato o di governo della Comunità europea. Questa prassi è IL MERCATO INTERNO L'articolo 2 del trattato che istituisce la CE fissa un obiettivo: "promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e delle relazioni più strette fra gli Stati che vi partecipano". A quest'obiettivo corrispondevano due misure complementari: da una parte, l'apertura delle frontiere, che comporta la libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, e, dall'altra, l'organizzazione della solidarietà attraverso la creazione di politiche comuni e di strumenti finanziari. Dall'apertura del grande mercato, avvenuta il 1 &nbspgennaio&nbsp1993, il contratto è stato in gran parte onorato. Perché ci sono voluti più di quarant'anni per giungere a questo risultato, se già nel luglio del&nbsp1968, con diciotto mesi di anticipo sul calendario previsto, i dazi doganali interni e i contingenti erano stati soppressi? Perché è più facile armonizzare le tariffe doganali che il regime fiscale. Perché le libere professioni sono disciplinate da normative che differiscono da un paese e l'altro. Perché la combinazione di un estremo protezionismo e della moltiplicazione delle norme tecniche ha, paradossalmente, contribuito a rafforzare la compartimentazione dei mercati agli inizi degli anni 80. Alcuni Stati membri, particolarmente colpiti dalla crisi economica intervenuta dopo i due choc petroliferi del 1973 e del 1980, erano ricorsi a misure di protezione per preservare il loro mercato da una concorrenza mondiale sempre più forte. Con la pubblicazione nel 1985 di un libro bianco, la Commissione presieduta da Jacques Delors lancia un grido d'allarme: si sono accumulati troppi ritardi; troppi ostacoli si frappongono ancora alla realizzazione di uno spazio d'espansione che potrebbe rappresentare un mercato di oltre&nbsp380di consumatori. La diagnosi è nota: il "costo della non Europa", dovuto fra l'altro alle attese alle frontiere, alle barriere tecniche, alla compartimentazione degli appalti pubblici, si avvicina ai 200 miliardi di ECU (Corso dell'ECU nel marzo 1998: 1 ECU: 1948,38 LIT). Pertanto, firmando nel febbraio 1986 l'Atto unico europeo che stabilisce le tappe ed il calendario dei circa 270 provvedimenti necessari al completamento del mercato interno, i Dodici si sono prefissi una "nuova frontiera", i cui effetti si sono fatti già sentire. Gli imprenditori, i professionisti, i sindacati hanno spontaneamente anticipato la scadenza del&nbsp1993, adattando le loro strategie alle nuove regole del gioco. Ogni cittadino, nella sua vita quotidiana, dispone ormai di una gamma più ampia di possibilità di scelta per quanto riguarda i consumi, la circolazione e il lavoro. Il processo, avviato dalla sfida del "circolo virtuoso" che associa libertà di circolazione, concorrenza e crescita, è già irreversibile. Le frontiere fisiche, fiscali e tecniche cadono una dopo l'altra, anche se in certi settori particolarmente delicati, come l'armonizzazione della fiscalità sul risparmio, non si è ancora raggiunto un accordo. Il bilancio del mercato interno Schengen: uno spazio senza frontiere per diversi Stati europei 1. Date importanti Giugno 1984: il Consiglio europeo di Fontainebleau adotta il principio della soppressione delle formalità doganali e di polizia per le persone che circolano all'interno della Comunità. Luglio 1984: l'accordo di Sarrebruck, concluso tra la Germania e la Francia, costituisce il primo passo concreto in tale direzione. 14&nbspgiugno&nbsp1985: la Francia, la Germania, il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo firmano l'accordo di Schengen diretto a sopprimere progressivamente i controlli alle frontiere comuni, istituendo un regime di libera circolazione per tutti i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati della Comunità o di paesi terzi. 19 giugno 1990: firma, da parte dei cinque Stati, della convenzione complementare che definisce le condizioni di applicazione e le garanzie di organizzazione della libera circolazione. Questa convenzione, composta da circa 142 articoli, modifica le leggi nazionali ed è soggetta alla ratifica dei parlamenti. 27 novembre 1990: l'Italia si unisce ai cinque Stati suddetti. 18 novembre 1991: la Spagna e il Portogallo si aggiungono ai sei Stati. 6 novembre 1992: adesione della Grecia. 