Il filo di Arianna - Il Mappamondo di Marco Rizzinelli

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Febbraio 2004
“L’esistenza è la cosa più difficile per un pensatore che deve rimanere in essa,
dato che l’attimo è commensurabile alle supreme decisioni
eppure a sua volta è un piccolo minuto
dileguantesi nello spazio dei possibili 70 anni”
Kierkegaard
Caro amico,
abbiamo forse perso il filo di Arianna e siamo ormai rinchiusi nei labirinti di un pensiero che non si fa linguaggio e quindi
contatto tra noi due? Dove sono le briciole di Pollicino grazie alle quali potremo ritornare felici alla nostra dolce casa, dove
basta vivere insieme per sentirsi veramente liberi da ogni parola che cerca l’autentico rapporto, ma che solo raramente riesce
a trovarlo? Siamo forse vagabondi sulle strade della nostra vita? Dove sono quei sentieri interrotti per cui solo un salto
colmerebbe la distanza tra il nostro essere e la nostra esistenza? E con quanto coraggio e quale fede e per quale ragione
potremo mai fare questo salto?
Sette lettere in tutto ci siamo inviati finora. Da dicembre 2002, attraverso gennaio 2003, e poi marzo, maggio, ottobre,
novembre e infine dicembre. Oggi è febbraio 2004. Un anno intero inutile? Non lo credo. È sempre buono avere dubbi e
cercare di scioglierli, ma ci sono alcuni punti fermi (pochi, se non uno solo) a cui bisogna attaccarsi, crederci mi intendo,
anche se non v’è parvenza di certezza – cos’è il paradosso, se non verità incerta, seppur pienamente umana? La speranza di
camminare insieme, il desiderio di conoscerci meglio, più nel profondo, di catturare veramente il senso della nostra vita, il
sogno di condividere l’autentica realtà che noi siamo, l’amore per la nostra esistenza, la vita stessa nel suo desiderio di vivere,
praticamente, è il mio unico punto fermo.
Per questo sono qui, per questo continuo. Ma cosa abbiam combinato finora? Beh, siam partiti dalla domanda sul senso
della nostra esistenza e considerando la filosofia come ricerca di questo senso abbiamo impostato una possibile strada da
seguire: l’uomo è un essere essenzialmente imperfetto e l’esistenza singolare di ognuno è la massima espressione (modo
d’essere) di questo pensiero abissale. In particolare, la filosofia che qui si delinea non salva l’uomo. Quindi è la domanda che
è perenne, i possibili sentieri sono caduche, fuggevoli, relative approssimazioni, ma non salvano.
Abbiamo poi meditato sul punto di svolta, quell’attimo dell’esistenza in cui l’esistente stesso si pone – cos’è la coscienza, se
non il si di questo porsi? – autenticamente la domanda essenziale. Davanti a noi si è aperta la vasta radura della possibilità, in
noi l’immensa liberazione – cos’è la libertà, se non questa liberazione? – dalle catene di una realtà che rigetta la fioca luce
della nostra esistenza, da un mondo indifferente al passo dell’uomo. Decisione, scelta, questo è il nome della liberazione. La
scelta di voler – cos’è la volontà, se non la figlia legittima di questa liberazione? – essere noi stessi i fautori del nostro destino
è il punto di svolta. Noi possiamo davvero essere i compositori di questa sublime melodia, i pittori del nostro intimo essere –
“Il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi con un tuo verso” (Whitman).
Quale sarà il nostro verso? Abbiamo scritto una poesia – no, non io solo, perché senza la tua presenza, nulla sarebbe stato
scritto. “Non è l’io fondamentale quel che cerca il poeta, ma il tu essenziale” (Machado) – dipingendo la nostra esistenza
come frammento in divenire tra l’essere e il nulla, trama intrecciata, fiamma di vita.
Umano è l’essere che tutti noi siamo, uguali nella eccezionale diversità della nostra essenza. È qual è questa essenza
dell’essere umano – prodigiosa retro-azione, paradossale feed-back nel punto di svolta – se non il domandare stesso del
senso della nostra vita?
L’analogia (immagine, mito, paradigma) “il viaggio è vita” emerge come l’ultima possente trasformazione di quanto detto.
Come viandanti lungo i cammini del fitto bosco del nostro cuore, la filosofia – “Povera e nuda vai, Filosofia” (Petrarca) – e
l’esistenza stessa battono il sentiero della vita, ma senza mappe, senza radar, senza bussole.
E noi viandanti ormai lo sappiamo che non c’è nessun metodo, nessuna via per raggiungere la meta finale – “il mare immenso,
l’oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l’immane mare onnipotente” (Baricco) – per approdare alla tanto attesa
(così povera e così ricca spiaggia di) Itaca – meravigliosa ironia è quest’emozione autentica, che l’essenza stessa della vita
riposa nel vivere stesso di ogni giorno – nessuna strada, dicevo, se non le nostre stesse orme e nulla più. Perché non c’è via, la via si fa
camminando.
Cosa succederà ora? Cosa pensi, amico mio, di questo attimo?
Non è facile. La filosofia è pensiero, l’esistenza è vita. Per questo non dobbiamo pretendere di ritrovare quel maledetto filo,
queste maledette briciole, solo scrivendo parole e facendo discorsi. Anzi, questo è nulla in confronto al mondo che circonda
l’inchiostro gettato su questa piccola pagina bianca. Ma il mio scopo non è di dire tutto su tutto (sarebbe come non dire
niente), né di guidarti in luoghi in cui non vuoi andare. La mia unica speranza è che i sentieri che stiamo percorrendo si
incrocino ancora per un po’, anche solo per questo attimo.
Scox
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