LA DROGA E I SUOI EFFETTI SUL CERVELLO

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LA DROGA E I SUOI EFFETTI SUL CERVELLO1
Nelle droghe l’uomo ha sempre cercato l’evasione dalla quotidianità, la fuga dai disagi e
dal male, la sensazione di potenza, l’ampliamento dei confini della coscienza e della
percezione, le chiavi per raggiungere l’estasi mistica ed aprire le porte della vera
esperienza del sacro. Al di là delle ragioni culturali relative alla storia e alle diverse civiltà,
l’attrazione dell’uomo verso l’uso delle droghe dipende tuttavia da basi biologiche precise.
Le droghe, infatti, sono in grado di attivare i processi del cervello che sono alla base delle
diverse condizioni psicologiche che gli uomini giudicano desiderabili e positive.
Ogni droga, però, agisce su sistemi cerebrali specifici, produce effetti, complicazioni
mediche ed è associata a valori socio-culturali caratteristici. Su tale specificità si fonda la
classificazione delle droghe: gli oppioidi, gli stimolanti come la cocaina e le amfetamine,
l’ecstasy per la nuova classe di sostanze empatogene (che producono emozioni), i derivati
della canapa indiana, gli allucinogeni come l’LSD e la mescalina.
Ogni funzione mentale dipende dal nostro cervello, dalla memoria alla percezione, ai vari
aspetti delle emozioni. Il nostro cervello si prende carico di una serie di funzioni che sono
importanti per regolare l’adattamento del nostro organismo con l’ambiente, interno o
esterno che sia, quindi è il cervello che pensa alla omeostàsi, cioè a questo equilibrio fra i
vari stati dell’organismo ed è il nostro comportamento che può contribuire anche a questa
omeostàsi.
Le funzioni del cervello sono realizzate dall’azione coordinata di circa 100 miliardi di
neuroni, cellule specializzate nella trasmissione e nella elaborazione di informazioni.
I neuroni sono dotati di fibre specializzate per la trasmissione di segnali di tipo elettrico;
lungo i dendriti viaggiano gli stimoli provenienti da altri neuroni verso il corpo cellulare,
mentre gli assoni trasportano gli impulsi in uscita dalla cellula.
Il neurone funziona come un vero e proprio micro calcolatore impegnato continuamente ad
elaborare i segnali eccitatori o inibitori in entrata per bloccare o rilanciare il segnale
nervoso verso le altre cellule. Elemento fondamentale di questo processo è la sinapsi, una
piccolissima separazione fra due neuroni contigui dove il segnale elettrico viene tradotto in
informazione chimica. Si stima che ognuno dei 100 miliardi di neuroni sia contattato
mediamente da cinquanta a centomila sinapsi, quindi un numero straordinariamente
elevato che spiega le eccezionali prestazioni di cui è dotato il cervello.
Il segnale elettrico che giunge alla terminazione nervosa provoca nella sinapsi la
liberazione di particolari sostanze contenute nelle vescicole: i neurotrasmettitori. I
neurotrasmettitori si legano ai recettori, strutture molecolari presenti sulla membrana dei
neuroni in contatto sinaptico determinando il blocco o la rigenerazione dell’impulso
nervoso. Esaurita questa azione il neurotrasmettitore viene distrutto da enzimi specifici o
ricatturato dal neurone che lo aveva rilasciato. La sinapsi è così pronta per un nuovo
processo di trasmissione.
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Tratto dal filmato La droga e i suoi effetti sul cervello, Le Scienze.
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Nel sistema nervoso esistono molti tipi di neurotrasmettitori, per ogni mediatore
chimico è presente un relativo recettore in grado di riconoscerne in modo specifico la
struttura tridimensionale come fa una serratura con una chiave.
Nel nostro cervello ci sono miliardi di neuroni; questi neuroni hanno dei recettori per
diversi neurotrasmettitori. Ogni neurotrasmettitore svolge una sua funzione che può
essere alla base di un diverso stato mentale, di un diverso evento psicologico.
