Il contributo di Girolamo Valenza - Movimento Ecclesiale di Impegno

QUALE IDENTITA’ PER IL CRISTIANO OGGI? Il CRISTIANO
IDENTITA’ APERTA.
Spunti di riflessione per l’incontro di Torre di Palme di FERMO ( a cura di Mimmo Valenza)
Premessa. Il tema dell’identità cristiana è oggetto di investigazione teologica, culturale, socio –
politica. Riguarda l’essenza stessa della realtà umana. E’ una questione antropologica, perché
riguarda la qualità e la dignità dell’uomo, la definizione e la gerarchia dei valori; è una questione
che riguarda la qualità delle relazioni dell’uomo con gli altri uomini, con la scienza,con la tecnica.
E’ la stessa identità umana in discussione, Si registra una distanza sempre più divaricata tra la
visione cristiana dell’uomo e quella radicale, libertaria, egemone nella cultura contemporanea.
Molte teorie tendono a negare la parte spirituale dell’uomo. Ma c’è da chiedersi fin dove potrebbe
arrivare l’uomo con la sua ferocia e la sua capacità tecnica, se il suo agire fosse il semplice
prodotto di forze biologiche contrastanti, se smettesse di confrontarsi con qualche valore, se
l’uomo non avesse una coscienza, una reazione morale,, una critica, con le quali misurare il
proprio comportamento morale, se davvero sopprimesse l’anima.
Noi siamo convinti, perché crediamo, che c’è una Voce, che sempre grida all’uomo la sua vera
origine, la sua dignità: è lo Spirito di Dio. I discepoli di Cristo sono testimoni del compimento di
una promessa (Giovanni, 15- 16): “Vi manderò lo Spirito Santo. Egli è lo Spirito di Verità, vi
guiderà alla Verità tutta intera. Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al
giudizio” I discepoli sono i “mandati” ad annunciare la “salvezza del Risorto”, il Regno di
liberazione e di grazia (Luca, 18) “Io effonderò il mio Spirito su ogni persona; i vostri figli e le
vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni
(Atti, 2, 17)”, il Dio che ci ama, che ci ha rivelato di essere a sua immagine (Gen.,2) , di possedere
cioè la sua infinita dignità, in quanto suoi figli, e che, per dimostrare il suo Amore, si è incarnato
ed è morto sulla croce. I discepoli sono testimoni che Gesù di Nàzaret risuscitando, ci ha sciolto
“dalle angosce della morte….e ci ha fatto conoscere le vie della vita, ci ha colmato di gioia” con
la sua presenza (Salmo 15/14) I discepoli sono testimoni di una fede e di una gioia: Dio ama ed è
presente. Perché, conoscendo, queste cose, rimaniamo indifferenti e aridi, abbiamo“ un cuore
duro” (Paolo agli Ebrei, citando il Salmo 95)?
Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
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tu che detesti la disciplina
e le mie parole te le getti alle spalle? (Salmo 49, 16-17)
Il pericolo è che i cristiani si chiudano nei loro recinti, si difendano, siano vittime di quello che i
sociologi e gli psicologi chiamano "shock radicale”, che colpisce le popolazioni colpite dalle
calamità naturali. “ Lo shock radicale lascia le persone devastate in maniera cronica, a sbraitare
sul fatto che il loro mondo è stato loro brutalmente sottratto". Uno degli effetti dello shock
radicale è il voler vivere con persone simili a sé. Si diventa sospettosi e si prova disagio con la
gente diversa. Parte della comunità cristiana soffre attualmente di shock radicale. Il rischio opposto
è quello di cedere alle mode culturali, di indossare una identità debole, frantumata, sradicata dal
messaggio cristiano. Il dovere del cristiano è recuperare la sua identità, testimoniare la sua
cittadinanza spirituale, ricomporre a sintesi le diverse dimensioni del vivere. Il cristiano ha un
compito: difendere l’identità e la dignità dell’uomo quale immagine di Dio, questa identità forte,
infinita è aperta al mistero dell’infinita misericordia ed amore di Dio. La dignità della vita non è
negoziabile, non è nella disponibilità di alcuno. L’uomo è in relazione con Dio e Dio è relazione
con gli uomini (eros e agape), e questa relazione ha compimento nella persona di Gesù Cristo.
