La repubblica / Economia e finanza 20 gennaio 2016 La quarta rivoluzione industriale passa da Davos Si apre in Svizzera il World Economic Forum, il tema dominante sarà la paura: anche dei ricchi e potenti di non riuscire a governare la complessità di questi tempi difficilissimi. Ne parleranno i grandi della terra: politici, economisti e star dal nostro inviato MARCO PANARA DAVOS - Il tema del World Economic Forum che comincia oggi a Davos è "La quarta rivoluzione industriale", che non è tema da poco viste le implicazioni già previste, tra le quali la perdita di 5 milioni di posti di lavoro di qui al 2020 e un ulteriore aumento delle disuguaglianze, già esplose negli ultimi 25 anni grazie agli effetti non gestiti di globalizzazione e innovazione tecnologia. La sfida questa volta sarà di provare a gestirla questa rivoluzione, visto che ormai dei suoi meccanismi e del suo impatto comincia ad esserci, nelle classi dirigenti globali, una diffusa consapevolezza. Il programma completo. Le date delle rivoluzioni industriali, che hanno trasformato nel bene e nel male la vita di grandissima parte degli esseri umani, sono fino a questo momento tre: 1784, la macchina a vapore, ovvero la nascita dell'industria e delle macchine; 1870, l'elettricità, la divisione del lavoro, le produzioni di massa; 1969, il decollo prima lento poi velocissimo dell'elettronica, della tecnologia dell'informazione, delle produzioni automatizzate. La quarta data non c'è ancora, ma forse potremmo esserci già dentro, e segnerà il mondo con l'intelligenza artificiale, le stampanti tridimensionali, i mezzi senza pilota, la ricostruzione dei tessuti umani, la genetica. Le caratteristiche che quest'ultima rivoluzione eredita da quella precedente sono due, la velocità, che però si farà esponenziale, e la pervasività, che non lascerà fuori nulla. C'è di che temere, molto, e c'è di che sperare: qualcuno di essere tra i vincitori nelle trasformazioni che ogni rivoluzione determina, i più di non rimanere travolti dalle rovine che ogni rivoluzione lascia. Intanto di qui al 2020, cioè tra oggi e domani, in 5 milioni – stimano i primi calcoli - ci lasceranno il posto di lavoro. Rilevanti saranno anche gli effetti sui governi e sulle democrazie, chiamate ad una capacità e rapidità di reazione per le quali non sono state costruite e alle quali questi ultimi 25 anni di mutamenti vorticosi non le hanno ancora abituate. Ma il tema della "quarta rivoluzione industriale" rischia a Davos di essere oscurato dalla cronaca. Questo 2016 è partito con sulle sue fragili spalle un ciclo di migrazioni dolorose e potenti, che stanno segnando il quadro politico dell'Europa, mentre i paesi di partenza delle folle migranti sono nel fuoco e nel fumo. Il quadro geopolitico da molti anni non è stato così complesso e teso, dal Medio Oriente alle tensioni connesse tra Turchia e Russia, a quelle legate alla stabilità dell'Ucraina, mentre l'Africa Mediterranea è instabile come mai e quella sub sahariana in un caos profondo. Per la porta aperta dal consesso internazionale all’Iran molte altre se ne stanno chiudendo. Se dalla geopolitica passiamo all'economia il quadro non migliora di molto. Il tramonto dei Brics, che hanno illuminato buona parte degli ultimi dieci anni con la loro crescita mentre l'Occidente stagnava, si sta volgendo in una notte con poche stelle. Il Brasile è in crisi profonda, la Russia è in recessione come tutti i paesi produttori di combustibili fossili, la Cina rallenta vistosamente e Pechino ha perso credibilità sui mercati e forse anche presso i suoi cittadini. E intanto il crollo del petrolio non riesce a sollevare le economie dei paesi consumatori mentre affossa quelle dei paesi produttori. Discuteranno di tutto ciò una quarantina di capi di stato e di governo - da Cameron a Netanyahu, da Joe Biden a Jacob Zuma, da Valls a Tsipras (ma Angela Merkel ha cancellato per i problemi interni dopo Colonia) - leader di istituzioni economiche come Mario Draghi e Christine Lagarde, e mille e cinquecento ceo di banche e multinazionali, scenziati, docenti universitari, leader della società civile, religiosi, artisti (tra i quali Leo Di Caprio e Peter Gabriel). Il tema dominante, è una previsione facile, sarà la paura. La paura anche dei ricchi e potenti di non riuscire a governare la complessità di questi tempi difficilissimi. La lista delle paure è stata già stilata: per il 2016 la prima sono i flussi migratori, di qui a dieci anni il rischio di non riuscire a contenere i cambiamenti climatici. Se ne discuterà dalle sette del mattino fino alle 10 di sera, poi una adeguata dose di champagne aiuterà ad affrontare la notte.