1 FIBRE OTTICHE 1.1 Origini Le fibre ottiche si basano sul principio della riflessione totale interna. Questa venne osservata da uno scienziato svizzero, Daniel Colladon, all’inizio dell’’800 in un getto d’acqua. Figura 1.1 Successivamente il francese Jacques Babinet rilevò lo stesso fenomeno in una bacchetta di vetro. Più nota la successiva dimostrazione del fenomeno da parte di John Tyndall nel 1854. Nel 19° secolo, l’uso della riflessione interna totale come mezzo di propagazione della luce fu ben nota ai realizzatori dell’illuminazione delle fontane. L’applicazione di questo fenomeno su piccole fibre venne suggerito in alcuni articoli scientifici nei primi del ‘900. La possibilità di trasportare immagini attraverso fibre flessibili, venne infine proposto alla fine degli anni ’20. Bisogna notare che in natura esistono delle strutture (ommatidi), presenti nell’apparato visivo di certi insetti e sono classificabili come fibre ottiche [13]. 1.2 Funzionamento di una fibra Un raggio luminoso che incide su una superficie di interfaccia tra due mezzi di indici diversi (n1> n2) viene in parte riflesso e in parte rifratto (trasmesso), secondo la nota legge di Snell (o legge dei seni): n1*sen = n2*sen dove è l’angolo di incidenza del raggio rispetto la normale alla superfice di incidenza e è l’angolo che il raggio rifratto forma con la stessa normale nel secondo mezzo. Figura 1.2 Poichè n2 < n1, tende ad aumentare al crescere di sino a quando si arriva alla condizione per cui si ha = /2, ovvero assenza di raggio rifratto. In quest’ultima situazione si è in presenza del fenomeno di riflessione totale, in cui l’angolo di incidenza oltre il quale si ha assenza di rifrazione è L = arcsin(n2/n1), generalmente indicato come angolo critico o limite. Figura 1.3 La trasmissione della luce attraverso una fibra è quindi basata sul fenomeno della riflessione totale interna che si presenta quando la luce incide obliquamente sull’interfaccia tra due mezzi di diverso indice di diffrazione, con un angolo più piccolo dell’angolo critico. Il vetro, se stirato a dimensioni micrometriche, perde la sua caratteristica di “fragilità” e diventa un filo flessibile e robusto. Una fibra ottica si presenta proprio come un sottilissimo filo di materiale vetroso. Brian O’Brien e separatamente Holger Moller Hansen proposero negli anni ’50 l’introduzione di un mantello ossia di un ulteriore strato di vetro esterno come secondo mezzo (invece dell’aria). In questo modo si stabilisce il valore di n2 oltre a renderlo uniforme nel tempo e nello spazio così come per la superficie di separazione. Riassumendo quindi possiamo dire che la fibra ottica è costituita da due parti: la parte più interna prende il nome di nucleo (o core), mentre quella esterna è il cosiddetto mantello (o cladding). Il core ed il cladding hanno indici di rifrazione diversi: il primo è maggiore. Infatti nelle fibre ottiche di comune utilizzo, valori tipici per gli indici di rifrazione sono n2=1.475 per il cladding e n1=1.5 per il core. Con questi valori, si trova un angolo critico di =79.5 gradi. Per modificare l’indice di rifrazione della silice vengono utilizzati i seguenti droganti: GeO2 e P2O5 per alzarlo, mentre per abbassarlo si fa uso di B2O3 e SiF4. Figura 1.4 Affinchè il generico raggio incida sempre, sulla discontinuità tra core e cladding, con angolo superiore al valore critico, è necessario che esso venga introdotto ad una estremità ottica entro un certo angolo di accettazione della fibra (ricavabile utilizzando sempre la legge di Snell): = ((n22 n12) / n0)1/2 dove n0 è l’indice di rifrazione del mezzo esterno. Un eventuale raggio iniettato nella fibra al di fuori del cono di accettazione, andrà poi ad incidere sulla separazione core-cladding con angolo inferiore al valore critico e quindi si perderà nel mantello a seguito della rifrazione. Figura 1.5 Definiamo ora una semplice grandezza che avremo modo di utilizzare molto spesso: l’apertura numerica. Essa è definita come: NA = (n22 n12)1/2 Il suo valore varia in genere tra 0,1 e 0,3. Vi sono vari tipi di fibre ottiche ma la tendenza è quella di minimizzare il numero allo scopo di facilitare l’installazione e la manutenzione e di ridurre i costi di produzione. Esse si possono classificare in: a) monomodali; b) multimodali. 1.3 Fibre monomodali Le fibre monomodali con profilo d’indice a gradino presentano un profilo costante nel core, il cui diametro è molto ridotto (circa 4-10 m), e decresce bruscamente con un gradino (step) nel mantello dove ancora rimane costante. Il diametro del cladding è in genere di 125 m. Il termine “monomodale” deriva dal fatto che il raggio all’interno si propaga in un unico modo perché è costretto, dal diametro molto piccolo del core, a propagarsi quasi parallelamente all’asse della fibra. Per quantificare quanto debba essere piccolo il diametro d del core al fine di ottenere una fibra monomodale, si fa uso della seguente relazione: d0.76*/NA con lunghezza d’onda della radiazione utilizzata ed NA apertura numerica. Nella figura si mostra una fibra monomodale insieme al profilo dell’indice di rifrazione. Figura 1.6 Le fibre monomodali sono ampiamente utilizzate nelle telecomunicazioni per l’elevato tempo di vita (20 anni), minima perdita di potenza ottica, assenza di dispersione modale (essendo la trasmissione monomodale). I vantaggi di questo tipo di fibra sono quindi: elevato tempo di vita; assenza di dispersione; minima perdita della potenza ottica; bassa attenuazione; ampia larghezza di banda; Gli svantaggi si limitano fondamentalmente a due punti: problemi di connessione a causa del piccolissimo diametro del core (perdite per disallineamento laterale, paragrafo 3.4); elevata potenza ottica richiesta. 