La ricerca sulle droghe da parte degli uomini dipende, in ultima analisi, dal fatto che
queste sostanze agiscono sui recettori su cui agiscono i neurotrasmettitori e spesso le
droghe alterano l’azione dei neurotrasmettitori alterando i nostri stati psicologici.
OPPIOIDI
Con il termine oppioidi si indicano i derivati dell’oppio, il succo condensato del papavero
sonnifero. La morfina e l’eroina sono gli oppioidi più noti. Nel 1805 veniva isolato il
principio attivo dell’oppio: la morfina. Cento volte più potente dell’oppio la morfina si
diffondeva velocemente in tutti i ceti sociali. Nel 1898 veniva lanciato sul mercato un
farmaco per la tosse (codeina) e uno per la disintossicazione dei morfinomani: l’eroina.
Una pronunciata affinità chimica permette agli oppioidi di agire sui recettori per le
endorfine, una classe importante di neurotrasmettitori che regolano le funzioni dei sistemi
cerebrali delle emozioni, del piacere e i meccanismi delle strutture encefaliche deputate al
controllo del dolore e della respirazione.
Come per le endorfine, l’azione degli oppiodi è inibente, deprime cioè l’attività dei centri
e delle vie nervose con cui interagisce. Gli oppioidi diminuiscono la percezione del dolore,
ma soprattutto diminuiscono la risposta affettiva allo stimolo doloroso, io sento il dolore
ma ne soffro di meno, lo vivo quasi con distacco. Inoltre producono l’opposto, danno
euforia, uno stato di benessere. Sin dalle prime esposizioni agli oppioidi il cervello pone in
atto reazioni adattative tese a mantenere in equilibrio le funzioni cellulari. Diminuisce il
numero di recettori presenti sulla membrana cellulare, mentre aumenta la capacità di certi
enzimi di eliminare le molecole di oppioidi. Tali adattamenti sono alla base della
tolleranza per cui chi assume oppioidi sarà costretto ad aumentare progressivamente le
dosi per ottenere lo stesso effetto.
La sintesi naturale di endorfine da parte del cervello viene soppressa in quanto le funzioni
svolte da questi neurotrasmettitori sono assunte dagli oppioidi introdotti nell’organismo.
L’uso cronico degli oppioidi finisce per privare il cervello delle sostanze che esso stesso
produce per far fronte al dolore e all’ansia.
Altri sistemi neuronali e fisiologici vengono attivati per produrre una risposta
compensatoria capace di contrastare l’azione deprimente degli oppioidi sul sistema
nervoso.
Queste reazioni costituiscono la base biologica della dipendenza: la necessità di assumere
sempre più droga per mantenere il nuovo equilibrio funzionale che si manifesta
drammaticamente nella sindrome di astinenza quando esplode l’attività nei sistemi
neuronali compensatori liberati dal freno della droga.
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La conseguenza più grave e pericolosa dell’uso degli oppioidi è l’overdose, la sindrome
dell’iperdosaggio. L’overdose può bloccare le funzioni dei centri respiratori e
cardiovascolari del tronco cerebrale e portare alla morte per insufficienza respiratoria o
all’edema cerebrale.
L’uso degli oppioidi altera anche le attività del sistema ormonale, soprattutto i meccanismi
che regolano le funzioni sessuali. La pericolosità degli oppiodi aumenta enormemente
nelle dosi spacciate in strada: le complicazioni mediche indotte dall’uso degli oppioidi
infatti dipendono, in taluni casi, dalla tossicità e dalla contaminazione delle sostanze da
taglio.
COCAINA
La cocaina deriva dalla pianta della coca. Ha una potente funzione simpatico-mimetica,
cioè riproduce le funzioni del sistema nervoso simpatico: aumenta la contrattilità del
cuore, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. È un potente stimolante del sistema
nervoso centrale: abolisce il sonno, la fame, la sete, dà un senso di euforia e un certo senso
di forza e di energia.
