PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Piano triennale per la prevenzione della corruzione
ai sensi e per gli effetti della Legge n. 190 del 06.11.2012
Triennio di Riferimento: 2014 - 2016
APPROVATO CON DELIBERAZIONE DEL DIRETTORE GENERALE
N. 90 IN DATA 30 GENNAIO 2014
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Indice:
 Articolo 1 – Premessa

Collegamento col Programma Triennale della Trasparenza

Collegamento col Piano della Performance

Collegamento con il Codice Etico, il Codice Disciplinare ed il Codice di
Comportamento dei Dipendenti
 Articolo 2 – Oggetto e finalità
 Articolo 3 – Soggetti aziendali coinvolti nel processo di prevenzione della corruzione
 Articolo 4 – Individuazione delle attività con più elevato rischio di corruzione
 Articolo 4 bis – La valutazione del rischio
 Articolo 5 – Misure obbligatorie di prevenzione
 Articolo 5 bis – Controllo e prevenzione del rischio
 Articolo 5 ter – Monitoraggio del rispetto dei termini previsti dalla Legge o dai Regolamenti
per la conclusione dei procedimenti
 Articolo 5 quater – Monitoraggio dei rapporti tra l’Amministrazione e i soggetti esterni
 Artcolo 5 quinquies – Monitoraggio continuo
 Articolo 6: - Obblighi informativi
 Articolo 7: - Obblighi di trasparenza
 Articolo 8: - Rotazione degli incarichi
 Articolo 9 – Relazione sull’attività svolta
 Articolo 10: - Comunicazione
 Articolo 11: - Pianificazione triennale (Cronoprogramma)
Allegato 1: Le fattispecie di reato nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
Allegato 2: Mappa delle attività a più elevato rischio di corruzione
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Articolo 1 - Premessa
Il presente Piano triennale della prevenzione della corruzione (“Piano” od anche solo
“PTPC”) si applica a questa Azienda Ospedaliera, ai sensi e per gli effetti del
combinato disposto dei commi 59 e 60 dell'art. 1 della Legge n. 190 del 06 novembre
2012 e rappresenta lo strumento attraverso il quale l’Amministrazione sistematizza e
descrive un “processo” - articolato in fasi tra loro collegate concettualmente e
temporalmente – che è finalizzato a formulare una strategia di prevenzione del
fenomeno. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare
fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e
le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno
corruttivo; il tutto ricostruendo il sistema dei processi organizzativi, con particolare
attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree sensibili nel cui ambito possono
verificarsi, anche solo in via teorica, episodi di corruzione.
Esso:
- descrive ed analizza il diverso livello di esposizione dell’organizzazione aziendale e
degli uffici, nonché delle unità operative e dei servizi, al rischio di corruzione e di
illegalità, consentendo l’elaborazione di un “catalogo dei rischi” ed una classifica
del loro livello, indicando gli interventi organizzativi volti a prevenirlo;
- non disciplina protocolli di legalità o di integrità bensì ne disciplina le regole di
attuazione e di controllo;
- indica le procedure appropriate per selezionare e formare, anche in eventuale
collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i Dirigenti
ed i Dipendenti dell'Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio
chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;
- prevede, per quanto possibile e compatibilmente con la struttura organizzativa
dell'Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio, la rotazione di
Dirigenti e Funzionari
- viene aggiornato annualmente e comunque ogni qualvolta emergano rilevanti
mutamenti organizzativi dell'amministrazione e/o venga approvato un nuovo
P.O.F.A.
Il Piano triennale per la prevenzione della corruzione dell’Azienda Ospedaliera
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Ospedale di Circolo di Busto Arsizio è stato per la prima volta adottato in via
cautelare nel termine di cui al comma 8 dell'art. 1 della L. 06.11.2012 n.190
(31.03.2013) e nominato Responsabile il Dott. Ugo Palaoro. La presente revisione
integrale ed il conseguente aggiornamento tengono conto delle indicazioni
disponibili alla predetta data di approvazione e di quelle che si sono rese disponibili
successivamente, in particolare:
- della Legge 06.11.2012 n. 190;
- delle Circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica e della ANAC;
- del D.Lgs. 14.03.2013 n. 33 sul riordino della disciplina riguardante gli obblighi di
pubblicità e trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni;
- del D.Lgs. 08.04.2013 n. 39 in materia di inconferibilità e di incompatibilità di
incarichi presso le pubbliche amministrazioni;
- del D.P.R. 16.04.2013 n. 62: “Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici”;
- della Linee di Indirizzo del Comitato Interministeriale per la predisposizione del
Piano Nazionale Anticorruzione da parte del Dipartimento della Funzione
Pubblica;
- delle Intese intervenute nella seduta del 24.07.2013 della Conferenza Unificata di
cui all'art. 8 comma 1 del D.lgs. 28.08.1997 n. 281, così come stabilito dall'art. 1,
comma 60 della L.06.11.2012 n. 190;
- del Piano Nazionale Anticorruzione approvato con la Delibera della Anac n.
75/2013
- di tutti gli ulteriori provvedimenti ed atti normativi che ne sortiranno e
seguiranno.
Fanno parte integrante e sostanziale del presente Piano di prevenzione della
corruzione, oltre a tutto quanto sopra richiamato, i seguenti atti e provvedimenti
aziendali, approvati ed adottati dall’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio:
- il programma triennale per la trasparenza
- il piano delle performance;
- il codice etico aziendale
- il codice disciplinare aziendale
- il codice di comportamento dei dipendenti dell’azienda.
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Collegamento con il Programma triennale per la trasparenza
Punto di riferimento primario per l’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, in quanto
Pubblica amministrazione in tema di trasparenza, è l’attuazione del Codice
dell'Amministrazione Digitale (CAD), al fine di trasformare le potenzialità
dell'innovazione tecnologica in maggiore efficienza, efficacia e soddisfazione dei
cittadini e delle imprese. Grazie al Codice è possibile attuare quel processo di
digitalizzazione delle attività amministrative che costituisce il presupposto per una
reale modernizzazione (D.Lgs. n. 82/2005) Tale processo richiede una estesa
adozione del documento informatico, oltre che degli strumenti necessari per
gestirlo. Oggi la Posta Elettronica Certificata (PEC) rappresenta in modo sempre più
consistente il canale privilegiato delle comunicazioni, perché rende gli scambi di
documenti tra pubbliche amministrazioni, imprese e professionisti, immediati,
efficaci e sicuri. A tale scopo, l’Azienda possiede una casella di posta elettronica
certificata all’indirizzo: [email protected], la quale è bene evidenziata e
visibile nella home page del sito aziendale ed integrata, come di necessità, al
protocollo informatico aziendale con la garanzia della massima tracciabilità del
documento all’interno del flusso documentale.
Il percorso di digitalizzazione permea l’intero sistema sanitario regionale lombardo
di cui l’Azienda fa parte, alimentando grandi processi trasversali quali il Fascicolo
Sanitario Elettronico (FSE) nel contesto del Sistema Informativo Socio Sanitario
(SISS) e l’ E-Procurement con la piattaforma SINTEL per gli acquisti.
Se il processo di digitalizzazione costituisce elemento fondamentale per la
trasparenza l’ Azienda non può dimenticare che naturale confine dell’attuazione
della trasparenza è il rispetto della riservatezza e della privacy così come previsto
dal Decreto Legislativo n. 196/ 2003, che pertanto deve sempre essere considerata,
senza che ne costituisca ostacolo.
Con Deliberazione del Direttore Generale n. 852 del 12.12.2013, su proposta del
Responsabile Aziendale precedentemente individuato e nominato nella persona
della dott.ssa Anna Maria Marazzi, Responsabile S.C. Affari Generali e Legali, è stato
adottato il Programma Triennale della Trasparenza con il quale l’Azienda
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Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” ha inteso dare piena attuazione
agli adempimenti previsti in tema di trasparenza, tenendo anche conto di quanto
disposto dalla Legge n. 241/1990 e s.m.i., disciplinante l’accesso agli atti in via
generale, nonché dal Codice degli Appalti (D. Lgs. 163/2006) per quanto concerne la
fornitura di lavori, servizi e forniture.
Per l’Azienda, elemento strategico ai fini della trasparenza è peraltro l’adozione del
regolamento dei procedimenti amministrativi sulla base di quanto previsto dalla L.
n. 241/ 1990 con l’individuazione del Responsabile del procedimento e definizione
dei tempi procedimentali.
Tenuto conto del contesto socio-culturale in cui opera l’Azienda appare peraltro
sempre più importante che i rapporti intercorrenti tra gli operatori dell’Azienda e
l’utente siano improntati all’impiego di idonee formule, anche linguistiche,
confacenti al profilo culturale dei singoli operatori, con i necessari interventi di
mediazione culturale/ traduzione.
In estrema sintesi, obiettivi strategici per la trasparenza sono il processo di
digitalizzazione, l’ accessibilità alle informazioni, l’apertura all’utente dell’Azienda
Ospedaliera non solo semplicisticamente in termini di orari di apertura degli
sportelli al pubblico o delle unità di degenza ai parenti/visitatori ma
sostanzialmente in termini di conoscibilità delle attività operate.
Collegamento con il Piano delle Performance
Secondo quanto previsto dal d.lgs. 150/2009 e s.m.i. in materia di trasparenza,
misurazione e valutazione delle performance organizzative ed individuali delle
aziende pubbliche, l’Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio ha a
suo tempo approvato il Piano delle Performance con delibera n. 318 del
31/05/2012, declinando le strategie in performance gestionali annuali e definendo
obiettivi e indicatori per la relativa misurazione.
Il Piano è attualmente in corso di implementazione ed aggiornamento, con
riferimento alle recenti modifiche normative intervenute in materia.
Relativamente all’Organismo Indipendente di cui all’art. 14 del D.Lgs 150/ 2009 la
Regione Lombardia ha istituto il proprio organismo indipendente di valutazione
delle performance fornendo le linee guida relative alla composizione e alle funzioni
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dei Nuclei aziendali di valutazione delle prestazioni per gli Enti del SSR (Servizio
Sanitario Regionale) giusta deliberazione n. 1151 del 29.12.2010 , e s.m.i..
Alla luce di quanto sopra, l’Azienda con deliberazione n. 397 del 4.11.2011 ha
istituto Il Nucleo di Valutazione delle Prestazioni nominando i relativi componenti,
con un ruolo fondamentale all’interno dell’Azienda nel processo di misurazione e
valutazione delle strutture e dei dirigenti e nell’adempimento degli obblighi di
integrità e trasparenza, garantendo altresì la correttezza dei processi di
misurazione, valutazione e premialità, secondo le linee guida dettate in materia
dalla Anac. Ai sensi dell’art. 14, c. 4, lett. g), del d.lgs. n. 150/ 2009, al Nucleo di
Valutazione delle prestazioni di questa Azienda spetta il compito di promuovere e
attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità da
parte dell’Azienda.
Le attestazioni del Nucleo sulla pubblicazione di informazioni e dati per i quali, ai
sensi della normativa vigente, sussiste uno specifico obbligo di pubblicazione nella
sezione Amministrazione trasparente del sito istituzionale dell’azienda
[email protected] , costituiscono lo strumento di cui si avvale la Anac per la verifica
sull’effettività degli adempimenti in materia di trasparenza ai sensi della L. n.
190/2012, e del d.lgs. n. 33/2013.
