Tribunale di Arezzo, sentenza del 02/03/2004. Arbitrato societario. Impugnazione delle delibere assembleari. La clausola statutaria che deferisce ad un collegio arbitrale la risoluzione di “tutte le controversie di qualsiasi specie che potessero sorgere tra soci, l’amministratore o gli amministratori, i liquidatori o fra alcuni di essi relativamente sempre alla società”, senza alcun riferimento esplicito alle controversie fra soci e società, va interpretata in senso estensivo, ovvero nel senso di includere anche le possibili controversie che riguardino soci e società. Infatti è inevitabile che le potenziali controversie tra soci coinvolgano necessariamente la società che si esprime normalmente attraverso l’organo assembleare, a maggioranza dei soci. La tipica controversia fra soci è proprio quella che concerne l’impugnazione delle delibere assembleari e va appunto proposta contro la società (artt. 2377 e 2486 c.c). Relativamente ai limiti oggettivi della clausola, possono essere oggetto di arbitrato anche le controversie aventi ad oggetto l’annullabilità e la nullità delle delibere assembleari per qualsiasi causa, purchè non affette da vizio risolventesi nell’impossibilità o illiceità dell’oggetto, tali da rendere le delibere non convalidabili, il che vuol dire escludere dal campo di applicazione dell’arbitrato in materia societaria le sole ipotesi di delibere nulle contemplate nell’art.2379 c.c., coerentemente a quanto disposto dall’art. 1972 c.c. in materia di transazione. Dal punto di vista pratico, si tratta quindi di identificare le singole ipotesi relative all’impossibilità e illiceità dell’oggetto. A titolo meramente esemplificativo, per quanto riguarda le ipotesi relative all’impossibilità dell’oggetto, l’esperienza giurisprudenziale ci rinvia a quelle delle delibere prese in violazione di norme poste a tutela di terzi o a quelle di delibere inutili; è il caso di delibere di ripartizione dei beni sociali presi senza far luogo alla liquidazione, o di quelle che pronuncino la decadenza di un soggetto da una delle cariche sociali in casi in cui la stessa si sia già verificata automaticamente per la ricorrenza dei presupposti. Per quanto riguarda l’ipotesi di delibere nulle per illiceità dell’oggetto, sono tradizionalmente considerate aventi oggetto illecito, sempre a titolo esemplificativo, le delibere che escludono la distribuzione degli utili ai soci, o quelle, nelle S.p.a., che prevedono l’esclusione del diritto di opzione degli azionisti in relazione ad ogni altro futuro aumento di capitale, o quelle che comportano la soppressione del collegio sindacale là dove obbligatorio, o le delibere che approvano un bilancio falso. Comunque occorre analizzare ogni volta la singola fattispecie in esame, poiché è possibile individuare ipotesi in cui la violazione di una disciplina imperativa non comporta di per sé indisponibilità delle posizioni soggettive in capo ai singoli, e altre in cui all’inderogabilità della disciplina si ricollega l’indisponibilità delle posizioni soggettive in capo ai singoli.