REGOLA DEI POVERI CAVALIERI DI CRISTO E DEL TEMPIO DI SALOMONE
I
Quale divino ufficio debbano ascoltare
Voi che rinunciate alla propria volontà, e gli altri che per la salvezza delle anime
militano con voi per un certo tempo con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di
ascoltare con intenzione pia e pura i mattutini e l’intero servizio, secondo l'istituzione
canonica e la consuetudine dei chierici regolari della Santa Città. Questo, venerabili
fratelli, vi si addice nella maniera più assoluta, poiché disprezzata la luce di questa
vita, e, indifferenti al tormento dei vostri corpi, avete promesso di rinunciare per
sempre al mondo terreno per amore di Dio. Rifocillati e saziati dal nutrimento divino,
istruiti e rafforzati dai precetti del Signore, dopo la compimento del Divino Mistero
nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.
II
Come debbano pregare gli assenti
Inoltre se un fratello, nel caso sia lontano per un impegno tra i cristiani d’oriente (e
questo non dubitiamo che avvenga spesso) non potesse udire per tale assenza il
servizio divino reciti tredici Pater noster al posto di un mattutino. e al posto delle
singole ore ne dica sette; al posto dei vespri, riteniamo se ne debbano dire nove, e
stabiliamo unanimemente che li reciti ad alta voce: Questi fratelli infatti, impegnati
così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al divino
ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita non trascurino quanto dovuto per
istituzione.
III
Che cosa fare per i fratelli defunti
Quando uno dei fratelli è colpito dalla morte, che non risparmia nessuno e che è
impossibile ritardare, ordiniamo: ai cappellani e ai sacerdoti dell’ordine di affidarne
l’anima a Cristo mediante l’ufficio dovuto e di celebrare una messa solenne per la sua
salvezza. Inoltre i fratelli presenti passino la notte pregando per la salvezza del fratello
defunto, dicano per lui cento Pater noster fino al settimo giorno: dal giorno in cui fu
annunciata la morte del fratello, fino al predetto settimo giorno, si recitino i cento
pater noster con fraterna sollecitudine. Fino a quel giorno imploriamo per la carità
misericordiosa di Dio e stabiliamo con autorità pastorale che ogni giorno, come si
dava sostentamento al fratello quando era in vita, come dovuto, così si provveda alle
necessità di un povero, ovvero cibo e bevande, fino al quarantesimo giorno. Infatti
proibiamo del tutto ogni altra offerta, che la volontaria povertà dei fratelli spingeva a
fare con eccessiva liberalità in occasione della morte dei fratelli, nella solennità di
Pasqua e nelle altre solennità del Signore.
IV
I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito
Comandiamo inoltre che le altre donazioni e ogni genere di elemosine, giunte in
qualsiasi modo ai cappellani o a coloro che stiano con voi temporaneamente, siano
consegnate per intero al capitolo che valuterà attentamente. Perciò i servitori della
Chiesa abbiano soltanto il vitto e il vestito secondo quanto stabilito dall'autorità divina
(Numeri 18, 23-24), e non ambiscano di avere nulla di più, se non ciò che il maestro
abbia caritatevolmente dato di sua iniziativa.
V
I soldati temporanei defunti
Vi sono tra di voi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente rimangono
nella casa di Dio, e nel Tempio di Salomone. A questo proposito vi preghiamo, vi
scongiuriamo, e infine vi comandiamo decisamente, che se in codesto tempo
l’inesorabile potere della morte avesse condotto uno di essi all'ultimo giorno, per
amore di Dio e fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per la sua
anima.
VI
Nessun fratello professo faccia un'offerta
Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi pensi di
fare un'altra offerta: ma giorno e notte rimanga nella sua professione con cuore puro,
perché in questo sia in grado di eguagliare il più santo dei profeti : riceverò il calice
della salvezza (Salmo 116, 13), ovvero la morte, nella quale imiterò la morte del
Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche io sono pronto a
dare la mia anima per i fratelli. Ecco l'offerta giusta: ecco il sacrificio vivente gradito a
Dio.
VII
Non eccedere nello stare in piedi
Abbiamo ascoltato con le nostre orecchie un teste fidatissimo, che voi assistete
all’ufficio divino stando costantemente in piedi: non vi comandiamo questo, anzi lo
disapproviamo e pertanto comandiamo che, finito il salmo Venite esultiamo al Signore
(Salmo 95, 1) con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto i deboli, per
evitare scandalo. Terminato di recitare anche il salmo, mentre siete seduti, vi diamo
indicazione di alzarvi tutti dai vostri posti mentre si proclama il Gloria Patri,
rivolgendovi supplicanti verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità aiutando i più
deboli a inchinarsi. Così rimarrete seduti anche durante la lettura del Vangelo, e
durante il Te Deum laudamus, e durante tutte le Lodi, fino ad aver terminato il
Benedicamus Domino e comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei
Mattutini di S. Maria.