In particolare nella sezione soprarichiamata apposito spazio è dedicato alla voce
performance , conformemente a quanto previsto dalla delibera Anac n. 50/2013,
così articolata:
- Sistema di misurazione e valutazione della Performance
- Piano delle Performance
- Relazione sulla Performance
- Documento dell'OIV di validazione della Relazione sulla Performance
- Ammontare complessivo dei premi
- Dati relativi ai premi
- Benessere organizzativo
mentre nella sottosezione disposizioni generali sono pubblicate le attestazioni del
Nucleo di Valutazione (OIV) sulla verifica dell’aggiornamento/completezza e
apertura del formato delle informazioni presenti
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Collegamento col codice etico aziendale, col codice disciplinare aziendale e con il
codice di comportamento dei dipendenti dell’azienda
Secondo quanto previsto dall’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dall’art.
1, comma 2, del Codice, ciascuna amministrazione deve definire, con procedura
aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio O.I.V., un
proprio Codice di comportamento. A tal fine, alla C.I.V.I.T. è stato assegnato il
compito di definire criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o
tipologie di amministrazione; adempimento assolto con la Deliberazione 75 del
2013.
Alla luce di tali criteri, anche l’Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto
Arsizio”, ha adottato con apposito provvedimento il proprio Codice Aziendale di
Comportamento individuando regole comportamentali differenziate a seconda
delle specificità professionali, delle aree di competenza e delle aree di rischio la cui
violazione, giusta quanto stabilito al riguardo da parte della l. 190/2012, darà
luogo a responsabilità disciplinare. Detto Codice a sua volta dovrà coordinarsi e
collegarsi col Codice Etico e col Codice Disciplinare Aziendale.
Nell’apposita sezione di questo PTPC, intitolata “B.4)” verranno meglio riportati e
chiariti i contenuti di tale Codice.
Allegati:
Al presente Piano si accompagna, infine, una parte specifica con lo scopo di
illustrare, sotto il profilo conoscitivo e formativo, le varie fattispecie di reati di
corruzione e contro la Pubblica Amministrazione (all. 1) nonché la Mappa dei rischi
(all.2).
Articolo 2: - Oggetto e finalità
Ai sensi della L. 190/2012, l’Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto
Arsizio” (d’ora in avanti per brevità, anche solo l’Azienda) ogni anno adotta/aggiorna
un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione con il fine di offrire una
valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e
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stabilire gli interventi organizzativi volti a prevenirlo. Il concetto di corruzione preso
in considerazione ai fini del presente Piano è quello di cui alla Circolare del
Dipartimento della Funzione Pubblica n. 1 del 2013, vale a dire quello “comprensivo
di tutte le varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si possa
riscontrare l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere
vantaggi privati configurando situazioni rilevanti più ampie della fattispecie
penalistica di cui agli artt. 318, 319 e 319 ter c.p.,. che arrivano ad includere tutti i
delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II del Capo I del Codice
Penale e i malfunzionamenti dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle
funzioni attribuite”
Per sua natura, il presente Piano non si presenta come il frutto di una attività
compiuta e definita in sé, bensì come un insieme di strumenti volti alla lotta alla
corruzione che vengono via via “affinati, modificati o sostituiti in relazione al
feedback ottenuto dalla loro applicazione” nell’ambito di un processo in continua e
progressiva evoluzione ed implementazione, con le cadenze temporali di cui al
successivo articolo 11, in forza di un’attenta e frequente analisi in stretta
collaborazione coi Referenti dei vari centri di attività (di cui alla Circolare del DFP n.
1/2013e come infra individuati) e tramite periodici monitoraggi da parte dei soggetti
aziendali che il processo vede coinvolti.
Scopo del presente Piano è principalmente quello di individuare la attività
dell’Azienda che più sono esposte al rischio di corruzione, prevedere
contestualmente meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni
idonei a prevenire il predetto rischio.
Destinatario delle disposizioni contenute nel presente Piano è tutto il personale
dell’Azienda il quale, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, co. 14, della L. 190/2012,
violando le misure di prevenzione quivi previste, commette un illecito disciplinare
fatta salva l’ulteriore responsabilità di carattere civile, penale, amministrativo e
contabile.
Allo stesso modo gli obblighi di condotta quivi previsti si estendono anche nei
confronti di tutti i collaboratori dell’amministrazione, dei titolari di organismi ed
incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità nonché nei confronti di
collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi o che realizzino
opere in favore della amministrazione.
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PRIMO AMBITO: I soggetti
Articolo 3: I soggetti aziendali coinvolti nel processo di prevenzione della corruzione
I soggetti coinvolti nel processo di prevenzione della corruzione e della illegalità in
ambito aziendale, chiamati a partecipare attivamente nella elaborazione del piano di
prevenzione ed nell’attuazione e controllo di efficacia delle misure in esso descritte
sono, ciascuno per la parte di rispettiva competenza:
- l’Autorità di Indirizzo Gestionale nella persona del Direttore Generale
- il Responsabile aziendale per la prevenzione della corruzione
- i Responsabili o Referenti per la prevenzione della corruzione nei vari centri di
attività e di risorsa od uffici
- tutti i Dirigenti per l’area di rispettiva competenza
- il Nucleo di Valutazione delle Prestazioni in quanto organismo che in Regione
Lombardia svolge le funzioni di controllo dell’OIV
- l’Ufficio Procedimenti Disciplinari
- tutti i Dipendenti ed i Collaboratori a qualunque titolo dell’Amministrazione.
Il Direttore Generale: designa il Responsabile Aziendale della Prevenzione della
Corruzione (art. 1, co. 7, L. 190/2012); adotta il PTCP ed i suoi aggiornamenti e li
comunica al Dipartimento Funzione Pubblica (DFP) ed alla Regione Lombardia (art. 1,
co. 8 e co. 60 della L.190/2012); adotta tutti gli atti di indirizzo di carattere generale,
che siano direttamente o indirettamente finalizzati alla prevenzione della corruzione
(es. criteri generali per il conferimento e la autorizzazione allo svolgimento degli
incarichi da parte dei dipendenti ex art. 53 del D.Lgs. 165/2001); garantisce al
Responsabile aziendale della corruzione – così come anche disposto in sede di
Conferenza Unificata nella seduta del 24.07.2013 - un adeguato supporto, mediante
assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti della
disponibilità di bilancio.
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Il Responsabile aziendale per la prevenzione della corruzione: svolge i compiti
indicati nella L. 190/2012 e nella Circolare del DFP n. 1/2013 e i compiti di vigilanza
sul rispetto delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità (art. 1, L.
190/2012: art. 15 D. Lgs.n. 39/2013); elabora la relazione annuale sulla attività svolta
e ne assicura la pubblicazione (art. 1, co. 14 L. 190/2012); coincide – di norma con il
Responsabile della Trasparenza e ne svolge conseguentemente le funzioni (art. 43
D.Lgs n. 33/2013).
Più specificatamente, ai sensi della L. 190/2012, il Responsabile deve:
 provvedere alla verifica della efficace attuazione e della idoneità del Piano,
nonché a proporre la modifica dello stesso qualora vengano accertate
significative violazioni delle prescrizioni ovvero qualora intervengano mutamenti
nella organizzazione o nella attività dell’amministrazione;
 proporre e provvedere alla verifica dell’effettiva rotazione degli incarichi negli
uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio
che vengano commessi reati di corruzione (nei limiti e con le precisazioni di cui
infra);
 provvedere ad individuare, d’intesa e su segnalazione dei Dirigenti competenti, il
personale da inserire nei programmi di formazione previsti ai sensi della L.
190/2012;
 predisporre, entro il 15 dicembre di ogni anno, una relazione recante i risultati
dell’attività svolta, da trasmettere al Direttore Generale e pubblicare sul sito web
dell’AO
 vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.
Per l’adempimento dei compiti previsti dalla Legge 190/2012 sopra elencati, il
Responsabile può in ogni momento:
 verificare e chiedere spiegazioni per iscritto e verbalmente a tutti i dipendenti
dell’Azienda Ospedaliera su comportamenti che possono costituire anche solo
potenzialmente ipotesi di corruzione ed illegalità;
 richiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento di fornire
motivazioni per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono od
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hanno sotteso all’adozione del provvedimento finale;
 effettuare tramite l’ausilio di soggetti interni, competenti per settore, ispezioni e
verifiche presso ciascuna struttura dell’AO al fine di procedere al controllo del
rispetto delle condizioni di correttezza e legittimità dei procedimenti in corso o
già conclusi. Le ispezioni e le verifiche avverranno con le modalità previste dal
successivo paragrafo 5, lettera b).
I Responsabili/Referenti per la prevenzione della corruzione nei vari centri di attività
e di risorsa, unità operative, servizi, funzioni od uffici aziendali, sono nominati dal
Direttore Generale. Essi vengono individuati da parte del Responsabile Aziendale di
norma tra i Dirigenti Responsabili dei singoli Servizi od U.O., ai fini e per la
definizione delle misure di prevenzione e contrasto della corruzione.
Ai medesimi, per ciascuna struttura e nelle aree di rispettiva attività e competenza,
in concorso col Responsabile Aziendale, è demandato il compito di:
 diffondere la cultura della prevenzione delle corruzione attraverso l’assunzione
di comportamenti etici, equi e trasparenti, favorendo l’informazione dei
propri collaboratori sulle procedure e sui regolamenti aziendali con particolare
riferimento al personale di nuova assegnazione;
 individuare i processi di lavoro ed il personale maggiormente a rischio
nell’ambito della propria struttura;
 definire meccanismi operativi finalizzati alla prevenzione della corruzione;
 implementare sistemi di controllo e di monitoraggio che consentano di rilevare
tempestivamente comportamenti inadeguati dei propri collaboratori;
 partecipare alla elaborazione del piano triennale fornendo attiva
collaborazione al Responsabile aziendale nella valutazione del grado di rischio
presente nella individuazione e eventuale correzione integrazione modifica
degli interventi organizzativi e delle procedure volte a prevenirne e
contrastare i fenomeni di corruzione nonché la predisposizione di idonei
strumenti di monitoraggio;
 fissare i termini di conclusione dei processi e/o dei procedimenti di rispettiva
competenza, laddove non già previsti da norme o regolamenti o altra disciplina
e monitorare il loro effettivo rispetto con cadenza periodica, con obbligo di
segnalare al Responsabile Aziendale eventuali scostamenti o anomalie
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riscontrate;
 monitorare i rapporti instaurati tra l’AO di Busto Arsizio ed i soggetti che con la
stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di
autorizzazione, concessione, od erogazione di vantaggi, economici e non, di
qualunque genere, secondo regolamenti e procedure interne che verranno
adottate e se, già presenti, aggiornate alla luce della normativa anticorruzione;
 garantire la massima trasparenza a tutte le iniziative aziendali volte a
prevenire, impedire e contrastare il verificarsi di fenomeni di corruzione e ad
assicurare l’osservanza della legalità e lo sviluppo della cultura della integrità,
diffondendone la conoscenza fra il personale della propria struttura;
 individuare il personale da inserire in percorsi di formazione sui temi dell’etica,
della legalità comunicandoli al Responsabile aziendale e pianificare modalità di
condivisione delle conoscenze e competenze acquisite.
I Responsabili o Referenti, per quanto di competenza, provvedono inoltre:
 all’attivazione effettiva della normativa su segnalazione da parte del
dipendente di condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza, e di cui al
comma 51 della L.190/2012, con le necessarie forme di tutela, ferme restando
le garanzie di veridicità dei fatti a tutela del denunciato;
 all’adozione di misure di garanzia del rispetto del Codice di Comportamento
dei Dipendenti Pubblici di cui al D.P.R. 62/2013, in caso di violazione dei doveri
di comportamento, ivi incluso il dovere di rispettare le prescrizioni contenute
nel Piano;
 all’adozione di misure volte alla vigilanza sull’attuazione delle disposizioni in
materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al D.Lgs.
