IL SEICENTO
QUADRO STORICO: è un secolo di
aspri conflitti e profonde trasformazioni.
Emergono a fatica una nuova concezione
della realtà e una nuova concezione del
mondo. 1648 Pace di Vestfalia (guerra
dei Trenta anni)= viene affermato il
principio di tolleranza religiosa e i diritti
dell’individuo e dei popoli sono
definitivamente tutelati. 1659 Pace dei
Pirenei= declino irreversibile della
Spagna e ascesa della Francia al ruolo di
potenza egemone in Europa. Anche i
paesi italiani seguiranno lo stesso declino
della Spagna. Gli elementi cardine del
Seicento sono la nuova poetica del Barocco e la pratica della ricerca scientifica (Scienza Nuova di
Galilei). Lo scienziato italiano dimostra la sostanziale omogeneità dei corpi celesti, annullando la distinzione
tra Cielo e Terra, tra alto e basso; così, allo stesso modo, la letteratura barocca abbandona la distinzione tra
generi alti e bassi, realizzando una contaminazione di modelli espressivi da cui nascono generi misti. Dopo la
pace di Vestfalia che determinò la sconfitta degli Asburgo e del loro progetto di monarchia universale nei
suoi due rami spagnolo e austriaco, nasce lo stato laico moderno (modello assoluto e centralizzato di Luigi
XIV e modello di monarchia costituzionale inglese). La geografia politica è ormai totalmente rinnovata
perché i traffici si sono spostati dal Mediterraneo all’Atlantico, ci fu una crisi economica grave affiancata da
pestilenze e carestie (descritta da A. Manzoni nei I promessi Sposi). Solo le potenze vincitrici (Olanda,
Francia e Inghilterra) furono in grado di affrontarla nel migliore di modi, mentre Italia e Spagna subirono
un arretramento e una rifeudalizzazione. L’unica repubblica marinara che conservò l’autonomia anche dal
punto di vista politico (guerra dell’interdetto contro le ingerenze del pontefice) fu Venezia, anche se si
ridusse a potenza adriatica e regionale. Il Ducato di Savoia, in condizioni di vassallaggio con la Francia, si
ispira ad un modello nuovo che lo condurrà alla supremazia nel secolo successivo. Firenze si avvia, invece, a
perdere la supremazia in campo culturale soppiantata da Roma, fastoso centro culturale della Controriforma
(S. Pietro opera di Bernini che rende la città indiscussa capitale del Barocco). Perduto il suo ruolo
sopranazionale, lo Stato della Chiesa si avvia pertanto a divenire uno degli Stati italiani. Il ruolo del letterato
diventa subordinato a quello dell’artista; soltanto pochi (Marino) saranno in grado di proclamare la propria
indipendenza data la fama conseguita. Ma, all’interno delle corti, gli intellettuali vivono una condizione di
crescente marginalità e un’altra istituzione offre loro la possibilità di affermazione: l’accademia. Tuttavia,
pur consentendo la possibilità di un confronto, le accademie sono chiuse all’esterno e la circolazione delle
idee resta forzatamente circoscritta al loro ambito (Accademia della Crusca, Accademia dei Lincei,
Accademia del Cimento). Le Accademie all’estero si sviluppano maggiormente perché ricevono numerosi
finanziamenti.
BAROCCO
Secondo alcuni studiosi deriverebbe dal vocabolo portoghese barrocco, perla irregolare non sferica. Secondo
altri le radici vanno ricercate nel termine scolastico baroco per indicare un sillogismo apparentemente
corretto, ma che in realtà nasconde una sottile debolezza interna. All’opposto dell’età rinascimentale, l’età
barocca scopre nel disegno della natura l’anomalia, l’eccezione e su di essa concentra la propria attenzione; il
nuovo secolo porta in evidenza un esempio di procedimento logico difettoso, ma, proprio per la sua
ambiguità, affascinante. Se nel secolo precedente il senso predominante era l’udito, ora, grazie
all’osservazione della realtà di Galilei, diventa la vista e la ricerca delle somiglianze nascoste, delle analogie
che l’occhio e la mente riescono a stabilire tra settori lontani del reale, intesse una rete originale di
collegamenti. Sono le corrispondenze fornite dalla metafora e dell’allegoria a permettere all’artista di portare
in evidenza quelle somiglianze segrete tra le cose. La letteratura diventa uno strumento di comprensione
della realtà ed ha la stessa dignità della scienza. LIRICA: in Italia Gian Battista Marino (La Lira), in
Spagna L. De Gongora: le loro opere influenzarono i contemporanei. POEMA EPICO: decadenza del
poema epico. Secchia rapita di Tassoni (trasposizione irriverente di un contenuto basso); Adone di Marino
(novità assoluta, importanza attribuita ad episodi secondari, eliminata del tutto l’azione, importanza esclusiva
della parola musicale). LA RIFLESSIONE POLITICA: nel suo trattato Della dissimulazione onesta,
Torquato Accetto teorizza una dissimulazione sistematica dei propri pensieri e sentimenti, a difesa
dell’interiorità e dei sentimenti dalle interferenze del potere. LA PROSA SCIENTIFICA: rinnovamento
delle forme messo in atto da Galilei nelle sue opere (Il dialogo sopra i massimi sistemi).