Nel 1860 fu usato come farmaco per curare la depressione, l’asma, l’obesità, per
disintossicare gli alcolisti e i morfinomani.
La cocaina agisce sulle vie e sui centri nervosi del cervello che usano la dopamina come
neurotrasmettitore, impedendo il riassorbimento di questa da parte delle terminazioni
nervose. La dopamina è al centro dei sistemi di rinforzo del nostro cervello, produce cioè
delle gratificazioni che sono associate ad una serie di funzioni cerebrali; mangiare, bere, la
sessualità, l’azione di alcune droghe dipendono in ultima analisi dal fatto che viene
liberata della dopamina. La dopamina inoltre è al centro di una serie di alterazioni del
sistema nervoso e del comportamento, ad esempio è implicata nella schizofrenia, nelle
sindromi maniacali e per alcuni versi anche nella depressione.
Il blocco del riassorbimento della dopamina operato dalla cocaina determina un aumento
della disponibilità del mediatore chimico a livello sinaptico e un incremento della
trasmissione dopaminergica e ciò si traduce negli effetti psicostimolanti e gratificanti
prodotti da tale sostanza.
L’attivazione ripetuta della trasmissione e il blocco del riassorbimento dei neuroni
dopaminergici che si riscontrano nell’uso cronico di cocaina, determinano però nel
cervello un forte deficit di dopamina e conseguentemente la grave depressione psicofisica
e l’anedonia2 (l’incapacità di provare piacere, che si osserva nei cocainomani in astinenza).
I sintomi della sindrome di astinenza sembrano tuttavia dovuti anche all’azione
compensatoria di altri sistemi neuronali impegnati ad inibire le funzioni cerebrali per
ottenere gli effetti stimolanti della cocaina. Per questa ragione l’attività del cervello dei
cocainomani in astinenza risulta gravemente ridotta.
L’azione della cocaina produce fenomeni di sensibilizzazione o tolleranza inversa per cui,
al contrario degli oppioidi, alcuni degli effetti aumentano col progredire
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Dal greco an privativo e edoné, piacere
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dell’intossicazione cronica. È il caso dei disturbi psichiatrici che vanno dalla semplice
ipervigilanza allo sviluppo di forme maniacali, sino all’insorgenza di idee deliranti e di
psicosi paranoiche e ad alterazioni del comportamento motorio che partono
dall’iperattività alla comparsa di tic e movimenti stereotipati. L’uso di cocaina può causare
infine aritmie cardiache, infarto del cuore e del cervello, convulsioni, tremori.
AMFETAMINE3
Le amfetamine sono sostanze di sintesi dagli effetti stimolanti quasi identici a quelli della
cocaina.
La seconda guerra mondiale portava ad una eccezionale escalation sociale dell’uso delle
amfetamine, alla scoperta delle loro capacità di indurre dipendenza e delle complicazioni
psichiatriche legate al loro abuso. Soprattutto negli eserciti tedeschi, giapponesi ed
americani tali sostanze venivano largamente distribuite ai soldati per aumentarne
l’efficienza e sostenerne il morale.
I sistemi neuronali e quindi i centri e le vie cerebrali interessati dall’azione di tali sostanze
sono gli stessi su cui agisce la cocaina. Le amfetamine sono in grado di penetrare nei
neuroni dopaminergici ed indurre il rilascio del neurotrasmettitore potenziando cosí la
trasmissione mediata dalla dopamina.
Le amfetamine inoltre imitano la struttura chimica e quindi le funzioni della
noradrenalina, neurotrasmettitore fondamentale nella risposta allo stress e capace di
incrementare l’attività cerebrale e del sistema nervoso simpatico.
Anche le amfetamine producono il fenomeno della tolleranza inversa e le complicazioni
legate all’uso sono sostanzialmente le stesse di quelle che insorgono con l’uso di cocaina.