VIII
Il riunirsi per il pasto
In una sala, meglio detta refettorio, riteniamo che voi assumiate il cibo insieme, ma
quando ci fosse una necessità, e non conoscendo i segni, è opportuno chiedere
sottovoce e privatamente. Così se in ogni momento le cose che vi sono necessarie
vanno chieste con quanto più rispetto ed umiltà, ancor di più va fatto durante la
mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio (2 Tessalonicesi 3, 12) e
il salmista vi deve incitare a ciò dicendo: Ho posto una sentinella alla mia bocca
(Salmo 39, 2), cioè ho deciso di controllare la mia lingua custodendo la mia bocca
perché non parlassi malamente.
IX
La lettura
Durante il pranzo e la cena si faccia sempre una santa lettura. Infatti se amiamo il
Signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salvifiche e i
suoi precetti. Il lettore vi intimi il silenzio.
X
Uso della carne
Durante la settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, la Pasqua, la festa di S.
Maria o di Ognissanti, vi sia sufficiente mangiare carne tre giorni: consideriamo
l'abitudine di mangiare la carne quale grave corruzione del corpo. Se il digiuno
cadesse di martedì, per cui l'uso della carne sarebbe proibito, il giorno dopo vi sia data
carne più abbondantemente. Durante la Domenica ci appare senza dubbio giusto dare
due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione.
Gli altri invece, cioè gli scudieri e gli aggregati, si accontentino di uno, rendendo
grazie.
XI
Come debbono mangiare i soldati
E' opportuno che mangino solitamente a due a due, in modo che l'uno si prenda cura
diligentemente dell'altro, affinché la durezza della vita, o una nascosta astinenza non
si mescolino nel pasto comune. Consideriamo inoltre giusto che ogni cavaliere e
fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.
XII
Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni, ovvero il martedì e il giovedì, nonché il sabato, riteniamo che siano
sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o, per così dire, piatti
caldi; e ordiniamo che siano tali in modo che chi non possa mangiare di un cibo sia
rifocillato dall'altro.
XIII
Con quale cibo è necessario consumare il sabato
Reputiamo inoltre lodevole che il sabato, per riverenza alla passione di Cristo, ci si
accontenti, eccetto gli infermi, di mangiare solamente un unico pasto quaresimale, a
partire dalla festa di Ognissanti fino a Pasqua, tranne che il giorno del Natale, della
festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno
generale, si mangi due volte.
XIV
Dopo il pasto sempre rendano grazie
Ordiniamo in maniera assoluta che dopo il pranzo e la cena, sempre in chiesa, se è
vicina, o, se così non è, nello stesso luogo, come conviene, rendano grazie, con cuore
umile come si conviene, al sommo procuratore nostro: che è Cristo. Inoltre messi da
parte i pani interi, si comanda di distribuire gli altri pezzi ai servi o ai poveri come
dovuto per fraterna carità.
XV
Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della povertà, che è il regno dei cieli, senza dubbio spetti ai poveri in
spirito, comandiamo tuttavia a voi, che la fede cristiana vi considera indubitabilmente
parte di essi, che il decimo di tutto il pane consegniate ogni giorno al vostro
elemosiniere.
XVI
Che si tenga una riunione secondo il parere del maestro
Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale,
come è consuetudine di quel periodo, è necessario che tutti voi vi rechiate a Compieta,
ma prima desideriamo che si tenga un’assemblea generale. La affidiamo nell’arbitrio e
nella discrezione del maestro, affinché si conceda, quando egli vorrà, acqua e solo con
la sua benevolenza, di vino opportunamente diluito. Questo, non deve condurre a
grande sazietà o avvenga nell’eccesso, ma si parco; infatti il vino fa allontanare dalla
fede anche i sapienti (Siracide 19,2).
XVII
Terminata la Compieta si conservi il silenzio
Finita la compieta è bene recarsi a letto. I fratelli che escono dalle preghiere di
compieta non abbiano permesso di parlare in pubblico, se non per una necessità
impellente: ciò che sia necessario dire al proprio scudiero sia detto sottovoce. E’
possibile, in tale momento in cui voi uscite da compieta, che il maestro o chi per lui,
parli con una parte dei fratelli per via di una grandissima necessità riguardo gli affari
militari o dello stato della vostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente per
discuterne. Così comandiamo che sia fatto poiché è scritto: Nel molto parlare non
sfuggirai al peccato (Proverbi 10, 19) e altrove: La morte e la vita nella lingua
(Proverbi 18, 21). In questo colloquio proibiamo categoricamente la scurrilità, le
chiacchiere inutili e ciò che porta al riso. Ordiniamo inoltre che, mentre andate a letto,
se qualcuno dicesse una qualsiasi sciocchezza recitiate il Pater noster con umiltà e
pura devozione.