IL MONDO DELLA METAFORA. IL SEICENTO LETTERARIO
ITALIANO (EZIO RAIMONDI)
Perché e quando nasce l’attenzione dei contemporanei di un periodo dietro di loro come quello del
Seicento? C’era una sorta di continuità indiscutibile tra il Novecento e il Seicento: contraddizioni,
inquietudini, angosce. Baudelaire e Rimbaud definiscono nelle loro poesie questa realtà esistenziale, ma
anche un filosofo scrittore, una sorta di profeta disperato come Nietzsche, raccoglie questo nesso di caratteri
e di contraddizioni. La fine dell’Ottocento riscopre
il Seicento come epoca anticlassica e questa volta
non viene detto più in negativo, ma comincia a
diventare una nozione positiva, non è più assunta
come deviazione della norma (il Barocco venne
definito così nel secolo successivo quasi con
disprezzo), ma come principio di un esperimento di
nuovo. E’ proprio Nietzsche che in una pagina di
Umano troppo umano dice che la musica è
antirinascimento e aggiunge che lo stile barocco
appartiene a questo mondo (Wagner e il
decadentismo). Il Novecento ritrova in un altro
secolo le ragioni nascoste del proprio essere, della
propria inquietudine, della propria crisi, della
propria ricerca, del proprio sperimentare aperto.
Attraverso quel passato (basti pensare alla
rivoluzione pittorica di Caravaggio) contempla e
discute la propria identità: in molta cultura del
primo Novecento, il Seicento è sentito come
antefatto. Un grande poeta italiano G. Ungaretti sente che il Seicento è una cultura legata a forti antitesi,
opposizioni violente che influenzano anche la sua poesia (che cosa c’è di più violento di Allegria di
naufragi, titolo della sua raccolta poetica). Nel Seicento, afferma il poeta, mondo, fantasia, nulla diventano
apertamente sinonimi. Ungaretti parlerà di infinito come elemento centrale della poesia del Leopardi e vedrà
all’origine dell’infinito leopardiano il grande matematico e filosofo secentesco B. Pascal. Nei suoi Pensieri
Pascal afferma: “Il silenzio di questi spazi infiniti mi atterrisce”. E’ l’idea che l’universo tranquillo con
l’uomo al centro è venuto meno e che la perdita di queste proporzioni, il passaggio da un universo chiuso ad
un universo aperto, genera in qualcuno uno sgomento, una sorta di stupefazione, la perdita di un riferimento.
La cosmologia non è più come quella dantesca modellata sull’uomo, non è più macrocosmo che si ritrova
simile al microcosmo. Pascal, come ci ricorda Ungaretti, nei suoi Pensieri insiste sulla finzione che non è
soltanto l’inventare, ma anche il simulare: frequente nella lirica barocca il termine disinganno, che vuol dire
uscire dall’inganno. Ungaretti avverte che in tutto il Seicento si verifica una polarità dei termini: inganno e
disinganno, vanità e realtà corporea, monumentale ed effimero. “In questa sorta di realtà monumentale che è
un edificio, gli spazi vuoti sembrano vanificare la forza dei sostegni, lo scheletro, le colonne diventano come
fantasmi, diventano come ombre. Il pieno porta anche il vuoto, sembrano delle finzioni, il reale diventa
tutt’uno con l’immaginario e dopo tutto le prospettive che cosa sono se non giochi di finzione” (G. Ungaretti,
Vita di un uomo, Saggi interventi). E’ un secolo nel quale si ama la cosa straordinaria, il prodigio: assume
notevole importanza il teatro. Ma la teatralità nel Seicento non riguarda solo il teatro, ma diventa uno stile di
vita: è la consapevolezza che l’uomo tanto più è pieno e rappresentativo tanto più deve sapersi comportare
davanti agli altri come se fosse davanti ad un pubblico. La meraviglia e lo smisurato diventano gli elementi
fondamentali per definire questo periodo. “E’ del poeta il fin la meraviglia… chi non sa far stupir vada alla
striglia” è il celebre verso di G. B Marino. Ungaretti aggiunge che la figura della conchiglia è assai
rappresentativa: è un’immagine micro oceanica, dove il piccolo porta in sé il grandioso (il suono del mare),
ma è dentro una forma stravagante, particolare. La conchiglia diventa l’emblema vivente e sonoro di uno
spazio senza fine. E’ il secolo dei paesaggi ma anche e soprattutto delle nature morte. Ungaretti sceglie come
pittore rappresentativo di tutto il Seicento Caravaggio di cui mostra il pathos dell’espressione nel massimo
del realismo: l’essere umano non è il dominatore della natura, ma è dentro la natura e, dunque, per Ungaretti
Caravaggio è pittore galileiano. Dietro il pittore si cela l’ansia morale di tutto un secolo.