1.4 Fibre multimodali Questo tipo di fibre si differenzia dalle precedenti innanzitutto per le maggiori dimensioni: il diametro del core è di 50 m e quello del cladding è di 125-150 m. Inoltre il profilo dell’indice di rifrazione può essere: 1) a gradino (step-index); 2) graduale (graded-index). Nelle fibre a gradino l’indice di rifrazione è costante in tutto il core e decresce bruscamente nel cladding come peraltro si è già visto nel caso delle fibre monomodali. A differenza di queste ultime, in esse si manifesta notevolmente la dispersione modale per cui non trovano applicazione nelle telecomunicazioni. Infatti, anche i raggi luminosi con stessa lunghezza d’onda ed immessi nella fibra con diverso angolo d’incidenza (inferiore all’angolo di accettazione) si propagano con la stessa velocità all’interno della fibra ma attraverso percorsi a zig-zag di diversa lunghezza. Quindi essi giungono a destinazione in tempi diversi producendo un allargamento temporale dell’impulso luminoso trasmesso. Nelle fibre con profilo graduale, l’indice di rifrazione decresce gradualmente dal centro del core fino alla regione di separazione tra core e cladding. Figura 1.7 Il vantaggio delle fibre ad indice graduale è che i raggi che si avvicinano al cladding, attraversano un mezzo che presenta un indice di rifrazione via via decrescente e posseggono una velocità più alta rispetto ai raggi che compiono un percorso più breve come, ad esempio, quelli orizzontali all’asse della fibra. In questo modo tutti i raggi dell’impulso di luce giungono quasi contemporaneamente limitando, così, la dispersione modale. Il numero di modi di propagazione M per una fibra multimodale si può valutare con la seguente formula approssimata, valida se M >> 1: M0.5*(*d*NA/)2 dove d è il diametro del core, è la lunghezza d’onda della radiazione utilizzata e NA è l’apertura numerica della fibra. Le fibre multimodo vengono utilizzate per distanze molto brevi (<10 km) a causa dei significativi vantaggi delle fibre monomodo. 1.5 Attenuazioni e dispersioni Le perdite causate dalle fibre ottiche si possono classificare in quelle che deformano il segnale d’ingresso (dispersione, capitolo 4 ) e in quelle che ne determinano l’attenuazione (capitoli 2 e 3). Lo studio delle caratteristiche delle fibre ottiche è molto importante perché determina la capacità del canale trasmissivo e la massima distanza copribile tra trasmettitore e ricevitore senza l’utilizzo di ripetitori. Il rapporto tra la potenza ottica trasmessa e quella ricevuta, dopo una lunghezza di fibra di riferimento, definisce l’attenuazione della fibra stessa, che è una funzione della lunghezza d’onda, del tipo di fibra, e delle eventuali sollecitazioni meccaniche che agiscono sulla fibra. Si distingue in genere tra cause di attenuazione intrinseche ed estrinseche: le prime sono insite nella struttura fondamentale del materiale e non possono essere eliminate, le seconde possono invece ricondursi alla presenza di impurezze ed essere ridotte affinando il processo produttivo. Il coefficiente di attenuazione è misurato in decibel: dB=10*Log10(Pin/Pout). Così se ad esempio una fibra ha un’attenuazione pari ad un decibel al chilometro, allora 10 watt di potenza ottica immessi in un tratto di fibra lungo un chilometro daranno in uscita un valore di 7.9 watt. Una finestra di vetro comune ha un’attenuazione pari a parecchie migliaia di decibel al chilometro. La qualità del materiale di cui è costituita la fibra ottica, è altissima: così se una comunissima finestra fosse realizzata con questo tipo di vetro di silice, essa dovrebbe avere uno spessore superiore ai due chilometri per avere lo stesso assorbimento misurabile in una finestra normale, spessa pochi millimetri. Per dare un’idea del progresso tecnologico, diremo che le lenti migliori dell’inizio del ‘900 sono 10000 volte più trasparenti dei primi vetri fabbricati nell’antico Egitto. Dagli anni ’60 ai ’90 la trasparenza del vetro è stata ulteriormente incrementata di un fattore 10000. L’attenuazione più bassa finora ottenuta in fibre di silice è di circa 0,2 dB/Km, relativamente alla lunghezza d’onda di 1500 nm. Questo basso livello di attenuazione è stato ottenuto grazie ad un’accurata lavorazione del vetro e della fibra, con cui si sono praticamente eliminate tutte le cause di attenuazione estrinseca. Da tener conto è anche l’attenuazione introdotta da connettori e giunzioni: essa deve essere paragonabile a quella molto bassa delle fibre ottiche. Un connettore installato correttamente introduce un’attenuazione compresa tra 0.3 e 0.7 dB. Valori simili valgono per una giunzione (da 0.1 a 0.3 dB). Le problematiche dell’attenuazione e della dispersione cromatica sono state tuttavia risolte. La prima è stata superata con l’introduzione degli amplificatori ottici (come vedremo nel capitolo 6), la seconda attraverso le tecniche di propagazione ottica non lineare (come vedremo nel capitolo 5) [12]. 