XVIII
Gli stanchi non si alzino per il mattutino
Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per il mattutino, come ci pare evidente:
ma siamo tutti d’accordo che, con l'approvazione del maestro, o di colui che agisce in
vece, che essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni prescritte, in modo che la
loro mente sia in accordo con la voce secondo quanto detto dal profeta: Cantate al
Signore con sapienza (Salmo 47, 8) e ancora: al cospetto degli angeli canterò a te
(Salmo 138, 1). Questa regola, tuttavia, deve sempre dipendere dal volere del maestro.
XIX
Si osservi la comunanza del vitto tra i fratelli
Si legge nelle Sacre Scritture: I beni erano distribuiti tra i singoli, secondo ciò che era
necessario a ciascuno (Atti 4, 35). Perciò esigiamo che non vi sia distinzione di
persone, ma deve esserci considerazione delle infermità. Quindi colui che ha meno
bisogno, ringrazi Dio e non si rattristi. Colui invece che ha più bisogno, sia umile a
causa della debolezza, non si esalti della misericordia e così tutte i membri saranno in
pace. Stabiliamo altresì che a nessuno sia lecito intraprendere una astinenza fuori
luogo, ma ognuno mantenga sempre il tenore di vita comune.
XX
Qualità e stile del vestiario
Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, cioè bianchi, o neri, o, per
così dire, bigi. A tutti i cavalieri professi, in inverno e in estate, se è possibile,
concediamo vesti bianche, cosicché dopo essersi lasciati alle spalle una vita tenebrosa,
rendano noto di essersi riconciliati con il loro Creatore, mediante una veste luminosa e
bianca. Ma a che serve il candore della veste, se non è integra la castità? La castità è
forza della mente, e salute del corpo. Infatti ogni cavaliere, se non avrà perseverato
nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come testimonia
l'apostolo Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il
Signore (Ebrei 12, 14). Ma poiché tale abbigliamento deve essere privo di ogni
arroganza e vanità, comandiamo a tutti che abbiano vesti semplici, in modo che
ciascuno sia capace da solo e con facilità di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e
levarseli. L’incaricato di tale ministero provveda con attenzione a evitare tutto questo,
inoltre coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre nel
magazzino, o dove il fratello incaricato avesse deciso, perché possano servire agli
scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.
XXI
I servi non portino vesti bianche
Siamo fortemente contrari a quest’abitudine, diffusasi nella casa di Dio e nel tempio
dei suoi cavalieri, senza la decisione o l’approvazione del capitolo generale, e
comandiamo pertanto che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio vero e
proprio: dal fatto che i servi e gli scudieri portassero una volta vestiti bianchi
derivavano danni insopportabili. Infatti si diffusero nelle regioni al di là delle
montagne alcuni falsi fratelli, alcuni sposati, ed altri, che dicevano di appartenere al
Tempio mentre erano in realtà del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti
danni all'ordine militare, e pur restando dei servitori, diventavano così superbi da
generare parecchi scandali. Pertanto i servitori vestano sempre abiti neri e nel caso in
cui questi non possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella
provincia in cui abitano, oppure quelli del colore più umile che si possa trovare, cioè
bigi.
XXII
Solo i cavalieri professi portino vestiti bianchi
A nessuno è concesso portare tuniche candide, o mantelli bianchi, se non ai suddetti
cavalieri di Cristo.
XXIII
I vecchi vestiti siano dati agli scudieri
Il fratello incaricato dei vestiti si occupi con attenzione di distribuire i vecchi abiti agli
scudieri e agli aggregati, e anche ai poveri, agendo in modo equo ed imparziale.
XXIV
Si usino solo pelli di agnello
Abbiamo stabilito di comune accordo, che nessun fratello stabile abbia in inverno
pelli, pellicce o qualcosa di simile, per coprire il corpo, se non di agnello o ariete.
XXV
Chi brama le cose migliori abbia le peggiori
Se un fratello professo volesse avere le cose migliori e più belle, sia che gli sia dovuto
o che si tratti di un moto di superbia, così facendo ha meritato senza dubbio per la sua
presunzione le cose peggiori e più umili.
XXVI
Si faccia attenzione alla qualità e alla misura dei vestiti
E' necessario considerare le dimensioni del corpo per la larghezza e l’ampiezza degli
abiti. Colui che consegna gli abiti sia attento in questo.
