LA NOSTRA VOCAZIONE 27 SETTEMBRE LODI La missione di Francesco e dei suoi seguaci, come di ogni movimento di segno profetico nella Chiesa, consiste principalmente nel tendere e nel condurre gli uomini alla purezza del Vangelo, all’accettazione del messaggio di vita portato dal Figlio di Dio. Ravvivare la vocazione cristiana, la coscienza di essere pellegrini di Cristo e in questa luce assaporare la gioia della libertà e dell’amore, pur nell’affanno dell’esistenza. Cristo rappresenta il punto focale del senso francescano della vita. La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. (FF 75) VESPRI Trovata nel Vangelo la risposta alle sue attese di convertito e convinto che Dio chiamava alla stessa vita i fratelli che si univano a lui “per ispirazione divina”, Francesco fece di esso il centro e la ragione di essere, dell’impegno personale e comune. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo. (FF 466) LO SPIRITO DI ORAZIONE E DEVOZIONE 28 SETTEMBRE LODI Francesco fu maestro di preghiera, anche se non ebbe una metodologia della preghiera. La sua pedagogia era semplice ed efficace: la via penitenziale, quella stessa che aveva portato lui all’esperienza di Dio. Esortava poi tutti i suoi frati a vegliare sempre perché il cuore e la mente non fossero deviati dal Signore a motivo delle preoccupazioni, degli interessi o dei successi umani; ad avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione e a pregarlo sempre con mente e cuore puri. Perciò, tutti noi frati, custodiamo attentamente noi stessi, perché, sotto pretesto di qualche ricompensa o di opera da fare o di un aiuto, non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore. Ma, nella santa carità, che è Dio, prego tutti i frati, sia i ministri sia gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, amare, onorare e adorare il Signore Iddio, con cuore mondo e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose. E sempre costruiamo in noi una abitazione e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, che dice: «Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, perché siate ritenuti degni di sfuggire a tutti i mali che stanno per venire e di stare davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21,36). E quando vi metterete a pregare, dite: Padre nostro che sei nei cieli» (Mc 11,25; Mt 6,9). E adoriamolo con cuore puro, perché «bisogna pregare sempre senza stancarsi mai» (Lc 18,1). (FF 60-61) VESPRI Il dono dell’orazione venne a san Francesco insieme con la grazia della conversione. Per entrare in comunicazione con Dio gli bastava ascoltare, nell’intimo del suo cuore, la chiamata divina ed aprirsi totalmente all’azione dello Spirito. Pregava in ogni momento, sia che camminasse, o sedesse, o mangiasse, o bevesse, di giorno e di notte. Quando pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all'Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all'interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l'affetto a quell'unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente. (FF 682) LA COMUNIONE FRATERNA 29 SETTEMBRE LODI La vita fraterna in comune era per Francesco e i suoi primi frati un modo per favorire la realizzazione della stessa vocazione nello Spirito del Signore. La vita fraterna è il luogo dove si condividono i valori evangelici mettendoli in pratica nelle relazioni con i fratelli, con la Chiesa e con il mondo. La fraternità è costruita e vive dell’unità nella diversità; ma siccome la differenza, sebbene sia un arricchimento, può diventare un ostacolo per la convivenza fraterna, i frati sono esortati ad accogliersi reciprocamente con rispetto e amore. E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente. E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? (FF 91) VESPRI La fraternità francescana fa parte di un piano vocazionale con il quale Francesco risponde per obbedienza alla volontà di Dio, assumendo il Vangelo come forma di vita. Perciò nella fraternità dei minori non c’è niente che preceda o superi la relazione fraterna, l’unità e l’uguaglianza di tutti, in quanto figli di uno stesso Padre e fratelli del Signore Gesù Cristo. Si amavano l'un l'altro con un affetto profondo, e a vicenda si servivano e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo unico figlio teneramente amato. Tale era