Ministero e professione dell`Organista di Chiesa

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Ministero e professione dell'Organista di Chiesa del Terzo Millennio
Inviato da olimaioc il 8 Ottobre, 2009 - 12:46
Il punto della situazione organistica e organaria italiana
Autore:
Paolo Bottini
Qualifica autore:
segretario "Associazione Italiana Organisti di Chiesa"
Sezione:
Organo e Liturgia [1]
Musica per la liturgia nell'immediato domani significa esclusivamente
musica rock, organi e tastiere elettronici, canti in stile holliwoodiano o
gospel, percussioni etniche, danze sacre; oppure significa esclusivamente
canto gregoriano, polifonia vocale a cappella, canti in volgare d'ispirazione
gregoriana, organi a canne a temperamento mesotonico? Basta
intransigenze, avanti invece una necessaria coesione tra gli estremisti di
entrambe le "parrocchie": la globalizzazione galoppante della nostra cultura
non deve renderci ottusi nello sviluppare nuovi germogli pur rendendo ben
salde le radici.
Ma una fruttuosa elaborazione teorica non può non generare un'azione
determinata e concreta, quindi: res, non verba. Non possiamo continuare a
disquisire astrattamente sulla musica sacra, se intanto non lavoriamo pure
sul campo producendo fatti, non chiacchiere, altrimenti le nostre riflessioni
risulteranno vacue, lasciando avanzare i vessilli del popolo degli estremisti.
I contenuti che vado a delineare sono sostanzialmente ancora i medesimi
che un giovane organista nel 1969 - oggi consigliere onorario della nostra
Associazione, illustre docente, concertista ma, soprattutto, fedelissimo
organista di chiesa (parlo di Giancarlo Parodi al quale sono
profondamente grato per la fiduciosa amicizia) - pronunciò al "Terzo
Convegno Organistico Italiano" a Ravenna: sono rimasto atterrito
constatando che in quasi quarant'anni la situazione dell'organista di
chiesa, già allora piuttosto traballante, non è purtroppo migliorata!
Come premessa - ma sarà anche auspicio finale - sia personalmente come
organista di chiesa, sia in qualità di segretario della Associazione Italiana
Organisti di Chiesa, invoco che tutti gli organisti d'ogni ordine e grado a cui
veramente stia a cuore la dignità della musica sacra, si facciano promotori
di atti concreti nel proprio campo operativo a livello locale e anche a livello
nazionale affinché l'organo a canne, innanzitutto, e in generale la musica e
il canto sacro eseguiti con arte tornino ad essere parte integrante e
necessaria della sacra liturgia e affinché la figura dell'organista di chiesa
conquisti un riconoscimento innanzitutto ministeriale, poi giuridico e
naturalmente economico.
Possiamo delineare, intanto, un quadro complessivo delle tipologie di
organista di chiesa oggi operanti riassumibili in quattro categorie
fondamentali in base al titolo di studio conseguito: professionisti, studenti
e neodiplomati di Conservatorio, abilitati al servizio liturgico-musicale,
dilettanti e affini. La stessa graduatoria potrebbe essere stilata in base alle
competenze liturgico-teologiche eventualmente acquisite, allora al primo
posto starebbero probabilmente gli abilitati al servizio liturgico-musicale.
Forse vi chiederete oggigiorno chi sia colui che è abilitato ad esercitare il
servizio musicale nella liturgia... Ebbene a mio parere gli unici che
potrebbero sbandierare questo titolo sono proprio i diplomati in corsi,
scuole o istituti diocesani di musica sacra, i cui curricula, però, purtroppo
non sempre sono all'altezza delle aspettative soprattutto per quanto
concerne la preparazione musicale prettamente tecnica, anche se in realtà
per un dignitoso servizio liturgico non occorre una tecnica trascendentale:
basterebbe che agli allievi si insegnasse fondamentalmente l'arte di
accompagnare un'assemblea che canta, poi l'arte
dell'improvvisazione (che sottintende la conoscenza dell'armonia e del
contrappunto) affinché l'organista sappia inserirsi simbioticamente in ciò
che il rito esprime ed attualizza, ed infine - cosa a cui forse non si pensa
mai - il corretto utilizzo liturgico degli innumerevoli strumenti storici.