08.04.2013 n. 39 (emanato a norma dell’art. 1, comma 49 e 50 della L.
190/2012) anche successivamente alla cessazione del servizio o al termine
dell’incarico (nuovo comma 16-ter dell’art. 53, del D.lgs.n. 165/2001)
 all’adozione di misure di verifica dell’attuazione delle disposizioni di Legge in
materia di autorizzazione di incarichi esterni, ex art. 53 del D.lgs. 165/2001
come modificato dal comma 42 dell’art. 1, della Legge 190/2012;
 all’adozione di misure in materia di trasparenza previste dal D.lgs. n. 33/2013 e
dalle altre disposizioni vigenti così come esplicitato nel Programma Triennale
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per la Trasparenza e l’integrità aziendale ed in collaborazione con il
Responsabile Aziendale per la Trasparenza e la Integrità.
Tutti i Dirigenti, qualora già non debbano provvedervi in qualità di
Responsabili/Referenti, svolgono le seguenti attività:
 informativa nei confronti del Responsabile Aziendale, dei Referenti e
dell’Autorità Giudiziaria (art. 16 D.Lgs n. 165/2001; art. 20, D.P.R. n. 3/1957;
art. 1, co. 3, L.20/1994, art.331 c.p.)
 partecipano al processo di gestione del rischio
 propongono misure di prevenzione (art. 16 D.Lgs. n. 165/2001)
 assicurano la osservanza del Codice di Comportamento e verificano le ipotesi
di violazione;
 adottano e danno esecuzione alle misure gestionali quali l’avvio di
procedimenti disciplinari, la sospensione e rotazione del personale (art. 16 e
55 bis D.Lgs. n. 165/2001)
 osservano le misure contenute nel PTCP (art. 1, co. 14 della L.190/2012)
Il Nucleo di Valutazione delle Prestazioni e gli altri Organismi di controllo interno:
 partecipano al processo di gestione del rischio
 considerano i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione nello
svolgimento dei compiti ad essi attribuiti
 svolgono compiti propri connessi all’attività anticorruzione nel settore della
trasparenza amministrativa (artt. 43 e 44 del D.Lgs n. 33 del 2013)
 esprimono parere obbligatorio sul Codice di comportamento adottato
dall’amministrazione aziendale (art. 54 co. 5° del D.Lgs. 165/2001)
L’Ufficio Procedimenti Disciplinari:
 svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito della propria competenza (art. 55
D.Lgs. 165/2001)
 provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria
(art. 20, D.P.R. n. 3/1957; art. 1, co. 3, L.20/1994, art.331 c.p.)
 propone l’aggiornamento del Codice di Comportamento Aziendale.
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Tutti i dipendenti dell’Amministrazione:
 partecipano al processo di gestione del rischio
 osservano le misure contenute nel PTCP (art. 1, co. 14 della L.190/2012)
 segnalano le situazioni di illecito al proprio Dirigente o all’U.P.D. (art. 54 bis del
D.Lgs. 165/2001)
 segnalano casi di personale conflitto di interessi (art. 6 bis L. 241/1990; artt. 6
e 7 Codice di Comportamento Dipendenti della Pubblica Amministrazione)
I collaboratori a qualsiasi titolo dell’amministrazione:
 osservano le misure contenute nel PTCP (art. 1, co. 14 della L.190/2012)
 segnalano le situazioni di illecito (artt. 8 Codice di Comportamento Dipendenti
della Pubblica Amministrazione)
SECONDO AMBITO: L’analisi delle aree di rischio
Articolo 4 – Individuazione delle attività con più elevato rischio di corruzione
La principale esigenza cui il presente Piano deve rispondere è la individuazione delle
attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione. L’individuazione
delle aree di rischio è comunque il risultato di un processo complesso, che
presuppone la valutazione del rischio da realizzarsi attraverso la “verifica sul campo”
dell’impatto del fenomeno corruttivo sui singoli processi dell’ente. Per “rischio” si
intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e,
quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, generato della possibilità che si verifichi
un dato evento; mentre quest’ultimo è il risultato del verificarsi o modificarsi di un
insieme di circostanze, che si frappongono o si oppongono al perseguimento
dell’obiettivo istituzionale dell’ente.
L’art. 1 comma 9, lett. A) della Legge 190/2012 procede già ad una prima diretta
individuazione delle predette attività, con riguardo ai seguenti procedimenti:
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 autorizzazione o concessione
 scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con
riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del Codice dei Contratti
Pubblici a lavori servizi e forniture di cui al D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.;
 concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari,
attribuzione di vantaggi economici a persone ed enti pubblici o privati;
 concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di
carriera di cui all’art. 24 del citato D.Lgs.n.150 del 2009
I suddetti procedimenti corrispondono alle seguenti aree di rischio:
A) Processi finalizzati alla acquisizione e alla progressione del personale
1. Reclutamento
2. Progressioni di carriera
3. Conferimento di incarichi di collaborazione
B) Processi finalizzati all’affidamento di lavori, servizi e forniture nonché
all’affidamento di ogni altro tipo di commessa o vantaggio pubblici disciplinato dal
D.Lgs. n. 163 del 2006
1. Definizione dell’oggetto dell’affidamento
2. Individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento
3. Requisiti di qualificazione
4. Requisiti di aggiudicazione
5. Valutazione delle offerte
6. Verifica dell’eventuale anomalia delle offerte
7. Procedure negoziate
8. Affidamenti diretti
9. Revoca del bando
10.Redazione del cronoprogramma
11.Varianti in corso di esecuzione del contratto
12.Subappalto
13.Utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali
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durante la fase di esecuzione del contratto
C) Processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei
destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario
1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an
2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato
3. Provvedimenti amministrativi vincolati sia nell’an e nel contenuto vincolato
4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale
5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an
6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto.
D) Processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei
destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario
1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an
2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato
3. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an e contenuto vincolato
4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale
5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an
6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto.
In relazione al Piano Organizzativo e Funzionale Aziendale dell’Azienda Ospedaliera
“Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” approvato dalla Regione Lombardia nella
seduta del 23 gennaio 2013 con D.G.R. N. IX/4741, si evidenziano le Strutture, i
Servizi, gli Uffici nonché le Funzioni per le quali più elevato è il rischio di porre in
essere comportamenti corruttivi, con speciale riferimento ai processi amministrativi
sopra elencati e dalle stesse gestiti. Esse sono:
- S.C. Direzioni Amministrative di Presidio di Busto Arsizio, Saronno e Tradate;
- S.C. Servizio di Prevenzione, Protezione e Medicina Preventiva dei Lavoratori;
- S.C. Pianificazione e Progetti Interaziendali;
- S.C. Farmacia con le relative S.S. Gestione dispositivi Medici, Farmacia di Tradate,
Farmacia di Saronno;
- S.S. Controllo di Gestione;
- S.S. Servizi Informativi;
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-
S.S. Verifica aspetti Igienico Sanitari e Strutturali Aziendali;
S.S. Qualità e Risk Management;
S.S. Ingegneria Clinica;
S.S Innovazione e Sviluppo;
S.C. Direzione Attività Ambulatoriale Aziendale;
S.S. S.I.T.R.A.;
S.C. Provveditorato Economato, con la relativa S.S. Economato;
S.C. Ufficio Tecnico;
S.C. Risorse Umane e Relazioni Sindacali;
S.C. Risorse Economico Finanziarie;
S.C. Segreteria Affari Generali e Legali;
F. A. Accettazione amministrativa;
F. A. Accreditamento Istituzionale;
F. A. Comunicazione
F. A. Donazione Organi
F. A. Formazione
F. A. Libera Professione
F.A. Trasparenza.
Oltre a ciò, l’AO di Busto Arsizio, sulla base dell’esperienza e delle valutazioni che
sarà possibile ricavare in seguito al periodo di iniziale applicazione del presente
Piano, individuerà ulteriori aree di attività, nonché Strutture, Servizi, Uffici e Funzioni,
anche di ambito sanitario ospedaliero, in quanto rivolte alla specificità dell’offerta
sanitaria svolta ma coinvolte con le suddette strutture organizzative, in quanto legate
ai procedimenti relativi alle predette aree, attività e processi di carattere
amministrativo.
Articolo 4 bis – La valutazione del rischio
Per valutazione del rischio si intende il processo di :
a) identificazione dei rischi
b) analisi dei rischi
c) ponderazione dei rischi
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d) definizione delle priorità di trattamento
e) trattamento del rischio e misure per neutralizzarlo
a) l’identificazione
L’attività di identificazione consiste nella ricerca, individuazione e descrizione dei
rischi; essa richiede che, per ciascun processo o fase di processo, siano fatti emergere
i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed
interno all’amministrazione, anche con riferimento alle specifiche posizioni
organizzative presenti all’interno di ciascuna amministrazione.
I rischi vengono identificati:
 mediante consultazione e confronto tra i soggetti coinvolti, tenendo presenti
le specificità di ciascuna unità operativa, di ciascun processo e del livello
organizzativo in cui il processo o la sotto-fase si colloca;
 mediante analisi dei dati tratti dall’esperienza e, cioè, dalla considerazione di
eventuali precedenti giudiziali (in particolare, i procedimenti e le decisioni
penali o di responsabilità amministrativa) o disciplinari (procedimenti avviati,
sanzioni irrogate) che hanno interessato l’amministrazione, nonché prescindendo in questa fase dall’attribuzione di un valore numerico, che sarà
invece utilizzato nelle successive fasi dell’analisi e della ponderazione attraverso la presa in considerazione e l’applicazione dei seguenti criteri:
Probabilità
Impatto
Discrezionalità
Organizzativo
Rilevanza esterna
Economico
Complessità del processo
Reputazionale
Valore economico del processo
Organizzativo, economico e
sull’immagine
Frazionabilità del processo
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Controlli
b) l’analisi del rischio.
L’analisi del rischio consiste nella valutazione della probabilità che il rischio si realizzi
e delle conseguenze che il rischio produce, al fine di giungere alla determinazione del
“livello di rischio”, rappresentato da un valore numerico.
Per ciascun rischio catalogato, occorre dunque stimare il valore della probabilità e il
valore dell’impatto. I criteri che è possibile utilizzare per stimare la probabilità e
l’impatto e per valutare il livello di rischio del processo sono quelli sopra elencati, che
debbono essere moltiplicati fra di loro per ottenere il valore complessivo, che
esprime il livello di rischio complessivo del processo.
c) la ponderazione del rischio.
La ponderazione consiste nel considerare il rischio alla luce dell’analisi effettuata e
nel raffrontarlo con altri rischi, al fine di decidere le priorità e l’urgenza di
trattamento.
L’analisi del rischi permette di ottenere una classificazione degli stessi in base al
livello di rischio più o meno elevato. A seguito dell’analisi, i singoli rischi ed i relativi
processi sono inseriti in una “classifica del livello di rischio”. Le fasi di processo, i
processi o gli aggregati di processo per i quali siano emersi i più elevati livelli di
rischio vanno ad identificare le aree di rischio che rappresentano le attività più
sensibili; da valutare ai fini del trattamento. La classifica del livello di rischio viene poi
esaminata e valutata per elaborare la proposta di trattamento dei rischi.
