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PAOLA BENINCÀ
INTRODUZIONE ALLA SINTASSI
La mappa della struttura sintattica Paola Benincà – a. a. 2005-2006
1. Introduzione
Il nucleo teorico parte dall'assunzione che una lingua naturale è il prodotto di un codice generativo
che è localizzato nel cervello. Lo scopo finale della linguistica è di ricostruire questo codice mentale
partendo dall'osservazione e dalla descrizione dei dati delle lingue naturali.
Si formulano delle generalizzazioni ipotetiche, costruite in modo che sulla loro base si possano fare
delle predizioni, cioè che generano altre forme possibili nella lingua, che vanno poi controllate sui
dati concreti. Le generalizzazioni devono quindi andare al di là di quanto si osserva, devono andare
oltre la somma dei fenomeni osservati, e supporre che quello che si osserva sia la manifestazione
concreta di un livello di rappresentazione più astratto e generale, una regola. In parole più consuete,
si cerca ogni volta di formulare una qualche regola che possa spiegare quello che si vede. Può
trattarsi di una regola di basso livello (es.: l'articolo precede sempre il nome in italiano (o in inglese,
ecc.), oppure l'articolo deve sempre essere adiacente al nome (in it. ecc.). Queste generalizzazioni
sono facilmente controllabili, fanno predizioni semplici. La seconda è falsa: come andrà
riformulata? A volte è semplice, a volte è necessario trattare gli elementi a un livello più alto di
astrazione, a livello di categoria grammaticale. A volte non si riesce a cogliere la generalizzazione
al livello corretto; si annota e si mette da parte, aspettando finché se ne saprà di più, finché si
avranno i mezzi formali adeguati.
Devo comunque formulare la generalizzazione con una modalità deontica radicale (deve sempre,
non può mai, ecc.).
Per esempio, se osservo una frase interrogativa in rapporto a una frase assertiva, osservo delle
trasformazioni obbligatorie:
1. a. Mario ha mangiato un gelato
b. Chi ha mangiato il gelato?
c. Che cosa ha mangiato Mario?
Non devo limitarmi a dire ‘nella frase b ho un pronome interrogativo nella stessa posizione in cui si
trova il nominale quando non è interrogato, nella frase c. invece l’interrogativo si trova in un posto
diverso da dove si trova l’argomento quando non è interrogato. Potrei dire "A volte il pronome
interrogativo si trova nella stessa posizione in cui si trova il nome corrispondente, a volte no". Devo
provare a formulare la regola più generale: il pronome interrogativo deve sempre andare in
posizione iniziale della frase. Per vedere se ho ragione, provo a controllare questa regola generale
con altri pronomi interrogativi
2a. Quando ha mangiato la torta Mario?
b. Dove ha mangiato il gelato Mario?
O con il soggetto in una frase più complessa
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3a. Hanno detto che Mario ha mangiato il gelato.
b Chi hanno detto che ha mangiato il gelato?
c Che cosa hanno detto che Mario ha mangiato?/ha mangiato Mario?
La mia teoria risulta non smentita. Ma posso confrontarla con una possibile variante:
4. Mario, che cosa ha mangiato?
Questa frase apparentemente smentisce la teoria; in posizione iniziale non trovo l'interrogativo ma il
soggetto. Per cercare conferme o smentite alla mia teoria, devo allargare l'osservazione, annotando
altri aspetti apparentemente marginali ma che poi si rivelano essenziali. Posso notare ad es. che il
soggetto nominale in una interrogativa dà fastidio, lo si sposta volentieri. Questa osservazione ha
dato origine ha molte ipotesi teoriche per dire perché succede questo e dove si mette il soggetto
(viene spostato, oppure sta fermo e si sposta tutto il resto?). Ma a livello descrittivo posso risolvere
l'eccezione di 4 confrontandola con altri casi in cui il pronome interrogativo non sta all'inizio:
5a. La torta, chi l'ha mangiata?
La torta, quando l'ha mangiata, Mario?
Devo fare ipotesi più astratte della struttura superficiale. Già la grammatica tradizionale (analisi
logica) ci permette di considerare quello che precede il pronome interrogativo come esterno al
nucleo della frase, sviluppando ipotesi sempre più astratte acquisisco degli strumenti che mi
permettono di descrivere adeguatamente i fenomeni, e in un certo senso di spiegarli.
Questo è il modo di procedere che chiamiamo ‘empirico’ anche se questa parola ha spesso un
significato negativo, che allude a procedimenti ottusi e meccanici. La nostra empiria è strettamente
motivata da ipotesi di spiegazione astratte, teoriche, che possono essere anche molto creative, ma
non troppo, in quanto devono sempre tener conto dei dati e tentare di render conto di essi,
costruendo sulle conclusioni già raggiunte senza stravolgerle a meno che non sia necessario.
Motivazioni allo studio: la prima motivazione deve essere la curiosità, che è per fortuna una
predisposizione naturale; l’indizio di qualcosa che ha una forma, la percezione di quello che sembra
essere parte di qualcosa che è nascosto, è sufficiente a stimolare di ricostruire la forma intera.
L’oggetto di cui si intravede l’esistenza in questo caso è il linguaggio, ma anche il cervello. Sembra
che il linguaggio dia accesso a proprietà molto precise della mente, più complesse e fini di quanto
non mostrino altri comportamenti, e anche tali da differenziare il cervello umano da quello di tutti
gli altri animali. (Francesco Antinucci: una scimmia è in grado di dire libro+tavolo per descrivere
una situazione ‘il libro è sul tavolo’, ma l’ordine sarà indifferente e gli elementi funzionali non
saranno espressi.)
A questa motivazione si possono aggiungere altre motivazioni legate alle possibili applicazioni, che
danno forse la sensazione di non buttare il tempo dedicandosi a divertirsi.
Le applicazioni si possono raggruppare in due aree (forse ce ne sono anche altre che al momento
non sono in primo piano): la didattica e le patologie. Ambedue queste categorie sono a loro volta
specificazioni di una categoria di livello superiore: le situazioni in cui l’acquisizione avviene in
situazioni non naturali. La didattica deve produrre il possesso di una lingua che non viene appresa
nell’età canonica (entro i limiti dell’età canonica) e per esposizione a dati di un ambiente naturale.
Le patologie del linguaggio che interessano riguardano tutti i casi in cui il linguaggio è disturbato,
danneggiato, a causa di malfunzionamenti centrali (quindi, non mal di gola o problemi al muscolo
linguale, ma danni al cervello).
L’applicazione alla didattica riguarda più ampiamente la didattica delle lingue straniere, ma in
qualche misura anche la didattica dell’italiano che presenta problemi simili, anche se ovviamente
molto più circoscritti, della didattica delle lingue straniere. E può riguardare la didattica dell’italiano
agli stranieri. In fondo il ragionamento da fare è molto semplice: lo scopo è infatti quello di
produrre un’acquisizione simile a quella della lingua materna (o delle lingue materne, dato che
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normalmente si dominano più lingue o almeno più varietà della stessa lingua). Quindi tutto quello
che si sa sulla modalità precisa di codificazione della lingua nella mente, sulle caratteristiche di una
grammatica di una lingua naturale, non può che essere utile per presentare il materiale grammaticale
in modo più razionale. Questo in linea di principio: è necessaria un bilanciamento fra parte teorica e
parte descrittiva, chi impara una lingua non ha interesse necessariamente alla teoria della lingua. Ma
se abbiamo sufficiente evidenza per dire che la frase interrogativa si forma in un certo modo,
possiamo utilizzare queste analisi per descrivere in modo più naturale le costruzioni.
L’acquisizione naturale non può essere molto utile, perché si basa crucialmente sul fatto che un
essere umano è esposto intensamente e continuamente al linguaggio, ed ha a disposizione un
dispositivo estremamente sensibile. Quando apprende una seconda lingua, a meno che non vi sia
esposto intensamente o non si trovi ancora in età molto giovane, non può ripetere le condizioni
dell’acquisizione naturale. quindi sembra corretto presentare i fatti della lingua in modo artefatto
per eccitare artificialmente l’attenzione e la memorizzazione dei fenomeni specifici della lingua
(proprietà degli elementi lessicali e funzionali).
Un’altra tipologia di acquisizione non naturale è quello dei sordi profondi, che non hanno accesso in
modo naturale al linguaggio orale. Anche in questo caso abbiamo una esposizione ai dati
estremamente ridotta rispetto a quella che ha un bambino. Anche se viene addestrato al linguaggio
gestuale, la quantità di dati è molto inferiore: mentre un bambino che sente è immerso nel
linguaggio ancora prima della nascita, un bambino sordo è esposto solo attraverso la vista: noi
sentiamo anche chi non parla con noi, per fare un esempio semplice. Intendo con naturale tutto ciò
per cui l’insieme del nostro sistema è predisposto dall’evoluzione. Anche nel caso del bambino
sordo è necessario eccitare artificialmente la sua attenzione sui fenomeni tipicamente linguistici,
che non hanno solo a che fare con il significato referenziale. Una bambina di 12 anni, che ha
frewquentato la scuola ed è stata anche addestrata alla lettura labiale e al linguaggio gestuale, alla
lettura ecc., non possiede ancora la grammatica della deissi. crede che ‘io’ significhi sempre ‘lei’,
mentre il significato di io e te è una funzione di chi parla e chi ascolta, e la 3. persona è chi non
parla e non ascolta, non è coinvolto. Una cosa che non può succedere a un bambino per il solo fatto
che ci sente, può succedere a un bambino sordo.
Esperimento di neuroimmagine: Si misuravano i differenti potenziali elettrici in corrispondenza di
attività linguistica. I soggetti reagivano diversamente, attivando diverse aree cerebrali, a finte regole
grammaticali a seconda se erano regole possibili o impossibili (ad es., se coinvolgevano una
relazione strutturale o una posizione lineare): metti l’articolo dopo il nome a cui si riferisce, oppure
metti l’articolo dopo la terza parola della frase. Nel secondo caso, avendo a che fare con regole
impossibili, la parte del cervello attiva non risultava quella normalmente usata per il linguaggio,
mentre con le regole possibili, sia pure di una lingua inesistente, la parte del cervello attiva era
quella sinistra, grosso modo corrispondente all’area di Broca, quella principalmente usata per il
linguaggio.
Lo studio delle patologie fornisce innanzitutto argomenti per sostenere che il linguaggio è
codificato nel cervello fisicamente in ben precisi luoghi.
Si veda il lavoro Syntax and the Brain: Disentangling Grammar by Selective Anomalies di Andrea
Moro et alii (si trova anche on line nel sito www.idealibrary.com, cercando la rivista Neuroimage. Il
sito è interessante perché ha molte pubblicazioni direttamente scaricabili dalla rete.
Esempio di frasi in una lingua senza significato (ma con morfologia italiana):
"Molti gulchi gianigevano le brale."
Si hanno interessanti applicazioni nelle terapie delle afasie traumatiche o da vari danni cerebrali: i
danni sono a volte selettivi, interessano aree precise della grammatica. Conoscere la struttura del
dispositivo in cui avviene il danno è ovviamente utile per mirare la terapia, e l’osservazione e
descrizione accurata è utile per testare la teoria.
Per esempio, si è fatta l’ipotesi che un danno renda inaccessibile una parte della struttura che va dal
punto in cui avviene il danno in su, verso sinistra
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Se un parlante non usa la morfologia del verbo, si suppone che non potrà usare le costruzioni che
interessano la parte più alta: risulta che non è così, e questo si determina osservando una lingua
come l’italiano o i dialetti, con ricca morfologia e costruzioni che interessano la periferia sinistra. Il
parlante afasico può avere problemi a costruire le interrogative, ma usa altre costruzioni ‘a sinistra’
che si vedono bene in italiano; quindi la struttura deve essere più complessa e con collegamenti
multipli.
Le afasie sono spesso ‘miste’, per il modo in cui si producono; ma esistono casi abbastanza chiari in
cui l’afasico produce frasi comprensibili ma non grammaticali, nelle quali usa le parole lessicali
mettendole in ordine corretto (soggetto verbo oggetto) ma omettendo le parole funzionali (articoli
preposizioni, flessione). Sembra voler dire che la parte funzionale ha una sua autonomia rispetto
alla parte lessicale (afasia di Broca, non fluente). Alcuni afasici studiati da Paolo Chinellato
presentano una casistica per cui parlando un dialetto veneto usano correttamente il clitico a ma non
usano i clitici sogggetto (a magni e non a te magni) e parlando italiano ha molti problemi con la
flessione: puntando la rieducazione sui clitici soggetto, che hanno una loro autonomia lesssicale, si
osserva un recupero della funzionalità anche nella flessione verbale. La strategia si basa sull’analisi
sintattica che ha concluso che i clitici multipli in alcuni dialetti sono la scomposizione di pronomi
singoli in altre lingue (franc,) a loro volta scomposizione di flessione verbale (italiano). Anche qui,
sapere com’è organizzata la lignua che è stata danneggiata permette di mirare le terapie di
rieducazione.
Da queste osservazione e da altre nasce la domanda: ma le lingue sono tutte esprimibili attraverso la
stessa struttura? La comparazione fra lingue simili suggerisce presto questa domanda; anche la
riflessione di parlanti plurilingui (anche di lingua e dialetto): come si rapportano tutte le
grammatiche che un parlante possiede? sono un’unica grammatica con delle specificazioni?
Per quanto riguarda la fonologia, si è - credo - solidamente mostrato che tutti i sistemi fonologici
delle lingue del mondo sono prodotti da diversa combinazione di un insieme finito di tratti
fonologici che si combinano in alcuni modi possibili: le lingue scelgono un sottoinsieme di questo
insieme e producono il loro alfabeto e le restrizioni specifiche nelle combinazioni degli elementi,
cioè i possibili fonemi; hanno inoltre i loro principi specifici per quanto riguarda le sillabe possibili
e la struttura della parola. Anche per la sintassi dovrebbe essere verosimilmente qualcosa di simile.
Finora l’evidenza in favore di un’unica struttura e un insieme di principi comuni, accompagnati da
un lessico e elementi funzionali che possono variare da lingua a lingua, sembra abbastanza
consistente, per cui questa ipotesi continua a essere alla base di molta ricerca empirica e teorica..
Secondo alcuni, fra cui io, questa è l’ipotesi teorica che dobbiamo tenere: magari è sbagliata, ma
solo se tentiamo di vedere se è giusta possiamo alla fine concludere qualcosa: è l’ipotesi più forte.
Solo se scommettiamo che sia giusta, proviamo a costruire un modello della conoscenza potente. Se
risulterà che questo modello è falso, avremo comunque scoperto qualcosa, avremo scoperto che
questa ipotesi non può essere tenuta. Se non proviamo, invece non sapremo mai se è vera o se è
falsa.
2. come ricostruire la struttura.
Partendo da una teoria della struttura di tipo deduttivo, risulta che ogni frase ha molte più cose di
quante non appaiano nella sua forma superficiale: ha delle posizioni sintattiche vuote ma essenziali
per la sua interpretazione. Una frase qualsiasi è apparentemente un continuum fonetico, che per
essere interpretato (non solo dal linguista, ma anche dall'ascoltatore) va segmentato in unità a più
livelli di articolazione (frasi, sintagmi, teste, parole, morfemi, lessemi, fonemi, tratti). La sequenza
superficiale di elementi visibili (o udibili) ci appare inoltre - dopo essere stata analizzata - arricchita
di posizioni vuote, che sono essenziali per l’interpretazione.
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La struttura deve essere tale da render conto dell'ordine con cui gli elementi lessicali appaiono in
superficie. La struttura proietta delle posizioni superficiali, nelle quali si collocano, alla fine della
derivazione, elementi lessicali completi (altre posizioni sono occupate, come vedremo da elementi
astratti). Quindi l’ordine con cui gli elementi lessicali compaiono in superficie è determinato dalla
costruzione della struttura e dalle trasformazioni (essenzialmente, movimenti) che gli stessi
elementi subiscono nella derivazione.
La disposizione lineare degli elementi linguistici nella catena è un aspetto caratteristico del
linguaggio umano, in tutti i suoi livelli: se diciamo che la parola CASA è formata dai fonemi /k/ /a/
/z/ /a/ questo implica anche che i fonemi devono apparire in quell'ordine perché essi diano luogo a
quella parola. L'ordine dei fonemi è completamente rigido. Ci sono pure rigidi rapporti di ordine tra
desinenze (o morfemi) e radici (o lessemi), tra basi lessicali e prefissi o suffissi. Per la sintassi,
l'ordine non pare altrettanto rigido e predeterminato, tuttavia si ritiene che non esistano lingue in cui
le parole possano presentarsi in un ordine totalmente libero. In sintassi, l'ordine superficiale è
derivato da rapporti strutturali e da regole di movimento che spostano elementi in una struttura.
Punti da tenere presenti per capire l’evoluzione della teoria sono i seguenti:
1. Le relazioni fra gli elementi che compaiono in una sequenza linguistica non sono lineari, ma
esprimibili attraverso una struttura gerarchica. Nella frase Il bambino guarda il cane la relazione fra
guarda e il è irrilevante, ed è di tipo diverso rispetto a quella fra il e cane, che è molto stretta:
guarda è in relazione con tutto il sintagma il cane.
Il fatto stesso che possiamo trovare in una frase i costituenti spostati dalla loro posizione naturale e
sappiamo ricostruire la loro relazione con gli altri elementi, dice che la relazione non è data dalla
vicinanza ma è mediata da collegamenti astratti, che chiamiamo struttura.
La struttura gerarchica è un modo per rappresentare queste relazioni di diverso grado di
‘immediatezza’.
2. La relazione trasformazionale fra elementi spostati e loro tracce, le posizioni etichettate,
comporta la rilevanza di posizioni vuote, elementi astratti come tracce e pronomi senza contenuto
fonetico, tuttavia indispensabili per l’interpretazione.
3. Una struttura così complessa e articolata non può essere appresa in poco tempo, sulla base di dati
tutto sommato poveri e casuali: deve essere in gran parte innata, oppure costruibile
automaticamente in base a un meccanismo innato.
Dalla costruzione di struttura condotta in modo induttivo (raggruppando gli elementi in costituenti
e attribuendo fra loro una relazione strutturale gerarchica) si passa a una teoria della struttura
deduttiva, che ipotizza la struttura a partire da principi teorici.
La struttura costruita induttivamente , cioè a partire dalle frasi concrete, risulta estremamente
complessa e ad hoc; difficile vedere la generalità dei fenomeni e i caratteri comuni, ogni tipo
diverso di frase tende ad avere strutture specifiche, e così ogni tipo di verbo o di nome ecc..
C’è stata inoltre una riflessione di tipo geometrico matematico: il nostro sistema computazionale,
che deve produrre ma anche comprendere le frasi, non potrebbe decidere un percorso se si
accettassero alberi con ramificazioni ternarie (R. Kayne, “Unambiguous Paths.” In Connectedness
and Binary Branching,. Dordrecht: Foris Publications, 1984. pp. 129-164.). Il binarismo è un concetto
molto ampiamente adottato a partire dalla fonologia. Le distinzioni avvengono per scelte binarie,
presenza/assenza di tratti.
Si suppone allora che la struttura può essere anche molto complessa e ricca di posizioni se è
prodotta dalla replica di un modulo costantemente identico. La struttura può essere anche ricca e
complessa, ma le ipotesi che deve fare un bambino esposto a una lingua sono limitate, perché
ristrette dai principi sulla forma della struttura. La costruzione della struttura diventa infatti in gran
parte deduttiva, cioè vien fatta discendere da principi generali indipendenti dalla singola lingua.
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La teoria X-barra
Il modulo che mette insieme i principi di 1) binarismo degli alberi 2) asimmetrie delle relazioni è
detto modulo X-barra:
XP
/\
/ \
XP /\
/ \
X XP
. Usiamo X per simboleggiare una qualsiasi testa, cioè l’elemento più semplice di un sintagma,
quello che lo caratterizza come categoria; con XP indichiamo un qualsiasi sintagma, un elemento
complesso con testa X.
Annotiamo che questo modulo sviluppa la primitiva intuizione della relazione asimmetrica fra i due
argomenti di un verbo, il soggetto e l’oggetto del V transitivo: l’oggetto forma con il verbo
un’unità, il soggetto si aggiunge a un livello gerarchico più alto.
S
/\
/ \
NP VP
Il bambino / \
/ \
V \NP
guarda |
la casa
C’è anche forse un’idea sulla genesi del linguaggio interessante: questo potrebbe essere il modello
prototipico delle relazioni sintattiche, forse più in generale di certe classi di relazioni cognitive;
questo aspetto distingue il linguaggio umano da tutti gli altri linguaggi con cui comunicano altri
esseri viventi.