1.6 Grandezze caratteristiche Alcune delle caratteristiche principali di una fibra sono: il materiale usato per il core e il cladding, i rispettivi diametri ed indici di rifrazione, l’apertura numerica, i coefficienti di dilatazione termica, i limiti termici, chimici e da sforzo meccanico, l’indice di attenuazione (in funzione della lunghezza d’onda), la lunghezza disponibile. Come abbiamo già detto, in genere si cerca di ridurre il diametro del core quanto più sia possibile ma ciò presenta un grosso svantaggio: quanto minore è tale diametro, tanto più difficile è l’iniezione della potenza ottica. Si definisce allora un’opportuna grandezza detta “efficienza di iniezione”: essa è intesa come il rapporto tra la potenza effettivamente convogliata nel nucleo e quella totale prodotta. Dato che non tutta la potenza prodotta viene inviata nel nucleo, ma una sua parte si perde nel mantello, questa efficienza non può che essere minore di 1. A volte è preferibile caratterizzare i parametri dimensionali delle fibre monomodo attraverso proprietà legate alla propagazione, anziché attraverso quantità ottico-geometriche (quale il raggio del nucleo). Il vantaggio di questa scelta è doppio: i parametri così definiti sono più facili da valutare e inoltre permettono un’applicazione immediata nella previsione delle prestazioni trasmissive (perdite di accoppiamento e per curvatura, dispersione di guida, etc.). In particolare è utile disporre di un parametro che definisca, con il suo valore, la distribuzione d’ampiezza del campo nel nucleo e nel mantello della fibra [7]. In una fibra monomodale il rapporto tra il raggio del nucleo e la lunghezza d’onda di esercizio è piccolo; poi è molto piccola anche la differenza tra l’indice di rifrazione del nucleo e quello del mantello, quindi l’effetto di confinamento della luce nel nucleo è limitato (si parla di debole guidanza) e, di conseguenza, la distribuzione di potenza ottica in fibra interessa anche il mantello. Per questo motivo non basta il valore del diametro del nucleo per definire la regione dove è confinata la luce; si ricorre allora ad un ulteriore parametro detto “diametro di campo modale” (mode field diameter: MFD) che, in linea di massima, definisce le dimensioni della regione entro cui è contenuta la maggior parte dell’energia luminosa che attraversa una certa sezione [6]. 1.7 Confronto tra fibre monomodali e multimodali Le fibre ottiche monomodali sono guide d’onda in grado di propagare una sola configurazione di campo: il modo fondamentale HE11 o LP01. Il loro vantaggio più evidente, rispetto alle multimodali, è quindi l’assenza della dispersione modale. Questo può portare a enormi capacità di trasmissione, con bande trasmissibili di diverse migliaia di GHz. Anche per ciò che riguarda l’attenuazione, le fibre monomodo si mostrano migliori di quelle multimodo; infatti, essendo richiesta una minore apertura numerica e un nucleo più piccolo, occorre un drogaggio minore degli strati interni, durante la fabbricazione. Questo significa in generale che si hanno minori perdite, non solo perché il drogante può introdurre ulteriori attenuazioni, ma anche perché il mezzo trasmissivo risulta nel suo insieme più uniforme, riducendo così il fenomeno della diffusione (dovuta a disomogeneità su piccolissima scala). Un ulteriore vantaggio, soprattutto sotto l’aspetto della progettazione del sistema, deriva dal fatto che tutti i parametri di trasmissione sono univocamente determinati. Non c’è, come nel caso delle fibre multimodo, un’incertezza derivante dalle differenti condizioni di eccitazione dei vari modi, o dai fenomeni di conversione di modo che possono mutare l’andamento della distorsione dell’impulso in funzione della lunghezza di fibra in maniera non sempre prevedibile. Per le fibre monomodo tale andamento è sempre lineare. A tutti questi vantaggi va aggiunto quello non indifferente di un costo potenzialmente più basso, perché la fabbricazione è più rapida e non richiede un controllo accurato sul profilo di indice di rifrazione, come nel caso delle fibre multimodo. Vi sono però anche degli inconvenienti, dovuti per lo più alle ridotte dimensioni del nucleo della fibra (diametro di 4-10 m) ed alla piccola differenza di indice di rifrazione tra nucleo e mantello. Infatti ciò comporta maggiori problemi nella realizzazione di giunti e connettori tra fibre. Lo sviluppo di macchine automatiche ha praticamente risolto il problema: sono attualmente realizzabili giunti e connettori che assicurano allineamenti con precisione inferiori al micron, soddisfacendo così le stringenti tolleranze per questo tipo di fibra. 