26 marzo 1995: entrata in vigore della convenzione di Schengen tra il Belgio, la Germania, la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Spagna e il Portogallo. Gli altri paesi seguiranno dopo la messa in opera dei dispositivi di controllo alle frontiere esterne. 21 aprile 1995: adesione dell'Austria alla convenzione. 16 giugno 1995: viene creato un quadro negoziale con i paesi nordici. 19 dicembre 1996: protocollo e accordo di adesione di Danimarca, Finlandia e Svezia. 2 ottobre 1997: ratifica del trattato di Amsterdam, nel quale viene integrato il sistema di Schengen. L'Irlanda e il Regno Unito non fanno parte dello spazio di Schengen. 26 ottobre 1997: entrata in vigore della convenzione di applicazione con l'Italia per i controlli aerei. 1 dicembre 1997: entrata in vigore della convenzione di applicazione con l'Austria per i controlli aerei. 31 marzo 1998: termine ultimo per la soppressione dei controlli alle frontiere terrestri dell'Italia e dell'Austria. 2. Lo spazio Schengen Il principio della libera circolazione vale per tutte le persone, indipendentemente dalla loro nazionalità. per i cittadini dell'Unione esso è già in larga parte realizzato all'interno del nuovo spazio; i cittadini e i turisti dei paesi terzi, i richiedenti asilo e gli immigrati legali LE POLITICHE COMUNI Come si è già ricordato, gli autori del trattato di Roma hanno attribuito alla Comunità europea "il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche all'interno della Comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ne fanno parte". LE POLITICHE DI SOLIDARIETÀ Questo obiettivo globale doveva essere raggiunto attraverso la libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali, accompagnata da una politica di concorrenza destinata a promuovere un comportamento competitivo da parte delle imprese e a proteggere gli interessi dei consumatori. Ma la creazione di un grande mercato, per poter essere utile a tutti i settori di attività e a tutte le regioni, deve essere accompagnata da politiche volontaristiche e strutturali, condotte e finanziate nel contesto comunitario. E' risultato subito chiaro che la solidarietà imponeva un rafforzamento della coesione economica e sociale, cosa che ha trovato espressione nell'attuazione di una politica regionale e di una politica sociale le cui dimensioni sono divenute sempre più rilevanti nel corso dei successivi ampliamenti. L'azione regionale A partire dall'Atto unico, il rafforzamento della coesione economica e sociale è diventato il corollario dello spazio senza frontiere. Nel febbraio 1988, gli Stati membri hanno deciso di raddoppiare la dotazione dei fondi per le spese strutturali: 14 miliardi di ECU sono stati destinati annualmente, dal 1989 al 1993, allo sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo, alla riconversione di alcune zone industriali, all'aiuto alla disoccupazione di lunga durata e all'inserimento professionale dei giovani, e infine alla modernizzazione delle strutture agricole e alle zone rurali sfavorite. Attraverso i fondi esistenti, che hanno subìto una profonda riforma (il Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR, il Fondo sociale europeo, FSE, il Fondo europeo agricolo d'orientamento e di garanzia, FEAOG, e lo Strumento finanziario di orientamento della pesca, IFOP), queste somme vengono ad integrare o a L'UNIONE ECONOMIQUE E MONETARIA (UEM) Complemento logico del mercato interno, l'Unione economica e monetaria dovrebbe costituire un vero e proprio salto politico nel processo di unificazione europea. Riunire le monete, vale a dire ciò che per molti secoli ha rappresentato per i paesi europei il simbolo e lo strumento della loro sovranità, è un'impresa che non ha precedenti nella nostra storia dopo l'Impero romano né equivalenti nel mondo. La moneta unica dovrebbe nascere il 1° gennaio 1999, sostituirsi alle varie valute nazionali a partire dal 1° gennaio 2002 e aiutare i cittadini a rafforzare il proprio senso di appartenenza a una nuova entità. La nascita della moneta unica è il risultato di una lunga e paziente evoluzione. Già nel 1970 il rapporto Werner aveva proposto la creazione di un'Unione economica e monetaria in tre fasi scaglionata in un periodo di dieci anni. Ma la volontà degli Stati membri di realizzare tale unione si scontrò con le