In questo primo abbozzo, la prima struttura sintattica proposta in ambito generativo, il V è la testa
della frase. Vedremo che questo è troppo semplice, perché il verbo ha un lato lessicale e un lato
funzionale, quindi va scomposto su due livelli.
Un insieme di elementi che chiamiamo sintagma avrà come testa l'elemento che caratterizza il
sintagma; ad es. il sintagma nominale ‘cane di Maria’ ha come testa caratterizzante il nome ‘cane’,
il sintagma verbale ‘visitato il centro di Roma’ ha come testa il V ‘visitato’. Se prendiamo una frase
intera, la struttura praticamente si raddoppia; Mario ha visitato il centro di Roma" si suddivide in
visitato il centro di Roma, il sintagma verbale con il V come testa, e Mario ha, che ha come testa
l'ausiliare, più astrattamente l'accordo verbale; questa è la parte funzionale della frase, che connette
completamente il V con i suoi argomenti e con le caratteristiche di tempo e aspetto dell'evento. C'è
un livello lessicale, semantico, la radice del V partire, e un livello funzionale, la specificazione di
Tempo, Aspetto, Modalità, Accordo del soggetto. Proviamo a rappresentare con una struttura molto
semplice queste relazioni separatamente:
VP
/\
/ \ V'
XP /\
/ \
V NP
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visit-
il centro di Roma
IP
/\
NP/ I'
Mario
/\
/ \
ha XP
Rappresentiamo una testa con una lettera; scegliamo la lettera iniziale della categoria grammaticale
corrispondente: V testa di VP, N testa di NP; I (inflection, flessione) testa di IP, la frase con la
flessione del verbo.
Per generare struttura in modo deduttivo, adottiamo la teoria della struttura X-barra, che permette di
costruire deduttivamente una struttura infinita replicando un identico modulo.
In un modulo X-barra la testa X regge un Complemento, una categoria XP (o massimale, che può
essere anche molto complessa), che è strutturalmente la sorella della testa, a cui è unita dal nodo X',
al primo livello di espansione. Il nodo X' ha a sua volta una categoria sorella, di nuovo una
proiezione XP o massimale al secondo livello di espansione, cioè sotto X'': questa seconda
categoria è detta Spec(ificatore) Il nome X-barra ha una ragione ormai solo storica: ad indicare i
livelli di espansione (che in origine si supponevano indefiniti) si usava sovrapporre una barra alla
lettera indicante la categoria della testa (quindi V, I, N sormontati da una, due, tre barre); per motivi
tipografici, si è poi usato rappresentare le "barre" con apici (cioè V', V'', V''', I', I'', I''' ecc.). Più
recentemente di ritiene che i livelli possibili siano solo due, quello intermedio e quello massimo.
Il livello X'', il massimo livello di espansione, si indica anche come XP, la Phrase o sintagma
proiettato dalla testa X. Complementi e Specificatori sono quindi categorie X'' (o XP), che
riprodurranno la stessa struttura. Il modulo X è quindi il dispositivo attraverso cui le teste si
concatenano l'una all'altra attribuendo funzioni grammaticali e semantiche ad altre proiezioni
massimali, che vengono ospitate nelle posizioni o di complemento o di specificatore.
X"=XP
/\
/ \
Y"=YP
X'
Specificatore
/\
/ \
X Z"=ZP
testa Complemento
Si suppone che questa struttura valga per tutte le categorie della sintassi, lessicali (Nomi. Verbi,
Aggettivi, Avverbi) e per tutte le categorie funzionali (Preposizioni, Complementatori, Flessione,
Acccordo, ecc.). Questo è detto principio di uniformità delle categorie.
Vedremo subito qualche esempio di struttura X-barra semplice, per cogliere l’organizzazione
sintattica di frasi attive transitive e la distribuzione di teste e XP. Lo stesso schema si può applicare
per le categorie funzionali, come ad es. la flessione del verbo o la struttura della periferia sinistra,
dove avvengono i movimenti e vengono inserite le marche di subordinazione.
Riprendiamo una frase con verbo ausiliare, che mostra immediatamente la scissione del verbo in
una parte lessicale e una parte funzionale (l'ausiliare). I due pezzi di struttura che abbiamo visto
sopra si riuniscono in un'unica struttura gerarchica della frase
IP
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/\
NP/
Mario
I'
/\
/ \
ha VP
/\
/ \ V'
XP /\
/ \
V NP
visit- il centro di Roma
NP = Noun Phrase (anche SN, Sintagma Nominale)
VP = Verb Phrase (anche SV, Sintagma Verbale)
IP = Inflection Phrase, Sintagma della flessione (notare che Phrase, da quando lo si usa per
proiezioni funzionali come la flessione, indica un 'sintagma' in senso più astratto)
Il VP, una struttura massimale, è l'oggetto strutturale (complemento) della flessione. Lasciamo
ancora un XP non determinato nella posizione di Spec VP; vedremo che quella è la posizione del
soggetto 'profondo' o semantico.
Guidati da questa intuizione su V + ausiliare, supponiamo che coerentemente anche un verbo
semplice come visitò vada decomposto su due livelli: da un lato la parte lessicale o semantica visit(che corrisponde alla radice), dall'altro la parte funzionale, che può allora essere costituita da un
ausiliare o dalla flessione (elementi che codificano specificazioni di tempo, aspetto e accordo di
persona). Questa parte funzionale mette in relazione la radice lessicale con le specificazioni da
attribuire all’evento e in particolare con il soggetto sintattico.
[Questa relazione è più semplice e chiara in una frase principale o comunque a tempo finito, è più complessa e
indiretta in una frase infinitiva o con un verbo non finito (gerundio, participio, ecc.).
Gli elementi lessicali vengono allora inseriti nel livello profondo e si dotano delle specificazioni
necessarie per completare la frase tramite movimento degli elementi nella struttura. La forma finale
della frase risulta cioè dall'applicazione di trasformazioni che spostano elementi lessicali seguendo
principi molto restrittivi
Il verbo - composto da una parte lessicale, la testa del VP, e da una parte funzionale la testa della
flessione si colloca in due punti della struttura gerarchica, su due teste di due moduli X-barra
distinti: il verbo semplice viene ricomposto dal movimento: la testa di VP si muoverà
aggiungendosi alla testa di IP: -ò
visit- ==> -ò visit- ==> visit--ò
______
Un primo principio che regola il movimento stabilisce la direzione; rispetto alla rappresentazione ad
albero che adottiamo, diciamo che gli elementi si muovono da destra a sinistra e dal basso in alto.
Inoltre, le teste possono muoversi solo ad altre posizioni di testa, le proiezioni massimali (XP) in
altre posizioni di XP. Le proiezioni massimali possono muoversi solo in posizioni libere (vuote
anche di elementi astratti), mentre le teste sembrano potersi aggiungere ad altre teste, che anzi
sembrano attrarle, causando il movimento.
2.1. La struttura VP e IP.
Utilizzando un ausiliare, che possiamo vedere come un supporto della flessione, possiamo avere
un'idea dei due livelli, come nella struttura seguente: per renderci conto del processo di movimento
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IP
/\
NP I'
(soggetto) / \
I AspP
(fless. o aus.) / \
Avv Asp'
/ \
Asp
VP
/ \
NP V'
/ \
V
NP
(verbo lessic.) (ogg.)
IP, in quanto proiezione massimale, corrisponde alla frase intera, fino al soggetto. Inseriamo nella
struttura elementi lessicali:
Prendiamo una frase simile alla precedente, come mio zio ha comprato il giornale, e definiamo la
posizione che abbiamo provvisoriamente indicato con XP
IP
/\
NP I'
mio zio
/\
I VP
-erà /\
/ \
XP V'
/\
/ \
V
NP
compril giornale
Il soggetto compare alla fine a sinistra della testa I: questo esprime il fatto che si tratta di un
elemento che determina l'accordo del verbo (oltre ad avere, nei casi in cui si può vedere, un caso
distinto, il nominativo). Tuttavia, quell'elemento è anche il soggetto 'semantico' del verbo, ha una
funzione anche rispetto alla parte lessicale del Verbo; in questo senso abbiamo accennato sopra al
concetto di 'soggetto profondo': si tratta di una relazione con il verbo che resta invariata con
qualsiasi forma morfologica il verbo assuma (per es. se è passivo, o infinito, ecc.). Supponiamo
allora che il soggetto profondo venga dapprima inserito nello Spec di VP, dove abbiamo indicato
XP, e che venga spostato nello SPec di IP solo quando diventa il soggetto di un verbo transitivo
attivo flesso
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IP
/\
NP I'
mio zio
/\
I VP
-erà /\
/ \
NP V'
t /\
/ \
V
NP
compril giornale
Nella nuova struttura quindi mettiamo NP nello SpecV e nella posizione sottostante con una t (=
traccia) indichiamo il punto iniziale del percorso del soggetto. Esso viene infatti innanzitutto
selezionato dal V stesso, in base al suo significato (non potrei avere una frase in cui il soggetto di
comprare è un elemento non umano, se non usando un’espressione metaforica); poi diventa il
soggetto grammaticale se il verbo si accorda con esso: deve quindi spostarsi nella posizione in cui
diventa Specificatore di IP (della flessione o dell’ausiliare), prendendo caso nominativo. Il caso è
realizzato in alcune lingue con distinte desinenze o marche morfologiche, in altre è assegnato senza
riflessi morfologici (spesso si trova un residuo di distinzione morfologica di caso nei pronomi,
come per l’italiano egli, che può essere solo nominativo).
Riprendiamo la frase sopra, aggiungendo un avverbio come sempre e osservando il comportamento
del verbo a seconda se semplice o composto:
Mio zio compra/comprava/comprerà sempre il giornale // *Mio zio sempre compra il giornale
Mio zio ha/aveva/ sempre comprato il giornale // Mio zio ha/aveva/ comprato sempre il giornale
Se il verbo è semplice, esso precede l’avverbio (compra sempre), se il verbo è composto, l’ausiliare
precede e il participio segue l’avverbio (hanno sempre comprato), oppure ausiliare e participio
precedono ambedue l'avverbio. La generalizzazione è quindi la seguente: in italiano la parte flessa
del verbo sale sempre oltre l’avverbio.
Individuando la posizione dell’avverbio abbiamo localizzato una nuova proiezione X-barra, che
chiamiamo Asp(etto), riferendoci a specificazioni che il V assume, oltre al tempo e all’accordo di
persona. L’avverbio sarà nello Spec di questa proiezione. La generalizzazione appena vista
corrisponde a quanto rappresentato nella struttura seguente:
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IP
/\
NP/ \I'
mio zio
/\
I/ \AspP
ha
/\
/ \Asp’
AvvP /\
sempre
/ \VP
/\
/ \V'
t
/\
/ \NP
comprato il giornale
IP
/\
NP/ \I'
mio zio
/\
I/ \AspP
compr-a /\
/ \Asp’
AvvP /\
sempre
/ \VP
/\
/ \V'
t
/\
/ \NP
t
il giornale
Se il verbo è semplice, si sposterà dalla testa V alla testa Asp alla testa I, dove si aggiunge alla
flessione. Nella posizione di partenza indicheremo ancora una t, la traccia del V. Si vedrà più avanti
il confronto col diverso comportamento dell’inglese, che ha una flessione molto ridotta e un verbo
che si muove molto poco.
In una frase la relazione tra soggetto e verbo ha un lato formale (l'accordo, che avviene nella
proiezione IP) e un lato semantico (rappresentato dalla base lessicale del verbo, che è in relazione
col soggetto semantico in VP). Questi due livelli non coincidono, ma sono messi in relazione dal
movimento (o, in inglese da relazioni a distanza).
4.2. La struttura CP.
Abbiamo visto frasi principali. Vediamo ora ipotesi sulla struttura che sono suggerite
dall'osservazione delle frasi dipendenti, in particolare della loro parte iniziale:
dico che mio zio ha comprato il giornale
non so se mio zio abbia comprato il giornale
penso di comprare il giornale
La frase dipendente è introdotta da elementi - collocati presumibilmente al di sopra di IP, in quanto
compaiono più a sinistra - detti complementatori, perché fanno della frase un complemento; vanno
nella posizione che si indica con C.
La teoria X ci impone di ipotizzare una proiezione al di sopra di IP, di cui la testa è C. Dobbiamo
cioè porre sopra IP una proiezione massimale CP o C'', di cui C è la testa. Deve avere, come al
solito, due livelli:
12
CP
/\
/ \C'
Spec /\
/ \
C IP
che/se
Dobbiamo assumere la struttura a due livelli in base al principio di uniformità delle categorie e, se non
abbiamo prove contrarie, questo principio è sufficiente per preferirla.
Esiste uno stretto rapporto tra il complementatore e certe proprietà del verbo V della frase reggente,
che seleziona C. Per esempio:
non so, mi chiedo, ti domando --- se
dico --- che
se è un complementatore di tipo interrogativo, che un complementatore generico; non so e i verbi di
‘chiedere’, possono selezionare una frase interrogativa indiretta. Il complemento frasale di questo
tipo di verbi sarà introdotto da un complementatore tipo se o da un pronome interrogativo:
non so se Giovanni parta
non so chi verrà
non so quando partirà
non so [quale libro] leggerà
Il sintagma quale libro, pur essendo evidentemente più complesso di chi, quando, ecc., ha il loro
stesso statuto categoriale: è un sintagma wh-, l’etichetta con cui si indicano gli elementi
interrogativi; wh- si basa sulla lingua inglese, in cui gli elementi interrogativi (e relativi) iniziano
con wh: who, which, what, ecc. (Si noti che l'italiano se copre due funzioni, l'interrogativo
corrispondente all'inglese whether, e l'ipotetico-interrogativo, corrispondente all'inglese if.
Confrontando i dialetti del nord Italia con alcune varietà francesi e inglesi (fra cui il Medio Inglese),
vediamo che in queste lingue i pronomi interrogativi coesistono con il complementatore, nelle
interrogative dipendenti:
non so [chi che ]verrà
(dial. ital.)
[who that]
(ingl. dial.)
[qui que]
(franc.pop.)
non so [quale libro] che leggerà (dial. ital.)
Questi indizi e questioni teoriche di principio suggeriscono concordi la seguente distribuzione degli
elementi nella struttura del CP, la proiezione superiore a IP:
CP
/\
XP/ \C'
chi
/\
who / \
qui C IP
che
that
que
Lo specificatore di CP ospita i pronomi o i sintagmi wh; la testa di CP (cioè C) è la posizione dei
complementatori. In italiano, inglese, francese standard, le due forme non possono comparire
13
insieme; può comparire solo una delle due, a seconda delle strutture e dei tipi di frase. Su tutto
questo torneremo nel capitolo sul movimento di wh-.
3. Comparazioni sintattiche: IL MOVIMENTO DEL VERBO
3.1. Sintesi preliminare dei principi che regolano il movimento sintattico.
Il movimento è la trasformazione fondamentale della sintassi generativa. La teoria si evolve nella
direzione della massima semplicità delle regole; così, tutte le regole di movimento che erano state
ipotizzate possono sono state successivamente ridotte a un'unica regola generale e semplice: MUOVI
ALFA (), dove alfa è una variabile che può corrispondere a qualsiasi elemento linguistico visibile
dalla sintassi. Le limitazioni provengono da altri principi della grammatica: dalla TEORIA X-BARRA,
(TEORIA X') e da principi che vedremo, che regolano i movimenti degli elementi nominali, cioè il
PRINCIPIO TEMATICO e il PRINCIPIO DEL CASO.
La teoria X-barra limita fortemente i tipi di proiezione disponibili (e d’altra parte impone di
ipotizzare molta struttura astratta); principio tematico e principio del caso, definendo i requisiti
degli elementi lessicali di tipo nominale inseriti nella struttura, impongono o proibiscono i loro
movimenti.
La grammatica viene quindi concepita come un insieme di regole semplicissime e principi
indipendenti, che restringono le possibilità di applicazione delle regole e diano come output (=
esito) una frase grammaticale.
La differenza fra le lingue va limitata a ben precisi ambiti, in cui i principi possono variare secondo
determinati parametri. Non variano invece le caratteristiche generali della struttura e del
movimento. Supponiamo che la struttura sia di tipo X-barra in tutte le lingue, che il modulo sia
invariabile; si può anche supporre (anche se non c’è molto accordo su questo punto) che la struttura
intera, come veniamo man mano ricostruendola, sia uguale e innata per tutte le lingue.
Il movimento avviene solo da destra a sinistra (dal basso in alto); le teste si muovono solo in
posizioni di testa, le categorie XP (categorie massimali) si muovono solo in posizione di
Specificatore, e solo in posizioni vuote. Una posizione vuotata dal movimento mantiene traccia di
ciò che conteneva e resta inagibile, non può cioè ospitare altro materiale mosso.
3.2. Caratteristiche del movimento del verbo flesso in alcune lingue
Il movimento del verbo flesso che abbiamo già delineato nella presentazione della teoria X-barra è
un’area della sintassi che può offrire un primo strumento di analisi per comparare caratteristiche
generali di alcune lingue: vedremo a confronto italiano, francese e inglese. Si tratta, come si è detto,
di movimento di testa in posizioni di testa: una testa lessicale, il V, si muove in teste di proiezioni
funzionali
Il movimento delle teste ha proprietà specifiche, in quanto le teste lessicali vanno in posizioni
occupate da teste morfologiche: intuitivamente i movimenti legati alla morfologia, che riguardano
elementi non completi, hanno proprietà diverse dai movimenti di elementi completi, che non
possono muoversi in posizioni occupate da altri elementi.
L’esemplificazione che proponiamo deriva da un lavoro fondamentale di Jean Yves Pollock 1989 e
la revisione e sistemazione di Adriana Belletti 1991 (Generalised verb movement). Esaminiamo una
frase italiana con il tempo composto:
14
GIANNI HA GIÀ INCONTRATO MARIA (NON HA ANCORA INCONTRATO MARIA)
IP
/\
NP/ \I'
Gianni /\
I/ \AspP
ha /\
/ \Asp’
AvvP /\
sempre, già/ \VP
/\
/ \V'
t
/\
/ \NP
incontrato Maria
IP= Inflection Phrase
AspP=Proiezione funzionale di Aspetto verbale, nel cui specificatore si collocano proiezioni di
Avverbi
AvvP = Avverbio;
I = testa di Inflection;
L'avverbio sempre, già, occuperà lo specificatore di una proiezione AspP (=proiezione dell'Aspetto
verbale: azione continuata, o compiuta) o TP (proiezione del tempo verbale, passato o presente); tali
proiezioni (che sono a quanto pare numerose) verosimilmente vanno collocate in un 'territorio
funzionale’ intermedio tra IP e VP (in parte formano lo stesso IP, che sintetizza varie proiezioni
funzionali); avverbi di questo tipo, infatti, che si situerebbero nelle posizioni di Spec., modificano il
'significato' del Verbo relativamente alla modalità di svolgimento dell'azione espressa, o la sua
collocazione nel tempo.
Se vogliamo considerare una frase contenente una negazione (usando per es. non...ancora al posto
di già), per semplicità possiamo collocare non aggiunto alla testa I e ancora nella stessa posizione
dell’avverbio già. Applicando la teoria X’ con coerenza, dobbiamo introdurre una proiezione
funzionale corrispondente alla negazione preverbale, e in modo tale da render conto dell'ordine
rispetto aV e soggetto: dovremmo quindi entrare nella struttura di IP individuando per la la
negazione una proiezione funzionale NegP. Per far questo, riconosciamo un’articolazione di IP in
almeno due proiezioni funzionali, cioè AgrSP e TP/Asp/Mod, rispettivamente l'accordo del soggetto
e il sistema tempo/aspetto modalità. Torneremo su queste ipotesi nel secondo modulo, seguendo le
proposte di Pollock e Belletti per TP e AgrP, e di Cinque per gli avverbi. Ma per ora useremo una
modalità di rappresentazione della struttura meno dettagliata, sufficiente a delineare alcuni
fenomeni rilevanti. Faremo lo stesso per i pronomi clitici, che rappresenteremo aggiunti al V, anche
se siamo consapevoli che è necessario pensare che abbiano una loro propria proiezione funzionale.
15
GIANNI HA GIÀ INCONTRATO MARIA (NON HA ANCORA INCONTRATO MARIA)
IP
/\
NP/ \I'
Gianni /\
I/ \AspP
non ha /\
/ \Asp’
AvvP /\
ancora
/ \VP
/\
/ \V'
t
/\
/ \NP
incontrato Maria
In una frase con verbo composto il soggetto va in posizione di specificatore di IP; l'ausiliare occupa
la testa di I; il participio passato resta in V; l'avverbio rimane in posizione intermedia tra l'ausiliare e
il participio passato.
