Le ragioni del pluralismo religioso
4. La ragione teologica
Il pluralismo religioso chiede alla teologia di ripensarsi. Davanti alle
religioni, infatti, ogni teologia è chiamata a rinunciare al proprio
imperialismo religioso. La presenza di religioni e fedi diverse, e
soprattutto lo loro irriducibilità, chiede alle chiese cristiane, mosse
dalla vocazione missionaria all’ universalità, di smettere
l’ atteggiamento imperialista: il campo delle religioni non è quello della
concorrenza, casomai quello dell’ incontro, dello scambio. Non si
tratta di rinunciare alla propria identità, meno ancora al mandato
missionario senza il quale le chiese tradiscono la loro vocazione che è
quella della “ extro-versità” . Si tratta, piuttosto, di rivedere il rapporto
con le altre tradizioni spirituali e religiose.
Il pluralismo chiede di ripensare il dialogo interreligioso come condizione intrinseca alla verità. Dialogo
non solo e non tanto come “ strumento” , scelta strategica, quanto come condizione “ ontologica” per
accedere alla verità. Come condizione etica: il dialogo impedisce alle religioni di impadronirsi della verità,
essa non è mai possesso esclusivo di nessuna teologia e cosmovisione. Come condizione storica: la
“ verità” stessa delle religioni, insegna la storia, è costruita sul dialogo. L’ islam, ad esempio, non
sarebbe islam senza il contatto, lo scambio, il dialogo con il mondo ebraico e cristiano. E questo vale
anche per le altre tradizioni religiose, “ contaminate” storicamente dal rapporto, a volte dialogante,
spesso conflittuale, con le altre diverse fedi.
Il dialogo che il pluralismo religioso chiede di praticare arricchisce, mentre costringe a ripensare,
l’ interpretazione della fede. Senza il dialogo con l’ universo ebraico, ad esempio, la cristologia
ecumenica forse non potrebbe affermare che “ Gesù è ebreo ed è ebreo per sempre” ; senza il rapporto
con il mondo musulmano, la teologia cristiana poco avrebbe approfondito circa l’ impegno religioso nella
vita pubblica; ma anche senza le relazioni con le religioni tradizionali di Africa e America Latina, per non
dire dell’ immenso universo orientale, l’ antropologia cristiana farebbe fatica, forse, a pensare nei termini
di una solidarietà cosmica. Diversamente dagli elenchi di cui sopra, vogliamo tentare di dare conto della
riflessione teologica entrando più direttamente nei lavori provando a descrivere un processo di
discussione che in realtà è stato meno lineare di quanto qui riportato.
La sfida del pluralismo religioso, quindi, nel dibattito teologico è introdotta dalle ricerche offerte dalla
cosiddetta "teologia pluralista delle religioni": si tratta della proposta di cambiare radicalmente il modo di
considerare le altre religioni, superando non solo una visione ecclesiocentrica ed esclusivista della
salvezza (extra Ecclesiam nulla salus, su cui si veda G. Canobbio, Nessuna salvezza fuori della Chiesa?
Storia e senso di un controverso principio teologico, Queriniana, Brescia 2009), ma anche una visione
inclusivista e cristocentrica (tutti sono salvati in relazione a Cristo), per accedere a una visione teocentrica
e pluralista (al centro del piano salvifico di Dio c'è il mistero trascendente, al di là di ogni mediazione
umana, e quindi l'esperienza salvifica universale e non una determinata dottrina religiosa). Occorre ormai
riconoscere il valore salvifico delle altre religioni, in una logica pluralista e dialogica. Il punto di vista del
magistero cattolico, tradizionalmente cauto al riguardo, è reperibile nel documento della Commissione
Teologica Internazionale (CTI), Cristianesimo e religioni, del 1997, in La Civiltà Cattolica, I (1997), e nella
dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede Dominus Jesus (2000).