XXVII
Colui che consegna i vestiti osservi innanzitutto l'uguaglianza
Nello stesso modo in cui si è detto sopra, l’incaricato valuti la lunghezza delle vesti
con la stessa attenzione, perché l'occhio delle malelingue o dei calunniatori non abbia
nulla da notare alcunché. In tutte queste cose, umilmente mediti la ricompensa di Dio.
XXVIII
L'inutilità dei capelli
Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino i capelli in modo che possano
essere considerati regolari e ordinati davanti e dietro; e per quanto riguarda la barba e i
baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità
o il vizio della frivolezza. Infatti è necessario che i servitori del sommo creatore siano
puri internamente ed esteriormente, poiché è il Signore stesso a dire: Siate mondi
(Isaia 1, 16) poiché io sono mondo (Giobbe 33, 9)
XXIX
Circa gli sproni e i lacci
E’ noto che l’uso di sproni e lacci ha origini pagane e, poiché tutti sono d’accordo nel
condannare tale uso, proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi
vogliamo che ognuno ne sia privo. A coloro che prestano servizio a tempo non
permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né vesti troppo
lunghe, anzi lo proibiamo del tutto.
XXX
Numero dei cavalli e degli scudieri
A ciascuno di voi cavalieri è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà della
casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di averne di più, se non per
licenza del maestro. Per la stessa ragione concediamo ai singoli cavalieri un solo
scudiero.
XXXI
Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente
Se lo scudiero serve scrupolosamente il suo cavaliere senza chiedere nulla in cambio,
a costui non è permesso frustarlo o percuoterlo per una qualche mancanza.
XXXII
In che modo siano accolti coloro che restano a tempo
A tutti i soldati che desiderano servire a tempo Gesù Cristo con purezza d'animo nella
stessa casa comandiamo di comprare onestamente i cavalli idonei, le armi e quanto sia
loro necessario per svolgere il servizio quotidiano. Abbiamo anche giudicato che sia
cosa buona e utile che i cavalli siano stimati da entrambe le parti per averne un’equa
valutazione. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato, e
quanto sarà necessario al soldato, ai suoi cavalli, o al suo scudiero, e persino i ferri dei
cavalli sia fornito dalla stessa casa con fraterna carità e secondo le possibilità. Se nel
frattempo il soldato per qualche motivo perdesse i suoi cavalli durante il suo servizio;
il maestro, secondo la ricchezza della casa, gliene fornirò altri. Al giungere del
momento di rimpatriare, il soldato stesso conceda la metà del prezzo per amore di Dio,
e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.
XXXIII
Nessuno agisca secondo la propria volontà
E' conveniente a questi soldati, che non considerano nulla più caro di Cristo, a causa
del santo servizio del quale sono professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il
timore della Gehenna, che obbediscano senza sosta al maestro. Pertanto è necessario
rispettare la regola per cui, non appena sia ordinato loro qualcosa dal maestro o da chi
ne abbia l’incarico, non ritardino nell’obbedire senza indugio come se fosse ordinato
da Dio stesso. Di tali uomini la verità stessa dice: All’udirmi subito mi ha ubbidito
(Salmo 18, 45).
Inoltre a questi generosi soldati che hanno rinunciato alla propria volontà, e a quanti
sono loro aggregati, chiediamo insistentemente e ordiniamo assolutamente che non
ardiscano a recarsi in città senza la licenza del maestro, o di colui che agisce in sua
vece, eccetto che per recarsi di notte al Sepolcro e alle orazioni che si svolgono
all’interno delle mura della Città Santa..
Coloro che hanno la possibilità di muoversi, non ardiscano iniziare un viaggio né di
giorno né di notte, senza un custode, cioè un cavaliere o un fratello professo. Inoltre,
una volta accolti nella milizia, nessun soldato, o scudiero o altro, osi di andare nelle
stanze degli altri soldati, per vedere o per parlare con qualcuno senza permesso, come
fu detto sopra. Perciò affermiamo saggiamente, che in tale casa, ordinata da Dio,
nessuno combatta o riposi secondo la sua volontà, ma agisca secondo il comando del
maestro così che imiti la parola di Cristo, che disse: Non sono venuto a fare la mia
volontà, ma di Colui che mi ha mandato (Giovanni 6, 38).
XXXIV
Nessuno chieda espressamente ciò che è a lui necessario
Comandiamo, che sia scritta tra le altre questa consuetudine e confermiamo di
guardarsi con attenzione dal vizio del chiedere. Nessun fratello professo deve perciò
chiedere espressamente che gli sia assegnato un cavallo, una cavalcatura o delle armi.
In che modo, dunque, si comporterà se si rende conto che la sua malattia, o la
debolezza dei suoi cavalli, o la cattiva qualità delle sue armi, fossero tali da provocare
un danno alla comunità? Si rechi dal maestro, o da colui che gli è secondo in grado, e
gli esponga la causa con sincerità e purezza. Infatti la cosa va risolta secondo la
decisione del maestro, o del suo procuratore.