1.8 Fibre a cristalli fotonici Un discorso a parte meritano le cosiddette “fibre a cristalli fotonici”. Parte della ricerca è attualmente impegnata intorno allo studio di questo particolare tipo di fibre ottiche. Esse sono caratterizzate da una precisa configurazione di microtubi di aria che corrono per tutta la lunghezza delle fibre. Queste nuove strutture presentano caratteristiche propagative non usuali: ad esempio una propagazione a singolo modo sull’intera regione spettrale da 400 a 2000 nm; un’area di modo ampia, e fondamentali effetti di band gap ottici, che ne consentono l’uso per molte applicazioni, anche perché i micro-tubi possono essere riempiti di gas, di liquidi o di altro per dare una moltitudine di effetti. La ricerca è rivolta all’ottimizzazione di alcuni parametri della fibra, come la dispersione cromatica, l’area efficace, la dispersione di polarizzazione, vitali per i sistemi a velocità molto elevata. Al riguardo, mentre con le fibre normali ottimizzando un parametro si rischia di peggiorarne altri, con le fibre a cristalli fotonici questo inconveniente dovrebbe essere evitato. I cristalli fotonici sembrano per ora più idonei per la fabbricazione di fibre speciali (fibre compensatrici o altamente non lineari) che non di fibre per propagazione, in quanto sinora non sono state raggiunte lunghezze superiori ai 100 m; le elevate dispersioni conseguibili consentirebbero di ottenere fibre compensatrici con lunghezze relativamente limitate [5]. Il loro impiego è quindi da ritenersi non tanto nel campo delle telecomunicazioni quanto in quello della fotonica ed in particolare nei futuribili calcolatori ottici. 1.9 Applicazioni delle fibre ottiche La produzione delle fibre ottiche può essere divisa in tre categorie principali: per il trasporto di immagini, per il trasporto di luce e per il trasporto o amplificazione di radiazione. Esistono anche dei sensori a fibra che vengono utilizzati per monitorare variabili ambientali come pressione e temperatura. Le fibre ottiche per immagini sono costituite da un insieme di fibre fuse parallelamente insieme in modo da costituire un cavo di cui un’estremita viene interfacciata da una CCD. Oltre alle fibre in silice, per alcuni impieghi vengono utilizzate anche le fibre plastiche (in polistirene, polimetile, …). Queste hanno si un’attenuazione molto alta, ma per piccole distanze ciò non rappresenta un problema, mentre prevalgono altri tipi di vantaggi (maggior flessibilità,…). I principali settori di applicazione delle fibre ottiche sono: Medicina: trasporto immagini (diagnostica: endoscopie,…), trasporto luce (interventi chirurgici, … ); trasporto radiazione ( laser-bisturi, scioglimento placche delle arterie,…); Industria: trasporto radiazione ( tagliare, saldare, perforare,…); Fotonica: amplificazione radiazione (Amplificatori ottici a fibra attiva), trasporto radiazione ed impieghi particolari (calcolatore ottico, come si è già detto nel paragrafo 1.8); Ricerca; Telecomunicazioni: trasporto radiazione. Tra questi settori il più importante è senz’altro quello delle telecomunicazioni, come del resto si è potuto capire da quanto detto finora, e d’ora in poi esso caratterizzerà sempre maggiormente il nostro discorso. La trasmissione ottica nasce assecondando la tendenza generale del settore delle telecomunicazioni a sviluppare tecnologie per mezzi portanti a frequenza sempre maggiore, e quindi con capacità trasmissive sempre maggiori. Se prendiamo in considerazione lo spettro della radiazione elettromagnetica mostrato nella figura seguente, notiamo che al di là delle onde centimetriche caratteristiche dei sistemi a microonde (satelliti, ponti radio) attualmente limitati a frequenze inferiori ai 30 GHz, abbiamo le cosiddette onde millimetriche usate nel campo del rilevamento ambientale e che si stanno affacciando solo recentemente nel settore delle radiocomunicazioni. Prima di giungere nel visibile vi è la radiazione del cosiddetto infrarosso lontano (tra 1000 e 10 µm circa) e infrarosso vicino (da 10 a 0.76 µm) . Figura 1.8 In Telecomunicazioni i sistemi di trasmissione utilizzano tre intervalli di lunghezze d’onda dette finestre ottiche per le quali risultano tecnologicamente ottimizzate sia le fibre (come avremo modo di vedere in seguito) che i dispositivi trasmettitori e ricevitori. Tali finestre sono: 1a finestra 0.8 < < 0.9 m (vicino infrarosso); 2a finestra 1.25 < < 1.35 m; 3a finestra 1.5 < < 1.6 m (lontano infrarosso). Figura 1.9 La prima finestra venne utilizzata inizialmente data la possibilità di reperire più facilmente sorgenti e rivelatori: infatti l’energia del fotone corrispondente ad una lunghezza d’onda di 0.8 m è sufficiente a ionizzare atomi di silicio, per cui si potevano utilizzare fotodiodi e led al silicio. Attualmente le finestre più utilizzate sono però la 2a e la 3a a causa delle più basse perdite, valutabili intorno a 0.2-0.5 dB/Km. La trasmissione ottica in campo libero è stata usata in passato sperimentalmente per coprire brevi collegamenti (<1 Km) per trasmissioni telefoniche in campo militare (bassa probabilità di intercettazione dovuta all’alta direttività del segnale ottico emesso). Tra gli sviluppi più affascinanti e/o promettenti delle trasmissioni ottiche in campo libero citiamo i collegamenti intersatellitari ad alta velocità mediante laser ad alta potenza collimati, e la possibilità di realizzare reti locali di trasmissioni dati tra terminali senza filo e/o portatili. L'invenzione delle fibre ottiche è da inquadrarsi nel periodo intorno agli anni '70 a seguito di un'intensa ricerca scientifica che si svolse in particolare negli USA e nell'URSS contemporaneamente, anche se separatamente, e spesso in concorrenza per motivi politici e militari. Vengono