Invece, se la frase avesse un tempo semplice:
Gianni incontra sempre (non incontra mai) Maria
sarebbe il verbo lessicale ad andare nella posizione I.
Il verbo lessicale (incontra) contiene sia le caratteristiche flessionali di ha, sia quelle lessicali di
incontrato. Le due posizioni devono essere connesse dal movimento; quindi: incontra va in I al
posto dell'ausiliare, mentre nella posizione in cui si aveva arrivato resta una t (= traccia), la traccia
del verbo lessicale. Il movimento del verbo flesso si ricava dall'ordine del verbo flesso rispetto a
certi avverbi: il verbo flesso italiano (sia esso l'ausiliare o il verbo lessicale) compare comunque
prima degli avverbi considerati.
IP
/\
NP/ \I'
Gianni /\
I/ \AspP
(non) incontra /\
/ \Asp'
AvvP /\
mai/sempre / \ VP
/\
/ \ V'
t /\
/ \NP
t Maria
Il movimento del verbo è diverso nelle lingue europee più note; se confrontiamo francese, inglese e
italiano avremo dei parametri di variazione relativi a tale fenomeno.
In queste tre lingue esistono differenze che si possono spiegare in modo semplice se diamo per
scontato che il verbo si muove per raggiungere la flessione nella testa I, mentre gli avverbi di
analogo significato occupano le stesse posizioni (in specificatori di proiezioni funzionali) e non
sono sottoposti a movimento lungo la struttura della frase.
Il confronto dell’ordine Verbo - Avverbi in italiano, francese e inglese, mostra che il verbo inglese
si muove molto poco nella struttura, mentre il francese e più ancora l’italiano mostrano evidenti
16
movimenti del verbo. Si ritiene che questi movimenti (di teste a teste funzionali) siano legati alla
morfologia: italiano e francese hanno una ricca morfologia superficiale, che provoca movimento
della testa verbale (i morfemi sono inseriti in posizione di testa di proiezioni funzionali); i verbi
inglesi, che presentano differenze minime di flessione, cioè una morfologia molto povera, sarebbero
per questo molto limitati nel movimento.
Confrontiamo l’inglese con il francese e l’italiano osservando la posizione della negazione o di un
avverbio come often/souvent/spesso rispetto al verbo, nei tempi semplici e composti.
John
John
John
John
always/often
often
has
often
will often
meets Mary
met Mary
met Mary
meet Mary
Jean rencontre
Jean rencontra
Jean rencontrerà
Jean a
souvent
souvent
souvent
souvent rencontré
Gianni
Gianni
Gianni
Gianni
spesso
spesso
spesso
spesso incontrato
incontra
incontrò
incontrerà
ha
Marie
Marie
Marie
Marie
Maria
Maria
Maria
Maria
Quando il verbo appare alla sinistra dell’avverbio, significa che il Verbo si è mosso scavalcando la
proiezione di cui l’avverbio occupa lo specificatore. In inglese quindi solo un ausiliare, un modale,
(o, come vedremo, il do di supporto) può muoversi superando l’avverbio, un verbo lessicale (di
qualsiasi forma) non può. Osserviamo parallelamente il comportamento del verbo con la negazione
postverbale e partimao dal tempo composto:
J. has not met Mary
J. n'a pas rencontré Marie
Il ne francese è spesso facoltativo, la vera negazione è invece pas e corrisponde grosso modo al not
inglese. Per l’italiano, possiamo usare mica, che mostra una posizione analoga (anche se il suo
valore è diverso):
G. non ha mica incontrato M.
Il movimento del verbo in inglese e francese (e italiano) appare uguale per quanto riguarda
l'ausiliare. La struttura è la seguente (l'inglese è in grassetto):
IP
/\
NP/ \I'
J. J /\
I/ \Neg
n'a has
/\
/ \VP
pas/jamais not /\
NP / \V'
/\
V/ \NP
rencontré met Mary
Se in francese abbiamo un tempo semplice, come in
Jean ne rencontre pas Marie
il verbo rencontre va nella testa I (dove compare anche la negazione preverbale).
17
In inglese non è così: se il verbo lessicale flesso si spostasse a I in inglese infatti dovremmo avere
* John meets not Mary
che invece non è possibile: questo conferma l’idea che il verbo lessicale flesso in inglese non può
salire alla testa I. Però non è possibile neppure
* John not meets Mary
Se c'è la negazione, il verbo non può più intrattenere una relazione corretta con la testa I, dove è
presumibilmente contenuta una informazione astratta, un tratto che indica tempo definito o qualcosa
del genere, in grado di dare caso al soggetto in SpecIP. Qualsiasi sia la ragione, sembra suggerire
che la negazione in inglese occupi la testa della proiezione NegP, impedendo il passaggio di
informazioni fra le due teste V e I, mentre in francese è lo Spec di NegP, dato che non impedisce il
movimento di V a I. Si noti, a conferma, che se in inglese invece della negazione postverbale not
abbiamo un avverbio negativo, questo non provoca nessun problema alla relazione Soggetto-Vero:
si veda la seguente coppia di frasi:
John never meets Mary
*John not meets Mary
Per rendere grammaticale la seconda frase è necessario inserire un supporto verbale al tratto di
tempo e si ricorre all'ausiliare to do (un verbo di supporto, semanticamente vuoto), il quale viene
posto in I:
IP
/\
NP/ \I'
Mary /\
I/ \Neg
does/*_
/\
/ \VP
not /\
NP / \V'
/\
V/ \NP
meet Mary
Se il verbo è composto con un ausiliare o un modale, di nuovo non c’è nessun problema perché
questi verbi si spostano a I:
Mary does
will, can
not speak
has
not spoken
In inglese, quindi, solo gli ausiliari e i modali si muovono, mentre i verbi lessicali non lo possono
fare. In francese i verbi hanno desinenze più ricche di distinzioni e si ritiene che la flessione più
ricca sia in grado di attrarre a I il verbo lessicale. In inglese, si suppone che gli scarsissimi elementi
flessivi si muovano verso il basso per raggiungere il verbo lessicale. Quest'ultimo è un tipo di
movimento che in linea di principio dovrebbe essere escluso in sintassi: teniamo presente che si
tratta di elementi di accordo molto poveri di contenuto semantico di tipo pronominale o aspettuale,
e che quindi l'area in cui questo tipo di movimento, eccezionale per la sintassi, si verifica non è
un'area propriamente sintattica. (Un’altra possibilità da esplorare riguarda la natura della flessione
personale inglese; potrebbe non trattarsi di un vero accordo, ma di un elemento di altro tipo, che
potrebbe essere collocato più in basso; il verbo inglese quindi uscirebbe comunque dal VP, ma per
salire pochissimo).
3.3. Il movimento dell’infinito.
18
Una caratteristica che accomuna inglese e francese riguarda il movimento del verbo all'infinito: non
c'è movimento del verbo in I in nessuna delle due lingue, come mostra l'esempio seguente (la
posizione di soggetto nella struttura è rappresentata da PRO: si indica con questo elemento un
pronome che non riceve caso, tipicamente il soggetto dell'infinito, che può avere, fra l'altro,
un'interpretazione referenzialmente generica, ma ha sempre regolarmente un ruolo tematico, quello
del soggetto del verbo lessicale):
ne pas rencontrer Marie - not to meet Mary
IP
/\
NP/ \I'
PRO /\
I/ \Neg
ne
/\
/ \VP
pas not /\
NP/ \V'
/\
V/ \NP
rencontrer to meet Marie Mary
Al contrario, in italiano anche l'infinito si sposta in I. Consideriamo, per esempio, la frase seguente,
in cui utilizziamo una negazione complessa (negazione più avverbio negativo, corrispondente alla
negazione post-verbale dell'inglese e del francese) per individuare la posizione dell'infinito:
non incontrare mai / mica Maria
IP
/\
NP/ \I'
PRO
/\
I/ \Neg
non incontrare /\
/ \VP
mai /\
NP / \V'
/\
V/ \NP
t
Maria
Come mostra lo schema ad albero, il verbo all'infinito si sposta nella testa I, dove si trova la
negazione che lo precede; l'avverbio negativo può essere collocato nello Spec di una proiezione
posizione Neg (che come le altre proiezioni funzionali che ospitano altri avverbi, è intermedia tra I
e VP).
Riassumendo:
il participio passato in italiano, inglese e francese non raggiunge IP (per semplificare possiamo
lasciarlo in V):
l'infinito in francese e in inglese non raggiunge IP, ma in italiano sì;
i tempi semplici dell'indicativo raggiungono I in italiano e francese, sia nei verbi lessicali che
ausiliari In inglese, invece, il verbo ausiliare, modale o di supporto raggiunge I, mentre il verbo
lessicale non raggiunge I.
19
I movimenti del verbo qui illustrati sono movimenti da testa a testa. Le differenze fra le lingue
considerate non toccano la struttura, le ipotesi sulle proiezioni, le caratteristiche dei movimenti.
Anzi, avverbi di significato analogo risultano occupare la stessa posizione nelle diverse lingue. Le
differenze dipendono dagli elementi lessicali funzionali: la flessione inglese non attira il verbo
lessicale, ma solo elementi verbali funzionali (ausiliari, modali, do); la negazione è solo preverbale
in italiano, pre e post verbale in francese, postverbale in inglese; le negazione inglese sembra essere
una testa, quella postverbale francese uno Spec.
Per considerare i movimenti di NP (o DP) vediamo i principi che li regolano.
4. PRINCIPI RIGUARDANTI I NP (SN)
4.1. IL CRITERIO TEMATICO
L’informazione semantica di cui sono dotate le teste lessicali deve fungere da ‘interfaccia’ ovvero
da punto di contatto fra la semantica e la sintassi. Di questo tipo di informazione fanno parte i ruoli
tematici o semantici che una data testa lessicale è in grado di assegnare.
Questo riguarda ‘prototipicamente’ i verbi, ma non solo (riguarda anche i nomi, gli aggettivi e le
preposizioni). Vedremo quindi esempi con verbi transitivi, in quanto sono più semplici da analizzare strutturalmente. Il verbo transitivo ha struttura tematica a due argomenti (un agente e un
paziente); la sua configurazione di base è la seguente:
VP
/ \
/ \V'
NP / \
soggetto / \
(agente) V NP
oggetto
(paziente)
struttura tematica del verbo transitivo
In questa struttura il verbo transitivo assegna i ruoli tematici, detti anche ruoli theta (), da cui il
criterio tematico. Secondo il criterio tematico, i ruoli assegnati da una testa devono essere riempiti
a tutti i livelli della rappresentazione sintattica (cioè fin dalla struttura profonda) e questo riempimento dev'essere ricostruibile anche dopo gli spostamenti operati passando dalla struttura profonda
alla struttura superficiale.
Quindi:
ogni ruolo tematico è attribuito a uno e un solo elemento lessicale;
ogni elemento lessicale ha un ruolo tematico e uno solo.
Si sfugge a questa restrizione solo con la coordinazione, in cui abbiamo due elementi che sono lo
sdoppiamento di un'unica categoria e condividono lo stesso ruolo tematico (e lo stesso Caso).
Ad esempio: *chi hai visto Mario? Due elementi competono per lo stesso ruolo, ovvero non so che
ruolo assegnare a chi se Mario è il paziente, e non so che ruolo assegnare a Mario se chi è il
paziente.
Questo criterio di unicità e preservazione del ruolo tematico durante la derivazione è riassunto dal
Principio di proiezione: Le rappresentazioni, ad ogni livello sintattico (struttura profonda,
struttura superficiale) sono proiettate dal lessico.
Questo principio riguarda innanzitutto gli argomenti, e va completato per render conto dei soggetti
(o altri argomenti) espletivi dei verbi impersonali. Un V impersonale come sembra, bisogna, pare,
ecc. non assegna un ruolo tematico al suo soggetto profondo: alcune lingue (come l’italiano) non
20
possono semplicemente avere un soggetto superficiale in quella posizione (*Mario bisogna che
Carlo arrivi presto; *Mario sembra che Carlo arrivi presto), altre lingue (inglese, francese) devono
avere in posizione di soggetto un pronome espletivo (it, il). L’inserzione di questo elemento che non
ha un ruolo tematico, si descrive con il
principio di proiezione estesa (Extended Projection Principle EPP): ogni frase dev'essere
interpretabile come una predicazione, in pratica, come l'unione di soggetto e un predicato.
Quindi ogni predicazione deve avere un soggetto, anche puramente ‘espletivo’. In base a questo
principio, anche un verbo impersonale, che non ha un soggetto profondo, deve alla fine avere un
soggetto; le lingue a soggetto obbligatorio inseriscono un pronome lessicale espletivo come il
francese il, ce, l’inglese it, there, il tedesco es. Le lingue a soggetto nullo (italiano, spagnolo)
inseriscono alla fine un pro espletivo legittimato dall’accordo del verbo.
Anche le interpretazioni dell’infinito e del suo soggetto si basano sull’ipotesi che esista a livello
astratto una posizione di soggetto che contiene invece un tipo diverso di pronome, un PRO astratto
(pronome non retto da elementi pronominali, la cui referenza è ricavata in base ad altri elementi
presenti nella struttura, secondo procedimenti alquanto rigidi, che sono indicati come ‘teoria del
controllo’).
Ci sono lingue, d’altra parte, come il russo e il greco antico, che fanno a meno del verbo ESSERE in
funzione di copula, quando non ha specificazioni di tempo, cioè quando la sua funzione si può
ricostruire. In queste lingue, il corrispondente di MARIO UN RAGAZZO intelligente è una frase
principale corretta; la giustapposizione di due argomenti può costituire una frase in quanto la lingua
ammette una copula astratta flessa. In italiano questo è possibile con le frasi ridotte, in cui è
ammessa una copula astratta all'infinito: CREDO MARIO INTELLIGENTE. Il ruolo tematico agli
argomenti viene quindi assegnato da questi elementi verbali astratti, che costituiscono di nuovo
un’area di variazione parametrica.
4. 2. IL CASO
Gli elementi nominali, che devono essere legittimati nel momento della loro inserzione da un ‘ruolo
tematico’, possono comparire nella frase in superficie solo se alla fine della derivazione hanno
acquisito un Caso. Il principio del Caso dice che
ogni sintagma nominale (NP) deve ricevere un Caso e uno solo
Nella struttura superficiale si controlla se il requisito è soddisfatto.
I Casi sono fondamentalmente di due tipi, assegnati in una frase con due modalità diverse: in base
alla loro posizione nella struttura e in base al loro ruolo tematico.
In base alla struttura sono assegnati il caso nominativo e il caso oggettivo (accusativo), con due
modalità strutturali:
1. il verbo assegna il caso oggettivo, per reggenza;
2. la flessione del verbo assegna caso nominativo per accordo.
Mentre l’oggetto sembra prendere il caso accusativo nella sua posizione basica, se il verbo lo può
assegnare (per proprietà lessicali), il soggetto invece non può ricevere il caso nella sua posizione
basica, ma solo se si muove nella posizione di specificatore di IP.
21
VP
/ \
/ \V'
NP / \
/ \
V NP
oggetto
assegnazione di caso
oggettivo (reggenza)
struttura 1
IP
/\
/ \ I'
NP
/\
soggetto / \
__ I
VP
assegnazione di caso
nominativo (accordo)
struttura 2
Questi due casi sono detti anche casi strutturali: è la posizione del NP nella struttura, in relazione
all’elemento assegnatore di caso, la condizione necessaria e sufficiente perché il NP possa ricevere
caso. Una serie di casi, detti inerenti, sono condizionati invece dal tipo di ruolo tematico
dell’elemento nominale nella struttura profonda: il suo ruolo tematico richiederà un determinato
caso, che sarà assegnato da una preposizione o da flessione morfologica, o resterà a livello astratto,
a seconda della lingua e del tipo di caso. L’oggetto di un nome è ‘inerentemente’ un genitivo: in
italiano viene assegnato da una preposizione di, in latino da una flessione morfologica, nelle lingue
romanze antiche appariva in certi contesti come zero, cioè senza nessun assegnatore lessicalizzato
(ad es. in casa i Frescobaldi, il fratello (di) Andrea, ogni tipo (di) mele).
4.3. IL CASO, IL RUOLO TEMATICO E IL MOVIMENTO DI NP
4.3.1. Il sollevamento del soggetto
Consideriamo il verbo impersonale SEMBRARE nella frase seguente: Sembra che questi ragazzi
conoscano la storia, e analizziamone la struttura, che metteremo poi in relazione con una variante
sintattica della stessa frase.
22
IP
/\
/ \I'
NP / \
pro / \
I VP
-a /\
/ \V'
NP /\
-O- / \
V CP
sembr- / \
C'
/ \
/ IP
che / \I'
NP / \
questi rag. / \
I VP
- ano /\
/ \ V'
NP /\
+ / \
V NP
conosc- la storia
+C +
Il V SEMBR- non assegna ruolo tematico al suo soggetto profondo. Alla fine della derivazione, per
soddisfare il Principio di Proiezione Esteso si inserisce un pro espletivo nella posizione di Spec di
IP. Il verbo è flesso, alla 3. sing. che ha anche il valore di impersonale. LA frase dipendente è
introdotta da un complementatore che, che si accompagna a un V flesso nella frase stessa.
La variante, detta tradizionalmente 'personale’, della frase sopra è Questi ragazzi sembrano
conoscere la storia , la cui struttura è quella in cui il verbo impersonale si accorda con il soggetto
tematico (il soggetto 'profondo') del verbo della frase dipendente; nel nostro caso il soggetto di
conoscere, cioè i ragazzi, diventa il soggetto superficiale del verbo sembrare, nel modo illustrato
nella struttura seguente:
23
IP
/\
/ \I'
NP / \
qi ragazzi / \
I VP
-ano
/\
/ \V'
NP /\
- / \
V CP
sembr- /\
/ C'
/\
/ \IP
C /\
/ \I'
NP /\
(-C)
/ \
I VP
-ere /\
/ \V'
NP /\
+ / \
V NP
conosc- la storia
+ +C
La frase subordinata è senza complementatore, ed ha il V all’infinito. Essendo il V all’infinito, non
può assegnare caso al suo soggetto semantico (I RAGAZZI), il quale deve spostarsi fino a trovare un
elemento che gli assegna caso nominativo.
Essendo impersonale, il verbo SEMBR- non assegna ruolo tematico al soggetto, ma può assegnare
caso nominativo tramite la flessione personale (cioè se è flesso).
QUESTI RAGAZZI può quindi diventare soggetto di SEMBR- nella frase principale e spostarsi in prima
posizione; il verbo SEMBR- si accorda quindi con il soggetto (QUESTI RAGAZZI) e diventa SEMBRANO:
solo con l'accordo (=flessione) può assegnare caso nominativo. QUESTI RAGAZZI diventa allora
soggetto di due verbi a due livelli:
1. è soggetto semantico di CONOSCERE (è cioè agente di questo verbo) nella struttura profonda;
2. è soggetto grammaticale di SEMBRANO nella struttura superficiale.
Questa trasformazione avviene per movimento del soggetto (detto in queste strutture Raising, o
Sollevamento); il ruolo tematico di agente resta sempre uno solo (assegnato a QUESTI RAGAZZI) ed è
assegnato nella struttura profonda. Il ruolo tematico di paziente naturalmente non cambia.
Riassumendo:
SEMBR- verbo impersonale ha la proprietà di non assegnare ruolo tematico al soggetto;
CONOSC- verbo transitivo che assegna caso accusativo (C) al complemento oggetto. In questo caso
regge un oggetto diretto (LA STORIA) cui assegna un ruolo tematico. Il verbo assegna inoltre ruolo
tematico di agente (I RAGAZZI).
Vediamo le strutture dei due verbi:
24
struttura di SEMBR-:
VP
/\
/ \V'
- /\
/ \
V CP
sembr-
struttura di CONOSC-:
VP
/\
/ \V'
NP /\
+
/ \
-C
V NP
+ +C
Richiamiamo i principi che stabiliscono che ogni sintagma nominale non possa avere più di un
ruolo tematico () e più di un caso (C); complementarmente, ciascun ruolo tematico e ciascun caso
non può essere assegnato a più di un sintagma nominale.
Il verbo SEMBRARE nella struttura profonda non assegna ruolo tematico al suo specificatore
perché è impersonale (infatti nella sua struttura c'è un -theta); ma in questa posizione si può
muovere un elemento che abbia il ruolo tematico assegnato da qualche altro verbo, senza che venga
violato il principio tematico. Quindi possiamo spostare il soggetto della frase dipendente (I
RAGAZZI), facendolo passare attraverso gli specificatori di IP di CONOSCERE, che essendo
all'infinito non assegna caso nominativo, e del VP di SEMBRARE, che non assegna ruolo tematico: il
soggetto della dipendente può arrivare così allo Specificatore di IP di (sembr)ano e ricevere qui il
caso nominativo dalla flessione personale. I principi del ruolo tematico e del caso perciò non
vengono violati.