conseguenze della prima crisi petrolifera e subì una battuta d'arresto. Nel 1972 venne creato il sistema di cambio europeo, noto sotto il nome di serpente monetario europeo. Nel 1974 il Consiglio adottò una decisione relativa alla realizzazione di un elevato grado di convergenza nella Comunità nonché una direttiva concernente la stabilità, la crescita e la piena occupazione. Tuttavia, la crescente instabilità economica minò a poco a poco le basi sulle quali era fondato il sistema e ciò comportò l'uscita del franco francese, della sterlina e della lira italiana dal serpente. IL SISTEMA MONETARIO EUROPEO (SME) Il 6 e 7&nbspluglio&nbsp1978, al Consiglio europeo di Brema, i capi di Stato e di governo decisero di creare un Sistema monetario europeo (SME) che è entrato in vigore il 13&nbspmarzo&nbsp1979. Il suo successo ha aperto la via a una zona di stabilità monetaria in Europa, che si è rivelata propizia alla crescita e agli investimenti. Lo SME si basa su tre elementi principali: L'ECU: concepito come elemento centrale del sistema, costituisce un paniere composto dalle valute di tutti gli Stati membri. I meccanismi di cambio e d'intervento: ogni moneta ha un tasso centrale rispetto all'ECU. I tassi centrali servono a stabilire una griglia di tassi centrali bilaterali. Fino all'agosto 1993 erano consentiti rispetto ai tassi bilaterali margini di fluttuazione del 2,25% (o eccezionalmente fino al 6%). Successivamente, questi margini sono stati allargati fino al + 15% a seguito delle forti perturbazioni intervenute sui mercati dei cambi. I meccanismi di credito: non appena un tasso di cambio bilaterale raggiunge la soglia del + 15% le banche centrali sono tenute a intervenire in misura illimitata per impedire di superare tale soglia. È stato così possibile creare una zona di stabilità monetaria. Tuttavia, lo SME non ha potuto sviluppare tutte le sue potenzialità in quanto diversi Stati membri non hanno aderito al meccanismo di cambio o vi partecipano sulla base di margini di fluttuazione più ampi. La mancanza di una convergenza sufficiente delle politiche Il calendario dell'euro 10 dicembre 1991 : firma del trattato sull'Unione europea; si decide di creare un'Unione monetaria e vengono adottati cinque criteri di convergenza. 1° gennaio 1994 : seconda fase dell'UEM (periodo di transizione); creazione dell'IME a Francoforte; rafforzamento delle procedure di coordinamento delle politiche economiche a livello europeo; lotta contro i disavanzi eccessivi e politica di convergenza economica degli Stati membri; indipendenza delle banche centrali nazionali. 16 dicembre 1995 : Consiglio europeo di Madrid; adozione della denominazione "euro"; si crea il quadro tecnico per l'introduzione dell'euro e si stabilisce il calendario per il passaggio alla moneta unica. 14 dicembre 1996 : Consiglio europeo di Dublino; adozione di un patto di stabilità finanziaria e di crescita; statuto giuridico dell'euro. 16 giugno 1997 : Consiglio europeo di Amsterdam; conferma del patto di stabilità e di crescita; adozione di regolamenti sullo statuto giuridico dell'euro; risoluzione sullo "SME bis" destinata ai paesi che non partecipano alla zona euro; scelta del disegno delle monete. 13 dicembre 1997 : Consiglio europeo di Lussemburgo: risoluzione sul coordinamento delle politiche economiche nel corso della terza fase dell'UEM (sorveglianza multilaterale) e sugli articoli 109 e 109 B del trattato (politica di cambio e rappresentanza della Commissione a livello internazionale). 1° e 2° maggio1998 : il Consiglio europeo stabilisce quali sono i paesi che parteciperanno all'euro sulla base dei criteri di convergenza; consultazione del Parlamento europeo; fissazione di tassi di cambio bilaterali irrevocabili. Nel 1998 : creazione della Banca centrale europea (BCE) nomina del suo comitato esecutivo; L'UNIONE POLITICA E LA DIFESA Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Europa, risultato di un processo di pace e riconciliazione, non ha mai cercato di affermare la propria supremazia sulla scena mondiale, se non per la natura esemplare dei suoi meccanismi di arbitrato. Man mano che aumentava il suo peso economico e commerciale, l'Unione ha visto sollecitato il suo ruolo di potenza mediatrice e di forza di equilibrio nel mondo. All'indomani del fallimento della