A fronte di tutto quanto sopra evidenziato e riportato, l’Azienda Ospedaliera – in
sede di prima applicazione del presente Piano - ha identificato, analizzato e
ponderato i rischi che sono riportati nella Tabella allegata al presente Piano, quale
sua parte integrante e sostanziale (Allegato n. 2).
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d) le priorità di trattamento
Le decisioni circa la priorità del trattamento si basano essenzialmente sui seguenti
fattori:
 livello di rischio: maggiore è il livello, maggiore è la priorità di trattamento;
 obbligatorietà della misura: va data priorità alla misura obbligatoria rispetto a
quella ulteriore;
 impatto organizzativo e finanziario connesso all’implementazione della misura.
La priorità di trattamento è definita dal responsabile della prevenzione.
f) il trattamento del rischio
La fase di trattamento del rischio consiste nel processo per modificare il rischio, ossia
nell’individuazione e nella valutazione delle misure che debbono essere predisposte
per neutralizzare o ridurre il rischio sulla base di quanto stabilito in ordine alla
priorità di trattamento di un rischio rispetto agli altri.
TERZO AMBITO: Le misure di prevenzione
Articolo 5 - Misure obbligatorie di prevenzione
Al fine di perseguire gli obiettivi strategici individuati dal Piano Nazionale
Anticorruzione, vale a dire:
 ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione
 aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione
 creare un contesto sfavorevole alla corruzione
il presente PTCP intende attuare, quale principale strumento di prevenzione
obbligatoria le seguenti misure:
A. adempimenti di trasparenza
B. codici di comportamento
C. rotazione del personale
D. obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse
E. disciplina specifica in materia di svolgimento di incarichi d’ufficio F. attività ed incarichi extra-istituzionali
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G. disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in caso di
particolari attività o incarichi precedenti (pantouflage – revolvingdoors)
H. disciplina specifica in materia di attività successiva alla cessazione del rapporto
di lavoro (pantouflage – revolving doors)
I. disciplina specifica in materia di formazione di commissioni, incompatibilità
specifiche per posizioni dirigenziali assegnazioni agli uffici, conferimento di
incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica
amministrazione
J. disciplina specifica in materia di tutela del dipendente che effettua
segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower)
K. formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla
prevenzione della corruzione.
tutto ciò tenendo comunque conto del vincolo derivante:
a) dal carattere imperativo della norma, che ha disciplinato appositi istituti che
debbono essere implementati obbligatoriamente;
b) dal carattere innovativo della disciplina, che richiede interventi di tipo
interpretativo per l’applicazione;
c) dal carattere non omogeneo delle amministrazioni ed enti coinvolti, che
richiede adattamenti e forme di flessibilità;
d) dall’invarianza finanziaria, stante la mancanza di un finanziamento ad hoc nella
legge e nei decreti attuativi.
Va peraltro rilevato, con particolare riferimento ai settori relativi all’affidamento
lavori, servizi e forniture (inclusi gli affidamenti in economia) nonché al settore delle
procedure concorsuali, che l’AO di Busto Arsizio opera nell’ambito di una normativa
specifica che prevede, a monte, una serie di adempimenti in capo
all’amministrazione volti a garantire la trasparenza e la correttezza delle procedure,
molte delle quali sono addirittura state fatte oggetto di certificazione da parte di
organismi terzi ed indipendenti di valutazione e certificazione.
Alla luce di tutto quanto sopra, il presente PTPC si configura come lo strumento
programmatico adottato dall’AO “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” per
l’attuazione e la implementazione di tutte le misure di prevenzione e le cui specifiche
di dettaglio sono le seguenti:
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A) “ADEMPIMENTI DI TRASPARENZA”
A.1) Concetto di Trasparenza, modalità ed ambiti di applicazione
La trasparenza rappresenta uno strumento fondamentale per la prevenzione della
corruzione e per l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. Da questo punto
di vista essa, infatti, permette:
- di conoscere il nominativo del responsabile per ciascun procedimento
amministrativo e, più in generale, per ciascuna area di attività
dell’amministrazione e, per tal via, attuare forme di responsabilizzazione dei
funzionari;
- di conoscere i presupposti per l’avvio e lo svolgimento del procedimento e, per tal
via, se ci sono dei “blocchi” anomali del procedimento stesso;
- di conoscere il modo in cui le risorse pubbliche sono impiegate e, per tal via, se
l’utilizzo di risorse pubbliche è deviato verso finalità improprie;
- di conoscere la situazione patrimoniale degli organi di gestione politica e dei
dirigenti e, per tal via, attuare un controllo circa arricchimenti anomali verificatisi
durante lo svolgimento del mandato.
In adempimento degli obblighi previsti dalla l. 241 del 1990, del d.lgs. n. 150 del 2009
nonché della l. 190/2012, la quale ultima ha previsto che la trasparenza dell'attività
amministrativa, “costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti
sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione,
secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.
150”, l’Azienda assicura l’attuazione di tale principio mediante la pubblicazione sul
proprio sito web: “www.aobusto.it” di tutte le informazioni stabilite come rilevanti
dalla legge.
Al riguardo e come più sopra esplicitato si richiamano i contenuti del Programma
Triennale per la Trasparenza ed Integrità adottato dall’Azienda Ospedaliera
“Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” nonché tutte le indicazioni circa le modalità di
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pubblicazione dei documenti e delle informazioni rilevanti e circa i dati da pubblicare
per le varie aree di attività, che sono contemplate e descritte dal d.lgs. n. 33, ove il
concetto di trasparenza è stato rafforzato ed inteso come “accessibilità totale delle
informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni
allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni
istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”.
Tutto ciò come strumento di un’amministrazione operante in maniera eticamente
corretta e che persegua obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione,
valorizzando l’accountability con i cittadini, curando gli adempimenti di trasparenza
seguendo le indicazioni contenute nell’Allegato A al D.Lgs. n. 33 del 2013, nonché
nella delibera n. 50 del 2013 della C.I.V.I.T. devono pubblicare sulla sezione
“Amministrazione trasparente” del proprio sito ai sensi dell’art. 1, comma 32, della l.
n. 190 del 2012.
Restano comunque “ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice
di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, nonché, naturalmente, tutte le
altre disposizioni già vigenti, che prescrivono misure di trasparenza. Tra queste, si
rammenta l’art. 4 della legge n. 15 del 2009, commi 7 e 8, che impone misure di
trasparenza sull’organizzazione e sull’attività, e che riguarda l’ampio ambito delle
“amministrazioni pubbliche”.
A.2) L’accesso civico.
Le prescrizioni di pubblicazione previste dal D.Lgs. n. 33 del 2013 sono obbligatorie,
sicché, nei casi in cui l’amministrazione abbia omesso la pubblicazione degli atti,
sorge in capo al cittadino il diritto di chiedere e ottenere l’accesso agli atti medesimi
non pubblicati in base a quanto stabilito dall’art. 5 del medesimo decreto.
La richiesta di accesso civico ai sensi dell’art. 5 non è sottoposta ad alcuna
limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere
motivata, è gratuita e va presentata al Responsabile della Trasparenza
dell'amministrazione.
Entro 30 giorni dalla richiesta l’Azienda:
- procede alla pubblicazione sul sito istituzionale del documento,
dell'informazione o dei dati richiesti;
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- trasmette contestualmente il dato al richiedente, ovvero gli comunica
l’avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale.
Se il documento, l'informazione o il dato richiesto risultano già pubblicati nel rispetto
della normativa vigente, l’Azienda per il tramite del Responsabile della Trasparenza
indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale.
In caso di ritardo o mancata risposta da parte dell’amministrazione, il richiedente
può ricorrere al titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9 bis, della l. n.
241 del 1990. Sul sito internet istituzionale dell'amministrazione è pubblicata, in
formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l'indicazione del
soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l'interessato può rivolgersi.
Il titolare del potere sostitutivo, ricevuta la richiesta del cittadino, verifica la
sussistenza dell’obbligo di pubblicazione in base a quanto previsto dalla legge.
I termini per il suo adempimento sono quelli di cui all’art. 2, comma 9 ter, della l. n.
241 del 1990, ossia un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.
Per la tutela del diritto di accesso civico si applicano le disposizioni di cui al d.lgs. n.
104 del 2010.
L’inoltro da parte del cittadino della richiesta di accesso civico comporta da parte del
Responsabile della trasparenza, l’obbligo di segnalazione di cui all’art. 43, comma 5,
del d.lgs. n. 33 nei confronti:
- dell’ufficio di disciplina, ai fini dell’eventuale attivazione del procedimento
disciplinare qualora si reputino esservi profili di responsabilità in capo al
Dipendente che abbia omesso la pubblicazione;
- del vertice politico dell’amministrazione, all’O.I.V. ai fini dell’attivazione delle
altre forme di responsabilità.
A.3) Compiti del responsabile per la prevenzione della corruzione in funzione di
responsabile della trasparenza.
Qualora il Responsabile della prevenzione della corruzione sia investito anche delle
funzioni di Responsabile per la trasparenza, egli ha il compito di:
 provvedere all’aggiornamento del P.T.T.I. (Programma Triennale Trasparenza
ed Integrità), al cui interno devono essere previste anche specifiche misure di
monitoraggio sull’attuazione degli obblighi di trasparenza;
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 controllare l’adempimento da parte dell’amministrazione degli obblighi di
pubblicazione previsti dalla normativa, assicurando la completezza, la
chiarezza e l’aggiornamento delle informazioni pubblicate;
 segnalare all’organo di indirizzo politico, all’O.I.V., all’Autorità nazionale
anticorruzione e, nei casi più gravi, all’U.P.D. i casi di mancato o ritardato
adempimento degli obblighi di pubblicazione, ai fini dell’attivazione del
procedimento disciplinare e delle altre forme di responsabilità;
 controllare ed assicurare la regolare attuazione dell’accesso civico.
Il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei
termini stabiliti dalla legge è garantito dai dirigenti responsabili degli uffici
dell’amministrazione.
B) “Codici di comportamento”.
B.1) Il nuovo Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici.
In attuazione della delega contenuta nell’art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, come
modificato dall’art. 1, comma 44, della l. n. 190, il Governo ha approvato il d.p.r. n.
62 del 2013, recante il “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” , in
sostituzione del D.M. 28.11.2000, inteso quale fondamentale misura di prevenzione
della corruzione, giacché le norme in esso contenute regolano, in senso legale ed
eticamente corretto, il comportamento dei dipendenti e, per tal via, indirizzano
l’azione amministrativa.
B.2) Soggetti destinatari.
Il Codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, il cui rapporto di lavoro è disciplinato
contrattualmente, ai sensi dell’articolo 2, commi 2 e 3 del medesimo decreto.
Per il personale in regime di diritto pubblico le disposizioni del codice assumono
quindi valenza “di principi di comportamento” in quanto compatibili con le
disposizioni speciali. In maniera del tutto innovativa, l’art. 2, comma 3, del Codice
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
prevede l’estensione degli obblighi di condotta anche nei confronti di tutti i
collaboratori dell’amministrazione, dei titolari di organi e di incarichi negli uffici di
diretta collaborazione delle autorità, nonché nei confronti di collaboratori a qualsiasi
titolo di imprese fornitrici di beni o servizi o che realizzano opere in favore
dell’amministrazione.