Questo è un esempio di movimento di sintagma nominale da una posizione in cui NP non riceve
caso (-C) ma riceve comunque ruolo tematico (+), ad una posizione in cui riceve il caso
nominativo (+C) senza ricevere un secondo il ruolo tematico (-).
L'argomento è un esempio del formato della teoria: i costituenti massimali e le teste si possono
muovere liberamente, ma non possono violare i principi generali (proiezioni massimali in posizioni
XP = specif. o complem.; teste in posiz. X°. Il principio dell'assegnazione del caso, del ruolo
tematico).
Nella grammatica tradizionale il sollevamento del soggetto corrisponde alla costruzione personale
dei verbi impersonali.
In un movimento di sintagma nominale è possibile spostare un NP purché non vengano violati i
principi come quello dell'univocità del caso o del ruolo tematico. Questo permette di tenere
liberissima, la regola di movimento (formulata come "muovi alfa", senza altre specificazioni) e di
lasciare ai principi indipendenti il compito di bloccarla per non generare frasi agrammaticali.
4.3.2. La frase passiva
Un altro argomento collegato al movimento di NP, al criterio tematico e al Caso, coinvolge un
altro verbo speciale, l'ausiliare ESSERE, che viene inserito per svolgere il ruolo di morfologia
passiva; è un V che non assegna ruolo tematico al soggetto, non ha un suo VP, ma assegna caso
nominativo se è flesso. L'argomento in questione è la passivizzazione di un verbo transitivo: il
complemento oggetto diventa soggetto.
1.
Tolstoi descrive Mosca (c. ogg.)
2.
Mosca (sogg.) è descritta da Tolstoi
25
I ruoli tematici dei partecipanti all'evento non cambiano, ma il NP che nella frase 1 riceveva caso
accusativo riceve, nella forma passiva dell'esempio 2, il caso nominativo; il soggetto in 1 diventa in
2 complemento d'agente; nella forma passiva il soggetto è originariamente l’oggetto profondo.
Per render conto in maniera sufficientemente precisa di quanto si osserva nella struttura
superficiale, è opportuno introdurre una nuova proiezione funzionale, simmetrica a IP, una
proiezione funzionale il cui si forma il Participio Passato Passivo. Il participio passato pass. si
sposta quindi nella testa di una proiezione superiore a VP, che chiamiamo PassP', dando luogo a
ordini precisi dei costituenti in superficie.
Vediamo lo schema della trasformazione passiva:
IP
/ \
/ \I'
+C NP / \
Mosca
/ \PassP
I /\
è / \
/\
/ \
Pass VP
- ta / \
NP/ \V'
(da) Tolstoi
/\
V/ \
descriv- NP
t (+-C)
MOSCA È DESCRITTA DA TOLSTOI
Abbiamo detto che il verbo essere assegna caso nominativo se è flesso; spostiamo MOSCA, l’oggetto
profondo, nello specificatore di IP e il verbo ascolt-, spostandosi in Pass acquista una forma morfologica
che non assegna all'oggetto né caso nominativo né caso oggettivo: descritta (participio passato passivo).
i ragazzi, per poter realizzare il ruolo tematico di agente deve comparire in superficie con un caso: esso
gli viene assegnato con l'inserzione di una preposizione che forma un Sintagma Preposizionale, dove il
SN riceve un caso per reggenza.
Quindi, nella posizione di soggetto del verbo essere viene assegnato il caso nominativo all'oggetto
profondo, che ha ruolo tematico di paziente. È anche possibile usare verbi come andare venire
come ausiliari del passivo (con restrizioni aspettuali):
il libro è andato perduto
la musica viene ascoltata
In questo tipo di costruzione, i verbi andare e venire non assegnano ruolo tematico al soggetto.
Vedremo che questi verbi hanno una particolare assegnazione di ruolo tematico al soggetto.
Uno studioso che ha sviluppato le conseguenze teoriche della separazione del Caso dal ruolo
tematico è Luigi Burzio, che l'ha applicata alla grammatica italiana in Italian Syntax, del 1986. Lo
studio di Burzio approfondisce alcuni fenomeni centrali della sintassi italiana e delle lingue a noi
familiari. Uno di questi riguarda un gruppo di verbi che non assegnano caso accusativo all'oggetto
strutturale ma assegnano ruolo tematico a quella posizione: si tratta dei verbi inaccusativi.
5. LA STRUTTURA TEMATICA E LA SINTASSI: I VERBI INACCUSATIVI
La separazione del caso dal ruolo tematico dà modo di comprendere meglio le caratteristiche
sintattiche di una classe di verbi che, con riflessi superficiali diversi, sembra essere presente per lo
meno in gran parte delle lingue conosciute. Si tratta dei verbi inaccusativi (detti anche ergativi)
26
isolati da David Perlmutter (1978) e analizzati nel quadro della grammatica generativa da Luigi
Burzio, nella sua tesi di dottorato (Massachussetts Institute of Technology, 1981), poi rielaborata
nella monografia Italian Syntax (1986).
La grammatica tradizionale distingue, dal punto di vista sintattico, i verbi in transitivi e
intransitivi: verbi transitivi sono, secondo la grammatica tradizionale, quelli che possono reggere un
complemento oggetto (leggo il libro, ecc.), e che possono essere fatti passivi con una morfologia
specifica o con gli ausiliari appropriati (italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, ecc.). Il verbo
leggere ad es. può reggere un compl. ogg. (lui legge il libro) e può essere passivizzato (il libro è /
viene letto; in latino rispettivamente legit 'legge', legitur 'è / viene letto').
I verbi intransitivi - secondo la grammatica tradizionale - sono quelli che non possono reggere un
complemento oggetto: andare, arrivare, partire, salire, dormire, morire, nascere, gridare,
piangere, ecc. Alcuni dei verbi di questo secondo gruppo, possono in certi casi essere usati
transitivamente (gridare una parola, correre la corsa campestre, dormire sonni tranquilli, salire le
scale); d'altra parte, verbi normalmente transitivi possono essere usati - si dice- 'intransitivamente':
mangiare, bere, leggere, quando compaiono senza oggetto potrebbero essere visti come degli
intransitivi. La caratteristica di avere o meno un oggetto sembra un fenomeno troppo superficiale: si
può tentare di esprimere questo in modo più astratto e quindi di definire le due classi in modo più
preciso e interessante.
Lo studio di Burzio propone di ritradurre il concetto di 'intransitivo' nella proprietà più astratta di
'incapacità di assegnare il caso all'oggetto'; a questo si accompagna la mancata assegnazione di
ruolo tematico allo specificatore di VP. Da queste proprietà astratte, che denominiamo
'inaccusatività' derivano le caratteristiche sintattiche dei verbi. L'inaccusatività è probabilmente una
possibilià universale delle lingue, il modo in cui essa si manifesta sintatticamente può invece
differire da lingua a lingua.
5. 1. Proprietà sintattiche di alcuni verbi intransitivi (inaccusativi)
Le grammatiche usuali dell'italiano osservano che, mentre i verbi transitivi hanno sempre l'ausiliare
avere (es. mangiare, leggere, vedere, comprare, ecc.) gli intransitivi hanno alcuni essere (es.
andare, venire, entrare, uscire, arrivare, partire, diventare, nascere, morire) alcuni avere (dormire,
vivere, gridare, piangere, mentire), alcuni tutti e due. A ben vedere, quando cambiano ausiliare,
nascono differenze di significato o di costruzione: vedremo la classe di a) correre, saltare, volare e
b) affondare, crescere, aumentare, invecchiare (ergativi). Secondo la teoria di Burzio, l'ausiliare
essere è, in italiano, indizio di una proprietà strutturale profonda
1) la classe dei verbi (intransitivi) che si dicono inaccusativi è quindi caratterizzata – in italiano e in
alcune altre lingue come il francese e il tedesco – dal fatto che richiedono l’ausiliare essere.
2) I verbi con ausiliare essere ammettono la pronominalizzazione con ne del soggetto. Questo
fenomeno è tipico degli oggetti dei verbi transitivi: quando un verbo transitivo ha come oggetto
diretto un sintagma quantificato (contenente cioè un quantificatore come MOLTI, POCHI,
ALCUNI, DUE, TRE, ecc.) ma la posizione del nome è vuota (o perché il nome è stato 'dislocato a
sinistra, o perché è già stato nominato) il verbo stesso deve essere accompagnato dal clitico NE; ad
esempio, nella frase
MANGIO MOLTE PASTE
posso eliminare il nome paste, lasciando vuota la posizione di N, ma devo aggiungere il clitico ne:
NE MANGIO MOLTE [N ]
*MANGIO MOLTE
Per motivi che non ci interessano qui, posso - o devo - togliere ne solo se interpreto il quantificatore
come riferito a elemento [+umano], come in Vedo molti che corrono = uomini, ma non cani, o treni:
questo ricorda l’interpretazione del soggetto arbitrario dell’infinito).
27
Questa possibilià è condivisa dai soggetti dei verbi con ausiliare essere, come pure dai soggetti dei
passivi (che hanno pure, naturalmente, l'ausiliare essere):
Ne arrivano molti [ ]
Ne sono partiti molti [ ]
Ne sono stati visti molti [ ]
Si noti che in questi casi il quantificatore, che dovrebbe trovarsi con il NP in posizione di soggetto,
compare in fine di frase, o comunque dopo il verbo.
Questa possibilità è esclusa, o almeno molto meno naturale, con i soggetti dei verbi con ausiliare
avere, che essi abbiano o meno l'oggetto espresso:
?*Ne gridavano due
?*Ne hanno corso alcuni
?*Ne dormiranno pochi, in quell'albergo
Se è necessario lasciare vuota la posizione N, si può usare qualche altra strategia, come
Due di loro gridavano, solo alcuni hanno corso, dormiranno in pochi, ecc.
3) Solo i verbi con ausiliare essere ammettono la costruzione participiale assoluta con il loro
soggetto:
Arrivato Mario, ...
Partita Maria, ...
I verbi con ausiliare avere sono del tutto agrammaticali in questa costruzione:
*Gridato il bambino, ...
*Dormito Giorgio, ...
Di nuovo i soggetti degli inaccusativi si comportano come gli oggetti dei transitivi, che possono
anch’essi formare col participio passato una frase participiale assoluta:
Visti i bambini, ...
Ascoltata la storia, ...
N.B. In queste costruzioni sembra che gli oggetti dei transitivi che formano la frase participiale
assoluta siano in realtà soggetto di un participio passato passivo (come si deduce anche dal fatto che
il participio si accorda coll'oggetto, come avviene nella frase passiva: cfr. ho visto i bambini / sono
stati visti i bambini).
4) Il soggetto degli inaccusativi, come quello del passivo, compare molto naturalmente in italiano in
posizione postverbale: (
Sono partiti i bambini
È arrivata Maria
Con i non-inaccusativi questa posizione è possibile ma produce una focalizzazione contrastiva del
soggetto
Ha dormito Giorgio
Hanno mentito i ragazzi
5. 2. Interpretazione teorica delle proprietà degli inaccusativi
Le analogie con il soggetto del passivo e l'oggetto del transitivo sono state messe in luce da David Perlmutter e hanno
portato Luigi Burzio a ipotizzare che i verbi inaccusativi abbiano la proprietà di assegnare il ruolo tematico soltanto alla
posizione di oggetto strutturale, alla quale però non assegnano caso accusativo (da cui il nome di inaccusativi; il nome
non è peraltro utilizzato da Burzio - che parla di strutture ergative - ma appunto da Perlmutter, ed è quello oggi più
usato).
28
Nella struttura di tali verbi (che in italiano sono immediatamente distinguibili dall'ausiliare essere),
il NP retto da V (cioè l'oggetto strutturale) è il soggetto tematico profondo:
VP
/\
/ \V'
- /\
/ \
V NP
+ (agente, ecc.)
-C (accusativo)
Struttura tematica dell'inaccusativo
Nei verbi inaccusativi, quindi, l'unico ruolo tematico viene assegnato al NP retto da V, e questo
diventa il soggetto sintattico come sempre spostandosi in SpecIP, dove prende il caso nominativo se
il verbo è flesso. Si noti che la posizione di Spec del VP non ha un ruolo tematico assegnato: questo
predispone strutturalmente, forse, questi verbi a diventare degli ausiliari (si pensi in particolare ad
andare, venire, che diventano ausiliari del passivo in italiano, o werden 'diventare' in tedesco, pure
un inaccusativo usato come ausiliare del passivo): lo specificatore del loro VP è infatti vuoto e non
interferisce con il passaggio di un elemento nominale che riceva un ruolo tematico altrove: succede
così pure nel passivo, come abbiamo visto sopra, dove un oggetto tematico diventa soggetto
superficiale senza violare il criterio dell'assegnazione di ruolo tematico e del caso (nel passivo è la
morfologia che blocca l'assegnazione di caso oggettivo all'argomento retto dal verbo).
I verbi inaccusativi sono dunque una sottoparte dei verbi tradizionalmente detti intransitivi: gli
inaccusativi in italiano prendono l'ausiliare essere, gli altri verbi intransitivi (non inaccusativi),
come dormire, telefonare, ecc., richiedono invece l'ausiliare avere. La loro struttura è la seguente:
VP
/\
/ \V'
NP /\
(agente) + / \
V (NP )
(+) (paziente)
(+C) (accusativo)
Struttura tematica dell'intransitivo non inaccusativo
(dormire, telefonare: l' oggetto è talvolta facoltativo)
Gli intransitivi non inaccusativi si distinguono dai transitivi solo perché l'oggetto può non essere
proiettato, ma l'elemento che diventa il soggetto superficiale è comunque quello che parte dallo
specificatore di VP.
VP
/\
/ \V'
NP /\
(agente + / \
V NP
+ (paziente)
+C (accusativo)
struttura tematica del transitivo
29
Sia l'oggetto dei transitivi che il soggetto degli inaccusativi è generato nella posizione retta dalla
testa verbale:
IP
/\
/ \I'
pro / \
I/ \ VP
ne mangio
/\
 vengono / \V'
|
NP /\
|
/ \
|
V NP
|
/\
|
QP/ \N'
|
molte /\
|
/ \
_______________
La posizione vuota di N deve essere collegata con un clitico 'ne', che è fondamentalmente un
partitivo. Si confronti il fatto che, se N viene dislocato a sinistra, si antepone DI:
DI PASTE, NE MANGIO MOLTE
DI RAGAZZI, NE VENGONO MOLTI
uindi, l'impossibilità di pronominalizzare con ne il soggetto dei transitivi e degli intransitivi noninaccusativi dipenderà dalla diversa posizione nella struttura profonda della posizione vuorta che
deve essere collegata al clitico: il soggetto dei verbi transitivi nella struttura profonda non è nella
posizione retta da V.
Una struttura analoga si crea con la frase passiva: il participio passato passivo non assegna caso (C) alla posizione tematica di oggetto e questo si sposta con il suo ruolo tematico (+ 0- ) in posizione
di soggetto.
5. 3. Verbi con doppia struttura
Sulla base di tale analisi si individuano sottoclassi di verbi che hanno proprieta' strettamente
legate a queste: si tratta di verbi per i quali non solo l'assegnazione del caso accusativo è facoltativa,
ma che possono anche cambiare l'ausiliare. Vedremo la 'sottoclasse di "correre"' e la 'sottoclasse
degli ergativi'.
I) La classe di 'correre'
Una prima classe è costituita da verbi di movimento che indicano 'modi particolari di spostarsi':
correre, saltare, volare. Possono avere l'ausiliare avere e inoltre i primi due possono avere un
oggetto accusativo:
MARIO CORRE / HA CORSO (I CENTO METRI)
MARIO SALTA / HA SALTATO (L'OSTACOLO)
L'AEREO VOLA / HA VOLATO
La loro struttura sarà quella dei transitivi, con l'oggetto facoltativo:
30
VP
/\
/ \V'
NP /\
(agente) + / \
V NP
(+) (paziente)
(+C) (accusativo)
A) Struttura di correre ecc. non inaccusativo
Ma questi verbi possono avere anche l'ausiliare essere, e questo è obbligatorio se si intende (o si
specifica) che il movimento è diretto a una meta (si può dire che questi verbi diventano allora degli
equivalenti di 'andare+correndo', 'andare+saltando', 'andare+volando'.
'Sono saltato sul tavolo' significa quindi 'sono andato sul tavolo con un salto', mentre 'Ho saltato sul
tavolo' significa 'ho fatto dei salti restando sopra il tavolo'. Si confronti parallelamente il significato
di 'La rondine è volata sul tetto' rispetto a 'La rondine ha volato sul tetto'; 'Ho corso al campo
sportivo' rispetto a 'Sono corso al campo sportivo'.
Questo secondo tipo inaccusativo avrà un unico ruolo tematico (di tipo agentivo) (oltre al
locativo, che non indichiamo).
VP
/\
/ \V'
NP /\
/ \
V NP
+ (agente)
(- C)
B)
Struttura di correre, ecc. inaccusativo
Si noti che il ruolo tematico che nella struttura (A) viene assegnato nella posizione di specificatore
di VP è lo stesso che nella struttura (B) viene assegnato nella posizione di oggetto strutturale (in
ambedue i casi, si tratta di posizioni in cui non riceve caso).
5.4. La classe dei verbi 'ergativi'
Ci sono invece altri casi di alternanza di ausiliare che corrispondono a una specie di passivizzazione
a livello profondo: i verbi di questo tipo sono dei transitivi che diventano inaccusativi senza
spostare i ruoli tematici assegnati ma soltanto disattivando parte delle proprietà strutturali di
assegnazione di caso e ruolo tematico: questi verbi sono detti ergativi, e hanno due possibili
descrizioni strutturali:
1. o assegnano caso e ruolo tematico sia al soggetto che all'oggetto, come nella frase:
31
IP
/\
/ \I'
NP / \
+C
/ \
il missile I VP
affonda /\
/ \V'
NP /\
(agente +) / \
V NP
+
+C
la nave
(Paziente o tema)
Il missile affonda la nave
2. oppure non assegnano caso ma un solo ruolo tematico (lo stesso assegnato nella struttura
transitiva) alla posizione retta, diventando perciò verbi inaccusativi: la versione inaccusativa della
frase sopra è
IP
/\
/ \I'
NP / \
+C
/ \
la nave I
VP
 affonda /\
|
/ \V'
|
NP /\
|
- / \
|
V
NP
|
+
|
-C
|__________ t
la nave affonda
Il ruolo tematico di paziente (o tema) resta sempre assegnato alla stessa posizione e allo stesso
elemento (LA NAVE), ma non avendo caso, l'oggetto strutturale profondo diventa soggetto
superficiale. Si ha quindi il passaggio da una struttura tematica "attiva " ad una struttura tematica
"passivizzata":
Si noti che in questo tipo di passivizzazione il ruolo tematico esterno (Specificatore di VP) è
completamente bloccato, per cui non posso esprimere l'agente con un SP come nel passivo
morfologico (si cfr. il passivo morfologico 'la nave fu affondata dal missile' con il passivo lessicale
'la nave affondò (*dal missile, *da parte del missile).
Alla fine della presentazione delle diverse classi, annotiamo un ultimo termine utile: gli intransitivi
non inaccusativi (quelli con ausiliare avere, che non possono mutare struttura) sono detti
brevemente inergativi. I verbi come correre, che hanno i due ausiliari, non possono essere
classificati come ergativi (in quanto il passaggio dall’una all’altra struttura è diversa rispetto
all’ergativo affondare); li chiameremo semplicemente “verbi come affondare”
32
5. 5 Posizione del soggetto superficiale delle strutture inaccusative.
Il soggetto, come si è detto, è molto naturale in posizione postverbale con queste strutture in
italiano: inoltre, quando abbiamo la pronominalizzazione con ne di un soggetto quantificato di
inaccusativo (ne arrivano molti t) quello che resta dell'NP (e presumibilmente anche la traccia di ne)
si deve trovare in posizione postverbale di oggetto strutturale. Delle relazioni fra elementi lessicali,
tracce e posizioni vuote si occupa la teoria della reggenza e del legamento (Government and
Binding): accenniamo soltanto a spiegazioni poco più che intuitive. Il NP in posizione postverbale
di un verbo inaccusativo si trova in una posizione retta dal verbo o dalla sua traccia; il verbo flesso
licenzia (identifica appropriatamente con i tratti) un pro in posizione di Spec. di IP, a cui assegna
caso nominativo: fra questi due elementi (NP postverbale e pro) si costituisce una relazione di
catena, per cui il caso e il ruolo tematico possono essere distribuiti su due posizioni diverse,
assegnati in modo diverso (il ruolo  per reggenza da V, in posizione di oggetto del VP, il caso per
accordo con I, in posizione di spec. di IP). Sembra quindi che la differenza rilevante fra un soggetto
postverbale di un inaccusativo (arrivano i bambini) e il soggetto postverbale di un transitivo o un
non inaccusativo stia proprio nel fatto che solo il soggetto degli inaccusativi è in una posizione retta
dal verbo o dalla sua traccia.