Spesso infatti - ma questo accade anche in conservatorio - mancano
esercitazioni pratiche sugli organi storici che i diplomati andranno
eventualmente ad utilizzare nell'ordinario servizio liturgico.
Che dire poi dell'improvvisazione? Disciplina alquanto trascurata
proprio nei Conservatori negli ultimi quarant'anni, in tempi recenti sta
riprendendo terreno e guadagnando molti cultori tra i professionisti i
quali, non avendo affrontato seriamente il discorso durante gli studi
accademici, si ritrovano magari a dover improvvisare a richiesta durante il
servizio liturgico e si sentono goffi e inadeguati. Paradossalmente non è
infrequente, invece, osservare con stupore un dilettante, magari anche
autodidatta, preludiare con sicurezza o improvvisare le armonie di
accompagnamento sopra il tema di qualsiasi canto, all'opposto un
diplomato con lode rifiutarsi di armonizzare a prima vista una melodia o
cedere volentieri la consolle per l'accompagnamento del canto. L'arte di
"animare" il canto - termine "animazione" liturgico ormai a pieno titolo - è
arte che deve possedere innanzitutto l'organista e non solo l'eventuale
chironomo di turno al microfono: è l'organista che deve trovare un
espediente per far partire un canto in levare, che deve suggerire il
rallentando alla fine dell'ultima strofa, che abitua l'assemblea ad essere
ascoltato con attenzione quando imposta un tempo durante l'esecuzione
del canto deve mantenersi costante. Ove l'organista possegga queste
capacità, l'eventuale voce-guida al microfono risulta quasi un'opzione.
Quindi: l'organista suonando dev'essere in grado di "dirigere" la schola
cantorum, la voce-guida, il salmista, il sacerdote-presidente e soprattutto
l'assemblea: in una parola un vero ministro della musica il quale, ricevuta
adeguata investitura liturgica, sia il responsabile primo del canto e della
musica in parrocchia. Lavoro non da poco per chi volesse svolgerlo, una
vera missione evangelizzatrice, e se così fosse dovremmo aspettarci come
naturale conseguenza un riconoscimento economico adeguato, così
come recita il numero 231 del codice di diritto canonico: «I laici che si
dedicano in modo permanente o temporaneo ad un particolare servizio
della Chiesa, hanno l'obbligo di acquisire un'adeguata formazione,
necessaria per adempiere debitamente la loro funzione e per esercitarla
consapevolmente, assiduamente e diligentemente. (...) Essi hanno diritto
ad una onesta rimunerazione adeguata alla loro condizione mediante la
quale possono decorosamente provvedere alle loro necessità ed a quelle
della loro famiglia, rispettando anche le disposizioni del codice civile;
hanno inoltre diritto che si provveda debitamente alla loro previdenza e
assicurazione sociale ed alla cosiddetta assistenza sanitaria». E' evidente
che in questo «particolare servizio» rientra quello dell'organista, il quale
per le molteplici e professionali competenze incarnate ha diritto ad una
«onesta rimunerazione», a differenza di altri ministeri già istituiti e per i
quali, sempre a norma del diritto, non è previsto alcun riconoscimento
economico (lettore, accolito, diacono, salmista, cantore, commentatore).