B.3) Il Codice di Comportamento Aziendale
Secondo quanto previsto dall’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 1,
comma 2, del Codice, ciascuna amministrazione deve definire, con procedura aperta
alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio O.I.V., un proprio Codice
di comportamento. A tal fine, alla C.I.V.I.T. è stato assegnato il compito di definire
criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di
amministrazione
Alla luce di tali criteri, anche l’Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto
Arsizio” ha approvato il proprio Codice Aziendale di Comportamento, individuando
regole comportamentali differenziate a seconda delle specificità professionali, delle
aree di competenza e delle aree di rischio la cui violazione, giusta quanto stabilito al
riguardo da parte della l. 190/2012, darà luogo a responsabilità disciplinare.
B.4) Contenuti
Il Codice di Comportamento Aziendale:
 in attuazione dell’art. 4, co. 5, del d.p.r. 62/2013, prevede quale soglia per i regali
non consentiti, il valore di 150,00 euro;
 in attuazione dell’art. 8, del d.p.r. 62/2013, contiene l’obbligo per i dipendenti di
rispettare le misure contenute nel P.T.P.C., e di prestare piena e sollecita
collaborazione nei confronti del responsabile della prevenzione;
 contiene una specifica disciplina per i dirigenti, compresi quelli “a contratto” e il
personale che svolge una funzione equiparata a quella dirigenziale nell’ambito
degli uffici di diretta collaborazione;
 incoraggia l’emersione di valori positivi all’interno e all’esterno
dell’amministrazione, quali:
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1. l’assunzione di “atteggiamenti leali e trasparenti ed un comportamento
esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i
destinatari dell’azione amministrativa.” (art. 13, comma 4);
2. la “cura del il benessere organizzativo nella rispettiva struttura, favorendo
l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori”
3. l’assunzione di iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla
formazione e all’aggiornamento del personale, all’inclusione e alla
valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.”
4. la raccomandazione che il dirigente, “nei limiti delle sue possibilità, eviti la
diffusione di notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione,
all’attività e ai dipendenti pubblici e favorisca la diffusione della conoscenza
di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei
confronti dell’amministrazione.”.
C) “Rotazione del personale addetto alle aree a rischio di corruzione”
La rotazione del personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione
rappresenta una misura di importanza cruciale tra gli strumenti di prevenzione della
corruzione. L’alternanza tra più professionisti nell’assunzione delle decisioni e nella
gestione delle procedure, infatti, riduce il rischio che possano crearsi relazioni
particolari tra amministrazione ed utenti, con il conseguente consolidarsi di
situazioni di privilegi, nonché l’aspettativa di risposte illegali, improntate a
collusione.
La legge n.190/2012 considera la rotazione in più occasioni:
a) art. 1, comma 4, lett. e): il D.F.P. definisce criteri generali, per assicurare la
rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione;
b) art. 1, comma 5, lett. b): le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e
trasmettono al D.F.P. procedure appropriate per selezionare e formare, in
collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i
dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla
corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e
funzionari;
c) art. 1, comma 10, lett. b): il responsabile della prevenzione procede alla
verifica dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo
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svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano
commessi reati di corruzione.
La rotazione del personale è inoltre prevista nell’ambito delle misure gestionali
proprie del dirigente. Infatti, l’art. 16, comma 1, lett. l quater, del d.lgs. n. 165 del
200,1 prevede che i dirigenti dispongano con provvedimento motivato la rotazione
del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di
natura corruttiva.
L’attuazione della misura della rotazione richiede:
 la preventiva identificazione da parte dell’autorità di indirizzo politico
gestionale, su segnalazione e proposta del Responsabile aziendale delle
prevenzione della corruzione, degli uffici e dei servizi che svolgono attività
nelle aree a più elevato rischio di corruzione. Per quanto riguarda l’Azienda
Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” queste ultime sono state
individuate nelle Strutture, nei Servizi e nelle Funzioni Aziendali di cui al sopra
all’articolo 4;
 l’individuazione, nel rispetto delle comunicazioni sindacali, delle modalità di
attuazione della rotazione, in modo da contemperare le esigenze dettate dalla
legge con quelle dirette a garantire il buon andamento dell’amministrazione,
mediante adozione di criteri generali;
 la definizione dei tempi di rotazione;
 la previsione, nell’ambito dell’atto generale approvato dall’autorità di indirizzo
politico gestionale (P.O.A.), della rotazione quale criterio per il conferimento
degli incarichi dirigenziali;
 l’identificazione di un nocciolo duro di professionalità laddove le stesse siano
indispensabili per lo svolgimento delle attività proprie di ciascun singolo ufficio
o servizio a rischio di corruzione; il livello di professionalità indispensabile è
graduato in maniera differente a seconda del ruolo rivestito nell’unità
organizzativa (responsabile o addetto);
 il coinvolgimento del personale in percorsi di formazione e aggiornamento
continuo, anche mediante sessioni formative in house, ossia con l’utilizzo di
docenti interni all’amministrazione, con l’obiettivo di creare competenze di
carattere trasversale e professionalità che possano essere utilizzate in una
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pluralità di settori;
 lo svolgimento di formazione ad hoc, con attività preparatoria di
affiancamento, per il dirigente neo-incaricato e per i collaboratori addetti,
affinché questi acquisiscano le conoscenze e la perizia necessarie per lo
svolgimento della nuova attività nell’area considerata a rischio.
Nell’attuazione in concreto della misura della rotazione, l’Azienda tiene dunque
conto dei seguenti criteri minimi di carattere generale:
1) per il personale dirigenziale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione,
come sopra individuate all’art. 4, la durata dell’incarico deve essere fissata al
limite minimo di legge;
2) alla scadenza, la responsabilità della struttura, del servizio o della funzione
ricoperta da personale dirigenziale deve essere affidata ad altro dirigente, a
prescindere dall’esito della valutazione riportata dal dirigente uscente; ogni
deroga od eccezione a tale principio dovrà essere espressamente motivata per
iscritto dall’organo di indirizzo politico gestionale;
3) per il personale non dirigenziale, la durata di permanenza nel settore avviene
secondo criteri di ragionevolezza, tenuto conto anche delle esigenze
organizzative;
4) in caso di notizia del formale avvio di un procedimento penale a carico di un
dipendente (ad esempio perché l’amministrazione ha avuto conoscenza di
un’informazione di garanzia o è stato pronunciato un ordine di esibizione ex art.
256 c.p.p. o una perquisizione o sequestro) e in caso di avvio di procedimento
disciplinare per fatti di natura corruttiva, ferma restando la possibilità di adottare
la sospensione del rapporto, l’Amministrazione:
a. per il personale dirigenziale procede con atto motivato alla rotazione
dell’incarico, ai sensi del combinato disposto dell’art. 16, comma 1, lett. l
quater, e dell’art. 55 ter, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001;
b. per il personale non dirigenziale procede all’assegnazione ad altro servizio
ai sensi del citato art. 16, comma 1, lett. l quater;
5) nell’applicazione della misura della rotazione, va valutato anche se la stessa –
indirettamente - comporta o meno un temporaneo rallentamento dell’attività
ordinaria, quale conseguenza del tempo necessario ad acquisire la diversa
professionalità;
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D) “Astensione in caso di conflitto di interesse”
Nell’ambito della legge sul procedimento amministrativo, l’art. 1, comma 41, della l.
n. 190 ha introdotto l’art. 6 bis nella l. n. 241 del 1990, rubricato “Conflitto di
interessi”.
La disposizione stabilisce che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici
competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endo-procedimentali e
il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando
ogni situazione di conflitto, anche potenziale.”.
In attuazione di tale disposizione nonché dell’art. 6 del d.p.r. 62/2013:
- il responsabile del procedimento, il titolare dell’ufficio competente ad adottare il
provvedimento finale ed i titolari degli uffici competenti ad adottare atti endoprocedimentali devono obbligatoriamente astenersi nel caso di conflitto di
interesse anche solo potenziale;
- i medesimi soggetti devono senza indugio segnalare tale loro situazione
La segnalazione del conflitto deve essere indirizzata al dirigente, il quale, esaminate
le circostanze, valuta se la situazione realizza un conflitto di interesse idoneo a ledere
l’imparzialità dell’agire amministrativo. Il dirigente destinatario della segnalazione
deve valutare espressamente la situazione sottoposta alla sua attenzione e deve
rispondere per iscritto al dipendente medesimo sollevandolo dall’incarico oppure
motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento
dell’attività da parte di quel dipendente. Nel caso in cui sia necessario sollevare il
dipendente dall’incarico esso dovrà essere affidato dal dirigente ad altro dipendente
ovvero, in carenza di dipendenti professionalmente idonei, il dirigente dovrà avocare
a sé ogni compito relativo a quel procedimento.
Qualora il conflitto riguardi un dirigente, a valutare le iniziative da assumere sarà il
responsabile per la prevenzione.
La violazione sostanziale della norma, che si realizza con il compimento di un atto da
parte di chi è portatore di un interesse proprio od altrui e dunque illegittimo, dà
luogo a responsabilità disciplinare del dipendente, suscettibile di essere sanzionata
con l’irrogazione di sanzioni all’esito del relativo procedimento, oltre a poter
costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo
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dello stesso.
E) “Svolgimento di incarichi d’ufficio - attività ed incarichi extra-istituzionali”.
Il cumulo in capo ad un medesimo dirigente o funzionario di incarichi conferiti
dall’amministrazione può comportare il rischio di un’eccessiva concentrazione di
potere su un unico centro decisionale. La concentrazione del potere decisionale
aumenta il rischio che l’attività amministrativa possa essere indirizzata verso fini
privati o impropri determinati dalla volontà del dirigente stesso. Inoltre, lo
svolgimento di incarichi, soprattutto se extra-istituzionali, da parte del dirigente o del
funzionario può realizzare situazioni di conflitto di interesse che possono
compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa, ponendosi altresì
come sintomo dell’evenienza di fatti corruttivi.
Per questi motivi, la l. n. 190 del 2012 è intervenuta a modificare anche il regime
dello svolgimento degli incarichi da parte dei dipendenti pubblici contenuto nell’art.
53 del d.lgs. n. 165 del 2001, in particolare prevedendo che:
- appositi regolamenti (adottati su proposta del Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai
sensi dell’art. 17, comma 2, della l. n. 400 del 1988) debbono individuare, secondo
criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli
incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001;
- l’Azienda nel conferire incarichi extraistituzionali si ispira alle disposizioni di Legge
ed in particolare all’art. 53, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato
dalla l. n. 190 del 2012, che prevede che “In ogni caso, il conferimento operato
direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di
incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di
appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d'impresa
o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri
oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali
da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del
buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche
potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni
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attribuite al dipendente”.
- in sede di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extra-istituzionali, secondo
quanto previsto dall’art. 53, comma 7, del d.lgs. n 165 del 2001, l’Azienda valuterà
tutti i profili di conflitto di interesse, anche quelli potenziali; l’istruttoria circa il
rilascio dell’autorizzazione andrà condotta in maniera molto accurata, tenendo
presente che talvolta lo svolgimento di incarichi extra-istituzionali costituisce per
il dipendente un’opportunità, in special modo se dirigente, di arricchimento
professionale utile a determinare una positiva ricaduta nell’attività istituzionale
ordinaria; ne consegue che la possibilità di svolgere incarichi andrà attentamente
valutata, anche in ragione dei criteri di crescita professionale, culturale e
scientifica nonché di valorizzazione di un’opportunità personale che potrebbe
avere ricadute positive sullo svolgimento delle funzioni istituzionali ordinarie da
parte del dipendente;
- il dipendente è tenuto a comunicare formalmente all’Azienda anche l’attribuzione
di incarichi gratuiti (comma 12); in questi casi, l’Azienda - pur non essendo
necessario il rilascio di una formale autorizzazione - valuterà tempestivamente
l’eventuale sussistenza di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale e, se
del caso, comunicherà al dipendente il diniego allo svolgimento dell’incarico; va
comunque preventivamente comunicato l’espletamento degli incarichi
espressamente menzionati nelle lettere da a) ad f-bis) del comma 6 dell’art. 53
del d.lgs. n. 165 del 2001;
- il regime delle comunicazioni al D.F.P. avente ad oggetto gli incarichi si estende
anche agli incarichi gratuiti, con le precisazioni sopra indicate; secondo quanto
previsto dal comma 12 del predetto art. 53, gli incarichi autorizzati e quelli
conferiti, anche a titolo gratuito, dalle pubbliche amministrazioni debbono essere
comunicati al D.F.P. in via telematica entro 15 giorni; per le modalità di
comunicazione dei dati sono fornite apposite indicazioni sul sito
www.perlapa.gov.it nella sezione relativa all’anagrafe delle prestazioni;
F) Conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o
incarichi precedenti (pantouflage – revolving doors).