XXXV
I morsi e gli speroni
Non vogliamo assolutamente che oro o argento, che sono ricchezze terrene, appaiano
nei morsi o nei pettorali, né negli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun
fratello professo acquistarli. Se per caso tali oggetti fossero stati dati vecchi in dono,
l'oro o l'argento siano colorati in modo che la decorazione non appaia superba in
mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi, il maestro decida cosa farne.
XXXVI
Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura
Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo non è
proficuo, anzi dannoso.
XXXVII
I sacchi per il cibo dei cavalli
Nessun fratello osi confezionare sacchi per il cibo dei cavalli di lino o di lana preparati
con troppa cura e non ne abbia se non di panno grezzo.
XXXVIII
L'autorità del maestro
Al maestro è lecito dare a qualsiasi fratello cavalli o armi o qualunque altra cosa, di
chiunque sia. Colui che possedeva il bene concesso ad altri non si dispiaccia, poiché è
certo che se si offendesse per questo, agirebbe contro Dio. E’ fondamentale che questa
regola da noi stabilita, sia d’ora in avanti osservata da tutti in modo inflessibile.
XXXIX
Nessuno osi cambiare o domandare qualcosa
Nessun fratello osi di cambiare le sue cose con un altro fratello senza l'autorizzazione
del maestro, né di chiedere qualcosa se non tra confratelli, e solo che siano oggetti
piccoli e di poco valore.
XL
Richiesta e accettazione di beni
Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza che lo richiedesse, la consegni al
maestro o al dispensiere. Se invece un amico o un parente non volesse che fosse usata
se non da lui, questi non l’accetti fino a quando abbia il permesso del maestro. Nella
presente regola non sono compresi gli amministratori ai quali è affidato e concesso in
modo speciale questo servizio.
XLI
Sacco e baule
Non sono permessi come beni personali sacche e bauli con il lucchetto: così siano
tenuti in comune, perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a
cui furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono
esclusi i procuratori e coloro che si trovano in province diverse, e neppure è inteso lo
stesso maestro.
XLII
La consegna delle lettere
In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere o inviare lettere ai propri parenti, né a
qualsiasi persona, senza il permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un
fratello avrà avuto il permesso, le lettere vengano lette alla presenza del maestro, se
questi lo desidera. Nel caso che dai parenti gli sia stato inviato qualcosa, non si
permetta di riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non
sono inclusi il maestro e i procuratori della casa.
XLIII
La confessione delle proprie colpe
Poiché si sa che ogni parola vana (Matteo 12, 36) genera il peccato, coloro che si
vantano delle proprie colpe che cosa diranno dinnanzi ad un giudice incapace?. Lo
rivela il profeta, che dice: Sono rimasto in silenzio e non ho parlato delle cose giuste
(Salmo39, 3). Se per discrezione si deve talvolta tacere anche delle cose buone, a
maggior ragione si deve astenersi da parole malvagie, causa del peccato. Vietiamo
quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con chiunque altro,
le azioni vergognose, ovvero le stoltezze, che compì in modo sregolato quando era un
cavaliere del secolo, né rammenti i piaceri carnali avuti con sciaguratissime donne. E
se qualcuno si trovi ad ascoltare uno che gli racconti tali fatti, lo zittisca, oppure
appena sia possibile si allontani da lui con piede svelto e non prestando ascolto
all’ozioso.
XLIV
Nessuno catturi un uccello con un altro uccello
Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un
altro uccello. Infatti non si confà ad un religioso ricercare i piaceri mondani, bensì
deve ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, inginocchiarsi spesso in
preghiera, e pregando confessare ogni giorno i propri peccati a Dio con lacrime e
gemiti. Pertanto nessun fratello professo presuma di accompagnare un uomo che
caccia con il falco o con qualche altro uccello.
XLV
Evitino sempre la caccia
E' conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere, parlando
poco e umilmente e saggiamente, e non con voce troppo elevata. In particolar modo
raccomandiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non osare entrare in un
bosco per cacciare con arco o balestra: e neppure accompagni colui che faccia tali
cose se non per proteggerlo da uno sciagurato pagano, poiché è certo che a voi in
particolare è stato affidato il compito di offrire le vostre anime a vantaggio dei fratelli
(1 Giovanni 3, 16) e pure di cancellare dalla terra gli infedeli, che sempre sono ostili al
figlio della Vergine. Infine non osi neppure gridare né rumoreggiare con i cani; né
sproni il suo cavallo per la bramosia di catturare un animale.
