La citofluorimetria a flusso consente l`analisi automatica di

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CITOFLUORIMETRIA A FLUSSO
La materia si può considerare come composta da particelle dotate di cariche
elettriche discrete e di segno opposto. Un’onda elettromagnetica che “colpisce” una
particella fa oscillare queste cariche che possono emettere a loro volta una radiazione
elettromagnetica in tutte le direzioni. Questa radiazione è la così detta radiazione
diffusa e il fenomeno ad essa associato è noto come light scattering (LS).
In generale parte dell’energia portata dall’onda incidente viene riemessa con la
radiazione diffusa, parte viene assorbita (ad es. trasformata in calore) e parte si
ritrova nell’onda trasmessa.
In citometria a flusso i parametri legati a LS vengono utilizzati per risalire alle
dimensioni del campione, alla sua forma e come controllo per valutare la “bontà” o
omogeneità di un preparato ovvero il suo grado di purezza. La rugosità del campione e
le indicazioni relative alla sua forma consentono di comprendere quanto un oggetto si
discosta, fissate ad esempio le sue dimensioni medie, da una forma sferica e liscia
esibendo una forma non sferica e una superficie corrugata. Anche queste indicazioni,
come quelle proveniente dall’analisi in fluorescenza, possono essere utilizzate per la
separazione o sorting. Quando si utilizza un citometro a flusso i dati di LS vengono
generalmente acquisiti in diffusione frontale e laterale. La diffusione frontale FS
(forward scatter, FSC) è rilevata a 0° mascherando il fascio di radiazione mentre la
diffusione laterale SS (side scatter, SSC) è rilevata a 90° rispetto la direzione di
propagazione del fascio investigante.
La citofluorimetria a flusso consente l’analisi automatica di sospensioni cellulari
monodisperse, misurandone le caratteristiche fisiche e/o biochimiche all’interno di un
flusso laminare che interseca una sorgente di eccitazione.
Cosa può dirci un citometro a flusso di una cellula?
- il suo diametro relativo (Forward Scatter, FSC)
- la sua granularità relativa o la sua complessità interna (Side Scatter, SSC)
- la sua intensità relativa di fluorescenza (FL1, FL2, FL3, FL4 e FL5)
Proprietà di FSC e SSC
FSC, luce difratta
- è proporzionale alle dimensioni cellulari
- raccolta lungo la direzione della luce incidente
SSC, luce riflessa e rifratta
- proporzionale alla granularità e complessità cellulare
- raccolta da un sensore posto a 90° rispetto alla luce incidente
Cos’è la fluorescenza?
- il fluorocromo assorbe energia dal laser
- il fluorocromo rilascia l’energia assorbita sotto forma di:
vibrazione e dissipazione di calore;
emissione di fotoni ad una lunghezza d’onda
STRUTTURA DI UN CITOMETRO A FLUSSO
Il cimometro a flusso si può annoverare tra gli strumenti analitici più complessi a
disposizione della medicina e della biologia. Nato verso la fine degli anni ’50 come
figlio dei primi contaglobuli impedenziometrici, questo sistema si è rapidamente
evoluto facendo proprio molte delle più recenti tecnologie emerse in diversi campi
della fisica e dell’ingegneria. Il motore trainante che ha sempre stimolato la ricerca di
soluzioni innovative è stato ed è l’alto contenuto informativo delle analisi citometriche
a flusso e la sua potenziale ricaduta applicativa. A causa dell’intrinseca complessità
che da sempre contraddistingue i CF, il principiante trova difficoltà nell’assimilare una
pratica soddisfacente e quel complesso di esperienze che si traduce poi in una
completa autonomia operativa. Con l’avvento dei CF di ultima generazione il problema è
diventato meno significativo grazie all’elevato livello di automatizzazione raggiunto;
tuttavia è bene suggerire una certa cautela verso i sistemi che “automaticamente”
forniscono un risultato di misura, se non altro perché “appiattiscono” l’analisi critica
sovente di fondamentale importanza in citometria a flusso.