IP
/\
/ \I'
NP /\
(accordo) +C pro / \
| I VP
| sono / \
|
/ \V'
|
NP /\
| venuti / \
|
V NP
|
+
|
(reggenza)
|________i bambini
Catena fra due posizioni argomentali
5. 5.1. Nota: origine del termine 'ergativo'
Il termine 'ergativo' deriva dalla terminologia introdotta nel passato (seconda metà dell'Ottocento)
per fenomeni probabilmente analoghi a questi che si trovano in lingue come il basco o le lingue
caucasiche, che distinguono con un diverso caso superficiale i due tipi di soggetto: il soggetto dei
verbi inaccusativi prende lo stesso caso superficiale dell'oggetto (caso assolutivo, una forma neutra,
non marcata), mentre solo con i verbi transitivi il soggetto ha un caso speciale detto ergativo.
Queste lingue sono dette ergative. In queste lingue (che sono in genere con ordine SOV) i due tipi
di soggetti sono realizzati con un diverso caso superficiale: avremo per esempio
Il ragazzo (C. Ergativo) la mela (C. Assolutivo) mangia
Il ragazzo (C. Assolutivo) parte
Dunque il diverso caso sembra distinguere i sintagmi nominali a seconda se vengono generati nel
VP come argomento interno (posizione oggetto, caso assolutivo) o come argomento esterno
(posizione di Specificatore, caso ergativo). Anche se il confronto è suggestivo, non è ancora stata
proposta una precisa e sistematica comparazione fra questi fenomeni e quelli dei verbi inaccusativi
delle lingue (ind-)europee.
5. 6. Fenomeni collegati con l'inaccusatività in lingue diverse dall'italiano
33
In francese si possono osservare gli esatti corrispondenti degli inaccusativi italiani (con
differenze riguardo alla lista precisa di verbi che fanno parte delle diverse classi). Vediamo i test:
Verbi come partir, arriver, aller, mourir, naître
1) hanno l'ausiliare être 'essere'
2) si ha en ('ne') per i soggetti di inaccusativi, così come gli oggetti dei transitivi (j'en achète deux
'ne compro due'; il en arrive deux 'ne arrivano due'
3) formano frasi participiali assolute con il loro soggetto, come gli oggetti dei verbi transitivi
arrivée Marie,... 'arrivata Maria, ...'
lu le livre,... 'letto il libro,...'
*Menti Jean,... ‘Mentito Gianni,...’
*Pleuré un garçon,... ‘Pianto un bambino,....’
4) il soggetto degli inaccusativi può comparire dopo il verbo, con un clitico soggetto espletivo il: il
soggetto nominale deve essere indefinito, e il verbo si accorda con il clitico espletivo (3.sing.) :
Il est arrivé trois filles
ma *il est arrivé Jean (perché Jean è un soggetto definito).
Si noti che il soggetto superficiale, essendo il francese una lingua a soggetto obbligatorio, non è un
pro ma un clitico espletivo, e il verbo non si accorda col soggetto lessicale ma resta alla terza
singolare, accordato con il clitico.
Anche in tedesco la selezione dell'ausiliare permette di distinguere immediatamente un verbo
inaccusativo, perché seleziona come ausiliare il corrispettivo di essere, cioè sein (si può vedere la
tesi di Silvia Guidolin, dip. di Linguistica).
È interessante che anche una lingua come lo spagnolo, che ha un unico ausiliare per tutti i verbi cioè haber 'avere' - e usa ser 'essere' solo per formare il passivo, e non ha un clitico partitivo
corrispondente a ne, o en, mostra ugualmente una sottoparte della fenomenologia degli inaccusativi,
con verbi che hanno lo stesso significato degli inaccusativi italiani, francesi e tedeschi. Questo ci
dice che la caratteristica dell'inaccusatività è presente anche in spagnolo, anche se in questa lingua,
a motivo delle sue caratteristiche, i fenomeni superficiali che manifestano questa categoria sono
meno evidenti.
In spagnolo verbi come llegar (arrivare) salir (uscire, partire) possono formare frasi participiali
assolute, esattamente come i loro corrispettivi italiani e francesi:
salida la muchacha... 'uscita la ragazza'
llegado Antonio,... ‘arrivato Antonio’;
invece verbi come mentir (mentire), llorar (piangere) non possono:
*mentidos los niños,... (cfr. *mentito/-i i bambini,...)
*llorada la muchacha, ... (cfr: *pianto/-a la ragazza,...).
Anche in spagnolo, questa proprietà unisce i soggetti dei verbi corrispondenti agli inaccusativi con
gli oggetti dei transitivi, che ugualmente formano frasi participiali assolute:
comida la sopa,... ‘mangiata la minestra,...’
oìdos los nombres,... ‘sentiti i nomi,...’
Infine, un soggetto plurale indefinito (senza articolo) può essere posposto in spagnolo solo se il
verbo appartiene alla categoria identificata come quella degli inaccusativi:
34
*(Ayer) mintieron niños (cfr. ieri mentirono bambini)
*(Ayer) lloraron mujeres (
piansero donne)
rispetto a
(Ayer) llegaron jovenes (arrivarono ragazzi)
In inglese la categoria degli inaccusativi ha indizi diversi e molto ristretti. Citiamo solo la
possibilità di avere la inversione del soggetto con there in posizione preverbale, che ha solo il
valore di un pronome espletivo (benché il suo significato sia originariamente un locativo):
there arrived three boys 'sono arrivati tre ragazzi'
there followed a discussion 'è seguita una discussione'
Questo è possibile con pochi verbi, che corrispondono però a una sottoparte coerente dei verbi
inaccusativi dell’italiano (verbi di movimento - anche figurato - che implica una direzione e una
meta). La costruzione è impossibile con verbi non inaccusativi, come cry 'piangere':
*there cryed three boys 'piansero tre ragazzi'
6. LA STRUTTURA DI CP: TEORIA X-BARRA E MOVIMENTO DI XP
Esamineremo ora movimenti che interessano un XP (proiezione massimale) che deve essere già provvisto sia di Caso
che di ruolo tematico: il punto d'arrivo dev'essere perciò una posizione che manca di ambedue. Si tratta dei movimenti
degli interrogativi, il cui punto di arrivo è lo specificatore di CP, una posizione non argomentale.
Abbiamo già avuto occasione di dire che una frase completa ha, oltre IP, anche una posizione
superiore costituita da CP. Ciò si vede chiaramente con le frasi dipendenti e con i loro introduttori
(CHE, SE THAT, QUE, ecc.):
CP
/\
/ \C'
XP / \
/ \
C
IP
che/se /\
que /that / \I'
NP /\
/ \VP
I /\
/ \V'
NP /\
/ \
V NP
Ipotizziamo che la struttura CP sia sempre presente, che possa essere inattiva e che fornisca
informazioni sul tipo di frase che domina (se non contiene nulla, la frase sarà una frase principale
assertiva).
CP ha una struttura canonica: uno specificatore XP, la testa C e la frase IP complemento, come
mostra lo schema.
Nelle frasi dipendenti, gli introduttori vanno in posizione di testa C. In inglese that può essere
omesso in una frase dipendente (ma si può dimostrare che la struttura è la stessa):
I say that you are kind
I say --- you are kind
35
Nelle interrogative dirette, il pronome interrogativo (che appartiene alla categoria dei pronomi wh,
su cui torneremo) si colloca in XP ed esclude - in inglese standard e in molte altre lingue - la
presenza degli introduttori. Invece, nelle interrogative subordinate alcune lingue ammettono la presenza degli introduttori (come certi dialetti romanzi e germanici), altre la escludono. Alcune delle
lingue che hanno pronome wh- e introduttore (complementatore) nelle interrogative dipendenti, ce
l'hanno anche nelle principali (interrogative dirette). Vedremo meglio come questa variabilità
permetta di fare ipotesi precise sulla posizione degli elementi dell'interrogativa.
Consideriamo queste due frasi interrogative italiane:
1.
CHE COSA VEDI [ ] ?
2.
CHI HAI INCONTRATO [ ] ?
Gli esempi mostrano due verbi transitivi che hanno un posto vuoto nella posizione in cui dovrebbe
esserci l'oggetto. In questa posizione va 'ricostruito' il pronome interrogativo oggetto diretto, che si
è spostato all'inizio della frase. Vediamo le strutture:
CP
/\
/ \C'
che cosa /\
 / \
| C IP
| |
/\
| |
/ \I'
| | NP /\
| | pro / \VP
| |
I /\
| |__vedi / \V'
|
|
N /\
|
|
/ \
|
|____ V NP
|______________t
struttura 1
Il pronome interrogativo all'inizio della frase, in posizione non argomentale (= in cui non è
assegnato ruolo tematico né caso), va interpretato come complemento oggetto del verbo VEDERE;
CHE COSA viene generato in posizione di NP oggetto, dove riceve caso e ruolo tematico, e va in
XP (= Spec. di CP), in base alla regola muovi alfa. Il NP viene quindi vuotato del contenuto
lessicale, ma contiene t (una traccia dell'elemento wh). Il verbo VEDI si sposta da V a I, e anche in
V rimane una traccia t. (Vedremo fra poco che V si sposta in realtà più su, nella testa di CP.)
Analogamente, la frase 2 avrà la seguente struttura:
36
CP
/ \
/ \C'
chi / \
 / \
| C IP
|  /\
| | / \I'
| | NP /\
| | pro / \VP
| |
I /\
| |__ hai / \V'
|
NP /\
|
/ \
| incontratoV NP
|_______________t
struttura 2
Il pronome interrogativo va ad occupare la posizione XP in base alla regola muovi alfa; esso deve
ricevere caso e ruolo tematico prima di arrivare in CP, lasciando il NP di partenza vuoto. Il verbo
ausiliare è in I, e si sposta ulteriormente in C nell'interrogativa diretta, come mostreremo subito. Per
una lingua a soggetto nullo come l'italiano, questo ulteriore movimento del verbo non è
immediatamente evidente, ma può essere facilmente ipotizzato per lingue a soggetto obbligatorio
come il francese e l'inglese, che mostrano la cosiddetta 'inversione del soggetto' nell'interrogativa
principale: questo è il risultato del movimento del verbo alla testa C della proiezione CP in cui si
trova il wh. Vediamo l'effetto del movimento di wh-nelle frasi seguenti (corrispondenti alla frase
italiana vista sopra):
Qui as-tu rencontré?
Who(m) have you met?
CP
/ \
/ \C'
qui
who(m) / \
^
/ \
| C IP
as
| have /\
| | / \I'
| | NP /\
tu | | you / \VP
| |
I /\
| |__t
/ \V'
|
NP / \
|
/ \
rencontré
|
met V NP
|____________t
6.1. ALCUNE PROPRIETÀ DEL MOVIMENTO DI WHWH- è l'abbreviazione di elementi lessicali interrogativi che in inglese iniziano per wh- (what,
who, where, which, ecc.), in francese e nelle lingue neolatine per k(w)- ( < lat. qui, quod, quid,
ecc.), in tedesco per w- (was, wenn, wer, ecc.). In italiano sono elementi wh: chi, che cosa, a chi,
quando, come, ecc. Tutte queste parole hanno un'origine comune molto remota da una base protoindoeuropea KW. Anche se la radice diacronica comune può non essere immediatamente
37
riconoscibile oppure è molto indiretta (ad es. dove, come, perché, ecc.) classifichiamo questi
elemetni come dei pronomi wh- per le loro proprietà sintattiche. Alla classe dei wh- appartengono
anche elementi astratti, indentificabili per la presenza della fenomenologia collegata al movimento
di wh-: oltre che nelle frasi interrogative, si trovano in strutture analoghe come le relative o i
sintagmi pronominali indefiniti.
Un elemento wh- in una frase interrogativa diretta (o principale) - nelle lingue che prenderemo in
considerazione, ma anche in moltissime altre lingue - va in posizione di specificatore di una
struttura CP e lascia una traccia (un ‘buco’ superficiale nella sequenza, che può essere un
argomento mancante) nella posizione di partenza. La traccia 'occupa la posizione' che non è
disponibile per altri elementi (neppure pronomi clitici: cfr. *chi lo vedi t?).
Gli elementi wh, in quanto pronomi, partono sempre da posizioni XP (NP soggetto o oggetto, PP
di complementi indiretti, AvvP, ecc.); devono arrivare in una posizione adatta a un XP, quindi si
spostano da NP (o PP, ecc.) allo specificatore CP, una posizione a cui non viene assegnato C né
ruolo : l’elemento wh- deve quindi essere già dotato di ruolo tematico (altrimenti non potrebbe
essere inserito nella base) e di caso, preventivamente.
Il movimento di wh può portare un elemento fuori della sua frase, in linea di principio
illimitatamente, purché ci sia sempre uno Spec di CP libero che gli permetta di passare di CP in CP,
da destra a sinistra:
6.2. IL MOVIMENTO DEL VERBO NELL'INTERROGATIVA DIRETTA
Abbiamo anticipato che il movimento del V a C nell'interrogativa diretta ha indizi evidenti in
francese e in inglese, ma non altrettanto in italiano.
Fino ad ora, per l'italiano, abbiamo considerato frasi interrogative con verbi il cui soggetto è
rappresentato da un [pro] astratto che si trova in posizione di soggetto. Se però usiamo un verbo di
terza persona con un soggetto nominale, e spostiamo semplicemente il wh- all'inizio (cioè, nella
struttura, in C), otteniamo una frase agrammaticale, come nel seguente esempio:
[MARIO VEDE che cosa-]
___________________|
* CHE COSA [MARIO VEDE t ?]
____________________|
Usando un soggetto lessicalizzato (non un pro) si vede che nelle interrogative dirette il soggetto
nominale non può trovarsi tra pronome wh- e verbo, anche se la struttura lo prevederebbe, se la
frase interrogativa si formasse in italiano semplicemente mettendo un pronome interrogativo in
posizione iniziale di frase (il soggetto resterebbe in Specificatore di IP, il verbo in testa di I).
Vediamo la struttura:
38
CP
/ \
/ \C'
che cosa / \
|
/ \
| C IP
|
/\
|
/ \I'
|
NP /\
| *Mario / \VP
|
I /\
|
vede / \V'
|
| NP / \
|
|
/ \
|
|____ V NP
|_____________t
Sembra che questa struttura sia impossibile. La frase grammaticale è infatti
Che cosa vede Mario?
col soggetto dopo il verbo. Se osserviamo francese e inglese, possiamo supporre che anche in
italiano, se qualcosa va nello specificatore di CP con caratteristiche di operatore (interrogativo in
questo caso), il verbo debba salire ulteriormente alla testa di C. In francese e in inglese, gli indizi
sono più chiari. Consideriamo la seguente frase interrogativa francese: QUE VOIT-IL? ("che cosa
vede-egli?").
CP
/ \
/ \C'
que / \
|
/ \
| C IP
| voit /\
| |
/ \I'
| | NP /\
| | il / \VP
| |
I /\
| |_ t
/ \V'
|
|
NP /\
|
|
/ \
|
|_____t V NP
|______________t
Nella frase interrogativa diretta francese, il verbo compare davanti al soggetto e non può esserci
nulla nel mezzo. Supponiamo allora che il verbo, che si è mosso dalla posizione di testa V a quella
di testa I, si sposti ancora e vada in C. Se la frase ha un tempo semplice, il verbo si sposterà davanti
al soggetto pronominale; se la frase ha un tempo composto, l'ausiliare, che era in I, salirà in C, e il
soggetto pronominale si troverà fra ausiliare e participio passato. Questo descrive i fatti del francese, ma limitatamente al caso in cui il soggetto sia un pronome personale. Altrimenti, nella
posizione di specificatore di IP, una volta che il verbo sia salito a C, un NP lessicale non può stare.
Per vedere questo più chiaramente, è necessario utilizzare una frase con tempo composto: si cfr.
infatti
Qui a-t-il rencontré? “Chi ha-egli incontrato?”
*Qui a Jean rencontré? “Chi ha Gianni incontrato?”
39
E’ necessario usare un tempo composto, con le interrogative wh- perché il francese accurato o
formale ammette la posposizione del soggetto nominale (Inversion stylistique, o Stylistic Inversion):
col tempo semplice è impossibile distinguerla dall’inversione del soggetto. Lo si può vedere nel
seguente schema:
Qui rencontre Jean? sembra la stessa costruzione di Qui rencontre-t-il? Ma la prima è una
pospozione del soggetto (che col tempo composto diventa Qui a rencontré Jean) mentre la seconda
è un’inversione del soggetto (che col tempo composto diventa Qui a-t-il rencontré?)
Questa restrizione su quello che può occupare lo Spec IP quando il verbo è in C è
caratteristica delle lingue romanze (che non ammettono l’inversione del soggetto nominale, per cui
nelle varie lingue romanze è impossibile quello che corrisponde a *Dove è Mario andato?, *Che
cosa ha Mario fatto?).
Generalizzazione: nelle lingue romanze moderne, se il verbo sale a C, in Spec IP si può trovare solo
un soggetto ‘leggero’, che a seconda delle lingue è rappresentato da un pronome clitico soggetto
(francese, dialetti italiani settentrionali) o da un pro (lingue a soggetto nullo come italiano, dial.
meridionali, spagnolo, rumeno, ecc.)
Comparando il francese con l’inglese, osserviamo che nella frase interrogativa inglese si verifica
qualcosa in un certo senso di complementare: in posizione di testa C può trovarsi solo to do, un
ausiliare o un modale, quindi una forma ridotta del verbo, la sua parte funzionale, mentre nello
specificatore di IP può trovarsi qualsiasi elemento nominale:
*who sees he/John?
who does he/John see t ?
who has he/John seen t ?
who can he see t ?
CP
/ \
/ \ C'
Who
/\
|
/ \
| C
IP
| can/does /\
| |
/ \I'
| |
NP /\
| | he/John / \VP
| |_______I /\
|
/ \V'
|
NP / \
|
/ \
|
see V NP
|_________________t
In caso di frase con tempo semplice sappiamo che il verbo inglese si trova in posizione di testa V;
in I si trova solo to do, l'ausiliare o il modale. Se la frase è interrogativa, to do, l'ausiliare o il
modale si spostano in testa di C, come abbiamo ipotizzato per il francese (e l'italiano).
Nelle interrogative dirette, quindi si ha sempre un ulteriore movimento del verbo: esso sale in
posizione C di testa di CP. Dalle interrogative in inglese e francese ricaviamo indizi che dicono che
deve andare in C l'elemento verbale che si trova in I; per questo l'inglese, che ha solo i modali e gli
ausiliari in I, ha superficialmente l'inversione del soggetto solo con questi verbi.
Si noti che l'inglese, diversamente dal francese, ammette qualsiasi soggetto nella posizione
immediatamente seguente al verbo in C.
Il movimento del verbo italiano nelle interrogative si descrive bene comparandolo con quello che
avviene in maniera più evidente in inglese e francese. Nelle interrogative italiane il soggetto non sta
40
tra l'ausiliare e il participio passato come nelle altre due lingue, ma sembra che debba trovarsi alla
fine. In realtà questo è simile a quanto avviene in francese, se teniamo presente che in francese solo
il pronome si trova fra ausiliare e participio. Dato che in italiano la flessione contiene già il
pronome soggetto, gli altri soggetti lessicali si comportano come in francese (e diversamente
dall'inglese), non possono cioè stare in quella posizione. In francese stanno alla fine solo se
l'interrogativa diretta ha un pronome wh-, in italiano anche negli altri tipi di interrogativa (e si veda
avanti per le relative); nelle due lingue, inoltre, il soggetto nominale è molto frequentemente
dislocato a destra o a sinistra (in francese, appare ripreso dal pronome soggetto invertito, che
corrisponde in italiano al pro).
