Gian Piero Saladino QUALE FORMAZIONE PER QUALE SVILUPPO Gian Piero Saladino Quale formazione per quale sviluppo 1. Coscienza del nuovo e ripensamento Il tema è nodale. L’approccio può essere come al solito di superficie, o di aggressione in profondità. Mi aiuto per questo discorso “profondo” di due concetti chiave: Sviluppo e Metamorfosi, prima di esaminare il Modello Ragusa. a) Sviluppo Il vocabolario Devoto-Oli definisce sviluppo “l’accrescimento progressivo degli esseri viventi”. Il termine “sviluppare” si riferisce, quindi, a cambiamenti che si verificano in un organismo vivente, nel passaggio da uno stadio più semplice ad uno più complesso; letteralmente vuol dire disfare un viluppo, sciogliere un vincolo, aprire; in senso figurato vuol dire liberare. Pertanto, sviluppo non è un freddo incremento quantitativo dell’esistente, ma un dischiudersi di un potenziale di libertà. E’ un processo di continua metamorfosi, come il passaggio dallo stadio di bruco a quello di farfalla. Il termine sviluppo, allora, fa pensare non ad un “forziere” chiuso che si riempie, ma alla farfalla che apre le sue ali e vola. b) Metamorfosi Noi tutti siamo al centro di una delle più grandi metamorfosi della storia umana. Mi riferisco al rapido mutamento dei caratteri del sistema economico, e all’ampliamento dell’area dell’esclusione sociale che esso ha prodotto. Mi riferisco alla rivoluzione tecnologica connessa all’innovazione e diffusione della tecnologia informatica e telematica nei processi produttivi, e alla conseguente rapida obsolescenza degli assetti organizzativi e delle competenze professionali richieste, con il passaggio dalla “Mission” (gestione di un mandato) alla “Vision” (prefigurazione di un futuro possibile da costruire), dalle strutture rigide, di tipo gerarchico-funzionale, alle strutture flessibili, immateriali e a rete, che lavorano per obiettivi e progetti e non più per compiti e mansioni, quindi al passaggio dall’etero-direzione all’auto-direzione. Mi riferisco alla necessità di monitorare continuamente il Cambiamento, al crollo dell’autoreferenzialità, all’importazione di termini e prassi operative nuovi come la “learning organization” – organizzazione che apprende - il “job arrichment” – carriera basata sull’arricchimento delle competenze e non solo sull’anzianità di servizio - e il “knowledge management”, che corrisponde all’organizzazione dinamica delle conoscenze, e che induce a pensare al “modello impresa” come gestione della conoscenza in sé. Da ciò consegue la centralità della risorsa umana e della sua parte più nobile, l’intelligenza, come fattore essenziale della produzione della ricchezza e come nuovo discrimine per il riconoscimento della cittadinanza sociale delle persone. Le politiche economiche avanzate operano sempre meno sul versante dei costi e sempre più su quello del valore aggiunto alle produzioni e ai servizi, dando una spinta all’innovazione tecnologica e assicurando la qualità del fattore umano che tale innovazione è chiamato a realizzare e a gestire. L’Apprendimento, e quindi la Formazione, assumono allora valore strategico per la costruzione dello sviluppo e della coesione sociale, e richiedono un adeguamento radicale dei sistemi educativo-formativi (scuola, università, enti di formazione, imprese) per garantire la ricostruzione permanente delle conoscenze e delle abilità richieste. Mi riferisco, inoltre, alla globalizzazione dell’economia, con il primato della finanza e i processi di delocalizzazione produttiva, con il declino degli Stati nazionali e i processi di devolution nell’ambito della prospettiva euro-mediteranea dove la competizione non è più fra imprese, ma fra aree regionali e sub-regionali, fra filiere e distretti produttivi, dove attività economica è anche la fruizione del patrimonio ambientale e culturale, e persino la qualità della vita, quando essa risulti “vendibile” (si pensi a quei giovani che, con la Legge De Vito, hanno avviato la produzione di bottiglie e lattine contenenti l’Aria di Napoli, e che realizzano un fatturato di svariati miliardi). Da ciò consegue il processo di decentramento che ha generato il potenziamento delle Autonomie locali e funzionali, attuato con la riforma dei Comuni (L.142/90) e delle Pubbliche Amministrazioni (Decreto Cassese n.29/93, Leggi Bassanini), con la riforma federalista di pochi giorni fa, e le riforme delle Camere di Commercio, della Scuola e dell’Università. Da ciò consegue altresì, a livello sociale, quello che l’andragogista Loris Sanlorenzo definisce il passaggio dal modello “bianco, cattolico e maschile” a quello “colorato, interconfessionale e femminile”. Da qui la necessità – sottintesa al titolo dell’incontro di oggi – di ripensare lo sviluppo locale attraverso la formazione, e di fornire risposte nuove, interrogandoci