Il d.lgs. n. 39 del 2013, recante disposizioni in materia di inconferibilità e
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incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni, e presso gli enti
privati in controllo pubblico, ha anche disciplinato:
 delle particolari ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali o assimilati in
relazione all’attività svolta dall’interessato in precedenza;
 delle situazioni di incompatibilità specifiche per i titolari di incarichi dirigenziali
e assimilati;
 delle ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali o assimilati per i soggetti
che siano stati destinatari di sentenze di condanna per delitti contro la
pubblica amministrazione.
L’obiettivo di tale complesso intervento normativo è tutto in un’ottica di
prevenzione.
La legge ha infatti valutato ex ante e in via generale che:
 lo svolgimento di certe attività/funzioni può agevolare la precostituzione di
situazioni favorevoli, per essere successivamente destinatari di incarichi
dirigenziali e assimilati e, quindi, può comportare il rischio di un accordo
corruttivo per conseguire il vantaggio in maniera illecita;
 il contemporaneo svolgimento di alcune attività inquina, di regola, l’azione
imparziale della pubblica amministrazione, costituendo un humus favorevole
ad illeciti scambi di favori;
 in caso di condanna penale, anche se ancora non definitiva, la pericolosità del
soggetto consiglia in via precauzionale di evitare l’affidamento di incarichi
dirigenziali, che comportano responsabilità su aree a rischio di corruzione.
In particolare, i Capi III e IV del decreto regolano le ipotesi di inconferibilità degli
incarichi ivi contemplati, in riferimento a due diverse situazioni:
A. incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati
dalle pubbliche amministrazioni;
B. incarichi a soggetti che sono stati componenti di organi di indirizzo politico.
Gli atti ed i contratti posti in essere in violazione delle limitazioni sono nulli ai sensi
dell’art. 17 del d.lgs. inconferibilità. A carico dei componenti di organi che abbiano
conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste
dall’art. 18.
La situazione di inconferibilità non può essere sanata perché viene a decadere
automaticamente col trascorrere del tempo. Per il caso in cui le cause di
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inconferibilità, sebbene esistenti ab origine, non fossero note all’Azienda e si
appalesassero nel corso del rapporto, il responsabile della prevenzione è tenuto ad
effettuare la contestazione all’interessato, il quale, previo contraddittorio, deve
essere rimosso dall’incarico.
G) Incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali.
Per “incompatibilità” si intende “l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico
di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni, tra la
permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti
di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce
l’incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l’assunzione della carica di
componente di organi di indirizzo politico” (art. 1 d.lgs. n. 39).
Le situazioni di incompatibilità sono previste nel Capi V e VI del d.lgs. n. 39.
A differenza che nel caso di inconferibilità, la causa di incompatibilità può essere
rimossa mediante rinuncia dell’interessato ad uno degli incarichi che la legge ha
considerato incompatibili tra di loro.
Se si riscontra nel corso del rapporto una situazione di incompatibilità, il responsabile
della prevenzione deve effettuare una contestazione all’interessato e la causa deve
essere rimossa entro 15 giorni; in caso contrario, la legge prevede la decadenza
dall’incarico e la risoluzione del contratto di lavoro autonomo o subordinato (art. 19
d.lgs. n. 39).
All’atto della sottoscrizione del contratto di lavoro, il nuovo assunto deve rendere
dichiarazione ai sensi e per gli effetti del DPR 445/200 relativa alla insussistenza di
situazione di incompatibilità. Identica dichiarazione deve essere annualmente resa
dai dipendenti investiti di funzioni dirigenziali. La relativa modulistica è reperibile sul
sito internet aziendale www.aobusto.it.
H) Lo svolgimento di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro
(pantouflage – revolving doors).
La l. n. 190 ha introdotto un nuovo comma, nell’ambito dell’art. 53 del d.lgs. n. 165
del 2001, volto a contenere il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego
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del dipendente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Il rischio valutato
dalla norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente
precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la
sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro
per lui attraente presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto. La
norma prevede quindi una limitazione della libertà negoziale del dipendente per un
determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto per eliminare la
“convenienza” di accordi fraudolenti.
La disposizione stabilisce che “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno
esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di
cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla
cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso
i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta
attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione
di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati
che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i
successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e
accertati ad essi riferiti.”
Per questo motivo, ai Dipendenti dell’AO “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” che,
nel corso degli ultimi tre anni di servizio:
 hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto
dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i
soggetti privati che sono stati destinatari di provvedimenti, contratti o
accordi;
 che comunque, per il ruolo e la posizione ricoperti nell’amministrazione,
hanno avuto il potere di incidere in maniera determinante sulla decisione
oggetto dell’atto;
 oppure ancora che hanno esercitato la potestà o il potere negoziale con
riguardo allo specifico procedimento o procedura (dirigenti, funzionari
titolari di funzioni dirigenziali, responsabile del procedimento nel caso
previsto dall’art. 125, commi 8 e 11, del d.lgs. n. 163 del 2006);
è fatto divieto, nel triennio successivo alla cessazione del rapporto con l’Azienda,
qualunque sia la causa di cessazione (e quindi anche in caso di collocamento in
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quiescenza per raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione), di avere alcun
rapporto di lavoro autonomo o subordinato con i soggetti privati che sono stati
destinatari di provvedimenti, contratti o accordi con controparte l’Azienda stessa.
In caso di violazione del predetto divieto:
1) i contratti di lavoro conclusi e gli incarichi conferiti in violazione del divieto
sono nulli;
2) i soggetti privati che hanno concluso contratti o conferito incarichi in
violazione del divieto non possono contrattare con la pubblica
amministrazione di provenienza dell’ex dipendente per i successivi tre anni ed
hanno l’obbligo di restituire eventuali compensi eventualmente percepiti ed
accertati in esecuzione dell’affidamento illegittimo;
I) Formazione di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento di incarichi
dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica
amministrazione.
Con la nuova normativa sono state introdotte anche delle misure di prevenzione di
carattere soggettivo, con le quali la tutela è anticipata al momento di individuazione
degli organi che sono deputati a prendere decisioni e ad esercitare il potere nelle
amministrazioni.
Tra queste, il nuovo art. 35 bis, inserito nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, pone
delle condizioni ostative per la partecipazione a commissioni di concorso o di gara e
per lo svolgimento di funzioni direttive in riferimento agli uffici considerati a più
elevato rischio di corruzione. La norma in particolare prevede che:
“1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato,
per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:
a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per
l'accesso o la selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla
gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché
alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o
attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per
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l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di
sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi
economici di qualunque genere”.
Gli atti ed i contratti posti in essere in violazione delle limitazioni sono nulli ai sensi
dell’art. 17 del d.lgs. n. 39 del 2013. A carico dei componenti di organi che abbiano
conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste
dall’art. 18.
Al riguardo, si precisa che:
o la preclusione opera in presenza di una sentenza, ivi compresi i casi di
patteggiamento, per i delitti contro la pubblica amministrazione anche se la
decisione non è ancora irrevocabile ossia non è ancora passata in giudicato
(quindi anche in caso di condanna da parte del Tribunale);
o la specifica preclusione di cui alla lett. b) del citato art. 35 bis riguarda sia
l’attribuzione di incarico o l’esercizio delle funzioni dirigenziali sia lo
svolgimento di funzioni direttive; pertanto, l’ambito soggettivo della norma
riguarda i dirigenti, i funzionari ed i collaboratori (questi ultimi nel caso in cui
siano titolari di posizioni organizzative);
o in base a quanto previsto dal comma 2 del suddetto articolo, la disposizione
riguarda i requisiti per la formazione di commissioni e la nomina dei segretari e
pertanto la sua violazione si traduce nell’illegittimità del provvedimento
conclusivo del procedimento;
o la situazione impeditiva viene meno ove venga pronunciata per il medesimo
reato una sentenza di assoluzione anche non definitiva.
Se la situazione di inconferibilità si appalesa nel corso del rapporto, il responsabile
della prevenzione deve effettuare la contestazione nei confronti dell’interessato e lo
stesso deve essere rimosso dall’incarico o assegnato ad altro ufficio.
J) Tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower).
L’art. 1, comma 51, della legge ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs.
n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, rubricato “Tutela del dipendente pubblico che segnala
illeciti”, il c.d. whistleblower. Si tratta di una disciplina che introduce una misura di
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tutela già in uso presso altri ordinamenti, finalizzata a consentire l’emersione di
fattispecie di illecito. In linea con le raccomandazioni del WGB dell’OECD13, la tutela
deve essere estesa alle ipotesi di segnalazione di casi di corruzione internazionale
(art.322 bis c.p.).
Il nuovo art. 54 bis prevede che “1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia
o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile,
il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti,
ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a
conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o
sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle
condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere
rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare
sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la
contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere
rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa
dell'incolpato.
3. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione
pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse
sono state poste in essere.
4. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.”.
La disposizione pone tre norme:
 la tutela dell’anonimato;
 il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;
 la previsione che la denuncia è sottratta al diritto di accesso fatta esclusione
delle ipotesi eccezionali descritte nel comma 2 del nuovo art. 54 bis d.lgs. n.
165 del 2001 in caso di necessità di disvelare l’identità del denunciante.
J.1) Anonimato.
La ratio della norma è quella di evitare che il dipendente ometta di effettuare
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segnalazioni di illecito per il timore di subire conseguenze pregiudizievoli.
La norma tutela l’anonimato facendo specifico riferimento al procedimento
disciplinare. Tuttavia, l’identità del segnalante deve essere protetta in ogni contesto
successivo alla segnalazione.
Per quanto riguarda lo specifico contesto del procedimento disciplinare, l’identità del
segnalante può essere rivelata all’autorità disciplinare e all’incolpato nei seguenti
casi:
 consenso del segnalante;
 la contestazione dell'addebito disciplinare è fondata su accertamenti distinti e
ulteriori rispetto alla segnalazione: si tratta dei casi in cui la segnalazione è
solo uno degli elementi che hanno fatto emergere l’illecito, ma la
contestazione avviene sulla base di altri fatti da soli sufficienti a far scattare
l’apertura del procedimento disciplinare;
 la contestazione è fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la
conoscenza dell'identità è assolutamente indispensabile per la difesa
dell'incolpato: tale circostanza può emergere solo a seguito dell’audizione
dell’incolpato ovvero dalle memorie difensive che lo stesso produce nel
procedimento.