XLVI
Nessun divieto riguardo il leone
Riguardo al leone non diamo nessun divieto, poiché esso va in giro cercando chi
divorare (1 Pietro 5, 8) e la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui
(Genesi 16, 12)
XLVII
Ascoltare il giudizio in ogni processo contro di voi
Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono innumerevoli e continuano senza
sosta e sempre più crudelmente a tormentare quanti non amano la contesa. In questa
disposizione del concilio, dunque, si valuti serenamente che, se qualcuno dalle parti
della regione orientale, o in qualunque altro luogo venisse ad indagare qualcosa su di
voi, vi comandiamo di ascoltare il giudizio emesso da giudici degni di fiducia e
amanti del vero, e pertanto vi comandiamo di fare ciò che sarà giusto senza esitare.
XLVIII
Comportatevi allo stesso modo per i beni sottratti
Comandiamo che la stessa regola che sia sempre osservata riguardo tutte le cose che
vi sono state ingiustamente tolte.
IL
Sia loro lecito possedere terreni
Crediamo che, per divina provvidenza, nei luoghi santi prese inizio da voi questo
nuovo genere di ordine religioso cioè che alla religiosità sia unita la vita militare e
così la religione proceda armata mediante l’abilità militare e senza colpa abbatta il
nemico. Giustamente quindi valutiamo, poiché siete chiamati cavalieri del Tempio,
che possiate ricevere terre e uomini come donazioni per la vostra rettitudine e per i
vostri illustri meriti; che possediate terreni coltivabili e che li amministriate
saggiamente ed è necessario che tali beni siano usati per compiti istituzionali
L
I fratelli infermi
Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura particolare, come si attraverso
loro si servisse Cristo in modo che si rammenti il vangelo: sono stato infermo e mi
avete visitato (Matteo 25, 39). Infatti gli infermi vanno sopportati con cura e pazienza,
perché mediante tali comportamenti si acquisisce la ricompensa dei Cieli.
LI
Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario
Agli assistenti degli infermi comandiamo che, oltre al rispetto e alla cura coscienziosa,
forniscano ai malati qualsiasi cosa sia necessaria per sostentarli come carne,
cacciagione e altro, agendo con giustizia e diligenza badando alle possibilità della
casa. Facciano questo fino alla guarigione degli infermi.
LII
Nessuno provochi l'altro all'ira
Massima attenzione va posta perché nessuno osi indurre un altro all'ira: infatti la
somma clemenza li unì con la vicinanza e con il vincolo della fraternità in Dio
rendendoli uguali, siano essi poveri o potenti..
LIII
In che modo siano accolti i fratelli sposati
Vi permettiamo di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se essi chiedono il
beneficio e la partecipazione della vostra fraternità con il consenso della moglie,
entrambi i coniugi concedano dopo la morte una parte della loro ricchezza e qualsiasi
cosa avessero acquistato dopo lo diano all'insieme del comune capitolo, e intanto
conducano una vita onesta e si impegnino a far del bene ai fratelli; ma non portino la
veste candida e il mantello bianco. Se il marito morisse per primo lasci la sua parte ai
fratelli e la moglie ricavi il sostegno per la vita da un’altra parte. Consideriamo infatti
ingiusto che fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno
promesso la castità a Dio.
LIV
Non si abbiano sorelle
Inoltre è pericoloso radunare sorelle poiché l'antico Nemico cacciò molti uomini dalla
retta via del paradiso per mezzo della compagnia femminile. Perciò, fratelli carissimi,
affinché tra voi risplenda sempre il fiore dell’integrità, d’ora in avanti non è lecito
valersi di questa familiarità
LV
Non si abbia a che fare con gli scomunicati
I fratelli devono evitare e temere che qualcuno dei soldati di Cristo si accompagni in
qualche modo, privatamente o pubblicamente, ad una persona scomunicata, e neppure
osi ricevere le sue cose, in modo che non ricada ugualmente su di lui l’anatema
Maranatha. Se invece fosse soltanto un interdetto, non sarà fuori luogo avere a che
fare con lui né ricevere i suoi beni in carità.
LVI
In che modo vanno ricevuti i cavalieri del secolo
Se qualche cavaliere dalla massa della perdizione, o una persona secolare, volendo
rinunziare al secolo, scegliesse la vostra vita comunitaria, non gli si dia subito
l'assenso, ma gli sia concesso di entrare nell’ordine secondo la parola dell’apostolo:
Mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono da Dio (1 Giovanni 4,
1).
Si legga dunque la Regola in sua presenza e se costui si sottometterà diligentemente ai
comandi di questa esimia Regola, allora, se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto
riceverlo, davanti a tutti i fratelli convocati manifesti con purezza d'animo il suo
desiderio e la sua richiesta. In seguito sia fissato il termine della prova con la
discrezione e la prudenza del maestro secondo l’onestà in vita del postulante.