insieme sul ruolo che ciascuno di noi è chiamato a svolgere in questo nuovo scenario, e nel contesto della nostra Provincia in particolare, definita da autorevoli testate giornalistiche la “Provincia Padana del Sud”, il “Sud-Est del Meridione”, “Ragusa -Un modello di sviluppo da imitare”. Analisi del “Modello Ragusa” Dalle statistiche più recenti, emerge che la Provincia di Ragusa è la 1^ in Italia per superficie immobiliare pro capite; la 3^ per produzione lorda vendibile dell’agricoltura, con il 47% della produzione ortofrutticola e floricola sotto serra (con il 6% della popolazione siciliana, Ragusa produce il 19,6% del reddito agricolo regionale); è la 3^ provincia italiana per tasso di sindacalizzazione; la 4^ per minor numero di truffe e la 6^ per minor numero di fallimenti; è il 3° polo italiano del marmo e del granito, dopo Verona e Carrara e la 1^ per produzione di software per le segreterie scolastiche. Ragusa è la 1^ provincia in Sicilia per minor tasso di disoccupazione (13,7% nel 1998, a fronte del 24,3% della media siciliana e molto vicina al 12,3% della media nazionale, con quella giovanile scesa dal 50,3% del 1991 al 33,4% del 1997, sia pure per effetto dei nuovi lavori parasubordinati e delle nuove identità lavorative, non a tempo indeterminato; è la 2^ per numero di imprese ogni 100 abitanti (9,25%), prova di una cultura diffusa dell’intraprendere, del produrre, del mercato, figlia dei frazionamenti terrieri adottati nel ‘400 con l’istituzione e la diffusione del contratto di Enfiteusi (a sua volta spiegazione di un diverso e benefico controllo sociale che ancora oggi preserva la provincia da gravi fenomeni mafiosi, e di una diversa qualità della democrazia, che ha visto, per esempio, i processi di alternanza politica realizzarsi sin dall’immediato dopoguerra anziché, come nel resto della Sicilia, solo dopo la caduta del muro di Berlino); è la 1^ provincia siciliana per numero di associazioni culturali, ricreative e sportive, ed ospita la 1^ Scuola regionale dello Sport nata nell’Isola; produce il 60% della produzione lattiero-casearia, il 60% della produzione di polietilene e materiali plastici per l’agricoltura e il 35% del sangue raccolto in Sicilia dall’AVIS, che è certamente un esempio di eccellenza fra le imprese sociali dell’intera isola. Il tasso di crescita della Provincia di Ragusa si è attestato all’11,3% nel quinquennio 91-95, pari al dato nazionale e decisamente superiore a quello, quasi stagnante, della Regione. Il reddito pro capite, nel 1997, era di 24 milioni (rispetto ai 18,8 di Catania e ai 16,5 di Agrigento), con una forbice fra ricchi e poveri che si può ragionevolmente supporre essere fra le più basse del Sud. Il benessere della provincia è dovuto anche ad un sistema di piccole e medie imprese che si possono distinguere in 6 raggruppamenti merceologici: agroalimentare e mangimistico, materiali e complementi per l’edilizia, marmi e graniti, legno-arredo, chimico-plastico e metalmeccanico-impiantistico. Significativo, sebbene molto frammentato, anche l’autotrasporto merci e passeggeri, mentre si è molto dilatato, quasi da società post-industriale, il settore terziario che, oltre alle attività commerciali – che con l’edilizia e la pubblica amministrazione rappresentano il tradizionale zoccolo duro dell’intera economia siciliana – si è sviluppato nel settore dei servizi alle imprese, e alle aumentate esigenze delle persone, della famiglia, del tempo libero. Una banca – la B.A.P. di Ragusa – 1^ in Italia per qualità gestionale e 4^ per dimensione fra le Banche Popolari italiane, l’unica con sede decisionale in Sicilia, con una raccolta superiore a 4.000 miliardi, il 60% della quale viene reinvestita sul territorio tramite crediti ai clienti prevalentemente ragusani, con un utile netto che oggi supera il 16% (17,3% nel primo semestre del 2000), con un patrimonio di 563 miliardi al 31 Dicembre 2000, che sfiora i 1000 con il valore di avviamento, e del quale fanno parte anche i 9031 soci e i 643 dipendenti, e quel che è più tipicamente ragusano, sofferenze sugli impieghi inferiori al 5%, la più bassa percentuale in Sicilia, dove altre banche raggiungono ancora il 20-25%. Un ultimo connotato pone, tuttavia, la nostra Provincia all’ultimo posto in Italia per dotazione di infrastrutture di collegamento (dati Istituto Tagliacarne). Un isolamento che ha, per certi versi, protetto la nostra terra da infiltrazioni negative, ma che oggi penalizza notevolmente le potenzialità di crescita del Modello Ibleo. Un modello che, di fronte alla sfida della metamorfosi e dei suoi processi radicali di trasformazione, deve tornare a riflettere sulla propria identità, rimettendo in “crisi” le sicurezze del passato e progettando il futuro. La domanda di fondo è: ripensare lo sviluppo locale attraverso la formazione, progettare il futuro dello sviluppo attraverso una nuova formazione. 