Ma è sotto gli occhi di tutti quanto poco sia stimato il ruolo
prettamente ministeriale dell'organista di chiesa, poiché a causa
di un insieme di fattori culturali, sociali, liturgici, musicali, tale figura non
è sentita come fondamentale bensì opzionale da parte innanzitutto di un
certo clero ignorante (perché "ignora", ingenuamente o consapevolmente,
il ruolo fondamentale del canto e della musica nel rito) e ottuso (perché
spesso chiuso verso qualsivoglia confronto dialettico) ma poi anche dai
nostri fedeli parrocchiani male-educati dal sistema scolastico di Stato
riguardo la musica e il canto così da non essere in grado di cantare «inni
con arte» (Salmo 46, 8) e di apprezzare l'importanza della musica
organistica di qualità. Il fondamentale ruolo che ha il canto sacro, invece,
ancor prima della pura musica strumentale, sottintende un vero ministero
che sia canonicamente riconosciuto - proprio come lo sono lettore e
accolito - e che riteniamo opportuno sia giusto il momento di sottoporre a
conveniente ratifica da parte dei Vescovi i quali, come sappiamo, sono in
grado di impegnare sempre i più grandi sforzi per educare i futuri
sacerdoti e religiosi, nonché i laici, ad una piena e consapevole
partecipazione alla Liturgia la quale è "culmine e fonte della vita
cristiana". Diversamente se gli abilitati al servizio liturgico-musicale, così
come altre categorie di organisti operanti sul campo, non troveranno un
riconoscimento innanzitutto ministeriale e, di conseguenza, economico, se
non supportati dalla più ardente fede e da una incondizionata passione
per la musica e per la liturgia, cadranno prima o poi in un fatale
"mestierantismo" domenicale, essendo privi di quegli stimoli necessari a
"servire" mediante un costante aggiornamento musicale e liturgico che
richiede energia fisica, psichica, spirituale e, naturalmente, economica
visto che lo studio presuppone voci di spesa quali corsi di
perfezionamento, libri, partiture, carta da musica, compact discs, etc.
Quanto detto finora vale certamente anche per gli appartenenti alle
restanti categorie sopra elencate, i quali, se non hanno conseguito un
diploma diocesano, teoricamente non dovrebbero essere ammessi
all'esercizio della professione-ministero di organista di chiesa, perché
l'ente Conservatorio Statale di Musica non ha mai garantito un'adeguata
formazione liturgico-teologica nel regolare corso di organo e composizione
organistica. Solo recentemente (2001), grazie agli auspici molto
lungimiranti del Presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia
Mons. Adriano Caprioli, sono stati approvati dalla CEI e sottoposti a
giudizio dei direttori di Conservatorio nuovissimi curricula in organo per
la liturgia e in direzione di coro per la liturgia, che hanno già dato frutti
maturi solamente, a quanto mi risulti, presso i Conservatori di Bari,
Matera, Bologna, Vicenza.
Veniamo, così, alla categoria studenti e neodiplomati nei
Conservatori: ragazzi spesso mossi da una viscerale passione per
l'organo e da un sincero amore per la liturgia, si sono visti negare le chiavi
della cantoria da un clero distratto e superficiale, disonesto perché non è
cristiano uso negare in alcun modo all'operaio il diritto alla merce' sua,
qualunque lavoro egli svolga a favore della comunità cui appartiene (salvo
precisa volontà di svolgere gratuitamente un qualsiasi servizio), ricattatore
perché sovente si richiede a questi giovani di suonare gratuitamente alle
sante messe in cambio di qualche ora di pratica all'organo (nel 1991,
diciannovenne, iniziai il mio servizio presso la parrocchia di Cristo Re in
Cremona remunerato con £ 10.000 per ogni messa!): da ciò si evince
quanto sia urgente una più severa formazione liturgica (e, di conseguenza,
musicale) dei seminaristi futuri parroci, in modo che siano in grado
quanto meno innanzitutto di cantare con sicura voce nella messa le parti
presidenziali; c'è da dire che gli organisti, dal canto loro, salgono spesso in
cantoria con una strafottenza, purtroppo, tale da combinare veri e propri
danni liturgici, fossero anche virtuosi e raffinati esecutori, incrementando
così la diffidenza del parroco più ben disposto.
Intanto si riscontra che sono ormai diversi gli organisti di chiesa che
hanno stipulato un regolare contratto di lavoro e molto più numerosi
coloro che ricevono (seppur "in nero"!) discrete mensilità. Perché allora
lamentarsi? Quel che serve - e che darà la necessaria spinta all'avvio di un
ulteriore miglioramento - è solamente (si fa per dire) il riconoscimento
ministeriale e giuridico di cui parlavamo. Arrivati a questa conquista
dovremo tener conto che sarà arduo dover dimostrare non solo ai
sacerdoti ma anche a tanti laici l'effettiva bontà della retribuzione di un
organista, in quanto molti rimangono addirittura scandalizzati di fronte
all'assunto "organista stipendiato": ciò la dice lunga sulla considerazione
in cui è tenuto nell'immaginario collettivo il povero organista di chiesa,
ovvero un semplice schiacciatasti che accompagna i soliti quattro
biascicati canti suonando uno strano desueto strumento musicale il cui
suono suscita immediatamente accostamenti funebri, apparizioni
fantasmastiche, antri da tregenda o, all'opposto, tradizionali marce nuziali
e ave marie! L'organista di chiesa, invece, dovrà farsi amare e apprezzare
da una società in repentino mutamento e dimostrare che l'organo a canne
è uno strumento giovane, moderno, al passo con i tempi e novello
comunicatore del Vangelo in un mondo che cambia.