Verità sconvolgente: comprenderla significa comprendere la tremenda e meravigliosa
responsabilità del cristiano nel trasmettere questa sempre “nuova verità”. Significa anche essere
consapevoli dei “frutti” di questa novità, di essere coerenti “testimoni”, “edificatori” della pace e
della giustizia, difensori convinti della dignità dell’uomo e del creato, operai nella vigna del
Signore, costruttori della città dell’uomo.
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Convegno Ecclesiale di Verona. Vorremmo sperare che questa sia un’ occasione propizia per la
Chiesa italiana, per un ascolto, un dialogo, una condivisione per una risposta responsabile e
generosa. Ho il timore, spero infondato, che il suo organigramma, il previsto modo di svolgimento
e la rosa dei relatori che ne scandiranno i lavori non sembrano, per ora, lasciar prevedere un
dibattito davvero aperto ed ampio, anche se non si possono escludere, me lo auguro di cuore,
sorprese o novità.1
Sperimentiamo la difficoltà di uno spazio per il dialogo, nel quale all'interno della Chiesa si possa
francamente parlare, si possa conversare. Conversazione è una parola bellissima. Il suo significato
originario era "vivere insieme", "condividere una vita", “parlando, si può costruire una
comunità”. Una vita condivisa implica una condivisione di parole e di segni. Segni di speranza.
La Chiesa è tenuta unita dai milioni di conversazioni che attraversano i confini teologici e che
sanano le divisioni. La Parola è comunione. Attraverso la Parola siamo convocati a testimoniare la
Speranza del Regno e l’Amore del Padre. Questo è uno dei modi in cui troviamo il nostro posto
nella vita della Trinità e riviviamo la nostra identità. La Trinità è il Padre che dice la Parola, che è
il Figlio, e la loro condivisa emanazione dello Spirito. Christoph Schwöbel, teologo tedesco, ha
detto proprio che "Dio è conversazione". Verona sarà un evento della Chiesa italiana in cui
l’identità cristiana sia oggetto di ricerca o finirà per essere solo ostentata e celebrata?
Il cardinale Tetttamanzi ha sentito il dovere, di fronte ad una presentazione burocratica e
soddisfatta del cammino delle Chiese locali verso Verona, di dire che “nella Chiesa tutti devono
poter parlare, gerarchia e laicato”. Il parlare non è contrapposizione è ricerca, ascolto, dialogo,
valorizzazione dei carismi presenti nella comunità cristiana” Tettamanzi si è fatto voce di “un
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E’ giusto sottolineare il contributo dell’Azione Cattolica Italiana con il Convegno di fine aprile. In Agorà sonono
riportate la relazione del Presidente Alici e del teologo Brambilla. E’ stato ripreso il contributo della Comunità di Base. Per
il MEIC Andrea Favaro è incaricato di coordinare, a livello nazionale, gli interventi del Meic prodotti a livello locale, in
modo da poterli offrire come contributo del MEIC ai convegnisti. [email protected] . Il Meic delle Marche e il
gruppo Agorà hanno dedicato ai temi del convegno ecclesiale di Verona due iniziative:
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Una meditazione di S.E. Giuseppe Orlandoni sul tema “SIATE ESTIMONI DI SPERANZA Siate sempre
pronti a rispondere a chiunque vi do-mandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15) (Santuario
Madonna delle Rose 17 Dicembre 2005)
-
un seminario “Dare ragione della speranza: la trasmissione della fede e della cultura, oggi" La giornata
seminariale. I lavori sono stati organizzati insieme a mons. Giuseppe Orlandoni, vescovo di Senigallia, e sono
stati impostati con la collaborazione dell’Istituto teologico marchigiano e degli Istituti Superiori di Scienze
Religiose delle Marche e “Italo Mancini” di Urbino. Le relazioni sulla vita cristiana e sulla cultura attuale hanno
suscitato un dibattito coinvolgente, finalmente creativo e senza freni, fra il costituzionalista Renato Balduzzi,
presidente nazionale Meic, il filosofo Giancarlo Galeazzi, il teologo Mario Florio, vice direttore dell’ITM, Luca
Romanelli delegato Meic-Marche, Mimmo Valenza, Gastone Mosci, Vito D’Ambrosio, Giuseppe Dall’Asta,
Paolo Perucci, don Valter Pierini, il vescovo Orlandoni, Maria Crisafulli, Maria Pia Merli, Franco Porcelli. Un
primo argomento di fondo affrontato da Balduzzi: l’idea e la cultura della cittadinanza, come coltivare le
speranze umane per essere sensibili alla speranza cristiana, i beni ed i problemi della cittadinanza, la politica e la
democrazia (anche il riferimento al seminario del prof. Hugues Portelli il 17 mattina a Urbino sul disagio delle
periferie di Parigi ed i giovani); poi le sfide culturali d’oggi: il relativismo e il pluralismo, l’artificiale e il
naturale, la responsabilità e le libertà, l’identità e l’anonimato. Lo scambio d’opinioni non s’è fatto attendere.