Al di là delle particolarità nelle varie lingue, il movimento del verbo dà luogo ad un fenomeno di
apparente ‘inversione verbo-(pronome) soggetto’. In realtà, questa terminologia della grammatica
descrittiva tradizionale può essere fuorviante se presa alla lettera: verbo e pronome soggetto (o
soggetto nominale) non si scambiano di posto, ma è il verbo che, salendo, viene a trovarsi alla
sinistra del soggetto; il soggetto resta - grosso modo - al suo posto, nello spec di IP. Vediamo un
ultimo esempio italiano con il tempo composto:
CP
/ \
/ \C'
che cosa
/\
| / \
| C IP
| ha
/\
|
/ \I'
|
NP /\
|*Mario / \VP
|
I /\
|
/ \V'
|
NP /\
|
/ \
|
visto V NP
|______________________t
Il soggetto non può trovarsi in SpecIP: come mostra l'intonazione, e in francese la ripresa clitica,
sembra dover essere spostato fuori della frase:
CHE COSA HA VISTO, MARIO?
MARIO, CHE COSA HA VISTO?
JEAN, QU’A-T-IL VU?
QU’A-T-IL VU, JEAN?
Quando si trova a sinistra, il soggetto sarà dislocato a sinistra; non facciamo ipotesi invece sulla
posizione precisa in cui si trova il soggetto a destra nelle interrogative italiane e francesi (nella
dislocazione a destra - col clitico di ripresa - o nell’inversione stilistica - senza clitico).
6.2.1. LA presenza della traccia
Una prova dell'esistenza della traccia di wh-, un elemento foneticamente nullo ma sintatticamente e
semanticamente attivo, si ricava da un fenomeno riguardante l'inglese WANNA, forma contratta di
WANT TO Se tra questi due elementi c'è una traccia (WANT [t] TO), il fenomeno di contrazione
non avviene.
Utilizziamo un verbo dal significato ambiguo: to leave, che può essere transitivo o intransitivo a
seconda del significato che assume. Se è transitivo (quindi regge un complemento oggetto NP)
significa "lasciare"; se è intransitivo (quindi non regge un complemento oggetto NP) significa
"partire". Di conseguenza, la frase:
who do you want to leave?
41
è ambigua, perché si presta a due diverse interpretazioni:
1.
CHI VUOI LASCIARE?
2.
CHI VUOI CHE PARTA?
cioè:
1.
[WHO] DO YOU WANT TO LEAVE [t]?
2.
[WHO] DO YOU WANT [t] TO LEAVE?
La diversa interpretazione dipende dal fatto che WHO può essere oggetto di TO LEAVE [t] nella
frase 1, oppure soggetto di TO LEAVE [t] nella frase 2.
Se applichiamo la regola fonologica di WANNA:
WHO DO YOU WANNA LEAVE?
allora è impossibile dare a questa frase l'interpretazione 2; ciò fa supporre che se tra WANT e TO
c'è una traccia di wh, non si può avere la contrazione WANNA. Questa regola fonologica sembra
essere sensibile alla struttura della frase: benché non ci sia nulla di udibile che distingue le due
interpretazioni, una traccia di wh- che separa le due parole blocca la loro contrazione. Quando la
contrazione si applica, l'unica interpretazione possibile è la 1. [Va detto che il verbo to want assegna
caso ‘oggettivo’ alla posizione di soggetto dell’infinito che seleziona (similmente alla costruzione
‘accusativo con infinito’ del latino): altrimenti il soggetto di to leave nella frase 2. risulterebbe
senza caso].
Annotiamo qui che nelle interrogative wh, una particolarità che distingue l'italiano e il francese
dall'inglese è il fatto che quando in italiano c'è un sintagma preposizionale wh-, la preposizione
segue il wh- nello specificatore di CP. Al contrario, l'inglese preferisce spostare nello specificatore
di CP solo il sintagma nominale lasciando indietro la preposizione. Vediamo, per esempio, le frasi
seguenti:
A CHI HAI PARLATO?
WHO DID YOU TALK TO?
CP
/ \
/ \C'
who a chi /\
|
/ \
| C
IP
| did hai /\
|
/ \I'
|
NP
/\
| you pro / \VP
|
I /\
|
/ \V'
|
NP / \
|
/ \
|
talk PP
|
parlato
/\
|
/ \
|
to NP
|______________t
L'inglese (in grassetto nella struttura) lascia indietro le preposizioni senza spostarle col sintagma
nominale che reggono, come invece deve fare l'italiano (WHO...TO = A CHI). La traccia del whinglese corrisponderà quindi al solo NP, quella del wh- italiano invece all'intero PP (=Sintagma
Preposizionale).
Il termine con cui si indica il ‘trascinamento’ di parti di sintagma (come la preposizione in
italiano) è detto, con un termine fantasioso, pied piping: si ispira al personaggio fiabesco del Pied
42
Piper, il Pifferaio magico di Hamelin (lett., ‘dal vestito variopinto’) che col suono del piffero si
portava dietro i topi (e poi i bambini).
6.3. INTERROGATIVE INDIRETTE
Le interrogative indirette sono interrogative dipendenti, rette in genere da un verbo di domanda:
TI CHIEDO CHI HAI VISTO
Nelle interrogative dipendenti il movimento del verbo non avviene. Supponiamo che la posizione di
testa CP non sia disponibile per il movimento del verbo perché vi si trova il complementatore
(CHE, THAT, QUE, ecc.), che però è spesso invisibile. Un indizio è dato da quelle lingue, come
vari dialetti romanzi e germanici, che hanno il complementatore oltre all'elemento wh, come negli
esempi seguenti, tradotti letteralmente nelle singole varieta' standard:
dial. italiani: TI CHIEDO CHI CHE HAI VISTO
dial. francesi: JE TE DEMANDE QUI QUE TU AS VU
dial. inglesi : I ASK YOU WHO THAT YOU SAW
Wh- e complementatore, in queste varietà, compaiono sempre in quest’ordine, che corrisponde a
quanto si può supporre dato che si trovano rispettivamente nello specificatore e nella testa di CP.
Una conseguenza del mancato movimento del V a C è che non abbiamo, nelle interrogative indirette
'l'inversione verbo - soggetto', come mostrano le frasi dialettali precedenti, come pure le stesse
strutture nelle varietà standard, dove il complementatore non è lessicalizzato, ma il verbo non può
spostarsi (dato che, come abbiamo supposto, esiste a livello astratto, per il fatto stesso che si tratta
di frase dipendente):
francese: je te demande qui tu as vu / *je te demande qui as-tu vu
inglese : I ask you who you have seen /*I ask you who have you seen
IP
/\
/__\
ti chiedo \
je te demande \
I ask you
\
CP
/\
/ \C'
chi/qui/who /\
|
/ \
| C IP
| (che) /\
| (that) / \I'
| (que) NP /\
| tu/you / \VP
|
I /\
| hai/as/have / \V'
|
NP / \
|
/ \
| visto/vu/seenV NP
|______________t
Per questo fenomeno, sono molto interessanti i dialetti italiani settentrionali, che offrono una
casistica molto ampia. Anche i dialetti settentrionali hanno pronomi clitici soggetto, che nella frase
interrogativa diretta appaiono in posizione enclitica al verbo: sulla base di questi dialetti si possono
fare le seguenti generalizzazioni osservative:
1. un soggetto lessicale non si trova mai in posizione 'invertita';
2. l'inversione del soggetto clitico non si trova mai nelle interrogative dipendenti.
Mentre la generalizzazione 1. vale per tutte le lingue romanze in generale, la generalizzazione 2.
vale anche per le lingue germaniche (se non per un ambito ancora più ampio di lingue).
43
6.4. MOVIMENTO LUNGO DI WHSe l'interrogativo wh- nasce in una frase dipendente ma il suo ambito prende anche la frase
reggente, il wh-si sposta fino al CP della frase principale e i fenomeni di inversione e le restrizioni
di ordine avvengono nella frase principale. Questo è possibile innanzitutto se la frase che contiene il
wh- è un argomento selezionato del verbo della frase reggente (ad esempio un complemento di
verbi di dire, pensare, credere, che sono detti ‘verbi ponte’ o bridge verbs):
Pensi che io abbia visto wh ?
Chi pensi che io abbia visto?
Tu penses que j'ai vu wh?
Qui penses-tu que j'ai vu?
You think that I have seen wh?
Who do you think that I have seen?
Il movimento avviene in due tappe: prima il wh-va nello specificatore del CP della frase dipendente
e da qui passa il quello della frase principale:
[CP Who do [IP you [VP think [CP t that [IP I have seen t ?]]]]
____________________|_______________|
[CP qui penses[IP tu [VP tv [CP twh-que [IP j'ai vu t ?]]]]
___________________|__________|
[CP Chi pensi[IP pro [VP tv [CP twh-che [IP io abbia visto t ?]]]]
|___________________|__________________|
Che il primo passo avvenga attraverso il CP più basso è un'ipotesi basata sul fatto che il movimento
lungo non è possibile se lo specificatore del CP della dipendente contiene già un wh, per esempio se
si vuol movere un wh-fuori da una frase interrogativa indiretta:
Chiedono [quando (tu) hai visto chi]
*[CP Chi chiedono [IP pro [VP tv [CP twh-quando [IP pro hai visto t ?]]]]
|______________________|_____________________|
L'italiano parlato ha a disposizione modi per rendere possibile una domanda come quella sopra
(dislocazione a sinistra, ripresa pronominale) (ad es. Chi è che chiedono quando l'hai visto?), ma
anche questo mostra che si tratta di ovviare al fatto che il movimento di wh-di per sé deve passare
per CP della frase in cui nasce, e il passaggio è impedito se il CP contiene un altro wh. L'argomento
è molto interessante e ricco di elementi per il controllo di singole ipotesi (cfr. il saggio di Chomsky
in Beninca’-Longobardi, dove conseguenze della teoria sul movimento di wh-sono controllate con
grande sottigliezza, in particolare per l'inglese).
6.5. Il modulo wh- est-ce que nel francese
Il francese utilizza una strategia che evita i fenomeni connessi con il movimento di wh(movimento del Verbo a C e sue conseguenze) utilizzando un modulo introduttivo della frase
interrogativa dove si muove il wh. uesta stessa strategia è molto usata in vari dialetti italiani, ed è
presente anche nell'italiano ma per ottenere una particolare connotazione di rilievo all'interrogativo.
Cfr. un'interrogativa con inversione, come
Qui a-t-il rencontré t?
con l'interrogativa wh- est-ce que:
[Qui est-ce qu'[ il a rencontré t ?]]
Il pronome interrogativo si sposta in posizione iniziale, con un movimento lungo, che è per così dire
ormai fissato in una formula. Si puo considerare che la struttura profonda sia simile alla frase
seguente:
44
C'est que il a rencontré wh
pro È che egli ha incontrato wh
[CP Qui est [IP ce [CP t qu' [IP il a rencontré t ?]]]]
“Chi è che ha incontrato?”
[CP Chi è [IP pro [CP t che [IP egli ha incontrato t ?]]]]
In questo modo qualunque complemento wh- si sposta in posizione iniziale, l'effetto di movimento
del verbo si ha solo nella reggente c'est, ma questo è ormai fissato nella formula, e nella frase da cui
è partito il wh- si ha solo un 'buco' corrispondente all'argomento wh- spostato.
Un modulo simile è usato per le interrogative ‘totali’ (vedi avanti).
6.6. Interrogative sul soggetto
Abbiamo finora visto frasi interrogative in cui il pronome interrogativo proveniva dalla posizione di
oggetto diretto. Le frasi interrogative sul soggetto (cioè, in cui il pronome interrogativo parte dalla
posizione di soggetto (di VP, passando per lo specificatore di IP, dove prende caso nominativo)
presentano alcune differenze importanti, da ricondurre probabilmente al fatto che la posizione di
specificatore non è una posizione appropriata per una variabile (la traccia di wh-), se non c’è un
elemento lessicale appropriato che la regga. Descrittivamente si osserva quanto segue:
In inglese il verbo non si muove a C: qualcuno propone addirittura di sostenere che un wh- soggetto
non si muova a CP, e in effetti ci sono indizi solo indiretti).
Mentre infatti con un wh- oggetto se il verbo è semplice abbiamo il supporto do, con un whsoggetto il verbo semplice è perfettamente adeguato: si cfr. le seguenti frasi.
*Who invite you [t]
/
Who do you invite [t]?
Chi (ogg.) inviti tu?
Who [t] invites you? /
*who does [t] invite you? Chi (sogg.) invita te?
(do può essere inserito solo se ha valore enfatico)
Con il movimento lungo di un wh- soggetto si osserva che deve essere eliminato il that
perché la frase sia grammaticale (intuitivamente: il that scherma la relazione fra la traccia e il wh-, e
non ha un contenuto lessicale sufficiente a reggerla):
*Who do you think [CP that t invited John]?
Who do you think [CP  t invited John]?
In francese il problema per un wh- si manifesta con il movimento lungo
Qui crois tu que Jean invitera [t]?
chi (ogg.) credi che J. inviterà?
*Qui crois-tu que [t] invitera Jean?
chi (sogg.) credi che inviterà J.?
*Quelle lettre crois-tu que arrivera demain?
che lettera credi che arrivera domani?
Per ovviare a questo problema, che sembra lo stesso che per l’inglese, il francese non può eliminare
il que ma trasforma il complementatore aggiungendogli una ‘marca’ (di tipo pronominale, o
nominativo), trasformandolo in qui
Qui crois-tu qui [t] invitera Jean?
chi (sogg.) credi ‘chi’ inviterà J.?
Quelle lettre crois-tu qui arriverà demain?
che lettera credi ‘chi’ arrivera domani?
E’ molto importante notare che questo qui non è il pronome interrogativo (lo ritroveremo, nello
stesso contesto, nelle frasi relative). Il pronome interrogativo è infatti specializzato per [+animato,
+umano] mentre questo qui, una forma del complementatore che include un elemento pronominale
astratto, non ha nessuna restrizione di questo tipo. Storicamente, sembra dimostrato che qui di
45
questo tipo deriva proprio da qu’il che ancora nel Settecento compariva indifferentemente nelle due
forme in questi contesti.
In italiano non c’è nessuna restrizione apparente: è probabile che sia di nuovo la flessione del verbo
che ha la capacità di reggere propriamente la traccia di wh- in posizione di soggetto.
6.7. INTERROGATIVE TOTALI
Nelle interrogative totali (o si/no) la domanda non riguarda un elemento della frase (come wh), ma
l'intero evento espresso dalla frase: richiedono una risposta di tipo SI/NO. Dalla loro
fenomenologia, molto simile a quella delle domande wh, si può concludere che le interrogative
totali abbiano la stessa struttura delle interrogative wh, ma che nello specificatore di CP ci sia un
operatore astratto che fornisca solo informazioni sul tipo di frase. il verbo si muove a C, con le
stesse modalità delle interrogative wh
[ Op has [he tv [left ]]] ?
[ Op does [he tv [leave t]]] ?
[ Op est [il tv [parti ]]]?
[ Op parte [il tv [tv ]]]?
[ Op è [pro tv [partito ]]]?
[ Op parte [pro tv [tv ]]]?
In francese, anche le interrogative totali possono essere introdotte dalla struttura fissa est-ce que...,
cui segue una frase subordinata, la stessa struttura utilizzata per le interrogative wh-, che evita il
movimento del V a C, in quanto si muove a C il verbo est nella struttura introduttiva, fissata ormai
nel lessico: diamo la struttura della parte iniziale della frase seguente:
CP
/\
/ \C'
Oper. / \
/ \
C IP
est
/\
 / \I'
| NP /\
| ce / \CP
|____I /\
______ / \C'
/\
/ \
que IP
/\
NP/ \I'
il /\
I/ \VP
est
/\
/ /\
parti
EST-CE QU'IL EST PARTI?
Nell'interrogativa totale supponiamo che lo specificatore del CP iniziale contenga un operatore
interrogativo che provoca la salita del verbo. Per esempio, se in francese vogliamo chiedere se Jean
arrivera demain, non avremo elementi pronominali wh-, ma un Operatore interrogativo in Spec di
CP, che caratterizza il tipo di frase. Utilizzando la formula introduttiva c'est que..., la presenza
dell'operatore interrogativo nello specificatore di CP attira il verbo ESSERE in C: est-ce que... Se
non viene usata la formula introduttiva, l’operatore interrogativo fa salire il verbo flesso a C, con
conseguente ‘inversione del soggetto’ (pronome), come nelle interrogative wh-:
46
CP
/\
/ \C'
Oper. / \
/ \
C IP
as
/\
/ \I'
NP /\
tu
/ \VP
I /\
/ \V'
NP / \
/ \
V
NP
trouvé le livre
AS-TU TROUVE LE LIVRE?
Esattamente come nelle interrogative dirette, la posizione post-verbale è interdetta ai NP lessicali, e
ammessa solo per i pronomi:
*A JEAN TROUVE LE LIVRE?
Cioè, il soggetto nominale non può trovarsi in posizione di specificatore di IP. Diversamente dalle
interrogative wh-, le interrogative totali non ammettono il soggetto finale della costruzione detta
‘inversione stilistica’; si confrontino le due frasi seguenti:
quand est arrivé Jean?
*est arrivé Jean?
La possibilità di lasciare il soggetto in posizione finale nelle interrogative wh- ma non in quelle
totali viene collegata alla presenza di un elemento wh- nello specificatore di CP. Le interrogative
totali hanno un elemento operatore nello specificatore di CP (questo elemento attira infatti il verbo
in C, per cui abbiamo inversione del soggetto pronominale), ma esso non è un wh-: per questo la
posizione finale del soggetto non è ammessa, a meno che non sia presente anche il soggetto
pronominale (nel qual caso si tratta di dislocazione a destra, che ha la versione simmetrica a
sinistra):
EST-IL ARRIVE', JEAN?
JEAN, EST-IL ARRIVE’?
Il collegamento fra inversione stilistica e presenza di un wh- in Spec di CP risulterà importante per
interpretare la struttura delle relative, come vedremo più avanti.
Se l'idea di un operatore non lessicalizzato sembra astratta e ad hoc, si può portare l'esempio - non
solo di lingue esotiche che hanno questi operatori per le domande si/no in forma lessicale ‘visibile’,
ma anche di parlate più accessibili, come il toscano che usa (o) che, il sardo che usa a, i dialetti
calabresi che hanno ma.
Nell'inglese le interrogative totali non presentano invece differenze rilevanti rispetto alle
interrogative wh- (a parte ovviamente la mancanza di un pronome interrogativo).
6.8. INTERROGATIVE SENZA MOVIMENTO DI WHCi si può chiedere che cosa induca il movimento di wh- e i fenomeni connessi. Si può supporre che
il wh- sia costretto a muoversi a CP per le sue caratteristiche di Operatore logico: deve trovarsi in
una posizione da cui domina tutta la frase. Il mutamento linguistico delle lingue indeuropee, come
pure la comparazione fra lingue di famiglie diverse, mostra la persistenza (con poche interessanti
eccezioni) della posizione iniziale degli elementi interrogativi, indizio che si tratta di una
47
caratteristica profondamente connessa con la loro semantica. Altri elementi hanno mutato, nel
tempo, la posizione canonica (alcune lingue indeuropee come le lingue celtiche, hanno il verbo in
posizione iniziale, altre, come le lingue germaniche, hanno avuto per secoli il verbo in posizione
finale, ecc., ma gli elementi interrogativi hanno mantenuto, fin dalle fasi più antiche, la posizione
iniziale (le eccezioni che vedremo sono recenti). Sarebbe quindi il movimento del pronome wh- che
attiva il CP e costringe il verbo a muoversi. Ma non tutte i casi di attivazione di CP fanno muovere
il verbo: nel caso delle interrogative, si è ipotizzato allora che il verbo di una frase interrogativa sia
marcato come interrogativo da tratti [+wh]: questi tratti e il pronome interrogativo in una frase ben
formata dovrebbero dunque alla fine trovarsi in una configurazione di accordo: il wh- nello
specificatore, il verbo con i tratti [+wh] nella testa della proiezione CP. Un'apparente conferma di
questa ipotesi viene da una delle poche eccezioni al movimento di wh-, il francese colloquiale.
Nel francese colloquiale, nelle frasi interrogative il pronome interrogativo può restare nella
posizione di partenza, generando frasi come TU AS DIT QUOI? ("Tu hai detto che cosa?": si noti
che il pronome interrogativo se non si muove prende una forma diversa, in francese come in varietà
italiane settentrionali):
IP
/\
/ \I'
NP /\
tu / \VP
I /\
as / \V'
/\
/ \
V NP
fait quoi
In francese se il wh- non va a SpecCP il verbo non si muove e non si può avere inversione:
*AS-TU DIT QUOI?
