Rallègrati, piena di grazia

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Rallègrati, piena di grazia
Ileana Mortari - rito ambrosiano
VI domenica T. Avvento (Anno B) (18 dicembre 2011)
Il brano evangelico dell'odierna liturgia è di fondamentale importanza per la nostra fede, perché
contiene una sorta di sintesi di Cristologia e mariologia, che rischia di passare inosservata, se ci
lasciamo troppo affascinare dalla bellezza letteraria e accattivante del racconto, non a caso uno dei
più commentati dell'intera Bibbia!
Anzitutto è da notare che la nuova traduzione della CEI è stata più fedele all'originale, nel rendere
"Chàire" con "Rallegrati", al posto del precedente - e riduttivo - "Ti saluto"."Chàire" infatti non
indica tanto un saluto, quanto un invito alla gioia, quella stessa gioia che nel Primo Testamento
contraddistingue in maniera inconfondibile la venuta del Messia (basti rileggere Sof.3,14 o
Zacc.9,9)
"Rallègrati, piena di grazia" (v.28); l'originale greco "kekharitomène" è una forma participiale
passiva dal significato "reso favorito"; è noto che, nel modo di esprimersi della Bibbia, se manca
il complemento d'agente, si sottintende che il soggetto dell'azione è Dio ("passivo teologico" o
"divino", un modo ebraico di indicare Jahvè senza nominarlo, per rispetto); dunque è Dio che ha
reso Maria "piena di grazia". Inoltre il participio si trova al perfetto, un tempo verbale greco che
dice la continuità e la permanenza, perché indica un'azione compiuta di cui continuano gli effetti
nel presente. Cioè: "Maria è stata da sempre e resta per sempre l'oggetto del favore eccezionale
che il carisma della maternità messianica suppone" (M. Cambe).
Si può rendere il participio anche con "amata gratuitamente e stabilmente", anzi si può dire che
questo è un "nome nuovo" attribuito dall'angelo a Maria, un nome che esprime la sua identità e la
sua vocazione, come sempre nei racconti biblici di chiamata.
"Grazia" è la traduzione di "kharis", che nel linguaggio del Nuovo Testamento richiama
specificatamente la benevolenza, la compiacenza, la gratuità di Dio. Cioè: Maria è stata posta
gratuitamente (= solo per grazia, per amore) in una condizione in cui si manifestano appieno
la benevolenza e la compiacenza divine, la grazia di Dio.
Dopo la reazione di sconcerto e piena di interrogativi che un avvio così solenne ha suscitato in
Maria, l'angelo riprende la parola e le dice che concepirà un Figlio assolutamente unico.
E' qui che si concentrano i tratti della "cristologia" lucana, perché in poche parole (in questa e nella
successiva battuta) Gabriele esprime il mistero di Gesù uomo e Dio.
Maria dovrà chiamare il nascituro Gesù, nome che, come attestano concordemente i Vangeli, è
stato indicato da Dio stesso per mezzo dell'angelo. Nel mondo semitico il nome designa sempre
l'identità di una persona; "Gesù" viene dall'ebraico "Jehoshu'a" e significa "Dio salva".
"Sarà grande" (v.32 a); l'aggettivo è in forma assoluta, uso che nel linguaggio biblico viene riferito
soltanto a Dio (cfr.Sal.86,10; Dan.2,47). La grandezza del Figlio di Maria sarà dunque quella dello
stesso Dio.
"Colui che nascerà sarà santo" (v.35 c); "santo" esprime la trascendenza, cioè la superiorità
assoluta del Cristo, appartenente alla sfera della divinità e del mistero.
"Figlio dell'Altissimo" (v.32 b); "Altissimo" è per eccellenza un termine divino, particolarmente
caro a Luca.
"Sarà chiamato Figlio di Dio" (v.35 d); gli studi esegetici hanno appurato che, a differenza
dell'italiano, nella lingua ebraico-aramaica soggiacente a quella greca dei Vangeli il verbo "sarà
chiamato" riveste la valenza enfatica di "sarà veramente", che rende molto di più la portata
assolutamente impensabile da mente umana della realtà di un essere umano a tutti gli effetti, ma
che nello stesso tempo è il Creatore e il Signore della storia, il Salvatore e il Signore di tutti.
"Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre" (v.32 c); ad un orecchio ebraico questa frase
era familiare e significativa: secondo una tradizione largamente testimoniata nel Primo Testamento
(2°Sam.7,12; Mic.4,7; Dan.7,14), il Messia sarebbe venuto dal casato di Davide e da lui avrebbe
ereditato il regno, non più un regno solo temporale, ma il regno spirituale sul nuovo Israele.
E regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" v.33); "casa di
Giacobbe" indica il popolo ebraico, le cui 12 tribù derivano dai 12 figli di Giacobbe e le ultime
parole del versetto sono l'evidente realizzazione di una profezia ricorrente nel Primo Testamento,
come si vede da questo testo del Salmo 71/72 v.5: "Ti faccia durare quanto il sole, come la luna,
di generazione in generazione".
Dunque Colui che nascerà è il Messia-Re, realizzazione e adempimento della promessa che Dio
aveva fatto a Davide di una discendenza regale perenne (cfr.2 Sam.7,12-16).
Ed ecco di nuovo, da parte di Maria, una reazione e una domanda, razionalmente motivata dal fatto
che ella, solo "promessa sposa" di Giuseppe, non "conosce" uomo (cioè, nel linguaggio semitico,
non ha rapporti coniugali).
La risposta dell'angelo introduce nel grande mistero. "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la
potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra." Lo Spirito che scende sulla Vergine assomiglia
allo "Spirito di Dio che aleggiava sulle acque", quando "la terra era informe e deserta" (Gen.1,2)
e Dio stava per dare inizio alla creazione. Dunque l'angelo annuncia chiaramente che lo Spirito
svolgerà in Maria il ruolo di principio creatore e produrrà la vita nel suo seno, senza alcun bisogno
di concorso umano: ne deriva, ancora una volta, l'affermazione della dignità divina di Colui che
sarà concepito e partorito dalla Vergine.
Luca esprime in questa stupenda pericope dell'Annunciazione la fede sua e della Chiesa: per i
primi cristiani colui che è nato da Maria non è semplicemente un uomo straordinario, un santo,
un Messia, ma è esattamente il Figlio di Dio.
"Allora Maria disse:Ecco la serva del Signore......" (v.38); siamo alla conclusione dell'episodio;
Maria risponde alle parole dell'angelo con pieno assenso, accogliendo la parola di Dio con una
disponibilità totale e definitiva. " è il nome che dice la missione di Maria, il suo modo di stare
davanti a Dio e agli uomini. Grazia (Maria è ) e servizio sono due termini corrispondenti, due facce
della stessa gratuità. L'amore gratuitamente ricevuto deve essere gratuitamente donato. Alla luce
di questa osservazione la figura di Maria si dilata, divenendo la figura della Chiesa e di ogni uomo,
la figura più luminosa del che è - appunto - la lieta notizia della gratuità." (B. Maggioni, Il racconto
di Luca, p.30)
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