Per svolgere le sue funzioni un citometro richiede:
- sistema fluidico che convoglia le cellule al punto di misura
- sitema ottico che genera e raccoglie segnali luminosi
- sistema elettronico che converte i segnali ottici in proporzionali segnali
elettrici per digitalizzarli e analizzarli per mezzo di un computer
- sistema software per analisi dei dati
Operativamente il CF esegue analisi statistiche su campioni di particelle
microscopiche disperse in sospensione liquida, principalmente attraverso misure di
tipo ottico sfruttando fenomeni di diffusione della luce (scattering) o di fluorescenza.
Se si considerano otticamente i CF sono raggruppati in due famiglie: strumenti che
utilizzano sorgenti laser e strumenti che sfruttano lampade tipo “short.arc” ai vapori
di mercurio o xenon; recentemente sono stati presentati CF che adottano entrambe le
soluzioni.
Dal punto di vista prettamente idraulico, invece, i CF si possono suddividere in due
categorie: CF a getto libero e CF con cella a flusso.
La “cella a flusso” è uno speciale capillare realizzato solitamente in quarzo sintetico
nel quale un apparato idropneumatico dedicato consente di ottenere un effetto
caratteristico noto come “focalizzazione idrodinamica”.
Grazie ad esso le singole particelle in sospensione vengono forzate a fluire al centro
del capillare stesso, idealmente contenute in un “tubo di flusso” in moto laminare
(core) di dimensioni estremamente ridotte (tipicamente 5-20 m).
Un fenomeno analogo avviene nei CF a getto tranne il fatto che in questi casi non
esiste il capillare ma solo un orifizio da cui scaturisce un filetto di fluido a simmetria
cilindrica contenente il core.
All’interno della cella a flusso le particelle si dispongono in fila ad una ad una offrendo
la possibilità di eseguire misure singole in sequenza. Di fatto, durante il loro percorso
in cella a flusso, esse intersecano uno o più fasci di luce generando una serie di segnali
impulsati di luce diffusa e/o fluorescenza. Raccolti a loro volta da un sistema ottico
vengono trasformati in segnali elettronici analogici attraversosensori optoelettronici
dopo un opportuno condizionamento spettrale (filtraggio). Infine questi segnali sono
digitalizzati (in pratica trasformati in numeri) e inviati all’unità di elaborazione dati
che ha il compito di predisporli opportunamente per le analisi statistiche richieste
dall’operatore e successivamente registrati in forma di files.
Tutto questo processo non dura più di una manciata di microsecondi per ogni particella
misurata poiché la velocità con cui transita nel capillare è dell’ordine di alcuni metri al
secondo mentre la sezione del fascio ottico illuminante ha dimensioni che di solito non
superano i 30 m.
ANALISI DEL DNA in CITOFLUORIMETRIA A FLUSSO
Contenuto di DNA
In condizioni normali tutte le cellule sane diploidi, si trovano nella fase G0/G1 del ciclo
cellulare e, nello stesso organismo eucariotico, dovrebbero avere la stessa quantità di
DNA (2n). La sintesi del DNA durante la fase S del ciclo risulta in un aumento del
contenuto cellulare di DNA, che raggiunge un valore di 4n e rimane invariato durante
la fase G2 e durante la mitosi (M), alla fine della quale la cellula originale si è divisa in
due cellule figlie, ciascuna con un contenuto 2n di acido nucleico.
Le distribuzioni reali del contenuto di DNA spesso mostrano alcune variazioni nel
picco G0/G1 che possono essere dovute a procedure di colorazione, ad errori
strumentali e/o a differenze in contenuto di DNA tra cellula e cellula.
Le informazioni che si possono ottenere da questo tipo di determinazione sono di due
tipi:
1. distribuzione delle cellule nelle varie fasi del ciclo
2. eventuale presenza di anomalie del contenuto di DNA
I fluorocromi più frequentemente utilizzati in citometria a flusso per la marcatura
degli acidi nucleici sono gli intercalanti fenantrinici Propidio ioduro ed Etidio bromuro
che si intercalano in modo aspecifico nella doppia elica. L’interazione fluorocromoacido nucleico è indipendente dalla composizione in basi di quest’ultimo.