La tutela dell’anonimato prevista dalla norma non è sinonimo di accettazione di
segnalazione anonima. La misura di tutela introdotta dalla disposizione si riferisce al
caso della segnalazione proveniente da dipendenti individuabili e riconoscibili. Resta
fermo restando che l’amministrazione deve prendere in considerazione anche
segnalazioni anonime, ove queste si presentino adeguatamente circostanziate e rese
con dovizia di particolari, siano tali cioè da far emergere fatti e situazioni
relazionandoli a contesti determinati (es.: indicazione di nominativi o qualifiche
particolari, menzione di uffici specifici, procedimenti o eventi particolari, ecc.).
Le disposizioni a tutela dell’anonimato e di esclusione dell’accesso documentale non
possono comunque essere riferibili a casi in cui, in seguito a disposizioni di legge
speciale, l’anonimato non può essere opposto, ad esempio indagini penali, tributarie
o amministrative, ispezioni, ecc.
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J.2) Il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower.
Per misure discriminatorie si intende le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie
sul luogo di lavoro ed ogni altra forma di ritorsione che determini condizioni di lavoro
intollerabili. La tutela prevista dalla norma è circoscritta all’ambito della pubblica
amministrazione; infatti, il segnalante e il denunciato sono entrambi pubblici
dipendenti. La norma riguarda le segnalazioni effettuate all'Autorità giudiziaria, alla
Corte dei conti o al proprio superiore gerarchico.
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver
effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta
discriminazione:
 al responsabile della prevenzione, che valuta la sussistenza degli elementi per
effettuare la segnalazione di quanto accaduto;
 al dirigente sovraordinato del dipendente che ha operato la discriminazione, il
quale valuta tempestivamente l’opportunità/necessità di adottare atti o
provvedimenti per ripristinare la situazione e/o per rimediare agli effetti negativi
della discriminazione in via amministrativa e la sussistenza degli estremi per
avviare il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che ha operato
la discriminazione,
 all’U.P.D. per i procedimenti di propria competenza, che valuta la sussistenza
degli estremi per avviare il procedimento disciplinare nei confronti del
dipendente che ha operato la discriminazione,
 all’Ufficio del contenzioso dell’amministrazione che valuta la sussistenza degli
estremi per esercitare in giudizio l’azione di risarcimento per lesione
dell’immagine della pubblica amministrazione;
 all’Ispettorato della funzione pubblica, che valuta la necessità di avviare
un’ispezione al fine di acquisire ulteriori elementi per le successive
determinazioni.
Oltre a ciò, il dipendente che si ritenesse discriminato:
o può dare notizia dell’avvenuta discriminazione all’organizzazione sindacale alla
quale aderisce o ad una delle organizzazioni sindacali rappresentative nel
comparto presenti nell’amministrazione; l’organizzazione sindacale deve riferire
della situazione di discriminazione all’Ispettorato della funzione pubblica se la
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segnalazione non è stata effettuata dal responsabile della prevenzione;
o può dare notizia dell’avvenuta discriminazione al Comitato Unico di Garanzia,
d’ora in poi C.U.G.; il presidente del C.U.G. deve riferire della situazione di
discriminazione all’Ispettorato della funzione pubblica se la segnalazione non è
stata effettuata dal responsabile della prevenzione;
o può agire in giudizio nei confronti del dipendente che ha operato la
discriminazione e dell’amministrazione per ottenere:
 un provvedimento giudiziale d’urgenza finalizzato alla cessazione della misura
discriminatoria e/o al ripristino immediato della situazione precedente;
 l’annullamento davanti al T.A.R. dell’eventuale provvedimento amministrativo
illegittimo e/o, se del caso, la sua disapplicazione da parte del Tribunale del
lavoro e la condanna nel merito per le controversie in cui è parte il personale
c.d. contrattualizzato;
 il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente alla
discriminazione.
J.3) Sottrazione al diritto di accesso.
Il documento, attraverso il quale il whistleblower ha attuato la segnalazione, non può
essere oggetto di visione né di estrazione di copia da parte di richiedenti, ricadendo
nell’ambito delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 24, comma 1, lett. a), della l. n.
241 del 1990. La presente disposizione integra e/o sostituisce ogni eventuale altra
diverse indicazione regolamentare di livello aziendale.
Nel corso del periodo di vigenza del presente PTPC, l’Azienda porrà in essere tutte le
misure tecniche ed informatiche necessarie all’adempimento di una completa ed
efficace tutela del whistleblower, anche attraverso l’attivazione, per il tramite dei
propri Sistemi Informativi, di un canale di ascolto dedicato in grado di garantire
l’anonimato ed il raggiungimento di un ragionevole grado di
K) Formazione.
La formazione riveste un’importanza cruciale nell’ambito della prevenzione della
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
corruzione. Infatti, una formazione adeguata consente di raggiungere i seguenti
obiettivi:
 l’attività amministrativa è svolta da soggetti consapevoli: la discrezionalità è
esercitata sulla base di valutazioni fondate sulla conoscenza e le decisioni sono
assunte “con cognizione di causa”; ciò comporta la riduzione del rischio che
l’azione illecita sia compiuta inconsapevolmente;
 la conoscenza e la condivisione degli strumenti di prevenzione (politiche,
programmi, misure) da parte dei diversi soggetti che a vario titolo operano
nell’ambito del processo di prevenzione;
 la creazione di una base omogenea minima di conoscenza, che rappresenta
l’indispensabile presupposto per programmare la rotazione del personale;
 la creazione della competenza specifica necessaria per il dipendente per
svolgere la nuova funzione da esercitare a seguito della rotazione;
 la creazione di competenza specifica per lo svolgimento dell’attività nelle aree
a più elevato rischio di corruzione;
 l’occasione di un confronto tra esperienze diverse e prassi amministrative
distinte da ufficio ad ufficio, reso possibile dalla compresenza di personale “in
formazione” proveniente da esperienze professionali e culturali diversificate;
ciò rappresenta un’opportunità significativa per coordinare ed omogeneizzare
all’interno dell’ente le modalità di conduzione dei processi da parte degli uffici,
garantendo la costruzione di “buone pratiche amministrative” a prova di
impugnazione e con sensibile riduzione del rischio di corruzione;
 la diffusione degli orientamenti giurisprudenziali sui vari aspetti dell’esercizio
della funzione amministrativa, indispensabili per orientare il percorso degli
uffici, orientamenti spesso non conosciuti dai dipendenti e dai dirigenti anche
per ridotta disponibilità di tempo da dedicare all’approfondimento;
 evitare l’insorgere di prassi contrarie alla corretta interpretazione della norma
di volta in volta applicabile;
 la diffusione di valori etici, mediante l’insegnamento di principi di
comportamento eticamente e giuridicamente adeguati
Nella predetta ottica, la Legge 190/2012 prevede una serie di misure da adottarsi per
la formazione del personale.
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
In particolare:
 la definizione di procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti
destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione,
eventualmente verificando l’esistenza di percorsi di formazione ad hoc presso
la “Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione” ed individuando il
personale da inserire in tali programmi (art. 1 comma 8 ed 11)
 l’organizzazione di attività di formazione del personale per la conoscenza e la
corretta applicazione del Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici
(art. 1 co. 44)
Nell’ambito delle misure indicate dalla Legge 190/2012, l’AO di Busto Arsizio, nel
corso della vigenza del Piano Triennale Anticorruzione, svilupperà interventi di
formazione/informazione realizzati preferibilmente da personale interno e senza
incidere sul bilancio aziendale, attraverso uno specifico programma annuale,
eventualmente concordato con altre Aziende Ospedaliere od Enti del Servizio
Sanitario Nazionale od anche a livello regionale, rivolti a tutto il proprio personale,
con la duplice funzione di prevenire e contrastare il fenomeno corruttivo e fornire la
massima informazione sulle concrete situazioni di rischio. Tutto ciò articolato su più
livelli:
1. un intervento di tipo “informativo” in senso lato, che abbia come caratteristica
principale la diffusione dei principi normativi e la contestualizzazione dei profili
di rischio legati alle attività svolte in Azienda. Tale intervento dovrà essere
necessariamente diretto alla generalità del personale ed avere un forte
impatto comunicativo, diretto a stimolare la condivisione dei principi etici e il
rifiuto della illegalità.
2. una formazione diretta ai Dirigenti ed ai Responsabili/Referenti di Struttura,
con l’obiettivo di definire le responsabilità e le procedure da attivare per
evitare e segnalare il verificarsi di episodi di corruzione tra il personale.
3. una formazione “mirata” diretta in modo specifico al personale operante nelle
aree a rischio individuate ai sensi del presente Piano, che tenga conto di
eventuali rischi insiti nelle modalità di lavoro; questi ulteriori tipi di intervento
dovranno possibilmente prevedere anche sessioni di follow up, per costituire
nelle strutture interessate un presidio con una competenza specifica in
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
materia, quale supporto normativo- procedimentale ed in funzione di
realizzare un “catalogo dei rischi”;
4. una formazione periodica (anche con modalità “flessibili” quali il tutoring e/o
mentoring ) attivabile - in particolare - in caso di nuove assunzioni o di
assegnazione di nuovo personale alle strutture in cui maggiormente è
presente il rischio di corruzione.
Caratteristica dei percorsi formativi proposti sarà la modularità, il cui obiettivo
principale è di assicurare una formazione puntuale e continua che possa essere
declinata in base ai diversi livelli di responsabilità e ai diversi livelli di rischio presenti
nelle strutture dell’AO di Busto Arsizio.
L’efficacia di ogni intervento in argomento, in particolare se mirato, è direttamente
connessa alla possibilità di un simmetrico intervento organizzativo rispetto a processi
e procedimenti ed al suo concreto tradursi in fattispecie regolamentate a livello di
azienda.
Articolo 5 bis) Controllo e prevenzione del rischio
Il Responsabile procederà alla verifica dell’adempimento del presente Piano
(monitoraggio) principalmente secondo le seguenti quattro azioni complementari:
1. raccolta di informazioni
2. verifiche e controlli presso le strutture
3. funzioni di audit
4. trasparenza
Ciò significa che:
1) Il Responsabile raccoglierà da parte dei Dirigenti/Referenti informazioni presso la
singola Struttura Organizzativa con modalità:
- “sincrona”: ciò significa che, con cadenza periodica, sarà chiesto al
Dirigente/Referente un report sul rispetto dei tempi e sulla correttezza dei
procedimenti amministrativi di propria competenza
- “asincrona”: vale a dire al verificarsi di ogni fenomeno del quale
Dirigente/Referente ritenga opportuno informare il Responsabile Aziendale
La mancata od incompleta trasmissione al Responsabile Aziendale per la Prevenzione
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
della Corruzione delle informazioni dallo stesso richieste potrà essere fonte di
responsabilità disciplinare.
Il Responsabile Aziendale deve tenere conto anche di eventuali segnalazioni
provenienti da terzi portatori di interesse purché le stesse siano: 1)non anonime; 2)
sufficientemente circostanziate; 3) evidenzianti di anomalia e che configurino la
possibilità di un probabile rischio di corruzione.
2) Il Responsabile Aziendale potrà in ogni momento procedere, con l’ausilio dei
competenti Responsabili/Referenti di Struttura, a verifiche presso le strutture
dell’Azienda, sia sanitarie che amministrative, in cui sia presente almeno un ambito
di attività tra quelle considerate a rischio di corruzione.
