Cap. 1 – Il significato. “Che cosa vuol dire?”
1.1 – Informazione e significato.
[esempio di Von Glasersfeld: Susan trova vicino al parcheggio un foglio con la scritta “Giovedì 11
novembre, ore 15”; comprende le parole e i simboli, ma probabilmente non è in grado di
interpretarli]
Per decodificare un messaggio devono essere noti il vocabolario e la sintassi dello scritto, ma questi
non sono sufficienti a cogliere il significato → necessario cogliere l’intenzione che il segno
esprime.
I segni convenzionali che consentono a tutti quelli che palano la stessa lingua e condividono lo
stesso sistema culturale di intendersi, ad esempio, sul fatto che giovedì è un giorno della settimana e
che novembre è un mese dell’anno, falliscono nella trasmissione del significato perché ad essi
manca l’origine intenzionale e qualcuno che possa riprendere quell’intenzione
INFORMAZIONE → può essere colta da un gran numero di persone; per l’info non è rilevante il
significato
≠
SIGNIFICATO → correlato intenzionale di una soggettività conoscente; concepito solo a partire
dall’esperienza vissuta
Il significato delle cose percepite non è fuori di esse né è il frutto di un’associazione razionale e
riflessiva tra segno e idea, ma è già nella strutturale disposizione di un soggetto ad incontrare il suo
ambiente
1.2 – Significato e intersoggettività
La presenza di altri come attori o destinatari del gesto da interpretare è implicita in ogni significato.
Significato → si interpreta, si comprende o si ri-prende in prima persona, ma non si percepisce.
↓
non lo possiamo mai cogliere per intero, ma soltanto da nostro punto di vista, che è sempre
necessariamente incompleto.
1.3 – Interrogazioni e risposte
Significato → intenzione, tensione verso un compimento che oltrepassa la semplice registrazione di
dati. Si può considerare come una specie di interrogazione che permane anche quando non si trova
la risposta: alcune questioni, inoltre, resistono più di altre a qualsiasi tentativo di soluzione.
La psicologia ha spesso trascurato i problemi a cui non si poteva dare risposta scientifica [posizione
della logica positivista]: questa posizione ha sicuramente dei vantaggi, ma non è l’unica scelta
possibile, in quanto si può assumere un diverso atteggiamento conoscitivo, che implica la sfida, per
la psicologia, di ampliare la sua ricerca oltrepassando ciò che è già presente e conosciuto.
Infatti, non poter rispondere in modo definitivo ad una domanda, non toglie realtà all’atto del
domandare.
Psicologia del Significato → richiede una nuova fondazione e una nuova metodologia per la
scienza dello psichico → propone di tener conto dell’esistenza di quei problemi che la scienza
trascura, oltrepassando i limiti del metodo naturalistico che, per principio, deve annullare la
soggettività e l’intenzionalità.
↓
ripensamento radicale della conoscenza psicologica → la presenza della soggettività conoscente
diventi garanzia di fedeltà all’esperienza e, quindi, di rigore scientifico.
1.4 – Significato e linguaggio
Non ci si sta riferendo al significato come è inteso nell’ambito della logica o della linguistica, ma a
ciò a cui tendiamo quando cerchiamo di interpretare un evento.
Frege: la svolta linguistica da lui inaugurata considera lo studio del pensiero in modo autonomo
rispetto al concreto processo del pensare, e lo studio del linguaggio slegato dal soggetto che parla
→ il senso è delle frasi, e il linguaggio è un sistema già compiuto di cui non resta che indagare le
regole → definizione di significato che non ha nulla in comune con quanto si intende nel linguaggio
ordinario della nostra esperienza.
Husserl: ritiene che qualsiasi conoscenza sia fondata sull’esperienza soggettiva del conoscere, che
non possa che muovere dallo strato originario dl vissuto.
Linguaggio → non ha senso fuori dall’intersoggettività → la sua fz espressiva e comunicativa può
essere indagata solo da uno sguardo attento alla complessità dell’umano.
Wittgenstein: la proposta di considerare il valore d’uso delle parole e i fattori contestuali extralinguistici nella generazione del significato ha contribuito a trasformare la visione astratta dei segni
linguistici in una più vicina alla realtà dell’esperienza.
Maturana: languaging → l’attività linguistica è la “nostra maniera di esistere come essere umani”
→ non usiamo il linguaggio per scambiarci informazioni, ma “esistiamo nel linguaggio e
scompariamo come umani se scompare il linguaggio”.
↓
è un dominio di coordinazioni di atti concreti, di cui le astrazioni e i simboli sono soltanto prodotti
secondari → non serve studiarlo in modo impersonale e situazioni artificiali
1.5 – L’ “eccedenza” del significato
Merleau-Ponty: una condizione necessaria per avvicinarsi alla dimensione del significato è
oltrepassare l’ovvietà dei significati già formati: concetti come Linguaggio, Memoria, Percezione,
Apprendimento, sono spesso usati sulla base di un consenso scontato → ci sono “stati d’animo”,
vissuti, evidenze, che non rientrano in questo quadro perché non sono riducibili alle categorie
esistenti, ma che spesso si impongono come centrali nelle nostre vite → insufficienza delle
categorie razionalistiche rispetto al vissuto.
Minkowski: “se certe parole possono essere definite in modo formale e sostituite con altre, ce ne
sono alcune il cui significato non si rivela che in fz di situazioni vissute.