Galeazzi ha ripreso il dare ragione della speranza e delle speranze come risposta per tutti gli uomini a partire dal
riconoscimento della loro dignità, dalla complessità del pluralismo ai segni della testimonianza. Poi, i processi e
le modalità del trasmettere la fede cristiana oggi sono stati analizzati dal teologo don Mario Florio: la fede come
messaggio di salvezza, come “globalità inafferrabile”, come trama di testimoni consapevoli membri del “popolo
di Dio”, espressioni della vita delle chiese locali, nel dialogo di tutta la famiglia umana e contro i
fondamentalismi, al di fuori della religione civile e dello strisciante abbraccio neo-clericale, una fraternità
misurata sul battesimo, sulla comunità e non sulla dimensione leaderistica o carismatica. Il contributo di Mario
Florio è stato denso ed articolato, ha sostenuto un dibattuto acuto che segnalo appena, ma avvincente e da
approfondire anche in relazione ai nuovi linguaggi, agli strumenti della comunicazione, all’ethos dell’Occidente,
alle identità etniche, al vuoto di progettualità verso il futuro. Viviamo in una situazione storica complessa. Cosa
possiamo fare e come possiamo sperare? Si riporta la relazione di M.Florio
Nel sito sono riportate la meditazione di mons. Orlandoni e la relazione del prof. Florio.
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bisogno di maggiore libertà per tutti, perché maggiore libertà significa maggiore
responsabilità” Il rischio è quello di proclamare valori che non hanno ascolto” Nell’intervento del
Cardinale vi un’attenzione alla politica perché spetta ad essa lavorare sulle condizioni reali di un
Paese, di una società, perché i diritti fondamentali possano realizzarsi nel segno del bene comune.
La Chiesa è interessata alla giustizia, ma suo compito è fornire testimonianze, segni, speranze,
energie morali e spirituali alle persone impegnate nella politica. Si avverte la necessità di un lavoro
in profondità di formazione, di studio, di educazione e di responsabilizzazione.
A Verona, il rischio è fare proclami etici, preconfezionare il dibattito, non ascoltare. Alici
ricordava nel convegno nazionale dell’Azione Cattolica (Verona 29/30 Aprile) in preparazione del
Convegno ecclesiale di ottobre, il pessimismo di Mounier "Il mondo attuale non incontra più il
cristianesimo. La parola di Dio diviene per esso propriamente lettera morta". A ben guardare, "lo
spirito della Chiesa non è divenuto insipido… Ma la lettera è quasi morta. Le sue parole non
passano più, i suoi atti non producono più, il mondo ha perduto la chiave del suo linguaggio, e la
Chiesa ha perduto la chiave del linguaggio degli uomini". Non si tratta, sempre secondo il filosofo
francese, di giocare ai riformatori della Chiesa, poiché solo lo Spirito è il vero riformatore. Si tratta
piuttosto di riscrivere la grammatica del dialogo tra la Chiesa e il mondo: "La cristianità, nella sua
pace di superficie, è messa oggi di fronte al più terribile dei drammi, in cui essa finora sia stata
ancora impegnata. Il cristianesimo non è minacciato di eresia: non appassiona più abbastanza
perché ciò possa avvenire. E’ minacciato da una specie di silenziosa apostasia provocata
dall’indifferenza che lo circonda e dalla sua distrazione”
Benedetto XVI, incontrando il 18 maggio i vescovi italiani, si è augurato che «il Convegno sia un
grande momento di comunione per tutte le componenti della Chiesa in Italia. Sarà possibile fare il
punto sul cammino percorso negli ultimi anni e soprattutto guardare in avanti, per affrontare
insieme il compito fondamentale di mantenere sempre viva la grande tradizione cristiana. A tale
scopo è particolarmente felice la scelta di mettere al centro del Convegno Gesù risorto, fonte di
speranza per tutti […] A Verona occorrerà dunque concentrarsi anzitutto su Cristo, perché in
Cristo Dio è concreto, è presente, si mostra, e, pertanto, concentrarsi sulla missione prioritaria
della Chiesa di vivere alla sua presenza e di rendere il più possibile visibile a tutti questa medesima
presenza. Su queste basi prenderete giustamente in esame i vari ambiti dell'esistenza quotidiana,
all'interno dei quali la testimonianza dei credenti deve rendere operante la speranza che viene da
Cristo risorto: in concreto la vita affettiva e la famiglia, il lavoro e la festa, la malattia e le varie
forme di povertà, l'educazione, la cultura e le comunicazioni sociali, le responsabilità civili e
politiche. Non vi è, infatti, alcuna dimensione dell'uomo che è estranea a Cristo».