2. Il futuro non è un processo fatalistico Si è parlato di crisi del Modello Ragusa, di elementi di forza e di debolezza. Forse bisogna chiarire il concetto di crisi in termini di giudizio economico e non come giudizio consueto e unilaterale, come sinonimo di decadenza. La crisi è un evento complesso, un rapporto tra rischi e opportunità in un determinato momento storico. Esaminiamo analiticamente i rischi e le opportunità della nostra crisi. a) I rischi Anzitutto, il nanismo dei soggetti produttivi, causato anche da una loro difficoltà di dialogo e da una debole capacità di aggregazione, cui fa eco l’emigrazione intellettuale, alimentata dalle ridotte possibilità di valorizzazione dei giovani più qualificati; vi sono, poi, le tentazioni di chiusura localistica (stiamo bene e non abbiamo bisogno di nessuno), confermata da una certa stasi della propensione all’export e l’invecchiamento della popolazione attiva, che fa temere per la stabilità e il dinamismo della capacità produttiva futura; si registrano, ancora, una chiara riduzione della propensione al risparmio delle giovani famiglie, e una eccessiva presenza del terziario assistito (mi riferisco ai 5.450 lavoratori socialmente utili o c.d. di pubblica utilità, compresi quelli della legge 280) b) Le opportunità Le opportunità sono varie e significative. Anzitutto, una fertilità progettuale in campo imprenditoriale, confermata da una serie di successi recentemente ottenuti a livello di agevolazioni statali. Mi riferisco alla legge 488/92, che con il 6° Bando (riservato al turismo), ha già finanziato 6 progetti (su 33 comunque inseriti in graduatoria), per 22 miliardi di lire a fronte di investimenti programmati superiori a 63 mld, e che con l’8° Bando (industria), attualmente in corso, vede più di 80 progetti presentati, per investimenti previsti superiori a 200 miliardi; vi è, poi, il Patto Territoriale di Ragusa, con i suoi 64 progetti ammessi a finanziamento per investimenti pari a 161,812 MLD (di cui 154,674 agevolabili) e per un totale di occupati previsti pari a 822 unità (Ministero del Tesoro, Decreto n.2388 del 27//11/2000), nonché i Patti Agricoli di Modica e di Vittoria (quest’ultimo, con 72 progetti ammessi a finanziamento, e investimenti pari a 127 miliardi). Mi riferisco agli Insediamenti produttivi nella zona industriale di Ragusa, con un incremento di circa 80 assegnazioni nell’ultimo biennio e agli Insediamenti nell’area di Pozzallo, solo 4 – Insicem, IMAC, Verall e Mondialplastic - fino a qualche anno fa, 14 a fine ’98, 16 lotti assegnati nel ‘99, e ben 78 lotti assegnati nel solo anno 2000, di cui il 15 % in favore di imprese esterne alla Provincia di Ragusa (e, per la prima volta con revoca di 15 lotti precedentemente assegnati per mancato avvio dei lavori); si parla già di terzo polo nell’area di Comiso-Vittoria. Mi riferisco al notevole incremento delle nuove imprese (2176 nel 1998, 2264 nel 1999, a fronte rispettivamente di 1552 e 1730 cessazioni, con un saldo netto, quindi, di 624 nel 1998 e 534 nel 1999), cui si accompagnano l’incremento del valore aggiunto pro capite (dal 73,5% della media nazionale nel 1996 al 75,6% nel 1997) e quello del grado medio di istruzione, che potrebbe favorire l’aumento del tasso di produttività del lavoro. I fondi di Agenda 2000 (700 miliardi, 350 di competenza provinciale e 350 di competenza regionale, da spendere nel periodo 2000-2006) rappresentano una grande e nuova opportunità, e cominciano ad operare gli Sportelli Unici per le Imprese (Comune di Modica), che potrebbero favorire nuovi insediamenti, incoraggiando imprenditori sia locali che esterni al territorio provinciale di Ragusa. Grande opportunità considero, inoltre, il popolo degli Immigrati (8720 con regolare permesso di soggiorno nel 1999, più di 10.000 nel 2000, circa 22.000 considerando gli irregolari, il 7% della popolazione a fronte del 2,5% della media italiana, prevalentemente uomini, 91% impiegati in agricoltura e 6% in edilizia, che hanno inviato ai paesi d’origine 33 miliardi nel 1996 e 57 miliardi nel 1999, senza che le banche locali abbiano saputo intercettarli), cui si potrebbero collegare i miliardi del programma Meda per la creazione dell’area di libero scambio nel Mediterraneo entro il 2010; con loro, risorsa significativa potrebbero rappresentare le donne inoccupate (si pensi che, anche per effetto del benessere assicurato dal Modello Ragusa, la percentuale di donne lavoratrici è, in Provincia,la più bassa in Sicilia). E’ da considerare un’opportunità l’aumento e il miglioramento dei posti letto, che raggiungono la quota di 10.000 se si comprendono l’agriturismo ricettivo e le piazzole per roulotte (dati AAPIT), e che dovrebbero in breve tempo