Basi conoscitive per la sospensione dell`indice dei prezzi

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Basi conoscitive per la sospensione dell’indice dei
prezzi praticati dai grossisti
Cognitive Bases for the Suspension of Wholesale Price Index
Maria Moscufo
ISTAT, Direzione Centrale Istituzioni Imprese, Servizio Statistiche dei Prezzi, Via
Torino, 6, 00184 ROMA, [email protected]
Laura Leoni
ISTAT, Direzione Centrale Istituzioni Imprese, Servizio Statistiche dei Prezzi, Via
Torino, 6, 00184 ROMA, [email protected]
Abstract: In the last years, deep changes in the Italian distributive system have
modified and reduced the importance of the role and the functions of wholesalers.
Following these changes, the wholesale price index lost the peculiarity of accuracy and
clear interpretability; so the National Institute of Statistics suspended the publication of
this index and began a research to discover the markets where wholesale trade is still
important in the final formation of prices and, consequently, to produce indices only for
these markets. In this document, we expose the principal results of this research and
resume the main reasons that have induced the National Institute of Statistics to stop the
computation of wholesale price index and not to calculate indices for single markets.
Parole Chiave: wholesale price index, channel sales
1. Introduzione
Nel 1998, l’Istituto nazionale di statistica ha sospeso, con i dati relativi al
gennaio dello stesso anno, la pubblicazione dell’indice dei prezzi praticati dai grossisti.
Tale indice era nato dal precedente indice dei prezzi all’ingrosso, relativo agli scambi di
beni tra imprese di qualsiasi natura, prodotto dal 1932 al 1989. In seguito a direttiva
comunitaria, una parte dei prezzi, e cioè quelli relativi a transazioni nelle quali il
contraente venditore è un’impresa industriale, confluirono nel calcolo dell’indice dei
prezzi alla produzione dei prodotti industriali, elaborato con metodologia comune da
quasi tutti i paesi della Comunità Europea, mentre la rimanente parte dei prezzi, quelli
relativi agli scambi nei quali il contraente venditore è un’impresa commerciale, furono
raccolti nell’indice dei prezzi praticati dai grossisti.
Nel corso degli anni ‘90, le profonde modificazioni intervenute nella
configurazione del sistema distributivo italiano, determinando il ridimensionamento e la
perdita di riconoscibilità del ruolo e della funzione dei grossisti nella formazione finale
dei prezzi, hanno reso di difficile interpretazione il significato dell’indice sintetico dei
prezzi praticati dai grossisti imponendo una sua attenta riconsiderazione. Questo ha
indotto l’Istituto a sospenderne la pubblicazione e ad avviare una ricerca sul comparto
del commercio all’ingrosso finalizzata a verificare l’esistenza di settori merceologici in
cui l’attività di intermediazione all’ingrosso avesse ancora un ruolo chiaro e
determinante nel processo di formazione finale del prezzo e a valutare,
conseguentemente, l’opportunità di procedere al calcolo di indicatori di prezzo, relativi
a tale fase di commercializzazione, soltanto per tali settori.
Nel presente studio sono riportati i principali risultati di tale ricerca. Lo studio si
articola in tre parti: nella prima parte, vengono esaminate le trasformazioni e la
dinamica evolutiva del comparto del commercio all’ingrosso negli ultimi 20 anni; nella
seconda parte, viene descritto l’indicatore, stimato sulla base dei dati Istat disponibili,
utilizzato per identificare i settori merceologici in cui l’attività dell’ingrosso è ancora
rilevante sotto il profilo della formazione finale del prezzo; nella terza ed ultima parte,
sono descritti i principali effetti delle modificazioni intervenute nella distribuzione
commerciale sulla rilevazione dei prezzi all'ingrosso e sono riassunte le motivazioni che
hanno indotto l’Istat a cessare la produzione dell’indice dei prezzi praticati dai grossisti
e a non procedere, neppure, al calcolo di indicatori di prezzo per settore.