↓
Significato: sta in questo “andare oltre” le corrispondenze puntuali → una semantica esistenziale
dovrebbe associare ai termini non una definizione, ma l’evocazione di situazioni vissute [cfr.
esempio termine “Effimero” – pag. 14-15]
1.6 – Il significato e la sua misurazione
Molti psicologi hanno operato una continua riduzione del piano del significato a quella del
misurabile [Labbrozzi: “la migliore definizione di un concetto è la sua misura”]
↓
la dimensione misurativi assume la posizione più elevata → contrasto con l’osservazione di molti
“fatti psicologici”
↓
Smedslund: impossibilità di definire operativamente – ad esempio – il fenomeno “sorpresa” → “i
termini psicologici non possono esser definiti in riferimento a particolari comportamenti manifesti,
particolari resoconti verbali o particolari processi corporei misurabili, ma soltanto in riferimento ad
altri termini psicologici.
Jaspers: “lo psichico deve essere attraverso lo psichico”, perché esso “per principio non è mai
completamente osservabile”.
Nonostante le voci contrarie, non sono rari, in psicologia, i tentativi di misurazione del significato
(es, Differenziale semantico di Osgood).
Esiste un filone derivato dalle teorie umanistiche ed esistenziali di origine americana, ad esempio il
PIL (Pur pose in Life) Test, di Crumbaugh e Maholick, che valuta il livello di significato e di scopo
nella vita; il Meaning in Suffering Test (MIST), di Stark, che misura il grado di significato che il
soggetto riesce a trovare nelle esperienze dolorose della vita.
Ultimamente si è anche sviluppato un settore di ricerca che si propone la misurazione del significato
attribuito dalle persone allo “star bene” (SWB: Subject Well Being).
1.7 – Un esempio di controsenso: la misurazione della felicità
Veenhoven: si propone di sottrarre il tema della felicità allo studio dei filosofi, per farne oggetto di
studio empirico rigoroso → “Come si può comprendere da scienziati la felicità?” → MISURANDOLA
↓
definizione operativa: “la felicità è la misura con cui una persona valuta positivamente la qualità
complessiva della sua vita attuale intesa come un tutto; quanto una persona è soddisfatta della vita
che conduce”.
↓
per sapere se una persona è felice o no, tuttavia, sembra che non ci sia altro da fare che
chiederglielo, dato che non ci sono parametri e indicatori attendibili dall’esterno → le risposte
ottenute, secondo l’autore, sarebbero comunque dei dati oggettivi, indicatori della variabile
sottostante, di cui si può determinare la misura attraverso il confronto con la media statistica
↓
Nel cfr tra le “misure di felicità” e i criteri di validità e attendibilità, tuttavia, la difesa del metodo
rivela definitivamente il suo controsenso → la variabile “felicità” non è infatti stabile nel tempo
↓
c’è chi non desiste dal misurarla, ampliando il campo dei soggetti, in modo che gli “effetti di
disturbo” siano attenuati.
Se dobbiamo mantenere per forza una metodologia misurazionistica, coerente con il dettato delle
scienze naturali, si dissolve la natura stessa del tema, proprio come accade alla “felicità” quando è
ridotta a variabile.
1.8 – La possibilità di una psicologia del significato
Psicologia del significato: potrebbe suonare ridondante, se consideriamo la psico-logia come
discorso scientifico su ciò che è psichico. Ma se i metodi di studio escludono proprio questo
riferimento al soggetto, ad essere in discussione sarebbe l’esistenza stessa della disciplina.
La preferenza della psicologia per il naturalismo e l’oggettivismo era, inizialmente, giustificabile,
per la volontà di rigore e scientificità. Meno comprensibile appare lo scientismo ad oltranza che
caratterizza ancora adesso l’atteggiamento di molti psicologi → anche in Italia c’è una forte difesa
del credo scientifico da parte degli psicologi.
↓
è necessario rivedere l’idea della conoscenza scientifica come conoscenza esatta e ripetibile, per
renderla accordabile con l’esperienza vissuta.
1.9 – La realtà di una scienza senza certezza
Conoscenza: non è più pensata come adeguazione al dato, ma come costruzione soggettiva e
intersoggettiva di significati → gli psicologi sono stati forse gli ultimi a convertirsi ad una
concezione psicologica della conoscenza.
↓
L’ambivalenza della posizione in cui si è venuta a trovare la psicologia è il risultato della sua
dipendenza dalle scienze naturali → il materialismo della scienza positiva ha imposto per lungo
tempo il principio riduzionistico, secondo cui i fenomeni oggetto di una scienza possono essere
spiegati attraverso i concetti di una scienza situata a un livello gerarchicamente più fondamentale →
la psicologia, secondo questo principio, si viene a trovare al vertice di questa piramide →
“complesso d’inferiorità”
↓
Nei primi anni del ‘900, la teoria della relatività e la meccanica quantistica scoprono il ruolo
dell’osservatore come componente essenziale nella definizione dei fenomeni fisici → mentre gli
psicologi si sforzavano di rendere lo psichico adatto alle categorie più fondamentali di altre
discipline, i fisici si confrontavano con eventi capaci di mettere in discussione tutta la struttura della
loro conoscenza e che li costringevano ad ammettere l’inseparabilità di mente e mondo, di
coscienza e dato, di osservatore e osservato.
L’interesse degli psicologi verso gli sviluppi delle altre discipline è aumentato grazie all’avvento
delle scienze cognitive che hanno favorito il cfr interdisciplinare → questo cfr è fruttuoso, ma
rischia di togliere sicurezza alle procedure di ricerca tradizionali.
↓
La psicologia, in questo panorama, non è più costretta a conformarsi ai metodi delle scienze
naturali, se questi hanno mostrato lacune insormontabili per la spiegazione di certi fenomeni.