superare i 13.000, con le 2.000 camere della Valtur a Kastalia, le 100 del complesso della zona industriale di Ragusa, e i progetti inseriti nel 6° bando della 488 e nel Patto Territoriale; i nuovi flussi turistici, con un incremento di arrivi e di presenze nel 2000, rispettivamente pari al 9,3% e al 14,51%, dimostrano che molto può essere fatto in questa direzione. Per non parlare dell’immenso patrimonio immobiliare, un terzo del quale si può stimare rimanga inutilizzato 9-10 mesi l’anno e quindi in buona parte utilizzabile con il sistema del “bed and breakfast”, o della intermediazione anche in forma cooperativa, specie considerando gli oneri di manutenzione che i proprietari sono costretti a sostenere, a fronte di una rivalutazione degli mmobili che, con il calo dell’inflazione, si è quasi azzerata. In questa prospettiva, rappresentano un’opportunità ulteriore la posizione geografica al centro del Mediterraneo e sotto il parallelo di Tunisi, la posizione baricentrica rispetto ai principali giacimenti culturali e archeologici della Sicilia Orientale, i 100 Km di spiaggia, le Ville e le abitazioni rurali con la loro speciale architettura, il paesaggio del carrubo, il Porto di Pozzallo se opportunamente strutturato, la Base di Comiso, se opportunamente utilizzata. Va considerata, infine, la grande opportunità costituita dall’Università, nata per iniziativa dell’Associazione degli Industriali di Ragusa, con le sue facoltà già operative, e qualcuna da istituire per giungere al riconoscimento di Ateneo autonomo. I rischi insorti dalle recenti nomine nel Consiglio di Amministrazione del Consorzio Universitario, frutto – come ha autorevolmente affermato il Presidente della Libera Università degli Iblei - di “parcellizzazioni” politiche, non devono pregiudicare il ruolo di una istituzione fondamentale per lo sviluppo del Modello Ragusa. 3) Il discorso di merito è il problema delle scelte La classe dirigente nel senso lato di questa area sud-orientale è ad un bivio. Bisogna fare delle scelte. La scelta è un difficile esercizio dell’intelligenza economica e politica perché a monte comprende una sequenza di interrogativi che devono essere esaminati in via preliminare. Salto o Evoluzione? Io ritengo che bisogna seguire la metafora del bruco e della farfalla, che vede manifestarsi in un salto improvviso, il bozzolo che si schiude, il frutto di una profonda evoluzione. Allo stesso modo, il Modello Ibleo dovrà darsi maggiore sprint ed evolversi in fretta, per grandi passi, capaci di assicurare un salto di qualità tangibile da qui al 2006. Fare tutto o fare bene alcune cose? Io ritengo che fare tutto, nel mercato globale, sia una scelta perdente, bisogna selezionare le priorità e su quelle giocare tutto in modo coerente. Il Complemento di Programmazione predisposto dal Tavolo di Concertazione provinciale per Agenda 2000, aveva previsto – ed oggi esistono pericolose tendenze centrifughe che vorrebbero sovvertire quella impostazione – di agire su tre filiere prioritarie: - quella agroalimentare (compresa la ricerca, la trasformazione, la refrigerazione e la commercializzazione, fino alla lavorazione degli scarti); - quella delle reti trasversali di servizio al sistema delle piccole e medie imprese (reti idriche, reti energetiche, consorzi di garanzia fidi e reti finanziarie, reti di promozione export, reti telematiche, reti di consulenza specialistica etc., richieste congiuntamente da Industria, Artigianato e Commercio); - quella del recupero, conservazione e valorizzazione dei beni ambientali e culturali a fini di sviluppo dell’attività turistica. Quali infrastrutture? Non solo infrastrutture materiali (Porto di Pozzallo, Aeroporto di Catania, Base di Comiso, Autostrada SR-Gela, nuova Ferrovia pedemontana e riqualificazione dell’attuale tracciato quale linea turistica e metropolitana), ma anche infrastrutture immateriali a supporto dei flussi di conoscenza (cablaggio e reti telematiche, reti di servizi alle imprese, rete del non-profit organizzato) e soprattutto sistemi formativi di qualità. Quali protagonisti? Io vedo un “triangolo di soggetti creativi”, formato dalle Imprese Produttive, profit e non-profit, con quegli Imprenditori e Lavoratori di ogni settore che vogliono innovare in modo creativo e, nel contempo, rispettoso della tradizione di onestà della nostra provincia; dalla Cultura, ovunque trasversalmente presente, nella Formazione, nelle Arti e nelle Professioni, nella Chiesa e finanche nelle Amministrazioni Pubbliche e nella Politica, oggi a mio parere molto povere in tal senso; da quei Giovani, quelle Donne e quegli Anziani pensionati troppo presto che, con i nuovi poveri che non si arrendono, e nuovi poveri essi stessi, hanno la voglia di apprendere e di progredire. In questo quadro di sviluppo possibile per il “Modello Ibleo”, la Formazione gioca prepotentemente la sua parte, collegandosi alle politiche del lavoro e dello sviluppo locale in una logica di patto territoriale caratterizzato dalla concertazione sociale. Nasce a questo punto spontanea la seconda domanda dell’incontro di oggi. 4) Quale formazione per il Modello Ragusa? Il teorema di una buona formazione Il Modello Ibleo, e le Persone che lo alimentano nel quadro della Metamorfosi dello Sviluppo, chiedono alla Formazione, e quindi ai Formatori, di farsi interpreti e mediatori dei nuovi Valori e dei nuovi Contenuti, per costruire in Tempi utili, con Metodologie, Strutture e Risorse adeguate, i nuovi Profili personali e professionali necessari per l’Uomo, sempre più Sapiens, Faber et Ludens, e per questo immagine del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ho già fatto riferimento allo Sviluppo, alla Metamorfosi e al Modello Ibleo, le Persone sono quelle del Triangolo dei Creativi, l’Uomo è quello dell’antropologia greca (sapiente, produttivo, creativo) e dell’antropologia cristiana (fiducioso, ottimista, generoso), così come si incarna nella nostra Ragusa. Vorrei ora chiarire alcune idee-guida circa le Risorse, le Strutture organizzative, i Destinatari, i Valori fondanti e gli orizzonti storici, i Profili, i Contenuti, la questione delle Metodologie e dei Tempi della Formazione per il Modello Ragusa. Il problema delle risorse Riguardo alle risorse è presto detto: per ora non si parla d’altro! Assistiamo a “manovre tattiche” volte ad acquisire i fondi di Agenda 2000, che stanzia, per Ragusa, circa 70 miliardi (35 di quota provinciale e 35 di quota regionale). A questi si aggiungono i fondi del programma “Equal” (1° Bando: 50 mld per la Sicilia) e quelli per la Formazione Ordinaria ex L24/76 (18,5 mld per 178 corsi nel 2000-2001), che sconta tuttavia le sofferenze per il ritardo dei saldi e l’onere economico di più di 180 dipendenti fissi (5600 in Sicilia = ¾ del personale di tutta Italia, cui si aggiungono, paradossalmente, nuove assunzioni, piuttosto che favorire l’esodo e la costituzione di imprese o cooperative e coinvolgere competenze esterne con criteri di flessibilità e qualità). Inoltre, vi sono le risorse destinate alla Scuola dell’Autonomia (i PON) e alle Università, i contributi di Province ed altri Enti Locali, e vi sono le risorse offerte dal Mercato, poiché la gente comincia a credere nell’investimento in formazione ed è disposta, quando ha i mezzi, a contribuire di tasca propria. Si apre, quindi, un’entusiasmante quanto delicata stagione di crescita e di competizione a livello di offerta di formazione, e si pone il problema non solo di acquisire le risorse, ma anche di spenderle bene. Il problema delle strutture organizzative Spendere bene per la Formazione - e qui mi riferisco alle strutture organizzative significa rilanciare il primato della Domanda sull’Offerta: non si fa formazione perché ci sono soldi da spendere e stipendi e onorari da distribuire, ma perché ci sono bisogni veri e accertati da soddisfare: i bisogni delle “Persone”, da una parte, e quelli del “Modello Ibleo”, con la sua esplosività imprenditoriale, le tre filiere strategiche, i Patti Territoriali, la legge 488 e la SoSvi, con la sua Presidenza guidata dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa. In questa direzione bisogna agire, per non mortificare il valore stesso della formazione nell’opinione che di essa ha la gente, e per non rischiare di fare formazione di alto livello, disincarnata però dal contesto territoriale, che invece di favorire l’inserimento e la permanenza dei formati nel mondo del lavoro, produce disoccupazione ed emigrazione intellettuale. Risorse facili e abbondanti generano eccesso di offerta, a volte poco qualificata. Bisogna, invece, snellire e riqualificare le strutture dell’offerta, riconvertendole in Agenzie di servizi integrate al territorio e articolate per obiettivi, capaci di creare sinergie e di lavorare in rete nell’ambito di un Piano organico dell’offerta formativa della nostra Provincia. I nuovi corsi IFTS – Formazione Tecnica Superiore – potrebbero rappresentare il miglior banco di prova per questa integrazione fra Scuola, Formazione Professionale e Lavoro, mentre l’Accreditamento degli Enti e la Certificazione della Qualità dell’offerta formativa potrebbero garantirne – se non manipolati ad arte – l’attendibilità oggettiva e l’efficacia. Bisogna inoltre creare un coordinamento unitario dell’offerta, frutto di una sana concertazione, costituendo un’Agenzia Provinciale per la Formazione capace di supplire ai limiti evidenti dell’Ente Provincia quale soggetto competente per legge, peraltro non ancora recepita dalla Regione, e che operi – però – sotto l’impulso e con il controllo della domanda (Forze