Sinceramente, mi auguro che l’invito di Benedetto XVI venga raccolto, tutte le voci della Chiesa,
vescovi, preti e laici abbiano ascolto, nessuno si senta emarginato, le periferie della Chiesa abbiano
cittadinanza e dignità in nome della loro identità e dei carismi di cui sono portatori e testimoni.
Le nuove fragilità. Luca Romanelli2, in un intervento per il Settimanale “il Segno dell’Azio
Cattolica si augura che il Convegno di Verona sia un evento di speranza piuttosto che un dibattito
sulla speranza; che muova da uno sguardo franco sula realtà per andare alla ricerca di energie e
valori che sostengano e promuovano la vita della Chiesa e della comunità umana. Il tema delle
nuove fragilità, indicato come uno degli ambiti da approfondire, si presta naturalmente ad un
approccio come questo. Luca si sofferma su una particolare, ma diffusa fragilità, quella “interna”
alla comunità, cioè quella che ne coinvolge il “motore sano”: l’adulto, la famiglia, i giovani.
Riporto quasi per intero l’intervento di Luca, in quanto ci riporta nel concreto a misurarci sul tema
dell’identità smarrita delle nostre comunità e della fragilità che la percorre.
“«The lunatic is in my mind» quasi profetizzava una canzone dei Pink Floyd oltre trent’anni fa. È
«al lato oscuro della luna» che dobbiamo prestare attenzione.
Le nuove categorie sono quelle della “crisi dell’adulto”, di un “individualismo massificato” che
porta a una crescente estraneità dei soggetti, a una sempre più marcata irresponsabilità rispetto ai
compiti educativi e di solidarietà. I segnali forti sono quelli dell’aumento dei casi di depressione,
delle separazioni familiari, dello “sballo selettivo” ricercato attraverso l’alcool e l’uso illusorio
“controllato” di stupefacenti, e l’aumento del vandalismo giovanile gratuito. Anche nella tranquilla
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L’intervento integrale di Luca Romanelli può essere letto nel sito agorà.
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provincia italiana nascono le prime baby gang come a Los Angeles South Central. Già, proprio in
quella provincia (di cui è sostanzialmente fatta l’Italia policentrica) che molti hanno chiamato e
chiamano ancora “isola felice”: una definizione certo idealizzata, ma che riassume non troppo
male un quarantennio in cui i nostri tanti territori hanno percorso un cammino di sostanziale
crescita materiale e umana. Trainata da una “forza lavoro” (i nostri genitori).
Vogliosa di fare, costruire e uscire dalle ristrettezze del mondo rurale. Una generazione fiduciosa
nel futuro nonostante i sacrifici, contenta nella modestia e ancorata a una famiglia e a una fede, per
molti, salde pur nelle difficoltà. Una famiglia agenzia di “protezione solidale”, connessa ai
quartieri, ai campanili, allietata dai figli e dalla gioventù.