LVII
Non siano chiamati tutti i fratelli in capitolo
Comandiamo che non siano sempre convocati in capitolo tutti i fratelli, ma solo quelli
che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali nei consigli. Invece quando
volesse trattare le questioni maggiori, come affidare la terra comune, o discutere
dell'Ordine stesso, o ricevere un nuovo fratello, allora è opportuno convocare tutta la
congregazione, se così ritiene il maestro; e udito il parere di tutto il capitolo, si faccia
ciò che il maestro abbia giudicato più utile
LVIII
Come debbono pregare i fratelli
Comandiamo con parere concorde che i fratelli preghino in piedi o seduti, secondo ciò
che lo stato d’animo e del corpo richiedono, tuttavia usino massimo rispetto,
semplicità, e senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.
LIX
La fede dei servitori
Abbiamo saputo che molti uomini provenienti da diverse province, sia servitori che
scudieri desiderano con animo fervoroso vincolarsi alla vostra casa per un certo tempo
per la salvezza delle loro anime. E' senz’altro bene che riceviate la loro fede, affinché
l'antico Nemico non ispiri loro qualcosa di occulto e indecoroso per i servitori di Dio,
o li distolga improvvisamente da questo buon proposito.
LX
In che modo siano accolti i fanciulli
Sebbene la Regola dei Santi Padri permetta di accettare dei fanciulli in una
congregazione, noi non approviamo affatto di dovervi caricare di tale fardello.
Pertanto colui che volesse dare per sempre un suo figlio o un suo congiunto all’ordine
militare lo cresca fino all’età in cui possa reggere virilmente l’arma con cui eliminare i
nemici di Cristo in Terra Santa.
In seguito, secondo la Regola, il padre o i parenti lo pongano in mezzo ai fratelli e
rendano nota la sua richiesta. E' meglio non pronunciare voti nella fanciullezza
piuttosto che, diventato uomo, ritirarsi in modo clamoroso.
LXI
Come si onorino gli anziani
E' bene che gli anziani siano sostenuti con pia considerazione secondo la debolezza
delle loro forze e che siano rispettosamente onorati; inoltre non ci si attenga
assolutamente in modo restrittivo riguardo a ciò che è loro necessario, salvo
mantenere l’autorità della regola.
LXII
Il vitto dei fratelli
Riteniamo che sia necessario rispettare questa norma per convenienza e ragione: che a
tutti i fratelli stabili sia concesso il vitto in maniera imparziale secondo le disponibilità
del luogo. Infatti non serve l’approvazione delle persone bensì è importante prendere
in considerazione le infermità.
LXIII
I fratelli che viaggiano in altre regioni
I fratelli che viaggiano attraverso altre regioni si impegnino, per quanto lo permettano
le forze, a osservare la Regola riguardo al cibo, alle bevande e alle altre cose, e vivano
in modo irreprensibile, in modo che anche presso quelli di fuori godano di buona
reputazione (1 Timoteo 3, 7), non macchino il proposito di fede né con parole né con
azioni, ma soprattutto a coloro con i quali si sono incontrati offrano esempi di buone
opere e di sapienza. Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona
fama: e, se è possibile, la sua casa in quella notte non manchi di luce affinché il
Nemico tenebroso, Dio non voglia, non colga l’occasione propizia. Consigliamo
inoltre di recarsi laddove abbiano saputo si riuniscono cavalieri non scomunicati, non
preoccupandosi tanto di un’utilità terrena, quanto piuttosto della salvezza eterna delle
loro anime. Ai fratelli che sperano di recarsi nelle zone d’oltremare, raccomandiamo
di ricevere coloro che vogliano unirsi in perpetuo all'Ordine militare, in modo che
entrambi si presentino al vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà del
postulante. Ascoltata la richiesta, il fratello lo mandi dal maestro e dai fratelli che si
trovano nel Tempio di Gerusalemme e, se la sua vita è onesta e degna di tale
comunità, sia accolto misericordiosamente, se ciò pare giusto al maestro e ai fratelli.
Se nel frattempo costui morisse, a causa degli sforzi e della fatica, gli sia riconosciuto,
come fosse un fratello, tutto il beneficio di esser parte della fraternità dei poveri
commilitoni di Cristo.
LXIV
La raccolta delle decime
Sappiamo che, avendo abbandonato le vostre ricchezze personali, vi siete
spontaneamente resi soggetti alla povertà, per cui a voi che vivete in comunione in
questo modo abbiamo dimostrato in quale modo ricevere le decime. Se il vescovo
della chiesa, al quale è dovuta di diritto la decima, avrà voluto darla a voi
caritatevolmente deve consegnarvela tra quelle decime che allora quella chiesa sembra
possedere con il consenso del capitolo comune. Se invece un laico dovesse
impossessarsi di essa aggiungendola al suo patrimonio in modo condannabile ma,
pentendosi della propria colpa avrà voluto lasciare a voi la decima può farlo secondo
la discrezione di colui che presiede l’ordine senza il consenso del capitolo.