Documenta ampiamente questa svolta la raccolta di saggi curata da A.J. Hick - P. Knitter (a cura di),
L'unicità cristiana: un mito? Per una teologia pluralista delle religioni, Cittadella, Assisi 1994. Si tratta di
una raccolta di contributi che vogliono argomentare la necessità del "passaggio del Rubicone" verso una
comprensione teocentrica o "regnocentrica" del rapporto tra le religioni. La svolta implica la
relativizzazione di certezze quali la mediazione unica di Cristo e il ruolo costitutivo della Chiesa
nell'economia salvifica. Risponde polemicamente a questa provocazione la raccolta di saggi curata da G.
D'Costa: Aa. Vv., La teologia pluralista delle religioni: un mito? L'unicità cristiana riesaminata, Cittadella,
Assisi 1994, che studia le buone ragioni dell'affermazione del cristocentrismo inclusivista e contesta i
presupposti filosofici e teologici della visione pluralista. Merita una particolare attenzione il saggio
introduttivo di C. Molari, La fede cristiana in tensione tra lo specifico e l'universale, contenuto nel primo
volume citato (pp. 11-48). Si tratta di una buona panoramica sintetica dei vari modelli teologici in gioco
(esclusivista, inclusivista e pluralista), attento alle implicazioni cristologiche ed ecclesiologiche di ogni
modello.
Per un'analoga presentazione delle diverse posizioni in gioco, con una particolare attenzione al rapporto
di Cristo con le religioni, si veda il saggio di A. Amato, Bibliografia su Cristo e le religioni non cristiane, in
«Ricerche Teologiche», 4 (1993) 197-237, ripreso e aggiornato negli ampliamenti del suo corso di
cristologia: Id., Gesù il Signore. Saggio di Cristologia (Corso di Teologia Sistematica 4), Dehoniane,
Bologna 1999. Così come il volume del teologo E. Castellucci, Annunciare Cristo alle genti. La missione
dei cristiani nell’ orizzonte del dialogo tra le religioni, EDB, Bologna 2008, utile per una cronistoria
ragionata del cammino svolto dalla teologia cattolica in merito al rapporto con le religioni altre. In forma
più stringata si può vedere la panoramica delle posizioni proposta da M. Fitzgerald, Teologia delle
religioni: una panoramica, in «Il Regno Documenti», 3 (1997) 90-95.
Ciò che va chiarito, a questo livello del dibattito, è proprio il fattore che induce tale svolta e le sue buone
ragioni. Il sospetto è che si tratti di un'espressione di relativismo scettico sulla questione della verità, in
sintonia più con le esigenze della cultura postmoderna che con le istanze proprie della fede. L'esigenza di
dare un senso adeguato al pluralismo religioso è sviluppata da vari punti di vista (psicologico, filosofico,
teologico) negli atti del convegno promosso dall'Associazione Teologica Italiana e curati da A. Fabris - M.
Gronchi (edd.), Il pluralismo religioso. Una prospettiva interdisciplinare, San Paolo, Cinisello Balsamo
1998, in cui si trova una preziosa appendice bibliografica curata da F. Gaiffi. L'intento della ricerca è
quello di raccogliere la questione del pluralismo religioso a livello teorico, superando cioè il puro dato
storico e favorendo un approccio psicologico, filosofico e teologico, che valorizzi il contributo che possono
offrire le varie discipline che si occupano di tematiche religiose. La riflessione che ne emerge è
concentrata sul nesso tra particolarità e universalità, unità e molteplicità dell'esperienza religiosa.
Interessante il contributo di P. Stefani sulle visioni ebraiche del pluralismo religioso, che mediano la
coscienza dell'elezione particolare e l'universalità della rivelazione nella consapevolezza che «tutti sono
chiamati a riconoscere il Dio di Israele, non tutti, però, sono chiamati a diventare ebrei».