2. I mutamenti nella distribuzione all’ingrosso
Nel corso degli anni ’90, il mercato dei beni ha subito profonde trasformazioni
che hanno fatto saltare la tradizionale filiera produzione-ingrosso-dettaglio/impresa
utilizzatrice e hanno drasticamente modificato e ridimensionato la funzione degli
intermediari commerciali. I principali fattori di cambiamento del mercato, che hanno
determinato tali sviluppi, sono stati: la crescente internazionalizzazione dell’economia;
la rivoluzione commerciale caratterizzata dall’aumento della concentrazione della
distribuzione al dettaglio alla quale ha fatto seguito una crescente integrazione e
connessione con il mondo della produzione; lo sviluppo delle politiche di
differenziazione da parte dei produttori che ha aumentato la loro necessità di integrare a
valle almeno le funzioni informative e ha portato alla diffusione di forme diverse di
integrazione verticale discendente (ad esempio, il franchising); l’aumento della
produttività nel settore dei trasporti che offrendo servizi logistici disgiunti da quelli
commerciali ha facilitato l’integrazione a valle dei produttori abbassandone le barriere;
e la diffusione delle innovazioni nelle tecnologie informatiche che consentendo un
approccio più razionalizzato alla gestione dei rapporti tra produttori e clienti ne hanno
facilitato le relazioni dirette con conseguente esclusione degli intermediari grossisti.
Ciò che è emerso, in particolare, anche dall’esame dei dati strutturali1 è: un calo
consistente del numero degli esercizi all'ingrosso; un continuo indebolimento del ruolo
delle aziende grossiste lungo tutte le filiere distributive con la riduzione della quota di
produzione da esse intermediata quale risultato dell’integrazione della funzione di
ingrosso; una progressiva diversificazione della struttura del comparto dell’ingrosso nel
quale, in risposta ai cambiamenti nei mercati, sono state adottate innovazioni
organizzative e di prodotto con la formazione di gruppi di acquisto e unioni volontarie e
l’apertura dei cash and carry; una crescente specializzazione dei grossisti, che hanno
reagito alle difficoltà competitive collocandosi in posizioni di nicchia e svolgendo
attività sempre più complesse e articolate, difficilmente standardizzabili.
Censimenti ISTAT ‘81 e ’91, Censimento Intermedio ’96, dati MICA – Ministero dell’Industria,
Commercio e Artigianato.
1
3. Una stima del peso dell’attività di intermediazione svolta dai
grossisti nei singoli settori merceologici
Per l’identificazione dei settori merceologici in cui l’ingrosso è ancora rilevante
si è proceduto a quantificare il peso dell’attività di intermediazione svolta dai grossisti
lungo i canali di vendita dei singoli mercati mediante una stima delle quote di
produzione commercializzata e di importazioni intermediata dalle imprese commerciali
censite nelle categorie di attività del commercio all’ingrosso secondo la classificazione
ATECO 91, cod. 51, con la disaggregazione massima alle 5 cifre (ogni categoria, infatti,
coincide con un determinato settore merceologico). A tale scopo è stata utilizzata la
seguente espressione:

QI i   ACi



FV j i   M j i   100
j ( i ) 1
K


dove i indica una determinata categoria di attività del commercio all’ingrosso; j è il
gruppo di prodotti acquistati e rivenduti senza trasformazione dalle imprese appartenenti
alla categoria del commercio i; QIi è la quota di produzione commercializzata e di
importazioni di beni intermediata dalle imprese commerciali della categoria i; ACi sono
gli acquisti di prodotti da rivendere senza trasformazione effettuati dalle imprese
commerciali della categoria i; FVj(i) è il fatturato realizzato dalle imprese produttrici
mediante la vendita del gruppo di prodotti j da esse fabbricati associato alla categoria di
commercio all’ingrosso i; Mj(i) è il valore delle importazioni dei prodotti del gruppo j
associate alla categoria i; e (FVj(i) + Mj(i)) è la “produzione” potenzialmente
commercializzabile dalle imprese grossiste della categoria i. Per la stima sono stati
utilizzati dati relativi al 1995 desunti dalle indagini sul Sistema dei Conti delle Imprese
e dalle Statistiche del Commercio con l’Estero.
Dalle quote stimate (di cui nella Tabella 1 sono riportati soltanto i valori
aggregati per comparto merceologico) è emerso che il numero dei settori merceologici
in cui l’attività di intermediazione all’ingrosso è ancora importante nella distribuzione
commerciale dei prodotti e determinante nel processo di formazione finale dei prezzi è
limitato e che l’insieme dei settori individuati è estremamente eterogeneo.