inventati in quello stesso periodo e negli anni precedenti, oltre alle fibre ottiche, tutta una serie di dispositivi optoelettronici di interesse sia industriale che politico e, sopratutto, militare come il laser, i fotomoltiplicatori, i fotodiodi, ecc. Le fibre ottiche sono dei sottilissimi fili di vetro, talora di plastica, ma comunque molto trasparenti alla luce, a sezione cilindrica, flessibili, con uno svariatissimo campo di applicazioni nei settori della medicina, dell'astronomia, delle telecomunicazioni, perfino dell'arredamento. In medicina, ad esempio, sono usate per l'artroscopia che consente di vedere su di un monitor, all'interno delle articolazioni ossee senza effettuare alcuna operazione chirurgica; per esaminare il funzionamento del cuore nel suo interno senza aprirlo, cosa impensabile in altri tempi. Nel campo delle telecomunicazioni, sono usate come canali di comunicazione privilegiati ad alta velocità, in quanto consentono velocità di trasmissione dei dati numerici, dell'ordine del Gigabit/sec, molto maggiori di quelle dei cavi coassiali loro corrispondenti predecessori, oltre ad innumerevoli ed indiscutibili vantaggi quali la insensibilità alle interferenze e alla diafonia, il basso costo, il volume ridottissimo e la bassissima attenuazione, per cui possono aversi tratte di più di 100 Km senza necessità di amplificatori. Quelle usate in telecomunicazioni vengono attraversate, da un’estremità fino all’altra, da impulsi luminosi, nel campo dell’infrarosso, e quindi invisibili all’occhio umano. Le prestazioni delle fibre ottiche sono di gran lunga superiori a quelle dei cavi coassiali che le hanno precedute nello stesso impiego fino a venti anni fa, infatti sono in grado, ad esempio, di trasferire 12.000 telefonate contemporaneamente in una sola fibra. Sono costituite da una parte centrale detta core (nucleo) ed una parte esterna detta cladding (mantello) realizzate in silice (SiO2), che è il costituente principale del comune vetro, e da una guaina protettiva in PVC come indicato in figura. Le fibre ottiche sono dunque usate per effettuare collegamenti numerici e trasmettere informazioni tramite impulsi luminosi con una piccolissima attenuazione, oggi soltanto circa di 0,16 dB/Km. Questi impulsi vengono immessi nella fibra ottica ad una estremità e, attraverso riflessioni successive, arrivano all'altra estremità come indicato nella figura seguente. Il principio di funzionamento della fibra ottica sta nel fatto che il segnale luminoso, una volta immesso nella fibra assialmente, vi rimane intrappolato se l'angolo con il quale il raggio è immesso in fibra è inferiore ad un valore detto angolo di accettazione che garantisce che all'interno vi sarà riflessione totale e mai rifrazione. SCHEMA A BLOCCHI DI UNA TRASMISSIONE TELEFONICA IN FIBRA OTTICA Come si può vedere dallo schema di sopra, estremamente semplificato di un collegamento telefonico che utilizza le fibre ottiche, le onde sonore vengono catturate dal microfono che è un trasduttore acustico/elettrico e le converte in corrente elettrica che attraversa il doppino telefonico, cioè il filo di rame che costituisce il nostro collegamento elettrico con la centrale telefonica urbana più vicina. Lì, il segnale elettrico, dopo opportuna codifica, viene convertito in segnale luminoso da un laser o da un led e viene immesso in fibra ottica attraversando centinaia di chilometri fino a destinazione dove, nella nuova centrale telefonica viene riconvertito in corrente elettrica, decodificato, e inviato attraverso il doppino telefonico fino a casa del secondo utente dove il ricevitore telefonico, l'altoparlante del disegno, nuovo trasduttore elettro/acustico, la ritrasforma il suono udibile dal destinatario. La trasmissione in fibra ottica ha sostituito in moltissimi posti i cavi coassiali ed i fili elettrici per la trasmissione delle informazioni ad alta velocità. Esistono però dei limiti che le fibre ottiche hanno e che devono essere affrontati e risolti: ATTENUAZIONE DISPERSIONE MODALE DISPERSIONE CROMATICA Per un studio più approfondimento sulla propagazione dei raggi luminosi all'interno delle fibre ottiche, si può vedere di seguito: RICHIAMI DI OTTICA Rivoluzione nelle fibre ottiche Numero 5 - Novembre 2004 Scritto da Piero Bruni Lunedì 01 Novembre 2004 21:41 Una fibra ottica è un sottile filo di materiale vetroso costituito da due parti: la più interna prende il nome di core, e l'esterna di cladding. Il vetro stirato a dimensioni micrometriche diventa un filo flessibile e robusto; se viene immesso un raggio luminoso da una parte della fibra, dall'altra parte riceveremo lo stesso raggio luminoso che va interpretato come segnale digitale Solitamente, le fibre ottiche, vengono utilizzate per illuminare o per osservare punti non facilmente raggiungibili (per esempio in medicina) o per trasmettere informazioni codificate sotto forma di segnali luminosi (per esempio, nelle reti telefoniche o in quelle televisive via cavo). I vantaggi maggiori derivanti dall'impiego di fibre ottiche sono: la capacità di trasferire un notevole volume di informazioni, le piccole dimensioni e la loro leggerezza (le fibre ottiche sono sottili come un capello con un peso inferiore ai 25kg/Km, compresa la guaina protettiva), basse