Nella stessa direzione offre spunti interessanti la riflessione di K.-H. Menke, L'unicità di Gesù Cristo
nell'orizzonte della domanda di senso, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, che cerca un dialogo critico
con la teologia pluralista delle religioni (J. Hick, P. Knitter) sul terreno della domanda di senso nella
cultura moderna. La vera difficoltà attuale non si troverebbe nell'affermazione dell'unicità di Gesù Cristo,
ma nella ricerca di un senso oggettivo valido per tutti. È questa la crisi moderna: Cristo rappresenta il
"senso per me", "catalizzatore della mia autoredenzione", senza essere il senso per tutti gli uomini di tutti
i tempi ("senso in sé"). Gesù Cristo ha valore in funzione della mia relazione con Dio, non invece in sé, in
quanto realizza una relazione con Dio in cui Dio stesso si incarna.
A questi studi va aggiunta la lucida analisi dell'attuale sfida del pluralismo religioso al cristianesimo,
proposta da H. Waldenfels, Il fenomeno del cristianesimo. Una religione mondiale nel mondo delle
religioni (Giornale di Teologia 236), Queriniana, Brescia 1995. La ricerca, dopo aver fatto il punto sulla
situazione del cristianesimo nel mondo secolarizzato, cerca di cogliere l'identità cristiana sullo sfondo del
contesto multireligioso. Analizza pertanto le grandi religioni mondiali per riprendere, alla luce di questa
nuova precomprensione, il contributo insostituibile del cristianesimo. La sua originalità sta nella relazione
con Gesù che apre nuove capacità di dialogo e confronto sulla verità dell'uomo e di Dio.
Vuole offrire una via media tra l'istanza della teologia pluralista e lo schema cristocentrico-inclusivista la
riflessione di J. Dupuis, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso (Biblioteca di Teologia
Contemporanea 95), Queriniana, Brescia 1997, pp. 592, . L'ampio studio del gesuita belga, che
rappresenta un punto di riferimento sul tema, raccoglie riflessioni già avviate in Id., Gesù Cristo incontro
alle religioni, Cittadella, Assisi 1989. La lettura di quest'opera precedente fa capire lo sfondo da cui
emergono alcune esigenze teologiche, dando l'idea degli interlocutori principali (soprattutto di ambito
induista) della riflessione. La proposta di Dupuis è animata da due esigenze maggiori: anzitutto quella di
raccogliere l'istanza pluralista di pensare al senso e alla funzione delle altre religioni nel piano di Dio. Non
si tratta più solo di pensare a come si possono salvare i non-cristiani oppure se vi siano elementi di verità
nelle altre religioni. Si tratta di capire il loro ruolo salvifico (di diritto) nel piano di Dio. Solo se si riesce a
scoprire questo ruolo il dialogo diventa vero, perché reciproco: i cristiani, infatti, possono ricevere
frammenti di verità salvifica dalle altre religioni, che li arricchiscono poiché provengono da Dio stesso e
non solo dall'anelito religioso dell'uomo. La seconda esigenza è quella di fare una teologia attenta ai
diversi contesti e quindi inculturata. Ma l'attenzione al contesto implica una valutazione positiva
dell'universo di senso in cui inscrivere l'annuncio evangelico, un universo già animato dalla presenza
dello Spirito. Queste due esigenze condizionano la ricerca, soprattutto nella parte positiva-storica sulla
comprensione del rapporto tra la Chiesa e le altre religioni.