Comunità europea di difesa (CED) il 30&nbspagosto&nbsp1954, la Germania federale e l'Italia si unirono all'Unione dell'Europa occidentale (UEO) creata nel 1948 dalla Francia, la Gran Bretagna e i tre paesi del Benelux, sulla base di un trattato militare di assistenza reciproca e di consultazione politica. Ma è piuttosto nel contesto euro-atlantico, la NATO, che i paesi dell'Europa occidentale hanno garantito per più di quattro decenni la loro sicurezza, in stretta alleanza con gli Stati Uniti e il Canada. Bisogna attendere la firma dell'Atto unico nel 1986 perché i trattati comunitari tengano conto delle prassi di cooperazione politica (CPE) adottate in maniera pragmatica dai membri della Comunità europea. Essenzialmente orientata sulla consultazione reciproca e sul coordinamento intergovernativo, la cooperazione politica è stata opera del Consiglio europeo e dei ministri degli Esteri e le istituzioni comunitarie come il Parlamento e la Commissione vi hanno partecipato solo in subordine. Tuttavia, i suoi meccanismi hanno consentito di dare espressione sistematica all'identità europea presso gli organismi internazionali (ONU) e hanno operato al fine di salvaguardare la coerenza della politica estera delle Comunità. Il cambiamento della situazione geopolitica del continente europeo, avvenuto a partire dal 1989 con la dissoluzione del Patto di Varsavia, la riunificazione tedesca e il crollo dell'Unione Sovietica, insieme alla reviviscenza di tensioni nazionalistiche, che hanno portato nella loro forma più estremistica alla guerra civile e alla disintegrazione della Iugoslavia, hanno spinto gli Stati membri a fare un salto di qualità nella loro cooperazione politica. La politica estera e di sicurezza comune (PESC) Il trattato sull'Unione europea fonda un'unione politica, basata sulla realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune (PESC) i cui obiettivi sono: "la difesa dei valori comuni, degli interessi fondamentali e dell'indipendenza dell'Unione; il rafforzamento della sicurezza dell'Unione e dei suoi Stati membri in tutte le sue forme; il mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale (...); L'EUROPA DEI CITTADINI Europa dei popoli o Europa dei mercanti? La costruzione comunitaria è nata da una visione politica, quella dei padri fondatori, preoccupati soprattutto di creare le condizioni che rendessero impossibile il ritorno alle guerre intestine che avevano insanguinato il continente. Ma scegliendo la via dell'efficienza e decisi a gettare le basi di una costruzione solida, i promotori della Comunità hanno intrapreso la strada più pragmatica delle solidarietà concrete: il carbone e l'acciaio, il mercato comune, la politica agricola, la concorrenza. In tal modo è nata una Europa che è stata definita tecnocratica in quanto fa appello agli esperti, agli economisti, ai funzionari. Ma il progetto iniziale non sarebbe mai stato realizzato se la volontà politica delle istituzioni comunitarie non l'avesse costantemente sostenuto. Oggi, la maggior parte degli obiettivi fissati dai trattati sono stati raggiunti: lo spazio europeo è liberato dai vincoli doganali, fiscali e normativi che frenavano l'attività delle persone e la circolazione dei capitali e dei servizi. Ognuno nella sua vita quotidiana beneficia, senza rendersene sempre conto, dei vantaggi costituiti dalla realizzazione del grande mercato: accesso al consumo di una varietà di prodotti, concorrenza che frena l'aumento dei prezzi, politica di tutela dei consumatori e dell'ambiente, norme armonizzate che tendono ad allinearsi sui criteri più efficienti. Analogamente, gli abitanti delle regioni periferiche possono beneficiare dei fondi strutturali segnatamente mediante il Fondo europeo di sviluppo regionale. Gli agricoltori dal canto loro hanno beneficiato dei meccanismi di sostegno dei prezzi istituiti ormai da decenni dal FEAOG (Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia). La quasi totalità delle spese iscritte nel bilancio dell'Unione, che superano i 91 miliardi di ecu (stanziamenti per impegni) nel 1998, è destinata ad azioni che hanno un impatto sulla vita quotidiana degli europei. Ma l'europeo non è solo un consumatore o un attore della vita economica e sociale. Egli è ora anche un cittadino dell'Unione. Fin dall'entrata in vigore del