perdite durante la trasmissione (risultati in laboratorio hanno verificato la possibilità di ridurre al minimo le attenuazioni in fibre al silicio), immunità rispetto ai disturbi elettromagnetici e isolamento elettrico. L'idea di utilizzare la luce come mezzo di comunicazione risale a circa duecento anni fa, ma le prime applicazioni pratiche risalgono al 1953 quando Narinder Singh Kapany, ricercatore inglese di origine indiana, che lavorava all'Imperial College di Londra, mise a punto fibre ottiche di vetro con le quali, qualche anno dopo, insieme con Hopkins, realizzò i primi endoscopi a fibra ottica. Soltanto nel 1967 è stato possibile affermare che le fibre ottiche hanno la potenzialità di rivoluzionare le comunicazioni sostituendo il cavo metallico. Recentemente un gruppo di ricercatori guidata da Victor Kopp della Chiral Photonics nello Stato di New York, ha sviluppato una semplice tecnica per trasportare una quantità maggiore di informazioni all'interno delle fibre ottiche. Per ottenere risultati migliori sono state sfruttate le caratteristiche della chiralità (proprietà tipica di un corpo non sovrapponibile alla propria immagine speculare. Il termine deriva dal greco “chiròs”, mano, creando strutture a forma di vite. La rotazione ha l'effetto di accoppiare tra loro specifiche lunghezze d'onda anche quando escono dalle fibre, aumentando l'efficienza nel trasporto dei dati. La torsione delle fibre è ottenuta mediante un forno che i tecnici usano per ammorbidire le fibre stesse mentre le torcono al momento della produzione dei cavi ottici. Quando il team di ricercatori ha esaminato la fibra così ottenuta, ha scoperto che alcuni fotoni avevano lasciato il nucleo della fibra ottica ed erano entrati nel rivestimento. Fotoni con stessa chiralità della fibra entravano nel rivestimento mentre i fotoni con chiralità opposta a quello della fibra rimanevano nel nucleo. Con le fibre moderatamente torte, i ricercatori possono maneggiare la luce polarizzata e questo porta ad una gamma di applicazioni quali i giroscopi per i sistemi di navigazione, i tester correnti per le stazioni di energia elettrica e le attrezzature di analisi di materiali e del prodotto chimico. La quantità di torsione determina la lunghezza d'onda precisa della luce nella fibra, producendo la luce che è ideale per le applicazioni del laser. L'ambiente che circonda la fibra influisce sulla lunghezza d'onda della luce intrappolata nel rivestimento e le fibre moderatamente torte, possono essere usate come sensori di pressione, temperatura o composizione chimica. Se la torsione è maggiore, i fotoni riescono a scappare dal rivestimento nello spazio circostante e nella fibra rimane solo luce con una singola polarizzazione, si produce così luce ideale per applicazioni laser. Questa ricerca è stata finanziata dal National Institute of Standards and Technology (NIST) negli USA ed è stata pubblicata in un articolo sul numero del 2 luglio della rivista “Science”. Cos'è una fibra ottica? Una fibra ottica è, molto semplicemente, un filamento di vetro, quarzo o materiale plastico adibito alla conduzione e al trasporto di luce in prossimità dell'infrarosso. Nel mondo delle telecomunicazioni, la luce delle fibre ottiche, in realtà, è il veicolo tramite il quale tutte le informazioni e i dati viaggiano all'interno di una rete. Le fibre ottiche, al giorno d'oggi, costituiscono un ruolo fondamentale nel mondo dell'informatica. L'Optical Networking, infatti, è la tecnologia in grado di instradare automaticamente e agevolmente i circuiti ad altissima capacità trasportati dalle fibre ottiche (Gigabit/s o decine di Gigbit/s). Cenni storici Come spesso accade, una scoperta è la diretta consuegenza di numerose evoluzioni che, talvolta, rappresentano o sono parte di campi di applicazione totalmente diversi, tanto da far sembrare sconnesse le varie scoperte intermedie e il risultato finale. Questo, infatti, è proprio il caso della fibra ottica che vede i suoi principi di funzionamento (come, per esempio, il principio della totale riflessione interna) utilizzati e applicati addirittura 150 anni fa per illuminare le fonti delle fontane pubbliche. Un successivo sviluppo ci fu nel 1956 quando Basil Hirschowitz, C. Wilbur Peters, e Lawrence E. Curtissvide brevettarono il primo gastroscopio a fibra ottica semi-flessibile. In questo processo di sviluppo, Curtiss produsse fisicamente la prima fibra ottica. Ovviamente le fibre ottiche di allora erano ancora lontane dal poter essere utilizzate per altri scopi anche perchè presentavano molti limiti risolti nei decenni successivi. Nel 1966, infatti, Charles K. Kao' e George A. Hockham, due ricercatori inglesi del British Post Office, scoprirono e dimostrarono che la notevole attenuazione fino allora riscontrata nelle fibre ottiche, era dovuta alla presenza d'impurità nel vetro che le costituivano. Dimostrarono, inoltre, la capacità delle fibre ottiche di essere utilizzate come mezzo trasmissivo nel caso in cui l'attenuazione fosse ridotta al di sotto dei 20 dB per kilometro. In questa misura, la prima fibra ottica per le comunicazioni fu inventata nel 1970 dai ricercatori Robert D. Maurer, Donald Keck, Peter Schultz e Frank Zimar, impiegati presso l'American Glass Maker