Di questa prima parte dell'opera, storico-positiva, va apprezzata la coerenza e vastità della ricostruzione,
attenta a segnalare le svolte epocali nelle relazioni della Chiesa con le religioni (interpretazione
agostiniano-pessimista della condizione dell'uomo al di fuori della Chiesa; svolta legata alla scoperta del
Nuovo Mondo; intuizioni del Vaticano II e di Giovanni Paolo II). La seconda parte sintetico-tematica si
apre con il tema della storia della salvezza, intesa quale prospettiva per armonizzare le religioni nel piano
divino. Propone una complementarietà delle religioni, ricondotte alle diverse alleanze (noachica,
abramitica, mosaica, nuova) che mantengono il loro valore (non sarebbero "abolite") e da qui rilegge il
senso della rivelazione nei diversi testi sacri e il rimando al mistero divino, inteso come orizzonte
trascendentale dell'esperienza religiosa umana (ispirazione rahneriana). In questa prospettiva rilegge il
ruolo di Cristo nell'economia salvifica, il valore salvifico delle altre religioni e il ruolo della Chiesa nella
realizzazione del Regno di Dio. Ne derivano le indicazioni finali sul dialogo e la missione. Riprende le sue
intuizioni, tenendo conto delle obiezioni fatte l'opera di J. Dupuis, Il cristianesimo e le religioni. Dallo
scontro all'incontro («Giornale di Teologia», 283), Queriniana, Brescia, 2001.
Un'originale proposta su questi temi viene anche dalla riflessione della Pontificia Università Lateranense,
che raccoglie un'eredità teologica di tutto rispetto, legata ai nomi di P. Rossano, Il problema teologico
delle religioni, Paoline, Catania 1975 e, postumo, Dialogo e annuncio cristiano. L’ incontro con le grandi
religioni, Paoline, Milano 1993, e di V. Boublik, Teologia delle religioni, Studium, Roma 1973.
Una più recente reinterpretazione del senso del pluralismo religioso è legata in particolare ai nomi di P.
Coda e M. Bordoni, le cui riflessioni sono raccolte negli atti di un Convegno del 1996: P. Coda (ed.),
L'unico e i molti. La salvezza in Gesù Cristo e la sfida del pluralismo, Mursia - PUL, Milano - Roma 1997.
Si tratta di una rilettura trinitaria e quindi relazionale del cristocentrismo: se l'identità cristiana è legata
all'atto di Cristo che si dona (croce) e quindi a una logica di kenosi che rivela la relazionalità quale verità
ultima su Dio (Trinità) e sull'uomo (carità), la sfida del pluralismo diventa una provocazione a recuperare il
cuore della fede cristiana.
Diversi saggi uniti da questa prospettiva sono ora raccolti nella corposa opera di P. Coda, Il Logos e il
Nulla. Trinità, religioni, mistica, Città Nuova, Roma 2003, che offre un'abbondante informazione su molte
problematiche connesse alla teologia delle religioni. Il titolo dell'opera rimanda alle due piste centrali della
riflessione: la Parola della rivelazione di Dio (Logos), che rimanda all'originale pretesa cristiana
dell'incarnazione del Verbo, e l'esperienza mistica dell'incontro dell'uomo con l'alterità di Dio (nulla), in cui
si realizza l'abbandono creaturale al Mistero. I due movimenti, dall'alto (rivelazione) e dal basso (tensione
a Dio fino all'unione mistica) si incontrano nella fede. I saggi mostrano come in questi movimenti si
articola diversamente l'incontro tra cristianesimo e altre esperienze religiose.
A questa già ricca e articolata letteratura sul tema specifico del pluralismo religioso bisognerà aggiungere
i lavori dell’ ATI, soprattutto Cristianesimo, religione e religioni, a cura di Aliotta M., San Paolo, Cinisello
Balsamo, 1999 e Russo A., Dio a colori. Pensare Dio nell’ orizzonte del pluralismo, San Paolo, Cinisello
Balsamo 2002; e ancora il volume curato da Gronchi M., La salvezza degli altri: soteriologia e religioni,
San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004. Sulla stessa linea, attento e ben documentato è il libro di Canobbio
G., Chiesa religioni salvezza. Il Vaticano II e la sua recezione, Morcelliana, Brescia 2007. Di metodo
teologico per fare teologia delle religioni ragiona, invece, il volume curato da Crociata M., Teologia delle
religioni. La questione del metodo, Città Nuova, Roma, 2006; intorno al tema cristologico, invece, la
ricerca offerta da Gade R., Cristo nelle religioni. La fede cristiana e la verità delle religioni, Borla, Roma
2005, mentre in ordine all’ etica e ad una teologia ecumenica delle religioni sono i lavori di Küng H., in
particolare Ricerca delle tracce. Le religioni universali in cammino, Queriniana, Brescia 2003 e Progetto
per un’ etica mondiale, Rizzoli, Milano, 1991. Da segnalare, invece, come uno dei pochi lavori di ricerca,
almeno in lingua italiana, sul fondamento biblico del pluralismo religioso quello di Odasso G., Bibbia e
religioni. Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Urbaniana University Press, Roma 1998.