Questo processo dovrà essere facilitato grazie anche ad un radicale
rinnovamento dell'istruzione musicale di Stato ad ogni livello. Per quanto
concerne i Conservatori di Musica la soluzione ideale dovrebbe essere
l'istituzione di un doppio ramo negli studi d'organo, liturgico e
concertistico, così come avviene da tempo in altri paesi dell'Unione
Europea: naturalmente la Laurea di Stato in "organo liturgico" o, più in
generale, "musica di chiesa" dovrebbe avere - secondo opportuni accordi
tra Stato e Chiesa - valore abilitante per l'esercizio della professioneministero di organista di chiesa. Bisogna, dunque, agire urgentemente su
entrambi i fronti, ecclesiastico e laico, del mondo dell'organo a canne e
mentre noi stiamo qui a discorrere, le iscrizioni alle classi d'organo in
Conservatorio stanno calando tanto che i docenti, ritirandosi in pensione,
determinano la relativa chiusura della cattedra. Dicevo riguardo la
necessità di accordi tra Stato e Chiesa: rilevo che da entrambe le parti non
ci sia ancora una piena consapevolezza e un puntuale interessamento a
mettere in opera azioni concrete, ossia da una parte i Direttori dei
Conservatori forse non si sono ancora ben resi conto quale potenziale
punto di contatto può rappresentare l'organo con la società e la cultura
locale, contribuendo, a mio parere, più di qualsiasi altro strumento
musicale a creare un proficuo rapporto tra Conservatorio, istituzioni
locali, Chiesa locale e, soprattutto, utenza pubblica; invece la CEI, seppur
molto lentamente, ha da tempo preso coscienza riguardo la gravità del
problema e si accinge a valutare positivamente un accordo programmatico
riguardo diritti e doveri dell'organista di chiesa, oltre ad aver già auspicato
l'istituzione presso i Conservatori di regolari corsi di studio in organo
liturgico, come già detto.
Il Vaticano ha da tempo istituito la propria università della musica sacra
che è il "Pontificio Istituto di Musica Sacra" di Roma, la CEI invece ha
fondato solo nel 1994 quello che dovrebbe essere il corrispettivo del PIMS
per la Chiesa Cattolica Italiana, ma purtroppo questo corso non garantisce
attualmente un veramente alto perfezionamento musicale ma solo
liturgico, teologico nemmeno, quindi a mio avviso dovrebbe stabilire ben
più rigidi criteri d'ammissione ed avere una durata quanto meno pari ad
un regolare corso di laurea universitario invece che di tre settimane
distribuite su due anni.
Anche le scuole diocesane dovrebbero regolarmente proporre diplomi
abilitanti che sottintendano più severi studi musicali, in modo da
incrementare sempre più il numero di persone veramente capaci di
operare sul campo e quindi possano in futuro a loro volta formare altri
organisti con le medesime competenze.
Veniamo ora alla categoria "professionisti" nella quale includiamo
tutti i docenti d'organo nei Conservatori e negli Istituti Musicali Pareggiati
i quali, essendo spesso anche concertisti più o meno impegnati, hanno
ritenuto opportuno - spesso per un vero e proprio disinteresse o
addirittura disprezzo per il mondo ecclesiastico - non assumere regolare
impegno liturgico, da essi ritenuto (certo non del tutto a torto) un'attività
poco gratificante sia economicamente, soprattutto, ma anche dal lato
artistico poiché nella maggioranza dei casi per un Parroco avere in forza
un professionista preparato (anche liturgicamente) o un dilettante allo
sbaraglio è la medesima cosa, anzi forse il dilettante è comunque più
vantaggioso in quanto, oltre all'eventuale - mai scontata, grazie a Dio ignoranza liturgica, c'è il vantaggio che non costa nulla, se non un
panettone natalizio! Da questa indifferenza sorge la mancata necessità nel
docente di trasmettere competenze che per qualsiasi buon organista di
chiesa dovrebbero essere essenziali, ovvero la perizia armonica e
contrappuntistica, l'improvvisazione, la frequentazione non occasionale
della letteratura organistica del Novecento europeo, Italia compresa.