Produttive, Sindacati, Comuni), anziché – come sembrava potesse succedere alcuni mesi fa – sotto l’egida interessata e miope dell’offerta (Enti e Società di Formazione). Bisogna, infine, assicurare – penso anche alle Associazioni dei Consumatori - un Servizio di assistenza e di tutela dei fruitori della formazione – Corsisti, Famiglie, Imprese - nella selezione delle proposte formative, per evitare il disorientamento degli interessati e prevenire errori, se non vere e proprie truffe. I destinatari Riguardo ai destinatari, penso a un allargamento dell’accesso alla Formazione, sia in funzione dei nuovi diritti di cittadinanza, sia in funzione delle politiche di coesione. Una Formazione per tutti, con la più ampia diffusione delle nuove tecnologie, perché all’economia del Modello Ragusa non bastano pochi individui eccellenti, destinati spesso a scegliere fra solitudine e adattamento, fra sottoccupazione ed emigrazione, ma serve una massa critica di competenze diffuse in tutti i gangli della realtà produttiva, amministrativa e sociale. Le piccole e medie imprese, tipiche del modello ibleo, non progrediscono se l’Ufficio Pubblico, la Famiglia, la Società non si aprono con esse all’innovazione. Per questo la Formazione, oltre che integrata, deve essere integrante, deve cioè tenere insieme e far dialogare tutti, sia lungo la linea orizzontale (diverse categorie, diversi reparti, diverse funzioni), sia lungo la linea verticale (diversi livelli gerarchici, cioè dirigenti e loro collaboratori). Questa formazione per tutti deve, tuttavia, essere offerta in modo diversificato, integrando lo standard di fascia media con moduli specifici per le due fasce estreme, quella dell’eccellenza da una parte, per motivare di più chi ha maggiori capacità e aspettative, e quella del disagio, per recuperare il bisogno di chi non ce la fa. Bisogna formare, non essendo più sufficiente l’apprendimento sul campo, gli Imprenditori del Modello Ragusa, supportandone con il massimo dell’impegno il delicato passaggio generazionale, ma bisogna specialmente formare i Dirigenti di questa provincia dove i trentenni fanno rimpiangere i 50 e 60 enni, perché siano capaci di coltivare e perseguire con tenacia una Vision individuale e di concorrere alla definizione di una Vision comune del Modello Ragusa (sostenendo la loro capacità di leadership come capacità di anticipare e interpretare il Cambiamento nelle organizzazioni in cui operano, non più singolarmente – come era sufficiente in passato - ma in forma pluricentrica e diffusa). Con essi, bisogna formare le nuove leve delle Pubbliche Amministrazioni, locali e funzionali, sostenendo altresì i quadri amministrativi attualmente in servizio rispetto alle sfide della “devolution”, alle responsabilità della dirigenza e alla necessità di una gestione dei servizi pubblici in conformità con le norme europee sulla qualità dei servizi. Bisogna formare i Formatori, il cui ruolo è passato dal tradizionale monopolio dell’insegnamento alla mediazione dei saperi e all’accompagnamento, differenziando però 4 profili essenziali: Formatori docenti, Progettisti di formazione, Responsabili di Progetto e Responsabili di Centro o Servizio di formazione. E’ ormai accertato che la qualità della formazione discende essenzialmente dalla qualità e dalla motivazione dei formatori, che devono assicurare elevati standard professionali e superare il vaglio della Certificazione delle Competenze, anche in questa provincia. L’AIF - Associazione Italiana Formatori, (http://web.tiscalinet.it/aifsicilia) che mi ha affidato a Gennaio di quest’anno la Vice Presidenza regionale, sta lavorando molto anche in questa direzione, ed è disponibile a sostenere chi voglia seriamente prepararsi in tal senso. La Formazione deve inoltre essere rivolta agli Adulti, colti in buona parte di sorpresa dagli effetti del Cambiamento: l’analfabetismo informatico rappresenta un handicap professionale e sociale non secondario per gli ultraquarantenni, che si vedono scavalcati da giovani rampanti e piacevolmente adusi alle nuove tecnologie. Un’attenzione particolare va rivolta agli Anziani, che potrebbero anche essere motivati e preparati a operare nell’area dei servizi alle persone, dalla vigilanza attiva dei bambini all’assistenza ad altri anziani soli o ammalati, o ad attività di pubblica utilità come la cura dei giardini e il volontariato sociale, liberando le energie delle donne interessate ad uscire dal sommerso o dallo stato di non occupazione. Bisogna infine dedicare particolare impegno alla Formazione degli Immigrati, sia come formazione di base (linguistica, civica e professionale) per consentire ai meno istruiti un pieno inserimento sociale e prevenire così il disagio e la microcriminalità, sia come formazione di eccellenza (ad es., economia e marketing internazionale) per