L’ urgenza e insieme l’ indispensabilità anche per la teologia di ripensare i caratteri del pluralismo
religioso è offerto, invece, dal prezioso libretto di Panikkar R., L’ incontro indispensabile: il dialogo delle
religioni, Jaca Book, Milano 2001. Mentre l’ interpellanza, come direbbe proprio Panikkar, del pluralismo
religioso alla teologia è raccolto dai lavori della rivista Concilium, da tempo “ sul pezzo” , soprattutto con
il recente volume monografico curato da Susin L.C. e Queiruga A.T. Teologia e pluralismo religioso in
Concilium 1 (2007). Ad affiancare queste ricerche, infine, occorre segnalare anche quelle offerte, tra altri,
dal già citato Geffrè C. Verso una nuova teologia delle religioni, in Aa. Vv., a cura di Gibellini R.,
Prospettive teologiche per il XXI secolo, (BTC 123) Queriniana, Brescia 2003 dove, come introdotto, si
propone il pluralismo come nuovo paradigma per la teologia del XXI secolo. Ancora con carattere di
sintesi si propone il lavoro di Selvadagi P., Teologia delle religioni, in AA. VV. (P. Coda- G. Canobbio) La
teologia del XX secolo. Un bilancio vol 3. Prospettive pratiche, Città Nuova, Roma 2003. Dal punto di
vista della raccolta sistematica del pensiero magisteriale sul dialogo, utile il monumentale lavoro di Gioia
F., Il dialogo interreligioso nel magistero ufficiale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2004. Infine,
partecipano a questa bibliografia anche i lavori di Cozzi A., in particolare Gesù Cristo tra le religioni.
Mediatore dell’ originario, Cittadella, Assisi, 2005 (autore, quest’ ultimo, al quale dobbiamo molte delle
note e segnalazioni bibliografiche che hanno composto fin qui il percorso della ragione teologica).
Ora, mentre lo stesso Knitter P. in Introduzione alle teologie delle religioni, Queriniana (gdt 315), Brescia,
2005 riprende e sviluppa una nuova classificazione ed interpretazione circa il percorso della teologia
cristiana delle religioni secondo un modello più fenomenologico (sostituzione, compimento, reciprocità e
accettazione) rispetto a quello classico tripartitico (esclusivismo, inclusivismo e pluralismo), una
panoramica circa la teologia delle religioni vista soprattutto a partire dalle comunità del sud del mondo è
quella offerta da Vigil JM. in Teologia del pluralismo religioso, Borla, Roma, 2008. Sempre in ordine al
tentativo di classificazione dei modelli e atteggiamenti della teologia davanti al pluralismo sono le
proposte di Panikkar R. Il dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, Assisi, 2001 (di questo importante
autore è in via di pubblicazione presso la Jaca Book l’ intera opera omnia prevista in dodici volumi,
essendo già pubblicati il tomo I e II di Mistica e Spiritualità), quella di Queiruga A.T., Dialogo delle
religioni e auto comprensione cristiana, EDB, Bologna, 2007 dove si opta per una prospettiva pluralista
capace di ri-fondare le cifre della teologia cristiana.