Da tempo tutto questo appare in discussione: altri poveri hanno guadagnato, come noi un tempo,
l’accesso ai mercati globali e ricchi, e spingono e sgretolano le basi del benessere economico
raggiunto qui. Invecchiamo, fisicamente e mentalmente; tendiamo a guardare troppo all’indietro,
facciamo fatica a improvvisare e innovare proprio quando il cambiamento dei paradigmi
economici richiederebbe più fantasia ed energia. La rendita, la pensione, l’affitto
dell’appartamento sembrano essere il nuovo miraggio, non più il lavoro, la professione, l’azienda.
Abbiamo anche molti meno figli su cui puntare, per cui pensare e progettare un futuro e delle
famiglie sempre più provvisorie, in cui lo stato di perenne conflitto e incomprensione assorbe più
che generare energie.
Anche la Chiesa, che da noi è ancora sostanzialmente “di popolo”, si svuota di giovani dopo il
ciclo di iniziazione.
Sacerdoti ultrasessantenni e pochi adulti timorosi fanno il possibile, ma non riescono granché a
rianimare comunità disorientate e che spesso trascinano la loro fede nella routine sacramentale.
Come generare speranza, allora? Ne abbiamo bisogno come il pane! Come ritrovare equilibrio e
spinta, personale e comunitaria, pur nella nuova, inevitabile precarietà?
Ac e Meic della mia diocesi, Fermo, hanno provato a chiederselo, “girando” le domande,
contenute in una traccia di riflessione (disponibile su www.acfermo.has.it ) distribuita ai politici e
agli operatori sociali locali. Dal confronto è emerso in primo luogo, chiaramente, il desiderio, dei
politici in particolare, di avere “luoghi terzi” dove si possa parlare di questi temi con un minimo di
serenità e si possano condividere riflessioni, senza l’assillo della polemica, della contrapposizione
strumentale e della ricerca parossistica della visibilità che sono un altro aspetto della nostra nevrosi
attuale; dove si possa essere d’accordo o cercare l’accordo su valori e sfide comuni. Che non sia
questa una strada (di riconciliazione) per la Chiesa Italiana? Sono emerse questioni interessanti su
cui si può lavorare, da destra e da sinistra e nella Chiesa:
a) mettere seriamente “la crisi dell’adulto” al centro dell’agenda delle politiche sociali (quando
esiste un’agenda perché spesso, nello “spappolamento” e nella fibrillazione continua che oggi vive
la politica manca pure questa, e quindi si costruisce sul niente);
b) ripensare ideologie acritiche (ed estranee al nostro ambiente culturale) che svalutano il pubblico
e mitizzano la delega al privato come panacea miracolistica dei problemi. Occorre al contrario
ritrovare un forte senso della socialità, lottare per ricreare, dove si sono dissolti, quei legami tra
individui, famiglie e generazioni. Qualche operatore suggerisce di “scardinare l’appartamento
delle famiglie” per “costringerle” quasi all’incontro con il prossimo, a partire dal condominio;
c) non sopravvalutare l’approccio “medicale” e specialistico alle politiche sociali, quindi
l’operatore sociale (o il politico) è quello che “raddrizza” le situazioni storte, mentre può più
utilmente essere “catalizzatore” di esperienze comunitarie positive che generano sostegno (un
esempio tra tanti, i gruppi di “auto-aiuto” di famiglie). Un metodo che spinge a valorizzare la
promozione delle persone rispetto alla burocrazia dei progetti e aiuta a superare una concezione
“astratta” e riduttiva dei servizi sociali, evidenziandone il potenziale e sottraendoli al ruolo
frequente di “cenerentola” delle amministrazioni pubbliche;
d) se “il malato” non è più “qualcuno la fuori”, in fondo una minoranza, ma siamo “noi qua
dentro”, potenzialmente tutti, le politiche sociali non possono che essere un presupposto
fondamentale di tutte le politiche. Se l’urbanistica, ad esempio, crea ghetti o comprime gli spazi di
socialità, a favore della rendita di fatto, “è” politica sociale distruttrice.
Queste considerazioni aprono uno spazio fecondo di riflessione anche per la Chiesa, a partire dalle
sue comunità locali: si può generare speranza creando occasioni di confronto, stimolando
un’opinione pubblica “sana” per la politica oltre che, quando occorre, inventando, attraverso il
volontariato, nuove soluzioni ai bisogni. Naturalmente sapendo che il servizio più grande per la
Chiesa è indicare la via di Gesù Risorto, speranza del mondo.