l'affetto che ardeva loro in cuore, che erano pronti a consegnarsi alla morte senza esitare, non solo per amore di Cristo, ma anche per salvare l'anima o il corpo dei fratelli. Profondamente umili e maturi nella carità, ognuno nutriva per il fratello i sentimenti che si hanno verso un padre e signore. Quelli che, per l'incarico che ricoprivano o per qualità personali, avevano nella fraternità un ruolo preminente, si facevano più umili e piccoli di tutti. (FF 1446; 1448) LA MINORITÀ, POVERTÀ E SOLIDARIETÀ 30 SETTEMBRE LODI L’aggettivo “minore” qualifica profondamente il sostantivo “frate”, dando al vincolo della fraternità una qualità propria e caratteristica, quella di essere fondata sulla relazione tra fratelli “minori”. Il riferimento alla minorità non assume, per Francesco, una connotazione ascetica, ma è la sostanza stessa della sua esperienza di Dio: il Gesù di Francesco è il Dio che si fa minore nell’incarnazione. La sequela di Cristo consisterà necessariamente nel farsi minore come lui, disposti a lavare i piedi dei fratelli. Anche il lavoro, condizione del vero povero, è visto da Francesco in funzione della fraternità e della minorità. Tutti i frati, in qualunque luogo si trovino presso altri per servire o per lavorare, non facciano né gli amministratori né i cancellieri, né presiedano nelle case in cui prestano servizio; né accettino alcun ufficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima; ma siano minori e sottomessi a tutti coloro che sono in quella stessa casa. E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori. E l'uno lavi i piedi all'altro. (FF 24; 23) VESPRI Essere “minori” vuol dire prendere sul serio la scelta evangelica fatta, cioè di appartenere al numero dei poveri. Non si tratta di una scelta di “classe”, ma di “condizione”, come è stata quella di Cristo. Vuol dire saper scoprire in ogni povero un fratello, un compagno di pellegrinaggio, anzi il Cristo povero; vuol dire occupare volentieri gli ultimi posti nel popolo di Dio. “Minore” è il nome proprio del Primo Ordine francescano. Ed ecco in quale occasione gli diede tale nome. Mentre si scrivevano nella Regola quelle parole: «Siano minori», appena l'ebbe udite esclamò: «Voglio che questa Fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori». E realmente erano « minori»; «sottomessi a tutti» e ricercavano l'ultimo posto e gli uffici cui fosse legata qualche umiliazione, per gettare così le solide fondamenta della vera umiltà, sulla quale si potesse svolgere l'edificio spirituale di tutte le virtù. (FF 386) L’EVANGELIZZAZIONE E MISSIONE 1 OTTOBRE LODI Francesco, docile all’istinto superiore – la mozione dello Spirito – che gli faceva captare i segni dei tempi, comprese che la sua missione e quella dei suoi frati doveva essere: andare per il mondo. Dacché scoprì la vocazione definitiva sua, e dei fratelli donatigli dal Signore, come missione, vedeva sempre più il mondo intero come il campo della vita e del messaggio dei frati minori, “usciti dal mondo” e alleggeriti dai beni della terra proprio per “andare per il mondo”, o, come scriverà alla fine della vita nella Lettera all’Ordine, “mandati nel mondo intero per testimoniare la voce di Dio con la parola e con le opere davanti a tutti gli uomini”. Ascoltate, figli del Signore e fratelli miei, e prestate orecchio alle mie parole. Inclinate l'orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio. Osservate con tutto il vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli. Lodatelo perché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché per questo vi mandò nel mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c'è nessuno Onnipotente eccetto Lui. Perseverate nella disciplina e nella santa obbedienza, e adempite con proposito buono e fermo quelle cose che gli avete promesso. Il Signore Iddio si offre a noi come a figli. (FF 216) VESPRI Annunciare il Vangelo, portare a tutti la pace che Dio ci ha donato per mezzo di Cristo, annunciare Cristo, che è la nostra pace, questa è la vocazione della Chiesa, questa è la sua missione. Annunciare e realizzare la buona notizia del regno di Dio è la vocazione dei Frati minori, è la loro missione. L'Ordine dei Frati minori esiste per la missione, è una Fraternità-in-missione. La missione per noi Frati minori prima di essere qualcosa che facciamo, è