Corning Glass Works. Costruirono una fibra con 17 dB di attenuazione ottica per kilometro drogando il silicio del vetro con il titanio. E fu così, quindi, che le fibre ottiche iniziarono a essere oggetto di studio non più solo per il campo della medicina o dell'arredamento, ma anche per le telecomunicazioni. Nel 1988 iniziò a essere usato TAT-8, il primo cavo telefonico translatlantico ad usare la fibra ottica. Da allora i progressi sono stati esponenziali. Sempre più la fibra ottica iniziò a essere usata per collegamenti informatici. Attualmente, per esempio, in tutto il mondo moltissime reti sono state realizzate con questa tecnologia. In Europa, per esempio, Metrocore è una rete interamente realizzata in fibra ottica. Come funziona una fibra ottica La struttura Per quanto riguarda la vera e propria composizione strutturale di una fibra ottica (ben visibili in Figura 1), quest'ultima è costituita principalmente da: Il nucleo (detto anche core). Il mantello o rivestimento (cladding). La copertura (coating). Fibre di irrigidimento (strengthening fibers). Guaina (outside o cable jacket). Figura 1: Struttura di una fibra ottica Le parti essenziali e che costituiscono, quindi, un ruolo primario nel funzionamento di una fibra ottica sono, senza dubbio, il core e il cladding. Queste due parti essenziali sono, a scopo comprensivo, così schematicamente rappresentate: Figura 2: Sezione di una fibra ottica Funzionamento Il funzionamento di una fibra ottica è, in verità, assai semplice. Come pocanzi detto, il core e il cladding hanno un compito fondamentale nell'efficienza della fibra ottica stessa. Parlando di core e cladding sorge un concetto fondamentale: l'indice di rifrazione. L'indice di rifrazione è una caratteristica di un qualsiasi materiale. Esso rappresenta il rapporto tra c (velocità della luce nel vuoto) e la velocità v che una radiazione elettromagnetica ha in quel specifico materiale. Viene solitamente indicato col simbolo n. Tale indice ha un ruolo fondamentale. Il materiale con cui è composto il nucleo ha un indice di rifrazione maggiore di quello del materiale componente il cladding. Chiamiamo n1 l'indice di rifrazione del core e n2 quello del cladding. Precisazione: al cladding, per variare il suo indice di rifrazione, vengono aggiunte delle impurità (drogaggio) quali ossido di fosforo o di boro. La differenza tra n1 ed n2 crea tra il core e il cladding una superficie detta superficie di discontinuità. Il raggio luminoso colpendo questa superficie, viene riflesso continuamente secondo appunto il principio della riflessione. Figura 3: Indici di rifrazione del core e del cladding Questa differenza è una condizione necessaria e fondamentale affinchè la fibra ottica funzioni al meglio. Quando, infatti, un raggio colpisce la superficie di discontinuità e incontra, quindi, il materiale con indice di rifrazione minore, esso subisce una riflessione con angolo pari a quello d'incidenza con angolo . e una rifrazione Figura 4: Superficie di discontinuità La legge di Snell Una conoscenza di tipo basilare sulle fibre ottiche non può non comprendere la conoscenza della legge di Snell che pone in relazione gli angoli e . La legge di Snell afferma che: Dalla figura notiamo come, se l'angolo fosse di 90°, il raggio rifratto si propagherebbe lungo la superfice di discontinuità. Da questo deduciamo, quindi, che se l'angolo d'incidenza fosse maggiore di , avremmo il fenomeno della riflessione totale ovvero il raggio sarebbe completamente riflesso ottenendo quindi una rifrazione nulla. Tutto ciò determina una caratteristica fondamentale della fibra ottica: la bassissima o nulla attenuazione del segnale. Da quanto appena detto, si deduce anche che un raggio luminoso non può essere irradiato all'interno della fibra ottica con una qualsiasi angolazione bensì l'angolo deve essere compreso nel così detto cono di accettazione. Stando dentro a questo angolo, siamo sicuri che l'angolo di incidenza sarà maggiore di e quindi il raggio sarà totalmente riflesso. Tipi di fibre Come detto inizialmente, una scoperta è, nella maggior parte delle volte, l'insieme e un susseguirsi di più o meno piccoli cambiamenti che riescono a concepire una innovazione importante. E' altrettanto importante dire che i cambiamenti continuano ad esserci e che l'evoluzione è in perpetuo movimento anche quando si può dire di aver raggiunto una "scoperta". Nel nostro caso, per esempio, le fibre ottiche hanno subito dei continui miglioramenti in modo tale da renderle ancora più performanti e utili (siano esse nel campo medico ma anche e soprattutto in quello delle telecomunicazioni). Parlando di esempi concreti, le prime fibre ottiche erano del tipo Multimodali Step Index. Prima di proseguire, per capire le varie differenzazioni è necessario introdurre il concetto di modo (come si può, d'altra parte, notare dal nome già citato). Un modo è un possibile percorso che un raggio di luce può percorrere all'interno di una fibra ottica. Come detto precedentemente, un segnale luminoso viene scomposto in tanti raggi che "entrano" nella fibra ottica con diversa angolatura e quindi si propagheranno seguendo diversi percorsi (modi). Multimodale Step Index Prendendo in considerazione il concetto di modo espresso poco sopra, una