Fin abbiamo cercato di dare conto della ormai vasta pubblicista sul tema. Mancano all’ appello le
ricerche “ oltre manica” soprattutto di autori come Cobb John oppure Tracy David per citarne solo alcuni.
Manca soprattutto la voce asiatica che pure di dialogo e teologia del pluralismo religioso si è occupata e
pre-occupata (vedi alla voce Amaldoss M., Il volto asiatico di Gesù, EDB, Bologna 2007 e Costruire pace
in un mondo pluralista, EDB, Bologna, 2008; Pieris A., Teologia asiatica della liberazione, Cittadella,
Assisi, 1988 e Wilfred F., curatore del numero 5 della rivista Concilium sul tema Un altro mondo è
possibile). Manca, insomma, nel panorama italiano, che pure ha tradotto e pubblicato molto, la raccolta di
riflessioni sul tema del pluralismo religioso visto a partire dal sud, la dove, ci dicono i sociologi, è ormai il
“ centro” della vita cristiana, ma anche delle altre religioni. Crediamo di riempire tale mancanza se
proviamo a descrivere l’ interessante, magari ancora incipiente, riflessione che i teologi e le teologhe del
sud del mondo hanno messo in cantiere con il progetto editoriale denominato “ Per i molti cammini di
Dio” , tradotto finalmente anche in italiano. Vogliamo rendere conto, allora, di alcuni spunti e pensieri
“ divergenti” prodotti da tale ricerca.
Il progetto editoriale che andiamo presentando è di iniziativa della commissione teologica sudamericana
dell’ associazione ASETT/EATWOT (Associazione dei teologi e delle teologhe del terzo mondo). Si
compone di cinque volumi pubblicati in spagnolo e portoghese, in inglese e ora anche in italiano (l’ ultimo
volume è in programmazione per il 2012 per conto della casa editrice Pazzini che ha ripreso la
pubblicazione degli ultimi tre volumi dopo che i primi due erano stati editi da EMI). Secondo il progetto dei
curatori, Vigil J.M., Tomita L., Barros M., i cinque volumi vogliono aiutare il lettore a fare un percorso
intorno al tema del pluralismo religioso così articolato: mentre il primo volume della serie “ Por los
muchos caminos de Dios” (titolo italiano: I volti del Dio liberatore, EMI, Bologna, 2003) vuole, attraverso
il sottotitolo: “ sfide del pluralismo religioso alla teologia della liberazione” , indicare appunto le sfide che
si aprono alla riflessione teologica con il riconoscimento del pluralismo, una prima risposta a tali sfide è
quella raccolta con il secondo volume (anch’ esso tradotto per i tipi EMI, 2004) con il sottotitolo: “ verso
una teologia cristiana latinoamericana del pluralismo religioso” . Un terzo volume, invece, propone un
salto “ epistemologico” volendo provare a descrivere un’ iniziale “ teologia latinoamericana pluralista
della liberazione” come recita il sottotitolo anche dell’ edizione italiana ora edita da Pazzini, Villa
Verucchio (RN), 2010 e che conserva il titolo originario del libro Per i molti cammini di Dio. Il quarto
volume apre la stessa prospettiva teologica in ambito intercontinentale e non più solo latinoamericano,
mentre il quinto e ultimo volume propone, non senza coraggio, la costruzione di una futura “ teologia
multireligiosa e pluralista della liberazione” in prospettiva mondiale. Il volume quarto è edito da Pazzini
(2011), con il sottotitolo: Teologia liberatrice intercontinentale del pluralismo religioso, mentre il quinto
attende di essere pubblicato per il 2012 dallo stesso editore proponendo come titolo complessivo: Per i
molti cammini di Dio: verso una teologia planetaria.