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Contesto ecclesiale, culturale e sociale in cui si colloca l’incontro:
- celebrazione dei quaranta anni dalla fine del Concilio;
- Convegno della Chiesa Italiana verso il IV Convegno nazionale;
- Settimana teologica del MEIC e dell’UCIM di fine agosto “A Dio e a Cesare: quale
laicità?;
- ricordo di Lazzati.
Le letture (fonti che possono aiutarci nella nostra riflessione):
Romano Penna “il DNA del Cristianesimo. L’identità cristiana allo stato nascente. Ed. S.
Paolo,2004-. Con la lettura del Nuovo Testamento e la rivisitazione della cristianità allo stato
nascente potremmo dire che il Messaggio cristiano è “novità antica”. Le pagine di Penna guardano
alle lontane origini del cristianesimo tenendo conto della sensibilità culturale di oggi, nel tentativo
di rispondere a una domanda sempre latente e intrigante: se Gesù Cristo si ripresentasse oggi, dopo
2000 anni, si riconoscerebbe ancora in coloro che sostengono di essere i fedeli custodi della sua
persona e del suo messaggio? La domanda che accompagnerà Bonhoeffer in ogni momento è: “
Chi è Cristo per noi, oggi” E la risposta cui giungerà è: “Gesù, l’uomo per altri”, completo
ribaltamento dell’uomo in sè di matrice greca. La vita di Bonhoeffer (E.Bethge, Leggere
Bonhoeffer. Queriniana, 2006) come quella dei tanti testimoni e martiri cristiani (Paolo, raccontato
dagli ATTI, Agostino, Benedetto, Francesco, Chiara, Caterina, e, nel nostro tempo, maestri come
Lazzati, La Pira, Dossetti), vibrano come un inno alla responsabilità liberante/creativa di un
messaggio e di un’identità cristiana e testimoniano che la compromissione/dialogica con la storia
sono inscindibili. La società del nostro mondo moderno maggiorenne, secolare, non è in grado di
risolvere da sé, autonomamente, i suoi problemi, in quanto «la Chiesa conserva il sapere dell’unica
cosa, che sana, l’amore del prossimo attraverso i fronti, che è possibile solo in Dio. » Una «Chiesa
per gli altri» di Bonhoeffer.
-
Ignazio Sanna. L’identità aperta. Il Cristiano e la questione antropologica. Ed.
Queriniana, 2006. Riprendo dalla copertina del libro alcuni stralci della presentazione
della ricerca di Sanna. La tesi è che “la concezione dell’uomo come immagine di Dio,
proposta dall’antropologia cristiana, è in grado di garantire e difendere la vera umanità
dell’uomo”. La categoria dell’uomo immagine di Dio, nucleo dell’antropologia cristiana,
ha una sua validità che supera le contingenze delle stagioni culturali, ed allo stesso tempo
ha reso possibile lo sviluppo di un’antropologia cristiana, non in contrapposizione alle
altre antropologie, ma in dialogo con esse. “Una tale concezione è capace di sostituire
un’identità aperta nel significato di debole, modulare, precaria, impersonale, con
un’identità aperta nel significato di forte, universalistica, esemplare, non esclusiva,
adattabile da ogni uomo, sotto ogni orizzonte di tempo e cultura, perché è il nucleo
dell’antropologia cristiana. Questa identità forte, propria dell’immagine di Dio, ha
diffuso nel mondo un tipico stile di vita e interpretazione del reale, uno stile ben delineato
nella lettera a Diogneto. Questo carattere di cittadinanza spirituale si deve realizzare
nella nostra società globalizzata nel rispetto della necessaria dialettica di incarnazione e
differenza….L’idea forte della natura umana, considerata incommensurabile perché
creata da Dio, difende l’uomo contro l’idea debole di una natura umana manipolabile
dalle biotecnologie come materia” (Barberi in Iesus, recensione del libro di Sanna.)3.