ECSTASY
L’MDMA (Metilene Diossi Meta Amfetamine), comunemente conosciuta come ecstasy, è
un parente chimico delle amfetamine e rappresenta la più diffusa tra le droghe di sintesi,
contraddistinte dalla facilità e dalla economicità di produzione e quindi dal basso prezzo
allo spaccio, caratteristiche che stanno tributando a queste sostanze un preoccupante
successo fra i giovani. L’ecstasy unisce al classico effetto delle amfetamine un effetto che
potremmo definire simpatogeno: chi assume ecstasy sente maggiore simpatia per sé e per
gli altri, si sente euforico, affabile, spensierato.
L’MDMA è stata brevettata nel 1912 come farmaco anoressizzante.4 Alla metà degli anni
70 un numero sempre maggiore di psichiatri statunitensi cominciava ad utilizzare
l’MDMA nelle sedute analitiche. Essi trovavano che l’MDMA facilitava la
comunicazione, l’empatia tra paziente e terapeuta, l’introspezione e la riduzione dell’ansia
e vollero chiamarla ADAM (Adamo). Lentamente, però, l’MDMA veniva attratta nei
Composto di anfi da una parte all’altra, intorno, attorno, e amina , o ammina che è composto organico che deriva
dall’ammoniaca.
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Farmaco che attenua la sensazione di appetito, mediante un’azione sul sistema nervoso centrale, stimolando il centro della
sazietà o inibendo quello della fame.
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meccanismi della cinica economia delle sostanze ad uso voluttuario e riformulata
culturalmente come testimonia il nuovo battesimo ad esso imposto verso la metà degli
anni 80: ecstasy (estasi), un nome certamente più adatto ad una sostanza utile all’evasione,
al divertimento e alla soddisfazione dei sensi.
L’ecstasy agisce sulla trasmissione mediata dalla serotonina, un neurotrasmettitore
implicato nel controllo della temperatura corporea, nella coordinazione delle attività
intestinali e nella regolazione del sonno e del sogno. La serotonina possiede anche una
importante funzione nella modulazione del tono dell’umore dato che il deficit e le
alterazioni della trasmissione nervosa regolate da questo mediatore sembrano costituire la
base biologica di alcune sindromi psichiatriche, come la depressione e la schizofrenia.
L’ecstasy induce la liberazione di serotonina da parte dei neuroni che usano questo
mediatore chimico, potenziando in tal modo in essi i processi della neurotrasmissione.
L’attivazione della trasmissione serotoninergica prodotta dall’ecstasy tuttavia provoca la
riduzione della sintesi della serotonina da parte dei neuroni.
Il deficit di serotonina che si instaura a seguito dell’assunzione di ecstasy, è considerato
responsabile della depressione che a volte segue l’effetto stimolante dell’ecstasy.
l’intossicazione acuta di ecstasy, talora mortale, si manifesta con gli stessi sintomi del
colpo di calore ed è causata dall'iperattivazione dei neuroni serotoninergici preposti al
controllo della temperatura.
Gli effetti stimolanti dell’ecstasy, con l’apparente aumento delle prestazioni psicofisiche,
pregiudicano le capacità di stimare i rischi connessi a determinati comportamenti come la
guida veloce. Inoltre, il grave affaticamento che interviene in chi usa ecstasy come droga
da discoteca, facilita il sopravvenire del colpo di sonno durante il viaggio di ritorno a casa.
L’epidemia da abuso di ecstasy tra i giovani trova purtroppo puntuale riscontro
nell’andamento crescente del dato di positività agli amfetaminici nelle vittime degli
incidenti stradali del sabato sera.
CANAPA INDIANA
Dalla canapa indiana si ottengono l’hashish e la marijuana. La marijuana è una miscela
di foglie, fiori, steli, mentre l’hashish è la resina estratta del polline.