Infine non possiamo certo fingere - come spesso magari si è tentati di fare
- che esiste un'amplissima categoria di organisti cosiddetti dilettanti
all'interno della quale possiamo includere in generale tutti coloro che, a
prescindere dalle capacità acquisite, svolgono un più o meno regolare
servizio liturgico, spesso pure retribuito ("in nero", naturalmente) senza
aver conseguito alcun titolo accademico di sorta. Dilettante, forse,
nell'accezione più comune è, purtroppo, un termine spregiativo, ma io lo
intenderei nel senso nobile, ovvero colui che trae il massimo "diletto" da
un'attività che non è la professione esercitata: anche in questo caso il
termine non racchiude in sè una maggiore o minore competenza, dipende
dall'impegno che uno può riservare a questa "secondaria" attività e dalle
capacità di ognuno. Qualsiasi dilettante, quindi, può raggiungere
eccellenti livelli tecnici e culturali, anche se autodidatta, così come può
darsi benissimo il caso di un autodidatta che è in grado solamente di
accompagnare i canti suonando gli accordi a quinte parallele con la mano
sinistra e la melodia con la destra, diversamente un altro che sia riuscito dopo anni di sudore e di sacrifici certamente anche economici - ad
eseguire il Preludio e Fuga re maggiore di Bach! Dobbiamo riscontrare
tuttavia che spesso questi dilettanti svolgono il loro compito in maniera
più adeguata alle nuove esigenze rituali che non qualsiasi diplomato a
pieni voti che magari non ha mai suonato l'organo nelle celebrazioni
liturgiche: dobbiamo quindi accogliere benevolmente anche la presenza di
questi organofili auspicandone, naturalmente, il perfezionamento e il
costante aggiornamento.
Proprio a causa dell'impopolarità di cui gode l'organista nel mondo
odierno, considerato alla stregua del sacrestano o dei portantini del Papa senza nulla togliere alla dignità di coloro che svolgono queste nobili
professioni, perché, a differenza dell'organista, di professioni si tratta! - la
situazione organaria è stagnante nella quasi totale assenza di spunti
creativi che hanno soffocato il re degli strumenti nell'ordinario cosiddetto
eclettismo (per capirci: disposizioni foniche stile Ahlborn o Viscount)
oppure nella sterile copia storica o imitazione stilistica che in Italia si è
orientata verso l'organo germanofono, con recentissimi addocchiamenti al
romanticismo francese. Nel passato in generale la musica sacra
determinava il dispiegarsi di uno stile costruttivo in ambito organario, ora
la musica di chiesa non esiste coagulata in uno stile suo proprio
caratteristico, di conseguenza l'organo non ha avuto più nulla da dire nella
nostra cultura perché è stato relegato al semplice compito di
accompagnare e sostenere il canto. Pochissimi costruttori attualmente in
Italia hanno optato per una personale via, pur sapendo di non andar
incontro alla richiesta di un mercato che, dati i prezzi comunque molto
elevati, sta sempre più languendo, anche sotto i colpi dei sempre più
perfezionati elettrofoni i quali, meraviglia del progresso tecnologico,
vediamo proliferare anche in versioni "ibride" ovvero uniti a corpi di
canne la cui qualità fonica è, forse, inversamente proporzionale al
contenuto prezzo.