la ragione per la quale siamo. Questa missione i Frati minori la realizzano prima con la loro vita e poi con la testimonianza della loro parola. Francesco, pieno della grazia dello Spirito Santo, a sei frati, convocandoli presso di sé dalla selva che si estendeva presso la Porziuncola, nella quale entravano spesso per pregare, predisse quello che sarebbe avvenuto. Disse: “Fratelli carissimi, consideriamo la nostra vocazione. Dio, nella sua misericordia, ci ha chiamati non solo per la nostra salvezza, ma anche per quella di molti altri. Andiamo dunque per il mondo, esortando tutti. con l'esempio più che con le parole, a fare penitenza dei loro peccati e a ricordare i comandamenti di Dio”. E proseguì: “Non abbiate paura di essere ritenuti insignificanti o squilibrati, ma annunciate con coraggio e semplicità la penitenza. Abbiate fiducia nel Signore, che ha vinto il mondo! Egli parla con il suo Spirito in voi e per mezzo di voi, ammonendo uomini e donne a convertirsi a Lui e ad osservare i suoi precetti. Incontrerete alcuni fedeli, mansueti e benevoli, che riceveranno con gioia voi e le vostre parole. Molti di più saranno però gli increduli, orgogliosi, bestemmiatori, che vi ingiurieranno e resisteranno a voi e al vostro annunzio. Proponetevi, in conseguenza, di sopportare ogni cosa con pazienza e umiltà”. Udendo l'esortazione i fratelli cominciarono ad aver paura. Ma il Santo seguitò: “Non abbiate timore, poiché fra non molto verranno a noi parecchi dotti e nobili, e si uniranno a noi nel predicare ai re, ai principi e ai popoli. In gran numero si convertiranno al Signore, che moltiplicherà e aumenterà la sua famiglia nel mondo intero”. (FF 1440) LA FORMAZIONE 2 OTTOBRE LODI Per seguire Cristo nella preghiera, per l’esperienza teologale della figliolanza, per imparare ad essere fratelli fra di noi, per crescere ogni giorno nell’identificazione con Cristo povero e crocifisso, per conoscere meglio il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo e per poterlo annunciare con la parola e con la vita, i Frati assumano di cuore l’impegno della formazione permanente e iniziale. È un cammino di conversione di tutta la vita, nel quale si sviluppano senza interruzione le doti proprie, la testimonianza evangelica e l'opzione vocazionale. Dice l'apostolo: "La lettera uccide, lo Spirito invece dà vita". Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere unicamente le sole parole, per essere ritenuti più sapienti in mezzo agli altri e poter acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. E sono uccisi dalla lettera quei religiosi, che non vogliono seguire lo spirito della divina lettera, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina lettera, coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l'attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono con la parola e con l'esempio all'altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene. (FF 156) VESPRI La vita francescana chiede a ogni Frate e a ogni Fraternità una continua conversione del cuore e della vita, per avvicinarsi sempre più al messaggio di Dio in Gesù Cristo. La meta e il fine della conversione, alla quale deve puntare la formazione permanente, è farsi realmente minore, vivere la vocazione personale e rinnovare l’entusiasmo per la vita evangelica. L'uomo di Dio, insieme con gli altri compagni, andò ad abitare in un tugurio abbandonato, vicino ad Assisi: là essi vivevano di molto lavoro e fra gli stenti, secondo la forma della santa povertà, preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell'abbondanza. Là erano continuamente intenti a pregare Iddio applicandosi all'esercizio dell'orazione e della devozione più con la mente che con la voce, per la ragione che non avevano ancora i libri liturgici, sui quali recitare le ore canoniche. Ma, al posto di quei libri, leggevano ininterrottamente, sfogliandolo e risfogliandolo, il libro della croce di Cristo, giorno e notte, istruiti dall'esempio e dalla parola del Padre, che continuamente faceva loro il discorso della croce di Cristo. Quando. poi i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite: -- Padre nostro, e: “Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo”. Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e prendendo lo spunto da tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna la santa Chiesa romana. Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata. (FF1067-69) LA CHIESA 3 OTTOBRE LODI Francesco inserisce strettamente la sua fraternità nella Chiesa cattolica “tutti i frati siano cattolici, vivano e parlino cattolicamente”. Per questo vuole che si accettino nuovi fratelli solamente dopo che siano stati esaminati sulla fede cattolica: i ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. Inoltre promette obbedienza al signor Papa e alla Chiesa romana a nome proprio e a nome dei suoi Frati. La Regola bollata ci illumina anche su ciò che vuol dire per lui “essere cattolici”: “Stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà, l’umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo che abbiamo fermamente promesso. Ingiungo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della santa Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità, affinché, sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà e l’umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso. (FF 108-109) VESPRI A differenza dei movimenti eretici del suo tempo, Francesco pensa che per vivere il santo Vangelo, per restare il più vicino possibile alla forma di vita di Cristo povero e umile, è necessario essere cattolici. La Chiesa è quella che pone a nostra disposizione la parola di vita, il Corpo ed il Sangue di Cristo cioè il Cristo vivente. Francesco promette obbedienza alla Chiesa e vive con pietà la fede cattolica perché questo è il cammino per unirsi a Cristo, vivendo della sua parola e dei sacramenti. Vedendo Francesco che il Signore accresceva i suoi fratelli n numeroä e in meriti -erano ormai in dodici perfettamente concordi nello stesso ideale -, si rivolse agli undici, lui che era il dodicesimo, guida e padre del gruppo: “ Fratelli, vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità. Andiamo dunque dalla nostra madre, la santa Chiesa romana, e comunichiamo al sommo pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le sue disposizioni ”. (FF 1455) IL PADRE SAN FRANCESCO SUO VERO AMANTE E IMITATORE 4 OTTOBRE LODI Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore. Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che ha fatto per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco. (FF 2824) VESPRI Veramente era vera luce la presenza del fratello e padre nostro Francesco, non solo per noi che gli eravamo compagni nella medesima professione di vita, ma anche per quelli che erano lontani. Era infatti, una luce suscitata dalla luce vera quella che illumina quanti erano nelle tenebre e sedevano nell'ombra della morte per dirigere i loro passi sulla via della pace. Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana. La luce che veniva dall'alto illuminava il suo cuore e riscaldava la volontà di lui col fuoco del suo amore. Così infiammato, egli predicava il Regno di Dio e convertiva il cuore dei padri verso i figli e gli stolti alla prudenza dei giusti e preparava in tutto il mondo un popolo nuovo per il Signore. Il suo nome è celebrato fino ai più lontani confini, e l'universo intero resta pieno di stupore per le sue mirabili imprese. Mentre era in vita aveva aspetto dimesso e non c'era bellezza nel suo volto: non era rimasto in lui membro che non fosse straziato. Le sue membra erano rigide, per la contrazione dei nervi, come avviene in un uomo morto. Ma, dopo la morte il suo volto si fece bellissimo, splendente di mirabile candore e consolante a vedersi. Le membra, prima rigide, divennero flessibili e pieghevoli qua e là come si volevano disporre, a guisa di un tenero fanciullo. Perciò, fratelli, benedite il Dio del cielo e proclamate la sua grandezza davanti a tutti, perché ha fatto scendere su di noi la sua misericordia. Custodite il ricordo del padre e fratello nostro Francesco, a lode e gloria di Colui, che lo ha reso grande tra gli uomini e lo ha glorificato tra gli angeli. Pregate per lui, come egli medesimo ci ha chiesto prima di morire, e invocatelo, perché Dio renda anche noi partecipi con lui della sua santa grazia. Amen. (FF 307.310-311) I testi sono tratti da: Fonti Francescane OFM Prioritates 2003-2009 Voi sieti tutti fratelli – Assisi 2002 Vocazione francescana – sintesi degli ideali di san Francesco e di santa Chiara di Làzaro Iriarte ofcapp. Ed. Piemme.