Sulla realtà dei quanti

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Scelti per voi
J.M. Jauch
Sulla realtà dei quanti
Un dialogo galileiano
Adelphi 1980
Pagine 144
14.000 Lire
Dalla quarta di copertina
Che cosa succederebbe se Simplicio, Salviati e Sagredo, i tre protagonisti
del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galileo, si incontrassero oggi
e parlassero di fisica? Come reagirebbero all'ancora insuperato scandalo
del comportamento quantistico della materia? Un grande fisico
contemporaneo, J.M. Jauch, ha avuto l'idea di mettere in scena questo
gioco, sulle rive del lago di Ginevra (con annessa breve visita a Jung). E
così ha scritto una delle guide più illuminanti e altamente leggibili ai temi
cruciali della fisica contemporanea (inclusi accenni alla “non località” e
alle “variabili nascoste”).
Sull’autore
Josef Maria Jauch (1914-1974) è stato un eminente fisico teorico di
quella generazione che ha trovato la meccanica quantistica già fatta e che
l'ha portata al livello dell'ovviamente accettabile. Le sue opere
comprendono numerosi articoli e un libro di fisica propriamente detta,
Theory of Photons and Electrons (con F. Rohrlich, 1955). Ma la sua
fama è legata soprattutto alle ricerche condotte all'Università di Ginevra
sui fondamenti matematici ed epistemologici della meccanica quantistica.
Ricerche testimoniate, tra l'altro, da un celebre articolo scritto in
collaborazione con l'amico Constantin Piron e da un libro, Foundations
of Quantum Mechanics, del 1968. Sulla realtà dei quanti è apparso per
la prima volta nel 1973.
Dall’introduzione
Il problema centrale al Congresso Solvay del 1927 era questo: la meccanica
quantistica è una “teoria completa”, oppure la natura statistica delle sue
previsioni è solo il riflesso della nostra ignoranza su una soggiacente
struttura causale? Oggi, dopo quarant'anni di continuo e incontrastato
successo della meccanica quantistica su tutti i fronti della fisica, questo
problema occupa ancora la mente di molti attenti studiosi di meccanica
quantistica.
Al Congresso Solvay la maggior parte dei partecipanti era dell'opinione
che l'interpretazione probabilistica del vettore di stato non fosse un semplice
riflesso della nostra ignoranza, ma anzi costituisse il contenuto fisico
essenziale del quanto d'azione di Planck. Un’importante minoranza, tuttavia,
tra cui Einstein, Schrödinger e de Broglie, sosteneva il contrario.
J.M. Jauch
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La questione non si può ovviamente dirimere se prima non viene
costruita una teoria causale che permetta un confronto coi fatti
sperimentali. Nessuno è riuscito a costruirla. È però possibile speculare
sull'aspetto che dovrebbero possedere queste soggiacenti strutture causali
per evitare che le predizioni della teoria siano in disaccordo con fatti
conosciuti.
Si tratta delle teorie a “variabili nascoste” e per costruire queste teorie
sono stati compiuti molti tentativi.
Prima di cominciare a esaminare nei particolari queste teorie speculative,
conviene richiamare alcuni aspetti generali del problema.
Raramente si mette in risalto con sufficiente chiarezza che il concetto
classico di causalità (che nel suo contesto fisico è più opportunamente
chiamato determinismo) è di fatto un immane pregiudizio, che viene spesso
identificato erroneamente con l'essenza stessa della scienza. Pure,
occasionali e isolate si levarono voci che fecero rilevare quanto fossero
inconsistenti le prove a favore di questo punto di vista e che sostennero
risolutamente che, di fatto, c'erano in fisica più prove a favore delle leggi
statistiche.
Uno degli esponenti più ragguardevoli di questo punto di vista fu il
filosofo americano Charles S. Peirce, che dedicò la maggior parte della sua
vita all'analisi della logica e della struttura fondamentale delle scienze
fisiche.
Peirce faceva risalire l'origine dell'idea di necessità a Democrito e la
contrapponeva alle idee di Epicuro. Egli concludeva che le sole leggi
naturali che si possono validamente inferire dall'osservazione sono leggi
statistiche. Le sue osservazioni in proposito sono oggi ancor più pertinenti
di quanto lo fossero a quel tempo e meritano l'attenzione di tutti coloro che
sono interessati a questi problemi.