immigrati altamente scolarizzati che, nel mercato euro-mediterraneo, potrebbero diventare i nodi essenziali di una rete di relazioni commerciali fra le due sponde. Non parlo della formazione dei Ministri della Chiesa locale intesi nell’accezione più ampia di laici e religiosi e non solo di sacerdoti, sulla quale ho avuto modi di intervenire durante i lavori del Sinodo Diocesano di Ragusa, e perché ormai sarà con il futuro Vescovo che la questione, importante e delicata, potrà essere riproposta. I valori fondanti e gli orizzonti storici Se riconsideriamo un attimo i rischi che caratterizzano l’attuale passaggio critico del Modello Ibleo, possiamo facilmente comprendere i valori che la nuova formazione è chiamata a proporre nella Provincia di Ragusa: nanismo e localismo delle unità produttive, assistenzialismo e consumismo delle giovani e meno giovani generazioni, richiedono infatti un’azione decisa di recupero dell’identità personale e collettiva, nonchè di educazione ai valori dell’iniziativa autonoma e responsabile in un quadro di socialità e di cooperazione rafforzata, aperta alle culture diverse dalle nostre. Richiedono, altresì, apertura al cambiamento e conoscenza, non come titolo formale di studio o come insieme di “pacchetti informativi”, peraltro disponibili su Internet, ma come apprendimento continuo e come riscoperta personale e ludica del senso dell’apprendere. Richiedono, infine, spirito di accoglienza e di servizio alla Persona Umana, non solo come principio basilare dell’essere cristiani, ma come componente essenziale del Marketing moderno, e di quello Turistico in particolare. La questione delle metodologie e la logica dei tempi Riguardo alle metodologie, il Modello Ibleo richiede, a mio parere, un ricorso massiccio: 1. all’apprendimento attivo e collaborativo, con i suoi corollari di Learning by doing, di Formazione out-door e di Team Working (vedi, per esempio, l’esperienza di formazione formatori IG Students o quella dell’IPC di Ragusa sulla Qualità nei Servizi e nella Scuola); 2. alla formazione a distanza, con il suo corollario di abilità telematiche, per attingere a opportunità formative qualificate, ma distanti da Ragusa, specie per l’aggiornamento dei contenuti (vedi l’esperienza con l’Università Cattolica promossa dall’Associazione La Pira di Ragusa); 3. all’ingegneria modulare e alle tecniche di formazione moderne, come le simulazioni assistite, il role-playing, la discussione di casi, le testimonianze, l’uso di sussidi multimediali, le esercitazioni, il project-work, fino allo stage e al tirocinio formativo (vedi il Progetto Mentore per la formazione dei tutors scolastici e aziendali, che avvieremo a breve con l’IPC di Ragusa), e ogni altra “diavoleria” che la fantasia dei grandi formatori ha saputo produrre. Purché, alla loro fantasia corrisponda il rigore e l’effettiva applicazione degli strumenti di monitoraggio, di verifica e di valutazione dei risultati, quasi sempre inesistenti, e comunque insufficienti rispetto a quanto sarebbe necessario. Riguardo, invece, ai tempi, c’è un tempo dell’offerta, che deve essere accelerato rispetto alle richieste del mercato. Il sistema di piccole e medie imprese che caratterizza il Modello Ragusa non può attendere le “annualità” degli Enti di Formazione e del Fondo Sociale Europeo, la risposta deve essere immediata, il “timeto-market” ridotto al massimo, anche con il ricorso più ampio alla legge 236/93 sulla formazione continua. C’è poi un tempo della domanda, che è permanente, e in questo senso deve essere sollecitata e interpretata continuamente. L’esperienza dell’Associazione Industriali sui profili e l’analisi dei fabbisogni Riguardo ai profili, vorrei sperare che in futuro si facciano meno corsi e più formazione, meno progetti in serie e più progetti su misura, volti a soddisfare bisogni espliciti ed impliciti, individuati nell’ambito del modello di sviluppo ibleo e dei soggetti chiamati a realizzarlo. Uno studio della Banca d’Italia evidenziava già come il problema della reperibilità di tecnici a media e alta specializzazione, riguardi non solo le aree del Centro-Nord, ma anche quelle del Mezzogiorno, e il dato viene oggi confermato sia dal Progetto Excelsior dell’Unioncamere, sia dall’Analisi dei Fabbisogni Formativi realizzata dall’Ente Bilaterale Nazionale costituito da Confindustria e Sindacati. Ulteriore conferma proviene dall’esperienza dell’Associazione Industriali di Ragusa, che l’anno scorso ha realizzato una prima Indagine dei Fabbisogni di Professionalità, da cui sono emerse 5 figure chiave: quella di Tecnico di Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione; quella di Tecnico commerciale Marketing e rete vendita, competente in E-Commerce; quella di Tecnico di sistemi integrati “Qualità, Sicurezza e Ambiente”; quella