Tabella 1: Quote di produzione commercializzata e di importazioni di beni intermediate
dall’ingrosso, per comparto merceologico
Comparto Alimentare
QI
49,77
Comparto non alimentare:
Beni di Consumo
29,05
Comparto non alimentare:
Beni Industriali
21,09
Nell’ambito del comparto alimentare, in cui la parte intermediata globalmente è
vicina al 50%, esistono grosse differenziazioni tra gruppi di prodotti: i dati rivelano,
infatti, l’importanza della distribuzione all’ingrosso prevalentemente nell’area del fresco
alimentare (prodotti ittici, 80,13%; prodotti ortofrutticoli, 77,46%); analogamente,
anche nell’ambito del comparto non alimentare dei beni di consumo, esistono forti
differenziazioni e l’intermediazione dell’ingrosso risulta rilevante per i soli gruppi di
prodotti materiale elettrico vario, elettrodomestici (66,59%), elettronica di consumo
(64,21%), articoli sportivi (56,86%); infine nel comparto dei beni industriali, il
commercio all’ingrosso risulta essere particolarmente importante per i soli gruppi
cereali (92,46%) e rottami metallici (62,26%). Le stime ottenute sono state anche
confrontate con i risultati di alcune analisi microsettoriali e con le indicazioni fornite da
altri istituti di ricerca, da associazioni di categoria e da alcune camere di commercio.2
Tale confronto, per i settori per i quali è stato possibile effettuarlo, ha sostanzialmente
confermato i risultati ottenuti nel presente lavoro.
4. Conclusioni
I principali elementi emersi dall’analisi svolta nel presente studio (diffusione di
forme diverse di collegamento economico tra imprese e marginalizzazione dell’ingrosso
indipendente la cui rilevanza si è andata restringendo nei confronti delle fasce marginali
della distribuzione al dettaglio, nel caso dei beni di consumo, e nei confronti di una
clientela che acquista piccoli quantitativi di prodotto, nel caso dei beni industriali;
riduzione delle quote di produzione immesse sul mercato intermediate dai grossisti;
presenza di un insieme circoscritto ed eterogeneo di settori in cui l’ingrosso
indipendente è ancora importante; crescente complessità della stessa operazione di
rilevazione dei prezzi determinata dallo sviluppo di una struttura distributiva
dell’ingrosso complessa e articolata) hanno messo in evidenza le notevoli difficoltà che
caratterizzano la costruzione di indicatori di prezzo del commercio all’ingrosso di chiara
interpretazione e, allo stesso tempo, hanno evidenziato la limitata utilità che gli stessi
hanno alla luce di quelle che sono le finalità che con il loro calcolo ci si propone, vale a
dire la verifica dei meccanismi di trasmissione dei prezzi ai vari stadi dell’economia e
l’analisi del ciclo economico. Per queste finalità, si può sostenere che i prezzi alla
produzione e quelli al dettaglio costituiscono oramai una base sufficientemente
adeguata. Alla luce di tali risultati, data la scarsa rilevanza nel contesto normativo
nazionale dei provvedimenti legislativi che legano effetti giuridici a tale indice e, data
l’assenza di vincoli comunitari, l’Istat ha adottato la determinazione di cessare la
produzione dell’indice dei prezzi praticati dai grossisti a partire da gennaio 1999 e di
non procedere al calcolo di indicatori di prezzo per singoli settori.
Riferimenti bibliografici
EUROSTAT (1997), Wholesale trade in the European economic area.
IRS (1998), Le nuove filiere distributive – Un’analisi sul campo per la sperimentazione
di un nuovo modello di rilevazione dei prezzi all’ingrosso, 1998.
Lorenzoni, G., (1973) I processi innovativi nel commercio all’ingrosso, Bologna,
Cercomint, Studi e Ricerche.
Lugli, G. (1981), Economia dell’ingrosso a libero servizio, Milano, Angeli.
Pellegrini, L. a cura di (1996), La distribuzione commerciale in Italia, ed. Il Mulino,
Bologna.
Zuliani, A., Relazione del Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica, Convegno
“Prezzi all’ingrosso e trasparenza dei mercati”, CCIAA Milano, 20 giugno 1996.
2
I principali canali informativi cui si è fatto ricorso sono: IRS-Istituto per la Ricerca Sociale; INDIS–
Istituto Nazionale della Distribuzione; Istituto Tagliacarne; ISMEA–Istituto per lo Studio dei Mercati
Agricoli.
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