trattato di Roma nel 1958, i legislatori europei si sono adoperati per dare un contenuto alle disposizioni che favoriscono la libera circolazione dei lavoratori e la libera prestazione di servizi nonché l'esercizio delle libere professioni. Non è ammessa alcuna restrizione basata sulla cittadinanza per i cittadini di uno Stato membro che cercano lavoro all'interno dell'Unione. Analogamente è garantito, a norma degli articoli 39 e 42 (ex articoli 48 e&nbsp51) del trattato CE, ai lavoratori migranti e alle loro famiglie l'accesso alle prestazioni sociali e alla formazione professionale, nonché tutti i vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori residenti. Infine, le libere professioni sono state oggetto di una normativa che armonizza, mediante direttive, le condizioni di accesso alle attività disciplinate. Questo ingrato lavoro di armonizzazione delle disposizioni legislative ha consentito di giungere al riconoscimento reciproco dei titoli di studio per l'esercizio delle professioni di medico, infermiere, veterinario, farmacista, architetto, intermediario di assicurazioni, ecc. Ma dal momento che restavano molte attività subordinate a normative nazionali diverse, gli Stati membri hanno adottato il 21&nbspdicembre 1998 una direttiva che introduce un sistema di riconoscimento reciproco dei titoli di studio dell'insegnamento superiore. L'AMPLIAMENTO DELL'UNION EUROPEA I paesi dell'Europa centrale e orientale (PECO) e Cipro Il 13 dicembre 1997, l'Europa dei Quindici ha deciso di aprirsi verso Est. Infatti, il Consiglio europeo riunitosi a Lussemburgo il 12-13 dicembre 1997 ha dato l'avvio al processo di ampliamento dell'Unione che dovrebbe svolgersi "a tappe, assecondando i ritmi di ciascuno Stato candidato in funzione del suo grado di preparazione". L'obiettivo è quello di "mettere gli Stati candidati in condizione di aderire all'Unione e al tempo stesso di preparare quest'ultima all'ampliamento nelle migliori condizioni possibili". Tale decisione rappresenta il risultato di un lungo processo di relazioni con i paesi dell'Europa centrale e orientale e con Cipro che ha preso il via all'indomani della caduta del muro di Berlino e della successiva dissoluzione dell'Impero sovietico. In occasione del vertice di Parigi (luglio&nbsp1989), i membri del G-7 (principali paesi industrializzati) hanno affidato alla Commissione il mandato di coordinare il programma di assistenza economica deciso a favore della Polonia e dell'Ungheria. Gli altri paesi membri dell'OCSE si sono uniti a questo appello formando il G-24 [CE&nbsp(12 Stati membri all'epoca), EFTA (6 paesi), USA, Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Australia e Turchia]. Il programma PHARE (Polonia, Ungheria, assistenza alla ristrutturazione economica) è stato esteso alla Repubblica ceca, alla Slovacchia, alla Bulgaria, alla Romania, ai tre Stati baltici, all'Albania e ad alcuni Stati dell'ex-Iugoslavia. Per questo programma sono stati scelti cinque settori di azione prioritaria: l'accesso al mercato dei paesi donatori per le merci provenienti dai paesi beneficiari, l'agricoltura e l'industria alimentare, la promozione degli investimenti, la formazione e l'ambiente. La filosofia generale che è alla base dell'azione comunitaria e che trova espressione nel programma PHARE è la seguente: i doni debbono essere utilizzati per agevolare la transizione economica e sociale dei PECO e consentire a questi ultimi di partecipare al processo di integrazione europea. Più che progetti isolati, l'Unione europea finanzia dei programmi la cui gestione e attuazione avviene in maniera decentrata. Indipendentemente dal settore d'intervento, la Comunità e il paese beneficiario si adoperano per coinvolgere diverse organizzazioni nelle azioni volte a contribuire allo sviluppo della società civile. A partire dal 1990, l'Unione europea e gli Stati membri hanno investito oltre 140 miliardi di ECU in prestiti e aiuti ai PECO e ai nuovi Stati indipendenti dell'ex URSS (Dichiarazione di Jacques Santer in occasione del vertice transatlantico del 28 maggio 1997). Gli accordi europei Nell'ottica di favorire una maggiore integrazione del continente, l'Unione ha concluso, con alcuni paesi dell'Europa centrale ed orientale e con i paesi baltici, degli accordi d'associazione specifici che prolungano