Sfatiamo poi il mito della diversità tra organo liturgico e organo da
concerto: sfiderei chiunque a stilare una lista delle caratteristiche foniche
delle due tipologie. Ritengo, invece, che qualsiasi strumento musicale,
quasi per paradosso, possa essere adatto alla liturgia se suonato da
persona competente che sappia correttamente essere tramite fra il popolo
orante e il Dio orato, foss'anche un ocarinista. Invoco, anche,
l'indipendenza artistica degli organari, i quali sono artefici e veri creatori,
forgiatori del suono: ad essi la massima fiducia nella speranza, però, che ci
offrano stimoli succulenti per fare nuova musica nella nuova liturgia.
Dobbiamo ammettere, infine, che una "laicizzazione" dell'organo, nel
senso di uno spostamento del baricentro organistico un po' più verso la
sala da concerto, stimolerebbe forse una sana concorrenza, ma purtroppo
le vere grandi sale da concerto in Italia sono pochissime e non disposte ad
accogliere l'organo come strumento da ribalta; basti pensare ai celebri
organi degli auditorium della RAI, da tempo dimenticati e tutt'al più
utilizzati come pittoresche quinte in trasmissioni televisive.
Riguardo l'immenso patrimonio di antichi organi, poi, deve esserci una
più precisa sinergia tra Stato e Chiesa riguardo la tutela di un bene che è
artistico, storico, culturale, certamente: ma bisogna che questo manufatto
venga calato sapientemente nella vita religiosa, culturale e civile dei nostri
giorni, altrimenti rischieremo di avere, come succede già non
infrequentemente, bei pezzi da museo la cui funzione sarà limitata a quella
di una pur splendida tela: questo è possibile solamente grazie alla precisa
individuazione di veramente competenti Ispettori Onorari preposti alla
tutela, e, come già detto, al riconoscimento ufficiale dei nuovi "ministri
della musica", gli organisti di chiesa del terzo millennio.
Concludendo mi piace pensare che l'organista diplomato ed
opportunamente formato alla rinnovata liturgia potrebbe a buon diritto
tra i primi in parrocchia, se non l'unico in certi casi, ad assumere il
nuovissimo ruolo - recentemente delineato dalla CEI in un convegno a
Roma svoltosi nel mese di febbraio 2005 - di «animatore della
comunicazione e della cultura». Cosa vogliamo farci, ormai
l'organista è diventato uno che anima: e così sia! Vogliamo che sia
l'organista a portare una nuova stagione culturale in seno alla Chiesa
Cattolica Italiana: il Vescovo Betori (segretario generale della CEI) in
occasione del suddetto convegno ha detto proprio che «occorre ridare
spessore culturale all'annuncio del Vangelo». Proprio l'organista potrebbe
essere un annunciatore evangelico-culturale a tutto campo: suonare a
tutte le liturgie possibili ed immaginabili curando di interagire anche con
le eventuali forze dilettantesche; avvicinare i fanciulli all'organo
abituandoli allo stupore verso la meravigliosa macchina sonora; educare al
canto - e perché no, anche al catechismo - i fanciulli e i giovani
accompagnandoli ad apprezzare qualsiasi tipo di musica, non solo il
repertorio canzonettistico ma nemmeno solo quello gregoriano; offrire
lezioni di teoria musicale e di organo a quanti interessati; tenere concerti
che siano anche momenti di meditazione strettamente legati ai tempi
liturgici; proporre brevi ascolti di musica sacra in occasione della catechesi
degli adulti; recensire ed eventualmente riordinare l'archivio parrocchiale;
svolgere mansioni di corrispondente parrocchiale per il periodico
diocesano e tante altre cose secondo le esigenze dell'Ente Ecclesiastico e
secondo la propria disponibilità.
Se la Chiesa Cattolica Italiana vorrà approfittare di questa grande latente
ricchezza culturale e spirituale che le si prospetta davanti, non potrà
assolutamente negare il giusto compenso ai propri servitori che ne
volessero usufruire, salva restando la possibilità del servizio gratuito; se
invece la pastorale della musica e del canto è ancora considerata attività
opzionale nella comune vita cristiana, allora non dovremo stupirci se le
Autorità Ecclesiastiche preposte procrastineranno sine die la soluzione del
problema. Voglio credere che, mediante la collaborazione cordiale tra tutti
gli organisti e la Chiesa Cattolica Italiana, tempora bona
venient. [Cremona, febbraio 2005]
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Collegamenti
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