Le lunghezze d’onda di eccitazione di questi fluorocromi sono localizzate nella regione
del verde (480-550 nm) e dell’UV (320-360 nm) e sono facilmente separabili da quelle
di emissione, localizzate nel rosso, fra 600 e 620 nm. Questo consente l’utilizzo di tali
fluorocromi in combinazione con altri marcatori per la rilevazione di ulteriori
parametri.
Brevi note sul ciclo cellulare
Durante la duplicazione le cellule normali diploidi passano attraverso quattro fasi
distinte: G1, S, G2, M. Le cellule normali non replicanti sono invece definite come
cellule quiescenti o nella fase G0 del ciclo.
Il DNA è distribuito in coppie di cromosomi omologhi in un quantitativo che viene
definito come 2C.
Fase G1
Quando inizia il ciclo replicativo la cellula entra nella fase G1. Durante questa fase si
verifica la sintesi di proteine e RNA, ma il contenuto di DNA rimane costante a 2C.
Sia le cellule in G0 che quelle in G1 hanno lo stesso quantitativo di DNA 2C e sono
pertanto indistinguibili sulla base del solo contenuto di DNA. Vengono quindi
identificate insieme come cellule in fase G0/G1.
Fase S
La fase S, o la sintesi di DNA, inizia quando si cominciano a replicare le molecole di
DNA e continua fino a che il contenuto di DNA della cellula sia stato interamente
duplicato. Al termine della fase S il contenuto di DNA è quindi 4C.
Fase G2
La cellula si prepara alla divisione progredendo nella fase G2 del ciclo. In questa fase
il contenuto di DNA rimane invariato a 4C.
Fase M
Durante questa fase avviene la divisione o Mitosi cellulare. Il DNA rimane 4C fino a
che la cellula si divide in due cellule figlie, ciascuna delle quali possiede un quantitativo
di DNA 2C.
Una distribuzione ideale del contenuto di DNA è mostrata in figura A, La
distribuzione del contenuto di DNA ottenuta in citometria è riportata in figura B. I
picchi G0/G1 e G2/M sono più larghi a causa dell’intervento di variabili come
preparazione del campione, colorabilità del DNA, fattori strumentali e vere variazioni
del contenuto di DNA delle cellule. L’analisi della distribuzione del DNA delle cellule
permette l’identificazione di differenze nel contenuto di DNA di cellule in fase G0/G1
e consente di calcolare le proporzioni relative di cellule nelle fasi G0/G1, S e G2+M del
ciclo cellulare.
Dall’analisi degli istogrammi derivano le misure del DNA Index (analisi della ploidia) e
le percentuali delle fasi del ciclo cellulare. La ploidia citometrica è una grandezza che
deriva dal rapporto tra il contenuto medio di DNA G0/G1 di una popolazione anormale
(ad esempio un tumore) e il contenuto medio di DNA G0/G1 dello standard normale
euploide (cellule normali diploidi). Si dicono diploidi le cellule che contengono un
normale corredo di coppie di cromosomi omologhi. Se il rapporto tra il contenuto di
DNA di un campione e la controparte diploide è diverso da 1 il campione si definisce
aneuploide.
Variabili che influenzano l’analisi del DNA in citometria a flusso
Preparazione del campione: è sempre richiesta una sospensione cellulare
monodispersa rappresentativa del campione in questione. Minimizzare il danno alle
membrane cellulari e nucleari e la quantità di detriti e aggregati migliora la qualità
dell’analisi.
Colorazione: si devono usare coloranti fluorescenti che si legano al DNA cellulare in
modo specifico e stechiometrico.
Citometro a flusso: acquisire i dati con uno strumento che consenta l’archiviazione
permanente dei files di dati. L’analisi dell’istogramma del DNA viene effettuata con
algoritmi matematici. Sono inoltre richieste informazioni sul coefficiente di variazione
(CV%) dei picchi e sulla linearità della misura per il controllo di qualità dei dati.
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