fibra multimodale è una fibra che permette ai vari raggi luminosi di seguire diversi percorsi (modi) per giungere alla fine del canale trasmissivo stesso. Assodato questo, analizziamo il perchè del nome Step Index. Le fibre ottiche Step Index sono quelle che, più classicamente, vengono rappresentate e prese come esempio quando c'è da esplicare i principi fondamentali delle fibre ottiche e, difatti, è proprio il tipo di fibra preso in esame inizialmente in questo articolo. Come detto precedentemente, la fibra ottica Step Index si chiama così perchè, tra l'indice di rifrazione del core e l'indice di rifrazione del cladding vi è una discontinuità a gradino (step). Ciò significa che c'è una variazione brusca tra l'indice di rifrazione n1 del core e l'indice di rifrazione n2 del cladding. Figura 5: Fibra ottica multimodale Step Index La dispersione modale La dispersione modale è un fenomeno che caratterizza le fibre multimodali Step Index ed è un problema in quanto pone limite alla massima velocità di trasmissione delle informazioni all'interno della fibra ottica. Ricordo che in una fibra Step Index, i raggi luminosi raggiungono la loro destinazione attraverso vari percorsi, i così detti modi. E' chiaro, quindi, che se i raggi luminosi scelgono percorsi diversi arriveranno anche in tempi diversi. Questa differenza tra i vari tempi crea, appunto, una perdita di tempo in quanto per l'integrità delle informazioni bisogna attendere che tutti i dati di una determinata informazione siano arrivati a destinazione. Oltre a un problema temporale (che può comunque essere tralasciato visto le alte velocità trattate), la dispersione modale consiste nella deformazione che l'impulso luminoso subisce con l'aumentare della distanza. Ricordo, per una maggiore comprensione, che per impulso luminoso si intende l'insieme dei singoli raggi. E' ovvio, quindi, che se i singoli raggi non arrivano a destinazione nello stesso momento, tutto l'impulso subirà una deformazione (un allargamento) perdendo di significato. Per risolvere questa problematica sono state inventate le fibre monomodali. Monomodali Come si evince dal nome stesso, le fibre ottiche monomodali sono fibre che consentono ai raggi luminosi di percorre solamente un percorso permettendo, quindi, l'eliminazione del problema riguardante la dispersione modale. Per far sì che nella fibra vi possa "viaggiare" solamente un raggio luminoso, sono stati ridotti i diametri del core e del cladding. In una fibra monomodale, infatti, valgono rispettivamente 8μm e 125μm. Le fibre monomodali, inoltre, hanno una minore attenuazione delle fibre multimodali in quanto essendo richiesto un angolo di accettazione minore e conseguentemente a questo anche un nucleo più sottile, è sufficiente un drogaggio meno consistente dei materiali interni e, quindi, le perdite saranno certamente minori. Multimodali Graded Index Come abbiamo appena visto, le fibre ottiche monomodali risolvono il problema della dispersione modale. E' anche vero, però, che quando si risolve un problema molto spesso se ne causano altri. In tal caso, per esempio, il permettere (nella fibra ottica monomodale) il passaggio di un solo raggio alla volta limita "pesantemente" l'ampiezza di banda possibile. Per ovviare a ciò, si è ripreso il concetto dell'invio e del transito contemporaneo di più raggi luminosi all'interno della fibra ottica. L'interessante novità introdotta, però, è quella di far variare progressivamente e gradualmente l'indice di rifrazione del core (mentre è stato mantenuto costante quello del cladding). Precisamente, l'indice di rifrazione del core va diminuendo man mano che ci si allontana verso la superficie di discontinuità. L'importante conseguenza di questa novità è una proporzionalità inversa tra la distanza percorsa e la velocità assunta dai raggi luminosi. Tale proporzionalità permette ai vari raggi di arrivare alla fine nello stesso periodo di tempo t. Per maggiore chiarezza, più un raggio si allontana dall'asse, maggiore sarà, ovviamente, la distanza che esso dovrà percorrere MA maggiore sarà anche la loro velocità in quanto l'indice di rifrazione sarà minore (ricordo che l'indice di rifrazione diminuisce al crescere della distanza dall'asse). Figura 6: Fibra ottica multimodale Graded Index Ulteriori parametri e concetti La dispersione cromatica La dispersione cromatica è un altro tipo di problema delle fibre e richiama direttamente alcuni principi di ottica. Sappiamo tutti che un raggio di luce (bianco) altro non è che la somma di raggi di diversi colori (il classico "arcobaleno", i sette colori dell'iride). Questi sette colori hanno, in realtà, frequenze diverse. La particolarità è che la velocità della luce all'interno del vetro è leggermente diversa al variare della frequenza come scoprì Newton con il famoso esperimento del prima di vetro. Guardiamo, a tal proposito, la seguente figura: Tale inconveniente è risolvibile utilizzando, come fonte di immissione luminosa, un laser al posto del LED. Tale scelta è motivabile dal fatto che i laser hanno uno spettro di frequenza consistentemente minore (più stretto) rispetto allo spettro dei LED. Essendo molto più stretto lo spettro delle frequenze, anche la dispersione cromatica, per ovvie ragioni, sarà minore.