Fumare marijuana produce una sensazione di euforia, ci si sente più intelligenti, più
brillanti, più profondi. Tuttavia, in realtà, i processi cognitivi sono alterati: si impara meno
bene, si ricorda meno bene. Delle dosi sufficientemente alte possono produrre
dispercezioni e allucinazioni e inoltre ci sono delle alterazioni nei movimenti fini.
Importato dal Medio Oriente dalle truppe napoleoniche, l’uso della canapa si diffuse
rapidamente all’inizio dell’800 nella società francese nei circoli dei fumatori di hashish,
dove si ritrovavano alcuni dei maggiori artisti e intellettuali dell’epoca.
Il principio attivo della canapa indiana è il tetraidrocannabinolo che agisce su vari
recettori sparsi nei vari siti cerebrali: dalla corteccia cerebrale all’ippocampo,
all’ipotalamo, al cervelletto. Il cervelletto e i gangli delle base sono coinvolti in una serie
di comportamenti motori, mentre l’ippocampo è al centro dei comportamenti spaziali,
delle memorie spaziali e, più in generale, della memoria dell’apprendimento.
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Le alterazioni delle funzioni dell’ippocampo spiega pertanto perché i forti consumatori di
canapa indiana presentino punteggi inferiori nei test di apprendimento e di
memorizzazione. L’uso della canapa, infine, sembra alterare le funzioni del sistema
endocrino, mentre rimangono controversi i dati sulla sua azione immunodepressiva.
ALLUCINOGENI
Gli allucinogeni sono una classe piuttosto vasta ed eterogenea di sostanze
psicotrope5suddivisibili da un punto di vista chimico in due grandi gruppi rappresentati
rispettivamente dall’LSD e dalla Mescalina. L’LSD è un derivato dall’acido lisergico che
si estrae dalla Claviceps purpurea, fungo parassita della segale cornuta, mentre la
mescalina è il principio psicoattivo del cactus peyote.
Gli allucinogeni sono anche definiti psicotomimetici in quanto il loro effetto imita certi
stati psicotici con allucinazioni, spersonalizzazioni, visioni mistiche, disintegrazione degli
schemi spazio-temporali, sensazione di separazione dal corpo e sinestesie6, cioè una
sovrapposizione delle modalità percettive.
I meccanismi d’azione degli allucinogeni non sono ancora completamente chiari, ma
appare evidente il coinvolgimento del sistema neuronale della serotonina. Gli
allucinogeni inibiscono la trasmissione serotoninergica realizzando artificialmente la
condizione cerebrale regolata dalla serotonina, che determina normalmente le
manifestazioni allucinatorie dei sogni.
Il blocco della trasmissione serotoninergica, inoltre, causa la disinibizione dell’attività del
Locus Ceruleus, un centro profondo del cervello che ammassa ed integra le informazioni
che provengono dai sensi. Le fibre noradrenalinergiche che partono dal locus ceruleus,
eccitate dall’assunzione di allucinogeni, potrebbero indurre una iperattivazione della
corteccia cerebrale e determinare un livello di vigilanza così potenziato da dare la tipica
sensazione psichedelica di trascendenza e annullamento dell’io.
Le maggiori complicanze mediche connesse all’uso degli allucinogeni sono di carattere
psichiatrico; tali sostanze facilitano, infatti, l’instaurarsi di comportamenti paranoici e di
sindromi psicotiche latenti.
Le droghe agiscono sulle funzioni di molecole prodotte dal cervello, su meccanismi dai
quali dipende il corretto andamento di ogni processo biologico che sono alla base di tutti i
fenomeni psicologici. Ma l’azione su tali meccanismi inevitabilmente provoca la loro
alterazione, il loro blocco, compromettendo così la possibilità di esprimere al meglio la
nostra vera identità, di sperimentare e realizzare le straordinarie potenzialità legate alla
salute del nostro corpo, al corretto funzionamento del nostro cervello.
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da psico mente e trepein volgere, che muta, cambia la psiche; detto di farmaco che agisce o influisce sui processi psicologici.
dal greco synaisthesis: percezione simultanea.
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