Poi, si deve sottolineare che le ingerenze tratte dalle osservazioni e in
seguito incorporate in una teoria non hanno carattere deduttivo. Per lo più
esse ricadono in tre categorie: induzione, ipotesi o analogia; tutte hanno
radici in campi extrascientifici, come abitudini, tradizioni, ideali estetici o
ideologie.
La ricerca di variabili nascoste nella meccanica quantistica ha le sue radici
in un'ideologia superata, cioè il determinismo del materialismo ottocentesco.
Quindi, lungi dall'essere figurazione di una teoria futura, essa si rifà sì a un
passato glorioso, ma pur sempre un passato che sembra arretrare
rapidamente, allontanandosi sotto l'urto di nuove testimonianze per cedere il
passo a nuove forme di pensiero scientifico.
In questa prospettiva, non sorprende che le discussioni che si
accompagnano alla ricerca di variabili nascoste nella meccanica
quantistica siano state spesso condotte, su ambo i fronti, con uno spirito
aggressivo che ricorda più la difesa dell'ortodossia di una qualche
ideologia che lo spirito dell'oggettività scientifica.
Pure, vi sono alcuni aspetti scientifici del problema che sono
estremamente interessanti e che meritano un'accurata indagine. Il loro
studio non solo ci permette di comprendere meglio i problemi
epistemologici della meccanica quantistica, ma può anche condurre a
generalizzazioni o modificazioni di questa teoria che potrebbero essere
indispensabili per il futuro progresso della microfisica.
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La situazione presenta una notevole somiglianza con quella che si ebbe
agli inizi del Seicento, quando il sistema geocentrico di Tolomeo dovette
cedere il campo a quello eliocentrico di Copernico.
Allora come oggi la questione non si poteva decidere solo su base
empirica, poiché ambedue i sistemi erano in grado di descrivere
correttamente i fenomeni osservati. Allora come oggi il dibattito era
fortemente motivato da considerazioni ideologiche, allora come oggi
spesso ci si opponeva alle nuove idee ricorrendo a ragioni che Galileo
dimostrò essere prive di alcun valore. E quest'ultimo punto che verso il
1630 ispirò Galileo a scrivere il suo celebre Dialogo sopra i due massimi
sistemi del mondo.
La stretta somiglianza della situazione epistemologica generale mi ha
indotto a ricorrere a tre interlocutori immaginari che sostennero il famoso
dialogo in un momento critico della storia della scienza, per trar
vantaggio dalla loro saggezza in una congiuntura storica che, forse, si
può accostare per importanza a quella di tre secoli fa. Si è ritenuto che la
forma dialogica fosse un mezzo ideale per riprodurre il processo
dialettico di approfondimento della comprensione degli enigmi di fronte
ai quali ci pone la meccanica quantistica.
Gran parte degli aspetti sconcertanti di questa nuova epistemologia si
possono capire senza conoscenze tecniche: bastano alcuni fatti
fondamentali. Molto di quanto l'analisi di questi problemi ci ha fatto
comprendere ha vaste ripercussioni e apre nuove prospettive che
trascendono tutti i livelli dell'attività umana.
Tranne poche eccezioni destinate agli specialisti, tutto questo dialogo può
essere letto e capito da chiunque nutra sufficiente interesse per
l'epistemologia della scienza moderna.
Molti passi riproducono in modo più o meno fedele conversazioni reali o
brani di lettere o di pubblicazioni. Tuttavia, i tre interlocutori non
rappresentano persone reali; sono personaggi compositi, che
rappresentano ciascuno una tendenza attuale.
Spero che le persone viventi che si trovano ‘citate’ in questo modo siano
soddisfatte della precisione con cui le loro opinioni sono qui presentate.
Indice
Prefazione del cronista
Introduzione
9
11
GIORNATA PRIMA
GIORNATA SECONDA
GIORNATA TERZA
GIORNATA QUARTA
17
45
71
91
Note
125
J.M. Jauch
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