Volendo dire la logica interna al percorso, dopo i titoli, nelle intenzioni di curatori e autori dei materiali
(sono articoli di un gruppo variegato di teologi e teologhe) il primo volume si limita a segnalare le sfide del
pluralismo, mentre i quattro successivi vogliono costruire positivamente una teologia del pluralismo. I
primi due sono ancora alla ricerca di un paradigma pluralista, mentre gli altri tre lo assumono
interamente; i primi tre sono latinoamericani, mentre gli altri due sono “ mondiali” e, infine, i primi quattro
sono di teologia cristiana, mentre il quinto si propone come teologia interreligiosa. Rimane, dicono gli
autori, che tutti sono volumi di teologia della liberazione.
Se questo impianto così articolato si sostiene vorremo qui, anche se brevemente, provare a dare conto
del quinto volume dal momento che esso, almeno nella intenzione degli autori, si propone come novità:
quella rappresentata da una riflessione non più solamente cristiana sulle religioni e sul pluralismo (cosa
che, se il lettore ha avuto pazienza di leggere fino a questo punto la rassegna, occupa tutti i titoli citati fin
qui, dentro e fuori occidente), ma ora addirittura “ multi religiosa” se non “ pluralista” . Insomma: una
teologia pluralista del pluralismo religioso. Strada non facile. Anche per un’ oggettiva difficoltà
metodologica se non epistemologica (da quale punto? con quale metodo?...).
Per questo la scelta da parte dei tre curatori del progetto editoriale è quella, in questo tomo finale, di
lanciare una domanda di partenza: dopo aver precisato il contesto da cui scrivono (quello della
liberazione certo, ma anche quello delle presenze multi religiose oppure ancora e tanto più della “ doppia
appartenenza” visto come identità religiosa che trascende l’ identità confessionale) essi chiedono se,
mentre è possibile per l’ esperienza religiosa del credente, non possa essere possibile anche per quella
del teologo “ ragionare” in termini transconfessionali? Oltretutto, dicono ancora i curatori del volume, se
è vero che siamo in presenza di un nuovo tempo assiale, di un cambiamento d’ epoca dove le religioni
per come le abbiamo conosciute hanno esaurito il loro compito (quello di servire alle domande della
società agricola che sta scomparendo lasciando repentinamente il posto alla società della conoscenza),
non è il caso di pensare ad una “ teologia post-religiosa” ossia più in là delle “ religioni agricole” ? E non
dovrebbe essere questa nuova teologia, davanti alle domande nuove, una teologia laica, pubblica,
interreligiosa, planetaria e appunto pluralista? Questo si chiedono e chiedono ad una serie di specialisti di
diversa confessione, religione e competenza. I quali rispondono e le cui risposte compongono, allora, a
mo’ di cantiere aperto, il volume in questione. Con evidenti conclusioni aperte.
Risponde, per esempio, Amaladoss M., sostenendo, questo il titolo del suo articolo, di “ essere cristiano
indù” : lo può dire anche a partire dalla propria biografia di indiano-cristiano. Egli si sente cristiano-indù
dove quest’ ultimo non è un sostantivo, ma un aggettivo, perché la meta non è il pluralismo, ma il nondualismo. Lezione orientale in ordine all’ identità. Barros M., oltre ad essere un curatore dell’ opera,
propone alla ricerca quella che egli definisce una “ spiritualità trans-religiosa” capace di custodire la
fragile trasparenza dell’ Assoluto. Diversamente dalle parole imprestate delle teologie ufficiali che dicono
per noi, l’ esperienza religiosa personale sa che non trova mai tutte le parole per dire l’ Eterno. Esso è
confessato in tante e diverse esperienze spirituali: che posso conoscere senza abbandonare la mia.
Brighenti A., altro teologo sudamericano, segnala, in risposta alle domande iniziali, i problemi
metodologici di una teologia pluralista. Se essa si presenta come trans-confessionale dobbiamo prima
capire se è possibile una teologia trans-culturale per poter rispondere dal momento che ogni grammatica
religiosa si esprime in linguaggi culturali. La sfida davanti è quella di procedere con rigore usando la
sintassi (il che cosa) e insieme la semantica (il come) della teologia. Prima di pensare a una teologia
transconfessionale, dice l’ autore, quello che possiamo fare è una teologia pluriconfessionale e magari
pluriculturale capace di occuparsi dell’ esistenza e non solo dell’ essenza delle persone.