-
Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”. Con l’Enciclica, possiamo fare un
ulteriore passo in avanti nella ricerca ontologica dell’identità cristiana. La dinamica
-
3
In www.agoramarche.it si riporta l’introduzione al volume dello stesso Sanna. Su il Regno Attualità n.7
un’ampia recensione del volume;
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interna fra eros e agape, lo sviluppo dall’amore da indeterminato a determinato, con la
scoperta dell’altro, e la combinazione fra amore ascendente e discendente (n. 7) mostrano
in atto la qualità umanizzante della fede cristiana e il potente rinnovamento operato sia
nell’immagine di Dio che dell’uomo. Una « immagine di Dio» come unico (n. 9), in
relazione d’amore con l’uomo, in alleanza con un popolo, all’origine del gesto creativo.
«L’eros di Dio per l’uomo (…) è insieme totalmente agape». Egli è sorgente di ogni
essere, amante con tutta la passione, fonte di conoscenza e di esperienza mistica (unità col
divino in cui Dio e l’uomo rimangono sé stessi; n. 10). In parallelo s’illumina la nuova
immagine dell’uomo, non più scindibile fra dato carnale e spirituale, non isolabile né
rispetto a Dio, né rispetto alla creazione, né rispetto all’altro da sé (uomo-donna), né
rispetto agli altri che partecipano della stessa umanità. “A suggello di tale concezione,
Benedetto XVI ricorre alla teologia giovannea ed evoca la «figura stessa di Cristo che dà
carne e sangue ai concetti» con un «realismo inaudito» (n. 12). Comprendiamo l’amore
dal suo fianco squarciato e della sua offerta abbiamo «una presenza duratura attraverso
l’istituzione dell’eucaristia» (n. 13). Così a ciascuno è possibile vedere Dio nella
Scrittura, nei sacramenti, nella Chiesa, negli altri e mettere in pratica l’amore,
comprendendolo come sentimento, come conoscenza, come volontà, come relazione (n.
17). Se manca l’amore di Dio l’altro rimane un estraneo, se manca l’amore del prossimo
il rapporto con Dio si atrofizza (n. 18).”. (Regno 2/2006);
-
Su questi temi www.agoramarche.it fornisce ulteriori approfondimenti e documentazione 4:
1. Vivere il mandato di Loreto: il nostro servizio alla speranza relazione di Alici ai Presidenti e Assistenti
diocesani (Loreto Settembre 2005);
2. Balduzzi Relazione all’Assemblea Nazionale MEIC Nov.2005;
3. Casavola Intervento all’Assemblea Nazionale MEIC Nov.2005;
4. Sorge Per una Laicità nuova, Ed. Aggiornamenti sociali Nov.2005:
5. Sanna, Il Cristiano e la stagione postconciliare, Incontro Regionale Montegiove, 2005;
6. Testimonianze in ricordo di Lazzati (contributi di Martini, Rossetti, Tettamanzi, Guido Formigoni;
7. Dibattito sulla laicità(interventi di Kung, Rusconi; Editoriale di Vita e Pensiero, 2/2006; Rapetti,
Argomenti 2000, Zagrebelsky, D’Ambrosio; Mons. Pansa;
8. Verso il Convegno di Verona. La figura del cristiano 30.04.2006;
9. Disegni di speranza; il contributo dell'ACI di L. Alici 30.04.2006;
10. Lettera agli amici, a margine dell'incontro di Presidenza del Laboratorio di Colleameno;
11. La nuova cittadinanza del gruppo locale MEIC di Lecco;
12. E' possibile parlare di trasmissione della fede cristiana di M. Florio 27.02.2006;
13. Per una laicità nuova di B.Sorge 01.11.2005;
14. Il Cristiano e la stagione post - conciliare dei. Sanna 06.10.2005
15. Generare cristiani adulti, oggi. di V. Pierini 06.10.2005:
16. Cesare e Dio. Il Giorno del Signore, Eucaristia, la spiritualità del laico Cristiano 15.10.2005
17. Documento CEI, Lettera ai fedeli laici
Una sezione del sito è dedicata al Convegno di Verona
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Il sito agorà, certamente non esauriente e gestito in modo solitario ed approssimativo (aperto alla collaborazione) vuole
essere un servizio per aiutare nella ricerca e nella maturazione dei problemi e dei temi e soprattutto a costruire “comunità in
rete” Per l’incontro del 24 intende offrire suggestioni sul tema per farne oggetto della riflessione comune. Poi capacità di
suggerire piste, proporre di ricerche personali e per i gruppi/movimenti, anche per nostri incontri/ programmazione futura
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