Nel primo anno di attuazione del presente piano, i controlli saranno concentrati sui
quattro procedimenti indicati all’art. 1, comma 16 della Legge 190/2012 e di cui
sopra; una volta completata la mappatura delle attività maggiormente esposte a
rischio di corruzione, a seguito di quanto emergerà dalle indicazioni pervenute dai
Dirigenti/Referenti come previsto al paragrafo 4, il monitoraggio potrà essere esteso
anche ai processi ed ai provvedimenti ricompresi negli ulteriori ambiti così
individuati.
Sulla base delle esperienze maturate nel primo anno di applicazione del Piano
aziendale di prevenzione della corruzione, potrà essere peraltro prevista e codificata
una procedura specifica per le attività di controllo.
3) L’Azienda valuterà l’opportunità di programmare un piano di internal audit che
nell’ambito delle attività previste per tale funzione (tra cui la definizione delle linee
di indirizzo del sistema di Controllo Interno dall’Azienda) possa integrare delle azioni
sinergiche anche nell’ambito del monitoraggio e controllo mirate alle prevenzione
della corruzione.
4) La trasparenza gioca un ruolo essenziale e strategico in funzione delle prevenzione
della corruzione consentendo la tracciabilità dei procedimenti amministrativi ed una
forma di rendicontazione dell’azione pubblica nei confronti degli stakeholders. In
questa ottica, la Legge 190/2012 prevede espressamente l’obbligatorietà della
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
pubblicazione di talune informazioni. In aggiunta a queste, l’Azienda Ospedaliera di
Busto Arsizio potrà prevende, nell’ambito del proprio Programma Triennale per la
Trasparenza e la Integrità, la pubblicazione di eventuali ulteriori dati non
espressamente previsti, ma utili nell’ottica di una sempre maggiore accessibilità alle
informazioni da parte degli stakeholders.
Articolo 5 ter) Monitoraggio del rispetto dei termini previsti dalla Legge o dai
Regolamenti per la conclusione dei procedimenti.
La Legge 190/2012 ha introdotto una serie di modifiche alla Legge 241/1990, in
particolare prevedendo che il Responsabile del Procedimento e i titolari degli uffici
competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e
provvedimento finale, debbano astenersi in caso di conflitto di interesse e segnalare
ogni situazione, anche potenziale di conflitto.
La stessa Legge ha inoltre previsto che il Governo adotti un decreto legislativo per la
disciplina organica degli illeciti e le relative sanzioni disciplinari correlati al
superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi, indicandone
principi e criteri direttivi. Allo stato non se ne ha ancora notizia (cfr.
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/12190ld.htm) ma qualora lo stesso fosse
adottato, il presente Piano ne terrà debito conto. Nel frattempo, qualora a seguito
dei controlli eseguiti secondo le modalità di cui al precedente punto 5.b) dovesse
emergere il superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi,
varranno le regole dettate dal vigente Codice Disciplinare dell’AO di Busto, valutate
alla luce della gravità del comportamento, della misura del ritardo, delle
conseguenze negative derivatene per l’AO stessa.
Articolo 5 quater) Monitoraggio dei rapporti tra l’Amministrazione
e i soggetti esterni
Il presente Piano intende altresì disciplinare un’azione di monitoraggio dei rapporti
tra l’Amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono
interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi
economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci nonché i dipendenti degli
stessi soggetti e i Dirigenti e dipendenti della Amministrazione.
Nella predetta prospettiva, le nomine dei componenti delle Commissioni giudicatrici
delle procedure di gara, secondo il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, avvengono nel rispetto del principio della rotazione dei soggetti esperti
nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto e previa sottoscrizione
da parte loro della seguente dichiarazione :
1. di non aver svolto né di svolgere funzioni o incarichi tecnici o amministrativi
relativamente alla procedura oggetto di gara;
2. di non aver rivestito cariche di pubblico amministratore presso l’Azienda nel
biennio precedente alla procedura oggetto di gara;
3. di non aver concorso con dolo o colpa grave, accertati in sede giurisdizionale
con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi;
4. che nei propri confronti non sussistono cause di astensione previste dall’art. 51
c.p.c..
Articolo 5 quinquies) Monitoraggio continuo
A completare il presidio del sistema, verrà comunque istituito un Gruppo di Lavoro,
con funzioni di raccordo tra i Dirigenti Responsabili delle Strutture interessate e i
Responsabile della prevenzione della corruzione, per un’azione di monitoraggio
continuo del rispetto di quanto previsto dalla normativa.
In ogni caso ed allo scopo di reperire un dato che abbia caratteristiche di
significatività e concretezza, le attività di monitoraggio di cui agli artt. 5 ter, 5 quater
e 5 quinquies avranno cadenza semestrale.
Articolo 6. Obblighi informativi
I Responsabili/Referenti delle Strutture individuate nella tabella al paragrafo 4,
devono periodicamente dare informazione scritta al Responsabile Aziendale dei
monitoraggi effettuati nei rispettivi settori nonché dell’eventuale mancato rispetto
dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi e delle segnalazioni di
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
reclamo o ricorsi pervenuti, e fornire le motivazioni del caso.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione può inoltre chiedere in ogni
momento ai suddetti Responsabili/Referenti dei Settori e Servizi informazioni circa i
termini di conclusione dei procedimenti amministrativi di propria competenza,
procedendo anche a ispezioni e verifiche presso le Strutture Aziendali per il tramite
dell’ausilio di funzionari interni competenti per settore,
Articolo 7. Obblighi di trasparenza
Come meglio precisato più sopra, il Programma Triennale per la Trasparenza e
l’Integrità costituisce parte essenziale ed integrante del Piano di prevenzione della
corruzione ed è pubblicato sul sito web aziendale, nella sezione “Amministrazione
Trasparente”.
Articolo 8. Rotazione degli incarichi
Ad ulteriore specificazione di quanto più sopra evidenziato, come previsto dall’art. 1,
comma 10, della Legge 190/2012 e secondo i criteri come sopra dettati, la Direzione
Strategica dell’Azienda provvederà alla scadenza od in caso di necessità, su
segnalazione del Responsabile Aziendale della Prevenzione della Corruzione, ad
effettuare una valutazione sull’opportunità o sulla necessità di una rotazione del
personale, nell’ affidamento degli incarichi di responsabilità dirigenziale. Laddove ciò
non fosse possibile, la Direzione Strategica ne darà conseguente motivazione scritta.
In linea di principio, si definiscono come strategiche, e dunque tendenzialmente
escluse dalla rotazione, le figure dirigenziali dotate di alta specializzazione e deputate
a settori ed attività per le quali occorrano competenze e capacità professionali di
particolare specificità ed importanza.
Articolo 9. Relazione sull’attività svolta
Il Responsabile della prevenzione della corruzione, entro il 15 dicembre di ogni anno,
sottopone al Direttore Generale una relazione recante i risultati dell’attività svolta,
da pubblicarsi nel sito internet dell’Azienda nella sezione Amministrazione
Trasparente.
Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio |
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Articolo 10. Comunicazione
Il presente Piano di prevenzione della corruzione è destinato a tutto il personale
dipendente dell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio. A decorrere dalla sua
approvazione vanno previste specifiche forme di sua presa d’atto da parte dei
dipendenti, sia al momento dell’assunzione sia, per quelli in servizio, con cadenza
periodica.
Il Piano di prevenzione della corruzione sarà comunque pubblicato sul sito web
dell’Azienda nella sezione “Amministrazione Trasparente”.
Articolo 11. Pianificazione triennale – Cronoprogramma
Nell’ottica di progressivo sviluppo e implementazione del processo di
programmazione attuazione e sviluppo delle azioni di intervento indicate nel
presente documento, l’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio si impegna a rispettare
nell’arco del triennio di riferimento le cadenze temporali riportate nella seguente
tabella:
Termine di attuazione
Attività prevista
31.01.2014
Adozione piano triennale di prevenzione
della corruzione 2014/2016 Adozione
Codice di Comportamento Aziendale
31.01.2014
Trasmissione
Piano
Triennale
Dipartimento Funzione Pubblica
Regione Lombardia
30.06.2014
Revisione del Piano, in particolare per
quel che riguarda le aree di rischio e il
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a
e
PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
livello
di
queste,
sentiti
i
Responsabili/Referenti nei vari centri di
attività e risorsa.
Alla scadenza
31.10.2014
Azioni/Proposte
incarichi
di
rotazione
degli
Applicazione delle procedure di verifica e
controllo che costituiranno elementi di
relazione da parte del Responsabile
Aziendale
Previsione di:
- un sistema di acquisizione di segnalazioni
nonché dei dati e delle informazioni periodiche
inerenti le attività di monitoraggio e controllo da
parte dei soggetti coinvolti;
15.11.2014
- linee di condotta al fine di prevenire fenomeni
corruttivi, in relazione alle prassi ed ai
comportamento in concreto adottati;
- procedure di controllo interne effettuate dai
Responsabili/Referenti dei centri di attività e
risorsa
- specifiche forme di presa d’atto da parte dei
dipendenti del Piano Triennale di prevenzione
della corruzione
30.11.2014
Attuazione delle azioni previste nel piano
di formazione e di cui al punto 5.a) e
delle azioni indotte, ivi compresa
l’individuazione nominativa dei soggetti
destinatari
15.12.2014
Predisposizione di
relazione sull’sito
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
dell’attività svolta da parte del
Responsabile e trasmissione al Direttore
Generale
31.01.2015
Adozione aggiornamento del Piano
Triennale di Prevenzione della Corruzione
da parte del Direttore Generale
31.03.2015
Analisi degli esiti delle applicazione delle
procedure attivate nel 2014
30.06.2015
Definizione di procedure di monitoraggio
specifiche per le criticità riscontrate in
fase di prima applicazione del Piano,
verifica elenco attività a rischio ed
eventuale integrazione, modifica od
aggiornamento; eventuale adeguamento
delle misure di prevenzione alle
intervenute variazioni nelle attività
censite
Alla scadenza
Azioni/Proposte
incarichi
di
rotazione
degli
30.09.2015
Analisi delle informazioni pubblicate nella
procedura “amministrazione aperta” al
fine di verificare la esistenza di
comportamenti anomali ed eventuali
azioni correttive
30.11.2015
Reiterazione delle azioni del 2014
(formazione, eventuale revisione delle
procedure 2014 a seguito prima
applicazione)
Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio |
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
15.12.2015
Predisposizione di relazione sull’esito
dell’attività annuale svolta nel 2015 da
parte del Responsabile Aziendale e
trasmissione al Direttore Generale
31.01.2016
Adozione aggiornamento del Piano
Triennale di prevenzione della corruzione
da parte del Direttore Generale
31.03.2016
Analisi degli esiti delle applicazione delle
procedure attivate nel 2015
30.06.2016
Definizione di procedure di monitoraggio
specifiche per le criticità riscontrate in
fase di prima applicazione del Piano,
verifica elenco attività a rischio ed
eventuale integrazione, modifica od
aggiornamento; eventuale adeguamento
delle misure di prevenzione alle
intervenute variazioni nelle attività
censite
Alla scadenza
Azioni/Proposte
incarichi
di
rotazione
degli
30.09.2016
Analisi delle informazioni pubblicate nella
procedura “amministrazione aperta” al
fine di verificare la esistenza di
comportamenti anomali ed eventuali
azioni correttive
30.11.2016
Reiterazione delle azioni del 2015
(formazione, eventuale revisione delle
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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
procedure 2015
applicazione)
a
seguito
prima
15.12.2016
Predisposizione di relazione sull’esito
dell’attività annuale svolta nel 2016 da
parte del Responsabile Aziendale e
trasmissione al Direttore Generale
31.01.2017
Adozione aggiornamento del Piano
Triennale di prevenzione della corruzione
da parte del Direttore Generale
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