Questo sembrerebbe mostrare che è il movimento del wh- che mette in moto il processo. Ma due
gruppi di dialetti italiani settentrionali mostrano che non è così: dialetti dell'area di Belluno-Treviso
e dell'area di Brescia hanno infatti pure la possibilità di non muovere il wh, ma in questi dialetti si
ha obbligatoriamente l'inversione: il soggetto pronominale si trova enclitico al verbo, quindi il
verbo si è spostato a C anche se il wh- non si è spostato.
Sembra quindi necessario spostarsi a un livello più astratto: un operatore interrogativo sarà
collocato nel CP, presumibilmente nello specificatore (come nelle interrogative si/no), e provocherà
sia il movimento del verbo che quello del wh: ma è possibile anche che una lingua sposti solo il
verbo e non il wh- (come nei dialetti italiani), oppure nessuno dei due (come nel francese
colloquiale). A quanto pare, sono molto più rari i casi in cui si sposta il wh- ma non il verbo: come
nel caso dell'italiano, dove non si vede una vera e propria inversione verbo soggetto, altri fatti
dell'ordine delle parole (posizione del soggetto) rivelano, a un'analisi più sottile, che il movimento
avviene.
6.9.ALTRE STRUTTURE CON MOVIMENTO DI WH-.
Nel lavoro che è alla base delle osservazioni che abbiamo esposto (On Wh- movement, tradotto in
parte in Beninca’-Longobardi), Chomsky individua le caratteristiche ‘diagnostiche’ del movimento
di wh- e le riconosce in altre strutture frasali diverrse dalle interrogative. Il movimento di wh- si
individua in base ai seguenti 'tratti':
1. lascia un 'buco' corrispondente a un argomento;
2. è illimitato (come nel movimento lungo';
3. è sensibile alle 'isole' (viene bloccato se lo Spec di CP è già occupato, o se deve attraversare
un confine di NP).
48
Le caratteristiche elencate permettono di riconoscere il movimento di wh- in strutture come la
focalizzazione e la frase relativa.
6.5.1. La Focalizzazione.
All'inizio della presentazione della sintassi, per l'identificazione dei costituenti abbiamo usato la
focalizzazione (o topicalizzazione) come costruzione che permette di muovere un costituente
dandogli enfasi 'contrastiva': l'elemento focalizzato si muove come un wh-, l'enfasi intonativa gli
attribuisce le caratteristiche di operatore:
Ho visto Mario
MARIO, ho visto t! (non Carlo!)
L'elemento focalizzato, come i wh-, può trovarsi a grande distanza dalla sua origine:
QUESTO LIBRO, [mi hanno detto che [Maria pensa che [tu volessi leggere t domani!]]
Non può uscire da un NP che contiene una relativa:
*QUESTO LIBRO [conosco [NPil ragazzo che [vuole leggere t domani!]]]
Le caratteristiche della focalizzazione appaiono chiaramente se confrontate con un'altra costruzione, tipica
dell'italiano, che permette di spostare elementi frasali a sinistra; si tratta della Dislocazione a Sinistra (anche
questa è stata brevemente considerata, in contrasto con la passivizzazione): Nella Dislocazione a Sinistra, a
differenza della Focalizzazione, l'elemento spostato può essere ripreso con un clitico, quindi nella posizione
corrispondente non può trovarsi una tracca di wh-:
*QUESTO LIBRO, voglio leggerlo t domani!
QUESTO LIBRO, voglio leggere t domani!
Questo libro, voglio leggerlo domani
*Questo libro, voglio leggere domani
È simile alla focalizzazione la frase scissa (phrase clivé, cleft sentence), che inserisce l'elemento
focalizzato in una struttura copulare (con caratteristiche analoghe al movimento lungo):
È Mario, che voglio invitare t!
It is John that I want to invite t!
C'est Jean que je veux inviter t!
[IP pro È MARIO,[CP t che [IP pro voglio invitare t !]]]
7. LA FRASE RELATIVA
Una serie di costruzione interessanti e complesse con movimento di un elemento wh è costituita
dalle frasi relative
La frase relativa è una frase dipendente che è inserita in un NP, che a sua volta può appartenere
a un Sintagma Preposizionale (Prepositional Phrase, PP): essa costituisce l'espansione di un
nominale. La relativizzazione produce la fusione di due frasi aventi in comune un argomento che
riceve due ruoli tematici da due verbi diversi: questa fusione avviene per mezzo dell'elemento whche si riferisce ad una entità coreferente con la testa nominale.
Dal punto di vista sintattico e semantico, dobbiamo distinguere almeno 3 tipi di relative molto
evidenti, nelle quali la relazione del nome con la frase che lo espande è diversa.
7.3.1. La relativa restrittiva: aggiunge al nome, ‘antecedente o testa’ della relativa,
un’informazione che è essenziale per individuare la sua referenza, restringendone le possibilità di
interpretazione.
Esempi di relativa con Sintagma Preposizionale relativo (PP):
[IP Ho incontrato [NP il ragazzo [CP di cui avevi parlato PP__ ]]
[IP pro Ho incontrato [il ragazzo [CP a cui avevi parlato PP __ ]]]
49
Il pronome relativo è in corsivo: esso rimanda all’antecedente (il ragazzo), su cui aggiunge
un'informazione che permette di identificarlo (il contenuto della relativa); il pronome relativo
rappresenta il complemento preposizionale di parlare, spostato in posizione iniziale della frase
dipendente relativa, in SpecCP
A sua volta, l’insieme di nome testa e frase relativa ha un ruolo tematico (in questo caso, oggetto
del verbo incontrare).
Esempio di relativo oggetto:
[IP [NP La [N ragazza [CP wh- che [ pro hai visto (t) ] ] ] ] è Maria
In questa relativa manca l'oggetto del verbo vedere; supponiamo che da qui si sia mosso un
pronome di tipo wh- e sia andato nella posizione di specificatore di CP, lasciando al suo posto una
traccia (t). Interpretiamo l che come un subordinatore
L’insieme di nome testa (la ragazza) e frase relativa è nella posizione si soggetto della frase
principale.
Esempio di relativa sul soggetto:
[IP [NPLA [N RAGAZZA [CP wh- CHE [IP _t_ ABITA VICINO A ME] ]]]]
HA DETTO...]
Il soggetto del verbo HA DETTO corrisponde al grande NP che contiene la relativa. Questa
relativa è di nuovo restrittiva: dà informazioni tali che, in base alle conoscenze di chi parla e di chi
ascolta, permettono di restringere il riferimento della testa (LA RAGAZZA). La relativa restrittiva
contiene nel CP interno al NP un pronome di tipo wh, che in questo caso si è mosso dalla posizione
di soggetto del verbo ABITARE.
Dalle strutture che abbiamo dato, appare evidente che si ritiene che il pronome relativo vero e
proprio in una relativa sull'oggetto o sul soggetto non sia CHE (il quale ha piuttosto una funzione di
complementatore); il vero pronome relativo è quello che si è spostato da t a wh- e non compare
nella struttura superficiale. Vedremo più avanti alcuni indizi a sostegno di questo.
7.3.2. Il secondo tipo di frase relativa è la relativa appositiva; essa forma sempre un'unità insieme
al nome testa, ma ha una posizione 'più esterna', si unisce a un sintagma nominale completo. Dal
punto di vista semantico, questa relativa aggiunge solo un'informazione a un sintagma nominale già
identificato, ed ha la stessa funzione dell'apposizione.
Ho incontrato Marta, che è la figlia di mio fratello
Il mio gatto, che ho trovato per strada, è molto bello
Vediamo a confronto le strutture dei due tipi di relativa: la differenza sta nella poszione della
relativa (CP) rispetto al NP
50
LA RAGAZZA CHE VEDO...
Relativa restrittiva
NP
/\
/ \N'
Det /\
la / \
N CP
ragazza /\
/ \C'
wh- /\
/ \IP
C /\
che /__\
IL GATTO DI MARIO, CHE...
Relativa appositiva
NP
/\ N'
/ /\
NP  CP
/\
/\
/ \N'
/ \
Det /\ wh- /\
/ \
/ \IP
N
che /\
Maria
/__\
Una differenza tra relativa restrittiva e relativa appositiva, in italiano, è costituita dalla possibilità di
usare o meno il quale, la quale invece del semplice che. Questa possibilità è ammessa solo nella
relativa appositiva, e solo per un soggetto:
appositiva : Mario, il quale [t è venuto ieri], ...
questo libro, il quale [t piace a tutti],...
*Antonia, la quale [ vedo sempre t]...
*questo libro, il quale [ ho letto t volentieri,...
restrittiva :
*gli ho parlato del libro / del ragazzo il quale [t è arrivato ieri]
*gli ho parlato del libro / del ragazzo il quale [conosci t]
Con un sintagma preposizionale, l'uso di questo pronome e' ammesso anche nella relativa restrittiva:
Il ragazzo / il libro di cui (del quale) ti ho parlato
Per alcuni parlanti inoltre, l'uso di il quale è preferito con un antecedente [+umano]; le frasi con il
libro, date sopra come accettabili, andrebbero in questo caso marcate con ??.
I sintagmi contenenti cui, il quale sono veri wh- e si trovano quindi nello Spec di CP. Come gli
interrogativi, in italiano sono in distribuzione complementare con il complementatore che. Anche
per queste strutture esistono varietà di inglese che ammettono (o richiedono) sia il wh- lessicale che
il complementatore; questo non si registra nei dialetti romanzi, avendo questi completamente
perduto il paradigma dei pronomi relativi lessicali (usano sempre il complementatore soltanto,
accompagnato, quando si tratta di argomenti indiretti in particolare, da un pronome clitico: "l'uomo
a cui ho parlato ==> l'uomo che gli ho parlato").
7.3.3. Infine, un terzo tipo di relativa è relativa indefinita o senza testa, che non ha antecedente
visibile in superficie. In italiano, come in altre lingue, questa relativa è introdotta da un pronome
wh- vero e proprio, appartenente al paradigma degli interrogativi (chi, dove, ecc.) a volte con
l'aggiunta di -unque (chiunque, dovunque, ecc.). In inglese abbiamo rispettivamente pronomi wh
(who, what), a cui si può trovare aggiunto -ever (whatever, whoever): sia ever che –unque
corrispondono storicamente al latino unquam (che, come ever, significava “mai”; l'aggiunta di ever
/ –unque aggiunge una sfumatura di 'eventualità' all'interpretazione).
Esempio:
Chi dice questo sbaglia
Una interpretazione possibile riguardo alla struttura di questi elementi relativi considera il pronome
wh- (un interrogativo) come l'elemento che la funzione di argomento (soggetto) del verbo (dice)
mentre la testa nominale del NP soggetto di sbaglia (l’antecedente della relativa) manca
51
superficialmente. Questa relativa è detta "senza testa" proprio perché la testa nominale sembra
superficialmente vuota. Possiamo quindi supporre che la relativa senza testa abbia la stessa struttura
della relativa restrittiva, solo che la testa del nome è vuota e il nome è interpretato sulla base di ciò
che è contenuto in CP. Schematizziamo la struttura di una relativa senza testa:
IP
/\
/ \
/
\I’
NP
/\
/\
ha \VP
/ \N'
/\
Det /\
/ \V’
/ \
/\
N CP
V/ \ NP

/\ capito poco
/ \C'
wh- /\
chi
/ \IP
C
/\
/ \ I’
t
/\
/ \
dice /_\
questo
[Chi dice questo]ha capito poco.
[Chiunque dica questo] ha capito poco
Tutta la frase dipendente relativa è contenuta in un nominale (espansione del pronome interrogativo
o indefinito) la cui funzione è in questo caso quella di soggetto di ha capito. Negli esempi seguenti
il nominale contenente la relativa senza testa è in un Sintagma Preposizionale.
Ho parlato a lungo con [chi aveva proposto questo]
Ho parlato di [chi verrà a sostituirmi]
A volte è difficile distinguere la relativa indefinita (o senza antecedente) dall’interrogativa indiretta
(è importante il verbo reggente: ho saputo chi.. è interrogativa; ho conosciuto chi... è relativa
indefinita, ma ho visto chi..., ho scoperto chi..., sono ambigue). Questa struttura è utile per capire le
cosiddette temporali con quando, che sono in realtà proprio delle relative libere:
Quando ha letto la traduzione, ha capito il testo
[Nel momento in cui ha letto la traduzione], ha capito il testo
Penso a [quando ci parlavamo di nascosto]  al tempo in cui...
Aspetta [quando sarai più grande]  il giorno in cui...
Anche l’interrogativo come può essere usato come relativo libero corrispondente a ‘il modo in cui’:
Mi piace come parli inglese
Ti parlerò allora di come si veste
Non esiste in italiano il relativo libero per l’inanimato, diversamente dall’inglese, che usa i
corrispondenti pronomi interrogativi
Quell’uomo è chi vorrebbero eleggere
*Quello è che cosa avrebbero scelto
That man is who they wanted to elect
That is what they would have chosen
52
Come con le interrogative, gli elementi lessicali (pronome e complementatore) nella posizione di
specificatore di CP e di testa di CP sono in distribuzione complementare, in italiano. Anche per le
relative, le lingue sembrano variare, e a seconda delle frasi e delle lingue le due posizioni sono
entrambe piene, oppure una è piena e l'altra vuota, e, in casi particolari (come in inglese) possono
anche essere entrambe vuote.
E’ interessante riflettere sul fatto che usiamo criteri alquanto sofisticati per distinguere e identificare
le relative nella catena sintattica: le distinguiamo facilmente dalle esplicative (che non hanno
nessuna traccia di movimento di wh-)
L’idea che Mario sia arrivato mi rende felice (esplicativa)
L’idea che Mario mi ha dato _t_ è bellissima (relativa)
La prima non è una relativa, ma una frase (esplicativa?) che istituisce identità fra un nominale e
una frase intera, non un argomento della frase.
[Il pensiero [che è venuto Mario]] mi solleva
[Il pensiero [che __ è venuto a Mario]], è venuto anche a me
Ipotesi, pensiero, idea, teoria, fatto possono essere seguiti da una frase che ne esprime il contenuto:
la frase che segue è una frase chiusa, non ha posizioni vuote, il nome non ha una funzione
all’interno della frase che segue il che, ma si sovrappone alla frase
Ho detto al ragazzo [che pro aveva vinto] (pro = il ragazzo, o chiunque)
Ho detto a[l ragazzo [che t aveva vinto] di prendere il premio ( t = il ragazzo; *chiunque)
Ho parlato a[l ragazzo [che __ aveva vinto] (__ = il ragazzo; * chiunque)
La struttura argomentale dei verbi guida nell’interpretazione della frase come relativa o oggettiva.
7.3.4. NOTE SULLE RELATIVE IN INGLESE
In inglese, per la relativa restrittiva sull'oggetto si può usare:
1. un pronome relativo WHO(M) per l’animato umano / WHICH per l’inanimato soltanto;
2. un complementatore THAT soltanto;
3. un CP completamente privo di elementi lessicali
Es.:
"Ho visto la ragazza che hai incontrato"
1.
I SAW [THE GIRL WHO [YOU MET t]]
2.
I SAW [THE GIRL THAT [YOU MET t]]
3.
I SAW [THE GIRL 0/ [YOU MET t]]
La relativa restrittiva sul soggetto ha solo le prime due possibilità:
1. un pronome relativo WHO/WHICH soltanto;
2. un complementatore THAT soltanto;
Es.: Ho visto la ragazza che se ne è andata ieri
1.
I SAW [THE GIRL WHO [t WENT AWAY YESTERDAY]]
2.
I SAW [THE GIRL THAT [t WENT AWAY YESTERDAY]]
3.
*I SAW[THE GIRL  [t WENT AWAY YESTERDAY]]
Quest'ultimo caso e' impossibile, si potrebbe pensare perché non si può supporre che una frase come
questa nasconda una struttura relativa (tuttavia questa struttura era possibile in Medio Inglese).
La relativa appositiva deve invece usare un wh- lessicale. Si confronti le dure frasi seguenti:
The table which (/that / ) I bought,...
"Il tavolo che ho comprato..." (restrittiva sull'oggetto)
This table, which(/*that/*) I bought yesterday, ...
"Questo tavolo, che ho comprato ieri,..." (appositiva sull'ogg.)
Le relative su argomenti preposizionali possono lasciare indietro la preposizione (come per
l'interrogativa, ma con minore obbligatorietà). Solo quando la preposizione resta indietro, il wh- può
alternare con that o 0/, comme una relativa sull'oggetto:
The timber with which (*that/*) I built the roof...
The timber which (that/ ) I built the roof with
53
Which e that occupano due posizioni diverse nel CP: that è, come l'italiano che, il complementatore
della subordinazione, e si trova nella testa C, mentre i wh- sono nello Spec di CP.
7.3.5. NOTE SULLE RELATIVE IN FRANCESE
Il francese usa il paradigma di pronomi le quel, la quelle pre i sintagmi preposizionali relativizzati
(corrispondentemente all’italiano prep.+ il quale, la quale, ecc.), sia per l’animato umano che per
l’inanimato; può inoltre usare, sempre per i sintagmi preposizionali, il pronome qui, uguale
all’interrogativo, ma limitatamente al caso in cui l’antecedente è un animato umano. Per il Sintagma
Prep. corrispondente a di + wh- (animato o inanimato) è frequentemente usato il pronome dont.
Le livre du quel / *de qui je te parlais “il libro del quale ti parlavo”
Le garçon du quel / de qui je te parlais “il ragazzo del quale /’di chi’ ti parlavo”
le garçon / le livre dont je te parlais
Le relative su wh- corrispondenti a NP nudi (soggetto, oggetto, temporale senza preposizione)
mostrano il complementatore que, che diventa qui quando il wh- corrisponde a un soggetto (in
modo esattamente parallelo a quando succede nell’interrogativa con movimento lungo). Si ricordi
che que diventa qui indipendentemente dall’animatezza del referente
Que (Quel livre) as tu dit qui arrivera?
Qui as tu dit qui arrivera?
Que (Quel livre) as tu dit que Jean a lu?
Qui as tu dit que Jean a rencontré?
Le livre qui arrivera
Le garçon qui arrivera
Le livre que Jean a lu
Le garçon que Jean a rencontré
L’alternanza que / qui è regolata non dall’animatezza dell’antecedente, ma dalle esigenze sintattiche
della traccia di wh-, che deve essere retta da un elemento lessicale più ‘ricco di tratti nominali’ che
un complementatore puro e semplice. Se nella relativa sosteniamo che que è un complementatore,
dovremmo anche dimostrare che un wh-, se pure astratto, è presente nello Spec di CP. Anche in
questo caso, è la sintassi dell’interrogativa che offre un argomento. L’interrogativa diretta ammette
infatti la possibilità di spostare alla fine della frase il soggetto nominale (inversione stilistica), ma
solo se si tratta di una interrogativa con pronome wh-:
QU'A MANGE MARIE?
QUAND EST ARRIVE JEAN?
*A MANGE MARIE?
*EST ARRIVE JEAN?
Nella frase relativa è ugualmente possibile avere inversione stilistica:
LE LIVRE QU’A ACHETE JEAN
Se, come abbiamo supposto, il soggetto in posizione finale è ammesso solo se la sua posizione è
legittimata dalla presenza di wh- nello specificatore di CP, e se que è comunque un
complementatore e non un pronome, la possibilità di avere il soggetto finale nella relativa dimostra
che anche nelle relative lo specificatore di CP contiene un elemento wh, anche se non compare in
superficie come un elemento lessicale.
7.3. ARGOMENTI PER LO STATUTO CATEGORIALE DI CHE, THAT, QUE
Ricapitoliamo gli argomenti per sostenere che que/that/che sono complementatori.
a) CHE non può essere retto da una preposizione; cfr.:
L?UOMO
DI CUI TI HO PARLATO
/
* DI CHE TI HO PARLATO
DEL QUALE
LA PERSONA A CUI MI SONO RIVOLTA
ALLA QUALE
/ * A CHE
b) Ma la sequenza DI CHE è grammaticale in frasi interrogative come
DI CHE TI PREOCCUPI?
NON SO DI CHE PARLI
54
In questi casi CHE è solo omofono del complementatore, ma è un pronome interrogativo. Esso è
specifico per gli inanimati ed è diverso dal pronome interrogativo che si usa per gli animati (=
CHI).
Il CHE delle frasi dipendenti non presenta questa diversità, per cui pensiamo si tratti di un elemento
diverso.
Ci sono differenze importanti tra pronomi interrogativi e complementatori:
i pronomi (interrogativi o relativi) sono categorie massimali (XP, NP o PP), la cui posizione
sintattica è quella di specificatori di CP;
i complementatori sono teste di CP, quindi occupano la posizione C di CP.