ed ampliano l'azione svolta in L'UNIONE EUROPEA NEL MONDO Grande potenza politica o associazione economica regionale? Partner commerciale aperto o zona di protezionismo? La percezione dell'Unione europea di oggi da parte dei paesi terzi varia a seconda del tipo di relazioni - di natura economica, diplomatica, culturale o strategica - che l'Unione ha stabilito con ciascuno di essi. L'Unione europea, prima potenza commerciale del mondo, cerca di diventare un gigante politico. Il trattato di Maastricht permette agli Stati membri di cominciare a dotarsi dei due principali strumenti che assicurano la potenza: la moneta e la difesa comune. Permane per i Quindici il problema di riuscire a esprimere la volontà politica necessaria per esercitare in comune la loro sovranità nei settori che ne costituiscono il nucleo centrale. La via scelta dai fondatori ha già consentito di avanzare notevolmente sul cammino dell'identità europea. Essa si traduce concretamente nell'applicazione, fin dal 1968, di una tariffa doganale comune, contropartita esterna della soppressione dei dazi doganali e dei contingenti interni. Dal momento che l'economia europea si basa principalmente sulla trasformazione di materie prime importate in prodotti finiti ad alto valore aggiunto, la Comunità si è preoccupata di sviluppare un sistema di scambi aperto a livello mondiale. All'interno del GATT, poi OMC, del quale gli Stati membri sono parti contraenti, ma i cui principali accordi internazionali sono firmati dall'Unione in quanto tale, quest'ultima ha svolto un ruolo motore nel quadro dei principali "round" per promuovere ulteriormente la liberalizzazione. Il trattato di Roma attribuisce una competenza esclusiva alle istituzioni dell'Unione per negoziare i dazi doganali, l'applicazione delle misure di salvaguardia, le azioni antidumping e il codice di aggiudicazione degli appalti pubblici. Il livello medio ponderato dei dazi doganali che gravano sui prodotti industriali che entrano nell'Unione è inferiore al 5%. Nel 1994 l'Unione ha stabilito nuove regole per gli scambi di servizi e di prodotti agricoli con i suoi partner al termine dell'Uruguay Round del GATT. Le discussioni sull'agricoltura mettono in luce le divergenze fra i produttori delle due parti dell'Atlantico. Proprio grazie al fatto di essersi presentata unita l'Unione è stata in grado di difendere efficacemente il punto di vista di ognuno dei suoi membri. Nel 1993, la realizzazione del mercato interno ha portato a grandi miglioramenti nella politica commerciale comune: vengono ad essere gradualmente soppresse le restrizioni alle importazioni che gli Stati erano autorizzati a mantenere nonché la ripartizione interna di prodotti "sensibili": automobili e apparecchi elettronici provenienti dal Giappone, prodotti tessili, acciaio. La creazione di un'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), che rappresenta uno degli aspetti più positivi degli accordi di Marrakech, permette, su impulso dell'Europa, di disporre di un quadro permanente per la soluzione delle divergenze commerciali su scala multilaterale. La dimensione esterna del grande mercato farà dell'Unione europea una "fortezza" soggetta a tentazioni protezionistiche o al contrario un "colabrodo" aperto a tutti i venti della concorrenza e incapace di tutelare i suoi produttori? Uno spazio di consumo di 373 milioni di persone che dispongono di un livello di reddito elevato, le cui norme saranno armonizzate, fa dell'Unione un partner particolarmente COME STRUTTURARE L'EUROPA DEL XXI SECOLO? Il processo di unificazione del continente iniziato con la fondazione della Comunità europea ad opera di sei Stati, diventati poi nove nel 1973, dieci nel 1981, dodici nel 1986 e quindici nel 1995 e che dovrebbero diventare 25 nei prossimi anni, continua ad evolvere. Se le sfide del dopoguerra imponevano uno sforzo di riconciliazione dei popoli e di ricostruzione delle economie dell'Europa occidentale, quelle che si presentano all'Europa mezzo secolo dopo sono di analoghe dimensioni. Le nuove democrazie nate in seguito alla decomposizione del blocco comunista contano sulla solidarietà dei loro vicini e sulla possibilità di realizzare un nuovo destino comune. Si giungerà così finalmente ad una riconciliazione tra la storia e la geografia del vecchio