di Tecnico coordinatore di cantiere nel settore degli Impianti e, infine, quella di Tecnico informatico, figura peraltro articolata nei cosidetti “7 Mestieri di Internet” (Web Creative, Web Developer, Web Content Editor, Web Graphic, Web Master, System Integrator e Web Advisor). Sulla base di questi risultati oggettivi, l’Assindustria ha avviato rapporti che hanno consentito di programmare e, già in alcuni casi, di realizzare alcune iniziative formative atte a soddisfare quelle specifiche esigenze. Il primo passo è stata la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa fra Gruppo G.I. ed ENAIP di Ragusa, subito dopo esteso agli altri Enti di Formazione Professionale della nostra provincia. Su tale base, Gruppo Giovani Imprenditori ed ENFAP hanno progettato insieme la formazione di “Tecnici Esperti del Sistema Qualità”, e gestiranno insieme la selezione dei partecipanti, la scelta dei docenti, la valutazione in itinere e quella finale, la progettazione e la realizzazione degli stages aziendali. Cosa analoga si potrà realizzare con l’ENAIP, ad esempio per la formazione di figure idonee ad operare nella “net-economy”, mentre con lo IAL sono stati avviati tirocini formativi semestrali, non di allievi proposti dall’Ente, ma di giovani selezionati dalle imprese che sono stati assunti al termine del tirocinio. Con il CNOS, è stata programmata la formazione di operai specializzati per le imprese metalmeccaniche. Un’altra esperienza è stata quella con il Diploma Universitario in Economia e Amministrazione delle Imprese di Catania, con il quale è stato inizialmente sottoscritto un Protocollo d’Intesa, che ha costituito la base per poter sperimentare un apposito Corso per “Tecnico esperto nel controllo di gestione”. Il Corso, dal contenuto altamente professionalizzante, è stato già avviato nel mese di ottobre dell’anno scorso, ed è destinato a 15 giovani iscritti al terzo anno del D.U., opportunamente selezionati da Università ed Assindustria: prevede una formazione teorica aggiuntiva rispetto a quella normalmente effettuata nel Corso di Diploma, ma la sua caratteristica principale è quella di aver previsto numerose esercitazioni pratiche, per mettere gli allievi in grado di “saper fare”, e stage finali, da svolgersi presso le migliori Imprese della provincia di Ragusa interessate ad assumere tali figure professionali. L’Associazione ha infine ottenuto – tramite la stipula di un Accordo con la Provincia Regionale di Ragusa – le risorse necessarie a realizzare, con il supporto delle Imprese della Sezione Terziario Avanzato, un percorso formativo in materia di Marketing e Commercio Elettronico, finalizzato a favorire l’inserimento di giovani con competenze specifiche nelle Aziende associate che l’Indagine ha confermato avere tale esigenza, ed è alla ricerca di partner che possano formare l’ultima delle 5 figure chiave, quella di Direttore di Cantiere. Una formazione di eccellenza su un massimo di formazione di base per tutti Riguardo infine ai contenuti, ritengo necessario superare la falsa contrapposizione fra formazione tecnica e formazione di base, poiché la risposta è il massimo di formazione tecnica sul massimo di formazione di base per tutti. Vero è che alcuni “nuovi saperi” come l’Informatica, l’Inglese e l’Impresa – citati nello slogan di un recente manifesto elettorale di Forza Italia che dimentica quantomeno l’Italiano, le altre Lingue straniere e l’Europa - sono oggi necessari come competenze fondamentali per l’inserimento nel mercato del lavoro e nella società moderna. Ma è vero anche che le Organizzazioni pubbliche e private, anche a Ragusa, richiedono persone che sappiano ascoltare, apprendere, comunicare, organizzare, cooperare, convincere, valutare, rispondere e riprogettare continuamente il proprio lavoro. Si tratta allora, a mio parere, di sviluppare la conoscenza dei Nuovi Saperi senza smarrire il Fine del Sapere, si tratta cioè di evitare l’effetto del “grande supermercato della formazione”, rilanciando con determinazione il primato del “senso dell’apprendere” e della sua finalizzazione al bene, e non solo all’utile, dell’uomo che lavora e che rischia. 5) CONCLUSIONE Ci guiderà la virtù del costruire, non la mediocrità del conservare. Diceva il Cardinale Martini al Convegno Nazionale dell’AIF, il 6 ottobre scorso: “Volendo riassumere in un auspicio il grande compito e insieme il meraviglioso orizzonte della formazione, mi sentirei di evocare Antoine de St-Exupery: “Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma fai nascere in loro la nostalgia del mare ampio e infinito”. Quella sarà l’impresa che eviterà il pesante giudizio: “Ah, quelle organizzazioni che sanno sempre il prezzo di tutto, ma non conoscono il valore di niente!” Gian Piero Saladino Vice Presidente Regionale AIF Sicilia