In inglese, la differenza tra relativa restrittiva e relativa appositiva è più precisa e la prima ha
maggiore liberta' rispetto alla seconda.
c) Allo stesso modo. l’inglese THAT, pur essendo omofono di that pronome dimostrativo, non può
accompagnarsi a preposizioni come i pronomi.
THE MAN TO WHOM I SPOKE
* THE MAN TO THAT I SPOKE (cfr. The man that I spoke to....)
Se si trattasse del pronome, dovrebbe di nuovo essere ristretto alla referenza a un inanimato, in
particolare quando è retto da preposizione:
I was thinking of that (=solo inanimato) “Stavo pensando a quello”
I made it with that (=solo inanimato) “L’ho fatto con quello”
Le varietà di inglese (medio e moderno) che presentano wh-+ that, sempre in quest’ordine, sono un
altro tipo di prova indiretta che i casi in cui compare solo that compare solo il complementatore e il
wh- rimane a livello astratto.
d)
In francese risulta un po’ più complicato dimostrare che que è complementatore, perché
esso diventa qui quando si riferisce al soggetto. Anche in questo caso, sembra più verosimile
pensare che qui non sia pronome relativo, bensì il solito complementatore che assorbe il pronome
soggetto: esso infatti non alterna per animato o inanimato, ma solo a seconda del caso della traccia
di wh.
Il qui pronome interrogativo, omofono, vale invece solo per i soggetti animati. Qui pronome e qui
complementatore non possono essere considerati la stesso elemento lessicale, in quanto hanno
caratteristiche lessicali diverse
Fino agli inizi del secolo XVIII, nella grafia c'erano continue oscillazioni tra qu'il e qui, non solo
nelle frasi relative ma anche in una qualsiasi frase completiva, data la loro pronuncia uguale. Si
fissò poi la grafia qu'il per le frasi completive (complementatore + pronome soggetto) e qui per le
relative sul soggetto (complementatore + marca di nominativo), per tutti i soggetti animati o
inanimati.
E’ interessante notare (e ne va tenuto conto) che nel Piemontese antico (sec. XIII) esiste la stessa
alternanza que/qui che si riscontra nel francese: ma presumibilmente a quell’epoca in piemontese
que/qui erano ancora pronomi.
Supporre che che / that / que, qui siano complementatori, permette anche di spiegare
perché non possono essere usati con le preposizioni: le preposizioni sono teste di Sintagmi
Preposizionali, quindi devono reggere (secondo la teoria X-barra) delle proiezioni massime, quindi
possono reggere pronomi (che corrispondono a XP) ma non complementatori, che sono teste.
55
LA STRUTTURA FUNZIONALE DEL DP (NP) E MOVIMENTO DI N.
E’ stato proposto anche per NP una configurazione analoga alla frase: NP sarebbe la parte lessicale,
corrispondente a VP, sormontata da una parte funzionale, analoga a IP: come IP è lo sviluppo
dell’accordo del verbo, DP sarebbe intuitivamente lo sviluppo dell’accordo del nome. Come per il
verbo i pronomi soggetto sembrano realizzare visibilmente alcuni tratti di questa parte funzionale
(l’accordo di persona col soggetto) così nel nome l’articolo rappresenterebbe questi elementi
funzionali. Come ci sono lingue con soggetto nullo (pronome soggetto Ø) così ci sono lingue con
articolo Ø. I pronomi soggetto come gli articoli derivano in genere dai dimostrativi.
Se osserviamo i N indicanti eventi, risulta più chiaro il parallelismo con il V.
Prendiamo descrizione con la sua struttura tematica: l’evento indicato dal nome comporta la
partecipazione di 2 entità coinvolte: un Agente (che fa la descrizione) e un Paziente (o Tema) che è
l’oggetto su cui si effettua la descrizione. L’agente deve essere animato, nel caso normale, il
paziente può esserlo oppure no.
Supponiamo di inserire questi due ruoli tematici in una struttura X-barra, e che parallelamente al
VP, anche nel NP l’agente sia quello più prominente.
NP
/\
/ \
NP
N'
Agente
/\
/ \
N
NP
descrizTema
Vediamo se qualche proprietà conferma l’ipotesi. Prendiamo il sintagma nominale la descrizione di
Dante dell’Arsenale (di Venezia). Sembra che il N testa esca e salga al di sopra di NP, a qualche
proiezione funzionale. Il N non può (diversamente da un V) assegnare caso: il caso viene assegnato
da preposizioni. La preposizione è di per tutti e due gli argomenti di N. Un modo di realizzare
l’argomento di N è il possessivo: con suo posso riferirmi infatti sia a Dante sia all’arsenale di
Venezia: la sua descrizione è molto efficace.
Ma se provo a realizzare ambedue gli argomenti, uno con suo e l’altro con un nominale, ne risulta
una asimmetria:
la sua descrizione dell’Arsenale è molto efficace
*la sua descrizione di Dante è molto efficace
La seconda frase è agrammaticale se intendo che Dante è il soggetto, è possibile solo se intendo che
qualcun altro ha descritto Dante, cioè se Dante è l’oggetto.
Suo pronominalizza solo il NP argomento più prominente, cioè il soggetto profondo del NP. Se
voglio realizzare anche Dante nella seconda frase, mantenendo il suo ruolo di soggetto, devo fare
una specie di passiva, assegnandogli un caso con un altro tipo di preposizione o meglio di sintagma.
la sua descrizione fatta da Dante…..
In questo caso abbiamo suo che pronominalizza l’oggetto profondo ma passando attraverso uno
stadio in cui diventa un soggetto derivato, una specie di passivizzazione.
L’esempio serve unicamente a portare una prova per sostenere che i ruoli sono assegnati in una
struttura asimmetrica simile a quella del V, che costituisce di nuovo l’interfaccia fra sintassi e
semantica.
Al di sopra di questa struttura iniziale, ipotizziamo una struttura funzionale che chiamiamo DP,
vedendola come l’espansione del Determinante (l’articolo).
Come gli avverbi si collocano in specificatori della struttura funzionale IP, così gli aggettivi si
collocano presumibilmente in Spec della struttura funzionale DP.
Sappiamo che le lingue germaniche (tedesco, inglese) hanno l’ordine Aggettivo/Nome, mentre le
lingue romanze tendono piuttosto ad avere l’ordine NAgg.
56
Questa differenza si riduce a maggiore o minore movimento del N lungo la struttura funzionale:
Indichiamo le posizioni di tre classi di aggettivi: ad ognuna di queste posizioni corrisponde un
modulo X-barra nel cui specificatore si colloca l’aggettivo e nella cui testa può muoversi il N a
seconda della lingua (cfr. Cinque 1994, On the evidence for partial N movement in the Romance
DP, in Benincà-Salvi 1999):
ital.
franc.
ted.
ingl.
una
un
ein
a
qualità
bella
joli
schöner
beautiful
grandezza
grande palla
grand
ballon
grosser
big
colore
rossa
rouge
rote Ball
red
ball
Diamo una struttura semplificata
DP
/\
/ \D'
/\
D/ \FPa
Art
/\
/ \F'
bell.
/\
/ \FPb
/\
/ \ F'
grand. /\
/ \FPc
rom. /\
/ \ F'
colore /\
/ \NP
germ. /\
/ \ F'
/\
/ \
 N
Ci sono classi di aggettivi che pochissime lingue dispongono dopo il nome: sono gli aggettivi con
caratteristiche di operatore (qualche, certo, altro, ecc.): questo si può ritradurre pensando che questi
aggettivi siano su proiezioni molto alte, per cui il N salendo difficilmente le raggiunge.
Questo è chiaramente riflesso in un Universale annotato da Greenberg (Univ. 19) dal quale risulta
che le lingue che hanno gli aggettivi descrittivi post-nominali, hanno spesso un gruppetto di
aggettivi prenominali; ma le lingue che hanno aggettivi descrittivi prenominali, non hanno
eccezioni. (con aggettivi descrittivi Greenberg si riferisce all’insieme di quelli che abbiamo
esemplificato, che sono in effetti adiacenti l’uno all’altro.
Ci sono osservazioni interessanti riguardo all’ordine: interlinguisticamente si osserva che quanfdo il
nome precede un certo numero di aggettivi, l’ordine reciproco degli aggettivi (ad es., a, b, c, d, e)
torna identico nelle diverse lingue oppure specularmente invertito (cioè e, d, c, b, a). : questo si può
spiegare pensando che il nome nel DP possa muoversi o da testa a testa, oppure ad ogni passo
raccogliendo l’aggettivo. Se chiamiamo N la testa del NP, esso comparirà nel DP quindi nei due
modi che seguono: 1) N Agga _ Aggb _ Aggc _ Aggd _ Agge
N Agge Aggd Aggc Aggb Agga _ _ _ _
57
LINGUE A VERBO SECONDO
Con l’etichetta ‘Verbo secondo’ (V2) ci riferiamo a lingue che in superficie hanno il verbo in seconda posizione, preceduto da un costituente che non è necessariamente il soggetto (anche se lo è
molto spesso per motivi pragmatici). Superficialmente appaiono caratterizzate da un ordine che non
è SV, ma XV, anche se osservando una frase con verbo transitivo, il costituente che precede il V
sarà il soggetto, in una frase non marcata. Se proviamo ad aggiungere un avverbio del tipo ‘scene
setting’, una lingua come l’italiano (V2 SVO) lo metterà prima del soggetto, mentre una lingua V2
lo metterà al posto del soggetto. Quando noi usiamo l’etichetta V2 intendiamo esplicitamente una
lingua che non ha come primo costituente l’argomento accordato con il Verbo, ma un qualsiasi
costituente seguito dal verbo.
Altri fenomeni superficiali sono definibili come ‘asimmetrie fra principale e dipendente’: in queste
lingue, le frasi principali mostrano fenomeni di vario tipo che sono impossibili nella frase
dipendente. Si ricorderà che trattando la frase interrogativa, abbiamo visto la differenza fra
interrogativa principale (diretta) e interrogativa dipendente (indiretta): nelle interrogative appaiono
ordini possibili diversi nei due casi. Si tratta di una asimmetria fra principale e dipendente. Si vedrà
che le lingue a Verbo Secondo sono lingue in cui una struttura analoga a quella dell’interrogativa è
generalizzata a tutte le frasi.
7.4.1. Il Verbo secondo del tedesco.
Il tedesco (e l'olandese, che è molto simile al tedesco) sembrano avere un diverso ordine di
reggenza V e NP oggetto a seconda se il tempo è semplice o composto:
Karl kauft das Buch
kaufte
"Carlo compra /comprò il libro"
Karl hat das Buch gekauft
"Carlo ha il libro comprato"
Non possiamo supporre, nel quadro di una teoria sintattica come quello che abbiamo adottato, che
il verbo lessicale possa avere diversa reggenza dell'oggetto a cui assegna caso a seconda se il tempo
è semplice o composto. È più verosimile supporre che la posizione superficiale del verbo risulti da
un movimento sintattico. Ma non è sufficiente supporre il movimento da V a I per spiegare
l'alternanza; ad una osservazione più articolata, risulta che dobbiamo fare altre ipotesi.
Ordini della frase principale: Karl kaufte das Buch è uno dei possibili ordini dei costituenti nella
frase. Anche in italiano è così, e, più limitatamente, in francese e in inglese, ma mentre in queste
lingue altri ordini sembrano derivare da movimenti dei costituenti in posizioni più esterne, o in un
CP senza operatori, in tedesco sembrano utilizzare tutti un'unica posizione, e alternare con il
soggetto. Tutti i movimenti danno come risultato che il V flesso si trova in seconda posizione, cioè
è il secondo costituente della frase. Osserviamo le possibili alternanze in una frase principale con
verbo semplice:
Karl
kaufte gestern das Buch
Das Buch kaufte Karl gestern
Gestern kaufte Karl
das Buch
"Ieri comprò Carlo
il libro"
Osserviamo ora il tempo composto:
Karl
hat
gestern das Buch gekauft
Das Buch hat Karl gestern
gekauft
Gestern hat Karl
das Buch gekauft
"Ieri ha Carlo
il libro comprato"
Abbiamo verbo in 2. posizione e, se il 1. costituente non è il soggetto, il soggetto compare
immediatamente dopo il verbo.
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Questo ci ricorda la struttura dell'interrogativa, vista in francese, ingl., e ital. Anche in tedesco
l'interrogativa ha lo stesso schema:
Wer (chi...) kaufte
das Buch?
Was (che cosa...) kaufte Hans ?
Wann (quando...) kaufte Hans das Buch?
Wer hat
das Buch gekauft?
Was hat Hans
gekauft?
Wann hat Hans das Buch gekauft?
Il tedesco (come pure l'olandese) sono quindi lingue in cui CP è sempre attivo. Sono state
proposte varie interpretazioni del perché questo avvenga: se è un tema della frase che deve essere
necessariamente stabilito e posto nello specCP, e questo attira il verbo, o se è il verbo che ha
qualche proprietà, per cui è attirato in C, o se è C che deve essere riempito, perché contiene dei tratti
di accordo (ci sono dialetti tedeschi che accordano il complementatore in una dipendente). Nessuna
ipotesi sembra prevalere sulle altre: è necessario studiare più lingue con questa proprietà.
Limitiamoci a una descrizione che renda conto dell'ordine degli elementi osservato. La struttura
della parte sinistra della frase, con l'ipotesi della salita del verbo, è la seguente:
CP
/\
/ \C'
XP /\
/ \IP
Kaufte /\
hat
/ \
|
NP
|
A seconda del costituente che abbiamo in Spec CP, avremo una traccia nella posizione nella frase
da cui il costituente proviene, come con il movimento di Wh: il costituente, se è un nominale, è
dotato di caso e ruolo :
Karl
kaufte t gestern das Buch
Das Buch kaufte Karl gestern t
Gestern kaufte Karl t
das Buch
Karl
hat t gestern das Buch gekauft
Das Buch hat Karl gestern t
gekauft
Gestern hat Karl gestern das Buch gekauft
Per descrivere la struttura della parte destra della frase tedesca, avendo fatto l'ipotesi che l'ordine sia
prodotto da movimento del V in C, dobbiamo controllare cosa succede in una frase dipendente con
complementatore, o comunque CP occupato. Se in tedesco prendiamo una frase dipendente con un
complementatore in testa di CP, ci aspettiamo infatti che questo blocchi i movimenti di elementi
della stessa frase dipendente, la quale conserverà di conseguenza un ordine più vicino all'ordine
profondo.
Inseriamo una delle frasi sopra in una struttura dipendente con complementatore dai: l'ordine è
ancora diverso, e non è più ammessa la variabilità mostrata sopra riguardo al costituente che può
precedere il verbo: nella frase dipendente, esso deve essere il soggetto.
(ICH GLAUBE) DASS PETER GESTERN EIN BUCH GEKAUFT HAT
"io penso che Piero ieri un libro comprato ha"
DASS si trova in posizione di testa di CP; PETER, in quanto soggetto nominale, è nello
specificatore di IP; il verbo GEKAUFT è transitivo e il suo oggetto, EIN BUCH precede il verbo: la
testa V regge quindi verso sinistra. Infine, l'ausiliare HAT, testa di IP, sarà in I: anch'esso reggerà
verso sinistra.
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Sia la testa I che la testa V reggono quindi verso sinistra, mentre C regge verso destra come le
altre lingue che abbiamo considerato finora.
L'incoerenza transcategoriale del tedesco consiste nel fatto che la direzione di reggenza verso
sinistra vale sia per VP che per IP, mentre CP ha la stessa direzione di reggenza della nostra lingua,
cioè verso destra. Vediamo quindi la struttura della frase principale completa: il verbo è in C, il
participio passato in V, gli elementi nominali o un avverbio possono salire allo Spec di C, gli altri
restano al loro posto (se non è il soggetto che si sposta, esso quindi comparir dopo il verbo flesso):
CP
/\
/ \C'
XP /\
/ \IP
C /\
hat / \I'
 Peter /\
VP/ \I
/\ t
/ \V'
NP /\
/ \
NP
V
das Buch
gekauft
Se la frase è una dipendente con complementatore occupato, avremo la seguente collocazione
degli elementi:
CP
/\
/ \C'
XP /\
dass
/ \IP
C /\
/ \I'
Peter
/\
VP/ \I
/\
hat
/ \V'
NP /\
t / \V
NP gekauft
das Buch
Il tedesco offre la possibilità di comprovare ulteriormente l’ipotesi che sia la presenza del
complementatore a bloccare il movimento del V; posso infatti avere in tedesco delle dipendenti in
cui non si inserisce un complementatore: sono argomenti di Verbi, nomi aggettivi che indicano
opinione (il verbo glauben "pensare", ad esempio, o nomi come Hoffnung "speranza", aggettivi
come gewiss "certo": esprimono contenuti di opinioni). Abbiamo quindi la seguente alternanza:
Ich glaube [dass [Peter ein Buch gekauft hat]] oppure, senza il complementatore
Ich glaube [Peter hat [ t
t ein Buch gekauft] ee., cioè una dipendente con la sintassi di una
principale.
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Che questa sia una classe naturale di elementi lo prova anche il fatto che con elementi lessicali
semanticamente analoghi, anche in italiano è possibile cancellare il complementatore che: in
italiano la frase dipendente è al congiuntivo o al futuro, tempi / modi dell’irrealtà: cfr. speravo (che)
fosse già arrivato; penso (che) sarai stanco; avevo la speranza (che) non fosse lui, credo (che)
arrivi subito, sono sicuro (che) tu possa farcela: lo stile è piuttosto formale, come del resto in
tedesco.
Con questo tipo di frasi, la frase dipendente diventa come una frase principale, ho lo stesso quadro
di possibilità di movimento. Anche nella dipendente senza dass, la testa di CP non è occupata dal
complementatore ma è libera; poiché CP è attivo, il verbo sale in C e lo specificatore dev'essere
riempito da una qualsiasi categoria massimale (che può essere il soggetto PETER, l'oggetto EIN
BUCH o l'avverbio GESTERN).
La varietà degli ordini possibili del tedesco si spiega con due movimenti, nella frase principale o
nella dipendente senza complementatore:
movimento da testa a testa (movimento del verbo fino a C);
movimento da XP a XP (movimento di un costituente fino allo Spec di CP).
Anche il tedesco possiede elementi wh- che si muovono a SpecCP, con muovi alfa, ma, la struttura
della frase interrogativa è generalizzata a tutte le frasi principali.
Anche il tedesco ha inoltre verbo iniziale nelle interrogative senza wh- (interrogative totali):
Kaufte Hans das Buch?
"Comprò G. il libro?"
Hat Hans das Buch gekauft?
"Ha G. comprato il libro?"
Va tenuto presente che il fenomeno del V2 in tedesco è indipendente dall'ordine complemento testa
in VP, IP e NP; ci sono lingue con V2 che non sono a testa finale, ma VO come l'italiano antico, il
francese antico e le lingue germaniche della Scandinavia. Il V2 è caratteristico di tutte le lingue
germaniche tranne l'inglese, ma solo alcune hanno anche la testa finale come il tedesco e l'olandese;
lo svedese ad esempio è a V2 ma ha l'ordine V NP, I VP. Il francese medievale è un tipo di lingua a
V2 che è chiaramente una lingua con reggenza verso destra in tutte le categorie. Nelle lingue come
il tedesco la differenza fra principali e dipendenti è spettacolare, coinvolgendo evidenti ordini
diversi dei costituenti; nelle lingue con reggenza verso destra (VO) le asimmetrie fra principali e
dipendenti sono meno evidenti: il primo indizio è l'indifferenza per lo statuto categoriale e
grammaticale del primo costituente, che precede il verbo. Esso non deve essere il soggetto, ed è
inoltre in distribuzione complementare con il soggetto. Se il soggetto non è il costituente che
precede il verbo, in una lingua a V2 esso si trova immediatamente dopo il verbo.
N.B. Il complementatore dass appartiene alla stessa categoria grammaticale a cui appartengono,
nelle lingue che abbiamo considerato finora, l'inglese that , il francese que, l'italiano che, ecc.;
questi elementi introducono la frase subordinata ed occupano la posizione di testa C in una struttura
CP: sono dei complementatori, come d'altra parte se, if, si,wenn ecc., che introducono altri tipi di
frasi subordinate, cioè le interrogative SI /NO dipendenti.
Con la ricostruzione comparativa, ingl. that, ted. dass, oland. dat si identificano come derivati da
una stessa base protogermanica, che risale a un protoind. *TOD, connesso con i dimostrativi e
articoli del greco (tò 'questo’ dimostrativo e articolo neutro), con il dim. latino is-te, is-ta is-tud, con
l’avverbio temporale tu-nc, tu-m. si noti l'applicazione regolare di 1. e 2. Lautv., con passaggio di
// a /d/ nel germanico continentale.