LXV
Le colpe leggere e le colpe gravi
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o in altro modo, egli
stesso confessi spontaneamente al maestro il suo peccato e se la sua colpa lieve, se
non esiste già una consuetudine, ci sia una penitenza leggera. Nel caso in cui tacesse e
la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto ad una pena e ad una
riparazione maggiore e più evidente. Se invece la colpa sarà grave, sia allontanato
dalla compagnia dei fratelli, non mangi con loro alla stessa mensa, ma assuma il pasto
in solitudine e perseveri con tutte le sue forze nel percorso di redenzione e nel giudizio
del maestro in modo di ottenere la salvezza nel giorno del giudizio.
LXVI
Per quale colpa un fratello non sia più accolto
Prima di tutto occorre provvedere in modo che nessun fratello, capace o incapace,
forte o debole, volendo esaltarsi e insuperbirsi a poco a poco e giustificare la propria
colpa, possa rimanere indisciplinato, ma se non avrà voluto correggersi, gli venga data
una punizione più severa. E se nonostante le pie ammonizioni e le preghiere rivoltegli
non avrà voluto correggersi, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia, allora
secondo l'apostolo sia sradicato dal pio gregge: Togliete il male di mezzo a voi (1
Corinzi 5, 13). E’ necessario che la pecora malata sia allontanata dall’insieme dei
fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone, con cui sorregge
le debolezze degli altri, e la verga, con cui percuote con lo zelo dell’onestà i vizi di
coloro che deviano, si adoperi a farlo con saggezza da patriarca e con equilibrio
spirituale affinché, come dice il beato Massimo, una clemenza troppo indulgente non
freni l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami dall'errore chi
sbaglia.
LXVII
Quando i fratelli devono indossare camicie di lino
Dato il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente che
dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Ognissanti si dia a tutti un’unica camicia di
lino, non perché dovuto, ma per sola grazia. Negli altri periodi invece tutti portino
camicie di lana.
LXVIII
Quali panni indossino a letto
Per decisione unanime decretiamo che ciascuno dorma in un letto singolo e non
facciano altrimenti, se non a causa di qualche grave motivo o necessità. Tutti ricevano
il corredo da notte secondo la giusta distribuzione del maestro: crediamo infatti che a
ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che sarà privo
di uno di questi, abbia una carpita [sorta di trapuntone di panno grossolano e villoso],
e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una coperta di lino, di lana o di seta. Dormano
sempre vestiti con la camicia e le brache. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino
non manchi la luce.
LXIX
La necessità di evitare il pettegolezzo
Per divino ammonimento vi comandiamo di evitare, come fosse la peste, l’invidia, il
rancore, la mormorazione, il pettegolezzo , la maldicenza. Ciascuno si impegni con
animo vigile a non incolpare o rimproverare un fratello alle sue spalle ma si rammenti
la parola dell'apostolo: Non spargerai calunnie e maldicenze tra il tuo popolo
(Levitico 19, 16). Pertanto quando qualcuno avrà saputo che un fratello ha peccato in
qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo riprenda in
privato e solo se non lo avrà ascoltato ricorra ad un altro fratello. Ma se costui avrà
disprezzato entrambi, sia rimproverato in pubblico davanti a tutto il capitolo. Infatti
soffrono di grave cecità coloro che calunniano gli altri, e sono di grande infelicità
coloro che non si guardano dal rancore, in questo modo sono sommersi dall'antica
perfidia dell'astuto Nemico.
LXX
Non guardino nessun volto di donna
Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare troppo a lungo il volto delle donne,
perciò nessun fratello osi baciare né una vedova, né una nubile, né la madre, né la
sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo dai
baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono messi in pericolo, in modo
che sia in grado di vivere per sempre dinnanzi al Signore con la coscienza pulita e una
pia condotta.
LXXI
Nessuno diventi mai padrino
A tutti, dal cavaliere sino al servitore, stabiliamo in via generale che nessuno d’ora in
avanti pensi di sollevare bambini dalla fonte battesimale, e non si vergogni di tenere
lontani padrini e madrine di questo sacramento, poiché tale disprezzo procura più
onore che colpa e senza dubbio non favorisce il bacio delle donne, anzi ne allontana il
disonore.
LXXII
Delle regole elencate
Tutte i dettami di cui sopra e ogni norma scritti in questa Regola saranno nella volontà
e nel proposito.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.