continente. Dal momento che l'Unione europea si presenta come un'impresa dotata di un'apertura su tutta l'Europa, gli Stati membri e i paesi candidati debbono risolvere insieme i termini di una nuova equazione: come ampliare l'Unione europea, basata su istituzioni concepite per un numero limitato di Stati membri, senza indebolirne la meccanica decisionale e la personalità politica? Come alimentare la volontà di vivere assieme al fine di invogliare tanti popoli di origini e culture diverse ad esercitare in comune una parte della loro sovranità? Sarebbe paradossale che proprio quando ha dimostrato la propria efficienza e ha conferito all'Europa forza e omogeneità, il metodo comunitario possa venire messo in pericolo dall'arrivo di nuovi Stati membri. I rischi esistono, ma non devono essere sopravvalutati . La natura giuridica dell'acquis comunitario impone a ogni paese candidato di adottare la legislazione esistente e di partecipare alle politiche comuni senza deroghe ad eccezione di quelle negoziate nel quadro di periodi di transizione. L'ambiziosa prospettiva delineata a Maastricht di un'Unione economica e monetaria entro il 1999 e di un'unione politica che preveda una politica estera e di sicurezza comuni fa ormai parte dell'acquis. Non dovrebbe sussistere alcuna ambiguità nell'atteggiamento dei paesi che chiedono oggi o chiederanno domani, di aderire all'Unione. Quest'ultima continuerà ad attingere la propria forza dall'esercizio quotidiano delle norme e dei comportamenti che la distinguono, fin dalla sua nascita, dalle organizzazioni internazionali di tipo classico. Entità originale a metà strada fra una struttura di cooperazione intergovernativa e una federazione, l'Unione europea si basa al tempo stesso sul rispetto del principio di sussidiarietà e sull'organizzazione dell'azione comune. L'Unione potrebbe un giorno riunire tutti i paesi democratici del continente al termine di un processo che sarà necessariamente graduale e terrà conto dei vari livelli di sviluppo politico ed economico di ciascun paese. Benché non sia possibile in questa sede illustrare dettagliatamente il progetto che si sta delineando, adottiamo le ipotesi che seguono e che tengono conto delle realtà della fine del secolo: L'Unione dei Quindici persegue sulla base degli impegni di Maastricht e in applicazione del trattato di Amsterdam, il proprio perfezionamento economico, monetario e politico. Degli accordi interistituzionali rafforzano le "passerelle" che collegano fra loro le istituzioni e i meccanismi comunitari con le politiche di cooperazione diplomatica. Il Parlamento europeo esercita pienamente i suoi nuovi diritti in materia di codecisione. CRONOLOGIA DELL' EDIFICAZIONE EUROPEA 1950 9 maggio Robert Schuman, ministro degli esteri francese propone, in un discorso ispirato da Jean MONNET, la messa in comune delle risorse di carbone e di acciaio della Francia e della Repubblica federale di Germania in un'organizzazione aperta agli altri paesi europei. 1951 18 aprile Sei firmano a Parigi il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone dell'acciaio (CECA). 1952 27 maggio Firma a Parigi del trattato che istituisce la Comunità europea di difesa (CED). 1954 30 agosto L'Assemblea nazionale francese respinge il trattato sulla CED. 20-23 ottobre Accordi di Parigi che fanno seguito alla conferenza di Londra: vengono precisate le modalità dell'ampliamento del patto di Bruxelles, che diventa Unione dell'Europa occidentale (UEO). 1955 1-2 giugno Riuniti in conferenza a Messina, i ministri degli esteri dei Sei decidono di estendere l'integrazione europea a tutta l'economia. 1957 25 marzo Firma a Roma dei trattati che istituiscono la Comunità economica europea (CEE) e l'Euratom. 1958 1 gennaio Entrata in vigore dei trattati di Roma ed insediamento a Bruxelles delle Commissioni della CEE e dell'Euratom. 1960 4 gennaio Firma della Convenzione di Stoccolma che crea, su iniziativa del Regno Unito, l'Associazione europea di libero scambio (EFTA). 1962 30 luglio Entrata in vigore di una Politica agricola comune (PAC). 1963 14 gennaio Il Generale de Gaulle annuncia, nel corso di una conferenza stampa, che la Francia pone un veto all'entrata del Regno Unito nella CEE. 20 luglio Firma a Yaoundé della convenzione di associazione fra la CEE e 18 paesi africani. 1965