Il volume prosegue raccogliendo gli spunti e le intuizioni di un fedele Baha’ i (Egea A.) che si interroga
sulla possibilità di una teologia trans religiosa, aggiunge, quindi, brevi riflessioni di un buddista (Loy D.), di
un musulmano (Omar I.) e anche di un indù (Seshagirirao K. L.) ognuno a suo modo “ disponibile” ad
una teologia o anche solo una riflessione che tenga nel dovuto conto la dimensione del pluralismo. Come
intermezzo a questi contributi è presentata la proposta di un famoso teologo “ pluralista” quale continua
ad essere Knitter P., che riflette attorno al mistico e al profetico di ogni religione dove appare evidente
che è “ molto più importante “ fare” fedelmente la verità che “ conoscerla” pienamente” , rivendicando
una priorità dell’ ortoprassi sull’ ortodossia, mentre al dibattito partecipa anche un pensiero africano che,
con Magesa L., mette in guardia dal trasformare una religione in ideologia, incapace questa di includere i
punti di vista degli altri. Qui il contributo africano appare proprio quello di un certo allenamento
nell’ ascoltare e imparare da ciò che gli altri dicono. Alla domanda circa la possibilità di una teologia
“ trans-confessionale” non si esime neppure un contributo autorevole quale quello offerto da Panikkar R.
Egli sostiene la necessità di una confessione di fede aperta e non fanatica, umile e non apodittica,
dialogica e non solipsistica aiutando a interpretare la propria confessione di fede e liberandola dal rischio
di ridursi a dottrina.
Circa una cristologia pluralista ragiona il pensiero di Pieris A., offrendo qui come possibilità quella di una
“ cristologia della liberazione delle religioni” . Di una teologia post-religiosa e post-cristiana si occupa,
invece, il saggio di Robles J. A. come spazio dove accogliere tutte le espressioni genuinamente religiose.
Finalmente, dal mondo del sud viene una voce “ divergente” anche in ordine al tema-problema del
sincretismo. Infatti, il lavoro di Soares M. L., vuole aiutare a ripensare il sincretismo oltre l’ accezione
occidentale che lo pensa come equivalente di “ c’ è posto per tutto” e dentro la pratica delle esperienze
religiose del sud che vivono la doppia appartenenza e il sincretismo in generale come esperienza dove
“ c’ è posto per tutti” . Oltre ad una mistica religiosa disegnata da Texeira F., il futuro della teologia è
descritto da Vigil J. M., dove, secondo l’ autore, la teologia che verrà non sarà segnata tanto dal “ teo”
come non sarà più tanto “ logia” . Essa, invece, potrà essere ancora confessionale, ma saprà essere
sempre di più ecumenica e sovra confessionale e in ogni caso pluralista. Una teologia comparativa
capace di farsi carico delle parole degli altri; ancora di più sarà interreligiosa e sicuramente liberatrice.
Insomma, tanto seducente futuro davanti.
Accogliere nel dibattito sul pluralismo religioso queste voci, magari ancora incipienti, aiuta lo stesso a
confrontarsi con una diversa interpretazione del tema-problema, invita a vedere da altre prospettive,
suggerisce il futuro che abbiamo davanti piuttosto che solo il patrimonio che ci portiamo dietro. E se
queste “ ragioni” non sono sufficienti, lo sia, invece, una consapevolezza “ demografica” quando non
“ democratica” che ci avverte del “ nuovo indirizzo di Dio” e della vitalità, certo sempre ambivalente,
delle comunità religiose del sud, cristiane e non.
a cura dell'ISE San Bernardino
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